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Come si è visto trattando i tre princìpi della termodinamica, il criterio di spontaneità di una
trasformazione è
∆G < 0
Quando vale questo criterio, i reagenti si trasformano in prodotti. Finora, abbiamo
considerato le reazioni chimiche come sistemi in cui i reagenti si trasformano
completamente in prodotti: questo in generale non è vero, anche se ci sono molte reazioni
in cui la trasformazione è quasi completa. La risposta più generale e più corretta alla
domanda: “Fino a quando una reazione procede spontaneamente?” è “Fino a quando ∆G
non si annulla, cioè fino a quando non viene raggiunto l’equilibrio”. ∆G è una grandezza
che varia nel corso della reazione, tendendo verso lo zero, raggiunto il quale la
trasformazione si arresta.
I valori delle funzioni termodinamiche ∆H, ∆S e ∆G si possono usare per fare delle
previsioni sull’andamento delle reazioni, come vedremo qui di seguito in dettaglio. Per
questo motivo, dei valori di riferimento di queste funzioni si possono trovare su apposite
tabelle. Tuttavia, dato che non si possono avere infinite tabelle, riferite a tutte le condizioni
possibili, le tabelle usate nella pratica riportano valori riferiti allo stato standard (vedi
Termochimica), cioè alle sostanze pure nel loro stato fisico più stabile alla temperatura
considerata (abitualmente, ma non necessariamente, di 25°C) a P = 1 atm e
concentrazione 1 M. Le grandezze standard si indicano con ∆H°, ∆S° e ∆G°. Attenzione !!!
Il criterio di spontaneità di una trasformazione è comunque ∆G < 0, riferito alle condizioni
reali del sistema. Dire che una reazione ha ∆G° < 0 significa dire che quella reazione è
spontanea se si parte dallo stato standard; si supponga di costruire un sistema
contenente tutti i reagenti e i prodotti, ciascuno alla pressione parziale di 1 atm o alla
concentrazione 1 M: se ∆G° < 0 questo sistema evolverà spontaneamente dando luogo
alla formazione di un’ulteriore quantità di prodotti. E’ molto importante non confondere ∆G
con ∆G°.
La variazione di ∆G° al variare della temperatura dà un’idea dell’influenza della
temperatura sull’andamento della reazione. Poiché per definizione ∆G = ∆H - T∆S, e
quindi in condizioni standard ∆G° = ∆H° - T∆S°, vediamo che ∆G° dipende dalla
temperatura. Questa dipendenza è in prima approssimazione lineare, perché, sebbene
∆H° e ∆S° dipendano anch’esse da T, la loro dipendenza non è molto marcata, e quindi,
su intervalli di T non troppo ampi, queste due funzioni si possono ritenere
approssimativamente costanti rispetto a T. Allora, ∆G° = ∆H° - T∆
∆S° si può approssimare
all’equazione di una retta, della forma y = ax + b, dove y = ∆G° è la variabile dipendente,
la variabile indipendente da riportare in ascissa è x = T, (- ∆S°) è la pendenza a della retta
e ∆H° è l’intercetta b della retta con l’asse delle ordinate (corrispondente a T = 0 K;
attenzione: T non può assumere valori inferiori a questo!). Ricordando che, se si parte da
condizioni standard, la reazione è spontanea solo se ∆G° < 0:
Come si vede dal grafico, ∆G° rimane negativa solo fino a una certa T, alla quale la retta
taglia l’asse delle ascisse e ∆G° = 0: in questa situazione il sistema in condizioni standard
è in equilibrio, ossia non procede ne’ da una parte ne’ dall’altra. Se il sistema ha questa
composizione a questa temperatura, non si osservano cambiamenti nel tempo delle
concentrazioni di alcuno dei componenti del sistema. Oltre questa temperatura la reazione
non è spontanea, anzi, è spontanea la reazione inversa, diminuiscono le concentrazioni
dei prodotti e aumentano quelle dei reagenti.
G°
reagenti
G° prodotti
reagenti
prodotti
Figura 2.
Si può notare che una reazione esotermica disordinante sarà spontanea a qualunque
temperatura (a prescindere dal tempo che potrà richiedere per avvenire), mentre una
endotermica e ordinante non potrà mai avvenire, in nessuna condizione: se volete
ottenere quel prodotto dovrete partire da altri reagenti.
Ricordo ancora una volta che stiamo considerando il caso in cui si parte da condizioni
standard. Una reazione, come vedremo, può sempre avvenire partendo da altre
condizioni, ma se ∆G° è molto positiva non sarà mai possibile ottenere grandi quantità di
prodotti: la situazione di equilibrio (vedi grafici in Figura 2) sarà molto spostata a sinistra, e
non appena una piccola quantità di prodotto si sarà formata, la reazione si fermerà.
Esempio: il congelamento dell’acqua.
∆G° = - 6007 J - T (-21,99) J ∆G°
∆G° = 0 se T = (6007) : (21,99) = 273,16 K
Se T > 273,16 K prevale, in modulo, il termine T
273,16
(-T∆S°), che è positivo (reazione ordinante)
e l’acqua non congela.
Se T < 273,16 K prevale, in modulo, il termine negativo ∆H° (reazione esotermica), ∆G° <
0 e l’acqua congela.
Vedremo ora alcuni altri esempi di grande importanza pratica.
Si è visto, nel capitolo riguardante la termochimica, che le combustioni sono reazioni
esotermiche. Questo è sempre vero, con un’unica, importante eccezione. E’ noto che
l’aria è una miscela costituita dall’80% circa di azoto (N2) e dal 20% circa di ossigeno (O2).
Se la combustione dell’azoto fosse una reazione esotermica, l’aria non potrebbe esistere!
La combustione di N2 è endotermica sia perché la molecola è molto difficile da rompere,
avendo un forte legame triplo (N≡N), sia perché gli ossidi d’azoto che si formerebbero
sono in genere molecole poco stabili, spesso con un elettrone spaiato (l’azoto ha elettroni
dispari e l’ossigeno pari), e quindi il bilancio (legami formati - legami rotti) è sfavorevole.
Guardiamo allora le reazioni di combustione dell’azoto che potremmo scrivere:
a) N2 (g) + 2 O2 (g) = 2 NO2 (g )
∆H° = 2 mol x 33,9 kJ mol-1 = 67,8 kJ > 0 ∆G°
b) N2 (g) + O2 (g) = 2 NO (g )
∆H° = 2 mol x 90,4 kJ mol-1 = 180,8 kJ > 0 ∆G°
-1 -1 -1
∆S° = (2 x 210,6 - 205 - 191,5) J mol K = = + 24,7 J K > 0
(il numero di moli gassose resta invariato, ∆S° è piccola [la si T
Questo tipo di considerazioni ci permette, ad esempio, di capire perché l’età del bronzo
precedette l’età del ferro, mentre l’alluminio, pur molto abbondante in natura, viene usato
praticamente solo da circa un secolo. Prendiamo in considerazione le reazioni attraverso
le quali un metallo viene estratto dal proprio ossido (che spesso è il minerale di partenza).
La reazione si può indicare genericamente, per un qualunque metallo, come segue:
MxOy = x M + y/2 O2
Questa reazione è l’inverso di una combustione, quindi ha ∆H° > 0, e dà luogo allo
sviluppo di gas (O2), quindi ha ∆S° > 0. Il suo diagramma quindi è qualitativamente del tipo
qui raffigurato. Chiaramente, il valore di T a cui
∆G°
∆G° si annulla dipende dal metallo in questione.
I valori di ∆H°f (kJ mol-1)per gli ossidi metallici
T
più comuni sono:
CuO (s) - 157,3 Al2O3 (s) - 1675,7
Fe2O3 (s) – 824,2 SnO2 (s) - 580,7
Usando poi i valori di S° di formazione di questi ossidi (i cui valori sono tutti compresi fra
46 e 87 J mol-1 K-1) è quindi possibile calcolare la temperatura a cui l’ossido di un dato
metallo si decompone spontaneamente a dare il metallo puro, liberando ossigeno. Questa
temperatura è facilmente raggiungibile per i metalli “nobili”, come Ag, Cu (l’oro non tende
nemmeno a combinarsi con l’ossigeno e si trova già puro in natura) e anche per Sn: il
bronzo, essendo una lega di Cu e Sn, è il materiale metallico più accessibile anche in
assenza di particolari tecnologie. Per Fe, la temperatura necessaria è decisamente più
alta (~ 3000°C), e quindi è stato possibile ottenerlo solo quando ci si è resi conto che
questa reazione può essere resa più facile combinandola con una reazione esotermica
come la combustione di C:
T (K)
Fe2O3 + 3 C = 2 Fe + 3 CO
La decomposizione dell’ossido diventa spontanea a T maggiori di quella a cui il grafico
rosso taglia le ascisse; la reazione con C alla T a cui i due grafici, rosso e blu, si
incrociano: una temperatura molto più facile da raggiungere (~ 900°C).
Potete provare a eseguire lo stesso calcolo per Al2O3 (s), sia senza che con C, per
verificare che l’estrazione di Al dall’ossido con metodi metallurgici analoghi a quelli
applicati per il ferro richiederebbe temperature di gran lunga troppo alte.
La reazione di combustione di C indicata nel processo precedente è quella parziale, che
dà luogo alla formazione di CO. C può anche bruciare completamente dando CO2:
l’andamento della combustione dipende dalla temperatura.
Il concetto di equilibrio.
Se introduciamo in un recipiente due sostanze A e B in grado di reagire fra loro, secondo
la reazione A + B = C + D, ad una data temperatura, queste all’inizio reagiranno formando
C e D (reazione diretta); dopo un certo tempo, quando il sistema conterrà anche una
certa quantità di prodotti, questi potranno cominciare a reagire fra loro ad una velocità
apprezzabile per riformare A e B (reazione inversa). In questo momento la reazione
inversa procede meno della reazione diretta: più molecole di A e B reagiscono a dare C e
D di quante molecole di C e D reagiscano per dare A e B. Perciò, le concentrazioni [C] e
[D] vanno aumentando. Dopo qualche tempo si arriva a concentrazioni dei quattro
componenti del sistema, tali per cui le due velocità, diretta e inversa, si eguagliano: a
questo punto la composizione del sistema non cambia più, perché tante molecole di
A e B si trasformano in C e D, quante molecole di C e D compiono il percorso inverso.
Questa condizione è di equilibrio dinamico, cioè continuano ad esserci molti atti reattivi
di molecole che si trasformano l’una nell’altra, ma a livello macroscopico non si osserva
più nessun cambiamento. Come già anticipato, questa condizione si verifica quando ∆G =
0. Consideriamo la reazione N2O4 (g) = 2 NO2 (g), in condizioni e pressioni parziali iniziali
qualsiasi; questa in generale evolverà spontaneamente verso l’equilibrio, che si troverà “a
destra” o “a sinistra” della composizione iniziale a seconda anche di com’è quest’ultima.
Nel primo e nel secondo grafico sono presenti all’inizio o solo il reagente o solo il prodotto:
certamente nel primo caso il sistema evolve verso sinistra e nel secondo verso destra. Se
sono presenti entrambi l’evoluzione dipende da qual è la composizione all’equilibrio.
pi pi
t t
pi
p(NO2)iniz = 0.05 atm; p(N2O4)iniz = 0,45 atm
p(NO2)eq = 0,046 atm;[ p(N2O4)eq = 0,445
atm
p(NO2)/ p(N2O4) = 0,102 t
p(NO2)2 / p(N2O4) = 4,6 x 10-3 atm
Come si può notare, le concentrazioni finali non sono sempre le stesse, e nemmeno il loro
rapporto. C’è però un dato che, all’equilibrio, è sempre lo stesso, e che per questo è
chiamato COSTANTE D’EQUILIBRIO, indicato con K (maiuscola):
K = p(NO2)2 / p(N2O4)
La costante d’equilibrio è cioè data dal rapporto fra le concentrazioni dei prodotti
(numeratore) e dei reagenti (denominatore), ciascuna elevata al proprio coefficiente
stechiometrico. Questa grandezza è costante a temperatura costante per la reazione
così com’è stata scritta: . N2O4 (g) = 2 NO2 (g). Per come è definita K, la sua espressione
varia se varia l’espressione della reazione: se chiamiamo K1 quella appena indicata, si
avrà:
per la reazione ½ N2O4 (g) = NO2 (g), K = √ K1,
per la reazione 2 NO2 (g) = N2O4 (g), K = 1 / K1
Se K è grande, l’equilibrio si raggiunge quando sono presenti più prodotti che reagenti
(numeratore > denominatore); questo corrisponde alla condizione ∆G° < 0.
E’ possibile dimostrare che, per una mole di gas che, alla temperatura costante T, passa
dalla pressione p1 alla pressione p2, vale la relazione:
∆G = RTln (p2/p1)
Quindi, se il sistema N2O4 (g) = 2 NO2 (g) passa dalle condizioni standard (in cui p°(NO2) =
p°(N2O4) = 1 atm) a condizioni non standard (in cui p(NO2) e p(N2O4) assumono un valore
qualsiasi) si ha che, per ognuno dei due componenti,
∆Gi = nGi – nG°i = nRT ln (pi/p°i) ossia
nGi = nG°i + nRT ln (pi/p°i)
Per il sistema complessivo, quindi,
p(N2O4)/p°(N2O4)
∆G = ∆G° + RTln
p(NO2)2 / p°(NO2)2
E’ ovvio che il rapporto sotto logaritmo è adimensionale e, dato che le p° sono uguali a 1
atm, è numericamente uguale a p(NO2)2 / p(N2O4).
Quando il sistema si trova all’equilibrio, ∆G = 0 e quindi
∆G° = - RT ln K
ove ∆G° è espresso in J mol-1, R è la costante universale dei gas espressa in J mol-1 K-1 e
vale 8,31, T è espressa in K e ln è il logaritmo naturale, in base e. Le pressioni parziali
sotto logaritmo in questo caso sono quelle di equilibrio, p(NO2)eq e p(N2O4)eq. Il segno - è
necessario perché tanto più è negativa ∆G°, tanto > 1 è K (tanto più positivo ln K). [E’
necessario avere ben presenti le proprietà dei logaritmi! In caso contrario, andate a
rivederle!!]
pc xc P xc 1
Kp = = =
pA pB xA P xB P xA xB P
Se in un dato istante ci troviamo all’equilibrio, e poi, ad esempio, aumentiamo la
pressione, dopo l’aumento non siamo più all’equilibrio e il rapporto delle pressioni parziali
non è più K, ma Q. Se P è aumentata, trovandosi al denominatore, Q < K e quindi
l’equilibrio verrà ripristinato mediante uno spostamento verso destra. Attenzione: questo
succede proprio perché K è costante a T costante. Variando P, il sistema deve muoversi
per tornare a ripristinare il valore di K.
Finora abbiamo continuamente rimarcato che K è costante a T costante. Cosa succede
se T varia? La risposta è data dall’ equazione di Van’t Hoff, che si ricava come segue:
K2 ∆H° 1 1
ln = -
K1 R T1 T2
Finora abbiamo implicitamente considerato di aver a che fare con equilibri omogenei
gassosi. I sistemi eterogenei, ovvero costituiti da più di una fase, sono coinvolti in una
grande varietà di fenomeni, dai passaggi di stato delle sostanze pure alle reazioni
chimiche in cui le sostanze in gioco non sono tutte nella stessa fase, alle reazioni di
precipitazione (separazione di un solido da una soluzione). La prima cosa di cui bisogna
tener conto è che si tratta in ogni caso di equilibri e perciò, salvo le semplici regole che
vedremo in seguito, e che permettono in genere di ridurre la complessità del problema, i
principi generali rimangono gli stessi già visti, e il principio di Le Châtelier, con tutte le sue
implicazioni, rimane valido.
Tensione di vapore
Si consideri il sistema qui raffigurato,
consistente in un cilindro con pistone,
vuoto, termostatato, all’interno del quale
viene introdotta una certa quantità di un
inizio: liquido e equilibrio: P = Pvap
liquido puro:
recipiente vuoto
a T costante il liquido tende ad evaporare; quando ci sono abbastanza molecole in fase
vapore, alcune di queste cominciano a tornare nella fase liquida, finché si raggiunge uno
stato di equilibrio in cui la velocità di evaporazione è uguale a quella di condensazione.
Se il pistone viene alzato, a T costante, evapora altro liquido e la pressione della fase
vapore tende continuamente a raggiungere il valore Pvap (essendoci più volume a
disposizione, perché P resti costante più moli di liquido devono passare in fase vapore).
Pvap è chiamata TENSIONE (o PRESSIONE) DI VAPORE, ed è una costante a T
costante, perché rappresenta la K dell’equilibrio di passaggio di stato. pvap rappresenta la
pressione del vapore in equilibrio con la propria fase liquida, ossia la massima pressione
parziale che quella sostanza può raggiungere in fase gas a quella T. Occorre tener
presente che se la quantità di fase liquida inizialmente presente non è sufficiente a
raggiungere pvap neanche se evapora tutta, l’equilibrio non potrà essere raggiunto. Questo
principio è valido anche per i solidi (il processo di passaggio in fase gas si chiama allora,
anziché evaporazione, sublimazione): quando è presente una fase condensata (solida o
liquida), ad una data T in un sistema chiuso la quantità di questa che può passare in fase
gas è costante: pvap è una K di equilibrio. Contrariamente ai liquidi, i solidi si considerano
solitamente non volatili: in genere, se si lascia un liquido in un recipiente aperto dopo
qualche tempo il recipiente è vuoto, perché il liquido è man mano evaporato (un recipiente
aperto non è un sistema in equilibrio, le moli che evaporano se ne vanno), mentre un
solido rimane inalterato indefinitamente, ad eccezione dei solidi con tensione di vapore
elevata a temperatura ambiente, come la naftalina e la canfora, usati per questo come
antitarme negli armadi.
L’unica cosa che importa è che ogni fase condensata sia presente in quantità
SUFFICIENTE A PERMETTERE IL RAGGIUNGIMENTO DELL’EQUILIBRIO. A quel
punto, che ce ne sia 1 g o 1000 kg non fa differenza ai fini della composizione della fase
gassosa all’equilibrio; perciò, la legge di azione di massa non si applica a questi
componenti: se a un sistema eterogeneo all’equilibrio aggiungo una certa quantità di un
reagente solido, l’equilibrio non si sposta.
Equilibri di fase.
E’ chiamata FASE una porzione di materia uniforme in tutta la propria massa, sia dal
punto di vista chimico che fisico. In un sistema può esserci una sola fase gassosa, dato
che i gas sono tutti e sempre miscibili in ogni proporzione; in generale, tranne il caso
particolare delle soluzioni solide, vi sono tante fasi solide diverse quanti sono i componenti
solidi, mentre le fasi liquide possono essere una o più a seconda della miscibilità dei
liquidi presenti. Ogni sostanza può in generale esistere nei tre stati solido, liquido e
gassoso, e questi stati, in un sistema chiuso, possono in certe condizioni di T e P trovarsi
in equilibrio fra loro.
Un sistema chimico può essere descritto graficamente attraverso un DIAGRAMMA DI
STATO, che è un grafico nel quale ogni punto del piano ha significato fisico, in quanto
rappresenta uno dei possibili stati di equilibrio del sistema. Attenzione: la prerogativa, ma
anche il limite, dei diagrammi di stato è di rappresentare esclusivamente stati di equilibrio.
Può darsi che in date condizioni si osservi una situazione diversa da quella prevista dal
diagramma: in tal caso significa che il sistema non ha avuto il tempo di raggiungere lo
stato di equilibrio.
Cominciamo con il riconsiderare l’equazione di Van’t Hoff, che descrive la generica
dipendenza della Keq da T:
dln Kp ∆H°
=
dT RT2
se l’equilibrio che stiamo considerando è, in particolare, un passaggio di stato di una
sostanza pura, ad es. liquido → gas, Kp = pvap = P rappresenta la tensione di vapore del
liquido alla T considerata, e corrisponde alla P totale del sistema in quanto non sono
presenti altri gas. Per questa reazione, per il motivo spiegato più sopra, è certamente ∆H°
> 0 e quindi la derivata della funzione lnKp rispetto alla temperatura è positiva, cioè quella
funzione è crescente al crescere di T.
L’equazione di Van’t Hoff, applicata ad un passaggio di stato del tipo fase condensata →
fase vapore per una sostanza pura, assume la forma:
dP ∆H°
=
dT T∆V
ove la pendenza del grafico dipende sia dal segno di ∆H° che dal segno di ∆V del
passaggio di stato; il segno di ∆V dipende dalla densità (g cm-3) delle due fasi coinvolte: i
gas sono sempre la fase meno densa, i liquidi sono spesso, ma non sempre, meno densi
dei solidi (un solido immerso in un liquido più denso galleggia).
Vediamo ora un esempio di diagramma di stato, relativo a CO2. Da notare:
Le tre porzioni di piano in cui è suddiviso il fusione
diagramma rappresentano i tre stati della CO2: solidificazione
evaporazione
solido a bassa T e alta P, gas ad alta T e bassa liquefazione
P e liquido nel mezzo. Ogni punto delle tre Liquido
P
curve rappresenta un passaggio fra due stati Solido
fisici. Il punto in cui le tre curve si incontrano
(PUNTO TRIPLO) rappresenta l’equilibrio fra 5,1 atm
tutti i tre stati.
Gas
Il punto triplo si trova a P > 1 atm, quindi a P =
punto triplo
1 atm il solido (ghiaccio secco) SUBLIMA (= T
- 56,4°C Tc
passa direttamente in fase gas); non si può
sublimazione
avere CO2 liquida se non a P > 5,1 atm . brinamento
∆Vs→liq > 0 (il liquido è meno denso del solido). Quindi il solido non galleggia sul liquido.
Questo si vede dalla pendenza positiva del tratto solido-liquido: partendo da un punto sulla
curva e aumentando P a T costante si finisce nella zona del solido, quindi il passaggio di
stato liquido → solido è favorito da un aumento di pressione, quindi per il principio di Le
Châtelier il solido è più denso del liquido.
Con Tc è indicata la T critica (vedi Gas reali) della CO2, al di sopra della quale non si può
avere liquefazione del gas per compressione, e quindi non si può avere equilibrio di
fasi: perciò oltre questo punto non ha senso proseguire il diagramma di stato.
Ora vedremo uno dei diagrammi di stato più importanti, quello dell’acqua. La più
importante differenza con quello appena visto è legata alla proprietà dell’acqua, già
discussa nel capitolo sulle Forze intermolecolari, di avere densità maggiore allo stato
liquido (a T < 4°C) che allo stato solido, a causa della spaziatura regolare fra le molecole
determinata dai numerosi legami a idrogeno che si instaurano nel ghiaccio. La pendenza
del tratto di curva che rappresenta l’equilibrio solido-liquido è quindi negativa: il ghiaccio
galleggia sull’acqua.
Inoltre, la P del punto triplo è << 1 atm (4,58
Liquido
mmHg), e quindi il ghiaccio, posto a condizioni P
Solido
ambiente, liquefa. Per farlo sublimare occorre
abbassare P, come si fa in pratica nei processi
di liofilizzazione, usati ad esempio per la 4,58
mmHg
conservazione di cibi o medicinali disidratati. Gas
punto triplo
T
Oltre un certo valore, molto alto (~ 2100 atm), di pressione, l’acqua solida cristallizza in
una forma più densa (più stabile ad alta P per il principio di Le Châtelier) e da questo
punto in poi la pendenza ridiventa positiva.
Varianza.
Come si è visto, negli equilibri eterogenei non ha importanza la QUANTITA’ delle varie
fasi presenti, ma solo la loro COMPOSIZIONE, e inoltre i valori di P e T. Ciò equivale a
dire che l’equilibrio chimico è governato solo da parametri intensivi, cioè non
dipendenti dalla quantità di materia e non additivi (vedi Termochimica). La VARIANZA
rappresenta il numero di parametri intensivi che possono essere VARIATI A PIACERE
indipendentemente l’uno dall’altro SENZA MODIFICARE IL NUMERO DELLE FASI
PRESENTI.
Si osservi un diagramma di stato per rendersi conto intuitivamente del significato di questo
concetto: se prendiamo un punto qualsiasi all’interno, ad es., della zona “gas”, questo
punto avrà varianza 2, in quanto è possibile variare liberamente (entro certi limiti) sia P
che T come si vuole senza uscire da questa zona, ovvero mantenendo la presenza di una
sola fase. Un punto che si trovi su una delle linee del grafico avrà invece varianza 1:
questo punto rappresenta una situazione di equilibrio fra due fasi, e se vogliamo spostarci
da questo punto mantenendo la presenza delle due fasi dobbiamo muoverci restando
lungo la linea, vale a dire che se cambiamo il valore di T a nostro piacere, P non potrà ne’
restare costante ne’ assumere un valore qualsiasi, ma dovrà avere il valore che, a questa
nuova T, ci consente di rimanere sulla linea. Quindi, per mantenere invariato il numero di
fasi presenti, possiamo variare “a piacere” solo un parametro, mentre l’altro rimane
univocamente determinato. Il punto triplo ha varianza zero, perché comunque ci si sposti
da lì, scompare necessariamente almeno una fase.