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Cosa fare

- chiamare il 118, è un numero di telefono gratuito


- riferire da dove si chiama
- riferire cosa è successo
- se possibile specificare il numero di persone coinvolte
- riferire in quali condizioni si trova l’infortunato, se è cosciente
- chi siete voi
Cosa non fare
- intervenire senza prendere precauzioni per evitare ulteriori danni
- somministrare qualcosa da mangiare o da bere all’infortunato
- spostare il ferito senza i soccorsi
- fare ressa attorno all’infortunato
- non avvicinarsi all’infortunato se questo può mettere in pericolo la vostra vita
TRAUMI dell’APPARATO SCHELETRICO E TENDINEO
Le 206 ossa che compongono lo scheletro umano sono tenute insieme dalle
articolazioni che vengono classificate, in base al grado di mobilità:
in fisse, mobili e semimobili.
Ogni articolazione mobile è a sua volta circondata e sostenuta da legamenti e da un
manicotto fibroso, detto capsula articolare, che ricopre l'intera articolazione. La
stabilità dei due capi ossei è garantita anche dai tendini dei muscoli che si
inseriscono in prossimità della rima articolare.
CONTUSIONE CHE COS’E’
Una lesione che determina lo schiacciamento delle parti molli, provocata dall’urto
violento da parte di un agente esterno, capace di provocare un travaso di sangue
senza rompere o lacerare la pelle.
COME SI PRESENTA
Arrossamento e tumefazione della parte interessata, dovuti alla rottura di piccoli
vasi (livido) o di grandi vasi (ematoma) che determina la fuoriuscita sottocutanea di
sangue. Se il versamento si raccoglie tra le fibre muscolari lacerate forma una sacca
piena di sangue che prende il nome di ematoma inframuscolare. Se il sangue si
raccoglie in cavità articolare (gomito-ginocchio) prende il nome di emarto.
COSA FARE
Applicazione locale di freddo intenso e prolungato per provocare la contrazione dei
vasi sanguigni e limitare l’emorragia, fasciatura contenitiva e riposo.
STIRAMENTO
Lo stiramento, o elongazione muscolare, è una lesione di media entità che altera il
normale tono muscolare. Distinguiamo tra la semplice contrattura (aumento
involontario e permanente del tono muscolare ) e lo strappo (rottura delle fibre
muscolari). Lo stiramento è piuttosto frequente in ambito sportivo ed è causato
dall'eccessivo allungamento subito dalle fibre muscolari.

le più frequenti ricordiamo:


mancanza di riscaldamento generale e specifico
preparazione fisica non idonea
ovimenti bruschi e violenti
problemi articolari, squilibri posturali e muscolari, mancanza di coordinazione
condizioni ambientali avverse
microtraumi ripetuti
abbigliamento e calzature non idonei
recupero insufficiente dopo un precedente sforzo atletico
Cosa fare:
Il riposo è l'unica terapia realmente efficace, compreso tra le due e le tre settimane
è altresì fondamentale per scongiurare il rischio di eventuali recidive. Si consiglia
l'immediata immobilizzazione, l'applicazione di un impacco di ghiaccio e di un
bendaggio compressivo per ridurre l'emorragia. La ripresa degli allenamenti sarà
graduale con particolare attenzione alla fase di riscaldamento. Lo specialista
potrebbe prescrivere farmaci antinfiammatori e miorilassanti per accelerare la
guarigione. La pratica dello stretching per facilitare il recuperò può essere utile.
STRAPPO MUSCOLARE
Lo strappo, o distrazione muscolare è una lesione piuttosto grave che causa la
rottura di alcune fibre che compongono il muscolo. Tale lesione è generalmente
causata da un'eccessiva sollecitazione ed è piuttosto frequente in ambito sportivo
(soprattutto negli sport che richiedono un movimento muscolare esplosivo). Spesso
gli strappi muscolari avvengono in condizioni di scarso allenamento o quando il
muscolo è particolarmente stanco o impreparato a sostenere lo sforzo (mancato
riscaldamento). In particolare negli sportivi sono frequenti lesioni ai muscoli della
coscia e della gamba (tricipite surale).
La prevenzione degli strappi muscolari:
eseguire sempre un riscaldamento, assicurarsi di essere nelle condizioni fisiche
idonee per sopportare lo sforzo, valutare attentamente la praticabilità del terreno,
scegliere abbigliamenti adatti, se necessario utilizzate pomate specifiche durante la
fase di riscaldamento, eseguire esercizi di allungamento per migliorare l'elasticità e
la flessibilità muscolare.
SINTOMI
Il soggetto colpito da uno strappo muscolare avverte un dolore acuto nella zona
lesionata, tanto più intenso quanto maggiore è il numero di fibre coinvolte. Il dolore
avvertito viene spesso rievocato dalla contrazione del muscolo interessato. Se il
trauma è particolarmente grave il soggetto si trova nell'impossibilità di muovere la
parte interessata ed il muscolo appare rigido e contratto. Nella maggior parte dei
casi, ad edema e gonfiore. Il muscolo scheletrico è irrorato da una fitta rete di
capillari che in caso di strappo vengono lesionati. Tale rottura causa uno stravaso
ematico più o meno evidente a seconda dell'entità e della localizzazione della
lesione. Se nei traumi più lievi il sangue rimane all'interno del muscolo, in quelli più
gravi migra in superficie dove si accumula e forma evidenti ematomi. Dopo circa 24
ore si può apprezzare un livido localizzato più in basso rispetto alla sede dello
strappo a testimonianza dello stravaso ematico. Può inoltre insorgere una
contrattura muscolare "di difesa" grazie alla quale l'organismo cerca di
immobilizzare l'area interessata per favorire il recupero ed evitare che la situazione
peggiori ulteriormente.
Cosa fare
La prima cosa da fare è sospendere l'attività sportiva ed immobilizzare la zona
colpita anche se il dolore avvertito è di lieve entità. Dopo essersi fermati evitare di
caricare l'arto e metterlo in una posizione di riposo (posizione rialzata). Applicare
immediatamente un impacco freddo sulla zona interessata in modo da ridurre il
flusso di sangue ai vasi lesionati (vasocostrizione). Allo stesso tempo evitare
qualunque forma di calore. Rivolgersi ad un medico e valutare l'entità del danno.
FERITA
E’ una lacerazione della pelle che si escoria o si rompe a seconda del tipo di trauma
subito.Ci può essere la presenza di emorragia.
COME SI PRESENTA
Superficiale quando interessa solo la cute. Profonda quando si estende agli strati
sottostanti. L’emorragia, cioè la perdita di sangue, è variabile a seconda della
sede e della gravità della ferita stessa.
COSA FARE
Lavare la ferita, togliere gli eventuali corpi estranei, disinfettare anche la zona
intorno alla ferita con acqua ossigenata, coprire con garze sterili e bendare.
COSA NON FARE
- se la ferita è stata causata da un oggetto che si è conficcato in profondità non
toglierlo ma recarsi al pronto soccorso.
- Non utilizzare alcool come disinfettante perché è un vasodilatatore e favorisce
ulteriori perdite di sangue.
- Non utilizzare cotone.
- Accertarsi che l’oggetto che ha causato il taglio non fosse arrugginito.
- Accertarsi se si è vaccinati contro antitetanica.
EMORRAGIA
L'emorragia è la perdita di sangue dai vasi. A seconda della componente interessata
si può parlare di emorragia arteriosa, venosa, mista e capillare.
Emorragia arteriosa: il sangue, di colore rosso vivo, fuoriesce sottoforma di un
getto. Se la rottura interessa un vaso arterioso di grosso calibro, la distanza coperta
dal getto può arrivare a qualche metro.
Emorragia venosa: il sangue, di colore rosso cupo, fuoriesce in modo continuo dai
margini della ferita;
Emorragia mista: la lesione interessa sia i vasi venosi che quelli arteriosi;
Emorragia capillare: il sangue, di colore rosso vivo, esce con flusso lento ma
continuo.
In base alla loro sede, le emorragie si distinguono in esterne, interne ed interne
esteriorizzate.
Emorragie esterne: il sangue esce all'esterno dell'organismo a seguito di un trauma
che ha leso la cute e le strutture sottostanti.
Emorragie interne: il sangue fuoriuscito dai vasi non raggiunge l'esterno, rimane
all'interno del corpo, raccogliendosi in cavità naturali (emorragie endocavitarie) o
nello spessore dei tessuti circostanti la lesione (emorragie interstiziali).
Emorragie interne esteriorizzate: il sangue uscito dai vasi raggiunge l'esterno
attraverso orifizi naturali. Al contrario delle esterne sono difficilmente riconoscibili;
Occorre sospettare la presenza di una emorragia interna tutte le volte che si
osservano ferite penetranti nel cranio, nel tronco o nell'addome; sangue o liquidi
contenenti sangue nelle orecchie o nel naso; vomito o tosse con presenza di sangue;
ematomi sul torace, addome, collo e arti; sangue nelle urine o emorragia vaginale o
rettale; frattura delle ossa pelviche; pallore, sudorazione, aumento del battito
cardiaco ed alterazione della coscienza
In base alla localizzazione:
di solito le emorragie prendono il nome dell'organo o dell'area anatomica
interessata (emorragia addominale); altre volte assumono denominazioni
particolari (epistassi = sangue dal naso)
Primo soccorso
In un organismo umano adulto la quantità totale di sangue circolante è pari a circa
l'8% del peso corporeo, per un totale di circa 5 - 6 litri. Se la perdita di sangue è
consistente si ha la comparsa di shock ipovolemico o emorragico; tale condizione,
che può insorgere già per perdite di 3/4 di litro e diventare letale per emorragie di
1,5 – 2 litri, è caratterizzata da tachicardia o da bradicardia (quando la situazione è
molto compromessa); si accompagna inoltre a pallore, sudorazione, ipotermia,
ipotensione, respiro rapido e frequente, sete, dispnea e sincope. Se il paziente non
viene immediatamente soccorso la pressione subisce un ulteriore abbassamento, la
cute assume un colorito bluastro (cianosi) e sopraggiunge la morte. In attesa dei
servizi di emergenza è fondamentale mettere in pratica le norme di primo soccorso,
che si differenzieranno in base al tipo e all'entità dell'emorragia.
EMORRAGIA ESTERNA: liberare la parte lesa dagli indumenti; con una garza sterile
od un tessuto pulito comprimere il punto sanguinante. Quando la perdita ematica è
abbondante occorre fasciare la ferita con una certa pressione (maggiore in presenza
di emorragia arteriosa, minore quando è di origine venosa); i lacci emostatici
andranno applicati per brevi periodi (15/20 minuti) ed in caso di amputazioni. Se
l'emorragia è da ferita ed interessa un arto, quando non c'è il sospetto di frattura,
sollevarlo più in alto rispetto al corpo. Se l'emorragia è venosa e la compressione
della ferita è impossibilitata dalla presenza di corpi estranei questo semplice
accorgimento permette di ridurre il sanguinamento in maniera importante. Se
l'emorragia interessa il capo, il paziente andrà mantenuto in posizione distesa. Una
volta applicata, evitare di rimuovere la fasciatura compressiva, anche se zuppa di
sangue, nelle due ore seguenti (al fine di permettere la naturale chiusura dei vasi). Il
laccio emostatico può essere utilizzato solamente quando tutte le metodiche
precedenti non hanno arrestato l'emorragia, nelle amputazioni, nei traumi da
schiacciamento prolungato degli arti (oltre le 7-8 ore) e nelle maxiemergenze. Di
materiale morbido e a banda larga (5-7cm), il laccio emostatico va posizionato alla
radice dell'arto ed allentato ogni 20-30 minuti; questo perché se viene mantenuto
troppo stretto e/o troppo a lungo, può provocare danni anche irreparabili alle
strutturenervose e vascolari. Per lo stesso motivo occorre annotare l'orario di
applicazione ed eseguire un segno (una L) sulla fronte del paziente in modo da
segnalarne la presenza anche quando viene coperto durante il trasporto in
ospedale. Le emorragie venose, anche se di notevole entità, non giustificano mai
l'uso del laccio emostatico. Attenzione ai segni di collasso che spesso subentrano in
caso di emorragie importanti (pallore, vertigine, sudorazione fredda). In questo caso
il soggetto va messo in posizione antishock (supino, con la testa in basso e gli arti
sollevati) e coperto con un panno leggero.
EMORRAGIA INTERNA: se si sospetta una emorragia interna, mantenere il paziente
a riposo in posizione distesa; allertare il soccorso medico. In presenza di otorragia
conseguente a trauma cranico (perdite ematiche dal condotto uditivo) l'emorragia
non dev'essere ostacolata ed il soggetto va messo in posizione di sicurezza sul lato
dell'emorragia. Analogo discorso in caso di epistassi conseguente a trauma cranico.
Se invece l'emorragia dei vasi sanguigni presenti nelle cavità nasali non segue a
trauma cranico occorre mettere la vittima in posizione seduta con il capo
leggermente chinato in avanti, slacciare gli abiti intorno al collo e comprimere la
narice sanguinante con un dito per qualche minuto; utile, se possibile, il
raffreddamento con ghiaccio o acqua fredda alla radice del naso; è inoltre
importante, ad emorragia cessata, evitare di soffiare o strofinare il naso.
Fratture ossee
Per frattura si intende una interruzione dell'integrità strutturale dell'osso che può
essere di origine traumatica o spontanea (patologica). Nel caso di un trauma, l'osso
si frattura quando il trauma ha entità tale da superare i limiti di resistenza dell'osso
stesso. Il trauma può interessare l'osso direttamente o indirettamente. Nel primo
caso l'osso si frattura nel punto in cui viene applicata la forza. In caso di trauma
indiretto la frattura si manifesta a d una certa distanza dal punto di applicazione
della forza, la quale si propaga lungo la catena cinetica di un arto o della colonna
vertebrale fino a raggiungere la sede di frattura. In entrambi i casi le forze applicate
possono essere di torsione, di flessione, di compressione o di strappo. Se l'osso è
minato da un processo patologico (sistemico o locale), tali forze possono creare una
frattura pur essendo irrisorie o di modesta entità, si parla in questi casi di fratture
patologiche (tipiche degli anziani, vedi:
CLASSIFICAZIONE DELLE FRATTURE
La classificazione delle fratture è un argomento molto vasto e completo, cercheremo
di riassumere nei seguenti punti le fratture più frequenti e caratteristiche.
COMPOSTA (senza dislocazione dei frammenti) /SCOMPOSTA (con
dislocazione dei frammenti): in rapporto all'eventuale spostamento dei segmenti
fratturati si distinguono fratture composte, in cui i segmenti di frattura conservano la
loro posizione anatomica, e fratture scomposte, in cui si verifica uno spostamento
dei frammenti. CHIUSA/ESPOSTA: in base all'integrità o meno della cute vi sono
fratture chiuse (in cui la cute rimane integra) e fratture esposte ad elevato rischio di
infezione (in cui vi è lacerazione della cute ed esposizione esterna dell'osso).
COMPLETA/INCOMPLETA: a seconda che la frattura interessi tutto lo spessore
dell'osso (frattura completa) o una parte di esso (frattura incompleta o semplice
infrazione ossea).
SEGNI E SINTOMI
Dolore violento e localizzato
Perdita della mobilità
Gonfiore
Ecchimosi
Deformazione o posizione anomala
Non muovere per non creare ulteriori danni
Non tentare di ridurre una frattura
Valutare i parametri vitali
Controllare le estremità!!
Allertare il soccorso qualificato
Attenzione allo shock!!
Immobilizzare se necessario (lunga attesa)
COSA FARE?
Se usiamo una stecca ricordiamoci sempre che: Deve essere lunga a sufficienza da
immobilizzare le articolazioni a monte e a valle della frattura. Quando fissiamo la
stecca non dobbiamo MAI stringere sopra il punto di frattura.
FRATTURE ESPOSTE
Sono pericolose per il rischio di infezioni, Inoltre muoverle potrebbe portare al
distacco di frammenti ossei o di midollo che possono entrare nella circolazione
sanguigna
ARTICOLAZIONI
Rappresentano il punto di unione tra capi ossei. Si dividono in articolazioni FISSE o
sinartrosi (ad esempio quelle del cranio) e MOBILI o diartrosi (ad esempio quelle
degli arti). I MENISCHI, a forma di semi anello, aumentano l’adattamento dei capi
articolari
TENDINITE
La tendinite è un processo infiammatorio che coinvolge uno o più dei 267 tendini
presenti nel corpo umano. Tale infiammazione è comunemente causata dalla
ripetizione cronica di micro-sollecitazioni che a lungo andare alterano la normale
struttura delle fibrille. Si parla in questo caso di patologia tendinea da
sovraffaticamento. Quando un tendine è sollecitato oltre il limite di sopportazione
fisiologica, le fibrille che lo compongono subiscono delle lesioni più o meno ampie.
Tali lacerazioni vengono riparate spontaneamente ma le nuove cellule formeranno
un tessuto più vascolarizzato, disorganizzato e per questo meno resistente
dell'originale. Si parla in questo caso di degenerazione tendinea che avrà come
risultato finale una diminuzione della dimensione delle cellule (ipotrofia). Se a tale
degenerazione è associata una risposta infiammatoria si parla di tendinite in caso
contrario di tendinosi. I tendini che si logorano più frequentemente sono quelli delle
ginocchia, dei gomiti e della spalla (cuffia dei rotatori).
Cause e fattori di rischio
Nella maggioranza dei casi le degenerazioni le tendinee sono causate dalla
ripetizione continua di microtraumi. Solo raramente un tendine sano può subire
una rottura acuta da sovraccarico. I tendini sani, se sottoposti a tensioni eccessive,
sono infatti talmente resistenti da lacerare il muscolo o il segmento osseo a cui sono
attaccati. Se invece il tendine è indebolito da continui microtraumi la sua resistenza
diminuisce poco a poco rendendolo più suscettibile alle lesioni. La tendinopatia
insorge solitamente in seguito a: sovraccarico funzionale,aumento della frequenza e
dell'intensità degli allenamenti, sovrallenamento abbigliamento e calzature non
adeguate corsa su terreni sconnessi o particolarmente duri, scivolosi o troppo soffici
come la sabbia errata esecuzione tecnica dell'esercizio squilibrio tra forza muscolare
e resistenza tendinea (frequente in chi assume steroidi anabolizzanti) mancanza di
riscaldamento globale e specifico ripresa precoce degli allenamenti dopo un
infortunio vizi posturali
Traumi a carico del ginocchio
I legamenti sono dei cordoni fibrosi all'interno dell'articolazione del ginocchio e sono
quattro, due crociati e due collaterali. Legamento crociato anteriore,
legamento crociato posteriore, legamento collaterale mediale, legamento
collaterale laterale I legamenti crociati sono avvolti da guaine. Le lesioni post-
traumatiche sono conseguenza di un trauma distorsivo del ginocchio. Sono frequenti
soprattutto negli sportivi che praticano sport come il calcio, pallavolo, sci,
pallacanestro, pallamano, ginnastica, rugby e colpiscono di più il sesso maschile, di
età compresa tra i 16 e i 30 anni.
Traumi del ginocchio
Insieme alle lesioni dei legamenti può associarsi un versamento articolare. Si viene
così a formare o l’emartro (raccolta di sangue nel ginocchio) che solitamente
avviene rapidamente, o l'idrarto (raccolta di liquido sinoviale), quando la
tumefazione si ha a distanza di tempo per una sinovite reattiva. La presenza di un
emartro deve sempre far sospettare la presenza di una lesione legamentosa ma la
sua assenza non autorizza ad escluderla. I versamenti ovviamente vanno evacuati,
mediante aspirazione con siringa (artrocentesi evacuativa). Nel caso di lesione
legamentosa semplice va sempre fatta l'immobilizzazione dell'articolazione, la
compressione tramite bendaggio e l'applicazione della borsa del ghiaccio nelle prime
ore dopo il trauma. Se permane dolore sono utili i FANS (farmaci antinfiammatori
non steroidei). Importante è il riposo e l'astensione dall’attività sportiva fino alla
cessazione della sintomatologia.

SCHELETRO
Costituisce l’impalcatura del nostro corpo. Ha funzioni di:
Sostegno
Movimento
Difesa

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