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titolo: OSPEDALE E SANITA' A PIACENZA DAL XV ALL'INIZIO DEL XXI SECOLO

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PASQUALE CACOPARDI

OSPEDALE E SANITÀ
A PIACENZA
DAL XV ALL’INIZIO DEL
XXI SECOLO

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P R E F A Z I O N E

17 agosto 1960.
Un giovane medico con la mente piena di speranze e di
aspettative, con la valigia carica di effetti personali che
costituiscono l’ultimo legame con il suo passato, è costretto a
lasciare il suo paese natale, nella nobile terra di Sicilia, per
emigrare al nord.
La prospettiva di un lavoro certo e il miraggio di iniziare
un’avventura sicuramente dura e difficile ma con qualche
gratificazione economica, quasi certamente non riescono ad
assopire il tumulto delle sensazioni che il cuore del giovanotto
prova in quel momento. In cui i ricordi di una giovinezza
spensierata ancora impressi sulla pelle dal sole e dalla salsedine
degli ultimi bagni d’agosto e verosimilmente accarezzata da
mani affettuose ed amorose delle giovani conquiste femminili,
devono rapidamente lasciare il posto alla consapevolezza che il
gioco della giovinezza è ormai finito e che sta cominciando il
duro compito del vivere.
Il nostro personaggio si trova così in una piccola città del
settentrione - la nostra - altrettanto ricca di storia e di tradizione
come quella del suo paese e forse altrettanto immobile nella
conservazione di uno stile di vita in cui i vizi e le virtù di ognuno
e l’eterno gioco dei sentimenti si riduce in una dimensione
discreta e personale, dove, insomma, i panni sporchi si lavano in
casa, mentre in pubblico si preferisce accreditare l’immagine
tranquillizzante come quella di una fotografia che si pone in
mostra sulla credenza di casa.
Tuttavia, la vicinanza di una grande metropoli conferisce a
questa città una laboriosità ed un fermento culturale che sotto
l’immobilismo di superficie, crea una vaga sensazione di
discreta modernità e di un malcelato benessere economico che
indubbiamente rappresentano un’attrazione per chi, provenendo
da terre meno fortunate, dimostri testa e braccia capaci.
Sembrerebbe questa la solita storia di un’emigrazione dal
profondo Sud.
Sì, ma con qualche differenza.

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Perché l’avventura che il nostro giovane si appresta a


compiere, ben presto gli regalerà una vita professionale fatta di
prestigio sociale e di autorevolezza, concedendogli
soddisfazioni ed anche delusioni in un’alternanza di fortune e
dispiaceri tipiche di un’esistenza vissuta intensamente ma
contrappuntata da una filosofia di fondo in cui libertà
individuale e destino si intrecciano fino a sfumare i confini fra
azione e rassegnazione, fra volontà e fatalismo.
Molte pagine del libro rivelano questa antica saggezza del
rappresentante di un popolo, quale quello siciliano, dove
un’alternanza di dominazioni ha definito un pensiero filosofico
in cui il mistero dell’esistenza rimarrà sempre incomprensibile
nonostante i tentativi dell’uomo di ampliare con la scienza gli
orizzonti conoscitivi.
Cosicché, mentre il pensiero si evolve, anche i suoi
contenuti di verità si modificano, subendo impennate improvvise
ed altrettanto repentine cadute, per poi rinascere sotto altre
parvenze e nuove forme.
Ma sempre rimane alla base del pensiero che cambia, un
nucleo duro, primordiale, che àncora l’uomo alla propria
condizione di contraddittorietà, a quell’imponderabile
dell’esistere che sfugge ad ogni definizione.
Ci vuole dunque una predisposizione d’animo per farci
cogliere questa antica lezione che la Storia ci tramanda e che ci
consente il distacco del pensiero filosofico dalla realtà sensibile,
nel tentativo di raggiungere la sostanza immutabile che sta al di
sotto della superficie degli eventi.
Ci troviamo, insomma, nel clima di quell’antica saggezza
riscontrabile nel Gattopardo che spinge il principe a dire che
tutto deve cambiare perché tutto sia uguale a prima.
Lo stesso fatalismo attivo lo avvertiamo nelle pagine di
questo libro.
Allorché il giovane medico, ormai diventato un anziano e
disincantato professionista ripercorre gli anni della propria vita
trascorsi nella cittadella-ospedale che lo ha accolto dapprima
nel servizio di guardia del pronto soccorso e successivamente lo
ha visto completare il suo percorso umano e professionale,

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scandendolo sui ritmi evolutivi di una società in continuo


cambiamento.
E di questo ospedale si interroga sul passato, presente e
futuro.
Dalle sue origini quattrocentesche fino ai giorni nostri, per
dimostrare di nuovo che, se anche tutto cambia, nessuno
può cambiare il destino dell’uomo, la cui predestinazione è
legata all’imponderabile che sta dentro di noi e che ancora
sfugge al vaglio della biologia molecolare e del codice genetico.
Che, classicheggiando, potremmo definire Fato.
Come dicevamo, dal 1960 ad oggi si è verificato un
cambiamento vertiginoso in Italia e nel mondo. Ed i fatti storici
più significativi sono accennati nel libro.
Ma la parte più coinvolgente del testo, perché in parte
vissuta in prima persona dall’Autore, riguarda la trasformazione
della realtà ospedaliera e del modo di praticare l’arte medica.
Anno dopo anno, le corsie ospedaliere subiranno una
continua trasformazione sia sul piano edilizio, perché i grandi
cameroni lasceranno il posto a locali meno affollati e
confortevoli, sia per quanto riguarda i tradizionali sistemi di
riferimento della vita in reparto. Le Suore Cappellone
dell’Ordine di S.Vincenzo con mansioni di Caposala, che per
qualche secolo avevano improntato la vita di corsia con la loro
simbologia religiosa, abbandoneranno la loro attività volontaria
verso chi soffre, lasciando il posto ad una concezione di lavoro
più laica e più contrattuale. I camici dei medici, dapprima più
lunghi, si sarebbero progressivamente un po’ accorciati e la
ritualità della visita ai pazienti con il vate-primario in testa
seguito da un nugolo di medici definiti, appunto, secondari per
evidenziarne la differenza, a loro volta seguiti da infermieri e da
carrelli di strumentazione e da altri contenenti le cartelle
cliniche, avrebbero col tempo lasciato il posto ad una
rappresentazione scenografica meno plateale, contrassegnata da
una maggiore responsabilizzazione di ogni singolo medico e da
una minore concezione teocratica primariale.
Anche le apparecchiature mediche non resisteranno dietro
la spinta delle nuove scoperte scientifiche, cosicché impensate

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tecniche diagnostiche e terapeutiche di carattere medico e


chirurgico si affacceranno presto alla ribalta.
Finché, per le inesorabili ragioni anagrafiche, i baroni
primariali ormai divenuti anziani, lasceranno il posto ad altri
rappresentanti, magari più aggiornati ma con minore fisique du
role.
Anche le palazzine dei reparti, improvvisamente (si fa per
dire) invecchieranno finché, con la costruzione del nuovo
ospedale, i percorsi che collegavano le varie specialità, si
impoveriranno di frequentatori e quegli angoli privilegiati dove
capannelli di medici si formavano per scambiare opinioni
professionali e confidenze di carattere più personale,
diventeranno muti.
Il nuovo ospedale che pur fra mille polemiche e ritardi
avanza, sfuoca anche nel ricordo il vecchio mondo della
cittadella dove la medicina era intessuta di valutazioni cliniche e
di rapporti umani e dove la diagnosi non era ancora affidata
alla macchina ma alla capacità intuitiva del singolo che, al
massimo, poteva ricorrere alla consultazione dei libri di testo e
contare sull’esperienza dei più anziani.
Chi scrive questa presentazione, per quanto più giovane
dell’Autore, ha vissuto questi momenti. Ed è assalito ancora oggi
dai tanti ricordi di chi cercava attraverso il colloquio col
paziente e la successiva ricerca dei segni clinici, quei perché
della sua sofferenza che di lì a poco sarebbero stati risolti dalla
moderna medicina scientifica e tecnologica.
Quante sensazioni, quante palpitazioni hanno visto quelle
stanze ormai mute, quei corridoi, quegli angoli di palazzina ora
divenuti testimoni sopravvissuti di almeno trenta anni di tentativi
di esercitare con dignità l’arte medica!
E dalle pagine del libro questi ricordi e queste sensazioni
vengono evocate attraverso il giusto disincanto di chi, oggi, può
permettersi di valutare gli eventi con il distacco ponderato degli
anni e con una mentalità che tende a derivare i destini dell’uomo
dalle ragioni e dagli insegnamenti della Storia.
Si citano allora aneddoti che hanno la stessa valenza
dimostrativa, come l’impiegata Silvana che accoglie il
giovanotto per prima in Amministrazione; oppure la

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straordinaria stazza e rappresentatività del primario medico; ed


ancora la storia di quel concorso primariale vivacizzato
dall’irruzione della magistratura e del Capitano dei carabinieri.
Schegge, frammenti di memoria ancora vivi e pregnanti per
chi li ha vissuti, ma non insignificanti per le nuove generazioni.
Il libro infatti conserva, a mio avviso, la capacità di
trasformare un piccolo spaccato di storia locale in un più ampio
affresco di storia universale in cui ogni uomo, nelle vicissitudini
delle piccole storie umane di questo ospedale, si ritrova con tanti
suoi difetti e qualche piccola virtù.
E siamo sempre lì.
Tutto cambia, ma in realtà nulla cambia.
A chi, dunque, si rivolge il libro?
Agli storici locali, ai politici, alle generazioni passate o a
quelle attuali che per un qualsiasi motivo si sono misurate con
la realtà ospedaliera?
Certamente sì.
Ma il vero messaggio del libro è rivolto alle generazioni
future, specialmente ai nuovi medici della medicina scientifica.
A loro è affidato il messaggio di non confondere Scienza e
Sapienza.
A quest’ultima solo è dato di accedere al mistero che sta
dentro l’uomo ed a cercare di rispondere al quesito della verità.
Anch’essi, infatti, con la sola Scienza non troveranno la
Verità.
Così come non la trovarono Socrate ed i Sofisti, i maghi
filosofi e i dottori che affollavano le botteghe di Mileto e di
Samo.
Tutti però affratellati dal desiderio della Conoscenza e tutti
accomunati dal principio che ogni conoscenza è valida fino a
che non se ne scopre una superiore.

Carlo Giarelli

Piacenza, 26 maggio 2002

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L’ A R R I V O

Piovigginava.
Era il 17 agosto.
La cittadina sonnecchiava nella calura appena rinfrescata da
quella incerta pioggerella che veniva giù lentamente da un cielo
basso ed uniformemente grigio.
Era il primo segnale che nella pianura l’estate finiva.
Il giovanotto era arrivato da qualche ora, quella mattina, col
treno dal sud, partito il pomeriggio del giorno prima.
Aveva voluto rimandare il più possibile la partenza, ma poi
si era dovuto decidere, altrimenti i termini di presentazione
sarebbero scaduti.
Laggiù aveva lasciato un’estate ancora sfolgorante, anche se
non aveva potuto godersela tanto.
Era già finito da un paio d’anni il tempo delle mai finite,
lunghe stagioni sulla spiaggia assolata a crogiolarsi tra le carezze
delle onde e quelle della sabbia, le oziose, infinite discussioni
con gli amici, le improvvise corse dietro una palla, i tuffi contro i
cavalloni più alti, nuotando sott’acqua rasente il fondo, fino a
sentire i polmoni scoppiare, per riemergere rapidamente il più
lontano possibile dalla riva, capitombolandosi nell’acqua, per
inseguire il compagno che lo aveva affondato.
Era finito il tempo delle lunghe stagioni sulla spiaggia
scottante sotto i piedi perché, subito dopo la laurea, era
subentrata la necessità del lavoro.
Prima era stato il servizio militare, un anno e mezzo tra
corso a Firenze e il periodo da sottotenente medico.
E poi il lavoro laggiù.
Perché lui laggiù aveva lavorato.
Per essere più esatti, lui aveva offerto il suo lavoro
gratuitamente per alcuni mesi nella Clinica Universitaria,
attendendosi in cambio una sia pur minimale sistemazione che
gli era stata promessa, utilizzando i pochi risparmi portati a casa
da militare per il vitto e l’alloggio nella città.

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Quando questi si erano esauriti, per fortuna si era imbattuto


in un ospedale consortile della ricca provincia catanese.
Si sa, Catania è la Milano della Sicilia.
No. Nemmeno qui lo pagavano, ma gli fornivano almeno
l’alloggio facendolo dormire in uno studiolo, e il vitto, la razione
giornaliera dei pazienti.
In cambio lui prestava la sua opera.
Ufficialmente ed amministrativamente lui in quell’ospedale
non figurava a nessun titolo, nemmeno come volontario.
Semplicemente non esisteva.
Ma c’erano momenti, interi pomeriggi, nottate, domeniche
in cui lui rispondeva da solo a tutte le esigenze dell’ospedale.
E si guadagnava così da mangiare e da dormire.
Quando, qualche mese prima, a maggio, dall’ospedale della
cittadina padana, era arrivata la lettera di convocazione al
concorso, lui era venuto su ed aveva sostenuto le prove d’esame,
con ben poche speranze.
Ma un mese prima, a metà luglio, era arrivata la
raccomandata con all’oggetto la partecipazione di nomina,
risultando la S. V. Ill.ma nominata ad uno dei 12 posti di
Assistente Medico Chirurgo (ivi compresi 3 Medici di Guardia)
presso questo Ospedale Civile (I^ categoria) e la richiesta di un
cenno di accettazione al posto conferitoLe.
A quel punto aveva salutato tutti i prestigiosi personaggi che
fino a quel momento lo avevano aiutato a sopravvivere e si era
dedicato all’ultima estate splendida della sua giovinezza.
Aveva aspettato fino all’ultimo giorno consentito, aveva
trascorso laggiù il ferragosto, e il giorno dopo aveva preso il
treno e adesso, quel 17 agosto piovigginoso, il giovanotto era lì,
davanti all’ingresso dell’ospedale.
Conosceva già quell’edificio.
Lo aveva frequentato un anno prima quando era sottotenente
medico all’Ospedale Militare della città.
Nei tempi morti del servizio, nei vuoti pomeriggi solitari,
aveva frequentato la Divisione medica di quell’ospedale, aveva
notato le notevoli differenze operative di quella struttura rispetto
a quelle del suo sud e vi aveva fatto delle simpatiche amicizie,
così facili a quell’età.

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L’ingresso era fiancheggiato da due massicce colonne


sormontate da un frontone triangolare classicheggiante, edificati,
con la facciata, nei primi anni 30 del 1900 quando venne
costruito l’ospedale per bambini Umberto I°, il Reparto
Pediatria, e quando, contemporaneamente, si trasferì l’accesso
principale alla via Taverna dalla via Campagna, dove era stato
per qualche secolo.
Dalla sinistra del grande atrio si accedeva alla portineria coi
portinai in divisa, cappello con visiera rigida, che regolavano
l’afflusso dei visitatori con bonaria decisione.
Già questo dava una sensazione di ordinata organizzazione.
Anche loro lo conoscevano un po’, se lo ricordavano
dall’anno prima, e poi lo aspettavano, sapevano che aveva vinto
il concorso assieme agli altri medici locali, unico forestiero e
proveniente da così lontano.
Si salutarono con affabilità reciproca.
Poi, attraverso tre-quattro gradini, dalla portineria si
accedeva al corridoio che immetteva, sulla destra, ai locali del
poliziotto di turno e del pronto soccorso e, sulla sinistra, agli
uffici dell’accettazione dei malati, della Segreteria e della
Direzione Sanitaria.
Tutto ordinato, tutto razionale, tutto molto semplice, tutto
molto diverso dalla caotica approssimazione alla quale era
avvezzo.
Chiese del Direttore. Era a lui che si doveva presentare con
la lettera in mano.
Ma il Direttore era in ferie. Logico. Si era ancora a
ferragosto. E lì le ferie erano già qualcosa di sacro.
Era un concetto un po’ strano per il giovanotto che non
conosceva ferie ma solo vacanze da trascorrere sulla sua
spiaggia, che si stendeva, prima del mare, davanti alla casa.
Comunque, il Direttore e la sua anziana segretaria erano in
ferie. C’era solo la Silvana, lì alla terza porta sulla sinistra, dopo
l’ufficio Accettazione.
Bussò, con discrezione e decisione insieme.
Col foglio in mano, firmato dal Presidente
dell’AMMINISTRAZIONE DEGLI OSPIZI CIVILI, si sentiva

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nei suoi pieni diritti, pronto a cominciare la sua riconosciuta e


regolamentata attività lavorativa.
Dall’altra parte rispose una giovane, limpida, argentina voce
femminile:
“Avanti”.
Entrò. Si trovò davanti ad una ragazza in grembiule nero e
collettino bianco dietro ad una scrivania, giovane, più giovane di
lui forse, molto carina, capelli biondi leggermente ondulati su
una fronte regolare, occhi grigio-azzurri luminosi che
guardavano con spontanea simpatia:
“Sono il dottore…Sono venuto per il posto di assistente. Ho
vinto il concorso….”
“Ah, si, dottore, - rispose con un sorriso radioso – io sono la
Silvana. La aspettavamo. Il Direttore non c’è. Ma lei può
prendere servizio anche da subito. Lei è già stato assegnato al
Servizio di Pronto Soccorso. Le va bene? Firmi qui. Poi passerà
di sopra, in Amministrazione”.

Era il 17 agosto 1960.

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STORIA

LA FONDAZIONE

Come tanti altri ospedali, aveva un’aria conventuale.


La sua prima pietra era stata posta dal Vescovo Campesio
il 27 settembre del 1472 e da quel giorno al 1° ottobre si era
continuato disegnando e squadrando: <<…datum est
principium Hospitali magno, ipsum designando, squadrando; et
sic factum est usque ad primam octobris. Die autem sexta
eiusdem mensis coeperunt fabricare magno cum fervore, et
totius civitatis letitia et gaudio>>.
Così il cronista Alberto Rivalta minuziosamente riferisce.

In epoca precristiana, sia in Grecia che a Roma, era diffuso


l’uso di esporre i piccoli che non si potevano tenere per vari
motivi.
Nel 787, a Milano, l’arciprete Dateo fonda il primo
brefotrofio.
Intorno all’anno Mille nasce a Montpellier l’Ordine di
Santo Spirito con lo scopo di assistere e mantenere i trovatelli.
Altri Ordini e Ospizi nascono successivamente in Europa
ed in varie città d’Italia, anche sul modello di quelli fondati
dall’Ordine Gerosolimitano di S.Giovanni.
Sorto in Palestina durante le Crociate e riconosciuto dal
Papa Pasquale II° nel 1113, creò una fitta rete di ospizi lungo i
percorsi dei pellegrini, acquistando carattere militare dal 1121
(i <Cavalieri>) e, dopo la perdita della Terrasanta, passò prima
a Cipro (1291), poi a Rodi dal 1309.
Quando nel 1522 Solimano il Magnifico espugnò l’isola, i
Cavalieri si insediarono a Malta.
Fino al quindicesimo secolo, sorti durante gli ultimi due-tre
secoli, erano presenti nelle città numerosi enti di carità,
Confraternite, che svolgevano opera assistenziale per lo più nei
confronti dei poveri che non mancavano, di pellegrini e di
orfani, trovatelli o abbandonati nelle Ruote dei vari Conventi, -
sistema perdurato fino al 1923 quando venne abolito da un

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Regio Decreto -, gestendo patrimoni costituitisi nel tempo


attraverso legati e donazioni.
Il numero di queste opere che prendevano nome di spedale
o di ospizio era anche di diverse diecine nelle città.
Pur svolgendo opera meritoria per quei tempi, servivano
soprattutto ad ingrassare i loro amministratori, nella stragrande
maggioranza religiosi, ma anche laici.
Il 1400 fu importante per l’istituzione ospedaliera dell’Alta
Italia e durante il suo corso si sarebbe costituito il nucleo
fondamentale, anche sotto il profilo edilizio, delle strutture
ospedaliere giunte più o meno modificate, fino ai giorni nostri.
.
Fu Siena intorno agli anni Venti di quel secolo a
riunificarli in un unico ospedale per la prima volta (ecco perché
presero spesso il nome di Ospedali Riuniti o di Ospedale
Grande), e poi Firenze nel 1425, qui con l’appoggio di Cosimo
dei Medici che sospettava della potenza dell’Opera della
Misericordia nella sua città.

In Lombardia la prima città che seguì quell’esempio fu


Brescia che lo delibera nel 1427, ma lo attua nel 1447, seguita
da Venezia, Milano, Como, Cremona, convinto sostenitore
dell’iniziativa in queste città, il frate francescano minore
Michele Carcano, futuro Beato.

A Piacenza gli ospizi erano, sembra, trentuno in città e


ventuno nei paesi per una popolazione di quindicimila (?),
ventimila (?), venticinquemila (?) persone in città e di forse
centomila nel contado.
Dal 1448 padroni di Piacenza erano gli Sforza di Milano.

Il Vescovo Campesio, pavese, intorno al 1470 cominciò a


pensare al progetto di riunificazione anche a Piacenza ed il 30
aprile 1471 radunò nella Curia tutte le autorità cittadine e gli
amministratori di tutti i 52 piccoli spedali.
Dopo la sua autorevole allocuzione, acconsentirono
pubblicamente tutti, compreso il rappresentante del Duca
Galeazzo Maria Sforza, Princivalle Lampugnani.

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A verbalizzare l’evento, l’atto notarile di Abramo da


Piozzano “…facta est unio et incorporatio dictorum
Hospitalium”.
Nel corso della stessa seduta venne nominata dagli
Anziani una commissione per la scelta del luogo dove doveva
sorgere il nuovo grande ospedale e meno di un mese dopo, il 27
maggio, fu prospettata l’alternativa tra il luogo di “sanctum
Paulum retro Ecclesiam maiorem et alio loco ad sanctam
Victoriam”, la quale era presso S.Sepolcro, dove adesso è la
lapide che ricorda, nel Piazzale delle Crociate, il grande raduno,
il pre Concilio di Clermont del 1095, al cui posto sorgerà
mezzo secolo dopo (1522-1528) Santa Maria di Campagna –
ma già allora c’era un “templum Verginis de Campanea” - e
che forse dipendeva ancora dall’abate di S.Savino, favorevole
al nuovo edificio, come anche l’abate di S.Sepolcro, il quale
ultimo fin dall’adunanza del 30 aprile in Curia aveva promesso
una parte delle rendite della sua abbazia, che comprendeva
anche un ospizio, se l’ospedale grande fosse stato costruito.
Ma nel frattempo si frapponevano difficoltà e resistenze
interessate al progetto, per cui il Vescovo era indotto a
chiamare a Piacenza il predicatore frate minore Michele
Carcano.
I Frati Minori erano allora presso il convento di S.Maria di
Nazareth, inglobato successivamente dal Castello farnesiano
(1547), poi distrutto per lo scoppio di un deposito di munizioni
dell’esercito Napoleonico nel 1805. Questo Convento, allora
fuori le mura, era dov’è adesso l’Ospedale Militare, iniziato a
costruire nel 1865 ed inaugurato il 21 settembre 1869.
I Frati, dopo varie vicissitudini, andarono al convento di
S.Maria di Campagna, dove sono tuttora.
Il frate Carcano intorno alla metà del mese di maggio, con
prediche molto incisive anche in piazza (i comizi del tempo),
sensibilizzò la popolazione.
Quello stesso 30 aprile il Vescovo, col parere favorevole
dello Sforza, aveva inviato la richiesta di autorizzazione
pontificia, la supplica, al Papa Paolo II, che muore il 26 luglio
1471. Il Papa Sisto IV, eletto il 9 agosto, emette la Bolla di

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approvazione l’8 ottobre, in un tempo rapidissimo (il Vescovo


doveva avere delle conoscenze a Roma).
La Bolla arriva a Piacenza dopo quasi sei mesi, il 28 marzo
1472, dovendosi imputare il ritardo a ricorsi di oppositori che
non mancarono nemmeno dopo la sua messa in esecuzione,
tanto che si pensò di richiamare frate Carcano che tornò a
Piacenza nel luglio 1472 e “…coepit pro Magno Hospitali
praedicare et magna inferre minas Hospitaliaris et Patronis
renunciare nolentibus, eis predicendo vitam suam terminabunt
et in inferno sepelientur…”.
Tali minacce spianarono la strada al progetto e, passato il
grande caldo, il 27 settembre di quell’anno, tutto sommato nel
giro di meno di due anni, si arrivò, ponendo la prima pietra, a
compiere quella che oggi verrebbe definita una grande riforma
per la quale non basterebbero decenni e decenni di battaglie
politiche.
Il luogo scelto, come si è visto, era quello di Santa Vittoria,
vicino all’abbazia di S. Sepolcro, dove è tutt’ora.
Fu costruito a crociera probabilmente ad imitazione
dell’Ospedale Maggiore di Milano, voluto da Francesco Sforza
e dalla moglie Bianca Maria Visconti nel 1456, opera
dell’architetto Filarete che migliorava il primo modello di tali
ospedali a crociera, detto di S.Maria Nuova, realizzato a
Firenze (dove nello stesso anno iniziava la costruzione
dell’Ospedale degli Innocenti su disegno del Brunelleschi ).
La crociera era costituita da due lunghe corsie incrociate
così da formare quattro braccia convergenti in un centro dove
era costruito un altare.
I degenti potevano quindi assistere da ogni parte alle
funzioni religiose celebrate in quel punto centrale da cui
potevano anche essere facilmente controllati.
La modifica milanese del Filarete rispetto alla costruzione
fiorentina consisteva in due corpi di fabbrica in cui ogni
fabbricato era diviso dalla crociera in quattro chiostri, ognuno
dei quali dava luce ed aria sufficienti ad ambo le parti delle
corsie disposte a croce.

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L’ospedale grande di Piacenza fu dal Vescovo dedicato


alla Vergine e dal popolo fu detto in seguito di S. Maria di
Campagna perché sorto là dove sarebbe sorto il Santuario e
forse anche perché l’ingresso, diversamente da adesso, era sulla
via Campagna, strata iuxta Campaneae Rivum, come allora si
chiamava.

L’ospedale grande avrebbe ospitato, come gli ospizi che lo


avevano preceduto, trovatelli dei due sessi, “homines infirmi
iacentes et peregrini”.
Nel Cinque e Seicento veniva indicato come Venerando
Spedale Grande degli Infermi, Esposti e Pellegrini.
Era amministrato da quindici rettori, sei nominati da Enti
religiosi (Vescovo, Capitolo del Duomo, Prevosto di
S.Antonino, Abate di S.Sisto, Abate di S.Agostino, Convento
dei Francescani di S.Maria di Campagna); due dai Consoli della
Mercanzia; sette dall’Anzianato della Comunità che, pur
essendo organismi laici, non erano mai in contrapposizione alle
direttive del Clero.
I rettori gestivano l’Ospedale Grande con notevole
autonomia, garantendo con il credito di cui godevano in città,
fondamento del loro operato il senso di carità cristiana,
amministrando le rendite unificate degli ospizi soppressi e
dovendo presentare un rendiconto annuale al Vescovo che non
risulta abbia mai contestato con atti alcuno di tali rendiconti.
Le entrate provenienti dalle molte proprietà lasciate dai
benefattori erano considerevoli, ma spesso insufficienti,
essendo stata sempre costosa l’assistenza.
Tutte le rendite venivano curate dal Massaro ad eccezione
del denaro liquido che era competenza del Tesoriere.

UN SECOLO DOPO

Dal quasi ventennale Concilio di Trento della


Controriforma (1545-1563) nasce, tra l’altro, il diritto-dovere
per il Vescovo di visitare i luoghi pii, ivi compresi quelli che
riguardavano la protezione dei poveri.

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Ciò consente al Vescovo Burali, dell’Ordine dei Teatini, a


Piacenza dal 1568 al 1576 e a Napoli dal 1576 al 1578, di
pretendere il rendiconto annuale dai pochi ospedali
sopravvissuti alla riunificazione di un secolo prima come
Fiorenzuola, Castel S.Giovanni e qualche altro e di controllare
direttamente mediante visita l’ospedale grande della città.
Diversamente avveniva a Bologna dove l’unificazione non
era avvenuta ed il suo Cardinale Paleotti, molto raramente potè
varcare le porte dei tanti ospedali che erano trenta in città e
novanta nel contado.
Erano i tempi di S.Carlo Borromeo, persona difficile, a
Milano.
Il Vescovo Burali dunque, un anno dopo il suo arrivo a
Piacenza, il 3 agosto 1569, compie la visita consentendoci di
dare un’occhiata dentro l’ospedale quasi un secolo dopo la sua
fondazione.
“Eccolo in azione – dice Molinari – intento all’esame dei
letti in quibus erant quam plures et diversi pauperes et infirmi.
Dà un’occhiata al chiostro delle fanciulle nubili, al dormitorio
delle donne e si accerta che sia ben isolato dai locali maschili e
sprangato a chiave durante la notte. Visita con carità i bimbi
esposti da madri snaturate ed esorta le balie ad allattarli per
amore verso Gesù [le balie erano pagate]. Giunto nella dispensa
piena di pane, cacio, lardo, farina, chiede qual è il menu e
quanta la misura di cibo per i singoli. Dopo uno sguardo alla
Cappella [la Chiesa di S.Giuseppe, all’interno dell’ospedale,
era nuova nuova, eretta solo l’anno prima], il Vescovo
conclude il vasto giro d’orizzonte con una toccante predica al
personale dirigente…”
Non c’è nessun cenno ai medici.
I quali nel ‘500 potevano fare ben poco per gli infirmi e
tuttavia dovevano pur esserci, insieme agli speziali.
L’ospedale in realtà ospitava il brefotrofio per i putini e le
putine, gli esposti, che erano molti, affidati alle balie, donne di
fuori città, fino agli otto anni. I maschi restituiti all’ospedale,
venivano mantenuti fino ai 12 anni per essere avviati, a questa
età, a qualche arte o mestiere e controllati a distanza fino ai 18
anni.

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Le figliole dell’ospedale erano invece destinate ai lavori


interni, costituendosi un corpo di infermiere-ausiliarie-pulitrici
e, quelle in soprannumero, collocate a servizio in famiglie di
buon nome, qualcuna destinata al matrimonio con operai o
contadini.
L’ospedale fungeva anche da generico ricovero per persone
povere, vecchie, stropiate o orbe.
Era importante l’ospitalità ai pellegrini diretti a Roma o di
ritorno, che vi potevano essere ammessi se muniti di patente
dei loro Vescovi, altrimenti avviati alla Confraternita della
Trinità dei Pellegrini che faceva capo a Roma e della quale ci
capiterà di interessarci ancora durante l’occupazione
napoleonica.
Per gli infermi si sa solo che il Cappellano doveva benedire
le mense. I medici dovevano visitarli due volte al giorno. Alla
visita alle donne doveva presenziare la ministra.
I malati contagiosi venivano separati dagli altri (c’era
anche un lebbrosario, verosimilmente a S.Lazzaro).

* * * * *

La vicenda di Giulio Cesare Casseri, Iulius Placentinus,


(Piacenza 1552 - Padova 1616) non ha niente a che fare con
l’ospedale di Piacenza, ma ci consente di rivisitare lo stato della
scienza medica al tempo del Rinascimento.
Nato poverissimo nel piacentino, lo ritroviamo a Padova in
qualità di servitore, verosimilmente al seguito di uno studente
piacentino. Qui diventa domestico del Lettore di Anatomia e
Chirurgia di quella Università Girolamo Fabrici
d’Acquapendente che, come aiutante e uomo di fatica, lo inizia
nella dissezione dei cadaveri, consentendogli anche di ascoltare
le sue lezioni. Da servo uditore e da uditore discepolo, fino a
diventare in poco tempo pari al padrone e maestro, riuscendo a
laurearsi intorno al 1580.
Si dedica all’esercizio della professione guadagnando
rapidamente fama e posizione economica.
Ma il suo maggiore interesse è per gli studi di Anatomia
che pratica allestendo appositi locali in casa propria, dando

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lezioni private agli studenti che le apprezzano, essendo molto


poche le lezioni all'Università (due soli cadaveri all’anno).
Il Fabrici era cagionevole di salute e per tale ragione
l’Università di Padova nel 1604 conferisce al Casseri il Corso
di lezioni di Anatomia solo per quell’anno; corso che egli
svolge nei propri locali privati, per rispetto al maestro.
Nel 1609 la salute del Fabrici peggiora e la sua cattedra
viene ‘sdoppiata’; al Fabrici resta l’Anatomia ed al Casseri, che
prediligeva l’Anatomia, va la Chirurgia.
Nel gennaio 1616 gli viene affidato un Corso ufficiale di
Anatomia e gli viene imposto di svolgerlo nell’anfiteatro
universitario.
In questa circostanza, oltre alla parte descrittiva dei visceri,
passa alla dimostrazione anche delle “morborum causas et
symptomata”. Erano i primi germi dell’Anatomia Patologica,
fondamento delle Patologie Medica e Chirurgica e della
Clinica.
Qualche mese dopo, il 4 marzo 1616, dopo malattia
acutissima, muore.
Aveva declinato offerte dell’Università di Torino, ma
anche di quella di Parma, rinunciando a tornare nel Ducato.
Di lui rimangono tre fondamentali opere di Anatomia con
bellissime Tavole, dedicate, unica concessione alle sue origini,
al Duca Ranuccio Farnese.
Nel 1647 il Veslingio definisce diligentissimi anatomici
“Andream Vesalium, Fabricium de Acquapendente, Iulium
Casserium” che, oltre un secolo dopo, verrà ricordato dallo
svizzero di Gottinga Haller come “felix chirurgus, insignis
anatomicus”.
Iniziava così il lungo e faticoso cammino della Medicina.
Prima gli studi di Anatomia – il dove -; quindi l’Anatomia
patologica, la fisiologia e l’osservazione clinica – il come -; per
arrivare solo verso la fine dell’ottocento all’eziologia, al perché
della malattia, perlomeno all’eziologia batterica. E siamo ai
giorni nostri in cui si tenta, senza ancora riuscirvi, di eliminare,
attraverso la prevenzione, ogni perché, ogni causa di malattia.

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DAI BORBONE A NAPOLEONE

Non si hanno notizie sull’ospedale di Piacenza per tutto il


1600 e per buona parte del ‘700, mentre altrove, soprattutto a
Padova e Bologna, fiorivano gli studi specie sull’Anatomia
(Vesalio, Falloppio, Varolio, Botallo, Morgagni, Malpighi), che
misero in crisi le dottrine dei testi latini e greci e le loro molte
false affermazioni, studi collegati alla matematica e alla fisica
post-galileiane provenienti da Pisa.
L'inglese William Harvey (1578-1657) oltre che a
Canterbury ed a Cambridge aveva studiato anche a Padova
dove, allievo di quel Fabrici d'Acquapendente e quindi
probabile collega se non allievo anche di Giulio Casseri, si era
laureato nel 1602. Nel 1628, a Londra, aveva pubblicato il De
motu cordis et sanguinis in animalibus, in cui per la prima volta
il corpo animale poteva essere interpretato come una macchina
idraulica. Aveva individuato nel cuore le fasi sistolica e
diastolica; il movimento circolare del sangue attraverso
anastomosi artero-venose (i futuri capillari); la funzione delle
valvole venose già individuate dal Cesalpino e dal Fabrici
d’Acquapendente, ed i sistemi integrati del grande e del piccolo
circolo 1.
Ma nel successivo De generatione animalium del 1651, pur
trattando dello sviluppo degli organi dell'embrione e, primo fra
tutti, del sistema circolatorio, non individuò i meccanismi della
fecondazione riproduttiva, che continuò a spiegare con entità
proprie della tradizione aristotelica quali il trasferimento
dell'anima, il contagio o il calore innato.
Fino forse al 1760 l’ospedale di Piacenza era rimasto
chiuso a qualsiasi sviluppo innovatore, con medici in
successione ereditaria da padre in figlio.

1
Fino a quel momento si riteneva che il sangue, spinto nelle arterie dal cuore,
si disperdesse nei tessuti periferici, ricostituendosi continuamente grazie
all’introduzione degli alimenti. Ma Harvey dubitò che gli alimenti potessero
produrre centinaia di litri di sangue al giorno. Ipotizzò e dimostrò il circuito
chiuso di ritorno del sangue al cuore attraverso le vene.

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Nel 1760 entra in Ospedale Giuseppe Corneli, nato a


Piacenza nel 1707 da famiglia originaria da Guardamiglio-
Valloria.
Dopo i primi studi piacentini di logica, fisica e metafisica,
si avviò allo studio “per il ristabilimento della sanità del
corpo”, ma avvertì il vuoto scientifico della sua città per cui si
iscrisse all’Università di Bologna per poi passare a Firenze,
dove giungevano gli influssi di Pisa, e infine andare a Padova,
dove riprese gli studi di Anatomia e Chirurgia alla scuola del
Morgagni e dove conseguì la laurea.
Rientrò a Piacenza ma ripartì subito per Montpellier e per
Parigi per assorbire le ultime novità scientifiche.
A Piacenza portò nuovissimo e costoso strumentario
chirurgico e nuove metodiche curative.
Non si era laureato nel Ducato, a Parma, e questo aveva il
suo peso negativo tra i colleghi piacentini. Compare sull’Albo
dei Medici del Ducato solo nel 1768 – a 61 anni di età – dopo
certamente circa 30 anni di attività professionale svolta a
Piacenza.
Sembra che sia stato il primo a Piacenza ad usare
esternamente ed internamente il mercurio, a curare le cancrene,
ad usare la siringa e a rendere meno dolorosi gli interventi
cruenti.
Tolse calcoli, abbassò cataratte, fu abile ostetrico e, in un
caso, praticò con successo l’ano preternaturale.
Per curare la malaria utilizzò il legno esotico di quassia
amara al posto della china. Glielo faceva espressamente
arrivare il suo estimatore e protettore Du Tillot, il potente
Ministro prima del Duca Filippo di Borbone, che succede
all’estinta dinastia dei Farnese, e poi del minorenne Duca
Ferdinando.
Sperimentò l’inoculazione di pustole vaiolose per la
prevenzione di questa malattia, secondo la tecnica di Teodoro
Tronchin (1765).
Gli esperimenti del veterinario Jenner sull’uomo col vaiolo
bovino - da cui la pratica prese il nome di vaccino -, sono solo
del 1796.

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Soprattutto insistette presso il Du Tillot perché venisse


ripristinata a Piacenza una sezione staccata della Scuola
Universitaria Parmense con una cattedra di Anatomia e
Chirurgia, che venne istituita nel febbraio del 1767 e a lui
conferita.
Vennero eretti i locali necessari all’interno dell’ospedale,
spostando l’ossario vecchio, “lateralmente alla Chiesa di
S.Giuseppe”, affrontando spese - “50.000 lire prese a censo” –
che vennero criticate dai cronisti del tempo.
La sede venne inaugurata dal Corneli il 17 novembre 1768
alla presenza delle Autorità e dei più insigni cittadini, con una
lezione sugli occhi.
La sera stessa scriverà al Du Tillot informandolo del
successo della conferenza e dei suoi programmi per il 1768 –
lezioni di Anatomia – e per il 1769 – lezioni di Istituzioni
Chirurgiche – e per chiederGli che “nessuno dei giovani dello
Stato Piacentino, studente di Chirurgia, possa essere ammesso
all’esame del Protomedicato se prima non avrà riportato da me
il certificato di aver frequentato la mia scuola”
Venne a mancare il 28 febbraio 1780.

Gli succedette Gian Domenico Pesatori, più erudito che


scienziato, creatore di una notevole Biblioteca, acquistata in
seguito dal Marchese Landi e successivamente donata alla
Comunale di Piacenza.

La medicina andava faticosamente diventando sempre più


scienza, ed anche l’Ospedale, sotto il profilo gestionale,
doveva affrontare delle modifiche.
Il Du Tillot aveva già iniziato le riforme di marca francese
ispirate al nuovo tipo di società, espellendo nel 1767 i Gesuiti,
avviando la riforma catastale – che colpiva gli interessi
immobiliari dei nobili -, cercando di eliminare i privilegi
giuridici e fiscali del clero (prammatica sulla manomorta) ed
emanando nel 1771 la riforma più organica e radicale in
materia sanitaria che istituiva la “Regia Sovrintendenza ai
Luoghi Pii”.

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Quella riforma constava di 36 articoli e al 1° recitava:


“Prima di venire alla celebrazione e conclusione di qualsiasi
contratto, alienazione od altro atto obbligatorio, dovranno
d’oggi in avanti gli Amministratori rendere intesa la ‘Regia
Soprintendenza ai Luoghi Pii’ dei Regi Stati, coll’attenderne
dalla medesima l’approvazione”.
Si poneva fine così all’autonomia gestionale dei rettori.
Ma queste riforme in senso statalista del Du Tillot
andavano contro i poteri forti, consolidati e conservatori del
tempo per cui, nel corso dello stesso 1771, il Ministro veniva
allontanato da Parma – che pure aveva contribuito a rendere
l’Atene d’Italia - ad opera della Duchessa Maria Amalia e dei
circoli più reazionari; e non vennero mai di fatto attuate.
Saranno riprese, in forma più dura, 30 anni dopo, da
Napoleone.

Pertanto, oltre che sotto il controllo del potere politico dei


Borbone, l’Ospedale restava tuttora sotto la tutela della Chiesa
e nel 1790 assistiamo ancora all’ultimo controllo vescovile
all’Ospedale da parte di Gregorio Cerati, Vescovo di Piacenza
dal 1783 al 1807, un periodo storico movimentato e difficile
per il Ducato, terreno di invasioni francesi (Iª campagna d’Italia
di Napoleone del 1796), di austro-russi penetrativi mentre
Napoleone era impegnato in Egitto, e di nuovo francesi, con
vessazioni sulla popolazione.

La visita inizierà dalla Chiesa di S.Giuseppe e dai sepolcri


al suo interno, proseguendo all’attiguo ossario, quindi al nuovo
cimitero costruito nel 1779 dall’architetto Ilario Tomba davanti
all’ingresso dell’ospedale nella via Campagna, poi ancora
all’interno, ai sepolcri del vecchio cimitero.
Tanti sepolcri nell’ospedale.
Non c’erano ancora i cimiteri urbani istituiti da Napoleone
nel 1810, (ma questa vicenda delle sepolture in ospedale
continuerà fino agli ultimi decenni dell’ottocento e, chissà,
forse anche oltre).
Del resto, in ospedale, solo nel 1789, erano morte 420
persone.

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La visita prosegue “alla crociera degli infermi”, gli uomini


separati dalle donne, separati i febbricitanti dai feriti, con
qualche camera distinta.
Separato è il luogo per gli uomini attaccati da demenza da
quello delle donne folli.
Si nota così la lenta evoluzione dell’ospedale riguardo agli
infermi rispetto alla visita del Vescovo Burali di due secoli
prima e si viene a sapere che per i 152 degenti di quel giorno,
con una media triennale di 170 presenze giornaliere, prestano
servizio 7 medici con vari gradi e incombenze, coadiuvati da
molti inservienti e “Figlie”.
Al termine della visita, dopo aver visto anche i dormitori, i
laboratori, il guardaroba, la lavanderia e le cucine, gli
amministratori presentano al Vescovo il rendiconto economico
annuale, le entrate e le uscite, dove i malati, dal punto di vista
del vitto – e quindi delle spese – sono distinti in “da carne” se
convalescenti, e “d’ova” se febbricitanti.
C’erano poi ancora gli esposti.
Al momento della visita i lattanti erano sei, ma i piccoli
dati a balia – vi restavano fino all’età di otto anni, come s’è già
detto – erano ben 316.
Alla fine del ‘700, dunque, persisteva ancora il diritto
formalistico revisionale del Vescovo nella gestione ospedaliera,
ma l’illuminismo, il giurisdizionalismo e lo statalismo erano
alle porte e l’autorità religiosa, soprattutto con Napoleone, che
irrompe col suo esercito nella primavera del 1796 ma si insedia
stabilmente nel Ducato nel 1801-1802, era destinata a fare dei
passi indietro.
Nel 1806, l’ormai vecchio Vescovo, al parroco
dell’ospedale che gli chiedeva come comportarsi col
seppellimento degli acattolici, rispose che non ci si doveva
opporre alle autorità civili.
L’ottocento era già avviato.

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IL PERIODO NAPOLEONICO
(1806-1814)

All’inizio del periodo francese, dopo la morte del Duca


Ferdinando di Borbone, il 2 ottobre 1802 il Ducato viene
affidato da Napoleone all’Amministrazione Autonoma
paternalistica di M. Moreau de Saint-Mery.
Vi sopravvivono molte istituzioni del precedente Stato,
anche se si avverte che sono destinate a cambiare.
Il 19 gennaio 1806 ha termine l’Amministrazione
Autonoma Moreau (ribellione sulle montagne piacentine) ed ha
inizio l’integrazione del Ducato nelle istituzioni francesi con il
Decreto Imperiale di Napoleone in persona emanato in tale
data dal Palazzo di Stoccarda, che nomina e invia a Parma il
Plenipotenziario Governatore, Generale Junot.
Il Ducato verrà trasformato (1808) nel Dipartimento del
Taro, comprendente i territori di Parma, Piacenza, Borgo
S.Donnino (Fidenza) e Guastalla, con la nomina a Prefetto di
Ugo Eugenio Nardon. (Guastalla verrà donata da Napoleone
alla sorella prediletta Paolina, che la rivenderà, per congruo
compenso, al milanese Regno d’Italia).
Il circondario di Parma ha una popolazione di 109.875
abitanti di cui 29.719 della città; quello di Piacenza di 130.585,
di cui 27.429 di città; quello di Borgo S.Donnino di 136.098, di
cui 8.000 in Fidenza.
Tra Junot e Nardon ci sarà spesso conflitto a causa delle
non definite prerogative del secondo.
Gli effetti di questo passaggio si avvertono subito.
Il 24 gennaio 1806 – cinque giorni dopo il Decreto
Imperiale – viene nominato il primo Maire di Piacenza.
Il 15 marzo si insedia la Commissione per gli OSPIZI
CIVILI nominata dal Junot.
Il 26 dicembre dello stesso anno, allontanati i gesuiti,
aprirà la prima Scuola Comunale a Piacenza.
Per l’Ospedale sono fondamentali il Decreto Junot del 7
marzo ed il Regolamento del 1° dicembre 1806 che lo
laicizzano introducendo la nuova denominazione, assai

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esplicativa, di OSPIZI CIVILI, rimasta fino ai tempi recenti


(1968).
Con quel Decreto il Governo sottomette gli ospedali e gli
ospizi civili a un modo uniforme d’amministrazione affidando
ad una Commissione il controllo di tutte le rendite degli
ospedali e ospizi.
All’Ospedale vengono annesse le altre opere pie
costituitesi via via dopo l’unificazione del 1471, quali:
- l’Ospizio delle Orfane (Marocche) fondato dalla contessa
Marocco nel 1643;
- l’Ospizio delle Mendicanti di S.Carlo (Carline), istituito
dall’abate Atanasio Chiappini nel tardo ‘600 (cospicuo lascito
della contessa Villa-Maruffi nel recente 1803);
- l’Ospizio degli Orfani e degli Esposti istituito dal
Vescovo Burali negli anni ’70 del ‘500, che usufruiva di beni
lasciati nel 1668 dal conte Della Scala;
- l’Ospizio delle Preservate, fondato nel 1666 da don
Onorio Oroboni che raccoglieva “fanciulle di bell’aspetto e di
buona salute, ma di scarsi mezzi”.
L’Amministrazione dell’Ospedale Grande e di questi
Ospizi viene unificata, la Commissione Amministrativa sarà
composta da 7 membri di nomina governativa (Junot); ne sarà
Presidente e membro di diritto il Maire della città, e membro di
diritto sarà ancora il Vescovo col quale però nascerà qualche
screzio, sia formale che sostanziale.
Inoltre, le entrate derivano ancora dalle rendite dei
numerosi possedimenti, ma saranno integrate da una
percentuale prelevata sull’OCTROI, il Dazio Comunale, anche
se i trasferimenti delle somme dovute non saranno facili.
L’assistenza sanitaria non è più soltanto caritativa,
comincia a diventare un diritto sovvenzionato - in parte - da
tasse versate, sia pure indirettamente, dal cittadino.

Gli anni dal 1806 al 1814 (caduta di Napoleone) sono anni


nervosi di svolta.
I medici ospedalieri sono circa 15.
Il Primo Medico in Capo e Direttore Generale è Luigi
Ghizzoni che percepisce 2400 lire di Parma l’anno.

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Il Secondo Medico in Capo, Consultore e Vice Direttore è


Domenico Ferrari (il cui busto in marmo oggi sorveglia la
sbarra automatica che regola l’accesso delle autovetture dalla
via Campagna), che percepisce 1800 lire di Parma l’anno.
Chirurgo in Capo è Nicola Morigi che percepisce 1800 lire
di Parma l’anno.
Il Cassiere Marchetti, all’inizio pagato a percentuale sugli
introiti, raggiungendo il primo anno l’astronomica retribuzione
di 49.723 lire di Parma, percepirà poi 4500 lire di Parma l’anno
(il cambio era a 4 lire e denari 1 per un franco francese).
Napoleone, oltre che Imperatore di Francia – Notre Dame
2/12/1804 – è anche Re d’Italia – Milano 26/5/1805 - (la
Repubblica Cisalpina era stata trasformata in Regno).
Tra l’Amministrazione degli Ospizi Civili di Piacenza e il
Regno d’Italia nasceranno contestazioni e cause civili a
proposito di possedimenti dell’ospedale nell’Oltre Po,
incamerati dal nuovo Stato, che risponde picche.
Tra queste ve n’è una che riguarda la soppressa e aggregata
Confraternita della Trinità, quella che ospitava i pellegrini
senza la patente del loro Vescovo, che aveva la Casa
d’Ospitalità con l’Oratorio di S. Margherita in via S.Eufemia,
oltre a 8 case, fitti perpetui, capitali dati a prestito e 4 fondi di
cui uno, Colombaro, a Corno Giovine, nel basso lodigiano.
Vi saranno pignole verifiche – è l’inizio della burocrazia
statale – sui fittabili e su quanto versano, in particolare con il
canonico Lorenzo Ardizon Calvi che fa orecchio da mercante
ad ogni sollecito.
L’Ospedale non ha spazi per ricoverare i numerosi soldati
feriti che giungono da varie parti, Parma e Cremona. L’Autorità
Militare o chi per essa non paga il franco francese stabilito per
ogni giornata di degenza di un soldato ricoverato. Vengono
immessi nell’Ospedale medici e chirurghi militari francesi e la
cosa viene considerata legittima dalla Prefettura consultata.
E c’era da pensare anche agli esposti e ai pazzi.
Per far fronte alle spese straordinarie, bisogna alienare beni
immobili. Si requisisce, pur promettendo canoni di affitto, parte
del Convento di S.Savino per adibirlo ad Ospedale Militare
(1810), e si userà allo scopo anche S.Agostino (è forse in

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questa occasione che i soldati francesi decapitano tutte le statue


della Chiesa?).
Ma non basta ancora e nell’ottobre dello stesso anno la
Commissione Amministrativa chiede alla Prefettura
l’assegnazione di altri due conventi, individuati in quelli di
S.Raimondo e di S.Franca – per questi si chiederà al Demanio
la “sospensione d’asta” per affitto -.
Molti conventi erano stati soppressi, e i loro averi
assegnati al Demanio.
Addirittura si vorrebbe trasferire l’intero Ospedale dalla
sua sede a questa nuova dei due conventi, pensando di vendere
i locali abbandonati e poter così pagare gli “enormi debiti
dell’Ospizio, forse ogni suo debito”.
Si arriva quasi al 1812 con tutti d’accordo su questa
soluzione….
Ma non se ne fa niente.
Cosa sarà successo!?
Napoleone era impegnato nella Campagna di Russia.
Poi sarebbe arrivata l’Elba e quindi Waterloo.

MARIA LUIGIA D‘AUSTRIA


(1814 - 1847)

Andati via i Francesi, arrivarono gli Austriaci portandosi


dietro la moglie poco usata di Napoleone, Maria Luigia.
La Restaurazione, anche in campo ospedaliero, in un
periodo finalmente senza guerre, consistette in alcuni correttivi
alle riforme Napoleoniche, aggiungendosi a quello francese, il
burocratismo austriaco.
Del resto, all’interno della società del Ducato si era
formata ed affermata quell’élite locale economico-burocratico-
politico-culturale che aveva assorbito il nuovo e adesso era
pronta a continuare ad applicarlo, come avviene ad ogni
trapasso di regime.
Ormai i nuovi criteri di contabilità dell’amministrazione
ospedaliera erano già stati avviati in senso aziendale – abolendo
quelli soggettivi e approssimativi dei rettori vescovili

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ammantati di carità – dal Regolamento Junot del 1° dicembre


1806 – costituito di 65 articoli – che avrebbe costituito il
fondamentale canovaccio su cui operare ogni futuro
aggiustamento, forse fino ai giorni nostri.
Le nuove norme non valevano più solo per l’ospedale di
una città, ma per tutti gli Ospizi del Ducato.
Si corresse il nome dell’organo gestore che non si chiamò
più Commissione Amministrativa ma “Consiglio gratuito e
caritatevole” perché i membri che la costituivano non
percepivano remunerazione; il numero dei suoi costituenti
sarebbe stato prima di 7, poi di 10, oltre al Podestà (l’ex
Maire), rinnovabile per un quinto ogni anno, ma sarebbe stato
sempre di nomina governativa2 o, in seguito, in parte del
Governo ed in parte del Comune i cui componenti erano
comunque nominati dal Governo…
Ancora niente avveniva dal basso, per elezione.
Si definirono meglio i compiti amministrativi di un
Ordinatore Generale, prescelto tra i membri del Consiglio,
compiti che saranno molti e importanti e lo faranno diventare
più influente del Presidente.
Si istituì il ruolo di un Ispettore medico di “probità” con
stipendio doppio rispetto a quelli del Medico e del Chirurgo
Capi (per gli amministratori politici le funzioni di controllo
diventano preminenti su quelle tecniche).
Persisteva il pesante deficit indotto dalle guerre e dai feriti
ricoverati.
Ancora nel 1816 il Governo Francese doveva all’Ospedale
45.000 franchi per i soldati dell’Armata di Napoleone e quello
Ducale 8.000 per i soldati austriaci, oltre a quasi 7.000 relativi a
quote per fanciulli esposti assistiti negli anni dal 1807 al 1814 e
per “zuppe” ai prigionieri di guerra.
Si dovette ricorrere all’alienazione di 14 poderi e di diverse
case.
Si precisò meglio il prelievo nella misura del 24%
sull’esazione dei dazi comunali, già previsto dall’art. 8 del
Decreto Junot del 7 marzo 1806.

2
Come avviene adesso per la Commissione Europea.

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Si riallacciarono i rapporti con l’autorità vescovile – anche


se gli ambiti rimasero separati – e nel 1818 verrà nominato
membro del Consiglio il vicario della Diocesi Lodovico Loschi,
che ne diverrà Presidente dal 1820 al 1824 quando sarà
nominato Vescovo.
Intorno al 1825 la situazione finanziaria degli Ospizi era
risanata ed a ciò si aggiungevano atti di generosità di Maria
Luigia – che non le costavano niente – con il dono agli Ospizi
Civili di monasteri a suo tempo soppressi dal marito e assegnati
al Demanio, come, per esempio, il dono dei monasteri urbani di
S.Savino e di S.Sepolcro e dei beni monastici di Chiaravalle
della Colomba (terre, case e molino).
Altre “addizionali “ andavano agli Ospizi: quelli imposti
sulla “prediale” e sulle ammende ai trasgressori della caccia e
le multe sui pedaggi abusivi del ponte sul Trebbia.
In quegli anni i dipendenti di tutti gli Ospizi erano 65 di cui
11 medici in ospedale, per un onere annuo complessivo di
32.200 lire circa.
Al Segretario computista ed al Ricevitore o Cassiere
competevano pro capite 2000 lire annue, mentre al Chirurgo
Capo spettavano 600 lire l’anno, forse perché traeva guadagni
dalla libera professione.
Il medico-chirurgo che si ricorda di quel periodo è
Giacomo Morigi (1814-1856), figlio di Nicola che era stato in
buoni rapporti con lo Scarpa di Pavia, già allievo di Morgagni
a Padova.
Si tracciava pure un regolamento disciplinare interno
riguardante il personale che con decreto 1 luglio 1822 veniva
assimilato eccezionalmente agli impiegati governativi – gli
statali del tempo – e per il quale, attraverso trattenute sulla
paga, veniva costituita una pensione detta “civile” per
distinguerla da quella degli ex militari.
Nel 1822 i pazzi di tutti gli Ospedali dello Stato vengono
concentrati nell’Ospedale S.Francesco di Paola di Parma cui
ogni Amministrazione verserà una lira per ogni giornata di
degenza di un proprio paziente, ma in seguito i pazzi
ritorneranno all’Ospedale di Piacenza.

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Nel 1827 il Marchese Bernardino Mandelli trasferisce


all’Ente un cospicuo lascito (che avrà strascichi attuativi fino
alla seconda metà del novecento).

T O R N A N O I B O R B O N E (1847-1860)
IL COLERA

Alla morte di Maria Luigia nel 1847, tornano a Parma i


Borbone con Carlo Ludovico.
Altro Governo, altri metodi, ma i ministri erano quelli
stessi di Maria Luigia.
Sono tempi di primi moti rivoluzionari risorgimentali,
sebbene il Governo di Maria Luigia fosse stato illuminato.
Per la politica ospedaliera, il Decreto del 25 maggio 1850
cambia ancora nome al Consiglio che non è più “gratuito e
caritatevole” ma “gratuito e di beneficenza”. E siccome i suoi
membri operano gratuitamente a favore della collettività, viene
nominato un Direttore stipendiato a cui viene deferita
l’Amministrazione sostanziale e che diventa “legale
rappresentante” degli Ospizi Civili.
Al Consiglio rimarrà l’approvazione delle delibere
preparate dal Direttore e la nomina dei medici e del personale
sanitario.
Con quest’ultima riforma i Consigli d’Amministrazione
vengono scavalcati da un funzionario Governativo con poteri
superiori a quelli del Consiglio stesso e del Corpo Medico,
prevalendo la funzione gestionale economico-amministrativa su
quelle politica e tecnica3.

* * * * *

Nel 1832 l’Europa viene colpita, secondo qualcuno per la


prima volta, da una pestilenza di colera (cholera morbus)

3
Come avverrà, 140 anni dopo, con il Direttore Generale delle A.U.S.L,
successivamente più semplicemente ASL.

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proveniente dall’India e passata attraverso l’Afganistan ed il


Caucaso in Russia.
Il vibrione del colera è sconosciuto (verrà individuato da
Koch 50 anni dopo nel 1884).
Per alcuni medici – e tra questi il protomedico di Parma
Tommasini e qualche medico piacentino come il Rebasti ed il
Curtarelli – la malattia è contagiosa, dando a questo termine un
significato diverso da quello odierno, non esistendo un nesso
tra agente patogeno, ancora sconosciuto e forse nemmeno
ipotizzato, e la diffusione della malattia.
Per molti altri invece, non lo è.
A Parma il colera era atteso fin dal 1832, per lo meno dal
Tommasini che inviava istruzioni di natura igienica ai colleghi
di Piacenza che la pensavano come lui e provvedeva a far
diffondere un opuscolo per la popolazione che, senza
allarmarla, la informava sulle precauzioni da prendere.
Si era attrezzato come ospedale per colerosi l’ex convento
di S.Agostino e il 15 giugno 1836 il Tommasini invia una
circolare intitolata: “Precauzioni sanitarie da raccomandarsi ai
Signori Podestà e Medici condotti, attesa la comparsa del colera
in qualche punto dello Stato”.
Il 21 giugno 1836 il colera si manifesta per la prima volta
in Ospedale in un uomo proveniente dalla Lombardia.
Il medico ispettore dell’ospedale, in una relazione
dell’anno dopo, sbagliando, lo attribuisce alla sepoltura poco
profonda dei ricoverati deceduti.
Le sepolture infatti, per risparmiare sull’onere del
trasporto, non venivano effettuate nel cimitero urbano già
istituito, ma ancora all’interno dell’ospedale, e ne esalavano
miasmi considerati, insieme agli effluvi delle paludi, origine
confusa di contagio.
Per alcuni cronisti, che erano più nel giusto, viene portato
in città da forestieri.
In pochi giorni i casi si moltiplicano, ma tra la gente
prevale un istintivo rifiuto ad accettare la realtà.
Antonio Bertoli nella sua ‘Cronaca manoscritta’ il 27
giugno scrive:

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“Grandi ciarle senza molti fondamenti per questo morbo


colera e tutti l’hanno coi medici per volere questi guadagnare
denaro, giacché hanno poco lavoro e perciò anche ieri hanno
condotta una donna in S.Agostino con vomito e convulsioni ed
ecco è colera morbus e invece era gravida di tre mesi ed ecco
svanito il morbo a scorno del medico Curtarelli…. Guai a chi si
ammala nelle presenti circostanze che ti conducono subito
all’ospedale di S.Agostino… Chi sia in errore non so, so che
tutti fremono di sdegno, che, a Dio grazia, è ancora la nostra
città esente da questo flagello asiatico”.
Il 3 luglio il Podestà emette una circolare ai medici
sull’obbligo di denuncia dei casi anche solo sospetti.
La popolazione ha paura, ma molti sono ostili al ricovero
in S.Agostino, occultano i casi e molti saranno trovati morti in
casa.
Vi furono aperte manifestazioni contro i medici.
“Per le strade si vedono continuamente girare carri funebri
e medici e infermieri in vestaglia nera, con cappucci pure neri
sul capo, che coprono tutto il viso lasciando liberi solo gli
occhi, per cui cresce la paura nel popolo”. Così ancora il
Bertoli annota nella sua ‘Cronaca manoscritta’.
E in data 20 luglio, a un mese dall’inizio dell’epidemia,
aggiunge: “la Morte passeggia fra noi”.
Perché, a volte, anche i cronisti si ricredono.
Vengono chiusi i mercati, i servizi postali, le scuole, molti
negozi. E’ vietato l’ingresso dei contadini in città.
Continuano solo le funzioni religiose, le processioni e gli
spettacoli teatrali.
Il 18 luglio, in piena estate - le ferie al mare ancora non
usavano - va in scena l’Opera “La Scaramuccia”.
L’epidemia raggiunge il culmine nella prima quindicina
d’agosto, poi il contagio va gradatamente diminuendo; dal 6
settembre non si registrano casi nuovi e il 20 settembre si
chiude l’ospedale di S.Agostino.
L’attività del Teatro era continuata.
Il 26 settembre va in scena “Belisario” di Donizetti.
Solo qualche anno dopo avrà inizio l’era musicale di Verdi.

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A Piacenza, dove si manifestarono più sospetti e più


resistenze da parte della popolazione, vi furono più casi di
malattia e più decessi che a Parma.
Dal 21 giugno al 20 settembre si ebbero a Piacenza (29.000
abitanti) 948 casi con 620 morti. A Parma (40.000 abitanti) vi
furono 500 casi di malattia (non si dispone del numero dei
morti, così come dei numeri relativi ai rispettivi contadi).

Nel 1849 si ebbero in pochi giorni una ventina di casi di


colera nella parrocchia di S.Bartolomeo, ma il focolaio fu
circoscritto e non si ebbero casi mortali. Il dott. Bongiorni,
ufficiale sanitario, in un suo scritto affermava che “il colera,
curato nelle sue prime manifestazioni, è passibile di pronta
guarigione”.
Aveva ragione. Ma si trattava davvero di colera?
Non era ancora decisivo per la diagnosi il riscontro del
vibrione nelle feci.

Nel 1854 una nuova epidemia di colera colpisce l’Italia.


Nel piacentino il primo caso si ha a Morfasso, il 13 luglio
1855, in un bracciante agricolo rientrato dalla Lombardia.
Il primo caso in città si verifica il 18 luglio in un detenuto
proveniente da Cortemaggiore.
La città è più preparata di venti anni prima e la Sanità
Pubblica fa tesoro della precedente esperienza.
Viene riaperto l’ospedale per colerosi di S.Agostino posto
sotto la direzione del dott. Rebasti che compila un minuzioso
speciale regolamento interno approvato dalle Autorità.
Si dovranno suffumicare gli oggetti e il vestiario dei malati
giunti in ospedale, si dovranno lavare le sale di degenza due
volte al giorno con cloruro di calce e la biancheria dei letti si
dovrà cambiare tutti i giorni.
Non vi è, né vi poteva essere, la prescrizione di bollire
l’acqua da bere e di cuocere ogni cibo.
Viene istituita una sala di osservazione per quelli la cui
diagnosi non è certa.
Nessuno deve comunicare con l’esterno con cibo o altro.

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titolo: OSPEDALE E SANITA' A PIACENZA DAL XV ALL'INIZIO DEL XXI SECOLO

I deceduti saranno portati al cimitero urbano dopo la


mezzanotte, inumati in una fossa profonda tre metri e ricoperti
di calce viva.
Medici ed infermieri, prima di uscire dall’ospedale,
depositeranno i camici di tela nera, che saranno disinfettati con
vapori di cloro.
Anche in occasione di questa seconda grave epidemia
sono dati consigli alla popolazione attraverso il giornale “Il
Cispadano” del 9 agosto dal dottor Daneri che raccomanda di
aver fiducia nelle misure sanitarie e di abbandonare “il
deplorevole pregiudizio che domina ancora troppe persone che
i medici per la cura dei colerosi facciano uso di ampolle e di
boccette contenenti veleni per mandare più presto all’altro
mondo i poveri ammalati”.
Dal 18 al 31 luglio i casi saranno 84 con 57 morti.
L’acme dell’epidemia viene raggiunta nei mesi di agosto e
settembre per diminuire in ottobre. Alla fine di questo mese
l’ospedale di S.Agostino viene chiuso.
Le cure praticate in questa come nella precedente epidemia
erano state sintomatiche: astringenti (ossido di zinco e di
bismuto), chinino, tonici alcoolici, morfina e oppiacei,
verosimilmente in prevalenza sotto forma di laudano.
I casi in città furono 763 con 562 morti e in provincia 3475
casi con 1836 morti.

Queste vicende, insieme a quella dell’impegno nei


confronti dei soldati malati e feriti nel corso del primo
decennio, danno un’idea dei margini operativi dell’Ospedale
nell’affrontare le emergenze più specificamente sanitarie nel
corso della prima metà dell’ottocento, intanto che i tre Governi
succedutisi si ponevano soprattutto il problema di come meglio
amministrare gli Ospizi Civili.

Nel marzo 1860 plebiscitariamente subentravano i


Piemontesi e per il Ducato era il quinto governo in circa cento
anni, quattro stranieri e l’ultimo neonazionale, se si comincia
da Filippo di Borbone e Du Tillot.

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LO STATO ITALIANO

Il nuovo Governo, nel 1860 Ministro dell’Interno Farini,


già Dittatore delle Province Modenesi e Parmensi nel 1859, si
trova subito ad affrontare l’originario e mai risolto dilemma tra
Centralismo e Autonomie Regionali o locali (cioè federalismo),
ma il progetto di legge Farini-Minghetti, favorevole al
regionalismo, viene battuto in Parlamento dai Centralisti.
Capitale del nuovo Stato, fino al 1864, è Torino.
Le amministrazioni periferiche resteranno, in misura
diversa, sotto la tutela del Prefetto, espressione periferica dello
Stato ed, in particolare, del Ministro dell’Interno.
Si creano misure bilancianti nei Consigli Comunale e
Provinciale e nella Deputazione Provinciale, organo esecutivo
del Consiglio Provinciale, ma presieduto dal Prefetto.
Si trattava adesso di Organismi democraticamente eletti,
quando (1865) l’elettorato attivo per censo e alfabetizzazione
era pari al 4% della popolazione.
Le scelte venivano fatte dai soliti pochi e cadevano sui
soliti noti.
La legge 3 agosto 1862 ed il successivo Regolamento R.D.
27 Novembre ’62 n° 1007 danno il nuovo assetto alle Opere
Pie denominate corpi morali.
Queste leggi non riguardano più solamente un Ente o pochi
Enti del piccolo Ducato, ma tutti gli Enti d’Italia, dalle Alpi
alla Sicilia, utilizzando criteri da valere indistintamente per
realtà tra loro molto diverse e con interessi locali particolaristici
e parcellizzanti, consolidati e incancreniti.
Il R.D. 30 Novembre ‘62 n° 1049 demanda al Consiglio
Comunale la facoltà di designare gli undici componenti del
Consiglio di Amministrazione degli Ospizi Civili.
Sia la legge 3 agosto ‘62 che la fondamentale legge
Comunale e Provinciale del 20 marzo 1865 conferiscono al
Comune una facoltà ispettiva sugli Ospizi Civili.
Il Consiglio Comunale di Piacenza, in data 1 dicembre
1866 se ne avvale nominando una Sottocommissione
Visitatrice che due giorni dopo, 3 dicembre, procede ad un
accurato sopralluogo presso gli Ospizi, ed il successivo 29

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dicembre è in grado di presentare la sua relazione finale alla


Commissione Municipale di Sanità.
E’ come una visita del Vescovo, quali quelle già viste, ma
molto meno formalistica, superficiale e limitata a sepolcri,
Cappelle e cucine.
Il risultato è totalmente diverso, sconcertante per la
crudezza delle descrizioni in rapporto alla gravità della
situazione riscontrata.
Viene pubblicato integralmente in un supplemento al n°
100 del quotidiano Il Progresso.

Gli edifici dell’Ospedale andavano dal Monastero di


S.Sepolcro al Monastero di S.Maria di Campagna,
comprendente il Chiostro di Santa Vittoria, oltre agli edifici,
non ben identificati, costruiti in epoca Maria Luigia o dei
Borbone.
Il Monastero di S.Sepolcro, compreso probabilmente il
Chiostro, già confiscato da Napoleone, era stato donato da
Maria Luigia nel 1817, ma sarà incorporato nell’ospedale solo
nel 1870, successivamente a questa ispezione.
L’ingresso principale dell’Ospedale dava ancora sulla Via
Campagna.
Un ingresso secondario immetteva nella sagrestia di
S.Giuseppe e nella stanza di anatomia (quella fatta costruire per
il Corneli un secolo prima?)
Il complesso era costituito da sei grandi sale sempre a
crociera, della cosiddetta Sala a Colonne (si tratta dell’attuale,
da sempre adibita a Biblioteca o di un’altra?) e di altri locali
minori.
Quattro sale sono per gli Uomini e sono ripartite fra una
Divisione Medica e una Divisione Chirurgica.
Le altre due sale e la Sala Colonne [sic] ospitano Donne
anch’esse ripartite in una Divisione Medica e una Divisione
Chirurgica.
Non ci sono stanze per gli infermieri e mancano le stanze
singole per Paganti, pur risultando, già da prima di allora, i
malati suddivisi in poveri (in corsia o camerata comune),
distinti (stanze a più letti) e Pensionanti con camere singole.

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Ma soprattutto manca una sala che possa chiamarsi


chirurgica o, come si dice adesso, operatoria, ed è spaventosa la
situazione delle latrine non separate dalle corsie di degenza,
specialmente nei reparti Uomini che, oltretutto, per prendere un
po’ d’aria, utilizzano un angusto cortile dove l’aria “non vi è
salubre” in quanto impregnata delle esalazioni della sala
anatomica che serve anche da sala mortuaria e si trova nello
stesso cortile.
Spettacolo ancora più squallido offrono i locali delle
“patologie speciali” che maggiormente colpiscono persone,
specialmente donne, diseredate: le incinte illegittime, le
veneree, le pazze o maniache.
Le incinte, se vogliono prendere una boccata d’aria,
devono usare il “sottoposto cortile delle pazze per poter girare
in mezzo a loro”. La sala delle veneree, “non è questa
precisamente una sala, sì bene un orrido androne fatto a
capanna a confine col tetto, in cui una fetidissima latrina
ammorba tutto il locale”.
Va bene per le esposte, in numero di 138, affidate alle
Suore della Carità, che stanno in locali igienici e salubri e sono
pulitissime.
Ma la camera mortuaria coabita con la sala anatomica e
continua l’uso di inumare cadaveri e membra umane in fosse
comuni senza averle richiuse in casse di legno (ancora
all’interno dell’Ospedale?)
Il manicomio – i pazzi, dopo l’esperimento della
concentrazione a Parma del 1822, erano evidentemente tornati
all’interno dell’ospedale – “sembra piuttosto un’orrida casa di
punizione”, non vi è pavimento che è di terra battuta umida
dove giacciono stivati gli infermi che possono essere allogati
anche in due baracche annesse, definite “canili a capanna”.
“Chi non ricupera quivi prestamente la perduta ragione (il
che purtroppo è dato a pochissimi) anziché riacquistarla col
tempo, vi perde assai facilmente anche la vita”, per le infezioni
che contrarrà.
L’unica terapia attuata era allora quella dell’acqua, cioè di
bagni in vasche di legno e docce in ambiente umidissimo, che

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titolo: OSPEDALE E SANITA' A PIACENZA DAL XV ALL'INIZIO DEL XXI SECOLO

doveva servire anche agli altri malati: cronici o acuti,


contagiosi o no.
La relazione analizza anche il servizio medico in cui un
Direttore asseconda le richieste dei medici nell’attuare le più
moderne indicazioni farmacologiche e con l’acquisire le
migliori attrezzature. C’è un grosso microscopio, tre macchine
terapeutiche elettromagnetiche, un apparecchio a vapore di
cloro per la sterilizzazione (sono di quegli anni gli studi di
Pasteur ed è nel 1867 che Lister pubblicherà su Lancet il suo
articolo sull’antisepsi in chirurgia).
Il rapporto medici/pazienti – che per la legge del 1865 deve
essere di un Medico Capo Divisione (il Primario) ogni 50
pazienti – è insoddisfacente: ci sono 5 Medici Capo Divisione
per 532 degenti. A questo proposito, la Commissione rileva con
“infinita meraviglia che mentre havvi una farraggine
sterminata di impiegati pel materiale andamento
dell’amministrazione, si lascia ancora sussistere, anche in onta
alla succitata legge [quella del 1865] cotanta sproporzione tra
il numero dei medici e quello degli ammalati”.
Colpisce tuttavia che, nella diversa documentazione
considerata, non risulti mai alcun accenno alla tubercolosi
(etisia, mal sottile), molto diffusa al tempo e fino a tutta la
prima metà del ‘900.

Le conclusioni dell’inchiesta sono nei seguenti 10


suggerimenti finali:
1) costruire nuove stanze per le malattie speciali e per i
pensionanti;
2) dotare le infermerie uomini di cortili per il passeggio ;
3) costruire un nuovo locale per i bagni;
4) costruire appositi servizi igienici;
5) assegnare un locale per la ricreazione alle gravide
illegittime;
6) assegnare alle veneree un padiglione nuovo con un
cortile a parte;
7) costruire una sala mortuaria separata da quella
anatomica, lontano dalle infermerie;
8) aprire dei finestroni nei locali delle esposte;

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titolo: OSPEDALE E SANITA' A PIACENZA DAL XV ALL'INIZIO DEL XXI SECOLO

9) traslocare al più presto il manicomio (suggerendo il


convento di S.Maria di Campagna);
10) istituire due nuove divisioni mediche, l’una stabile e
l’altra temporanea.

7 anni dopo, nel 1873, risulta redatto e approvato uno


Statuto, secondo cui, tra l’altro, il numero dei Consiglieri viene
ridotto a 9, compreso il Presidente, di cui 5 nominati dal
Consiglio Provinciale e 4 dal Consiglio Comunale della Città.
L’Ospedale sta infatti diventando un’istituzione al servizio di
tutta la comunità provinciale, non solo della città.
Il manicomio adesso, con 200 degenti di cui 100 maniaci,
risulta trasferito in S.Maria di Campagna.
L’Ospedale ha una capienza di 500 posti letto (700 con
quelli del manicomio).
Le Divisioni sono sempre cinque, tre mediche e due
chirurgiche, oltre a quella dei maniaci.
La mortalità negli operati è ancora del 78%, dovuta o a
cause intraoperatorie o a setticemia post-operatoria.
Nelle divisioni mediche la mortalità è del 20%.
Del resto, la vita media del tempo, si aggira intorno ai 45
anni.
Appaiono migliorate le condizioni igieniche e ambientali.
Il rapporto medici/malati risulta immodificato
probabilmente anche a causa delle resistenze dei Primari in
carica, che hanno interesse a rimanere pochi sulla piazza.
I medici Primari risultano a contratto decennale; gli
assistenti o astanti, in numero di sei, a contratto biennale.
Nel 1874, rette integrative vengono poste a carico dei
Comuni di provenienza dei malati.

All’inizio degli anni 80, dopo l’introduzione dell’antisepsi


anche a Piacenza, la mortalità chirurgica postoperatoria
scenderà al 3% ed in reparto al 7,5%; quella medica si attesterà
sul 16%.
Subentrano nuove esigenze organizzative generali
affrontate con lentezza quali il riscaldamento centrale a vapore
(per molto tempo si preferiranno le stufe a legna); l’impianto di

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titolo: OSPEDALE E SANITA' A PIACENZA DAL XV ALL'INIZIO DEL XXI SECOLO

illuminazione a gas, rimandato; l’impianto di lavanderia


automatizzato (si sceglierà una via di mezzo).
I medici Capo Divisione di quel periodo sono: Luigi
Zangrandi (1856-1876); Marcellino Guarini (1876-1880);
Costantino Borsini (1880-1902); Enrico Piccinelli (1876-1882);
Antonio Galignani (1883-1903).
L’elettorato adesso, peraltro solo maschile, è passato
all’11% della popolazione.

Si riportano qui alcune considerazioni che Piero Castignoli


fa dopo aver studiato il Rendiconto economico e morale per la
gestione [ospedaliera] del quadriennio 1879-1882.
“Uno dei punti sui quali non si riesce a far luce per
l’assoluto silenzio della fonte è la situazione del personale
amministrativo i cui emolumenti assorbivano buona parte delle
rendite dell’Ente [calcolate nel 1882 in quasi 400.000 lire su un
patrimonio valutato 5 milioni e 725mila lire]; di esso il
Rendiconto non dice niente, né della sua consistenza, né dei
suoi compiti, né della sua qualificazione; di tutto si parla
fuorché di questo problema. Silenzio significativo …ecc”.
Sempre il Castignoli, in nota, aggiunge che nel 1882 la spesa
complessiva affrontata dall’Ente era stata di 353.558 lire di cui
lire 86.474 per il trattamento economico del personale, non
distinguendo quello amministrativo da quello dei sanitari (che
erano molto pochi, come si è visto, e non molto pagati), pari al
26,7% delle spesa totale. La spesa per il mantenimento dei
ricoverati era stato di lire 156.808, pari al 48,5% di tutta la
spesa.
In altre parole, per i dipendenti si spendeva più della metà
di quanto si spendeva per i malati.
Si potrebbe ipotizzare, ma solo ipotizzare, che il metodo
sia continuato. Il metodo, si vuol dire, di omettere dati
importanti nelle Relazioni economiche e morali.
Metodo che nei posti di lavoro dove si amministrano
denari, ogni novizio un po’ sveglio, impara subito dai decani.
Potrà in seguito sorgere qualche dubbio.
Ma non sarà mai certezza.

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titolo: OSPEDALE E SANITA' A PIACENZA DAL XV ALL'INIZIO DEL XXI SECOLO

La legge del 1887 porrà gli Ospedali Psichiatrici a carico


dell’Amministrazione Provinciale; saranno diretti da uno
psichiatra, la sorveglianza degli infermi affidata a Suore; la
gestione data in appalto (?), con a carico dell’appaltatore anche
i dipendenti laici.

La legge Crispi del 1890 sulle istituzioni di assistenza e


beneficenza, avrà effetti ancora fino all’anno 2000.

* * * * *

Il Grande Secolo di Napoleone, dei grandi musicisti


romantici europei, dell'impressionismo pittorico francese, di
Hegel, Spencer, Engels e Marx, il Secolo che ha visto nascere
l’elettricità, svilupparsi tutti i tipi di motore, la fotografia, le
ferrovie, il telegrafo, il telefono e, nel corso dei suoi ultimi due
decenni, i primi esperimenti di volo e di cinema, quelli di
Marconi con la telegrafia senza fili da cui svilupperà la radio; e
i primi, fondamentali passaggi finalmente scientifici in
medicina con la batteriologia, la chimica applicata in
laboratorio analisi, la fisica dei raggi X, il termometro, lo
sfigmomanometro, l’oftalmoscopio, i primi rudimenti di
immunologia, l’intuizione di sostanze integrative
nell’alimentazione, le vitamine, individuate nel primo decennio
del ‘900, con la sconfitta di malattie come lo scorbuto e il beri-
beri…..volgeva al termine.
Riguardo alla scienza medica, per avere solo un’idea dei
tempi necessari per arrivare a qualche verità scientifica, tempi
brevi - se si pensa ai precedenti millenni vissuti dall’umanità
nella totale ignoranza scientifica - e purtuttavia lunghi, di oltre
due secoli di cammino a tentoni, si rifletta solo al problema
della riproduzione (la De generatione animalium dell’Harvey
del 1651).
Qualche anno dopo (1654), l’olandese Graaf descrisse
nelle ovaie femminili il follicolo, ritenuto erroneamente uovo,
dando luogo alla teoria a lungo rifiutata dell’ovismo
contrapposta a quella millennaria della riproduzione spontanea;

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titolo: OSPEDALE E SANITA' A PIACENZA DAL XV ALL'INIZIO DEL XXI SECOLO

e l’inglese Higmoro descrisse nei testicoli i corpi che da lui


presero il nome.
Tra il 1664 e il 1677, Ham, (studente dalmata)
Leeuwenhoek e Hartsoeker vedono e descrivono lo
spermatozoo nel liquido seminale maschile.
Nel 1780 Spallanzani determina sperimentalmente la prima
fecondazione artificiale in una cagna, ma non giunge ancora a
capirne il meccanismo e la relazione spermatozoo-uovo.
L’uovo, del resto, viene individuato successivamente da
Baer nel 1827 all’interno del follicolo descritto da Graaf quasi
centottantanni prima.
Nel 1865 il monaco Mendel pubblica la sua teoria sui
caratteri ereditari e ne enuncia le leggi, ignorate per decenni e
riprese e riconsiderate all’inizio del ‘900.
Solo nel 1878 H. Fol, uno svizzero, individua nel riccio di
mare il meccanismo della penetrazione dello spermatozoo
nell’uovo e finalmente questa scoperta abbatte definitivamente
le teorie aristoteliche.
Nel 1880 Virchow enuncerà la teoria omnis cellula e
cellula e nel 1882 Flemming quella secondo cui omnis nucleo e
nucleo descrivendo la mitosi con la divisione dei cromosomi
contenuti nei nuclei delle cellule maschili e femminili.
Era finalmente l’atto di nascita delle future metodiche della
riproduzione assistita che si sarebbero affermate un secolo
dopo, da non più di trent’anni a questa parte, e della ingegneria
genetica per ora applicata a piante e animali, in attesa di
utilizzare l’avvenuta decrittazione del genoma umano per
operare anche sulla nostra specie, con lo scopo dichiarato di
prevenire malattie ereditario-genetiche, certo.
Ma è altrettanto certo che non si andrà anche verso delle
mutazioni?

Irrompeva il Novecento.

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titolo: OSPEDALE E SANITA' A PIACENZA DAL XV ALL'INIZIO DEL XXI SECOLO

NOZZE PRINCIPESCHE

Quando inizia una partita di calcio la cui posta è molto alta


per le squadre in campo, si dice che i primi minuti servano ai
giocatori per studiarsi reciprocamente.
A volte i minuti di gioco si aggiungono ai minuti e non
succede niente: i giocatori continuano a studiarsi.
Se continua così, la partita termina con un nulla di fatto.
Oppure una delle due squadre ad un certo punto commette
un piccolo errore, ha una disattenzione, un calo di
concentrazione, di cui l’altra immediatamente approfitta.
Una squadra ha fatto gol, l’altra l’ha subìto.
Così accadeva al giovanotto che giocava fuori casa la partita
della vita.
Studiava il comportamento degli altri e si sentiva studiato.

Entrando in quell’edificio, il giovanotto non ne immaginava


la storia che pure traspirava dai mattoni scuri delle sue
costruzioni a due piani e dai cameroni, soprattutto quelli della
“Chirurgia”, il grande padiglione centrale posto frontalmente
davanti a chi entrava, dopo lo spiazzo quadrato in parte tenuto ad
aiuole.
L’avrebbe assorbita gradualmente ed inavvertitamente,
giorno dopo giorno, misurandosi col variegato mondo di
personaggi che lo popolavano: medici, infermieri, suore,
impiegati, dirigenti, amministratori ed infine, ultimi, i pazienti
ricoverati.

* * * * *

Al Pronto Soccorso c’era sempre movimento.


Fatta eccezione per qualcuna della Croce Rossa, non
esistevano ancora Ambulanze, Servizio che si sarebbe
sviluppato in seguito.

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Giungevano pertanto con mezzi propri, pazienti con lesioni e


ferite di lieve entità, risolvibili seduta stante con semplici
medicazioni o suture chirurgiche.
In quest’ultima attività il giovanotto era già ben allenato per
l’esperienza fatta laggiù e, anzi, era forse più svelto dei nuovi
colleghi e amici.
Gli infermieri che le prime volte lo osservavano operare con
sospetto, in breve tempo avevano imparato ad obbedirgli senza le
iniziali reticenze.
Questa attività era anche remunerativa perché le prestazioni
venivano pagate o direttamente dai feriti o indirettamente dagli
Istituti di Assistenza, specialmente l’INAIL.
Il pagamento avveniva presso l’Ufficio Accettazione che, a
fine mese, lo avrebbe conteggiato a favore di chi aveva
effettuato le prestazioni, raddoppiando ed a volte triplicando lo
stipendio che, sulla base delle condizioni del bando di concorso,
era di 511.000 lire l’anno, 42.500 al mese circa.
Il bando parlava chiaro: “…sono attribuiti gli stipendi annui
lordi iniziali, totalmente conglobati, di L. 550.000 per gli Aiuti e
di L. 511.000 per gli Assistenti, suscettibili di quattro aumenti
periodici triennali in ragione di un decimo della misura iniziale,
in quanto reso possibile dalla permanenza in servizio, le
eventuali quote di aggiunta di famiglia e la 13a mensilità al
lordo delle ritenute di legge, nonché la quota di
compartecipazione sui proventi dei degenti paganti in proprio e
sui compensi corrisposti dagli Istituti ed Enti Mutualistici e
Assicurativi…”
E più avanti: “Gli Aiuti e gli Assistenti sono nominati
rispettivamente per un quadriennio e per un biennio e possono
essere riconfermati una sola volta per un uguale periodo di
tempo, previa autorizzazione da parte dell’Autorità Sanitaria.”
Tutto ciò ai sensi del R.D. 30 Settembre 1938 (XVI
dell’Era Fascista, salvo errore) n° 1631 e della Legge 10 Marzo
1955 n° 97 prorogata con Legge 4 Febbraio 1958 n° 21.
Le leggi sanitarie del tempo erano ancora quelle del Testo
Unico del regio decreto 27 luglio 1934 n° 1265.
All’epoca non esisteva un ministero autonomo della sanità -
verrà istituito nel 1958 - ma era stato creato un Alto

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Commissariato per la Sanità alle dipendenze del ministero


dell’Interno, per cui tutti gli enti sanitari esistenti in sede locale
facevano capo al Prefetto, compresi l’Ufficio di Igiene e
Profilassi, l’Ufficio del Medico Provinciale e tutti i medici
condotti i quali, agli esami, dovevano studiarsi bene quel Testo
Unico, fatto prevalentemente di obblighi di denuncia in materia
di malattie infettive ed epidemiche, tubercolosi, aborto, morte,
lesioni, vaccinazioni, infortuni sul lavoro, stupefacenti e
quant’altro, obblighi che peraltro interessavano tutti i medici.
Un regolamento di riferimento molto enfatizzato era il
codice di deontologia medica, elaborato dalla Federazione
Nazionale degli Ordini dei Medici nel 1954.

Un’altra importante funzione del medico di pronto soccorso


riguardava i ricoveri ospedalieri ordinari e urgenti, soprattutto
questi ultimi.
Gli Enti mutualistici erano stati istituiti tra il 1925 ed il 1943
per l’assistenza sanitaria e previdenziale di specifiche categorie
di dipendenti:
l’INADEL (dipendenti enti locali) nel 1925;
l’INAIL (infortuni sul lavoro) nel 1933;
l’ENPAS (statali) nel 1942
e l’INAM (assistenza malattia per i dipendenti dell’industria,
dell’agricoltura, degli artigiani e dei commercianti) nel 1943,
verosimilmente prima del 24 luglio.
Tali Istituti potevano emettere impegnative ordinarie di
ricovero ospedaliero a favore di propri assistiti.
Ma loro assistiti potevano venire ricoverati dai medici di
Pronto Soccorso anche in assenza della impegnativa ordinaria, in
particolari situazioni d’urgenza.
Tali ricoveri urgenti venivano successivamente convalidati o
contestati dai medici ispettori delle rispettive Mutue.
Era infatti a loro carico il pagamento all’Ospedale di una
“diaria” per ogni giornata di degenza dei loro assistiti, e di una
quota fissa per ogni paziente, la notula, indipendentemente dalla
durata della degenza, che andava ai medici curanti dei singoli
Reparti, l’85% della quale ed oltre era appannaggio del Primario.

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Avveniva che pazienti con patologia internistica giunti al


Pronto Soccorso con richieste di ricovero urgente da parte di
medici che lavoravano in Chirurgia dovessero essere ricoverati
in quel Reparto e, viceversa, pazienti con dubbia patologia
chirurgica inviati da medici dell’altro reparto dovessero essere
ricoverati in Medicina.
Ogni atto medico che si svolgeva in quel Pronto Soccorso si
trasformava in una conseguenza economica che andava a
vantaggio o svantaggio di un Reparto e, soprattutto, di un
Primario, per cui il giovanotto, pur riluttante a questa logica,
dovette presto imparare a muoversi con circospezione.
C’erano le urgenze fasulle che il medico di Pronto soccorso
doveva avallare.
I ricoveri urgenti in Medicina per inesistenti tachicardie
parossistiche ed in Chirurgia per molto improbabili appendiciti
acute si sprecavano.

D’altro canto, quel lavoro, o incarico, o impiego, come che


si volesse chiamare, pur conquistato attraverso un pubblico
concorso, era precario. Poteva durare un biennio o, al massimo
due, come specificavano il Bando e la Legge.
Il giovanotto, inoltre, era partito con l’idea di praticare la
chirurgia, ma il Primario di quel Reparto al quale si era rivolto
per sapere come la pensava in proposito, gli aveva chiaramente
spiegato che l’organico dei medici in Chirurgia era al completo,
quindi…
Insomma bisognava da subito pensare a cosa fare dopo il
biennio o, nella migliore delle ipotesi, dopo il quadriennio…

* * * * *

Al Pronto Soccorso si alternavano tre medici in turni di otto


ore ciascuno per coprire le 24 ore del servizio. In sovrappiù,
negli orari della giornata di maggior afflusso, il turno veniva
raddoppiato, cioè lavoravano due medici contemporaneamente.
Le ore settimanali effettuate superavano così le sessanta o
settanta, ma quell’attività non risultava pesante, in quanto ogni

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medico agiva in autonoma responsabilità, mancando un Capo


Servizio gerarchicamente inteso.
La domenica, per averne libere due su tre, si facevano turni
filati di 24 ore una domenica ogni tre.
Fu in quei lunghi pomeriggi d’attesa che il giovanotto si
lesse tutto Il mulino del Po di Bacchelli, tutti i libri di Thomas
Mann e i romanzi e i racconti di Pirandello.
I colleghi erano molto simpatici, dotati di un umorismo
pacato, privo della graffiante ironia cui il giovanotto era abituato.
Avevano un futuro tranquillo e ben delineato davanti. Uno di
loro si preparava a diventare dentista, un altro oculista.
Il giovanotto imparò a conoscere soggetti particolari,
habituées del Pronto Soccorso dove potevano sperare in un
piatto di minestra e, se andava bene, potevano anche trovare da
dormire per una notte.
Alcuni, come ubriachi e barboni, vi giungevano spesso
accompagnati dai poliziotti della ronda notturna, facevano un
po’ di chiasso e venivano gestiti dall’ infermiere, dal portinaio e
dagli stessi poliziotti.
Un personaggio familiare del Pronto Soccorso era il cronista
del quotidiano locale che passava a prender nota degli infortuni
anche banali, che quotidianamente finivano sul giornale.
In quelle brevi note era spesso specificato il nome del
medico che aveva compiuto la medicazione o aveva disposto il
ricovero in reparto, per esempio, in Ortopedia, e, spesso, quello
del giovanotto che così, a poco a poco, diventava un cognome
conosciuto in città, anche se difficile da pronunciare.
Ai medici del Pronto Soccorso competeva anche fare il giro
di notte nei Reparti, specie di Medicina e Chirurgia, che si
effettuava intorno a mezzanotte, per controllare i pazienti più
gravi e, in caso di peggioramenti, prendere i provvedimenti del
caso o chiamare l’Aiuto del Primario, soprattutto per i pazienti
dei reparti Pensionanti che, in quanto paganti, pretendevano che
venisse chiamato, non fidandosi del dottorino di guardia.
La capessa delle operazioni della notte era Suor Rosalia,
delle Suore di San Vincenzo, le cappellone, una suorona enorme
originaria del Veneto, che per lo più stazionava in Chirurgia
dove non di rado organizzava con gli infermieri delle gran

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mangiate a base di salumi vari regalati dai pazienti della


campagna, annaffiate da robuste bevute notturne (allora non ci si
controllava ancora il colesterolo).
Con la sua mole sistemava tutte le situazioni critiche che
potevano insorgere di notte: gli ubriachi, le crisi nervose dei
parenti degli ammalati gravi, o che si aggravavano, o che
morivano, i veloci trasporti a casa di moribondi o morti.
Usando ancora, allora, riportare il morto a casa per la veglia
funebre, mentre in seguito si preferì sempre di più che
stazionasse nella camera mortuaria.
Per raggiungere i reparti quando pioveva o nevicava -
l’inverno era sopraggiunto, un inverno nebbioso e freddo, tanto
diverso da quelli a cui il giovanotto era abituato, - si
percorrevano lunghi corridoi sotterranei pieni di tubature, di
materiale dismesso, di spogliatoi per gli infermieri e le
infermiere, di topi enormi.
Qualcuno tra i più anziani parlava dei precedenti primari
passati in quei reparti tra gli anni ’30 e ’50: il prof. Vecchi, che
negli anni ’30 aveva all’interno dell’ospedale stesso la propria
Casa di Cura privata, dove sarebbe poi sorto il reparto Ortopedia;
del prof. Capella, del prof. Farina, del prof. Simonini, del prof.
Esposito….
Il giovanotto viveva quel periodo della sua vita relegato in
quella cittadella, mangiando e dormendo nella stanza del medico
di guardia quando era di turno, oppure mangiando alla mensa dei
medici governata dall’Amabile, un’ordinata e precisa donna
originaria della campagna, che conosceva i gusti di tutti e tutti
cercava di accontentare.
In più, a lui e ad un altro collega, era stata concessa una
stanza per dormirvi in un’area non utilizzata dell’ospedale, che
in seguito avrebbe ospitato la Neurologia.
Il ritrovo della sera per molti medici forestieri era il
Baracchino, un baretto costruito con prefabbricati di alluminio
anodizzato e vetro in un angolo dello spiazzo davanti all’ingresso
dell’ospedale, regno del posteggiatore zoppo sempre seduto su
una sedia, apparentemente incapace di muoversi, ma attentissimo
ad esigere da tutti le sue spettanze.

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Le automobili non erano tante come in seguito, ma erano già


abbastanza. La Cinquecento, uscita più o meno in quel periodo,
costava 492.000 lire.
Al Baracchino gestito dalla simpatica Alice, fino a notte
inoltrata stazionavano quei medici che, tutti o quasi, dormivano
in ospedale.
C’erano i due ortopedici pugliesi provenienti dal Rizzoli di
Bologna ed altri due bolognesi; il radiologo, pure bolognese;
l’otoiatra di Brescia; il pediatra della provincia e qualche
ostetrico che, pur essendo di città, stazionava anche lui in zona
insieme all’ostetrica di turno, per le eventualità della notte,
perché, allora, nascevano ancora bambini.
Naturalmente si parlava molto di donne, di macchine e di
soldi e quest’ultimo argomento portava inesorabilmente a parlare
e sparlare dei Primari che si beccavano tutto.

* * * * *

In quella estate del ‘60 a Roma si erano svolte le Olimpiadi,


segno tangibile della avviata ripresa economica nel nord d’Italia,
e gli italiani avevano assistito davanti alla TV in bianco e nero
alle imprese di Livio Berruti, di Nino Benvenuti e di Raimondo
D’Inzeo (e di certi Cassius Clay ed Abebe Bikila).
I gusti musicali degli italiani si ripartivano tra i sostenitori di
Marino Barreto ed i giovani appassionati di un gruppo di ragazzi
di Liverpool che si facevano chiamare Beattles, ossia Scarafaggi
e, sempre dall’Inghilterra, Mary Quant lanciava la minigonna che
valorizzava al massimo Brigitte Bardot.
In autunno Fanfani, Presidente del Consiglio, rispondeva in
Parlamento alle interpellanze di Tambroni, Presidente del
Consiglio dimissionato in luglio dalle manifestazioni di piazza a
Genova, di aver già risposto nel discorso di insediamento.
Scoppiava la rivolta d’Algeria, risolta poi dal titanico De
Gaulle con una delle sue strategiche ritirate.
Kruscev andava alle Nazioni Unite a New York e gli
americani gli vietavano di uscire dal perimetro dell’isola di
Manhattan.

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Farah Diba partoriva l’erede di Persia, Fabiola sposava


Baldovino ed il 10 novembre veniva eletto in America, contro
Nixon, John F. Kennedy.

La città era piena di gru.


Adesso contava circa novantamila abitanti - negli anni ’30 si
barcamenava ancora intorno ai trenta-quarantamila - in una
provincia di neanche trecentomila persone in tutto.4
Fuori le mura, soprattutto verso sud e verso ovest, si
costruivano nuove case e nuove vie e quei terreni, prima
campagna, erano diventati preziosi.
Nascevano nuovi ricchi.
Le modeste case popolari del periodo fascista erano
mantenute con dignità, mentre i palazzi settecenteschi nelle
antiche anguste vie del centro storico, malgrado qualche bella
cancellata e qualche sproporzionato scalone sbrecciato,
presentavano interni fatiscenti difficilmente gestibili e molto
costosi da riscaldare o ristrutturare.
La gente, dalle campagne e dal centro della città, si spostava
negli appartamenti di cento metri quadrati nei condomini della
nuova periferia, dotati di bagno, scaldabagno, cucina a gas e
frigorifero.
Tutto si pagava a rate ed i sindacati si erano già attrezzati per
difendere il potere d’acquisto di stipendi e salari nel nuovo
macrosistema economico nel quale questi rincorrevano il costo
della vita che lievitava a causa dell’aumento del costo del lavoro
ad ogni rinnovo contrattuale.
* * * * *
Il 15 settembre a Grazzano Visconti, un pittoresco villaggio
costruito all’inizio del secolo in stile medievale attorno al
Castello dalla famiglia Visconti, imparentata anche con gli Erba,
a pochi chilometri dalla città, si svolgeva il matrimonio tra
Orsetta Caracciolo, 20 anni, figlia di Don Alfonso Caracciolo e

4
Al censimento del 1991 i piacentini saranno 102.268. A quello del 2001 si
ridurranno a 95.056, di cui 2.536 stranieri residenti in città - il 2,66% - (nel 91
erano 1.026), in numero minore rispetto a quelli iscritti all’anagrafe che sono
4.193.
La Provincia, sempre nel 2001, conterà 263.309 anime.

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di Donna Anna Visconti, con Marcalfonso Torlonia, 23 anni,


figlio del Principe Alessandro Torlonia e dell’Infanta di Spagna
Beatrice di Borbone, presente l’ex Regina di Spagna Vittoria
Eugenia, madre di Beatrice e nonna dello sposo che, ricevuta
all’ingresso della Chiesa alle undici in punto dal parroco di
Grazzano Don Veneziani che Le porgeva l’acqua santa, veniva
dallo stesso accompagnata all’altare dove L’attendeva il Vescovo
di Piacenza Umberto Malchiodi.
Entrambi, il Vescovo e l’ex Regina, prendevano posto sulle
poltrone di sinistra, sotto il pulpito.
La chiesa era addobbata coi colori bianco-verdi della casata
Visconti, mentre il baldacchino era rosso-blu, i colori delle
casate sia dei Caracciolo che dei Torlonia.
Tutti accontentati (tranne i Borbone, se proprio si vuole
essere precisi).
Troppo lungo citare i nomi dei trecento e più invitati, i più
illustri dell’aristocrazia, fatta eccezione per i rappresentanti di
Casa Savoia, obliterati; ma la Duchessa d’Aosta, non si sa se
presente fisicamente alla cerimonia, aveva donato agli sposi
un’antica zuppiera d’argento.
Del resto, Luchino Visconti, zio della sposa, unico tra gli
invitati in semplice giacca corta blu, tutti gli altri rigorosamente
in tight, aveva regalato due verduriere inglesi del ‘700.
Basti dire che i due gruppi di parenti erano ripartiti sui due
lati della chiesa: a sinistra il gruppo Caracciolo-Visconti (o
viceversa Visconti-Caracciolo); e a destra il gruppo Torlonia-
Borbone (o viceversa Borbone-Torlonia) e che non mancavano i
fratelli Agnelli, Gianni e Umberto con le rispettive consorti,
Marella (cui il vivaista toscano Barni avrebbe dedicato una rosa
nata dalle sue selezioni e dai suoi incroci) e Antonella e, come
paggetto, il figlio di Gianni e Marella, Edoardo, di sei anni, in
costumino verde oliva stretto in vita da una cintura nera, tipo
piccolo torero (che poi si sa che fine farà).

All’organo il Maestro Luciano Sangiorgi per i soliti Sogno


d’amore di Listz, Ave Maria di Schubert, il Largo di Haendel ed,
infine, la Marcia Nuziale di Mendelssohn
La cerimonia religiosa terminava alle 12,30.

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Seguiva il ricevimento col pranzo servito ai tavoli disposti


nel parco, ma al momento di tagliare la torta, a tre piani e alta
circa due metri, cominciava a piovere a dirotto per cui dolce e
caffè venivano serviti nei saloni interni.
Alle 16,30, con la “Fiat 2100” di Don Alfonso guidata
dall’autista, i due sposi partivano alla volta di Venezia, dove
l’indomani si sarebbero imbarcati diretti in Grecia.
Non usavano ancora, nemmeno per gente di quel rango, le
Bahamas o le Maldive, in seguito accessibili a tutti.

Qualche ora dopo, il Pronto Soccorso dell’Ospedale sarebbe


stato il triste dopocerimonia di quel fastoso evento.
Alla curva di San Rocco al Porto, forse imboccata male e ad
elevata velocità dall’autista Giorgio Felletti di 27 anni, originario
di Ferrara, il fondo stradale reso viscido dalla pioggia, poco
dopo le 17, la “Fiat 1800” della Contessa Eleonora Terry
vedova Camperio di 70 anni, diretta nei dintorni di Monza dove
abitava, era andata a sbattere violentemente contro un camion
che procedeva nella direzione opposta.
Nel tremendo urto perivano all’istante la Contessa Terry-
Camperio, la Principessa Marina Torlonia Slater di 44 anni
residente a New York, sorella del Principe Alessandro padre
dello sposo e quindi sua zia e il Duca di Zoagli Raffaele
Canevaro di 47 anni, abitante a Firenze, funzionario del
Ministero degli Esteri, padre di sette figli tra i 18 ed i 3 anni.
Venivano ricoverati in gravissime condizioni nel reparto
Chirurgia la Duchessa Dalmazia Camperio-Canevaro, 42 anni,
figlia della Contessa e moglie del Duca, deceduti, giunta al
Pronto Soccorso con un’autovettura di passaggio, e l’autista,
trasportato con un’autolettiga del servizio autostradale (il primo
tratto dell’Autostrada del Sole, Milano-Piacenza, era stato
inaugurato un anno prima).
La notizia del grave incidente giunge naturalmente anche a
Grazzano da dove alcuni dei rimasti al Castello raggiungono
l’Ospedale.
E’ gente poco adusa a simili frequentazioni e si vede che
sono frastornati, non sanno come agire e, soprattutto, come
atteggiarsi.

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C’è anche l’anziana ex Regina di Spagna che qualche ora


prima sedeva sotto il pulpito colorato accanto al Vescovo la
quale, si sussurra, nelle alte sfere non gode fama di porte-
bonheur.
La più orientata appare l’attrice Laura Adani, anch’essa
Duchessa Visconti.
Il Primario della Chirurgia, imparentato col Ministro Oscar
Luigi Scalfaro, non si trova.
Viene chiamato a consulto il Prof. Trivellini dell’Università
di Milano.
Due giorni dopo, il 18, la Duchessa Dalmazia, sempre grave,
viene trasferita a Bologna nella Clinica privata del Prof.
Columella, anche lui chiamato a consulto, che ha praticato alla
paziente un elettroencefalogramma con un’apparecchiatura
sconosciuta a Piacenza.
Il 21 settembre l’autista Felletti muore.
Il cronista del tempo riferisce dell’insorgenza di un blocco
renale incurabile, mancando qualsiasi forma di dialisi, le cui
premesse cominciavano ad essere indagate allora a Parma dal
Prof. Migone, soprannominato dagli studenti: Nefrone.
Nello stesso articolo il quotidiano cittadino informa che “le
condizioni della Duchessa Dalmazia, a Bologna, continuano
lentamente a migliorare, come già avveniva all’ospedale di
Piacenza prima del trasferimento” [sic].
Infatti, i punti di riferimento per i pazienti e per i curanti
della città sono e resteranno anche in seguito sempre gli stessi
dei secoli precedenti: Parma, Pavia, Bologna, - le Università
dove tutti gli studenti piacentini hanno studiato e studiano - e, al
posto di Padova, Milano.
L’11 ottobre, praticamente appena dopo aver incassato i
proventi maturati nella seconda metà del mese di agosto e quelli
del trascorso mese di settembre, che venivano conteggiati e
pagati entro la prima decade del mese successivo, il giovanotto
spediva a casa 45.000 lire, più dello stipendio di un mese, perché
laggiù avevano bisogno.

Entro la fine dell’anno avrebbe spedito complessivamente


120.000 lire. E così avrebbe continuato per diversi anni.

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Quisquilie, pinzellacchere ohibò, come le chiamava l’allora


sottovalutato Totò.

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I B A D I L A N T I

L’ultimo grande tenore della città che aveva avuto un


decennio circa di buona attività nei teatri di tutto il mondo, aveva
perso al gioco e, così si diceva, aveva dovuto vendere - o
svendere - nell’ambiente del prestigioso Circolo dell’Unione, la
sua interminabile Lancia Flaminia argentata con la quale, una
mattina, era arrivato in ospedale il primario medico.
Era questi un uomo alto, robusto e volitivo che sprizzava
autorità da tutti i pori.
Era già cominciata, anche se limitata ad una cerchia
piuttosto ristretta, la gara a chi poteva esibire la macchina più
potente e costosa.
Un giorno d’aprile del 1961, era verso l’una dopo
mezzogiorno, il giovanotto stava affacciato alla finestra della
stanza del medico di guardia, posta a pianterreno ma un po’
sopraelevata rispetto al piano strada del viale dell’ospedale.
Davanti a quella finestra si fermò all’improvviso la Lancia
del primario diretta verso l’uscita. Senza scendere, il primario
apostrofò il giovanotto:
“Senta, vuole venire nel mio reparto come assistente? Se
vuole passi da me domattina”.
Ed il giovanotto dall’indomani era diventato Assistente di
Ruolo nel Reparto Medicina.

In quel momento il passaggio era sembrato al giovanotto una


importante promozione, un passo avanti nella carriera, ed in
effetti lo era, essendo stato egli preferito ad altri giovani del
luogo.
In realtà si trovò scaraventato in un mondo caotico fatto di
diecine di pazienti da gestire, uomini e donne, perché gli vennero
assegnate metà della sezione donne, posta al primo piano, e metà
della sezione uomini, posta a pianterreno, una cinquantina di
pazienti, che a volte diventavano, con le brande in mezzo agli
stanzoni e nei corridoi, sessanta e anche settanta.

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Tutto il Reparto - detto anche, con linguaggio militare,


Divisione - era costituito da circa duecento posti letto suddivisi
in una Sezione di Camere distinte Uomini, una Sezione
Pensionanti, una Sezione Camere Distinte Donne, una Sezione
Corsia Donne ed una Sezione Corsia Uomini, tutti curati da un
primario, un aiuto e cinque assistenti.
Ai pazienti che entravano quotidianamente in reparto
l’assistente doveva fare la cartella, come si dice in gergo,
scrivere cioè la storia delle malattie sofferte prima ed i disturbi
attuali, visitarli, redigere l’esame obbiettivo, farsene un’idea
diagnostica, impostare le indagini opportune, senza però dare la
terapia possibile, che era di precipua competenza del primario o,
in sua attesa e vece, dell’aiuto.
Al mattino, con uno o due carrelli preparati durante la notte
dalle infermiere, il giovanotto faceva il giro dei prelievi e della
terapia endovenosa. Ai pazienti nuovi entrati praticava il
prelievo del sangue venoso per gli esami di routine che erano
pochi e comprendevano le prove eucolloidali di funzionalità
epatica, di assai scarsa attendibilità, e praticava a tutti la terapia
endovenosa, comprese le fleboclisi, manualità allora di esclusiva
pertinenza medica.
Un’altra mansione obbligatoria per il giovanotto era il
prelievo, con le apposite pipette, della goccia di sangue dal dito
dei pazienti per effettuare l’esame emocromocitometrico,
l’emocromo, come si dice per abbreviare, e cioè la conta di
globuli rossi e bianchi, la determinazione dell’emoglobina - con
l’apposito colorimetro - e dell’ematocrito - sì, quello di Pantani -
e gli strisci di sangue su vetrino che, colorati con gli specifici
reattivi, fornivano, al microscopio, la formula leucocitaria.
Questo lavoro si svolgeva tra le otto e le nove della
mattinata perché, a quell’ora circa, arrivava in reparto il
primario, bisognava interrompere tutto, precipitarsi nel suo
studio e riferire sul numero di dimissioni per quel giorno, sui
nuovi entrati, sui gravi e sui deceduti.
Il primario avrebbe poi detto in quale Sezione sarebbe
passato a fare la visita.
La conta emocromocitometrica fatta dall’assistente aveva
una motivazione economica le cui premesse stavano in un

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accordo tra il primario medico ed il primario del Laboratorio di


analisi cliniche.
Il primario medico voleva conteggiare a suo favore gli esami
di laboratorio più comuni (glicemia, azotemia, funzionalità
epatica, esame delle urine) effettuati sui pazienti paganti, i
cosiddetti “pensionanti”, esami eseguiti dall’assistente nel
laboratorietto di reparto.
In cambio, a causa della perdita di questa importante entrata,
il primario del Laboratorio aveva preteso che gli emocromo, la
VES e gli esami delle urine di tutti i pazienti di corsia venissero
effettuati in Reparto Medicina.
E ad effettuarli erano i medici assistenti, i badilanti, quelli
che fino alla fine dell’800 erano ancora chiamati “astanti”.

I primi tempi tutto ciò appariva eccitante al giovanotto che


era stimolato a lavorare al meglio e velocemente per mettersi in
evidenza, ma a poco a poco si trasformò in un rituale ripetitivo e
stantio.
Si trattava, in pratica, di una organizzazione di lavoro tipo
catena di montaggio, a metà tra il militare e l’industriale, in cui il
primario fungeva da imprenditore-capomastro-capitano della
Compagnia, l’aiuto da kapò-sergente maggiore e gli assistenti
da soldati-badilanti (immagine che forse - involontariamente? -
riconduce alla massoneria…).

* * * * *

All’interno dell’ospedale erano tutti o quasi autodidatti pieni


di boria e presunzione.
Al giovanotto avevano insegnato che il dubbio era la fonte
della possibile verità.
Quelli non avevano dubbi.
Avevano cieca fiducia nelle loro conoscenze e nel loro
occhio clinico, abituati ad operare in modo seriale e veloce,
secondo clichées precostituiti, in un periodo di rapide
trasformazioni che in quella cittadella non entravano se non in
termini di schemi finali di terapia, anch’essa seriale, la base
ideale dei futuri protocolli che sarebbero stati in seguito imposti

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ai medici dalle strutture amministrative in funzione del loro


costo.
I principi imparati all’Università tipo: “Non esiste la
malattia, ma il malato”, fasulli già essi stessi, si andavano
sgretolando, sostituiti da altri tipo: “Il buon medico deve avere
testa, ma anche gambe”.
Bisognava procedere a rapide analisi e ancora più veloci
sintesi secondo schemi, di tutte le situazioni patologiche che si
presentavano, che erano varie e diverse dalle patologie attuali.
L’afflusso dei pazienti negli ospedali in quel periodo si era
incrementato sensibilmente a causa di una serie di fattori.
Le persone sia di città che di campagna, stanti gli impegni di
lavoro che coinvolgevano anche le donne e la nuova
organizzazione di vita in casa, preferivano ricoverare in ospedale
il malato piuttosto che farlo curare in casa dal medico di
famiglia che fino a qualche anno prima in casa faceva nascere
anche i bambini.
Si nutriva maggior fiducia nei mezzi diagnostici e di cura
dell’ospedale che aveva smesso di essere considerato dalla gente
un lazzaretto o un tubercolosario, come probabilmente era stato
fino alla fine degli anni trenta.
Inoltre, la maggior copertura assicurativa da parte delle varie
Casse Mutue, in primis INAM e INAIL per i dipendenti
dell’Industria ed i salariati agricoli, ENPAS per i dipendenti
statali, tantissimi in una città piena di caserme e di stabilimenti
militari, compresi un Arsenale Militare ed un Ospedale Militare,
strutture che tra attività diretta e indotto davano proventi ad oltre
un terzo delle famiglie piacentine, ad onta del vituperato
statalismo dei meridionali, INADEL per i dipendenti degli enti
locali, Coltivatori Diretti, cui, ultimi, si aggiunsero anche
Artigiani e Commercianti, oltre ad altre Casse aziendali come
quelle dei dipendenti della SIP (telefoni) e dell’Enel (elettricità),
rendeva il ricovero un diritto per quasi tutti gli individui, anche
se con convenzioni differenziate.
Ma, per quanto riguardava i medici, mancava qualsiasi
contatto con quanto avveniva fuori, nelle Università, negli altri
ospedali.

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Per quasi un decennio mancò qualsiasi forma di


aggiornamento, nessuno partecipava ad un congresso…
A Torino, in ambito universitario (Actis Dato), si
sperimentavano i primi tentativi di circolazione extracorporea
per gli interventi a cuore aperto, che sarebbero stati applicati in
modo più estensivo in ambito ospedaliero, a Milano dal Prof. De
Gasperis e poco dopo anche a Bergamo, città non molto più
grande di Piacenza, dove il controcorrente cardiochirurgo
Azzolina operava i bambini affetti da cardiopatie congenite.
Nella Medicina, quindi, si stavano verificando sostanziali
trasformazioni sia sotto il profilo scientifico, sia sotto il profilo
organizzativo, ma in quell’ospedale non esistevano la
Neurologia, un Servizio autonomo e sufficiente di Anestesia con
Terapia Intensiva, la Cardiologia, la Nefrologia, l’Urologia, la
Chirurgia Vascolare, la Diabetologia, l’Ematologia….
Tutta la sintomatologia non strettamente chirurgica
confluiva in Medicina.
Per i distonici e le distoniche, ampio campo d’azione per i
clinici con importanti ritorni economici, si impostava una
batteria di indagini così rappresentata: esami di laboratorio
standard (emocromo, ves, azotemia, glicemia, prove di
funzionalità epatica), elettrocardiogramma, esami radiologici di
torace, colonna vertebrale, colecistografia, tubo digerente e
metabolismo basale.
Si somministravano i “tranquillanti”, da poco comparsi sul
mercato, tra cui il Talidomide, che sostituivano la valeriana e i
barbiturici.
Quanto al Talidomide, si scoprì dopo che aveva azione
malformativa se assunto in gravidanza e se ne vede ancora in
giro qualche effetto. Oltre quarant’anni dopo, verificato che
l’effetto malformativo sul feto era dovuto ad un’azione
angioinibente, quel farmaco sarà utilizzato come antitumorale.
In certi casi si aggiungevano Largactyl e Serenase di cui si
cominciava ad abbondare negli ospedali psichiatrici.
Se era presente febbre, si impostava un’altra batteria di
indagini con Titolo Antistreptolisinico, Proteina C reattiva,
Sierodiagnosi di Widal e Wrygth per tifo e maltese oltre alla

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Paul Bunnel per l’eventuale mononucleosi, che era diagnosi


raffinata, escludendo altre linfopatie.
Era di prammatica eseguire la reazione di Wassermann per
la sifilide e, se c’era tosse, impostare la ricerca e la cultura del
bacillo di Koch nell’escreato ed effettuare l’intradermoreazione
alla tubercolina.
Se c’era sintomatologia gastroduodenale, era prassi
ricercare il sangue occulto nelle feci (come oggi si procede
all’endoscopia) e la terapia in caso di ulcera radiologicamente
accertata - o di duodenite, che non si negava a nessuno, assieme
alla cervicoartrosi con sindrome di Barré-Lieu ed alla neurosi -
era basata su estratti di liquirizia (Caved’s), di cavolo cappuccio
(Cabagin) e di mucosa duodenale (Duosan), alcalinizzanti e
Tribenzoica C endovena a cicli stagionali, più Valium. Siccome
queste cure erano perfettamente inutili e inefficaci, nei casi di
ulcera, fallita la medicina, interveniva la chirurgia demolitiva,
con tutte le sue sequele.
Quando, anni dopo, la ricerca giunse a farmaci realmente
inibitori della secrezione gastrica e a quasi definitivamente
dimostrare l’eziologia batterica dell’ulcera, le cure mediche
finalmente più adeguate sottrassero al chirurgo quella patologia.
In presenza di sintomatologia neurologica, per esempio
segni di ipertensione endocranica come cefalea, vomito e rigidità
nucale, si richiedeva all’oculista il fondo oculare e si praticava la
puntura lombare e, se vi era sangue nel liquor, si concludeva per
emorragia subaracnoidea, patologia praticamente mai più giunta
all’orecchio del giovanotto in seguito.
Se il liquor era limpido, vi si praticava la reazione di Pandy
che, se positiva, orientava per la forma infiammatoria,
automaticamente considerata tubercolare. Non si sa se
quell’indagine, che allora era ritenuta fondamentale, sia stata più
effettuata negli ultimi venti anni caratterizzati dalle nuove
indagini tipo TAC o Risonanza Magnetica.
Le forme vascolari cerebrali invece, sulla base di criteri
clinici per i quali era necessario il famoso “occhio clinico”,
venivano suddivise in emorragie, embolie e trombosi,
manifestate da paralisi complete o parziali di metà corpo con o
senza disturbi della parola.

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Escluse le emorragie che esordivano con quadro


drammatico a rapida evoluzione fino al decesso, si definivano
embolie tutti i casi in cui era presente fibrillazione atriale in
valvulopatia cardiaca, esito assai frequente, allora, di reumatismo
articolare acuto sofferto in età pediatrica o successivamente e,
comunque, in epoca pre-antibiotica e quindi curato solo con
salicilati.
Del resto, in questi pazienti, si verificavano non raramente
anche embolie periferiche, per esempio agli arti.
Tutti gli altri casi, a decorso spesso più favorevole, erano
definite trombosi, molte delle quali successivamente vennero
contraddistinte con la sigla inglese: TIA (accessi di ischemia
transitoria).
Ma la terapia era sempre uguale: Eupaverina, Vasokellina,
Vasorutina una fiala per tre alternate, che significava che, nelle
24 ore, ogni due ore e trenta circa, veniva praticata una iniezione
intramuscolo di quei farmaci, alternati fra loro. Non erano
infrequenti gli ascessi glutei da puntura.
La cosa più strana è che quei pazienti, curati con farmaci che
poi scomparvero dal mercato, spesso miglioravano e poi,
gradualmente, recuperavano il movimento e non di rado anche la
parola, senza gli attuali centri di recupero funzionale.
Funzionavano quei farmaci o i malati guarivano per conto
loro?
Nell’infarto, oltre alla somministrazione di ossigeno che,
somministrato dalle bombole mediante un’occhialino nasale si
disperdeva nell’aria della stanza invece di ossigenare il paziente,
veniva imposto un riposo assoluto a letto per quaranta giorni e
già questa prescrizione categorica atterriva il paziente.
La terapia, all’esordio, oltre che antidolorifica, col
Cardiostenolo - mistura di morfina, atropina e sparteina -, era
basata su Persantin di cui allora si conosceva l’azione
coronarodilatatrice e non quella antiaggregante scoperta
successivamente, in compresse o anche per via endovenosa, o
con Recordil compresse, Gratusbaina in gocce, un annacquato
strofantinico (?), qualche fiala di Spartocanfora - chi ricorda
ancora quelle mitiche fiale? -, talvolta eparina endovena (solo

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successivamente comparve l'eparina calcica ed il dicumarolo), e,


naturalmente, sedativi.
Anche di questi casi molti guarivano, ed ogni tanto se ne
incontra ancora qualcuno per strada.
I diabetici venivano curati con l’insulina normale e con gli
ipoglicemizzanti orali già entrati in commercio nei primi anni
sessanta, senza ancora distinguere il diabete di grado I° o II° e
senza star lì a fare curve glicemiche o glicemie post-prandiali,
basandocisi solo sulle glicemie a digiuno del mattino.
Una volta arrivò dal Venezuela un emigrato diabetico
scompensato con brutte ulcere alle gambe, siciliano con parenti
in città, che riferì che in un ospedale di laggiù era stato
sottoposto a prelievi di sangue per la glicemia in diverse ore del
giorno, ma venne considerato da tutti i medici del Reparto un
mitomane.
Poi si presentavano quadri di stato di male asmatico grave o
gravissimo in cui erano indicati l’Aminofillina endovena ed il
cortisone (Deltaprenovis una fiala per tre, in seguito sostituito
dall’Urbason anche endovena) mentre era controindicata la
morfina (cardiostenolo).
Erano quadri da distinguere da quelli di edema polmonare
acuto o asma cardiaco legati ad una insufficienza acuta del cuore,
nei quali il cardiostenolo (associazione di morfina e atropina)
era d’obbligo, associato allo strofanto endovena ed ai diuretici
tiazidici in compresse o fiale (non c’era ancora il furosemide),
comparsi in quegli anni a sostituire i mercuriali, micidiali per i
reni.
E talora bisognava praticare anche il salasso.

Tutte queste situazioni, ed altre, erano, in definitiva, ben


standardizzate e si imparava a gestirle nel giro di qualche mese
ma il giovanotto, insieme ai suoi amici e colleghi, doveva fare
solo il badilante.
Finchè si limitava a praticare terapia urgente in pazienti
iperacuti e gravi quando era solo in reparto, andava bene.
Ma se si azzardava a dare una banale terapia in pazienti di
ordinaria amministrazione, aiuto e primario adottavano una
sottile maniera per delegittimarlo, correggendo la stessa in modo

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non sostanziale con enfatici ordini all’infermiera che trascriveva


sul suo quaderno, davanti al paziente che ovviamente cominciava
a sospettare delle capacità professionali del giovane medico e
veniva indotto ad attribuire l’eventuale miglioramento del suo
male alle opportune modifiche della terapia operate dall’aiuto o
dal primario.
I quali lo avrebbero poi aspettato per i controlli, dopo la
dimissione, nel proprio ambulatorio privato.

* * * * *

La degenza di ogni paziente, che fosse entrato solo per


indagini - una specie di chek up del tempo - o per cure in
rapporto ad una patologia acuta o riacutizzata, si concludeva con
la consegna della lettera di dimissione.
Era questo un rito delicato e importantissimo per il primario
e, a scalare, per aiuto e assistente. Se poi proprio si vuole, anche
per la persona ricoverata e per i suoi parenti.
Le dimissioni dei pazienti avvenivano tutti i giorni ma erano
più numerose e concentrate al mercoledi e al sabato, tradizionali
giorni di mercato, e potevano essere anche più di dieci o quindici
in una Sezione.
Per ogni persona che veniva “dimessa”, bisognava preparare
una relazione, scritta a mano dall’assistente o dall’aiuto, nella
quale venivano specificate la diagnosi, le indagini effettuate e la
terapia da continuare a casa.
Questa lettera veniva poi supervisionata dal primario che la
consegnava personalmente al dimissionando, presenti i parenti
con cui scambiava sguardi d’intesa altamente professionali.
Guai se non c’erano i parenti.
La colpa era dell’assistente che non aveva spiegato bene che
dovevano esserci.
In una stanzetta a metà della corsia, su una scrivania erano
accatastate le cartelle cliniche, dietro la scrivania una poltroncina
per il primario, a destra una sedia per l’aiuto, a sinistra una sedia
per l’assistente e davanti una sedia per il dimissionando dietro al
quale, in piedi, stavano i parenti, attenti a quello che gli si stava
spiegando ed a quello che volevano chiedere.

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L’infermiera, pure in piedi, pronta al cenno per chiamare il


prossimo.
Fuori, nel corridoio, un nugolo di persone appoggiate al
muro, pazienti e parenti che aspettavano il loro turno e, in
sovrappiù, tutti quelli che volevano avere informazioni e
spiegazioni sui propri parenti ricoverati, informazioni e
spiegazioni che poteva dare solo il primario.
Siccome questo procedimento si era svolto prima nelle
Sezioni pensionanti, Camere distinte uomini e Camere distinte
donne, nelle Sezioni di corsia uomini e donne il primario
arrivava tardi, anche dopo mezzogiorno, e le operazioni potevano
protrarsi fino oltre le due del pomeriggio.
La lettera, sempre indirizzata al medico curante, poteva
esordire con: “Caro” seguito dal nome o dal cognome del
medico, oppure con: “Caro collega”, oppure con: “Egregio
collega”, a seconda del grado di intimità dei rapporti tra primario
e curante.
Se l’intestazione era sbagliata, la lettera andava riscritta. E,
proseguendo essa con la formula: viene dimesso il paziente X Y
affetto da …., se la formulazione della diagnosi non
corrispondeva all’idea del primario, l’intera lettera andava pure
riscritta. Per cui la diagnosi per lo più veniva lasciata in bianco e
la dettava seduta stante il primario stesso, sempre presenti
paziente e parenti di fronte ai quali era fondamentale che
ribadisse la sua preminenza culturale, anche quando si trattava di
una semplice influenza detta: Virosi acuta.
Seguiva la ricopiatura a mano di tutti gli esami di laboratorio
e radiologici eseguiti durante la degenza.
Ed, infine, la terapia consigliata.
Questa veniva sempre e comunque lasciata in bianco perché
doveva essere il primario a dettarla, alla fine, accompagnata da
quegli sguardi d’intesa altamente professionali di cui si è detto,
con la raccomandazione di ripassare nel suo studio tra venti
giorni….
Questa raccomandazione era ancora più suadente per i
malati non INAM, che allora godevano di regimi assistenziali di
tipo “indiretto” come ENPAS, Coltivatori Diretti, Artigiani,
Commercianti che, comunque, dovevano pagare il medico.

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Concluso il rito delle dimissioni, si svolgeva quello dei


parenti che, in processione, venivano ammessi alla presenza del
primario il quale, sulla base delle indicazioni di aiuto e
assistente, spiegava stadio e decorso della malattia del congiunto.
Una volta, un maresciallo dei Carabinieri con accento
romano, evidentemente da poco trasferito, che aveva la moglie,
affetta da grave epatopatia, ricoverata in corsia, venuto al suo
cospetto per avere notizie, gli si rivolse chiamandolo “dottore”
invece del solito “professore” con cui tutti gli si rivolgevano.
Il primario restò un attimo perplesso ma, con voce solo un
po’ marcata, cominciò a spiegare.
Quello, sempre appellandolo “dottore”, spudoratamente gli
contrapponeva altre spiegazioni fornitegli in ospedali romani ed
il primario, con voce sempre un po’ più concitata, a rispondergli:
“Vede, caro brigadiere”…; e poi: “Vede, caro appuntato”…,
“Vede, caro carabiniere semplice”….
E poi finalmente a spiegargli, urlando, che tutti hanno un
grado e che lui:
“… se lo mettesse bene in testa, l’era un P R O F E S U R !
! !, che se lo mettesse bene in testa…”
E il maresciallo a scusarsi:
“… ma io non volevo, non immaginavo….”
Poi chiese la dimissione della moglie e non si vide più.

* * * * *

Era, insomma, un’attività lavorativa professionalmente non


gratificante.
C’erano ancora quelle leggi che risalivano alla metà degli
anni ’30 - il Testo Unico del 1934 - che ribadivano i principi
legislativi del 1891, secondo cui solo il primario godeva di
stabilità nel posto di lavoro, mentre l’assistente poteva rimanere
in servizio per un biennio rinnovabile per un altro biennio.
Il che lo rendeva ricattabilissimo.
Del resto, le stesse leggi che consentivano agli aiuti di
restare in servizio per un quadriennio rinnovabile una sola volta,
probabilmente avevano contribuito sostanzialmente alla nascita,

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a metà degli anni ’30 appunto, in tutta Italia, delle Case di Cura
Private.
Perché gli aiuti, soprattutto delle branche chirurgiche, che
dopo otto anni di proficua esperienza chirurgica in ospedale si
trovavano licenziati, sapendo solamente fare chirurgia, in quale
maniera potevano continuare a fare il medico se non
associandosi fra loro e organizzandosi in locali dove continuare
a lavorare?
Poteva accadere - e accadde - che in questa loro necessità
fossero aiutati anche da iniziative di ordini religiosi, in un
periodo in cui ancora moltissime persone, non coperte da forme
assicurative pubbliche, pagavano per essere curate.

Il risvolto positivo di quel lavoro era peraltro rappresentato


da un buon reddito mensile derivante dalla suddivisione dei
proventi pagati dagli Enti Assistenziali per ogni assistito,
proventi che si aggiungevano allo stipendio base.
Tutti i medici avevano il fondamentale interesse a mantenere
un veloce tournover dei malati nei duecento e passa posti letto
della Divisione, per avere un numero il più possibile elevato di
quote capitarie da suddividersi.
Contrariamente a quanto sarebbe avvenuto anni dopo,
quando mutue e quote capitarie furono abolite e per entrare in
ospedale vennero istituzionalizzate, attraverso i CUP, lunghe
liste di attesa, nessun paziente veniva respinto e lo si alloggiava
comunque, su brande arrangiate alla meno peggio aggiunte ai
normali letti degli stanzoni e sistemate lungo i corridoi delle
corsie.
Il maggior interessato era il primario che incamerava
l’ottantacinque per cento del totale, ma anche se gli assistenti
prendevano il due per cento circa del totale ciascuno ed erano
cinque, (la differenza andava all’aiuto), la cifra incassata a fine
mese da ognuno raggiungeva anche le trecentomilalire, che non
era poco, paragonata agli stipendi medi del tempo.
La sensazione che si respirava in quell’ambiente come
logica conseguenza, era che il vero datore di lavoro e di
guadagno, il vero padrone, il vero detentore del potere, fosse il
primario.

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E nel potere rientrava anche quello discrezionale di


rimuovere o meno l’incarico alla sua scadenza, potere che veniva
di fatto esercitato, anche se non si sapeva da quale autorità
sostanziale.
Avveniva che venisse esercitato o tramite un sottile sistema
di difficoltà interposte, di ordini e contrordini, di vessazioni, di
denigrazioni davanti ai malati ed agli infermieri - sistema che
quarant’anni dopo ha preso nome di mobbing - che portava alle
dimissioni “volontarie”, o tramite provvedimento diretto.
Accadde a un assistente che prestava servizio in Chirurgia.
Era di guardia il giorno di S.Giuseppe ed arrivò in Reparto
un paziente giovane da un paese di montagna, un coltivatore
diretto, pensionante, con dolori addominali.
L’assistente chiamò l’aiuto che si orientò verso una
probabile appendicite che forse poteva aspettare fino
all’indomani.
Nel corso della sera e della notte la sintomatologia peggiorò
ma l’assistente, forte del parere dell’aiuto, ritenne che si potesse
aspettare fino all’indomani.
Quando venne operato, il giovane presentava una peritonite
secondaria ad appendicite perforata.
Le sue condizioni peggiorarono e morì (un caso di
“malasanità” dell’epoca).
I parenti intendevano avere conto e ragione, sporsero
denunzia contro l’équipe medica ma avevano il dente avvelenato
specialmente contro l’assistente che quella maledetta notte non
aveva capito che bisognava anticipare l’operazione chirurgica.
Il primario chirurgo decise di recarsi nella cascina di
montagna di quegli agricoltori che erano otto fratelli, ora rimasti
sette, a trattare.
E in un clima di profondo rancore, i sette fratelli posero al
primario le loro condizioni per ritirare la querela:
1) licenziare l’assistente;
2) che il primario costruisse a sue spese, nel cimitero del
paese, il monumento tombale al fratello morto.
Il primario accettò.
L’assistente lasciò prima il reparto Chirurgia e poi
l’ospedale.

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Ma il dolore più grosso per il primario fu il costo del


monumento.

Nel frattempo l’Amministrazione Ospedaliera continuava a


restare sotto la tutela del Prefetto come cento anni prima, ma
adesso il suo potere veniva “esercitato di fatto a mezzadria con i
segretari locali dei partiti al Governo che sovente riuscivano ad
imporre nomine di loro gradimento negli enti locali, prassi per
lo meno discutibile sul piano della correttezza democratica e
della legalità repubblicana (Castignoli) “.
Venivano banditi così concorsi per importanti funzionari
amministrativi nei quali si inseriva, per esempio, tra le
prerogative richieste ai concorrenti, la laurea in Lettere e
Filosofia, che solo il candidato in pectore possedeva.

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Q U A T T R O, D U E, U N O

C’era sempre la spada di Damocle della scadenza


dell’incarico che, nel clima di difesa dei diritti del lavoratore che
si andava sempre più affermando, appariva una chiara ed
anacronistica ingiustizia.
Così come anacronistica ed ingiusta appariva la disparità tra
secondari e primario oltre che nella suddivisione dei proventi
derivanti dalle quote pagate dalle varie Mutue, anche per il
sistema concorsuale diverso, per cui il primario poteva essere di
fatto scelto dall’Amministrazione su una terna. Il vincitore era
già predeterminato perché l’Amministrazione aveva la
disponibilità di scegliere il Titolare della Cattedra Universitaria
che avrebbe presieduto e gestito il concorso e questi, a sua volta,
avrebbe suggerito e favorito uno dei suoi allievi.
Gli Istituti Universitari, clinicizzati o meno, erano la fucina
da cui pervenivano negli ospedali i primari. Ed una tappa
obbligata per quei futuri candidati al primariato che introduceva,
finalmente, ad un mondo di alti guadagni, era la libera docenza -
alla quale si era portati dal proprio “Maestro” e che li avrebbe
posti nella condizione di essere chiamati: “Professore” -, per
ottenere la quale quegli assistenti “volontari” intorno ai
cinquanta, erano stati disposti a tutto ed avevano sopportato
vessazioni e rinunce per anni ed anni.
Capitava anche che un Titolare di Cattedra consultato da una
amministrazione ospedaliera, facesse vincere un primariato
all’allievo assistente volontario di cui si voleva disfare.
Era su questo meccanismo che si reggeva il sistema delle
baronie Universitario-ospedaliere, all’esterno del quale non vi
era nessuna speranza di carriera per gli ospedalieri precari.

Cominciò allora a costituirsi il movimento sindacale dei


medici secondari ospedalieri, all’inizio una specie di carboneria,
assai malvisto dai primari e tacitamente spalleggiata dai
Sindacati delle altre categorie ospedaliere dei non medici che in

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quegli anni tentavano l’operazione della distinta unificazione


nella Triplice, una e trina.
Gli obbiettivi di questo Sindacato degli Aiuti ed Assistenti
Ospedalieri - A.N.A.A.O. - erano all’inizio chiari ed erano tre:
1. la stabilità di carriera come per i primari;
2. una più equa suddivisione dei proventi, con una consistente
frangia - costituita da quelli che operavano nei piccoli reparti
- che chiedeva l’abolizione delle quote capitarie da sostituire
con uno stipendio fisso più adeguato.
3. la riforma concorsuale.
E si cominciava a parlare di “tempo pieno” e di “tempo
definito”.
Il giovanotto, all’interno di questo movimento, si
sovraesponeva, mentre altri cercavano di boicottare, di creare
fronde interne, intanto che riferivano tutto quanto vi si dibatteva
ai rispettivi primari dai quali soltanto continuavano a sperare e ad
aspettarsi protezioni e spinte.
Contemporaneamente il giovanotto cercava soluzioni
alternative in un contesto “ideologico” in cui i medici
sembravano ancora convinti che potesse permanere una funzione
personale del medico nel rapporto col malato, anche perché il
medico vede l’altro sempre come malato.
Aprì, assieme ad un collega un ambulatorio per esercitarvi la
“libera professione”, che non era già più “libera”, ma
“convenzionata” con le varie Mutue.
Presentò documenti di partecipazione a vari concorsi,
ospedalieri e non, che per lo più non arrivavano mai a celebrarsi
oppure, quando si celebravano, le condizioni risultavano nel
frattempo mutate rispetto al momento in cui i documenti erano
stati presentati.
Si sposò, perfino, ma non vale la pena di soffermarsi troppo
su questo avvenimento.
Tutti i criteri che avevano prima regolato i rapporti
interpersonali e della convivenza civile, anche quelli di coppia,
andavano modificandosi e trasformandosi.
Senza nemmeno rendersene conto, il giovanotto si
addentrava in un’orbita mentale in cui dominava l’apparire, il
mostrare.

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Pensò di scriversi a un Corso di Specializzazione.


Svanita la possibilità della chirurgia e ormai assistente di un
reparto medico, pensava di specializzarsi in cardiologia, ma il
primario lo dissuase perché già un altro assistente era sul punto
di specializzarsi in quella branca e un altro si accingeva a
iscrivervisi.…
Dovette così un’altra volta modificare i suoi progetti e
ripiegare su “Endocrinologia e malattie del ricambio”, specialità
possibile all’Università di Parma, articolata in un biennio.
Era il 1963.
Le specialità mediche allora si ottenevano con relativa
facilità.
La Scuola di Specialità era un vanto per la Cattedra che la
istituiva con ripercussioni positive, all’interno del mondo
accademico, sia per il Titolare della Cattedra che per i suoi
assistenti che si esercitavano in lezioni durante i corsi.
Pertanto, in alcune almeno, vi si accedeva con relativa
facilità e, per quanto riguardava la frequenza, c’era molta
tolleranza.
Il giovanotto quindi frequentò per quanto gli fu possibile
quei corsi, utilizzando ritagli di tempo all’interno degli impegni
del lavoro in ospedale e fuori, recuperi di plus orario e anche
periodi di ferie, ma si trattò pur sempre di una frequenza assai
superficiale nel corso della quale tuttavia si rese confusamente
conto di una notevole distanza culturale e di un distacco
sostanziale, di un gap, tra il livello di medicina che veniva
praticato nelle Università e quell’ospedale.
Sentì parlare di DNA, di dosaggi ormonali, di scintigrafie, di
pompa di sodio e potassio… in un linguaggio tipico dei luoghi
dell’insegnamento che non sentiva più da anni, per delle
problematiche nuove e tentava di convincersi che fossero
cervellotiche teorie, che l’unica realtà fosse guarire i pazienti o
farli star meglio con Deltaprenovis una fiala per tre, Cedilanid
sette gocce due volte al giorno per cinque giorni alla settimana e
le gocce di iodio in numero crescente e decrescente nell’arco di
un mese.

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La sera del 22 novembre 1965, tornando a casa dopo aver


sostenuto la tesi di specializzazione, la radio sull’automobile
riferiva dell’assassinio di J. F. Kennedy a Dallas.

* * * * *

Fu intorno a quel periodo che venne istituita la Divisione


Neurologica.
Ciò aveva prodotto qualche ripercussione sul numero dei
ricoveri in Medicina perché adesso i pazienti neurologici (non
tutti) ed i distonici (non tutti) andavano in quel Reparto dove
adesso si praticava, tra l’altro, l’elettroencefalogramma (prima i
pazienti venivano inviati all’Ospedale Psichiatrico) e
l’elettromiografia.

E fu intorno a quel periodo che da un Decreto del Presidente


della Repubblica che dava valore di legge al Contratto Nazionale
degli Ospedalieri siglato dai Sindacati Medici A N A A O per
gli aiuti e assistenti, A N P O e C I M O per i primari, dalla
Federazione Nazionale dei Medici da una parte e dalla
F.I.A.R.O. per gli Ospedali che rappresentavano la controparte,
garante il Ministro della Sanità, venne introdotto il “4:2:1”.
Il 4:2:1 consisteva in una ripartizione dei proventi per cui ad
un assistente andava una quota, all’aiuto il doppio ed al primario
il quadruplo.
Su cento lire quindi di proventi, ad ognuno dei cinque
assistenti del Reparto Medicina andavano ora circa 9 lire,
all’aiuto 18 ed al primario 36. Gli assistenti quasi
quintuplicavano la quota di quell’introito ed il primario andava a
meno della metà di quanto era solito percepire.
Inoltre erano stati prorogati gli incarichi, in attesa di
un’apposita legge di riforma.
Gli aiuti e gli assistenti si sentivano più tranquilli.
Queste normative valevano, naturalmente, per tutti gli
ospedali della penisola.

Fu una bomba che innescò una serie di reazioni a catena.


Il primario rimase a casa per alcuni giorni.

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Quando tornò fece qualche commento.


Ricordò di quando, sotto le armi in Albania, arrivata la
notizia dell’armistizio firmato da Badoglio, che significava resa e
disfatta, fu colto da diarrea durata tre giorni, serviti per pensare e
riordinare le idee e trovare in sé stesso nuovi equilibri, che aveva
trovato.
La stessa cosa gli toccava fare adesso.

Anche se i rituali lavorativi procedevano come al solito, le


cose erano cambiate sia all’interno del Reparto che fuori, nei
rapporti tra i vari Reparti fra loro, essendo stato minato alle basi
il potere predominante di due-tre primari sull’andamento di tutto
l’ospedale.

Contemporaneamente, si rafforzava sensibilmente il potere


di alcuni funzionari amministrativi.

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M I L L E N O V E C E N T O S E S SAN T O T T O
Circolare 184 e Legge Mariotti

Quell’anno, noto alle cronache per il movimento studentesco


e per le rivendicazioni femministe, esordì col terzo e più riuscito
trapianto di cuore eseguito a Città del Capo da Cris Barnard sul
dentista Philip Blaiberg, eseguito il 3 gennaio.
Un mese prima, il 3 dicembre 1967, lo stesso Barnard aveva
eseguito il suo primo trapianto cardiaco, il secondo al mondo, su
Luis Washkanski, sopravvissuto 18 giorni.
Il primo trapianto in assoluto, effettuato qualche settimana
prima negli Stati Uniti con tecnica diversa, si era risolto con
poche ore soltanto di sopravvivenza del paziente.
Questo evento ebbe vasta risonanza nell’opinione pubblica
mondiale che vi vedeva nuove ed auspicate frontiere per la vita
umana, dando anche l’avvio alle solite diatribe etiche che
regolarmente si succedono, da Galilei in avanti, ogni volta che la
scienza raggiunge e supera un angolo del suo labirintico
percorso.
In Italia i più rinomati chirurghi (tra cui Valdoni) e
cardiochirurghi (tra cui Donatelli e Azzolina) del tempo,
inscenarono i primi inutili dibattiti televisivi moderati dal Tito
Stagno di turno.
Erano gli anni che i democristiani andavano con i calzini
corti e Montanelli li votava turandosi il naso.

In ospedale continuava il tran tran solito.


Presidente del Consiglio di Amministrazione era il dott.
Menzani, parente del Vescovo, già Sindaco della città e
concessionario della SISAL (futuro Totocalcio) per città e
provincia, e si discuteva sul nuovo ospedale da costruirsi appena
fuori città, sulla strada verso Gossolengo.
Arrivava in città - e si faceva subito notare - un giovane
Medico Provinciale, funzionario allora importante nell’ambiente
medico, il dott. Pasqualucci, ora facente capo non più al

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ministero dell’Interno e quindi al Prefetto, ma al giovane


ministero della Sanità.

Intanto, gli assistenti più anziani della Divisione, senza


prospettive all’interno della struttura, o cercavano altre
sistemazioni o le avevano già trovate, chi diventando “Direttore
Sanitario con funzioni ispettive” di qualche mutua, chi tornando
al paese d’origine come medico condotto (i concorsi in provincia
erano gestiti dal primario e dall’Ordine dei Medici), chi
trasferendosi in ospedali della provincia.
Ciò aveva consentito l’ingresso di altri assistenti nella
Divisione, giovani, ma il numero complessivo restava uguale.

L’Amministrazione Ospedaliera aveva difficoltà


economiche perché le Mutue ed in particolare INAM e
Coltivatori Diretti, erano in arretrato nei pagamenti delle rette
ospedaliere ed il 12,13 e 14 febbraio l’ANAAO (Aiuti e
Assistenti) entrava in sciopero.
Sia l’opinione pubblica, assuefatta agli scioperi di tutte le
altre categorie di lavoratori, che molti medici, educati ad un’etica
spesso strumentalistica, si ponevano in atteggiamento di
perplessità di fronte a questi nuovi comportamenti di una classe
gratificata impropriamente ed interessatamente di funzioni
missionarie!
Ma tant’è, erano quelli metodi nuovi per affrontare vecchi
problemi.

In quegli stessi giorni (12/2/68) veniva emanata la Legge


Mariotti, punto di arrivo di numerose istanze e punto di partenza
per future trasformazioni della Sanità Pubblica, venendo in essa
prefigurate anche le Regioni, che sarebbero state istituite da lì a
poco (1971), dopo oltre 20 anni dalla loro introduzione nella
Costituzione che le prevedeva come forma di autonomia
amministrativa decentrata (il vecchio problema di Farini e
Minghetti), ma che per tantissimi anni, fino alla nascita del
movimento federalista ed oltre, avrebbero avuto poteri limitati in
ben precisi settori, tra cui la Sanità, sempre nell’ambito di leggi

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quadro dello Stato e sotto il controllo del Commissario di


Governo.
Questa legge sostituiva la legge Crispi del 17/7/1890 N°
6972, il relativo Regolamento N° 99 del 5/2/1891 e la legge N°
383 del 3/3/1934, tuttavia le rendeva ancora vigenti, fino
all’entrata in vigore del suo necessario Regolamento di
attuazione, negli articoli finali, e sanciva la nascita dell’Ente
Ospedaliero, autonomo, che si sarebbe gestito in proprio,
venendo ancora finanziato dalle Mutue che pagavano per le
giornate di degenza dei loro assistiti e quindi ancora interessato
ad un forte afflusso di ammalati.
I controlli, invece che dal Prefetto, sarebbero stati esercitati
dal Medico Provinciale, più tecnico della materia, in attesa che,
nate le Regioni, venissero effettuati, su ogni delibera
dell’Amministrazione, dal Comitato Regionale di Controllo.

Era comunque una legge organica, costituita da 71 articoli


suddivisi in 8 Titoli (vedi Note Finali).

Con quella legge acquistarono dignità effettuale e


riconosciuta le rappresentanze sindacali, veniva ribadito che la
Divisione non poteva avere più di 100 posti letto, dovevano
essere riconosciute le posizioni giuridiche ed economiche del
personale già in servizio.
Finiva per Aiuti e Assistenti lo stato di precarietà, ma
bisognava aspettare ancora il Regolamento.
C’erano tutte le premesse per un cambiamento di metodi,
dopo le riforme napoleoniche e quelle del 1862, queste ultime
peraltro mai applicate, che avrebbe portato nuovi equilibri in
quella cittadella, ma non subito. Ogni cosa era rimandata al
Regolamento di attuazione.

Intanto, già la precedente Amministrazione Monici aveva


deliberato lo sdoppiamento della Medicina e della Chirurgia.
Ogni nuova Divisione sarebbe stata di 100 letti, come già
stabiliva la legge del 1862.

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Il 6 marzo si svolgeva a New York lo storico incontro di


pugilato tra Griffith e Nino Benvenuti e qualche medico
dell’ospedale aveva preso l’aereo per assistervi.
Il 12 marzo decedeva a Roma, a 28 anni, Orsetta Torlonia,
quella del matrimonio a Grazzano del settembre ’60.
Il 17 marzo venivano rese note le Commissioni d’esame a
Primario delle nuove Divisioni, una di Medicina ed una di
Chirurgia, risultanti dallo sdoppiamento delle precedenti.
La Commissione per il Primario medico era costituita dal
Prof. Migone, Patologo medico a Parma, dal Prof. Rettanni,
Primario medico a Piacenza e dal Prof. Sicca Primario medico
ospedaliero a Pisa.
La Commissione per Primario Chirurgo era costituita dal
Prof. Trivellini, Clinico Chirurgo di Milano, dal Prof. Vaccari
Primario chirurgo a Piacenza e dal Prof. Pepere Primario
chirurgo ospedaliero di Bergamo.
Lo stesso giorno si dava notizia di un contributo dello Stato
all’Amministrazione di quattro miliardi e mezzo per la
costruzione del “nuovo ospedale” che allora si vociferava
dovesse sorgere ex novo sulla strada che porta a Gossolengo.
In aprile venivano ancora ribadite le difficoltà economiche
dell’Ospedale che, stanti i mancati pagamenti delle rette
ospedaliere da parte di INAM e Coltivatori Diretti da oltre un
anno, doveva ricorrere a prestiti bancari per pagare fornitori e
stipendi.
I deficit delle Mutue venivano allora periodicamente
ripianati dallo Stato, come in seguito sarebbe avvenuto per i
deficit delle Regioni regolarmente riscontrati nei bilanci della
spesa sanitaria, anche nel successivo secolo e millennio.
Le targhe automobilistiche in città avevano raggiunto la cifra
100.000.

Il 10 maggio arriva in ospedale un Primario di Anestesia e


Rianimazione, reparto non esistente prima.
Si diceva che avesse conosciuto tempo prima il Presidente
dell’Ospedale sulla spiaggia, durante le vacanze estive.
La creazione di questo Servizio e l’arrivo del nuovo
primario avevano determinato ripercussioni sui reparti chirurgici

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(Chirurgia, Ostetricia, Ortopedia, Oculistica, Otorino) che


operavano o con anestesisti propri o con anestesisti della
Chirurgia prestati loro di volta in volta.
Adesso invece, tutti gli anestesisti avrebbero fatto capo al
nuovo Servizio (e al nuovo primario del quale qualcuno era più
anziano), venendo sottratti al calduccio dei loro reparti. In
sovrappiù ne venivano assunti altri e le gerarchie venivano
sovvertite.
L’attività operatoria dei vari reparti chirurgici veniva
programmata d’accordo con il nuovo primario anestesista il
quale chiedeva letti propri di Rianimazione per tutti i casi di
emergenza medica quali embolie polmonari, edemi polmonari
acuti, pneumotoraci, stati di male asmatico grave,
tetano,…patologie fino a quel momento di pertinenza medica, i
casi di tetano curati fino ad allora nella Sezione staccata delle
Malattie Infettive con dosi enormi di siero, Sezione aggregata
alla Medicina e, per i bambini, alla Pediatria.

Quello stesso 10 maggio si effettuava il secondo sciopero


dei medici ospedalieri contro i soliti e continuati ritardi dei
pagamenti delle Mutue e per sollecitare l’attuazione della
circolare Mariotti N° 184 del 31 ottobre 1966.
Questa circolare impartiva agli ospedali le direttive per
adeguare lo stipendio pensionabile del personale medico. Il
trattamento economico degli altri dipendenti ospedalieri era stato
ridefinito con circolari precedenti.

Tali nuovi oneri economici a carico degli ospedali sarebbero


dovuti essere calcolati dalle singole Amministrazioni
Ospedaliere entro la fine del ’66 per ritoccare adeguatamente le
rette a carico delle Mutue. I nuovi stipendi avrebbero dovuto
decorrere dal 1 gennaio ’67.
Ma eravamo a metà maggio 1968, le mutue erano in
arretrato di pagamenti da più di un anno e i nuovi stipendi non
erano ancora partiti.
Si poneva intanto il problema dell’indennità di lavoro oltre
l’orario minimo…, in altre parole il lavoro straordinario,
bisognava trovare il sistema per accertarlo, bisognava mettere

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l’orologio con le schede personali di entrata e uscita che poi si


sarebbe imparato ad usare… per alcuni puristi della professione-
missione abituati a fare i propri comodi, una bestemmia…

* * * * *

Il 17 maggio, nella “CRONACA CITTADINA” del


quotidiano locale campeggiava un articolo:
Ieri mattina all’Ospedale Civile
Interrotto l’esame di primario medico: I temi dettati erano già
noti da giorni.
L’autorità giudiziaria, che aveva ricevuto una
notificazione il giorno prima con la dizione esatta dei
temi firmata “Gruppo di rinnovamento ospedaliero”, è
intervenuta invitando la Commissione Giudicante a
prendere provvedimenti per garantire la validità degli
esami. La prova è stata immediatamente sospesa ed il
dott. Menzani, per protesta contro la ‘fuga’ dei temi, si
è dimesso da Presidente della Commissione
Giudicatrice.
L’articolo spiegava come qualmente la prova d’esame dei
diciassette candidati era stata sospesa per l’intervento nell’aula
dove la stessa si svolgeva del Procuratore della Repubblica dott.
D’Ambrosio e del Capitano dei Carabinieri Caiazza che avevano
verificato che il tema che si stava svolgendo era lo stesso
notificato da ignoti il giorno prima sia alla Procura che al
Comando dei Carabinieri.
Seguivano le dimissioni del Presidente degli Ospizi da
Presidente della Commissione, quelle del Medico Provinciale,
del Prof. Rettanni e del Prof. Sicca mentre erano annunciate
quelle del Prof. Migone da componenti della stessa.
La prova d’esame era rinviata a data da destinarsi.

Due giorni dopo si apprenderà che il Consiglio di


Amministrazione - citati Levoni, Osmini, Cella e Schiavi - ha
confermato la fiducia al Presidente e che verrà nominata un’altra
commissione d’esame.

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Da Roma è arrivato l’ispettore ministeriale dott. Di Rocco,


abruzzese, ripartito in serata dopo qualche abboccamento, che
riferirà al Ministro Mariotti.

Ma in ospedale quello è tempo di concorsi.


La commissione nominata per il concorso a primariato della
2a Divisione Chirurgica sta valutando i titoli dei 36 concorrenti
per attribuire i relativi punteggi. Poi si passerà alle prove scritta e
pratica.
E si è concluso il concorso riservato a primario dermatologo
vinto dal dott. Guido Pagani che da anni gestisce da solo il
reparto.

Il 7 giugno viene assassinato in un albergo di Los Angeles


Bob Kennedy.

L’11 giugno viene resa nota la nuova commissione per il


concorso sospeso. Ne fanno parte il piacentino prof. Beretta
Anguissola Patologo medico a Torino, il prof. Gambigliani
Zoccoli primario medico a Novara con parentele in città, il prof.
Rettanni, il Medico Provinciale dott. Pasqualucci ed il Presidente
Menzani.
In Provincia la crisi dei socialisti coi democristiani che si
trascina fin dall’inizio dell’anno, si risolve con l’elezione alla
presidenza del socialista Persicani che accetta i voti comunisti.
In Comune, sindaco l’avv. Montani, si svolge il dibattito sul
bilancio, sostenuto e difeso per la maggioranza dall’avv. Sergio
Scarpioni, capogruppo dei consiglieri democristiani.

Il 17 giugno ad Amalfi, dove si svolgeva un premio di


poesia, muore all’improvviso il poeta siciliano Salvatore
Quasimodo, premio Nobel.
Era legato alla città nel ricordo della prima moglie,
deceduta, conosciuta a Roma ma nativa di Carpaneto. Il
quotidiano ne pubblica la poesia

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Epitaffio per Bice Donetti

Con gli occhi alla pioggia e agli elfi della notte


è là, nel campo quindici a Musocco,
la donna emiliana da me amata
nel tempo triste della giovinezza
Da poco fu giocata dalla morte
mentre guardava quieta il vento dell’autunno
scrollare i rami dei platani e le foglie
dalla grigia casa di periferia.
Il suo volto è ancora vivo di sorpresa
Come fu certo nell’infanzia, fulminato
Per il mangiatore di fuoco alto sul carro.
O tu che passi, spinto ad altri morti,
davanti alla fossa undici sessanta,
fermati un minuto a salutare
quella che non si dolse mai dell’uomo
che qui rimane, odiato, coi suoi versi,
uno come tanti, operaio di sogni.

Il 29 giugno i ciclisti Gimondi, Motta, Bodrero, sono


condannati per doping.

Il 4 luglio - quanti avvenimenti in ospedale in quel 1968 di


moti studenteschi che non cambieranno niente all’interno delle
Università e di moti femministi che cambieranno, questi sì, tante
cose - nella Sala Colonne si svolge una delle poche sedute della
Società Medico-Chirurgica, nata da poco, appoggiata dai nuovi
arrivati e snobbata dai residenti.
La relazione principale viene svolta dal nuovo primario di
Anestesia - scopa nuova fa rumore - che si dà subito da fare per
creare un contraltare al potere codificato nel gruppo dei primari
più anziani ed informa sulle ultime tecniche anestesiologiche
praticate dal suo Servizio, tra cui la neuroleptoanalgesia!!!
Altre relazioni vengono svolte dal prof. Andreani su un caso
di paraplegia secondaria a tumore cervicale; dal dott. G. Carella
che espone una vasta esperienza di trattamenti oftalmologici con

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medicazione corticosteroidea (sic); dal dott. Moia, odontoiatra,


sulle infezioni focali dentarie; dal dott. Bolognesi dell’ospedale
di Borgonovo che riferisce su due casi di endometriosi.
Alta scienza medica, non c’è che dire.

Il 6 luglio il grattacielo detto dei Mille giunge al tetto ed il


15 dello stesso mese il prof. Braibanti, fiorenzuolano, dopo un
lungo e complesso processo celebrato alla Corte d’Assise di
Roma, viene condannato per plagio.

Il 23 luglio muore Guareschi.

Nella CRONACA CITTADINA del quotidiano LIBERTÀ


di Domenica 4 agosto, quando molti sono già in ferie, partiti
magari nell’ultimo week-end, compare la notizia che il prof.
Lino Scarpioni, piacentino di 42 anni, con un’importante attività
svolta in Istituti dell’Università di Parma, prima nella Clinica
Medica diretta dal prof. Bufano e poi, dal 1958, presso la
Patologia Medica diretta dal prof. Migone, è il nuovo primario
della 2a Divisione Medica.
Assumerà l’incarico entro settembre.
E dal 23 settembre 1968 il giovanotto, che nel frattempo
stava conseguendo una seconda specializzazione in Medicina
Generale presso la Clinica Medica di Parma, trentacinquenne, si
ritrovava assistente del nuovo arrivato perché la vecchia
Divisione era stata sì sdoppiata restando le nuove due negli stessi
locali della precedente; c’era sì il nuovo primario; ma per gli
assistenti, bisognava utilizzare e ripartire tra le due divisioni
quelli della precedente…
Intanto che si sarebbe visto come risolvere il problema del
nuovo aiuto per il quale non c’era problema in quanto era
arrivato insieme al primario, sì, da Parma e l’avrebbe fatto per un
po’ sua sponte, gratis et amore Dei, intanto che si sarebbe
espletato, certo regolarmente e con tutti i crismi, il relativo
concorso….
Era questo il muro di gomma della bimillennaria città e della
cinquecentenaria cittadella ospedaliera…

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LO STATUTO DEI DIPENDENTI


OSPEDALIERI DEL 1 9 6 9
E GLI ANNI SETTANTA

Lo “Stato giuridico dei dipendenti degli enti ospedalieri”


visti gli artt. 40, 42, 43 e 64 della legge n° 132 del 18/2/68, viene
promulgato con il Decreto n° 130 del Presidente della
Repubblica Saragat del 27/3/69, firmato dal Presidente del
Consiglio Rumor, dal ministro della Sanità Ripamonti, dai
ministri Colombo e Ferrari Aggradi (diversi da quelli dell’anno
precedente ma politicamente equivalenti), dal guardasigilli Gava,
veneto naturalizzato a Napoli, padre di un altro ministro Gava di
cui si parlerà 23-24 anni dopo, registrato alla Corte dei Conti
addì 15 aprile e pubblicato nel supplemento ordinario alla G.U.
n° 104 del 23 aprile 1969.
La legge, composta da 135 articoli suddivisi in 7 Titoli, si
caratterizza per la definizione di tempo pieno e tempo definito,
per il riconoscimento legale della rappresentanza sindacale e dei
diritti del lavoratore compresi i diritti sindacali, per la riforma
delle modalità concorsuali di medici e non medici (vedi nota).
Tratta anche (art. 47) dell’esercizio professionale intra
moenia, che riconduce al pomerio romano (etimologia: post
muros), entro il quale non si poteva entrare armati, i cui confini
nell’82 a.C. Silla aveva fissato al Rubicone, violato nel 49 a.C.
da Cesare con il famoso: alea iacta est.
Alla stesura di questa legge, risultato dell’acceso dibattito
sui diritti della persona in quegli anni, aveva direttamente ed
attivamente contribuito, con l’apporto di soluzioni originali e
proposte di attuazione pratica, l’Associazione nazionale degli
aiuti ed assistenti ospedalieri, l’ANAAO.

Il 21 luglio di quell’anno due americani, Armstrong ed


Aldrin, mettevano piede per la prima ed unica volta, finora, sulla
luna, ripartendone poche ore dopo e, cosa importante, tornando
sulla terra.

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Il giovanotto, che fin dal 1966 aveva conseguito una idoneità


ad aiuto avendo partecipato, malgrado la volontà contraria del
primario, ad un concorso espletato in favore di un altro collega
assistente, poteva inoltrare domanda al Ministero per il
riconoscimento dell’idoneità regionale, come richiesto dalla
nuova legge, idoneità che peraltro otteneva partecipando anche al
nuovo esame di idoneità nazionale nella sessione del 1971.

In data 14 gennaio 1971 l’Amministrazione ospedaliera


invia al giovanotto scheda riepilogativa dei servizi prestati utili
ai fini della ricostruzione della carriera di cui al noto accordo
sindacale 2 aprile 1970….
Dalla scheda risulta che il giovanotto, al 31/12/1969 ha
un’anzianità di assistente effettivo di anni 9, mesi 4 e giorni 15
con inquadramento all’1/1/70 alla classe IIIª.
Più o meno in quegli stessi giorni nascevano le Regioni.
La Costituzione, stilata dopo l’esito del referendum
Monarchia-Repubblica (2 giugno 1946) nel corso del 1947 dai
nuovi Padri della Patria (o dai Padri della Patria nuova, come si
preferisce) ed operante dal 1° gennaio 1948, prevedeva le
Regioni autonome.
I governi che si succedettero alla media di uno l’anno ed il
Parlamento istituirono i nuovi Enti, pur con tanti limiti operativi
e sotto la tutela del Commissario governativo, quasi un quarto di
secolo dopo, nei primi giorni del 1971.
Tra le prerogative della Regione c’era la gestione
dell’assistenza sociale e della sanità sul territorio, sulla base delle
indicazioni delle leggi-quadro nazionali e del piano sanitario
regionale, già previsto dalla 132 del 1968.
La Regione Emilia-Romagna, negli anni successivi, sarebbe
stata tra le prime ad organizzarsi in tal senso, nella forma più
restrittiva e burocratica, specie nei confronti del
“convenzionamento specialistico esterno”, con grosse differenze
rispetto al trattamento dello stesso problema da parte di Regioni
come Piemonte, Lombardia, Triveneto, Lazio, Puglia, Campania,
Calabria, Sardegna, Sicilia…

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Sempre all’inizio di quel 1971, perdurando la guerra in


Vietnam, iniziata dal democratico Kennedy sette anni prima,5
con gravi ripercussioni anche economiche negli Stati Uniti, il
Presidente americano Nixon pose fine alle parità tra le monete e
l’oro stabilite dall’accordo di Bretton Woods del 1944, basato
sulle teorie dell’economista inglese Keynes, svalutando di fatto il
dollaro.
Si avviò una speculazione selvaggia a livello mondiale
basata sull’accaparramento di merci - in primis il petrolio -
piuttosto che sulla transazione di monete, controllata ancora da
Londra, la cui preminenza negli scambi di Borsa attraverso la
City cominciò da quel momento a cedere.
Nel nostro piccolo accadde che, a causa del rincaro di tutte
le merci, il valore di una casa o di un’automobile nel corso del
’72 raddoppiò, così come raddoppiarono e negli anni
immediatamente successivi triplicarono gli interessi passivi e sui
mutui bancari.
I sindacati erano costretti ad operare per garantire la
conservazione del potere d’acquisto dei lavoratori dipendenti,
che aveva il suo principale meccanismo di garanzia automatica
di rivalutazione, a fronte della svalutazione progressiva, nella
scala mobile - indennità integrativa speciale per i dipendenti
pubblici - che in quegli anni raggiunse e forse superò il 50%
della busta paga.
E’ di quegli anni l’emissione da parte dello Stato dei BOT,
buoni ordinari del Tesoro a breve termine: 3, 6, 12 mesi, messi
all’asta mensilmente ad interessi sempre crescenti che
raggiunsero anche il 16 e il 17 percento, che rappresentarono una
abbastanza tranquilla fonte di capitalizzazione per le famiglie e
le imprese e l’origine del vertiginoso debito pubblico degli anni a
venire.
Una famiglia con due dipendenti statali, per esempio,
facendo qualche sacrificio, riusciva a investire uno dei due
stipendi prestandolo allo Stato a tassi usurai che arrivarono a
sfiorare il 20%, consentendo così allo Stato stesso,

5
Tutte le guerre fatte dagli U.S.A. nel corso del XX ° secolo, tranne quella
del Golfo, sono state avviate da pacifisti Presidenti Democratici e chiuse da
guerrafondai Presidenti Repubblicani .

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indebitandosi, di continuare a pagare a quel dipendente lo


stipendio il mese successivo.
Altrettanto, e peggio, facevano le imprese.
Ma molte industrie, naturalmente al nord, in quanto al sud
non vi erano e non vi sono industrie, si trovarono in difficoltà.
Partirono così le protezioni ad industrie (Olivetti), di cui non
solo lo Stato faceva acquistare per legge intere produzioni ad hoc
(il caso, per i commercianti, dell’acquisto delle macchinette per
lo scontrino fiscale), ma acquistava partite di prodotto obsoleto
(computers per le Poste o per la Società dei Telefoni).
O, addirittura, riassumeva nel Pubblico Impiego il personale
che quelle industrie lasciavano a casa.
Partirono le nazionalizzazioni, con in testa la Lombardia dei
sciür Brambila faso tuto mi, non solo dell’Alfa Romeo ma anche
del Panetun.
Né erano da meno l’Emilia e la nostra provincia dove si
nazionalizzava la salsa di pomodoro della De Rica.

Il nuovo primario, intanto, abituato ai pochi letti della


Clinica Universitaria ed ai tempi lunghi dedicati al laboratorio ed
alla preparazione di partecipazioni a congressi, proiettato in un
mondo di brande dappertutto con patologie diversificate,
appariva disorientato e tuttavia deciso a padroneggiare la
situazione.
Gli ingressi nelle Divisioni Mediche (e così anche nelle
Chirurgiche) si alternarono: tre giorni alla settimana in una e tre
giorni nell’altra, con domeniche pure alterne.
Le recenti disposizioni legislative e contrattuali con
l’aumento dello stipendio base, resero progressivamente sempre
più accettabile un limitato numero di letti con la conseguente
riduzione delle quote suddivisibili derivanti dal compenso delle
mutue, che permanevano.
Nel giro di qualche anno le brande scomparvero dai corridoi
ed i ricoveri, prima sempre garantiti, cominciarono ad essere
prenotati.
Il minore impegno del primario in corsia dava più spazio al
giovanotto.

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Ma il nuovo primario aveva anche portato aria nuova e più


aggiornata in ambito professionale, soprattutto in campo
nefrologico, fino ad allora del tutto trascurato, con valutazioni
dei quadri di insufficienza renale acuti attraverso l’emogasanalisi
e di quelli cronici attraverso le clearances prima sconosciute.
Vennero usate soluzioni riequilibratrici con nuove fleboclisi.
In mancanza ed in attesa della installazione dei reni
artificiali, si praticava in corsia la dialisi peritoneale.
Cambiò l’approccio a diabete ed epatopatie.
Nella diagnostica tiroidea si introdussero la scintigrafia e la
curva di iodocaptazione e per questi esami i pazienti si inviavano
a Parma.
Vennero introdotte le biopsie percutanee, renali ed epatiche,
non sempre condivisibili essendo non prive di conseguenze
negative, emorragiche soprattutto.
Avvenivano progressi in campo terapeutico con precisazioni
dell’uso dei diuretici anche a dosi massicce, 10, 20, 40, 80 volte
la dose minima abituale. Nascevano nuove classi di farmaci
ipotensivi e cardioprotettori: calcioantagonisti e aceinibitori.
Si impiantavano i primi pace-maker.
In campo diagnostico si avviavano nuove tecnologie.
Per esempio con l’utilizzazione delle fibre ottiche in
endoscopia, che avrebbero enormemente semplificato le indagini
dirette sugli apparati gastroenterico, broncopolmonare ed
urinario - prima eseguite con tubi rigidi di metallo e grossi limiti
operativi -.
O degli ultrasuoni, sul principio del radar rubato ai
pipistrelli, con l’ecografia, all’inizio guardata con diffidenza.
Tecnologie divenute nei decenni successivi pratica
quotidiana e diffusa.
Si introduceva la TAC, tomografia assiale computerizzata,
che centuplicava la capacità investigativa dei raggi X, per molti
anni gestita da una Casa di Cura privata cittadina con cui le
strutture pubbliche di Piacenza, Parma, Alessandria, Pavia si
convenzionavano.
E sempre in strutture private si impiantava la cobaltoterapia,
che alimentava tante speranze per la lotta ai tumori, in gran parte
deluse.

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Collateralmente a questi progressi tecnologici (non


scientifici, in quanto si trattava di applicazioni in campi nuovi di
scoperte scientifiche fatte 50 o 100 anni prima) e in modo ad essi
proporzionale, cresceva la spesa sanitaria pubblica.
Ma non si conoscevano ancora malattie come le
cardiomiopatie e l’AIDS.
Delle epatiti virali, ipotizzate tali da medici militari
americani nel corso della Seconda guerra mondiale in Estremo
Oriente e denominate all’inizio ittero o epatite da siringa e
confermate grazie anche all’utilizzo dell’ultramicroscopio
elettronico, si classificavano la A e la B. In seguito sarebbero
state individuate la nonA nonB, la C, la D,… e via coll’alfabeto.
Le case farmaceutiche, con politiche aggressive
organizzavano congressi per propagandare i nuovi prodotti - che
le ditte italiane inscatolavano soltanto, acquistando dalle
multinazionali straniere la materia prima e pagando le relative
royalty - nelle località più esotiche ed esclusive del mondo.
Manila, Rio de Janeiro, Messico, Australia, Stati Uniti…. E
nelle varie città storiche d’Europa, invitando a proprie spese i
medici ed, in specie, gli ospedalieri con un certo prestigio locale,
da cui si aspettavano un ritorno in termini di mercato, con
l’inserimento di quei prodotti nelle lettere di dimissione,
ritrascritti poi dai medici di famiglia….

Il 6 luglio 1971 viene posto a concorso per titoli un posto di


aiuto interinale presso la II Divisione Medica, cui il giovanotto
partecipa.
In data 2 dicembre 1971 il Commissario Bruno Villa
comunica al giovanotto il conferimento dell’incarico interinale di
Aiuto della 2ª Divisione medica, a norma del DPR 27/3/69,
incarico decorrente dal 1° dicembre.
In data 26 novembre 1973 l’Amministrazione informa il
giovanotto che a decorrere dal 1/9 è incluso nella II classe
stipendiale con il trattamento economico annuo lordo di L.
5.940.000 oltre la tredicesima mensilità e le indennità dovute a
norma di contratto.
Nel frattempo (anno accademico 70/71), il giovanotto è
finalmente riuscito a iscriversi alla Scuola di specializzazione di

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Malattie dell’apparato Cardiovascolare dell’Università di Pavia


ed il 5 luglio del 74 è ufficialmente cardiologo.
In data 24/9/75 il Presidente Bruno Villa comunica al
giovanotto che con deliberazione 30/6/75 e con uguale
decorrenza, è stato nominato Aiuto di ruolo presso la 2ª
Divisione medica, in esecuzione della legge n° 146 del 18/4/75.

Intanto in ospedale entravano altri primari in sostituzione


degli anziani andati in pensione: in Ostetricia, in Ortopedia, in
Oculistica, nel Laboratorio di analisi cliniche, in Dermatologia.
Nasceva il nuovo reparto del Centro trasfusionale e, qualche
tempo dopo, quello di Urologia sistemato fuori dell’ospedale, in
una struttura privata con qualche iniziale difficoltà, presa per
metà in affitto.
Si impostava una bozza di Unità Coronarica aggregata alla
Prima Divisione medica ed un Centro Dialisi aggregato alla
Seconda Divisione medica.
Il giovanotto contrappuntava l’attività professionale -
effettuava in quel periodo in collaborazione col primario
anestesista prof. Ruggerini le prime cardioversioni elettriche ed,
in collegamento col Prof. Dioguardi, patologo medico di Milano,
i primi trattamenti fibrinolitici con la streptochinasi - con quella
sindacale.
Erano gli anni di piombo.
Molti attentati avvenivano anche dentro gli ospedali.
Sui muri si inneggiava alla Fantasia al potere ed alla
Medicina democratica.
Nel 1975 il Partito Comunista conquistava il Comune
nell’unica città ancora bianca dell’Emilia-Romagna rossa.
All’inizio del 1977 la Presidenza del Consiglio di
Amministrazione dell’Ospedale andava alla comunista signora
Nanda Montanari, persona molto attiva, per lo meno sul piano
assembleare.
Era appunto il periodo dell’assemblearismo in cui ogni
lavoratore, di qualsiasi livello, era permanentemente impegnato
in assemblee.

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Partecipazione era la parola d’ordine e nella scuola,


all’insegna di questo principio democratico e democratizzante,
sbarcavano i decreti delegati.
Tutti, ed in particolare le donne, le madri-chiocce, le ‘fate
ignoranti’ di Magritte, alle assemblee serali e notturne dove si
stilavano liste di candidati e programmi ispirati dai Partiti per le
elezioni scolastiche, erano contro il nozionismo “…perché a
nessuno interessa la data di nascita di un poeta o quella di una
battaglia…” col risultato che pochi trentenni sanno oggi inizio e
fine dell’ultima guerra persa dall’Italia. E poco ci manca che
qualche laureato in medicina non conosca nozioni come il valore
normale della glicemia, dell’azotemia e della colesterolemia…

Sempre nel 1975 veniva introdotto il nuovo diritto di


famiglia che smantellava questa istituzione, togliendole un punto
certo di riferimento, in nome della parità dei diritti individuali.
Cadeva anche l’ultima componente della triade mazziniana.

In ospedale le riunioni tra Amministrazione e Sindacati si


susseguivano per attuare in concreto tutte le novità della 130 del
’69 e le norme dei contratti sindacali che ancora erano separati e
distinti, per il personale medico e per il restante personale.
Il giovanotto venne eletto Segretario Provinciale
dell’ANAAO ostacolando, inutilmente, la prevalente linea
politica nazionale dell’Associazione per il contratto unico di
medici e non medici, che risultò vincente ed attuata nell’accordo
nazionale siglato nel 1974.
Nacque il neologismo: paramedico; qualcuno chiedeva: para
che?
Esponente aggressivo di spicco di quella linea dell’ANAAO
nazionale - attraverso un’alleanza con la Triplice -, era il
napoletano Paolo Cirino Pomicino, diventato un decennio dopo
ministro, ma poi finito male ai primi anni ’90.

Tra i medici ospedalieri si dibatteva accanitamente su tempo


pieno e tempo definito.
La componente politica al governo, sia perché naturalmente
e ideologicamente propensa al compromesso, conseguenza finale

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e pratica dell’interclassismo, sia per motivi di bilancio statale e


per evitare aumenti stipendiali ‘a cascata’ in altri settori della
Pubblica Amministrazione dei pari livello, puntava a limitare gli
stipendi dei medici ospedalieri, ma consentiva il doppio introito
permettendo a quelli tra loro disposti a lavorare su due fronti, di
guadagnare fuori dell’ospedale, sul territorio, ma dentro la stessa
spesa pubblica, attraverso convenzioni mutualistiche, il loro
fabbisogno ai fini del soddisfacimento delle esigenze imposte dal
nuovo capitalismo diffuso che si era instaurato (acquisto della
prima e delle seconde case) e dall’iniziale consumismo dello
status symbol (automobili, ferie, viaggi, pellicce ecc.).
E’ di quel periodo il film Il medico della mutua interpretato
da Alberto Sordi.
In contrapposizione a questa linea, la componente sindacale
politicizzata tendeva al pieno impiego ben retribuito degli
ospedalieri, con unico rapporto di lavoro, attraverso il full-time,
il tempo pieno.
Contemporaneamente andava ‘calmierato’ il numero
massimo di ‘assistiti’ per i ‘medici mutualisti’ che si dividevano
tra i fautori della notula, con la retribuzione da parte delle
mutue al medico di famiglia di ogni prestazione a favore
dell’assistito; e della quota capitaria, con retribuzione annua
onnicomprensiva per ogni assistito a carico, che avesse o non
avesse necessità di prestazioni.
Alla fine avrebbe prevalso questa seconda soluzione
cottimistica.

Per i sindacalisti medici fautori del tempo pieno, i modelli di


riferimento da applicare ai medici ospedalieri italiani erano gli
stipendi dei piloti degli aerei e quelli degli ospedalieri europei,
in particolare svizzeri e tedeschi.
Quegli obbiettivi di riferimento non furono mai raggiunti.
Questo fu per molti anni un dibattito lacerante all’interno
della classe medica ospedaliera e tra una parte dei medici
ospedalieri e gli altri medici fuori, con reciproche feroci accuse
di marchettarismo da una parte e di parassitismo impiegatizio (è
di quel periodo la definizione di Agnelli: rendite parassitarie),
con ampi margini di guadagni occulti sotto banco, dall’altra.

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A ciò si aggiunga che la progressione di carriera, attraverso


il meccanismo concorsuale della 130 del ’69 che attribuiva il
30% in più in punteggio per il servizio a tempo pieno, diventava,
di anno in anno, sempre più riservata ai tempopienisti.

Intanto emergeva il problema della tossicodipendenza che


quell’assemblearismo medicalizzava.
Da devianza individuale che per l’estensione numerica
andava assumendo dimensione sociale, veniva trasformato in
problema sanitario.
Il tossicodipendente era un malato e come tale andava
curato: in ospedale, nelle Divisioni mediche, col metadone.
I primari, che perseguivano i loro scopi per i quali era loro
necessario l’appoggio dell’amministrazione, non si opponevano -
né obbiettivamente potevano - a quelle disposizioni.
I medici e gli infermieri della Divisione, - le suore non
c’erano più, mancavano le vocazioni - abituati a gestire
dolorose malattie, si trovavano a dover controllare personaggi
bugiardi e pericolosi, disposti a tutto pur di avere la necessaria
“dose” giornaliera.
La Divisione diventava un crocevia dello stupefacente.
Fuori intanto, fiutato l’affare, si andava costituendo una rete
di Centri di accoglienza e recupero ad opera di un “volontariato”
alimentato dall’obiezione di coscienza alla leva militare,
ampiamente sovvenzionato e retribuito.
Contestualmente si apriva un altro fronte di dibattito etico-
cultural-economico: l’aborto legale.
La vicenda era iniziata con una proposta di legge del
socialista Loris Fortuna nel ’73, che era approdata dopo cinque
anni alla legge 194 del ’78 con la quale l’aborto non solo cessava
di essere un delitto, ma diventava una libera opzione della donna,
a certe condizioni gestite da consultori, garantita dallo Stato
all’interno delle sue strutture, ovviamente ospedaliere.
La legge però, per ragioni di fede religiosa o di etica
professionale - il famoso giuramento di Esculapio -, prevedeva
l’obiezione di coscienza dei medici che, disponibili a fare il boia
in privato per lauto onorario, non lo erano a farlo nella struttura

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pubblica compensati dal solo stipendio, e diventavano, quasi


tutti, obiettori.
A fronte di un possibile fallimento della legge, la Regione
organizzava l’abortificio legale presso una struttura privata e
convenzionata della città, dove confluivano tutte le donne della
regione e anche da fuori di essa, per la bisogna.
Contro quella legge venne proposto referendum abrogativo
da parte degli ambienti confessionali del Paese, referendum che
venne respinto nell’81, stabilendosi una vittoria storica
sull’oscurantismo cattolico da parte del femminismo e dei
radicali, che su questa battaglia e su quella sul divorzio vissero
di rendita per i successivi venti anni.
Il giovanotto, adesso quarantaquattrenne, non reggeva la
conflittualità palpabile che ormai si respirava nella cittadella.
Abbastanza conosciuto in città, ottenute le convenzioni
esterne per la cardiologia (nel proprio ambulatorio) dalle Mutue
che tuttora esistevano, e soprattutto dall’ENPAS, avendo sempre
mantenuto il rapporto a tempo definito, all’inizio del ’78
abbandonò l’ospedale optando anche per lavorare in una Casa di
Cura privata della città che lo ospitò.
Da quel momento, non ebbe più nulla a che fare con la
cittadella ospedaliera.
Non fu il solo.
A distanza di poco tempo ne seguirono l’esempio in diversi,
suoi coetanei, ma anche più giovani.
Nella cittadella si avvicendavano i ricambi ed ogni nuovo
arrivato cercava di costruirsi attorno la propria piccola corte.
Medici che avevano lottato per il rinnovamento, in una
determinata ottica di miglioramento, rimanendo fedeli ad una
visione di libera professione, fatta magari di visite a malati
dentro povere case popolari, quelle di via S.Sepolcro, quelle di
S.Giuseppe, quelle di via Capra, alla Caserma della Neve o in
fondo a via Borghetto, in cui un componente della famiglia
almeno, taceva o raccontava delle sue esperienze durante la
permanenza “a Sondalo”, in sanatorio; ma anche in qualche casa
bene, nei nuovi appartamenti nei condomini del centro o dello
Stradone Farnese, del Faxall, in antichi palazzi non ancora
ristrutturati o nelle villette delle nuove periferie, si trovavano

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ora, in base alle nuove leggi, accerchiati dalla logica


tempopienista.

Altri resistettero.
Qualcuno, più abile e fortunato, trovò un proprio spazio
senza apportare alla struttura ed alla città apprezzabili progressi
scientifici, tanto è vero che Piacenza era ed è la città dell’Emilia
e forse di tutto il nord Italia a maggiore migrazione ospedaliera.
Si organizzavano viaggi collettivi a Dallas, negli USA, per
fare operare laggiù cardiopazienti anche di altre città, vista la
carenza delle strutture cardiochirurgiche in Italia (funzionava
solo il Centro De Gasperis di Milano, non funzionava ancora
Pavia).
Quando un cardiochirurgo americano con addentellati in
Italia che operava laggiù venne assassinato dalla moglie gelosa,
fu una brutta battuta d’arresto per il giro.
Qualcun altro, promosso di malavoglia da chi poteva,
veniva emarginato in ambiti angusti.
Erano queste le notizie che dalla cittadella filtravano.
Bisognerebbe vivere più di una vita per sfruttare nella
seconda l’esperienza fatta nella prima.
Nelle grandi casate, quelle che si tramandano il potere da
secoli, i capofamiglia sanno che le regole cambieranno nel corso
di un ciclo, di una vita, di un secolo.
Sono stati avvertiti ed educati ai cambiamenti che verranno
ed avvertono ed educano i loro successori a questa sicura
evenienza.
Per questo non sono mai impreparati e sanno rapidamente
adattarsi ai nuovi assetti.
Sono flessibili.
Chi si fa da solo ed è stato educato a precisi principi, li
ritiene immutabili e non sa adattarsi ai cambiamenti.
Non saprà essere flessibile.
Flessibilità era un termine venuto in voga in quegli anni a
livello di sociologia e psicologia spicciole. Doveva essere la
parola chiave e risolutrice di tutte le situazioni esistenziali.

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Le Brigate Rosse, che avevano imperversato in quegli anni,


culminarono la loro azione il 16 marzo di quel 1978,
sequestrando Aldo Moro la mattina in cui Andreotti avrebbe
ottenuto la fiducia per il suo governo del Compromesso Storico,
sostenuto da DC, PRI, PSDI, PSI e PCI.
Aldo Moro veniva rinvenuto cadavere nel bagagliaio di
un’automobile lasciata in sosta in una strada del centro di Roma,
a breve distanza dalle Sedi della Democrazia Cristiana e del
Partito Comunista, la mattina del 9 maggio 1978.

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FINE DELLE MUTUE E DELL' ENTE


OSPEDALIERO

NASCITA DEL SISTEMA SANITARIO


NAZIONALE
E DELLE UU. SS. LL.

Nel mese di settembre del 1978, dopo il brevissimo regno di


Papa Luciani Giovanni Paolo I, deceduto dopo appena un mese
di Pontificato in circostanze che, nell’opinione pubblica e in
parte della stampa, suscitarono dubbi e perplessità circa la
naturalezza dell’evento, era salito al Soglio, dopo quasi
cinquecento anni, un Papa non italiano ed addirittura dell’Est
europeo, il polacco Cardinale Wojtila con il nome di Papa
Giovanni Paolo II.

Il 23 dicembre di quello stesso anno, Il Presidente della


Repubblica Sandro Pertini promulgava la legge n° 833
dell’Istituzione del Servizio Sanitario Nazionale (S.S.N.), firmata
da Andreotti, Anselmi, Scotti, Rognoni, Pandolfi, Morlino e dal
Guardasigilli Bonifacio la quale, all’art. 1 - dei principi - così
esordisce:
“La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto
dell’individuo e interesse della collettività mediante il servizio
sanitario nazionale. La tutela della salute fisica e psichica deve
avvenire nel rispetto della dignità e della libertà della persona
umana.”
Parole altisonanti e impegnative, che si rifacevano alla
Costituzione e che, venti anni dopo, faranno sorridere.
Con questa legge l’Ospedale cessa di esistere come ente
autonomo costituito solo dieci anni prima dalla legge Mariotti, ed
i suoi beni, essendo le UU.SS.LL. prive di personalità giuridica,
passano al patrimonio del Comune con vincolo di destinazione
alle UU.SS.LL. (art. 66).
Cessano di esistere le mutue, di cui peraltro era stata avviata
la liquidazione con le leggi 386 del ‘74 e 349 del ’77.

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Il finanziamento del nuovo S.S.N. avverrà attraverso il


Fondo Sanitario Nazionale determinato annualmente dalla legge
Finanziaria, il quale verrà ripartito tra le Regioni che lo
ripartiranno tra le UU.SS.LL. (art. 51). Ad alimentarlo -
parzialmente - saranno i contributi di malattia dei dipendenti e
degli autonomi, da versarsi all’INPS (artt. 69 e 76), che li
riverserà al Ministero del Tesoro.
Inoltre è stata da poco decretata la chiusura dei manicomi
con la contrastata legge 180 del maggio 78 chiamata legge
Basaglia, dal nome del suo più convinto assertore e fautore, uno
psichiatra di Trento, deceduto prima della sua promulgazione.

Trento era stata, durante il corso degli ultimi anni ‘60 e dei
primi anni ‘70, una importante fucina di innovazioni. Tra gli
altri, nella facoltà di Sociologia insegnava economia un certo
Beniamino Andreatta e da quella scuola sarebbero usciti
personaggi come Renato Curcio, ideologo delle Brigate Rosse.

Il S.S.N. sarà costituito dal complesso delle strutture e delle


attività destinate alla promozione, al mantenimento ed al
recupero della salute fisica e psichica di tutta la popolazione,
senza distinzione di condizioni individuali o sociali e secondo
modalità che assicurino l’eguaglianza dei cittadini nei confronti
del servizio. L’attuazione del S.S.N. compete allo Stato, alle
regioni e agli enti locali territoriali, garantendo la
partecipazione dei cittadini.
Così recita il 3° comma dello stesso articolo.
Nella relativa nota (1) è riassunta tutta la legge.

In ottemperanza a questa legge, la Regione Emilia Romagna


con legge n° 28 del 29 agosto 1979 individuava gli ambiti
territoriali delle UU.SS.LL. di competenza, e con legge n° 1 del
3 gennaio 1980 - riassunta alla nota (2) - stabiliva le norme
sull’associazione dei comuni, sull’ordinamento delle Unità
Sanitarie Locali e sul coordinamento dei servizi sanitari e sociali
come predisposto rispettivamente dal 1° e dal 2° comma dell’art.
61 della 833, altrimenti denominata, dagli addetti ai lavori, otto
tre tre.

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Come si noterà dalle date delle leggi, l’efficientismo della


Regione Emilia Romagna non si poneva problemi di ferie
agostane o di festività natalizie.
La legge n° 1 del 3 gennaio 1980 è l’atto di nascita ufficiale
del S.S.N. e delle UU.SS.LL. nelle città dell’Emilia.
Per quanto riguarda il territorio della provincia di Piacenza,
le UU.SS.LL. che vi si istituiranno, anticipate e preparate dai
rispettivi Consorzi Socio-Sanitari, saranno tre: quella di Castel
S.Giovanni, la N° 1, comprendente l’ospedale di Borgonovo e la
Val Tidone; quella di Piacenza, la N° 2, comprendente l’ospedale
di Bobbio e la Val Trebbia; quella di Fiorenzuola, la N° 3,
comprendente gli ospedali di Cortemaggiore, Monticelli e
Villanova d’Arda (costruito come ospizio per anziani da
Giuseppe Verdi).

A più di venti anni di distanza, è stupefacente considerare


come queste norme di legge, ispirate ai nobili e perciò stesso
ambiziosi e pretenziosi principî enunciati all’inizio della 8-3-3 e
ribaditi dalla legge regionale, per quanto puntuali e lungimiranti,
siano stati solo in piccola parte realizzati se non proprio
totalmente falliti, soprattutto nelle regioni del sud d’Italia
caratterizzate da ospedali dove i pazienti devono portarsi le
lenzuola da casa, con sale operatorie frequentate da topi e
scarafaggi e ricettacolo di germi, con situazioni anomale che
hanno fatto nascere il sempre più usato e abusato neologismo
giornalistico della malasanità, regioni dalle quali i cittadini
ammalati anche per patologie non gravi, emigrano verso le
strutture delle regioni del nord.
Il principio base della legge era l’unificazione delle strutture
per l’ottimizzazione dei servizi in sede locale, con uniformità di
prestazioni su tutto l’ambito nazionale.
Praticamente si procedeva alla stessa operazione posta in
atto in molte città nel quindicesimo secolo, quando si erano
costituiti gli Spedali Grandi o Riuniti unificando le decine di
piccoli ospizi.
Adesso si istituivano su tutto il territorio nazionale un paio
di centinaia di enti, le Unità Sanitarie Locali, che facevano capo

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alle venti regioni di appartenenza, al posto delle migliaia di enti


piccoli e grandi sparsi dappertutto.
Le regioni dovevano muoversi all’interno di leggi quadro
nazionali e dovevano amministrarsi utilizzando la quota di fondo
nazionale che lo Stato avrebbe loro assegnato annualmente.
Tale fondo nazionale sarebbe stato alimentato dai contributi
di malattia dei datori di lavoro privati o pubblici e dagli stessi
cittadini lavoratori autonomi, con l’obbiettivo di arrivare alla
fiscalizzazione degli oneri sociali.
Si trattava di nuova gestione autonoma e locale o di
semplice delega dello Stato per decentramento amministrativo
controllato, con punto focale la regione?
L’USL ed i suoi vertici diventavano, comunque, il
capolinea di partenza e di arrivo di infiniti interessi, soggetta
però al controllo, all’indirizzo ed al coordinamento della regione.
Gli operatori più disparati in ambito scientifico, editoriale,
delle forniture alimentari, strumentali e di uso diverso,
assistenziale, psicopedagogico, di cosiddetto volontariato,
igienistico, di medicina del lavoro, legale, gerontologica, della
tossicodipendenza, paramanicomiale, dello sport, del tempo
libero, preventiva, riabilitativa e dei servizi sociali…., si
riconoscevano in uno dei tanti articoli della legge e su quello
lavoravano equiparandovisi, per ricavarne una nicchia nella
quale comodamente sistemarsi.
Costoro, mutatis mutandis, si trovavano, seicento anni dopo,
a sfruttare la situazione come gli amministratori, laici o religiosi,
dei tanti piccoli ospizi del XIV° e XV° secolo, non ancora
unificati.
Seicento anni dopo, gestori delle varie nicchie, sarebbero
stati religiosi e laici.
Si potrebbe pertanto dedurre che, se da un lato si unificava
tutto nella USL, (come avvenuto con l’unificazione del 1472),
dall’altro si parcellizzava il servizio nelle tante nicchie, sotto il
supremo controllo, però, del bicipite Ufficio di Direzione, coi
suoi due coordinatori amministrativo e sanitario, organo politico
il Comitato di Gestione eletto dall’Assemblea Generale, che
facevano capo, invece che ai benefattori ed ai loro lasciti,
all’assessore regionale alla sanità, che a sua volta faceva capo al

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fondo sanitario nazionale, stabilito annualmente dalla


Finanziaria, tutti gli anni regolarmente sforato.
Corsi e ricorsi vichiani?
Si e no.
Parrebbe che negli ultimi due o tre millenni l’uomo non
abbia saputo inventarsi modi di governo delle realtà circostanti e
dei suoi stessi bisogni all’infuori del controllo della fonte di
finanziamento economico che è alla loro base, con le
conseguenze a cascata, sempre economiche, che ne derivano.
Anche se cambiano le forme di quel governo, la sua sostanza
resta sempre la stessa, per cui l’uomo non può far altro che girare
attorno ai problemi, spesso ritrovandosi al punto di partenza.
Malgrado le periodiche modifiche ai modi di governo e di
gestione dei singoli problemi, gli effetti sull’individuo restano
inscritti nei confini della fonte di finanziamento che li genera e li
mantiene in vita, che non possono essere superati, pena la
ripercussione di effetti economici negativi in ambiti più ampi.
Bisognerebbe inventare altri sistemi di gestione che
prescindano dal fattore economico, come immaginano il Papa e
gli antiglobalisti.
Finora, da millenni, vale il proverbio siciliano: senza soldi
non si canta Messa e senza stola neppure si confessa.
Non casualmente ai vertici dei maggiori sistemi politici del
mondo - USA, Giappone, Europa - stanno economisti.
Peraltro, rispetto al passato, va sottolineata la grande fortuna
dell’uomo della seconda metà del XX° secolo, abitante nella
parte più progredita d’Europa, che ha vissuto un lungo periodo di
quasi cinquant’anni senza guerre, evento che non si verificava da
millenni.
Per quanto riguarda il territorio italiano, per non andare
troppo indietro nel tempo, basti pensare al succedersi delle
guerre prima nei singoli Stati e dopo nello Stato unitario, dalla
caduta dell’impero romano in avanti fino al 1945.
Non guerra è equivalso a risparmio in vite umane ed in spese
militari con conseguente possibilità di accumulazione di
ricchezza non mandata in fumo dalle bombe e quindi a benessere
diffuso come non si era mai goduto nelle passate epoche.

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E tuttavia, vi è sempre dietro l’angolo il rischio della crisi


economica a causa della spesa pubblica fuori controllo, della
eccessiva pressione fiscale, dell’inflazione, del calo della
domanda e conseguentemente della produzione industriale, della
disoccupazione, della recessione…, per cui l’unico rimedio
sembra essere il mantenere alto il potere di acquisto delle
persone che, alla fine, son quelle che tengono in piedi l’immensa
struttura messa su dai capitali transnazionali.

Tornando all’istituzione del S.S.N., nelle ricche città del


nord dotate di importanti attività industriali e, comunque,
imprenditoriali, quelle sempre ai primi posti nelle graduatorie
annuali del benessere e della ricchezza, la USL diventava
l’azienda col più alto fatturato, quantificabile nell’ordine di
qualche centinaio di miliardi di lire all’anno.
Nelle città più povere del sud, diventava l’unica azienda
anche se, spesso, con un fatturato, proporzionalmente alla
popolazione assistita, inferiore a quello delle consorelle del
nord.

E il cittadino?
Come succede sempre all’avvento di nuove regole, all’inizio
e per qualche anno, la maggioranza delle persone mal gradì la
riforma.
Per gli assistiti dell’INAM, già abituati all’assistenza diretta,
cioè senza esborso anticipato di denaro, sia per quanto
riguardava la medicina generale che la specialistica, la
farmaceutica e l’ospedaliera, poco cambiava.
Tutti gli altri - la maggioranza, appunto, - che, anche se
dovevano pagare, all’interno del proprio sistema avevano
trovato, negli anni, gli opportuni aggiustamenti (c’era chi, con la
connivenza del proprio medico, raccogliendo bollini dalle scatole
dei farmaci, istruiva pratiche fasulle di rimborso soprattutto nei
confronti dell’ENPAS, e ci giocavano dentro anche alcuni
farmacisti), fino a quel momento, avevano avuto il vantaggio
della libera scelta del medico di fiducia, sia generico che
specialista, che potevano cambiare quando volevano.

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Costoro adesso si ritrovavano irreggimentati, con l’obbligo


della scelta di un medico, quasi sempre sconosciuto, all’interno
di elenchi gestiti dalla nuova struttura non ancora organizzata,
dal momento che i medici più conosciuti o avevano raggiunto il
numero massimo di assistibili già in regime INAM o l’avevano
raggiunto subito, nelle prime settimane del nuovo regime.
Come al solito in Italia, davanti agli sportelli approntati in
fretta e furia per la bisogna, si formarono code di mugugnanti.
Per un certo periodo di tempo quelle persone, non
conoscendo e non potendo avere fiducia per decreto nel medico
scelto a caso, continuarono a consultare, pagando, il medico
abituale che, compiacendosi, prescriveva la terapia che il
paziente doveva andare a farsi trascrivere dall’altro.
Il paziente aveva così modo di conoscere il nuovo medico,
di trovarlo, a poco a poco, tutto sommato accettabile, anzi,
sostanzialmente equivalente all’altro, visto che le malattie più
frequenti e comuni si curano con le solite quattro regole; anzi,
più disponibile dell’altro e, se vogliamo proprio dircela tutta,
anche un po’ più moderno e aggiornato dell’altro.
Avvenne così, nel giro di uno-due anni, il travaso dei
pazienti dal medico semi-libero professionista al nuovo medico
di base; così verrà chiamato d’ora in avanti il medico scelto
dall’assistito.
E avvenne che questa nuova massa di persone ammesse
all’assistenza diretta, abituata prima a fruire dell’assistenza solo
per lo stretto necessario visto che doveva anticipare la spesa o
pagarla in toto, cominciò a fruirne sempre di più, anche se nello
stesso 1978 era stato introdotto per la prima volta, come
elemento calmierante, il ticket.
Nella nuova concezione della sbandierata prevenzione, -
nacque lo slogan ripreso da una pubblicità su un dentifricio:
prevenire è meglio che curare - prese piede la consuetudine al
chek-up, che divenne anche il titolo di un programma televisivo
settimanale di informazione sanitaria.
Entrando nello studio del proprio medico di base e
chiedendogli un chek-up, il cittadino usciva da quello studio con
alcuni foglietti in mano su cui erano indicati esami medici che,

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dal punto di vista economico, costavano l’equivalente di un


cappotto e forse anche di più.
La prevenzione, infatti, è tale, nel senso strettamente
medico del termine, solo nella sua forma primaria delle
vaccinazioni che attualmente impediscono l’insorgere di un
limitato numero di malattie, anche se gravi.
Si pensi all’ultima vittoria in ordine di tempo, quella contro
la poliomielite, debellata nel mondo occidentale dalla
vaccinazione introdotta a metà degli anni ’60, con la querelle tra
i vaccini Salk e Sabin. Mentre attualmente, e da anni, ci si
affanna a cercare quella contro l’AIDS.
La prevenzione nella sua forma secondaria è invece
rappresentata da un insieme imprecisato di pratiche igienico-
sanitarie, di igiene sui luoghi di lavoro (gas tossici, amianto
ecc,), alimentare, abitativa, screening diagnostici di massa ecc,
che, sotto il profilo strettamente medico conducono nella quasi
totalità dei casi, alla diagnosi precoce di una malattia già in atto,
che è cosa diversa dall’impedire o prevenire che essa insorga,
per poi intervenire, augurandosi di essere arrivati in tempo, quasi
sempre chirurgicamente (tumori della sfera genitale femminile,
della mammella, by-pass aortocoronarici…).
Da qui il diffondersi del chek-up.

La USL, sulla base del controllo, indirizzo e coordinamento


della regione cui i conti non tornavano, cominciò a chiedere ai
medici di base di stare attenti alle prescrizioni ed alla spesa.
Contemporaneamente si intasarono le strutture preposte agli
esami stessi e nacquero i CUP, centri unificati di prenotazione,
che complicavano la vita agli utenti.
Molti esami venivano prenotati per il mese o i mesi
successivi.
I cittadini, allora, chiesero ai medici di base il ricovero
ospedaliero per farvi il check-up, anche perché in tale modo
aggiravano e risparmiavano la spesa del ticket sugli esami.
Nacquero le liste d’attesa anche per i ricoveri ospedalieri.6

6
Da un articolo di “Libertà” del 2/2/2002 si rileverà che, mediamente, sul
territorio nazionale e, pare , europeo, per una mammografia il tempo di attesa
è di 210 giorni; per una coronarografia è di 180 giorni; per una TAC

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Il costo di una giornata di degenza ospedaliera,


enormemente differenziato tra degenza in reparto di cure normali
e reparto di cure intensive, non venne mai determinato con
certezza.
L’attenzione di UU.SS.LL e regione si rivolse allora agli
ospedalieri e nacque il DGR, che induceva alle rapide
dimissioni.
Passo dopo passo, arretrava e svaniva il modello di una
medicina in cui il rapporto medico-paziente poteva basarsi
sull’interattività tra l’uno e l’altro, cioè attraverso decisioni
condivise, costruite sul consenso informato - come per la donna
di fronte all’aborto - e non sulla figura del medico che impone
paternalisticamente le scelte, ma nemmeno sulla prevalenza di
ciò che esige e pretende il paziente al cui servizio il medico
dovrebbe porsi.
O, peggio, sulla base di programmi e protocolli calati
dall’alto, un alto spesso extramedico, che schiaccia sia i bisogni
del paziente che la professionalità del medico.

Ma forse corriamo troppo.

Fatto sta, che la spesa sanitaria si dilatò a dismisura


rappresentando, assieme alla spesa previdenziale ed a quella
relativa al pubblico impiego, uno dei tre pilastri su cui si regge il
debito pubblico che - si è calcolato - graverebbe per quaranta
milioni di lire sulla testa di ogni cittadino anziano, adulto,
giovane o neonato.
Costituendo, di conseguenza, nel corso dell’ultimo
ventennio del secolo XX°, il problema centrale, che anno dopo
anno, ogni nuovo Presidente di Consiglio, nel farraginoso rituale
di presentazione al Parlamento del proprio programma di
governo, parlando sempre di riforme strutturali, si è impegnato
a risanare, mentendo sapendo di mentire.

Il cittadino, peraltro, si trovava ora di fronte ad una nuova,


nuovissima forma di assistenza sanitaria nella storia umana -

addominale passano 150 giorni; 130 giorni per una endoscopia gastrica e per
una ecografia all’addome.

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introdotta per la prima volta circa un trentennio prima


dall’Inghilterra che nel frattempo aveva constatato che i conti
non le tornavano - che non era più un beneficio caritativo
offertogli nelle condizioni possibili, ma un suo preciso diritto da
esso stesso, ma non sufficientemente, finanziato per cui, ogni
disservizio legato ai numerosissimi passaggi burocratici
determinati dalle leggi nazionali e regionali e dalle delibere
locali, gli appariva come un sopruso.
Sopruso che il cittadino percepì perpetrato ai suoi danni
dall’operatore che aveva di fronte, spesso il medico o la struttura
sanitaria, operatore che era esso stesso fruitore del servizio in
quanto vi lavorava per riceverne uno stipendio e difendeva, in
primo luogo, i propri diritti di lavoratore, e solo in seconda
battuta quelli del cittadino-utente.

Il rapporto medico-malato - come si è detto - dal punto di


vista della reciproca fiducia, si modificò profondamente.
Moltissime persone, all’insorgere di un disturbo, non si
recarono più dal proprio medico di base, ma si rivolsero
direttamente al Pronto Soccorso dell’ospedale.
Ma andava trasformandosi radicalmente la stessa scienza
medica che, ai più alti livelli, subiva la mutazione verso
l’ingegneria medica - mutazione percepita anche dai malati e dai
loro parenti quando si trovavano ad affrontare patologie
impegnative - e si affievoliva sempre più il concetto di medicina
tradizionale riconducibile all’occhio clinico ed
all’interpersonale relazione tra malato e medico, una solitudine a
due, come qualcuno in altri tempi l’aveva definita, da tutti
considerata superata e, tuttavia, ipocritamente vagheggiata.

Nel frattempo, senza per la verità troppo pensarci, ci si


avviava verso il terzo millennio o, per essere precisi, verso il XXI°
secolo, dell’era cristiana.

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DICEMBRE 92-DICEMBRE 93
A Z I E N D A L I Z Z A Z I O N E

Il Governo, Presidente del Consiglio anno dopo anno sempre


diverso, Ministri della Sanità, del Tesoro e Guardasigilli anno
dopo anno sempre diversi, Leggi Finanziarie e Fondi Sanitari
Nazionali sempre più dilatati, tra il 30 dicembre 1992 - D.L. N°
502 - ed il 7 dicembre 1993 - D.L. N° 517 - imposta un riordino
della disciplina in materia sanitaria.

Così è infatti intitolata la legge 502 del 92 integrata con


modificazioni dalla 517 del 93.
La prima legge è a firma Amato Presidente del Consiglio,
De Lorenzo Ministro della Sanità, Barucci Ministro del Tesoro,
Martelli Guardasigilli.
La seconda legge è a firma Ciampi Presidente del Consiglio,
Garavaglia Ministro della Sanità, Barucci Ministro del Tesoro,
Conso Guardasigilli.
Presidente della Repubblica per l’una e l’altra legge Scalfaro
o meglio: SCÀLFARO, come è indicato sulla Gazzetta Ufficiale,
perché qualcuno, dopo pochi anni non legga Scalfàro, ponendosi
l’interrogativo di Don Abbondio a proposito di Carnèade.

Ma, che anni erano stati il 1992 ed il 1993?

Il 9 novembre 1989, Capo dell’URRSS Gorbaciov, cade il


muro di Berlino eretto dai russi nell’agosto 1961 e finisce la
guerra fredda.
Nel 1991 cade Gorbaciov, entra in scena Eltsin, mentre
Khasbulatov è Presidente della Duma, il Parlamento Sovietico,
nominata dalla vecchia nomenklatura comunista.
Iniziava la fine dell’impero sovietico con la frammentazione
in tanti Stati.
Il PCI, Segretario Achille Occhetto, restava senza mamma e
tra il 1990 - Congresso di Rimini - ed il 1991 - Congresso di

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Bologna - realizzava quanto lo stesso Occhetto aveva anticipato,


non chiaramente, due anni prima ai partigiani della Bolognina.
Scompare il PCI e nasce il PDS, per un certo periodo
chiamato: la cosa.7
La DC intanto rimaneva senza nemico e priva di dighe da
erigere.
Nel Piemontese-Lombardo-Veneto cresceva la Lega Nord.
Presidente della Repubblica era, fino al 23 maggio ’92
(assassinio del giudice Falcone a Palermo), Francesco Cossiga
posto in stato di empeachement dal PDS di Occhetto.
Presidente dell’ultimo Governo DC era Andreotti,
dimissionario il 15 marzo ’92 per fine legislatura, in carica per
gli affari correnti.
Le elezioni del nuovo Parlamento erano fissate al 5 aprile
1992.
Segretario della DC era Arnaldo Forlani.
Il 17 febbraio di quel 1992, su denuncia della moglie -
separata o divorziata o in attesa di divorzio - veniva arrestato a
Milano certo Mario Chiesa, assessore PSI del Comune, - sindaco
Borghini -, il quale amministrava allegramente l’Ospizio per
anziani Trivulzio, intascando, anche per conto del partito,
percentuali su ogni fornitura e servizio.
Le considerava diritti di intermediazione.
I magistrati ed i giornalisti le considerarono illecite tangenti.
Lui cadde dalle nuvole: “fanno tutti così”, disse.
“Tutti, chi?”, gli chiesero i magistrati.
Egli fece i primi nomi.
E siccome il muro di Berlino, la guerra fredda e l’impero
sovietico erano ormai un ricordo anche per i magistrati - che di
ciò che avveniva da anni ed anni in quel di Milano e dintorni non
avevano mai avuto il minimo sentore - nacque

7
Occhetto vedeva vicina una soluzione favorevole al proprio partito come
alternativa di Governo e si preparava, senza ancora scoprire le carte, a
sostenere una legge uninominale maggioritaria non condivisa da una
consistente parte del partito. Da quella legge, licenziata dal Parlamento
nell’agosto ’93 dopo il Referendum del 18 aprile, nel ’96 sarebbe nato l’Ulivo
guidato da Prodi. Ma, uscito nel frattempo di scena Occhetto, l’Ulivo e Prodi
sarebbero stati prima boicottati e poi eliminati da quella stessa corrente che
avrebbe condotto il centro sinistra alla sconfitta elettorale del 2001.

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TANGENTOPOLI cui essi magistrati contrapposero MANI


PULITE.

Alle elezioni politiche del 5 aprile la DC perse 28 deputati e


18 senatori; il PDS perse 70 deputati e 37 senatori; in compenso
Rifondazione Comunista - Segretario Garavini -, nata dalla
scissione del PCI- PDS, aveva guadagnato 35 deputati e 20
senatori; il PSI aveva perso 2 deputati e aveva guadagnato 13
senatori; la Lega Nord irrompeva nel Parlamento con 55 deputati
e 25 senatori; La Rete di Leoluca Orlando, nuova entrata,
guadagnava 12 deputati e 3 senatori; il Partito Radicale perdeva
tutti i suoi 13 deputati ed i 3 senatori.
Gli altri - MSI-DN, PRI, PSDI, PLI, Verdi - come al solito.
A Piacenza erano stati eletti, al Senato: Grassani
(Rifondazione), Manzini (DC) e Zilli (Lega); alla Camera:
Petrini (Lega), Rizzi (PRI) e Tassi (MSI-DN).
Il democristiano piacentino Bianchini non ce l’aveva fatta.
Forse in seguito se ne sarebbe rallegrato.

Sembrava un risultato come tanti altri dove se nessuno aveva


vinto, nessuno aveva perduto.
Solo che la Lega Nord aveva preso il 9% dei voti su scala
nazionale ed aveva raggiunto fino al 40% dei voti dalle sue parti.
Forlani comunque presenta le dimissioni per
immediatamente ritirarle.

In Italia, in vista di otto referendum - tra cui quello per


abrogare la legge elettorale proporzionale al Senato -, era stata
istituita una Commissione Bicamerale presieduta da De Mita.
Le indagini di Tangentopoli procedevano. Le prime
ammissioni di Mario Chiesa la facevano allargare a macchia
d’olio, ma per diversi mesi non allarmò molto la gente e tanto
meno i politici.

Il 24 maggio ’92, all’indomani della strage di Capaci e


l’uccisione di Falcone, con la nazione sotto shock, il Parlamento,
convocato in permanenza a Camere riunite per eleggere il nuovo
Capo dello Stato, dopo giorni e giorni di miserevole melina con

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tanti candidati mandati al massacro - Iotti, Bo, Valiani, Forlani…


- si rende conto che non può andare avanti in quel modo e decide
di scegliere fra le cariche istituzionali: Spadolini, Presidente del
Senato e Scalfaro, Presidente della Camera..
Ce la fa Scalfaro.
Come primo atto il neo Presidente va a Palermo per i
funerali di Falcone, della moglie e dei cinque poliziotti saltati in
aria con lui; e qui volano cazzotti in testa al Capo della Polizia
Parisi che protegge col suo corpo il Capo dello Stato.
Dopo prolungati contrasti con il CSM, il Guardasigilli
Martelli, criticato anche da Leonardo Sciascia, la spunta ed a
Palermo viene nominato il giudice Borsellino.

Il 17 giugno, a due mesi e mezzo dalle votazioni, dopo


estenuanti trattative con i partiti, Scalfaro dà l’incarico per la
formazione del nuovo governo ad Amato, socialista, definito il
dottor sottile, forse perché mingherlino. La svolta arriva con la
rinuncia di Craxi.
Lo stesso giorno si suicida a Lodi l’ex segretario locale del
PSI, Renato Amorese.
La lista dei ministri sarà presentata il 28 giugno, dopo
faticosi sondaggi nel corso dei quali Forlani (23giugno) avrà
modo di minacciare: “O Amato o il caos”.
Il nuovo governo otterrà la fiducia del parlamento il 4
luglio.
La lista dei Ministri è così costituita:
Affari Esteri: Vincenzo Scotti (DC)
Interni Nicola Mancino (DC)
Università e Ricerca Alessandro Fontana (DC)
Finanze Giovanni Goria (DC)
Tesoro e Funzione Pubblica Piero Barucci (tecnico DC)
Pubblica Istruzione Rosa Russo Jervolino (DC)
Lavori Pubblici Francesco Merloni (DC)
Lavoro Nino Cristofori (DC)
Industria e Partecipaz. Statali Giuseppe Guarino (tecnico
DC)
Poste Maurizio Pagani (DC)
Commercio Estero Claudio Vitalone (DC)

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Agricoltura e foreste Angelo Fontana (DC)


Trasporti e Marina Merc. G.Carlo Tesini (DC)
Affari Sociali Adriano Bompiani (tecnico
DC)
Grazia e Giustizia Claudio Martelli (PSI)
Bilancio e Mezzogiorno Franco Reviglio PSI)
Difesa Salvo Andò (PSI)
Turismo e Spettacolo Margherita Boniver (PSI)
Aree Urbane Carmelo Conte (PSI)
Ambiente Carlo Ripa di Meana (PSI)
Sanità Francesco De Lorenzo PLI
Politiche Comunitarie Raffaele Costa (PLI)
Protezione Civile Ferdinando Facchioni PSDI
Beni Culturali e ambientali Alberto Ronchey (laico)

È un governo di centro sinistra: DC, PSI, PSDI, PLI, “senza


maggioranza e senza opposizione” (Pintor), con 13 ministri
esordienti su 24.

Povero Amato! Quante ne ha viste, fatte - una manovrina da


30.000 miliardi subito (patrimoniale sulla casa, la futura ICI,
prelievo sui depositi bancari, bolli, ecc.) ed una da 93.000 con la
Finanziaria -, e quante ne ha sentite!
Una volta che era andato alla Bocconi per incontrare gli
studenti, anche in qualità di Professore Universitario oltre che di
Presidente del Consiglio, uno studente lo ha chiamato ‘topolino’.
Lui si è offeso ed ha lasciato l’aula.
Un’altra volta, a Firenze, davanti ad un quadro di Rubens, il
Cancelliere Tedesco Khol gli ha chiesto quanto potesse valere e
lui ha sparato: ”50 miliardi (di lire italiane)”. Khol, pensando
al suo marco che da 730 era passato a 1000 lire, ha commentato:
“Pensavo di più”.
E quante ne ha dette!
Il 10 marzo 93, recatosi al Senato per ritirare il decreto
Conso anticorruzione, definito anche salvainquisiti, tra i senatori
scoppia una gazzarra.

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Il dottor sottile, fatidico, afferma: “Alla fine di questo


mandato, avvenga tra un giorno, avvenga tra un mese, avvenga
più oltre, sarà comunque la fine della mia esperienza politica”.
Come è vero che verba volant!!!
Ed in chiusura di mandato, il 21 aprile, costretto a dimettersi
dopo nove mesi di governo, il tempo di una gravidanza, alla
Camera emette questo giudizio storico: “È la fine di un regime.
A seguito del Referendum [del 18 aprile] muore, dopo
settant’anni, quel modello di partito-stato che fu introdotto in
Italia dal fascismo e che la Repubblica aveva finito per
ereditare, limitandosi a trasformare un singolare in plurale”.
Gli era scappata. Ma, in fondo, era una constatazione esatta.

* * * *
In quel periodo si intrecciavano la guerra in Bosnia e le
estenuanti trattative di pace a Ginevra con i musulmani di
Izbegovic messi all’angolo; l’intervento militare di George Bush
e dell’UNOSOM in Somalia contro i Signori della Guerra Aidid
ed Ali Mahadi che dovevano essere assolutamente catturati da
Boutros Ghali, egiziano Segretario dell’ONU (la guerra
proseguirà con la totalizzante iniziativa militare degli USA di
Clinton e la trasformazione di Aidid in Generale); e le vicende in
Russia, col lungo braccio di ferro tra Eltsin, sostenuto da Clinton,
ed il Parlamento di Khasbulatov e Rutskoi, risoltosi il 4 ottobre
93 con l’assalto a suon di cannonate di Eltsin al Parlamento
stesso e l’arresto di tutti gli asserragliati dentro, senza contare i
morti.

Il 19 luglio, a Palermo, viene fatto saltare in aria pure


Borsellino.
Scalfaro va anche ai suoi funerali che la famiglia vuole
celebrare in forma privata.
I Paesi europei stanno ratificando il Trattato di Maastricht,
sottoscritto per l’Italia da Andreotti.
Ultima a ratificarlo, perfino dopo l’Inghilterra, sarà la
Germania, che porrà condizioni a difesa del marco.
Dal 1° gennaio ’93 cesseranno le frontiere doganali.

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Ma il trattato detta precise regole per il risanamento dei


bilanci statali, da raggiungersi entro il ’96.
Dopo la manovrina da 30.000 miliardi, ai primi di agosto
del ‘92, sul filo di lana, il Parlamento converte in legge il
superdecreto antimafia Scotti-Martelli - togliendo il fermo di
polizia - emesso l’8 giugno, dopo la strage di Capaci, ancora in
carica Andreotti. Sarà il cavallo di battaglia dello stesso
Andreotti nei confronti delle accuse di attività mafiosa che gli
verranno mosse da lì a poco.
Sulle spiagge si parla del divorzio di Woody Allen da Mia
Farrow e del rapporto tra il ‘genio’ (56 anni) e la diciottenne
coreana figlia adottiva di Mia.
Craxi è molto arrabbiato.
Da Milano non gli giungono buone notizie e teme che gli
venga incriminata la sorella, moglie dell’ex sindaco Pillitteri.
Lancia minacce al magistrato Di Pietro, alludendo ad un
‘poker’ in sue mani…

In settembre la lira, dopo una dissanguante difesa da parte


della Banca d’Italia, Governatore Carlo Azelio Ciampi, svalutata
del 7%, deve uscire dal Serpente Monetario Europeo (SME),
come la sterlina.
In seguito si dirà che il Governatore, in quella circostanza,
avesse anche meditato le dimissioni.
Si teme il congelamento dei BOT.
Ignazio Salvo, della famiglia degli esattori in Sicilia, viene
ammazzato dalla mafia.
Martelli, nel dibattitto sul sistema elettorale, propende per il
maggioritario schierandosi contro Craxi, che è per la
proporzionale come De Mita.
La signora Craxi commenta: “Era l’unico che poteva entrare
nella cucina di casa mia!”.

In ottobre la Corte dei Conti calcola uno sfondamento del


bilancio statale di 240.000-250.000 miliardi. Si prepara una
Finanziaria di 93.000 miliardi, restando uno sbilancio calcolato
dal governo in 140.000 miliardi.
Si parla di privatizzare ENI, ENEL, BNL, INA, ecc.

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Presidente dell’IRI è Prodi.


Segni si agita all’interno della DC di cui viene eletto
Segretario Martinazzoli.
De Mita si dimette da Presidente del partito ed a Piacenza, il
Segretario DC Salice, attratto da Segni, si dimette anche lui.
Martinazzoli individua nella Lega il nemico numero uno. Ci
vuole sempre un nemico. Prima era il comunismo e, in misura
minore, il fascismo.
Nel PSI c’è guerra tra Craxi, Martelli, Manca e Del Turco.

In novembre, a Genova, avviene lo scontro Craxi-Martelli.


Vince Craxi col 65% dei voti. Del Turco resta alla finestra.
In Sicilia due inquisiti suicidi: un avvocato a Caltanissetta ed
un piccolo imprenditore ad Enna.

In dicembre suicidio a Palermo del giudice Signorino.


Buscetta, supertestimone di varie Procure italiane, viaggia
dagli USA in Italia e viceversa.
Il 15, primo avviso di garanzia a Craxi per concorso in
corruzione, ricettazione e violazione della legge sul
finanziamento pubblico ai partiti.
Feltri, Direttore de L’Indipendente, comunica in anteprima
la notizia ad un convegno di operatori economici a Milano e,
dopo un attimo di silenzio, scoppia un applauso liberatorio.
Il 22 dicembre la Banca d’Italia riduce il tasso di sconto dal
13 al 12%.
I rendimenti dei BOT sono ancora a due cifre.
Il debito pubblico ha raggiunto 1.600.000 miliardi.
È in questo clima economico-politico che esce la legge 502
del 30 dicembre ’92 di riordino in materia sanitaria a firma De
Lorenzo, Ministro della Sanità.

Nel messaggio di Capodanno, Scalfaro trova il modo di


affermare che i responsabili delle malefatte di tangentopoli - e
non è ancora successo niente - sono le persone fisiche e non i
partiti; tantomeno i loro segretari politici.
Parola di Capo dello Stato.

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Poco prima era stato eletto Presidente degli Stati Uniti


Clinton, atteso nel mondo come un Messia. Sei mesi prima
nessuno lo conosceva.

* * * *

Il 1993 inizia con lo storico arresto di Riina in una strada


trafficata di Palermo dove era sempre vissuto, ultimamente in un
podere di proprietà della Regione Sicilia affidata ad un fittavolo
che da 10 anni non pagava il canone annuo di 350.000 lire. A
Palermo, in una Casa di Cura privata, gli sono nati 4 figli, tutti
regolarmente battezzati, comunicati e cresimati.
Il governo Amato traballa; Scalfaro lo protegge; la
bicamerale di De Mita, in pendenza dei referendum, arranca.
La Camera approva una legge sull’elezione diretta del
Sindaco, l’inizio, forse, del cambiamento.
Si parla di un progetto di riforma degli statali.
Craxi vorrebbe un’indagine parlamentare sul finanziamento
ai partiti, nessuno gli dà retta ed il 29 arriva un terzo avviso di
garanzia allo stesso Craxi, a De Michelis (ex ministro PSI) ed a
Citaristi, segretario amministrativo della DC.
A Roma vengono perquisiti gli uffici del PSI.
Da qui in avanti è un crescendo rossiniano.

Il primo febbraio, riunione della Segreteria del PSI con


all’ordine del giorno la mozione di sfiducia al governo Amato
presentata dal PDS.
Amato, Martelli e Ripa di Meana non vi partecipano.
Amato non è più il premier rappresentante del PSI, ma il
leader del Governo del Presidente.
Il 2, perquisizione della Guardia di Finanza all’Avanti!
Il 5, un’aula semivuota respinge la sfiducia al governo.
Il 7, si costituisce a Ventimiglia, nelle mani di Di Pietro, il
magistrato più attivo della Procura di Milano diretta dal
Procuratore Capo Borrelli, l’architetto Larini, latitante, intimo
di Craxi e faccendiere a Milano, la capitale morale dei dané.
Parlerà di un conto svizzero ‘di protezione’; Calvi vi avrebbe
versato 7 miliardi. Ne parla anche Fiorini, arrestato in Svizzera.

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Si comincia a sussurrare di tangenti a Forlani, che respinge


con indignazione.
Viene coinvolto anche Martelli, che lascia il governo.
L’11 Craxi, dopo 15 anni, si dimette da segretario del PSI.
Al posto di Martelli Amato mette Conso.
Al posto di Craxi il PSI mette Benvenuto.
Il 14 inquisito Paolo Cirino Pomicino, napoletano, ex
ministro DC, andreottiano, che era partito dall’ANAAO.
Il 15 arrestato a Milano Di Donna, ex vicepresidente ENI.
Il 16, dopo un numero imprecisato di arresti domiciliari e no
ad assessori e consiglieri comunali, si dimette il Sindaco di
Milano, Borghini.
Per l’assistenza sanitaria nascono “i bollini” e le
“autocertificazioni”. Si è tutti in coda davanti agli sportelli delle
UUSSLL.
Tra il 17 ed il 20 scoppiano gli scandali ANAS ed Enimont.
Quest’ultimo scandalo verrà considerato, parafrasando
Saddam Hussein, la madre di tutte le tangenti.
Viene arrestata la segretaria dello studio che Craxi ha
sempre tenuto a Milano, in piazza Duomo.
La Camera concede l’autorizzazione a procedere contro il
ministro in carica Francesco De Lorenzo e viene arrestato il
padre 89enne, Ferruccio De Lorenzo, presidente per 20 anni
dell’ENPAM, l’ente previdenziale dei medici; in Sicilia arrestato
il vicepresidente della Regione, Nicolosi; si dimettono dal
governo De Lorenzo e Goria, quest’ultimo per voci di
intrallazzi in quel di Asti.
Ripa di Meana lascia il PSI. Avvisato Cariglia, Presidente
PSDI.
Fermato a Milano il Direttore Generale dell’ANAS, Del
Papa.
Qualche giorno prima era stata fermata, all’uscita da una
banca, la moglie: aveva appena prelevato 700 milioni.
Alla frontiera svizzera vengono fermati un medico e la
moglie farmacista azionista di un’industria farmaceutica, la
FIDIA; nella borsetta della signora si trovano documenti per
depositi in banche svizzere dall’80 al ’93 per 430 miliardi di
lire.

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Viene arrestato il capo della segreteria politica di La Malfa,


Giorgio Medri.
Il 21, sempre di febbraio, si procede al rimpasto del governo.
Entrano Andreatta (Bilancio), Baratta (Partecipazioni
statali) al posto di Guarino che non gradisce, Ciaurro (Politiche
comunitarie). Cambiano dicastero: Costa (Sanità) e Reviglio
(Finanze).
Benvenuto, nuovo Segretario PSI, si lamenta di non essere
stato nemmeno consultato.
Il 22 febbraio entra in scena la FIAT. Arrestati i manager
Mattioli, direttore finanziario, e Mosconi, amministratore
delegato della ‘Toro Assicurazioni’.
A Roma viene arrestato l’architetto Pesci, marito dell’attrice
Virna Lisi, per i “palazzi d’oro”.
Un funzionario delle Partecipazioni Statali, Castellari,
indagato per l’affare Enimont e per passaggio di materiale
nucleare non si sa a chi, viene trovato morto vicino Roma,
dicono suicida.
Il 25 avviso di garanzia a Giorgio La Malfa, il fustigatore,
che si dimette da Segretario del PRI.
Arresti domiciliari per il bergamasco Pesenti (16 miliardi a
DC e PSI), presidente di Gemina, vicepresidente di ‘Franco
Tosi’, consigliere di FIAT, FALK, Mediobanca, Pirelli e RAS.
Inquisito Necci, presidente delle FF.SS.
Problemi giudiziari anche a Parma (Parmalat).
Amato ottiene alla Camera l’undicesima fiducia in sette
mesi.
Il 26 avvisati Gardini e Cragnotti.
Scalfaro, a Pavia, suggerisce: “Chi ha preso i soldi
illecitamente, lasci la politica”.
Il ministro Conso che si trova lì, sta preparando un decreto
anticorruzione e gradisce suggerimenti.

A New York autobomba scoppia nei sotterranei del World


Trade Center, una delle due Torri Gemelle di Manhattan: 5 0 6
morti, 300 feriti, scene da “inferno di cristallo”. New York si
sente in pericolo, ma poi tutto passa.

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Il 27, il presidente della “Calcestruzzi” del Gruppo Ferruzzi


parla di un conto in Svizzera del PCI sul quale venivano versate
tangenti (621 milioni per un appalto ENEL).
Occhetto smentisce sdegnato.

Tra il 5 ed il 6 marzo il Consiglio dei Ministri approva


quattro decreti tra cui uno, anticorruzione, già preannunciato da
Conso, che elimina le sanzioni penali agli indagati imponendo la
restituzione del triplo della somma frodata, oltre che il ritiro dalla
carriera, politica o privata.
Il 7, domenica, la gente scende in piazza a Milano e nella
solita Genova contro il decreto Conso, considerato un colpo di
spugna.
Ripa di Meana si dimette da ministro.
Il 9 il governo ritira il decreto incriminato (con la gazzarra al
Senato contro Amato, il 10, di cui si è detto) e Ripa di Meana
viene sostituito da Valdo Spini, ancora socialista.
Nilde Iotti viene eletta Presidente della Bicamerale.
Il 15 Scalfaro, a Piacenza per la mostra del Panini, esorta a
“continua®e la mar®cia di ®ip®esa”.
Il 16, sempre a Piacenza, dopo il saluto al Capo dello Stato,
ad un anno dall’insediamento e ad un mese dall’uscita dalla
maggioranza del PDS, si dimettono il Sindaco Anna Braghieri e
la giunta.
Cagliari, in carcere dal giorno 9, chiama in causa il suo
predecessore all’ENI Franco Reviglio, ministro in carica.
Craxi non entra nell’esecutivo del PSI.
Il 21 si dimette il ministro dell’Agricoltura Angelo Fontana
(tangenti a Verona e Padova).
Il 25 viene approvata definitivamente la legge per l’elezione
diretta del sindaco. Si dimostrerà in seguito una legge di
riferimento importante.
Il 29 Segni si dimette dalla DC. In seguito fonderà, assieme
ad Occhetto, il movimento Alleanza Democratica.
Il 30 si dimette da ministro anche Reviglio - che aveva
sostituito Goria - inquisito per ricettazione durante il periodo 83-
90 di Presidenza ENI.

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Amato rimette il mandato nelle mani di Scalfaro, ma


rimane in carica.
Ad Hollywood un Fellini molto imbarazzato a
rappresentare l’Italia riceve l’Oscar alla carriera.

Tangentopoli e affini, iniziata il 17 febbraio 1992, alla


fine di marzo 1993 conta 1356 arresti e 1116 avvisi di
garanzia. I parlamentari inquisiti al successivo 6 luglio
saranno 151 per 334 procedimenti: 74 DC, 24 senatori e 50
deputati; 49 PSI, 8 senatori e 41 deputati. Al primo posto per
numero di imputazioni: Citaristi Severino con 33; secondo
Craxi Bettino con 18. Seguono gli altri.

Sotto questo aspetto marzo ha visto coinvolti:


Un fratello di Ciriaco De Mita, dopoterremoto in Irpinia, 1
marzo;
Enzo Carra tradotto in manette in Tribunale a Milano, 3
marzo;
L’ex ministro Prandini, avvisato per un impianto di
smaltimento a Verona, 6 marzo;
Sbardella, DC romana, coinvolto per palazzi d’oro, 7
marzo;
Il Presidente dell’ENI, Cagliari, arrestato, 9 marzo;
Raffaele Santoro Presidente AGIP, Gianni dell’Orto
Presidente SAIPEM e Pio Pigorini Presidente SNAM, arrestati,
11 marzo;
Altissimo, Segretario PLI, avvisato, 15 marzo;
Dall’interrogatorio a Cagliari salta fuori il banchiere italo-
svizzero Francesco Pacini-Battaglia, 16 marzo;
Mauro Leone, figlio ex Presidente della Repubblica, e
Ciarrapico, ordine di arresto per fatturazioni false SAFIM, 18
marzo.

Il 23 l’ex presidente ENI Di Donna in un’intervista dichiara


che l’ENI ha frodato al fisco 3000 miliardi. Precisa che l’ENI
non dava tangenti al PCI, ma provvigioni.
A Napoli avvisati Scotti, Pomicino, De Lorenzo
…(ricostruzione post-terremoto).

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Il 27 marzo avviso di garanzia dei magistrati di Palermo


(Caselli) a Giulio Andreotti per attività mafiosa.8
Lui commenta: “meglio un avviso di garanzia che un colpo
di lupara”.
Il 28 avviso di garanzia ai soliti di Napoli ed in più a Gava,
ex ministro di Interni, Poste, ecc., capogruppo in carica dei
senatori DC.
A Piacenza avvisi di garanzia all’ex sindaco PSDI Tansini
ed all’ing. Pera, DC, già assessore comunale ai lavori pubblici
ed assessore alla viabilità in carica, per lavori allo stadio nell’85.
Continua così anche in aprile.
Il 2 la DC presenta alla Procura di Roma una denuncia per
cospirazione ai suoi danni. Sono gli ultimi sussulti.
Tengono banco i Referendum del 18 aprile che ottengono
una valanga di “sì”, ad eccezione di quello che abroga la legge
per i tossicodipendenti: 55,3% sì; 44,7% no.
Vengono abrogate le leggi:
per le competenze ambientali delle UUSSLL;
per il finanziamento pubblico ai partiti;
per le nomine politiche nelle Casse di Risparmio;
per la soppressione dei Ministeri delle Partecipazioni Statali,
dell’Agricoltura e del Turismo e Spettacolo;
ma soprattutto quella per l’abolizione della proporzionale
nel sistema elettorale del Senato.
Il Sovrano Parlamento, in seguito ripristinerà le leggi
abrogate dal popolo bue, ma modificherà la legge elettorale.
Il 22, dopo la frase del modello di Partito-Stato passato in
eredità, al plurale, dal fascismo alla Repubblica, Amato si
dimette.
Il 25 Eltsin vince i referendum democratizzanti in Russia,
ma ha sempre a che fare con la Duma di Khasbulatov.
Il 27 sera Scalfaro dà l’incarico per la costituzione del
nuovo esecutivo al Governatore della Banca d’Italia Carlo
Azelio Ciampi, 73 anni, saltando cariche istituzionali e partiti.

8
L’iter processuale si concluderà nel 2001 con l’assoluzione in primo grado
di Andreotti, ma la Procura di Palermo ricorrerà in appello.

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Ciampi si propone due obiettivi: 1)promuovere una


nuova legge elettorale anche per la Camera; 2) risanare
l’economia per restare nell’Europa di Maastricht.
Telefonando da casa sua, entro il 28 sera, in 24 ore,
completa la lista dei ministri includendovi il Verde Rutelli e tre
del PDS - Barbera, Visco e Berlinguer -, più Spaventa - area
PDS -.
Sarebbero i primi post PCI ad entrare al governo dopo
Togliatti.
Il 29 il nuovo governo si reca al Quirinale per il giuramento.
Dopo un’ora di concitata trattativa tra Scalfaro, Ciampi,
Barbera - Rapporti col Parlamento, ma si aspettava le Riforme
Istituzionali assegnate ad Elia, più tiepido nei confronti del
maggioritario - e lo stesso Elia - lavoreranno insieme -, il
governo giura.
Non è ancora finita.
Quello stesso pomeriggio la Camera respinge 4 richieste di
autorizzazione su 6 contro Craxi e, tra queste, quella milanese,
la più corposa.
Finimondo in aula.
I tre ministri PDS e Rutelli si dimettono.
Tutto da rifare.
I giornali parlano di scollamento tra Parlamento e paese
reale.
Ciampi si chiude nel suo studio.

Sul versante Tangentopoli il 3 aprile c’era stato l’avviso di


garanzia della Procura di Milano a Forlani per tangenti ANAS e
ad Andreotti per tangenti EFIM.
A Piacenza 93 avvisi di garanzia per il Polichirurgico,
costruzione avviata circa 13 anni prima (5 aprile).
A Napoli indagati 7 magistrati per collusione con la
camorra (5 aprile).
Ordine di custodia cautelare per il direttore generale FIAT
Garuzzo, all’estero, e di altri dirigenti FIAT (7 aprile).
Dagli Stati Uniti i pentiti Buscetta e Mannoia riesumano
presunte responsabilità di Andreotti negli omicidi di Moro,
Dalla Chiesa e del giornalista Pecorelli.

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titolo: OSPEDALE E SANITA' A PIACENZA DAL XV ALL'INIZIO DEL XXI SECOLO

Andreotti modifica la propria opinione su cosa è meglio e


dice: “Sarebbe stato meglio aver fatto la fine di Della Chiesa che
essere calunniato così”(14 aprile).
Per Andreotti la dose si rincara il 21. Il pentito Baldassarre
Di Maggio parla di un “bacio” di saluto tra Riina ed il nostro in
casa dei Salvo, in Sicilia.
Il 23 Romiti, FIAT, cambia tattica e nel corso di un incontro
coi magistrati di Milano, ammette la concussione e la corruzione
coi partiti nei grandi affari. Inizia una “collaborazione” della
FIAT coi magistrati.
Andreotti parla di macchinazione e di aver paura dei giudici
di Palermo.
E dire che per 50 anni si è adoperato, ai massimi livelli, per
costruire in Italia la democrazia che è libertà e, soprattutto,
giustizia: per avere, alla fine, paura di chi la applica?
Bel lavoro avrebbe fatto, in 50 anni!

Ai primi di maggio però, dopo aver visto cosa è successo


alla Camera per Craxi, cambia atteggiamento e rinuncia
all’immunità parlamentare.

Ciampi, prima ancora di presentarsi al Parlamento, procede


al primo rimpasto del suo governo introducendovi quattro
Universitari: Gallo, Finanze; Barile, Rapporti con il
Parlamento; Colombo Università; Paladin Politiche
Comunitarie.
Dicono che più che un governo sembra un Senato
accademico.
Promette una “manovretta di primavera” da 13.000 miliardi
attraverso anche un prelievo forzoso del 15% - che poi diventerà
25% - dai fondi previdenziali degli “autonomi”, e rinvia l’altra
alla Finanziaria di luglio.
Si naviga a vista.
Il governo passa con astensione di PDS, Lega, PRI e Verdi.

Il 9 il Papa va in Sicilia e lancia un’invettiva contro i


siciliani collusi con la mafia. Il Presidente della Giunta Siciliana
Giuseppe Campione candidamente dichiara: “Non sapevamo

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che avrebbe usato questo tono. All’arrivo a Trapani lo avevamo


pregato di dire parole chiare contro i mafiosi. Ma la durezza delle
sue parole sconvolge l’isola…”
Il 14 attentato con autobomba in via Fauro, Parioli, Roma,
contro Maurizio Costanzo che se la cava solo con un grande
spavento.
A Piacenza si nomina Sindaco l’avv. Grandi, evitando
elezioni anticipate.
I Parlamenti di Danimarca e Inghilterra, con qualche riserva,
ratificano il trattato di Maastricht.
Il tribunale di Los Angeles condanna un’azienda a pagare un
miliardo e mezzo di risarcimento ad un impiegato oggetto di
molestie sessuali da parte della direttrice. Che il riscatto del
maschio inizi da qui?
Il 23 si commemora a Palermo l’anniversario della morte di
Falcone. Si scopre che nel suo ambiente aveva più nemici che
amici.
Il 26 autobomba esplode in via dei Georgofili a Firenze,
vicino agli Uffizi.
Il “Fiorino” usato per l’attentato era stato rubato davanti ad
una Caserma dei Carabinieri, sotto l’occhio di una telecamera
non funzionante, ed è passato o è stato posteggiato davanti ad
altre due telecamere non funzionanti nella zona degli Uffizi.
Benvenuto, dopo poco più di un mese, lascia la Segreteria
del PSI, non escludendo scissioni, a favore dell’altro sindacalista
Ottaviano Del Turco.
Sono ottanta anni che il PSI si scinde e non si sa quanti
partiti ha partorito e di quanti partiti è nonno.
Anche Altissimo cede la Segreteria del PLI a Raffaele
Costa, ministro della Marina Mercantile.
Alla prima relazione economica del nuovo Governatore
della Banca d’Italia, Antonio Fazio, sono assenti l’avvocato
Agnelli, impegnato altrove, e De Benedetti, non invitato per via
dei suoi problemi col Banco Ambrosiano.
Il 31 maggio il piacentino Arcivescovo di Ravenna
Monsignor Tonini, va alla discoteca “Avila” e dice: “Si può
riscoprire il rapporto umano ed il valore dell’amicizia anche
nelle sale buie di un locale da ballo”.

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Se la montagna non va a Maometto….

Per tangentopoli, intanto, all’inizio del mese di maggio


venivano arrestati due fratelli di Paolo Cirino Pomicino.
L’11 viene arrestato l’ex segretario amministrativo del PDS
Pollini, già sindaco di Arezzo.
Greganti, PDS, in carcere da tre mesi non parla, ma parla
Giulio Caporali, ex rappresentante PCI nelle FF.SS., espulso
dal partito al tempo dello scandalo delle lenzuola d’oro per il
quale ci rimise le penne il DC calabrese Ligato, poi assassinato a
Reggio Calabria. Racconta come andavano i soldi delle FF.SS. al
PCI, sia attraverso Pollini, che attraverso le aste con
assegnazione di lavori alle Cooperative Rosse.
A Milano viene arrestato Franco Nobili, già presidente
dell’IRI, già presidente di COGEFAR quando era del piacentino
Romagnoli, attualmente manager FIAT, per tangenti ENEL.
Il 16 interrogato a Milano De Benedetti che ammette di aver
dato ai partiti più di 10 miliardi in quattro anni per poter vendere
alle Pubbliche Amministrazioni (Poste, INPS, Telefoni, ecc.) i
suoi computer.
A Napoli vanno in carcere altri giudici tra cui certo
Lamberti.
Il 21 avvisi a due ex ministri: la Bono Parrino, PSDI, già
Beni Culturali, per lavori di restauro, e Mammì già Poste (certo
Giacalone parla di nove miliardi di tangenti per forniture).
Il 22 avvisato La Malfa.
Il 29 ascoltato dai magistrati a Roma Romiti su Beni
culturali, ANAS e Alfa Romeo.
Indagato Carraro già sindaco di Roma, per l’autoporto
romano.
Avvisato l’ex ministro giudice Vitalone ed arrestato il
fratello avvocato (estorsione di 7-8 miliardi ad una cooperativa).
Arrestato l’amministratore delegato dell’Ansaldo di Genova
Bruno Musso, ordine di cattura per Fausto Rapisarda numero
due di Ligresti a Milano, irreperibile. Arrestato l’ex direttore
finanziario dell’ENI Enrico Ferranti (corruzione). Perquisite a
Roma Società legate all’ex PCI. Notifiche di reato in carcere a
Cagliari e Nobili.

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Indagini sulla sorella di Occhetto, dirigente a Torino di una


Casa editrice.
Il 2 giugno - nessuno ha il tempo di ricordare che è la festa
della Repubblica - inquisiti Mario e Vincenzo Lodigiani per
tangenti a Milano e per attività mafiosa a Palermo. Tirano in
ballo D’Antoni, CISL, e Larizza, UIL, pagati per avere pace
sindacale nei cantieri.
Nei partiti mancano i soldi. Del Turco deve abbandonare la
Sede del PSI in via Del Corso, a Roma, per locali più modesti.
A Napoli, con l’arresto di Marone, già segretario di De
Lorenzo, (6 giugno) ha inizio lo scandalo della sanità.
Il 9 la Procura di Roma chiede l’autorizzazione a procedere
contro Andreotti per l’omicidio Pecorelli. Verrà concessa, col
voto favorevole dello stesso interessato, il successivo 29 luglio.
Si scopre che Martelli, a Milano, pagava tangenti perché il
Comune acquistasse per le mense il tonno Nostromo del suocero
del tempo.
Il 22 arrestati una ventina di industriali del settore
farmaceutico (Sigma Tau, Zambeletti, Zambon, Fidia,
Lepetit…) che pagavano per la registrazione ministeriale dei
farmaci e per la loro inclusione nel prontuario farmaceutico del
S.S.N.
Il 28, al Congresso della CISL D’Antoni, tirato in ballo dai
Lodigiani, si difende negando: “Sono a posto con la coscienza.
Decidete voi se devo andarmene”. Resterà.
A Napoli improvvisa morte del Prof. Antonio Vittoria,
Preside della facoltà di Farmacia dell’Università, nominato da
De Lorenzo componente della Commissione Interministeriale
Prezzi (CIP). È stato trovato morto nello studio chiuso
dall’interno. I parenti ne fanno rapidamente cremare il cadavere.
Non ci sarà autopsia.
Il 29 ordine di arresto per Ghidella, ex amministratore
delegato FIAT, che comprava macchinari coi finanziamenti
agevolati destinati ad imprese del sud (Puglia) e che finivano al
nord (Cuneo).
Ghidella però non si trova. Sarà nascosto al sud?
Il 30 giugno, a Piacenza, arriva la prima istanza di fallimento
per la Mandelli. Negli ultimi tempi aveva fatto il passo più lungo

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della gamba, complice forse anche la politica, raggiungendo


quasi i 2000 miliardi di passività. Risulterebbe coinvolta anche
la BNL. In settembre ci sarà il crac. Nel gennaio ’94 sarebbe
stata commissariata e nell’ottobre 2001 si sarebbe celebrato il
relativo processo.
Il 3 luglio, ostetrico il ministro Giugni, padre anche, venti
anni prima, dello Statuto dei Lavoratori, dall’accordo governo-
industria-sindacati sul costo del lavoro, introiettato ormai il
concetto della flessibilità, nasce la mobilità, definita “lavoro in
affitto”.
Nei conti della Ferruzzi, passata alle Banche, ci sono buchi
per 300, 600 o forse 1000 miliardi. A Palermo, a Riina e
Provenzano sequestrano beni per 90 miliardi. Una bazzecola,
meno della decima parte, in confronto.
Ordine di custodia cautelare, a Napoli, per il fratello di De
Lorenzo, Renato, avvocato, irreperibile.
L’ex ministro elimina documenti gettandoli nel water.
Ordine di cattura per Ligresti a Milano causa 12 miliardi di
tangente versati a Cagliari, per assicurare - 500 miliardi - tutti i
dipendenti ENI con la SAI.
Ciampi prepara una finanziaria da 35.000 miliardi
puntando su tagli a pensioni, pubblico impiego e sanità. I
sindacati dissentono.
In Somalia il generale Loi perde il “Pastificio”, controllato
dai nostri soldati. Nascerà una polemica con USA ed UNOSOM.
Viene arrestato in Svizzera Giuseppe Garofano, detto “il
Cardinale”, ex presidente della Montedison. Interrogato per
molte ore al giorno nel carcere di Opera - ha chiesto di non
andare a S.Vittore perché lì c’è Cagliari - dai magistrati Ghitti,
Greco e Di Pietro, parla e molti potenti tremano.
Scoppia lo scandalo SISDE. 14 miliardi sarebbero finiti su
conti bancari personali. Viene arrestato Antonio Galati e sono
ricercati Michele Finocchi, Gerardo Di Pasquale e Rosa
Maria Sorrentino.
Le imputazioni a De Lorenzo sono 35. Sopravanzato
Citaristi rimasto a quota 33. Craxi passa al 3° posto della
classifica.

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Il 20 mattina, dopo le ultime imputazioni per l’affare


ENI-SAI, Cagliari, nel carcere di S.Vittore, fatta una doccia,
si toglie la vita infilando la testa in un sacchetto di plastica.
Il 21, il ministro Conso apre un’inchiesta ministeriale sulla
Procura milanese affermando: “Cagliari per trenta giorni fu
dimenticato in carcere”. Borrelli replica: “Non siamo andati in
ferie”.
Ai funerali di Cagliari ci sono l’ex sindaco di Milano
Pillitteri, cognato di Craxi, e signora. Non c’è il sindaco
leghista in carica Formentini. Non ci sono nemmeno le corone
del Presidente della Repubblica e del Governo, come si addice
per un fedele servitore dello Stato o, quantomeno, dei partiti al
governo, secondo l’accezione di Amato relativamente ai partiti-
Stato. In compenso c’è una corona degli ospiti di S.Vittore, che
l’hanno giudicato un uomo nobile.
Raul Gardini, intanto, giunto a Milano da Parigi per i
funerali, saputo dai propri legali che è pronto per lui un
mandato di custodia cautelare, dopo la doccia, si spara un
colpo di pistola in testa.
Decisamente, le docce non risultano salutari.
Poche ore dopo vengono arrestati i cognati di Gardini Carlo
Sama e Vittorio Giulini Ricci - che verrà subito rilasciato - e
Sergio Cusani, appassionato di arte e barche a vela, napoletano,
uno dei consulenti di affari più noti e quotati di Milano.
Malgrado sia morto suicida, i funerali di Raul si svolgono
nel Duomo di Ravenna, presenti molti ravennati ed il Maestro
Muti. Per gli industriali il solo Abete. Per la Amministrazione
parastatale, solo Prodi.
Una ragazza siciliana protetta da Borsellino, suicidatasi
dopo la sua morte, era stata solo frettolosamente benedetta dal
parroco, perché morta in peccato di suicidio, appunto.
Del Turco toglie dal simbolo del PSI il garofano che ricorda
troppo Craxi.
A Ginevra il povero Izbegovic, in estenuanti trattative
contro Croati e Serbi, cerca di conservare uno spazio per i
musulmani di Bosnia, mentre Sarajevo continua ad essere
martoriata.

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Il 23 luglio la Direzione di quello che resta della DC si


riunisce nella “Costituente”. Nascerà un partito nuovo (o un
nuovo partito? o più partiti nuovi? che comunque si ispireranno
all’antico?).
Martinazzoli sarà il Traghettatore sino al Congresso di fine
anno. Si prefigura il partito nuovo che si chiamerà Partito
Popolare Italiano (PPI), come anticipato da Rosy Bindi, e
segnerà la terza fase.
Sturzo = prima fase; De Gasperi = seconda fase;
Martinazzoli (o Rosy Bindi) la terza? E il “compromesso
storico” di Moro, che fase era stata?
Ma in questo partito nuovo, convivono già tre vecchie
anime: i centristi di Casini e Mastella, i progressisti della
solidarietà di Rosy Bindi che guardano a Segni ed a Leoluca
Orlando e la sinistra DC di Granelli che guarda al PDS.
Il cambiamento avviene il 25 luglio 1993, 50° anniversario
della destituzione e dell’arresto di Mussolini, dopo il Gran
Consiglio.

Il 27 si ciancia di Giuseppe Berlini, uomo di fiducia di


Ferruzzi in Svizzera, rilasciato dopo che ha consegnato ai
magistrati un mucchio di documenti, in cui ci sarebbero tutti i
Nomi Eccellenti.
Non aveva più interesse a proteggere una cassaforte vuota.

E a mezzanotte, quasi contemporaneamente, scoppiano


tre autobombe. Una a Milano, in via Palestro, vicino a Villa
Reale ed alla Galleria di Arte Contemporanea con 5 morti.
Due a Roma. Una davanti a S.Giovanni in Laterano, la
Cattedrale di Roma, eretta da Costantino, primo imperatore
romano convertito al Cristianesimo, nel 312. L’altra davanti
alla Chiesa di S.Giorgio in Velabro, dietro il Campidoglio,
dove i romani si sposano.

Il 29, attraverso avvisi di garanzia, si conoscono i nomi e le


cifre fatti da Garofano e Sama.

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Si tratterebbe di 125 o 150 miliardi finiti tra la fine del 90 e


l’inizio del 91 da Montedison - che in una transazione avrebbe
guadagnato 1000 miliardi - ai leaders dei partiti al governo.
75 miliardi divisi tra Craxi, Balzamo, segretario
amministrativo del PSI e Cagliari; 35 miliardi divisi tra
Forlani, Citaristi e Grotti, ex vicepresidente ENI; altri
miliardi a Pomicino e Martelli; alcune centinaia di milioni
cadauno ad Altissimo, La Malfa e Vizzini.
Tutti negano sdegnati, tranne Altissimo e La Malfa che
ammettono di aver ricevuto contributi per la campagna elettorale.
Nella Repubblica della solidarietà un contributo non si nega
a nessuno e nessuno lo rifiuta.
Arrestato Vincenzo Palladino custode giudiziario delle
azioni Enimont di ENI e consigliere della Banca Commerciale.
Avrebbe ricevuto miliardi 2,5. Lui dice: “per consulenze
professionali”.
Prodi riesce a vendere i gelati di Stato - Italgel - alla
Nestlè.9
Rimangono da vendere il resto della SME - Cirio, Bertolli,
De Rica - ed il grosso: ENI, ENEL, BNL, INA…
Il 30 Martelli dichiara di lasciare la politica.
Funzioni religiose a Milano ed a Roma per le autobombe.
A Milano il Cardinale Martini invoca “infamia eterna” per
gli autori.

9
Italgel faceva parte della SME, poi smembrata, per la quale lo stesso
Prodi nel 1985 aveva firmato un impegno di vendita alla Buitoni di De
Benedetti per 393 miliardi, prezzo ritenuto non equo da Craxi allora
Presidente del Consiglio. Prodi aveva ottenuto l’autorizzazione all’operazione
dal CDA dell’IRI ma non quello dell’allora Ministro delle Partecipazioni
Statali Darida, per cui la vendita non venne perfezionata. Ne era seguita una
sequela di ricorsi giudiziari da parte di De Benedetti con cinque sentenze tutte
negative per il ricorrente. Sulla prima di quelle sentenze la Procura milanese
anni dopo imbastirà il processo SME-Ariosto - dal nome della principale teste
di accusa - contro l’ex ministro Previti e Berlusconi, ipotizzandosi la
corruzione di un giudice da parte dell’avv. Pacifico, orchestrata da Previti per
conto di Berlusconi.
Questo processo si svolgerà, a Milano, tra molte polemiche politico-
giudiziarie, alla fine del 2001 e proseguirà nel 2002, Presidente del Consiglio
in carica Berlusconi, e saranno chiamati a testimoniare Prodi e Amato,
quest’ultimo nel 1985 Sottosegretario di Craxi.

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titolo: OSPEDALE E SANITA' A PIACENZA DAL XV ALL'INIZIO DEL XXI SECOLO

A Roma il Cardinale Ruini, riprendendo un passo da


un’enciclica papale, dice che “bisogna pregare per tutti, anche
per i carnefici. Perché sulla strada che porta da Cristo
all’uomo…”
Ma non dovrebbe essere: “dall’uomo a Cristo”?
Capire diventa sempre più difficile.

Ciampi dichiara che dopo l’approvazione da parte di


Camera e Senato delle nuove leggi elettorali, dopo la definizione
dei nuovi collegi elettorali per l’uninominale maggioritaria, dopo
la soluzione del voto degli italiani all’estero e dopo
l’approvazione della Finanziaria, nella primavera ’94 ci saranno
le elezioni politiche (anticipate).

In Spagna muore Baldovino del Belgio, dopo 43 anni di


regno triste. Per non firmare la legge sull’aborto, aveva
abbandonato il trono dal 3 al 5 aprile ’90.
Intanto si avvia l’esodo di agosto degli italiani con i soliti
ingorghi sulla Bologna-Rimini, sulla Milano-Genova e sulla
Salerno-Reggio Calabria.
Il 4 agosto viene definitivamente licenziata dal Parlamento
la nuova legge elettorale uninominale maggioritaria per
Camera e Senato. Rimane un 25% di proporzionale ed è stato
introdotto uno sbarramento per i partiti al 4%.
Ciò costringerà in seguito ad innaturali apparentamenti,
desistenze e coalizioni tra i partiti - stranamente proliferati fino a
raggiungere il numero di 44 - in due grandi cartelli elettorali
contrapposti, uno di centrodestra ed uno di centrosinistra (con o
senza trattino?), il bipolarismo, all’interno dei quali scoppierà
più di una contraddizione, con migrazioni di parlamentari eletti
in un polo nel polo opposto.
Manca ancora la mappa dei collegi circoscrizionali.
Craxi non si oppone più alle nuove richieste di
autorizzazione a procedere. “Sono un capro espiatorio”, dice.
Il 6 tangentopoli è in Sicilia. Vengono raggiunti da avvisi
Capria (PSI), Manninno e Mattarella (DC) il quale ultimo si
dimette da Commissario del partito in Sicilia, da Direttore de “Il

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titolo: OSPEDALE E SANITA' A PIACENZA DAL XV ALL'INIZIO DEL XXI SECOLO

popolo” e da vicepresidente della bicamerale (che non ha più


motivo di esistere).
In Somalia i nostri soldati vengono allontanati da
Mogadiscio.
Il 13 il Papa va in America.
Alle azioni della Ferfin (Finanziaria Ferruzzi) del valore
nominale di 1000 lire viene attribuito il nuovo valore nominale di
5 lire.
Il magistrato del pool di Milano Tiziana Parenti invia un
avviso al Segretario Amministrativo del PDS senatore Stefanini,
implicato nel conto gabbietta di Greganti. D’Ambrosio e
Borrelli non sono d’accordo con la collega.

Il 3 settembre viene arrestato il giudice Curtò, Presidente


vicario del Tribunale di Milano che ha seguito i contenziosi civili
più lucrosi dell’ultimo decennio. Aveva nominato, a luglio, dopo
i suicidî di Cagliari e Gardini, Palladino custode giudiziario
delle azioni ENI, facendosi consegnare a Lugano una valigetta
con 320 milioni, presa in consegna dalla moglie del giudice
Antonietta Di Pietro, che verrà arrestata il 17 successivo. Al
magistrato che la interroga risponde:
“Non parlo”.
Si parla di accordo tra Israele ed OLP con reciproco
riconoscimento ed amministrazione controllata palestinese di
Gaza e Gerico. Verrà firmato a Washington il 13 settembre,
davanti a Clinton, dai ministri Peres e Mamoud Abbas,
presenti Rabin ed Arafat, che si stringono la mano.
Il 16 settembre viene assassinato a Palermo don Giuseppe
Puglisi, parroco del rione Brancaccio.
Il 21 settembre Eltsin, incoraggiato da Clinton, scioglie il
Parlamento ancora sovietico presieduto da Khasbulatov.
Khasbulatov asserragliato con gli altri parlamentari nella Casa
Bianca, nomina Presidente della Repubblica il vice Rutskoi e
destituisce Eltsin che occupa il Cremlino.
A Castelgandolfo, trascorsi 2000 anni di inimicizia profonda
e di feroci persecuzioni, il Papa incontra il Rabbino Capo di
Israele Israel Meir Lau, che lo invita a Gerusalemme. Il Papa
risponde con un sorriso.

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Il 24 Di Pietro va in Svizzera per cercare i fondi del PDS.


A fine mese, a Milano, parla Molino, un professore
universitario mediatore di affari. Andranno in carcere una
ventina di persone importanti, tra cui Ravenna, ex segretario
UIL, per tangenti FF.SS.
A Roma si scopre un tesoro in titoli e gioielli nascosti nei
cuscini del salotto di casa Poggiolini, funzionario del Ministero
della Sanità, addetto alla registrazione dei farmaci.
Ciampi commissaria le Casse Pensioni di giornalisti e
medici che si sono rifiutate di versare allo Stato il 25% dei fondi
gestiti per conto dei propri assicurati.

All’alba del 4 ottobre Eltsin attacca a cannonate il


Parlamento coi carrarmati. Verso sera tutti gli occupanti si
arrendono e vengono arrestati. Ma ci sono stati morti. Chi
dice 100, chi dice 800. Un russo intervistato dalla Rai,
afferma: “Non si può fare un’omelette senza uova”.
Il 6 Eltsin toglie la guardia davanti al mausoleo di Lenin
nella Piazza Rossa, la cui salma imbalsamata, attrazione turistica,
farà trasferire in un cimitero.
Prodi, dopo i gelati, vende la salsa di pomodoro - Cirio, De
Rica, Bertolli che sono il rimanente della ex SME - alla FISVI,
finanziaria delle Cooperative Meridionali.10
Entra in scena Antonella De Rosa, moglie del Ten. Col.
Michittu ed ex amante del Gen. Monticone. Michittu è stato
per 18 anni convivente della madre del brigatista nero Gianni
Nardi. La signora De Rosa ha avuto modo di conoscere anche il
Capo di Stato Maggiore Gen. Canino, che le ha donato un
orologio di marca. La Nostra sostiene che Nardi non è morto 17
anni fa in un incidente stradale a Palma di Maiorca. Si riesumerà
quel cadavere. Tornano alla ribalta la strage di Brescia, il treno
904, l’attentato di Firenze.

10
Complessivamente dalle due vendite l’IRI ricava 2.800 miliardi, contro i
393 che Prodi aveva concordato con De Benedetti nel 1985. Anche questa
vendita avrà strascichi giudiziari che la stampa estera, soprattutto quella
inglese, negli anni successivi spolvererà periodicamente contro Prodi, nel
frattempo divenuto Presidente della Commissione Europea.

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Il 14 avvisato il Generale Dei Carabinieri Francesco


Delfino, calabrese di Platì nell’Aspromonte, coinvolto
nell’inchiesta del sostituto Alberto Nobili e della DIA di Milano
chiamata operazione Nord-Sud con oltre 200 ordini di cattura e
numerose perquisizioni di studi legali milanesi.
Il 15, nella vicenda Enimont entra lo IOR per riciclaggio di
90 dei 150 miliardi in titoli pagati da Gardini ai partiti.
Il 16 arrestato il Colonnello dei Carabinieri Augusto Maria
Citana, dirigente SISDE, a Genova. Aveva inscenato falso
attentato ad un treno.
Il 18 convergono a Milano 100.000 artigiani per
manifestare contro la minimum tax. Qualche giorno prima
avevano depositato davanti al Quirinale 91.000 chiavi di
altrettanti laboratori chiusi.
Il 19, otto giudici siciliani, tra cui il palermitano
Giammanco, poco amico di Falcone, vengono posti sotto
inchiesta dal Procuratore di Caltanissetta Tinebra. L’operazione
viene definita toga nostra.
Viene destituito il Generale Rizzo, Comandante della
regione militare Tosco-Emiliana, diretto superiore del Generale
Monticone.
Il giudice per le autorizzazioni a procedere di Milano Ghitti,
respinge la richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura di
Milano avverso la richiesta di Tiziana Parenti di procedere
contro il senatore Stefanini del PDS.
Il PDS e la Procura di Milano si infuriano contro Ghitti.
Da Mosca giungono notizie di una gladio rossa organizzata
in Italia negli anni ‘70-’80 da Cossutta, ora in Rifondazione
Comunista con Bertinotti, e Pecchioli ex PCI e presidente PDS
in carica della Commissione Parlamentare per i servizi segreti.
Il 22 il Capo di Stato Maggiore Generale Canino si dimette
non condividendo la destituzione del Generale Rizzo, causata
dalla vicenda Monticone. Aveva definito traditori i militari che
stanno con la Lega quando Bossi aveva proposto come candidato
a sindaco di Roma il Generale Angione.
Ci si prepara infatti alla prossima tornata elettorale
amministrativa del 21 novembre prossimo con in ballo Roma,
Napoli, Venezia, Genova, Palermo…

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Il 25 inizia il quarto processo Moro, a 15 anni dalla sua


morte.
Un’altra passerella per i suoi assassini già in libertà.
È alla ribalta la vicenda di Duilio Poggiolini e della moglie
Pierre De Maria, 60 o 100 miliardi nelle banche, frutto di due
vite di onesto lavoro, che coinvolge nella sanitopoli
l’infettivologo di Pavia Rondanelli, oltre che Andreotti per il
Cronassial della FIDIA ed il ministro della Sanità in carica
Garavaglia.
Il 28 ottobre il Parlamento, modificando la Costituzione,
abolisce l’immunità parlamentare.
Arrestati Michittu e la De Rosa per autocalunnia.
Il Tribunale di Milano, accogliendo la richiesta della
Procura del 27 agosto scorso di giudizio immediato, avvia alla
chetichella il primo processo di Tangentopoli contro Sergio
Cusani, detenuto in carcere. L’imputato non presenzierà alle
udienze ed il processo si tramuterà in una requisitoria contro
tutti i segretari dei partiti al governo e di altri personaggi
eccellenti che verranno al banco dei testimoni, che è come
dire sul banco degli imputati, interrogati dal Pubblico
Ministero Antonio Di Pietro.
Si tratta di ripercorrere il tragitto di 900 o 1000 miliardi
dalle casse dello Stato a quelle della Montedison e di 150
miliardi dalle casse di quest’ultima ai segretari dei partiti
politici.
Sempre il 28 inquisiti Prefetti, Capi di Gabinetto e poliziotti
di Milano tra cui il vicequestore Iacovielli, l’ispettore della
Digos Atterrato ed altri per le indagini sull’autoparco di via
Salomone a Milano (omicidi, riciclaggio, droga, per un giro di
700 milioni al giorno).
Il 29 arrestato per peculato l’ex Capo del SISDE Riccardo
Malpica. Secondo Broccoletti, capo amministrativo dello stesso,
somme di denaro - 100 milioni al mese? - erano nella
disponibilità dei ministri degli Interni succedutisi dall’82 al ‘90 :
Scalfaro, Gava, Scotti, Mancino… oltre che di prefetti e capi di
gabinetto, del ministro Andò e del capo della polizia Parisi.
Solo che, trattandosi di fondi segreti, non si emettevano
regolari fatture o ricevute.

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titolo: OSPEDALE E SANITA' A PIACENZA DAL XV ALL'INIZIO DEL XXI SECOLO

Broccoletti prendeva appunti personali. A pagare sarà lui.


Il 30 ordine di cattura per De Benedetti che si costituirà,
verrà interrogato a Roma per una giornata e verrà rimandato a
casa, agli arresti domiciliari.
E si parla pure di imminenti arresti per Letta e Galliani
della Fininvest, ma ai primi di novembre il gip romano dirà che
per loro il carcere non è necessario.
Bel mese, l’ottobre ’93.

L’inizio di novembre si caratterizza per la solenne


dichiarazione del Capo dello Stato Oscar Luigi Scalfaro il
quale, tirato in ballo nell’affare SISDE come ministro degli
Interni dall’82 all’87, ferma tutte le televisioni per sillabare, a
reti unificate, il suo famoso: “NON CI STO !”
Il 15 muore in un carcere sardo il boss storico della mafia
Luciano Liggio, seppellito a Corleone senza funerali.
Andreotti dichiara: “temo che la mafia mi uccida”.
Il comico Grillo commenta: “sarebbe praticamente
un’autominaccia”.
È a questo punto che Berlusconi organizza la prima
conferenza stampa in cui dichiara che se il vecchio Centro
non si organizza per recuperare le posizioni conquistate dalla
Sinistra sarà costretto ad entrare in politica in funzione
anticomunista. E, richiesto per chi voterebbe se votasse a
Roma, risponde: “Ma per Fini, senza alcun dubbio!”. Tra i
giornalisti presenti si scatena la bagarre contro il Cavaliere.
Domenica 21 novembre si vota il Sindaco in 420 comuni
con la nuova legge.
A Palermo vince Leoluca Orlando al primo turno; a Napoli
prevale Bassolino contro la Mussolini; a Roma Rutelli contro
Fini e la DC-PPI, col prefetto Caruso, prende solo il 10% dei
voti romani.
In Piemonte e Lombardia risulta prima la Lega, secondo il
PDS, scomparsa la DC-PPI; a Genova primo Sansa del PDS,
secondo Serra della Lega.
A Venezia primo Cacciari del PDS, secondo Mariconda
della Lega; a Trieste primo Illy, (DC-PPI, PDS, Rifondazione) e
secondo Staffieri lista civica ed ex “Melone”.

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titolo: OSPEDALE E SANITA' A PIACENZA DAL XV ALL'INIZIO DEL XXI SECOLO

Fra 15 giorni ci saranno i ballottaggi, parola nuova per gli


italiani, ma sembra chiaramente una partita a tre: PDS, Lega e
MSI-DN, con la DC-PPI ormai fuori dei giochi.
Occhetto si frega le mani e prepara la sua gioiosa macchina
da guerra.

IL 26 Fini, al posto del MSI-AN, fonda Alleanza Nazionale


e si dichiara post-fascista essendo nato nel 1952. “Il regime
fascista, dice, è morto con Mussolini”.
In Germania la Wolkswagen riduce orario di lavoro e
stipendio agli operai per non licenziarne una parte. Per i sindacati
italiani ridurre il primo va bene, ma non il secondo. Mentre la
FIAT conta di dismettere 13.000 dipendenti e l’Olivetti 2.000.
Il 28 si scopre che a Roma medici ospedalieri prelevavano
cornee da cadaveri per trapianti da effettuare in case di cura
private.
A Torino gli addetti all’obitorio di una struttura orpedaliera
si accontentavano di recuperare sui cadaveri i denti d’oro.
Tutto fa settimana bianca.

Il 3 dicembre Prodi mette in vendita il 3% del Credit (2000


miliardi).
Il 5, ai ballottaggi per l’elezione dei sindaci, vincono le
sinistre.
L’11, al Congresso Regionale della Lega che si svolge ad
Assago, Bossi disegna l’Unione Federale Italiana costituta da
tre Repubbliche federate: Padania, Etruria e Sud.
Il 12 Eltsin, in Russia, la spunta di misura nel Referendum
per la nuova Costituzione da lui proposta., che conferisce poteri
molto ampi al Presidente.
Il 15, il magistrato di Milano Tiziana Parenti, che aveva
condotto le indagini sulle tangenti rosse scontrandosi con
D’Ambrosio e Borrelli, non svolgendovi più funzioni dal 5
ottobre, lascia il pool per passare alla DIA.
Sulla Gazzetta Ufficiale dello stesso giorno viene pubblicata
la legge N° 517 con modificazioni e integrazioni della 502 del
30/12/92, a firma del ministro della Sanità Garavaglia.

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Il 16 dicembre, all’Assemblea Nazionale del PSI, Craxi


viene battuto - 156 voti contro 116 - da Del Turco che schiererà
il partito a fianco del PDS.
Al processo Cusani, dopo che il Pubblico Ministero Di
Pietro, nel corso di una penosa deposizione testimoniale ha
ridotto con la saliva rappresa all’angolo della bocca un
frastornato Forlani, il 17 si presenta a sorpresa Craxi che
chiama in causa il PCI-PDS, Napolitano e Spadolini, senza
portare prove processualmente valide.
Il 17, a Piacenza, si dimette la giunta comunale guidata dal
liberale avv. Grandi, in carica dal maggio scorso. Sarà nominato
il Commissario Prefettizio dott. Perricone fino alle elezioni
comunali anticipate del prossimo giugno.
Il 18 sono pronti e firmati i decreti dei nuovi collegi
elettorali.
Il 21, nel corso del tradizionale incontro augurale di fine
anno con gli ambasciatori stranieri, Scalfaro, prefigurandosi una
vittoria delle sinistre alle ormai prossime elezioni politiche
anticipate, per rassicurarli dichiara: “nessun eventuale
mutamento del governo e degli equilibri politici italiani potrebbe
incrinare la nostra democrazia”.
Berlusconi, che ha già cominciato a lavorare intorno al suo
polo moderato ed anticomunista, lo critica: “non dovrebbe fare
politica”.
Il 22 viene approvata la Finanziaria da 35.000 miliardi.
Ma l’inflazione, forse anche perché si compra meno, è in
discesa: adesso è al 4,2%.
Lo stesso giorno Pannella chiede le firme per un dibattito
parlamentare di sfiducia a Ciampi.
Il 29 il Consigio dei Ministri vara la minimanovra, detta di
velluto, di 7-8000 miliardi, con aumento di sigarette e benzina,
necessaria anche per pagare la tredicesima agli 11.000 dipendenti
della RAI rimasta a secco, ed una nuova normativa sui farmaci
divisi in tre fasce: A e B, essenziali e di rilevante interesse,
gratuiti o al 50% per alcune categorie; e quelli di fascia C a totale
carico per tutti.
Nel messaggio di fine d’anno Scalfaro assicura che “il
peggio è passato”, che gli italiani “vogliono voltare pagina”

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(pagina evidentemente non ancora voltata), che siamo ad un


“passaggio delicato e difficile” e che “ci saranno le elezioni
anticipate” senza dire quando.

Le elezioni sarebbero state fissate per il 27 e 28 marzo 1994.


All’Assemblea Costituente della DC del 18 gennaio 1994 di
Palazzo Baldassini si sarebbe chiusa la pagina della Balena
Bianca (già in dicembre erano stati licenziati i dipendenti ed era
stata venduta la storica sede romana di Piazza del Gesù per 70
miliardi) e sarebbe nato ufficialmente il PPI con la conferma di
Martinazzoli segretario fino al Congresso di maggio, tra le
elezioni politiche di marzo e quelle europee di giugno. Vi faceva
capolino Buttiglione.
Qualche ora prima, in un albergo romano, Ombretta
Fumagalli aveva annunciato la nascita del CCD, Centro
Cristiano Democratico, di Casini, Mastella, D’Onofrio,
Giovanardi…
Il 26 gennaio ci sarebbe stata la discesa in campo di
Berlusconi (dieci minuti di ripresa televisiva al TG4 di Emilio
Fede).
Il lavoro di Mani Pulite sarebbe ancora andato avanti nel
corso del ’94 fino alle spettacolarizzate e poco capite dimissioni
dalla Magistratura di Antonio Di Pietro. Sarebbero stati rinviati
a giudizio Craxi, Citaristi, Forlani …
Craxi non avrebbe consegnato ai magistrati il passaporto.
Sarebbero arrivati molti suoi fax da Hamamet.
Berlusconi, fondando al Nord con Lega e CCD il Polo
delle Libertà ed al Sud con A.N. e CCD il Polo del Buon
Governo, avrebbe vinto le elezioni politiche. PPI e Patto Segni
(Segni, dopo aver fatto il giro di tutti i partiti e movimenti, era
tornato al punto da cui era uscito un anno prima) avrebbero
ottenuto 46 deputati e 31 senatori. Il PSI (2%) ed il Partito
Radicale (3,5%) non avrebbero raggiunto il quorum del 4%
uscendo (definitivamente?) dal Parlamento.
Occhetto, che nell’architettare il suo piano non aveva
previsto l’imprevedibile e cioè la variabile Berlusconi, avrebbe
lasciato la Segreteria del PDS a D’Alema ed ai suoi amici
quarantenni.

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titolo: OSPEDALE E SANITA' A PIACENZA DAL XV ALL'INIZIO DEL XXI SECOLO

Dopo questa bella boccata di ossigeno, torniamo ai


problemi della nostra sanità riordinata dai campioni che abbiamo
visto.
È in questo clima giudiziario, politico ed economico che
vengono promulgate le due leggi citate all’inizio, la 502 del
30/12/92 a firma De Lorenzo e la 517 del 7/12/93 a firma
Garavaglia, di cui la G.U. n° 4 del 7/1/94 ha pubblicato un
Supplemento col testo integrato e aggiornato, che trasformeranno
in senso aziendalistico la USL modificandone i vertici con
l’introduzione del Direttore Generale, nominato mediante
contratto di diritto privato di durata quinquennale, con ampi
poteri e pari responsabilità, la renderanno dotata di personalità
giuridica e ridisegneranno i livelli dirigenziali medici.
Scompariranno Primari e secondari (Aiuti e Assistenti) sostituiti
da medici dirigenti di secondo e di primo livello.
Le leggi vengono illustrate nelle note.

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I L N U O V O O S PE DALE
ovverossia
IL PADIGLIONE P O L I C H I R U R G I C O
A questo punto, come in ogni bella o brutta storia che si
rispetti, bisogna fare un passo indietro.
Un ospedale costruito meno di un secolo fa (è il caso degli
ospedali “Piemonte” e “Regina Margherita” di Messina, costruiti
dopo il terremoto del 1908, i quali portano il nome della regione
e del personaggio che hanno contribuito a finanziarli), è già
decrepito.
Ma anche uno che, concepito e costruito cinquecento anni
fa, ha subito periodici radicali rifacimenti nei secoli successivi,
sulla base delle sopravvenienti necessità di adeguamento alle
nuove esigenze di ordine sanitario-assistenziale e che, perciò,
negli anni ’50 e ’60 utilizzava strutture murarie in buona parte
costruite non più di 20-30 o, al massimo, 40-50 anni prima.
Le modifiche più recenti nel tempo sono state infatti:
la costruzione del Padiglione Chirurgico, progettato e
costruito dall’ing. Gaspare Costa, inaugurato il 3 gennaio 1909 e
dedicato a Guglielmo da Saliceto;
l’Ospedaletto Pediatrico Umberto I°;
il Padiglione di Ortopedia e Radiologia (la cosiddetta Casa
di Cura).
Per quanto riguarda l’Ospedaletto Umberto I°, nel 1885 si
costituì un comitato di cittadini che intendevano costruire un
ospedaletto infantile raccogliendo i necessari fondi, ma non
andarono molto avanti.
Se ne costituì un secondo nel 1905. Vi furono contatti con
l’Amministrazione Ospedaliera che si protrassero fino al 1915,
interrotti dalla Prima Guerra Mondiale.
I contatti vennero ripresi, verosimilmente da altri comitati,
nel 1921, 1926 e nel 1929.
Nel 1934 si inaugurò la nuova struttura che, affacciandosi
sulla via Taverna, comprendeva, oltre alla nuova Pediatria,
l’ingresso principale, spostato dalla via Campagna, e la
corrispondente ala ovest destinata ad ospitare gli uffici
amministrativi degli Ospizi Civili.

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titolo: OSPEDALE E SANITA' A PIACENZA DAL XV ALL'INIZIO DEL XXI SECOLO

Il Padiglione della Radiologia e dell’Ortopedia nasce invece


nel 1928 come reparto per Pensionanti dei vari reparti (Casa di
Cura), per trasformarsi nel 1932 in Reparto Sanatoriale.
Divenne sede di Ortopedia e Radiologia nel 1937 quando i
malati polmonari, in buona parte affetti da tubercolosi, vennero
trasferiti nei locali a pianterreno della Medicina, allora unica.

* * * * *

La Storia di un edificio pubblico, a maggior ragione se con


le funzioni e le peculiarità di un ospedale, subisce
inevitabilmente i contraccolpi della politica, con le varie
amministrazioni che subentrano, e delle varie leggi che si
susseguono.
Riferendoci alla seconda metà del XX° secolo, secondo i
più, l’idea di un nuovo ospedale o, quantomeno, di un ospedale
rinnovato, a Piacenza nasce all’inizio degli anni ’60 e viene
lanciata dall’amministrazione Comunale di Piacenza, Sindaco
Cerlesi del PSDI.
In questo caso, dall’idea iniziale alla parziale realizzazione
finale dell’opera, sarebbero trascorsi tra i 30 ed i 35 anni.
Secondo altri (N. Montanari), l’idea del nuovo nosocomio
era già sorta in seno al Consiglio dei Primari Ospedalieri di
allora, nel 1952.
Il suggerimento era di costruirlo nell’area dello Psichiatrico,
spostando quest’ultimo fuori città, verso Gossolengo, dove in
seguito sarebbe sorta la scuola per periti agrari.
In questo secondo caso, dall’idea alla realizzazione,
sarebbero trascorsi 42 anni, che è un bel periodo di tempo per
una città dinamica come Piacenza.
Da notare che tra l’idea dei Primari del 1952 e l’idea dei
politici degli anni ’60 e di buona parte degli anni ’70, quella che
si è avvicinata di più a ciò che sarebbe sortito dopo più di 40
anni, quella più realistica ed aderente alla realtà in concreto
realizzata, - anche involontariamente, perché non era allora
prevedibile il futuro smantellamento degli Ospedali Psichiatrici -,
è stata quella dei Primari del 1952. Che hanno anche prospettato
per primi l’idea della Besurica.

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Intorno al 1965, Sindaco Cerlesi dal 1964 e Presidente degli


Ospizi Civili l’Ing. Monici, si fronteggiavano due posizioni:
quella dei comunisti che, basandosi sull’esperienza bolognese
dell’ospedale a Borgo Panigale, sostenevano la necessità
dell’ospedale nuovo fuori città; e quella degli altri che,
consapevoli di difficoltà economiche, proponevano un
ampliamento sull’area esistente, dentro la città.
In seguito le posizioni si ribalteranno.
Il 27 giugno 1967, tra il Conte Orazio Anguissola Scotti e
l’Amministrazione Ospedaliera presieduta dall’Ing. Monici,
delegato all’operazione il consigliere Gianni Levoni, viene
firmato il compromesso di vendita di circa 150 mila metri quadri
del fondo Montecucco, sulla destra della strada per Gossolengo,
al costo di 1400 lire per metro quadro.
Si erige un grande cartello in prossimità della strada lungo
otto metri e largo quattro su cui è scritto: QUI SORGERÀ IL
NUOVO OSPEDALE DI PIACENZA.
Nell’agosto 1967 l’amministrazione Monici indice il
concorso per il progetto generale del nuovo ospedale previsto per
1200 posti letti.
Contemporaneamente si avviano le pratiche per ottenere
contributi dallo Stato.
Ad ottobre subentra l’amministrazione Menzani
A metà marzo 1968 giunge notizia che lo Stato, ovverossia
Roma, ha concesso un contributo di quattro miliardi e mezzo
all’interesse del 4% rimborsabile in 35 anni, per il nuovo
ospedale di Piacenza.
Roma aveva ridimensionato la costruenda struttura da 1200
a 850-900 posti letto. Calcolata una spesa di 5-6 milioni
dell’epoca per posto letto, si raggiungeva una cifra complessiva
di quattro miliardi e mezzo, per l’appunto, da stanziarsi tramite
accrediti annuali. Per l’esercizio corrente venivano stanziati 450
milioni.
Il mutuo veniva concesso in extremis sulla base della legge
(Tupini?) ancora vigente, per evitare che la nuova legge Mariotti
- che sarebbe entrata in vigore da lì a pochi giorni il 27 marzo
1968 - non complicasse e ritardasse il tutto.

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Naturalmente, si sarebbe dovuto ridimensionare anche il


progetto vincitore del concorso pubblico, i cui termini di
chiusura sarebbero scaduti il 16 aprile 1968.
La Commissione esaminatrice, Presidente Menzani, avrebbe
valutato i progetti presentati, nel maggio di quello stesso anno.
Ma il Segretario della Commissione aprirà prima del tempo
le casse sigillate contenenti i plastici ed i plichi inviati dai vari
concorrenti, violando le norme procedurali del concorso.
Vinceranno ex aequo due progetti, uno dei quali presentato
dai progettisti piacentini ing. Peratici, arch. Graviani, arch. Bensi
ed ing. Meriggi.
L’architetta Franzi di Roma, appigliandosi alla violazione
della procedura, impugna davanti al Consiglio di Stato (non
esistevano ancora i TAR) la delibera che approva la graduatoria.
Malgrado l’impugnativa Franzi, l’amministrazione Menzani
incarica i progettisti piacentini di procedere alla realizzazione di
un primo stralcio del progetto.
Nel febbraio 1968 subentra la legge Mariotti e nasce l’Ente
Ospedaliero scorporato dagli Ospizi Civili (Orfanotrofio, Casa di
Riposo).
L’iniziativa legale, reiterata dalla Franzi dopo l’incarico di
stralcio ai progettisti piacentini nel febbraio ’70, è certamente
stato per diversi anni ostacolo forse sopravvalutato dagli
amministratori ospedalieri.
È vero, però, che vi sono anche problemi finanziari, ma
potrebbero essere superati con la vendita dei beni dell’ospedale,
soprattutto dopo l’entrata in vigore della legge Mariotti, che crea
l’Ente Ospedaliero autonomo e soggetto di diritto.
Nel ’71, dopo le elezioni amministrative, viene nominato
Commissario dell’Ente Ospedaliero il socialista Bruno Villa che,
nel marzo di quell’anno, ottiene per Decreto dei Ministeri dei
Lavori Pubblici e della Sanità un contributo di otto miliardi
(concesso, pare, in base ad una delibera che dichiarava inagibile
il vecchio ospedale).
L’architetta Franzi però non demorde ed il 15 gennaio 72
indirizza alla Giunta Comunale ed al Provveditorato regionale
alle opere pubbliche (nel frattempo erano state istituite le
regioni) un’altra diffida contro lo stralcio Menzani.

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Il Provveditorato risponde che redigere lo stralcio non


significa appalto.
Il 15 febbraio 1972 il Consiglio di Stato accoglie il ricorso
Franzi, facendo però salvi i provvedimenti adottati
dall’amministrazione Menzani dopo la delibera per la
graduatoria e, quindi, anche lo stralcio.
Il 27 marzo 1972 il Provveditorato regionale approva il
primo stralcio di lavori per l’ospedale a Montecucco (Besurica)
per 853 milioni.
Nel settembre ’72 i lavori approvati non sono ancora iniziati
e, anzi, Villa incarica un collegio di legali ( avvocati Cherchi,
Donati e Trabacchi di Piacenza e il Prof. Bassi di Parma) per
esprimere un parere sulla vicenda giudiziaria pendente.
Cosa si temeva dalla giustizia Amministrativa? Conseguenze
personali o economiche per l’Ente?
La risposta degli avvocati, con pareri contrastanti, arriverà
nel ’73 e consiglierà cautela.
Nel settembre ’74 Villa insedia una Commissione consultiva
di politici, ingegneri e consulenti sanitari (tra cui il Prof. Zanetti
ed il Dott. Guerra di Bologna) che giudicherà inidonei i due
progetti vincitori del concorso indetto da Monici nel ‘67 e
celebrato da Menzani nel ‘68.
Villa, allora, avanza la proposta di procedere con la forma
dell’appalto-concorso.
Nel frattempo, secondo quanto dichiarerà in un’intervista al
Corriere Padano nel giugno ’85, Piroli, consigliere DC nel
Consiglio di Amministrazione presieduto da Villa, “in quel
periodo il PCI ed il PSI locali e la regione, malgrado Villa
avesse ottenuto il via libera da parte del Provveditorato
regionale alle opere pubbliche, ebbero un ripensamento sul
progetto iniziale”.
Probabilmente ciò aveva pesato sulla valutazione di
inidoneità dei progetti da parte della commissione consultiva
nominata da Villa.
Secondo Piroli “nella demolizione del progetto Besurica, o
‘Salus 70’ come era denominato, si impegnò particolarmente il
funzionario regionale dott. Delogu. L’attacco più pesante venne
sferrato nel Convegno che si tenne al Cinema S.Vincenzo nel

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gennaio ’76, in occasione del quale Delogu fece molta ironia


gratuita. La verità era che i comunisti volevano fare a Piacenza
un ospedale guida bocciando anche l’idea dell’appalto-concorso
prospettata da Villa. Fu in quella sede che i comunisti
lanciarono per la prima volta l’idea della concessione chiavi in
mano”
Il 3 febbraio ’76 il Consiglio Comunale approva a
maggioranza (astenuti 16 tra DC e PSDI) un ordine del giorno in
cui “si fanno voti che ditte, società, cooperative idonee portino
ad esecuzione in tempi brevi, secondo la formula chiavi in mano,
la costruzione del nuovo ospedale, superando il vecchio
progetto”.
Villa quindi, nel corso del ’76 portò avanti l’idea chiavi in
mano fino a prendere contatti nell’ottobre e novembre ’76 con
alcune importanti Società: La FEAL di Milano, la Sviluppo
Progetti Ospedalieri di Torino (IMI, IRI, FIAT), una Finanziaria
dell’ENI ed una Società del gruppo BASTOGI.
La FEAL e l’emanazione della BASTOGI - almeno - erano
disponibili a progettare l’ospedale, a fare da banca, ad acquistare
in blocco i beni dell’ospedale ed a consegnare l’ospedale finito
entro tre anni (Piroli, intervista citata).
Il 6 gennaio ’77 il mandato dell’amministrazione Villa viene
a scadere.
In data 10 marzo ’77 LIBERTÀ riferisce di una conferenza
stampa di congedo e di passaggio consegne dell’amministrazione
Villa, forse del giorno prima (non è indicata la data).
Villa dichiara di lasciare alla subentrante amministrazione
una bozza del bando di gara per la concessione della
progettazione e della costruzione del nuovo ospedale chiavi in
mano, sempre alla Besurica.
Aggiunge che, se la delibera relativa al bando di cui alla
bozza non sarà presentata al Consorzio di Credito per le opere
pubbliche entro marzo, si perderà il mutuo regionale di 6
miliardi 221 milioni.
Il 7 marzo 1977 a Villa subentra l’Amministrazione
presieduta dalla Sig.ra Nanda Montanari del PCI.

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Il 27 gennaio 1978 la Sig.ra Montanari propone per la prima


volta, ufficialmente, la costruzione dell’ospedale sull’area
adiacente a quello vecchio, al di là del Cantone del Cristo.
7 anni dopo, la Montanari (Corriere Padano del 14/6/85)
dichiarerà che dalla precedente amministrazione ereditò
“soltanto uno studio elaborato da una Commissione di tecnici e
consulenti sanitari per mettere a punto la tipologia che avrebbe
dovuto assumere il nuovo ospedale chiavi in mano e l’incarico al
Prof. Bassi, docente di Diritto Amministrativo di Parma, di
fissare la procedura di bando per l’appalto-concorso relativo
all’ospedale chiavi in mano. In più, l’area di Montecucco”
Non era tutto, ma era abbastanza.
Mancava la delibera di attuazione. Ma non si fece, mentre si
apportarono vari rattoppi all’interno della vetusta struttura
esistente, forse dopo un’altra delibera che, questa volta, lo
dichiarava agibile e che vanificò il contributo di 8 miliardi dei
Ministeri dei Lavori Pubblici e della Sanità del ’71 (Piroli,
intervista citata).
Sta di fatto che si era avuto un altro ripensamento dei
comunisti e si era abbandonato il progetto ‘Salus 70’, l’idea
chiavi in mano e quant’altro in prospettiva Besurica.
Perché?
La Montanari risponde: “Nel dicembre ’78 venne approvata
la legge 180 sulla chiusura dei manicomi (in realtà la legge è del
maggio ’78 -N.d.R.), e anche questo incise sulla scelta. (Ecco
come le leggi influenzano gli eventi. N.d.R.) Ma i motivi
fondamentali della decisione presa in delibera (per il
Polichirurgico accanto alla vecchia sede) furono 1) la fatiscenza
dell’ospedale esistente; 2) la progettazione di un nososcomio da
realizzarsi in fasi successive ma che consentisse anche una
gradualità di miglioramento della situazione nel vecchio; 3)
infine la convenienza economica rispetto alla costruzione del
nuovo ospedale alla Besurica che avrebbe comportato doppi
servizi e quindi doppi costi” . (Corriere Padano, intervista citata)
Ma se l’ospedale alla Besurica con la formula chiavi in
mano fosse stato costruito in tre anni, il trasferimento sarebbe
avvenuto a costruzione finita e non ci sarebbero stati doppi costi
per doppi servizi.

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Quanto alla situazione finanziaria, nel 1977 era uguale a


quella di dieci anni prima (amministrazione Monici), con i soliti
beni immobili, - un palazzo in via Chiapponi e vari fondi tra cui
quello di Chiaravalle della Colomba -, i sei miliardi di mutuo
regionale a tasso zero del 1974 - legato, però, ad un progetto
esecutivo - e con, in sovrappiù, un decreto della regione
dell’aprile ’77 che vincolava l’intero patrimonio dell’ospedale
alla costruzione del Nuovo Ospedale e ne autorizzava la vendita.
Si decise per il Polichirurgico accanto al Vecchio Ospedale e
nel maggio ’78 fu incaricata una Commissione di ingegneri e
tecnici sanitari (tra cui il Prof. Zanetti ed il dott. Guerra di
Bologna).
Nel maggio di quello stesso anno era stata promulgata la
legge che decretava la chiusura dei manicomi da completarsi
entro il 31 dicembre 1980.
Nel ’79 venne dato l’incarico del progetto di massima
complessivo e del progetto esecutivo del primo stralcio relativo
al Polichirurgico, da costruire ex novo nell’area che la chiusura
dello Psichiatrico avrebbe lasciata libera.
L’ospedale nuovo si riduceva quindi ad un padiglione di
nuova costruzione aggiunto al vecchio ospedale, al di là del
Cantone del Cristo, come era già accaduto di fare nei periodi
precedenti, l’ultima volta nel 1934 per l’Ospedaletto Umberto I°,
nell’area al di qua del Cantone.
Solo che l’ipotesi progettuale di allora vi prevedeva 984
posti letto: per il solo Polichirurgico o per tutto l’Ospedale?
(Polichirurgico, la storia infinita, di G. Lambri, pag 6).
Il progetto di massima prevedeva tre lotti successivi: il
Polichirurgico, primo lotto; il rifacimento dei vecchi reparti di
medicina, radiologia e del Dipartimento di Emergenza, secondo
lotto; il recupero delle strutture più antiche per usi
amministrativi, terzo lotto.
La gara di appalto sul progetto esecutivo del Polichirurgico
(primo lotto) venne indetta nel 1980 e si concluse ai primi di
dicembre di quell’anno, dopo il vaglio di una Commissione di
ingegneri e politici.
Il 28 gennaio 1981 fu sottoscritto con l’impresa costruttrice
Mazzalveri & Comelli di Milano specializzata nella costruzione

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di Ospedali, il contratto d’appalto del primo lotto del progetto di


massima, il Polichirurgico, per 23 miliardi, oltre al 18% di
revisione prezzi per almeno tre anni, in pratica 28 miliardi
(intervista Montanari a Corriere Padano del 14/6/’85).
L’impresa Mazzalveri & Comelli stava terminando
l’ospedale di Monza ed aveva già costruito quelli di Crema,
Brescia, Magenta.
L’opera sarebbe sorta su un’area di 28.000 metri quadri,
meno di un quinto dei 150.000 dell’area Montecucco
(Polichirurgico, di G. Lambri, pag. 7).
Dall’idea dei Primari del 1952 erano passati 29 anni.
Dal 1960, epoca Cerlesi, ne erano passati 20 o 21.
Ma, come si vede dall’accenno agli ospedali costruiti
dall’impresa vincitrice dell’appalto piacentino, gli ospedali nuovi
che si costruivano in quel periodo in Italia, erano molti: al nord,
al centro ed al sud.
Molti, soprattutto al sud, sono rimasti incompiuti - le
cosiddette cattedrali nel deserto - ma molti, specie al nord, -
Pavia, Parma, Reggio Emilia, Cremona, Bologna … per fare il
nome solo di qualche città - sono stati completati in tempi
ragionevolmente brevi.
Avevano tutti le somme necessarie depositate in banca?
Tre giorni dopo la firma dell’appalto, il 1° febbraio 1981, la
gestione dell’ospedale, in base alla legge 833/78, veniva assunta
dall’USL 2 di Piacenza.
Qualcuno sostiene che l’inaugurazione di questa USL venne
posticipata per consentire la chiusura della trattativa per
l’appalto.
A quel momento, in cassa vi sarebbero stati 16 miliardi e
940 milioni costituti da: 9 miliardi e 300 milioni di fondi rustici
venduti ed in procinto di essere venduti; 2 miliardi e 300 milioni
che verranno nelle prime fasi da un contratto con la Salind per la
cessione di terreni a Le Mose; 650 milioni da un mutuo con la
Cassa di Risparmio (allora) di Piacenza; 690 milioni di
finanziamento regionale; un credito da aprire, autorizzato dalla
regione, con la Cassa di Risparmio (allora) di Piacenza.

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Erano poi previsti altri 3 miliardi per la terza fase del


contratto con la Salind ed ancora 7 miliardi per l’apertura di un
secondo credito con la Cassa di Risparmio (allora) di Piacenza.
In totale 26 miliardi e 940 milioni, in gran parte sulla carta,
che erano più dei 23 miliardi dell’appalto per la costruzione del
primo lotto, ovverossia Polichirurgico (il Polichirurgico, G.
Lambri, pag. 8).

L’USL 2 di Piacenza era allora costituita dal Comune di


Piacenza e da altri 17 Comuni della Val Trebbia.
Nello spirito della legge 833/78 che istituiva le UU.SS.LL.,
l’organizzazione della sanità doveva nascere dal basso e, quindi,
dalla partecipazione delle comunità locali.
L’USL, a differenza dell’Ente Ospedaliero creato dalla
132/68 (legge Mariotti), era sprovvista di personalità giuridica, e
tuttavia, tramite il Comitato di Gestione, aveva poteri decisionali
su tutta la sanità, gestendo la quota del fondo regionale alla
stessa assegnata.
Per la costruzione del Polichirurgico, però, a parte il
contributo regionale del ’74, che da 6 miliardi e 221 milioni si
ridurrà a 3 miliardi assegnati nel giugno ’82, doveva far capo
agli ex beni dell’ospedale, in forza della stessa 833 passati al
Comune, col vincolo di destinazione alla USL .
Del Comitato di Gestione della USL 2 di Piacenza facevano
parte: i comunisti Cravedi, Gualazzini, Ercoli e Gabriella Rossi; i
socialisti Bertuzzi, Debè e Tosca; i socialdemocratici Grilli,
Levoni e Tamborlani; i democristiani Ghillani, Accordino e
Cordini; il repubblicano Badagnani e la liberale Rosa Rita
Mannina.
Presidente il socialdemocratico Crocicchio cui seguirà Grilli,
dello stesso partito.
I lavori per la costruzione del Polichirurgico iniziano il 23
marzo 1981.
Tre mesi dopo, durante gli scavi delle fondamenta, vengono
alla luce reperti murari definiti di epoca viscontea (1300-1400),
senza escludere che siano di epoca romana e cioè di almeno 1000
anni prima.

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Questo ritrovamento fermerà i lavori per quattro mesi -


verranno ripresi nel settembre 1981 - e comporterà: a) la prima
variante deliberata il 29 marzo 1982, riguardante la costruzione
di un vano tecnico interrato per conservare l’antico muro, sopra
il quale, come su un sistema di palafitte, sorgerà la struttura; b)
lo spostamento delle centrali termiche in altra zona.
La spesa aggiuntiva sarà di 1 miliardo 117 milioni per il
vano tecnico e di ipotizzati 2 miliardi per lo spostamento delle
centrali termiche.
Viene altresì spostata di circa un anno l’ultimazione dei
lavori, all’inizio prevista per la fine del 1983.
I 6 settembre 1982, con delibera N° 100 si dispone una
seconda variante generale per un importo di 8 miliardi e 608
milioni, con una proroga dei tempi di consegna di 7 mesi (22
agosto 1984), che, con la terza variante senza impegno di spesa
del 28 luglio 1983, verranno prorogati di altri 75 giorni, fino al 5
novembre 84.
Il 31 maggio 1983 si tiene una conferenza stampa nel
cantiere di Cantone del Cristo.
Prendono la parola il Presidente della USL 2, Crocicchio, la
Sig.ra Nanda Montanari, amministratori dell’USL e progettisti.
A quel momento sono state costruite: le strutture del
seminterrato, del piano terra e di parte dei tre piani superiori.
Vi si precisa che il Polichirurgico sorgerà su un’area di
35.000 metriquadri (erano 28.000 al momento dell’appalto e
diventeranno 100.000 nell’intervista della Montanari al Corriere
Padano del 14 giugno 1985 “…un’area di 100.000 metriquadri,
superiore all’area Besurica”, la quale Besurica era di 150.000
metriquadri [n. d. r.]), oltre a 3.500 metriquadri delle centrali
tecnologiche che avranno sede in via Anguissola, al di là della
circonvallazione Ovest o via 21 Aprile, e comprenderanno una
centrale termica, una centrale frigorifera, un inceneritore, un
gruppo elettrogeno, una lavanderia-stireria.
Un cunicolo sotterraneo collegherà le centrali di
alimentazione al Polichirurgico.
Si aggiungeranno altri 1500 metriquadri per autorimesse e
magazzini.

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Il Polichirurgico dovrebbe disporre di 500 posti letto - ed


altri 484 l’ospedale vecchio per raggiungere i 984 del progetto
iniziale? - in stanze singole o a tre letti, tutte con bagno e sarà
composto da un seminterrato con cucine, dispense ed un Centro
decontaminazione (in relazione alla presenza della Centrale
Nucleare di Caorso); da un piano terra comprendente un
laboratorio, un’emoteca, dieci sale operatorie, nonché sale
travaglio parto e interruzione di gravidanza; da tre piani
sovrastanti con le stanze dei degenti.
Il 26 settembre 1983, con delibera N° 69, si procede alla
quarta variante inserendo nel progetto il Centro di
decontaminazione, spesa 698 milioni. Proroga di consegna 45
giorni. Cioè: 20 dicembre 1984.
Il costo del Polichirurgico è salito a 40 miliardi e 400
milioni.
Il 29 giugno 1984 si procede alla quinta e sesta variante
riguardanti gli infissi esterni in alluminio, con un risparmio di 36
milioni, e nuove centrali tecnologiche per una spesa di 9
miliardi e 377 milioni, con proroga di consegna di altri 7 mesi.
Siamo a 50 miliardi di spesa e ad una consegna prevista per
il 15 dicembre 1985.

Dal 1981 l’USL 2 di Piacenza ha 2300 dipendenti in pianta


organica con un bilancio preventivo nel 1984-85 di 110 miliardi.
Per il Polichirurgico, però, è il Comune che le fornisce le
risorse economiche per procedere.
La USL dispone varianti al progetto esecutivo e mette in
conto al Comune.
Nel giugno 1983, sindaco Pareti del PSI, maggioranza PCI,
PSI, PSDI, opposizione DC, MSI e gli altri,
l’Amministrazione deve pagare all’impresa costruttrice delle
Chirurgie circa 10 miliardi. In cassa ve ne sono poco più di 4.
Pareti chiede i 6 che mancano alla Regione, come anticipo, da
restituire, senza interessi, con la vendita dei terreni che non si
riescono a vendere.
Per il sindaco “è una semplice misura precauzionale”.

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Viene confutato dall’opposizione. Fanelli, DC, preconizza


che alla fine l’ospedale non costerà i 30 miliardi preventivati,
ma 80.
Era ottimista.
Nel novembre 83 la Regione accorda al Comune un prestito
di 2 miliardi e 500 milioni.

Nel novembre ’84 l’impresa costruttrice minaccia il blocco


dei lavori perché la committenza non paga.
Il Comune procede ad una partita di giro intestando la
proprietà del palazzo di via Chiapponi, già appartenente
all’ospedale, ad un fondo speciale amministrato dal Comune
stesso, e contrae un mutuo sul palazzo di 1 miliardo e 700
milioni che versa all’impresa per momentaneamente tacitarne le
pretese (Il nuovo ospedale ha 25 anni, di G.B. Lombi, Corriere
Padano del 31 maggio 1985, pag.5).
Il 22 febbraio 1985 si approva la settima variante: cinque
miliardi e 600 milioni per i cunicoli. Si è a 55 miliardi di spesa
ed al 15 maggio per la fine lavori.
Ma nel maggio ’85 il Comune è ancora in ritardo coi
pagamenti, per i soliti 6 miliardi su cui gravano anche oneri
giornalieri di mora, ed il giorno 24 l’impresa costruttrice ferma
le betoniere, le gru e gli operai.
In un’intervista di quel periodo, (riportata in: Polichirurgico,
di G.Lambri, pag. 17) il geometra Arcari, direttore del cantiere,
tra l’altro dichiara: “In tanti anni di edilizia ospedaliera
(abbiamo costruito i nosocomi di Crema, Brescia, Magenta,
Monza, tutti molto più grossi di questo), non ci siamo mai
imbattuti in un pasticcio del genere”.
Lo stato dei lavori, a quel momento, era abbastanza avanti
ed era stabilita, come si è visto, la consegna della struttura
muraria, senza le attrezzature sanitarie, entro la fine dell’anno.
Ma coi lavori fermi, ogni giorno che passa corrono le spese:
noli di gru e impalcature, oneri di mora….e le difficoltà
economiche del Comune sono tali che non si vede una soluzione
a breve termine.
Tre successivi esperimenti d’asta per la vendita di ex beni
dell’ospedale, con riduzione all’ingiù dei prezzi minimi, da 35

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miliardi - stima dell’81 - a 32 miliardi, a 29 miliardi, sono


risultati infruttuosi.
I possibili acquirenti, a parte la stagnazione del mercato,
sanno delle difficoltà di USL e Comune e stanno alla finestra,
anche perché, come dichiarò in un’intervista dell’epoca a Libertà
il dott. Percivalli, direttore per un trentennio dell’Unione
Agricoltori, vendere quei fondi, affittati e legati a contratti
soggetti a proroga decennale, “sarebbe come cercare di vendere
il Gotico” .

L’avv. Rosa Rita Mannina, intervistata in quei giorni dal


Corriere Padano (21/6/85), a proposito delle varianti rispetto al
progetto esecutivo predisposto dall’amministrazione Montanari,
risponde:
“Si trattava di un progetto di massima e non esecutivo (la
Mannina muove nei confronti dell’ultima amministrazione
dell’Ente Ospedaliero presieduta dalla Sig.ra Montanari gli stessi
rilievi mossi dalla Sig.ra Montanari nei confronti della bozza
dell’amministrazione Villa). In corso d’opera si contano 7-8
varianti. La riprova più vistosa che l’amministrazione Montanari
tramandò all’USL soltanto un progetto di massima è la variante
relativa alle centraline tecnologiche …Prima erano previste
all’interno dell’area ex Psichiatrico, in seguito vennero
installate dietro il Presidio Multizonale di Prevenzione - ex
Laboratorio di Igiene e Profilassi - in via Anguissola, al di là di
via 21 Aprile, distanti circa un chilometro dal Polichirurgico.
Hanno ormai iniziato le fondamenta. Come via di collegamento
è previsto un cunicolo dove, nel corso degli scavi, è stato trovato
un reperto d’epoca romana. Inoltre, tra il Polichirurgico ed il
vecchio ospedale il progetto (originario) prevedeva un
passaggio sotterraneo per il trasporto dei malati ed uno
sopraelevato per i pedoni. Ma date le attuali ristrettezze
economiche, non se ne parla più e, se non si trovano i soldi, i
malati li porteranno attraversando la strada (il Cantone del
Cristo)…. Del secondo lotto per la ristrutturazione delle vecchie
Divisioni Mediche, della Radiologia e del Dipartimento di
Emergenza, non se ne parla più….Per adeguare i pagamenti
all’impresa, all’attuale stato di avanzamento lavori, ci

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vorrebbero subito 7 miliardi….Con le varianti operate finora, il


preventivo totale per il Polichirurgico supera i 60 miliardi. A
lavori finiti, con altre possibili varianti il costo complessivo
oscillerà tra gli 80 ed i 90 miliardi…. Non vedo comunque la
fine prima del 1990. L’USL, infatti, non ha ancora acquistato
nessuna attrezzatura medica”
E l’area di Montecucco?
“È tuttora sottoposta a vincolo di destinazione sanitaria. Da
anni il fittabile che la coltiva paga un canone irrisorio”.

Rispetto alle previsioni dell’inizio 81, quando si faceva


conto su un capitale disponibile di quasi 27 miliardi in gran
parte sulla carta, l’iniziale piano finanziario era saltato.
I fondi non venduti, la Salind aveva fatto marcia indietro e
così la Cassa di Risparmio (allora) di Piacenza.
Per quanto riguarda i fondi, adesso viene avanzata da più
parti l’ipotesi della vendita a trattativa privata.

Nel settembre 1985, a lavori sempre fermi, il Sindaco PSDI


Tansini dichiara: “Andrò a Bologna a batter cassa perché
istituzionalmente è la regione che deve far fronte a questi
problemi della Sanità… Andrò con il cappello in mano ma
pronto, se necessario, a battere i pugni sul tavolo.”
Fino a quel momento sono stati pagati all’impresa 18
miliardi e vi è nei suoi confronti un debito di 6 miliardi, più
IVA e diritti di mora.
Viene a Piacenza l’Assessore regionale alla sanità Sandra
Zagatti.
Il Sindaco Tansini si lamenta di solo sporadici interventi
finanziari da parte della Regione.
L’Assessore ribatte: su 19 miliardi di opere realizzate 12
sono della Regione.
In realtà le opere realizzate sono per 24 miliardi, la cifra
versata all’impresa è di 18-19 miliardi e le si devono 6 miliardi.
E Tansini spiega che la Regione, a carico della quale deve
andare il 50% della spesa per il completamento delle centrali -
costo 12 miliardi -, ha già versato 2 miliardi e 800 milioni e
sono attesi altri 2 miliardi e 240 milioni.

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Dopo qualche giorno arriva la notizia di un finanziamento


straordinario di 5 miliardi della Regione, promesso
dall’Assessore Zagatti durante la sua visita.
Contestualmente alla delibera per il finanziamento
straordinario, la Giunta Regionale ha approvato un o.d.g.
promosso dal Consigliere piacentino Frontini della DC, che
impegna la Giunta a rivolgersi al Governo perché riconosca
l’eccezionalità di tale opera [il Polichirurgico] nel quadro del
S.S.N. e disponga interventi ed assegnazioni…
La Provincia, Presidente il PSI Benaglia, dopo ripensamenti,
si dichiara disponibile ad un contributo di 2 miliardi e 500
milioni “ a patto che USL e Comune approntino un piano
finanziario complessivo”.

Nel maggio 86 esce un documento dei sindacati CGIL, CISL


e UIL che sottolinea: “Ristrette visioni e calcoli politici di parte
devono cedere davanti all’essenzialità dell’obiettivo da
raggiungere.”
Ma allora, c’erano state e c’erano ristrette visioni e calcoli
politici di parte?
Ancora del maggio 86 è l’annuncio del Presidente della
Regione Lanfranco Turci della possibilità che arrivino, per il
Polichirurgico, nei successivi tre anni, circa 20 miliardi, punto di
partenza, secondo Turci, perché “tutti insieme andiamo a
chiedere un intervento finanziario consistente al Governo”
mettendo da parte le passate polemiche cittadine sulla
localizzazione dell’opera.
Di questa possibilità, bisognerà cercare in seguito se e
quanto si è concretizzato.
Il 4 giugno 1986 il cantiere riapre a ritmo molto blando -
solo 18 operai - per montare gli infissi e proseguire il tunnel delle
centrali tecnologiche.
Sempre in giugno il Sindaco Tansini comunica al Consiglio
che, non essendo ancora sufficienti i soldi rastrellati, è sua
intenzione acquistare dall’ex ospedale l’area di Montecucco per
2 miliardi e 400 milioni, prezzo 16.000 lire a metroquadro, di
vendere alcune proprietà dell’ex ospedale per 1 miliardo e 500
milioni, di portare a termine l’acquisizione, sempre dall’ex

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ospedale, di villa Torricelle per 600 milioni e di utilizzare i fondi


della legge N° 8 (contributi ENEL?) per 2 miliardi e 500
milioni.
In tutto ancora 7 miliardi.
Nel settembre 1986 il cantiere, che già procedeva al minimo,
si riferma.
Il tunnel non può proseguire.
Infatti, oltre al problema posto dall’attraversamento di via 21
Aprile in senso ovest-est, superando le fognature, si pone anche
il problema dell’esproprio di un terreno privato adiacente il
terreno dei Frati Minori di S.Maria di Campagna - coi quali si è
raggiunto un accordo - precedentemente sfuggito all’attenzione e
che si dovrà espropriare.

Il 24 gennaio 1987, invitato nel dicembre trascorso dai


consiglieri comunali DC Paola Masera e Leone Pera, arriva in
visita a Piacenza il Ministro della Sanità Carlo Donat Cattin.
Nel corso di una riunione in Municipio, premesso che sa
quanto è breve la parola di un ministro, accenna alla possibilità
di reperire tra le pieghe del Fondo Sanitario Nazionale, sentito il
Consiglio di Sanità, 10 miliardi per il Polichirurgico.
Si trasferisce poi per una brevissima visita - dieci minuti -
sul cantiere, chiedendo caratteristiche e costi, concludendo: “Ho
visto che i lavori sono molto indietro e richiedono costi elevati.
Credo che si andrà per tempi lunghi.”
Fa anche un salto nel vecchio ospedale e, nella parte
cinquecentesca dove sono ospitati il reparto geriatria e la scuola
infermieri, “ma come, - sbotta, - tutto questo spazio per la
scuola, ed i vecchietti relegati in un corridoio?!”
Era uguale a quanto riscontrato nel corso dell’ispezione del
29 dicembre 1866, con le esposte tenute in luoghi salubri e le
incinte illegittime e le veneree nello squallore.
In una successiva intervista al settimanale OGGI, si
ricorderà di questa visita e definirà il reparto lungodegenti
dell’ospedale di Piacenza un lazzaretto del 600.
Nel maggio 87 si ha notizia (LIBERTÀ del 23/5) che il
Procuratore della Repubblica Dott. Angelo Milana ha inviato 10
avvisi di garanzia ad altrettanti ex amministratori dell’ex

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ospedale e dell’USL e a tecnici del Polichirurgico. L’indagine si


riferisce al Centro di decontaminazione. La Sig.ra Montanari, in
quel momento deputato PCI al Parlamento, ricuserà il
Procuratore - tutti, quando è il loro turno ricusano i magistrati - e
l’inchiesta verrà archiviata l’11 febbraio 1988 dal Giudice
Istruttore Dottor Giacomo Manfredi.
Il 30 giugno 1987 ottava variante senza impegno di spesa
per proroga di fine lavori al 31 dicembre 1989 per mancanza di
fondi.
Il 17 settembre 1987 nona variante per l’inserimento nel
Polichirurgico del Reparto Cardiologia e aggiornamento
impianto elettrico. 703 milioni che fanno salire la spesa a 56
miliardi.
Nel settembre 87 viene a Piacenza l’Assessore regionale alla
Sanità Riccarda Nicolini.
Si chiede alla Direzione Lavori di presentare entro un mese
progetti e conti di quanto occorre per completare l’opera (il
perizione).
La Direzione Lavori farà sapere che, per quanto realizzato,
compresi i costi del blocco del cantiere - più di 12 milioni al
giorno - la spesa è stata di 32 miliardi di cui 31 miliardi e 300
milioni versati.
Valutando approssimativamente che il costo totale si possa
aggirare intorno a 70 miliardi, ne servirebbero altri 38.
I finanziamenti disponibili ne lascerebbero scoperti 8.
Nel novembre 87, dopo un anno e mezzo di fermo, il
cantiere riprende i lavori a pieno regime.
In quel periodo il Consiglio dei Sanitari esprime il parere
che nella nuova struttura debbano essere collocati il reparto di
Oculistica - in quanto reparto chirurgico - e la Cardiologia con
Unità Coronarica, quale parte integrante del Dipartimento di
Emergenza.
Accanto alla Divisione di Ostetricia, dovrà essere situata la
Sezione di Patologia Neonatale, ma non la Divisione di Pediatria
in toto.
Ciò obbligherà a qualche riaggiustamento nella costruzione,
come avverrà, qualche mese dopo (1988) per il Centro di

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Decontaminazione, non più necessario per la chiusura della


Centrale Nucleare di Caorso.
Presidente dell’USL è adesso Aldo Botti.
Il 12 dicembre 1987 si procede alla decima variante.
Aggiornamento costo ultimazione centrali e cunicoli: 4 miliardi
e 900 milioni. Totale 61 miliardi.

Durante il 1988 il cantiere è andato avanti ancora a rilento,


anche se il tunnel delle centrali sta per attraversare la via 21
Aprile e si avvicina alla nuova struttura ed al vecchio ospedale.
Il 28 aprile 1988 undicesima variante. Aggiornamento costo
ultimazione Polichirurgico 18 miliardi e 600 milioni. Spesa
complessiva 79 miliardi.
Il 20 dicembre 1988 LIBERTÀ riferisce dell’ennesima visita
al Cantiere del Presidente dell’USL Botti, del Sindaco Tansini ed
altri.
Non si possono rispettare né la previsione di spesa, giunta,
considerate le varianti, agli 80 miliardi, né la fine lavori, già
ipotizzata al 30 aprile 1990.
Il Presidente Botti porta a conoscenza che sono arrivati i
primi 6 miliardi e 500 milioni dei 10 promessi da Donat Cattin,
e si sono resi disponibili i 3 miliardi per il Centro di
Decontaminazione che non si fa più.
Le varianti, fermandoci a quella del 27 dicembre 1988,
senza aggravio di spese, sono arrivate a 12.
La tredicesima variante, - ambulatori di cardiologia e
modifica spogliatoi - per 11 miliardi e 500 milioni, è del 6
luglio 1989.
Non si hanno altre notizie di quell’anno.

Nel febbraio 90 il Comitato di Gestione nomina una


Commissione per la Cucina e la dispensa del nuovo Padiglione.
Dovrà curare l’appalto concorso per la fornitura e
l’installazione di apparecchiature, impianti ed arredi di un
servizio così importante.
Costo valutabile in 2 miliardi circa.
La presidenza della Commisione viene affidata a Federico
Scarpa.

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Ne sono commissari il consigliere Giovanni Bergonzi, il


professionista esterno ing. Alberto Dusman, i funzionari
dell’USL dott. Fabrizio Tei, geom. Angelo Marchetta, cav.
Quinto Maschi ed il coordinatore sanitario dott. G.Carlo Sisti.
La Commisione si insedierà dopo sei mesi dalla nomina.
Il 10 marzo 1990 è a Piacenza il ministro della Sanità
Francesco De Lorenzo, PLI, che visita assieme agli
amministratori USL e ad altre personalità il Polichirurgico.
“Verificheremo la coerenza della proposta che la Regione
ha formulato, sulla base delle richieste piacentine, con gli
obiettivi che noi abbiamo ritenuto di dover individuare come
prioritari, e poi approveremo il piano"
Parla al plurale, come i Papi, ma non fa nessuna promessa di
denari.
Durante la visita, il Sindaco Tansini rende nota la vendita di
12 poderi dell’ex ospedale per complessivi 11 miliardi e 625
milioni.
“Con questa vendita, informa, la nostra USL è arrivata al
70% delle alienazioni”.
Nel 1988 venduto il fondo “Castellazzo” di Settima, 950
milioni.
Il 17 luglio 1989 venduti “Chiaravalle”, “Madonnara” e
“Ongina 5” in zona Alseno, 3 miliardi e 270 milioni.
L’8 marzo 1990 venduti 12 fondi: “Budello e Torre”,
“Carretto”, “Catalane 1”, “Catalane solo terreno”, “Coda e
Prati”, “Fontana”, “Noceto”, “Ongina 1”, “Saliceto 1”, “Saliceto
2”, tutti nella zona Chiaravalle della Colomba; “Fornace di
Tuna” a Gazzola; “Casata Rustica” a Mottaziana di Borgonovo;
“Molino di S.Girolamo” a Rottofreno. L’introito complessivo di
questi 12 fondi dovrebbe essere stato di 7 miliardi e 405 milioni,
per giungere alla cifra complessiva di 11 miliardi e 625 milioni.
Le vendite sono state effettuate tramite licitazioni private.

Nell’aprile 1990 l’impresa appaltatrice vanterebbe un credito


di 32 miliardi e 800 milioni per danni relativi al fermo del
cantiere tra il maggio 85 ed il giugno 86.
L’Assemblea dell’USL esamina una proposta del Comitato
di Gestione di tacitare l’impresa con 7 miliardi e 800 milioni.

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O in quell’occasione o successivamente l’Assemblea,


temendo illegittimità, non ha approvato la proposta.
Intanto, le centrali tecnologiche, lavanderia, stireria,
guardaroba, uffici per la gestione delle centrali, una sala riunioni
ed i cunicoli di collegamento dalle centrali, sono quasi ultimati.
Manca ancora il passaggio del tunnel al di sotto delle fognature
di via 21 Aprile.
Nel novembre 1990 si appaltano, non senza lunghe diatribe
in seno al Comitato di Gestione - il provvedimento passerà con il
voto del Presidente che in caso di parità vale doppio - per 1
miliardo e 850 milioni, chiavi in mano, le forniture per le 10
sale operatorie previste, al Consorzio Cooperative Produzione e
Lavoro di Reggio Emilia, associato con la Hospital Technik
Gmbh di Haidek, industria tedesca specializzata in tali forniture.
Un’impresa di Saronno partecipante all’asta, presenterà
ricorso al TAR (Tribunale Amministrativo Regionale) che, in
data 5 marzo 1991, respingerà la richiesta di sospendere i lavori
di allestimento delle sale operatorie.
L’11 gennaio 1991 c’era stata la quattordicesima variante:
11 miliardi e 189 milioni per aggiornamento costo di
ultimazione.
Si arriva ad una cifra globale di 102 miliardi.
Nel febbraio 1991 il Presidente Botti invia una relazione
all’Assessore Regionale alla Sanità Giuliano Barbolini con
riepilogo dei conti e delle previsioni di spesa: “…per
l’ultimazione del Polichirurgico, dal punto di vista del
completamento della struttura, ma anche per consentirne
l’entrata in funzione, occorre un prefinanziamento straordinario
che chiediamo alla Regione di 16 miliardi e 500 milioni.”
Nel maggio 1991 il Ministero della Sanità annuncia
l’assegnazione di 18 miliardi per il Polichirurgico di Piacenza,
forse attivata dal Ministro De Lorenzo.
Il finanziamento statale era stato chiesto dalla USL che si
attendeva dallo Stato e aveva messo in conto 27 miliardi, stante
che, per spese provvisionali e costi delle attrezzature mediche,
necessitavano ancora 45 miliardi, che avrebbero portato il costo
complessivo a 150 miliardi.
Questa cifra, appunto, indica il sindaco PSI Benaglia.

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titolo: OSPEDALE E SANITA' A PIACENZA DAL XV ALL'INIZIO DEL XXI SECOLO

Sempre in quel mese, il 23 maggio, LIBERTÀ informa che i


sei componenti la Commissione per l’appalto delle cucine,
nominata nel febbraio dell’anno prima, si sono dimessi per
disaccordi sulle decisioni da prendere, disaccordi sorti,
soprattutto, tra i Commissari ed il Presidente Scarpa.

Il 13 febbraio 1992 quindicesima variante: aggiornamento


opere senza aggravio di spese. Proroga della consegna di sei
mesi, ultimazione prevista 30 giugno 1992.
Nella primavera-estate del 1992 i Verdi Ecologisti di
Piacenza hanno raccolto cinque o seimila firme per sollecitare
un’inchiesta giudiziaria sul Polichirurgico.
Tangentopoli è in avanzata fase di avvio.
Presidente del Consiglio è Giuliano Amato che deve
continuamente sostituire un sempre nuovo ministro dimissionario
o dimissionato.
In aprile, insieme ad altri 7 imprenditori edili con appalti in
ospedali milanesi, viene arrestato Gabriele Mazzalveri, 55 anni,
contitolare dell’Impresa che sta costruendo il Polichirurgico di
Piacenza.
Il Movimento Sociale di Piacenza e per esso il suo
Capogruppo al Comune Foti ha chiesto una commissione
d’inchiesta sulle “cause che hanno portato all’aumento dei costi”
e poi si è anche rivolto al magistrato Antonio Di Pietro della
Procura di Milano.
Nel corso di una visita alla struttura in via di ultimazione, il
prof. Cesare Bernardi, Presidente del Tribunale del malato,
rileva: “Sarà funzionale, ma quanto poco spazio è lasciato ai
degenti…Sembra di circolare in un enorme tunnel…Nei corridoi
la luce elettrica dovrà rimanere sempre accesa, anche di
giorno…È presto per esprimere un giudizio
complessivo…Speriamo che alla prova dei fatti, quando sarà, il
Polichirurgico si dimostri davvero funzionale.”
Il 7 agosto 1992 l’Impresa costruttrice consegna alla USL la
prima parte di struttura già completata, o quasi, relativamente al
capitolato di appalto.
Manager e amministratore straordinario della USL stessa,
nominato con decreto ministeriale nella primavera del ’91, è il

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titolo: OSPEDALE E SANITA' A PIACENZA DAL XV ALL'INIZIO DEL XXI SECOLO

dott. Alberto Musi (era già iniziata una pre-fase di


aziendalizzazione),
Nel caso particolare si tratta della zona di accesso, dell’atrio
a pianterreno, dell’ampio salone d’ingresso, dei corridoi, delle
scale, delle terrazze interne ed infine dei reparti di degenza:
corridoi, camere per i malati e relativi servizi. Reparti di
degenza che sono disposti sui tre piani sopra il pianterreno e
dovranno ospitare 540 posti letto.
Gli ascensori, installati all’inizio dei lavori 9 anni prima ed
esposti alle intemperie, sono già rovinati ed in corso di revisione.
Al giro è presente il Sindaco Anna Braghieri
Il dott. Alberto Musi si dilunga sui problemi che sono ancora
davanti:
l’allestimento di tutto il blocco operatorio per le due
Chirurgie, l’Urologia, l’Oculistica, l’Otorinolaringoiatria e la
Ginecologia; la Cardiologia con l’Unità Coronarica; i Servizi di
emergenza (Pronto Soccorso, Astanteria e Rianimazione), sono
ancora in alto mare per il solito problema dei finanziamenti;
si attende l’ottenimento dell’agibilità, previo collaudo della
struttura da parte dei Vigili del Fuoco e relativa attrezzatura
antincendio;
l’arredamento (letti, armadi, ecc.);
la pulizia e la messa a punto dei locali;
intanto, si dovrà pensare alla vigilanza, che ora passa alla
USL;
nel frattempo si potrà pensare a trasferire un centinaio di
pazienti dal vecchio ospedale.
Quali?
Per esempio, la geriatria….
Per quanto riguarda i locali per lavanderia e stireria, sono
vuoti.
L’USL ritiene che sia più conveniente dare in appalto
esterno il servizio.
Qualche giorno dopo, sul Corriere della Sera, autorevole
quotidiano di Milano, compare un articolo secondo cui il
Polichirurgico di Piacenza avrebbe battuto il record della
lievitazione dei prezzi visto che dai 23miliardi previsti otto anni
fa si è passati ai 105 attuali.

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L’ing. Conato, il tecnico bolognese che coordina il pool dei


progettisti del Polichirurgico, su LIBERTÀ del 12 agosto replica,
rifiutando l’ipotesi di una serie di errori progettuali e non
accetta di buon grado né le firme dei Verdi Ecologisti né l’invito
del MSI a Di Pietro.
“Le spiego subito perché ci siamo rivolti a Di Pietro, senza
voler gettare discredito su nessuno - chiarisce Foti presente
all’intervista - . Abbiamo solamente chiesto al giudice (in realtà
magistrato inquirente) se poteva chiedere all’impresario
Mazzalveri (il quale avrebbe ammesso di aver versato tangenti
per ottenere certi appalti a Milano), se una simile prassi l’ha
seguita anche altrove, quindi anche a Piacenza. Tutto qui.”

Il 5 aprile 1993, per non essere da meno all’Italia intera


immersa in Tangentopoli, si ha notizia di 93 avvisi di garanzia
ad altrettanti amministratori che si sono succeduti negli organi di
gestione dell’USL 2 di Piacenza dall’81 in avanti, oltre al legale
rappresentante dell’impresa appaltatrice e ad altri.
Nella conferenza stampa del 6 aprile, il Procuratore Grassi
spiega che il reato ipotizzato è l’abuso d’ufficio; che l’avviso di
garanzia è soltanto un’informazione agli interessati su
un’indagine a loro carico per la quale possono provvedere ad
una difesa; che, pur essendo per tutti ipotizzato il reato di abuso
d’ufficio, “certamente ci potrà essere un’implicazione maggiore
da parte delle persone più coinvolte nella vicenda. Bisogna fare
un distinguo fra le posizioni di chi era nel Comitato di Gestione,
i rappresentanti dell’USL, i progettisti ed i semplici partecipanti
all’Assemblea dei comuni, che hanno solamente espresso un
voto.”
E. tra le altre cose, fa notare che “la scoperta delle storiche
mura di Piacenza, che risultavano dalle antiche carte
topografiche della città, era una circostanza che ai progettisti
avrebbe dovuto essere nota."
Ma questa eventuale ignoranza, sarebbe configurabile nel
reato di abuso di ufficio?
In quel momento, suscitavano sospetto le quindici varianti
suppletive.

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Il 15 ottobre 1993, non per incomprensioni tra lui ed il


potere politico piacentino o regionale, il dott. Musi lascia
l’incarico di manager dell’USL.
Nuovo manager - amministratore pro tempore viene
nominato il Dott. Piersergio Serventi (Corriere Padano del
22/10/93)
Il 6/11/93 sedicesima variante: spesa 3 miliardi e 800
milioni per parcelle a professionisti e vari direttori lavori;
montaggio di attrezzature a servizio delle strutture operatorie.
Serventi chiede a Bologna, che deve dare il benestare, di
utilizzare 2 miliardi e 800 milioni che mancano, reperendoli in
fondi risparmiati su altri lavori.
Ai primi di febbraio 94 si ha notizia di dieci avvisi di
garanzia per un concorso di Primario Medico a Castel San
Giovanni andato a male.

Il 15 marzo 1994, presenti il manager e funzionari USL,


assenti i politici, si compie il trasferimento simbolico del Pronto
Soccorso nel Polichirurgico.
Manca ancora l’agibilità, che è solo provvisoria.
Il reparto non potrà funzionare prima della nomina del
vertice della nuova Azienda USL, che avverrà il prossimo 30
aprile.
Serventi accenna però alla necessità di rientro delle
anticipazioni bancarie ottenute dall’USL 2 per terminare il
Polichirurgico che limiterà altri interventi per le necessarie
dotazioni (verosimilmente le attrezzature sanitarie) nel
Polichirurgico e le necessarie ristrutturazioni nei reparti che
verranno liberati dal trasferimento al Polichirurgico dove
dovranno entrare almeno i pazienti di Geriatria…
Il famoso secondo lotto del progetto di massima Montanari
deve attendere.

Tra il 21 ed il 22 aprile 1994 i primi pazienti del Pronto


Soccorso hanno passato la notte dentro il Polichirurgico, vuoto in
tutte le altre sue parti.
Per diverse settimane i 20 letti delle 5 stanze di degenza
dell’Astanteria o Medicina d’Urgenza resteranno “cellofanati” ed

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i pazienti parcheggiati nel corridoio come 30-40 anni prima,


perché il personale non è numericamente adeguato ai nuovi
grandi spazi della nuova struttura e, d’altro canto, la nuova
finanziaria di Ciampi…

Qualche tempo dopo entra nel Polichirurgico anche il


Servizio di Anestesia e Rianimazione con 12 posti letto più 1 per
eventuali dializzati.

Finalmente, il 9 maggio 1994 il Polichirurgico, anche se


quasi totalmente vuoto, viene ufficialmente inaugurato!
Dall’idea dei Primari del 1952 sono passati 42 anni.
Dai progetti Cerlesi-Monici del 1960-64 sono passati 30
anni.
Dal progetto di massima dell’Ammistrazione Montanari
della fine ‘80 sono trascorsi 14 anni.
All’inaugurazione sono presenti il Presidente della Giunta
Regionale Pier Luigi Bersani, il manager dott. Serventi, la
dott.ssa Bevilacqua in sostituzione del Commissario Prefettizio
al Comune Perricone - essendo dimissionario dal 17 dicembre
scorso il Sindaco Avv. Grandi, rimasto in carica circa sei mesi,
dopo le dimissioni della Giunta Braghieri - e importanti
funzionari USL.
È in corso la campagna elettorale per la prima elezione
diretta del Sindaco.
Nondimeno, nel corso dell’inaugurazione, si fanno un po’ di
conti.

Sono stati spesi. 99 miliardi per lavori edili


14 miliardi per spese tecniche ed oneri
fiscali
12 miliardi per arredi ed attrezzature
Totale 125 miliardi, uguale a 2 milioni a
metroquadro, poco se vogliamo.
Senza contare le necessarie dotazioni, cioè le attrezzature
sanitarie….

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Intanto, sta nascendo l’Azienda Sanitaria Locale, unica per


tutta la Provincia di Piacenza, scomparendo la USL 1 di Castel
San Giovanni e la USL 3 di Fiorenzuola.

Il 12 giugno si vota per il sindaco ed il 26 si rivota per il


ballottaggio.
Vince Vaciago del centrosinistra col 51% dei voti, contro
Passoni del Polo delle Libertà.
Il 4 luglio, festa del Patrono di Piacenza S.Antonino, il
Vescovo Mazza all’omelia solenne, riferendosi a quanto sta
avvenendo in campo DC sia a livello nazionale che locale,
afferma: “Non è corretto per i cittadini in politica che fanno
libere scelte, coinvolgere in questo la comunità ecclesiale, cioè
la Diocesi e la parrocchia”.
In altre parole: ognuno per la sua strada.

Il 7 novembre del ‘94 si trasferisce al Polichirurgico


Cardiologia, posta al 2° piano: 8 posti letto di terapia intensiva e
20 posti letto per il post-infarto. Strumentazione all’avanguardia.
Ma l’ascensore arriva al 1° piano, con grave disagio per chi,
con difficoltà deambulatorie, deve recarvisi per visite
ambulatoriali.

Il 10 dicembre 1994 si viene a sapere che il concorso per


primario del reparto Ostetricia, vinto 3 anni fa, si deve ripetere
perché il Consiglio di Stato ha accolto, come il TAR 3 anni fa, il
ricorso del 2° classificato.
Tutto secondo regola.

Il 21 dicembre 1994 fa ingresso nel Polichirurgico Urologia,


dal 1981 ospitata presso l’ex Casa di Cura Privata “Belvedere”.
30 posti letto ed un salto di qualità.

Ai primi di gennaio 1995 approda al tavolo del Gip Picciau


l’indagine della Procura dell’aprile 93. 60 posizioni sono state
archiviate dal Procuratore che richiede i seguenti 34 rinvii a
giudizio per abuso d’ufficio:

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Nanda Montanari, Aldo Botti, Franco Grilli, Alberto Musi,


Guido Ramonda, Gianni Cocco, Michele Marucco, Giuseppe
Piroli, Alessandro Miglioli, Mario Cravedi, Arturo Badagnani,
Gabriella Rossi, Sisto Salotti, Giorgio Tamborlani, Italo
Bertuzzi, Lino Giuffredi, Giovanni Levoni, M.Luisa Mozzi,
P.Giorgio Raffo, P.Luigi Filippi, Carlo Debè, Gabriele
Gualazzini, Benedetto Rossi, Sergio Capurri, Giovanni Bergonzi,
Rosa Rita Mannina, Federico Scarpa, Giovanni Crocioni,
Celestino Porrino, Giorgio Conato, Marco Munari, Franco
Cornia, Gabriele Mazzalveri,, Enrico Comelli.
L’udienza preliminare viene fissata per il 6 aprile 1995.

Il 7 febbraio 1995, dal Padiglione del 1909 dedicato a


Guglielmo da Saliceto, chirurgo piacentino del 1200 che ha
operato prevalentemente fuori Piacenza (Cremona, Pavia,
Bologna), la Prima Divisione Chirurgica si trasferisce al
Polichirurgico.
58 posti letto più 5 pensionanti.
Qualcuna delle 10 sale operatorie progettate funziona ed il
primo intervento chirurgico - Urologia verosimilmente opera già
- potrebbe avvenire il giorno 16.
Il 26 febbraio 1995 c’è una notizia che riguarda l’Ospedale
Psichiatrico.
Chiuso dalla legge 180 del 1978, quando ospitava più di 500
ricoverati, oltre 15 anni dopo ne ospita ancora 80.
Dovrà chiudere entro la fine dell’anno.
Sempre nel marzo del 1995 entra nel Polichirurgico la
Seconda Divisione Chirurgia con 21 posti letto.
Il 12 aprile è il turno dell’Otorinolaringoiatria con 30 letti e
d il 3 giugno quello di Oculistica, con 30 letti, al 3° piano.
Dall’inaugurazione ufficiale è già trascorso più di un anno
ed altri reparti - Pediatria (?), Ostetricia, Gastroenterologia,
Neurologia (?) - devono ancora trasferirsi.
Sempre in giugno (Libertà del 9 giugno 1995) l’USL di
Piacenza, manager il dott. Serventi, ha in programma diversi
lavori. 20 miliardi per la ristrutturazione del vecchio ospedale, 2
miliardi e 800 milioni per una struttura per disabili, 4 miliardi

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per una residenza per anziani in città; e 35 miliardi per


l’ampliamento dell’Ospedale di Fiorenzuola.
L’Azienda - ha detto il dott. Serventi - ha deciso di rivolgersi
per questi incarichi prima di tutto a professionisti piacentini per
sottolineare, ancora una volta (?), l’intento di radicare sempre
di più l’Azienda sanitaria alla realtà locale.
A distanza di quasi 30 anni (una volta e mezzo la durata del
famigerato ventennio) si torna a ragionare alla maniera di
Menzani che nel ’68 incaricava per il primo stralcio alla Besurica
un’equipe piacentina.
Nel maggio (LIBERTÀ del 9/5/95) la Direzione Generale
dell’USL ha trasferito la sua Sede dai locali ex INAM di
S.Teresa al Vecchio Ospedale, nei locali prima occupati dal
Pronto Soccorso.
Il dott. Serventi potrà meglio verificare quotidianamente e
da vicino i problemi più urgenti dell’ospedale.
Nei prossimi mesi dovrebbero partire i lavori per la
ristrutturazione del Padiglione Chirurgico lasciato libero dalle
Chirurgie, prima tranche di 1 miliardo e mezzo già inserita nel
bilancio 1995. A lavori finiti vi si dovrebbero trasferire la
Nefrologia e la Geriatria (che non va più al Polichirurgico, come
ipotizzava il manager Musi).
Sono stati anche finanziati altri 4 miliardi per lavori di
collegamento tra vecchia e nuova struttura e per lavori di
ristrutturazione di Dermatologia, Anatomia Patologica e
Laboratorio Analisi.
Da LIBERTÀ del 27 giugno 1995 si ha notizia che il
Comune di Piacenza, per pagare il Polichirurgico, cambia il
Bilancio con una variazione di 18 miliardi nei conti del 95.
Saranno comprati (da chi e per quanto?) e poi rivenduti (a chi ed
a quanto?) beni del disciolto Ente Ospedaliero. L’operazione
viene illustrata in Consiglio Comunale dall’Assessore
competente Arcelli Fontana.
I beni del disciolto Ente Ospedaliero, in forza delle Leggi De
Lorenzo (dicembre ’92) e Garavaglia (dicembre ’93) dovrebbero
far parte ormai, della USL.
A fine giugno (LIBERTÀ 30/6/95) il manager Serventi,
illustrando una panoramica sulla sanità provinciale nell’ultimo

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anno, relativamente all’ospedale del capoluogo, ha annunciato il


tunnel di collegamento col Polichirurgico ed una nuova ala di
degenza destinata orientativamente alle specialità mediche (?)
per complessivi 100-150 posti letto. Per far fronte al pagamento
degli oneri finanziari su un indebitamento residuo di circa trenta
miliardi è stato stipulato un mutuo decennale di dodici miliardi e
mezzo. La Geriatria verrà temporaneamente collocata nella ex
sede della Divisione Oculistica.
Nel luglio 1995 entra nel Padiglione Polichirurgicio il
Reparto Pediatria con 18 posti letto più 8 per gli immaturi.
Il 7 luglio 1995, la maxinchiesta avviata nell’aprile 93 con
93 o 94 avvisi di garanzia, ridimensionata nel gennaio 95 a 34
indagati e 60 archiviazioni, viene ulteriormente ricondotta a bolla
di sapone dal Procuratore che chiede al Gip altri 31
provvedimenti di non luogo a procedere, nella maggioranza dei
casi perché il fatto non costituisce reato.
Restano al vaglio della magistratura le tre posizioni dei
costruttori Mazzalveri e Comelli e dell’ex manager Alberto
Musi, tutti forestieri.
Il 27 settembre 1995 da “LIBERTÀ” si viene a conoscenza
che a Piacenza esiste una Federazione Laburista e che questa
chiede lo scorporo del Nosocomio di Piacenza dalla USL
provinciale, costituendolo in Azienda Autonoma Ospedaliera,
richiamandosi ad una intesa tra Regione, Provincia di Piacenza e
USL di Piacenza che prevedeva diversificata la funzione
dell’ospedale provinciale.
Ma dimenticando che la legge Garavaglia limita tale
possibilità ad Ospedali altamente specializzati ed a Policlinici
Universitari.
L’11 ottobre si insedia in Provincia la Consulta Provinciale
della sanità, prevista dalla legge regionale 19 del 1994 e
presieduta dal Presidente della Provincia Dario Squeri.
Si occuperà, dice, prioritariamente del problema scorporo
del nosocomio cittadino dall’USL. Ma Squeri sa bene che
bisogna prima conseguire il miglioramento dei servizi prestati,
evitando problemi di conflittalità sociale, visto che i voti si
prendono anche in provincia.

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titolo: OSPEDALE E SANITA' A PIACENZA DAL XV ALL'INIZIO DEL XXI SECOLO

In quella sede il manager Serventi dimostra che tutto va


meglio di prima. Va prendendo corpo il progetto di
ristrutturazione della parte vecchia dell’ospedale. I soldi, sulla
carta, ci sono, la ristrutturazione dovrebbe realizzarsi nell’arco di
un quadriennio.
Nota positiva, precisa Serventi, è che la Regione, proprio su
proposta della nostra USL, vuol rivedere i criteri con cui si
ripartisce il fondo regionale tra le diverse province. Non più in
base alla quota “storica”, ma in base ad una “quota capitaria
pesata” che favorisce le province che hanno una quota
considerevole di popolazione particolare, per esempio anziana, e
la nostra provincia, per fortuna, è tra le più vecchie in regione.
Evvivaaa!
Poi dalle “luci” passa alle “ombre”, che si tralasciano.
Anche su quella Consulta - ad onta delle a gran voce
proclamate sinergie tra tutte le forze della Città e della provincia
- nasceranno contrasti tra Provincia e Comune.

Il 12 ottobre del 95 si trasferisce al terzo piano del


Polichirurgico anche Ostetricia, con 54 posti letto.
“LIBERTÀ” titola: POLICHIRURGICO <PIENO>.
Facendo i conti, a questa data, salvo errore, dovrebbero
esservi ospitati reparti per complessivi 291 posti letto.
Ne mancano ancora 249 per raggiungere i 540 previsti e
dichiarati il 7 agosto 1992, al momento della consegna della
prima parte completata a termini del capitolato d’appalto e 693
per raggiungere i 984 del progetto di massima della fine del 1980
(che considerava l’intero ospedale?).
Il 20 novembre 1995 il Giudice per le indagini preliminari
(Gip) respinge le richieste di rinvio a giudizio presentate dal
Procuratore della Repubblica nei confronti dei costruttori
Mazzalveri e Comelli e dell’ex manager dell’USL 2 dott. Alberto
Musi perché il fatto non sussiste.
Seguirà la motivazione.
Nessun commento sull’iter giudiziario durato due anni e
mezzo.

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DUEMILAUNO

Questa cronaca potrebbe considerarsi conclusa e fermarsi a


questo punto.
Il XX° secolo sta infatti per chiudere gli occhi.
Era nato all’insegna del cubismo, del futurismo e della
psicanalisi di Freud.
Sono seguiti tanti ismi.
Ha vissuto la Prima Guerra Mondiale, il comunismo, il
nazismo, i loro campi di sterminio, la Seconda Guerra Mondiale
e la bomba atomica.
Ha visto la fine degli imperi Ottomano ed Inglese e la
parabola dell’Impero Sovietico nato nel corso della Prima Guerra
Mondiale e concluso con l’abbattimento del muro di Berlino.
Ha assistito alla scoperta degli antibiotici, ai viaggi nello
spazio, all’avvento della televisione, del computer e di Internet,
ai satelliti artificiali, ai progressi nella genetica fino alla
clonazione degli animali ed, all’insegna del mors tua vita mea, ai
trapianti d’organo da uomo vivo ad uomo vivo, da uomo morente
ad uomo vivo, da uomo morto ad uomo vivo, da uomo ucciso ad
uomo che vuole vivere ancora qualche anno in più di quanto i
propri geni gli avrebbero, secondo natura, consentito.
Fino all’istituirsi del neoimperialismo globalizzante degli
Stati Uniti d’America che intende imporre a volenti e nolenti la
democrazia al posto della religione, col contemporaneo insediarsi
della Coca Cola e dei Mac Donald’s, ipotizzandosi il Grande
Fratello.
Ma prima di concludersi ha ancora qualche sussulto che
forse conviene registrare.

Berlusconi aveva dovuto lasciare il Governo all’inizio del


’95 perché una parte della sua maggioranza lo aveva
abbandonato.
Dini, vice governatore della Banca d’Italia, che lo stesso
Berlusconi aveva chiamato nel proprio Governo affidandogli il
Ministero degli Esteri, designato dal Presidente della Repubblica

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Scalfaro, diverrà il nuovo Presidente del Consiglio, non eletto dal


popolo, fino al ’96, quando si ripeteranno le elezioni politiche
anticipate vinte dall’Ulivo di Prodi comprendente i Democratici
di Sinistra di D’Alema.
Prodi, nel’98, per un voto, perderà la fiducia del Parlamento
sostituito alla Presidenza del Consiglio da D’Alema.
Il 16 aprile 2000 ci saranno le elezioni regionali vinte
clamorosamente dal centrodestra guidato da Berlusconi.
La stampa, analizzando la sconfitta del centrosinistra forse
anche sulla base di sondaggi d’opinione, ne ha attribuito gran
parte della responsabilità alle Riforme della Scuola e della Sanità
- fifty fifty - operate dal Ministro Berlinguer e dalla Ministra
Rosy Bindi, ministri che, eccezionalmente, erano rimasti a
dirigere il rispettivo Ministero per 4-5 anni consecutivi, cosa
mai accaduta a nessun ministro nei 45 o 50 anni precedenti.
La legge Bindi del 16/6/99 aveva assunto il N° 229 (1).
Il ministro l’aveva difesa a spada tratta contro tutto e tutti.
Solo qualche giorno prima della sua approvazione, aveva
lasciato Palazzo Chigi, dove se n’era discusso in Consiglio dei
Ministri suscitando molti dissensi, con gli occhi pieni di lacrime.
Un sessantacinquenne titolare di Cattedra Universitaria in
una branca della Medicina, di famiglia antifascista, in quel
periodo confidò:
”Mio padre si sarà certamente rivoltato nella tomba
sapendo che ho votato Alleanza Nazionale. Ti rendi conto? Io,
votare Alleanza Nazionale! Ma quelli hanno rovinato in un colpo
solo sia la Scuola che la Sanità!!!”
Ed era sia medico che insegnante, al massimo grado della
scala.

A seguito della sconfitta elettorale regionale, il 17 aprile


2000 D’Alema presentava le dimissioni da Capo del Governo e
chissà quante volte avrà ripensato a quella riforma sanitaria (oltre
che a quella scolastica).
Il Presidente della Repubblica Ciampi, il 21 aprile conferirà
l’incarico a Giuliano Amato, anche lui non eletto dal popolo ma
già Ministro per le Riforme nel Governo D’Alema, dopo 8 anni
dalla precedente esperienza.

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titolo: OSPEDALE E SANITA' A PIACENZA DAL XV ALL'INIZIO DEL XXI SECOLO

Amato, che si guarderà bene dal rinominare i citati ministri,


sostituiti rispettivamente dal letterato autore di vocabolari italiani
De Mauro e dall’attivo chirurgo a riposo Veronesi, si confermerà
il liquidatore delle situazioni difficili.
Berlusconi lo definirà l’utile idiota.
8 anni prima era stato il liquidatore della DC e del PSI di
Craxi, adesso sarebbe stato il liquidatore del centrosinistra di
Margherita e Democratici di Sinistra confederati nell’Ulivo,
almeno per una legislatura.

Sopraggiunto il XXI° secolo, chiamato anche inizio del III°


Millennio, Berlusconi a capo della Casa delle Libertà, contro
Rutelli già sindaco di Roma a capo del Centrosinistra, le elezioni
politiche del 16 aprile 2001, sarebbero state vinte da Berlusconi
con larghissima maggioranza parlamentare.
Sarebbe seguita, a nuovo governo appena insediato, la
vandalica guerriglia urbana dei no global e dei black bloc nella
blindata Genova che ospitava il G8.
Durante la campagna elettorale lo slogan della Lega Nord,
una ancora importante componente della coalizione di
centrodestra, anche se non avrebbe raggiunto, come la Lista Di
Pietro, il quorum del 4%, perdendo entrambi il diritto al
finanziamento pubblico ai partiti e, la seconda, non ottenendo
nemmeno un seggio in Parlamento, era stato: federalismo e
devolution, mentre Forza Italia proclamava il liberismo
Molti Governatori di Regione, capitanati da Formigoni,
Governatore della Lombardia ed acerrimo nemico della Bindi,
pur provenendo entrambi dalle stesse file partitiche originarie,
chiedevano maggiore e più sostanziale autonomia regionale.
Formigoni, in particolare, reclamava autonomia regionale
negli ambiti di pubblica sicurezza, scuola e sanità.
La sanità sempre al centro dei problemi.
La sanità grande fonte di spesa.
La sanità costosa sia se gestita dalla mano pubblica che
dalla mano privata, come negli Stati Uniti d’America.
La sanità, nodo cruciale del welfare assieme a pensioni, di
anzianità e non, e, assieme al pubblico impiego, origine del
dissesto dei conti pubblici.

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Il 15 novembre 2001, Ministro della Salute Girolamo


Sirchia, medico milanese, il Parlamento avrebbe licenziato
l’ennesimo Decreto di riordino della sanità, in un’ottica diversa
rispetto alla legge Bindi.
Il Decreto 347/2001 viene battezzato dalla stampa
“tagliaspesa” e traduce in legge il patto di stabilità siglato tra
Governo e Regioni l’8 agosto scorso, riconoscendo a queste
ultime il federalismo sanitario, responsabilizzandole sul piano
della spesa (2).
Per il Ministro: “Dobbiamo evitare di gettare soldi che non
vanno ai malati”
Ma il Decreto stesso potrebbe subire modifiche se il
Governo recepirà numerosi ordini del giorno della maggioranza
votati in Aula.

Questo Decreto è l’ultimo, in ordine di tempo, nel percorso


delle leggi in materia di assistenza e sanità da Crispi (1890 -
1891) ad oggi.

Ma altro percorso si dovrà ancora fare per adeguarsi alle


necessità delle sempre nuove frontiere raggiunte e superate dalla
medicina sposata alla tecnologia chimico-fisico-elettronico-
nucleare-ingegneristica, che imporrà, decennio dopo decennio,
nuove attrezzature sempre più avanzate e costose, un sempre
maggior numero di personale altamente qualificato e motivato,
nuove strutture edilizie che diverranno obsolete in tempi sempre
più brevi, anche quando si tratterà di edifici destinati a disabili o
anziani, questi ultimi in numero sempre crescente.
I progressi della medicina, quindi, saranno continuamente ed
affannosamente rincorsi dalla politica che arriverà sempre in
ritardo.

* * * * *

Quanto alle ultime vicende del Padiglione Polichirurgico e


del vecchio ospedale di Piacenza, considerabili, forse, come
una metafora ed uno specchio, seppur particolare, della sanità e
dell’edilizia sanitaria nel paese, negli ultimi anni sono ancora

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accadute delle “cose” che si potrebbero definire “di transitorio


assestamento”, condizionate da finanziamenti sempre insufficenti
e tardivi.
Mentre si programmava di por mano ad alcune parti del
vecchio ospedale, nell’ottobre ’96 veniva trasferita nell’ex Casa
di Cura Belvedere, ora struttura decentrata del Presidio
Ospedaliero dell’USL, la Geriatria, 25 posti letto per acuti e 23
posti letto per lungodegenti.
Nel marzo 97 entrava nel Polichirurgico la
Gastroenterologia, con 12 posti letto.
Nell’estate del ’98 vi entrava anche la Neurologia con 23
posti letto, la quale ne sarebbe uscita nel giugno 2001 per essere
ospitata in una nuova “Palazzina” costruita nell’ex Psichiatrico,
di fronte o di lato al Polichirurgico.
La Diabetologia con 10 posti letto, operante in uno
scantinato umido e senza aria né luce nel vecchio ospedale,
veniva prima trasferita alla ex Casa di Cura Belvedere e poi
sistemata nei locali dell’ex Oculistica, al 2° piano
dell’Ospedaletto Umberto I°, mentre al I° piano dello stesso
edificio - ex Pediatria - andava l’Oncologia, con posti day
hospital11.
Successivamente, all’ex Casa di Cura Belvedere sarebbe
stata sistemata anche la Dermatologia.
A fine settembre ‘99 la Nefrologia si sarebbe allargata e
sarebbe stata sistemata, con 20 posti dialisi e 3 posti letto per
acuti nei locali prima occupati dall’Otorinolaringoiatria e dalla
Dermatologia.
Sempre a fine settembre 1999 decadeva il manager Serventi,
non confermato nonostante avesse lavorato bene ed arrivava il
nuovo Direttore Generale dell’USL dott. Renzo Tellini,
mantovano.

11
Dopo il primo scorporo della Neurologia dall’originaria unica Divisione
Medica di 200 posti letto e lo sdoppiamento della stessa nel 1968, nel 2001
sono presenti in Ospedale 11 unità operative a specialità medica con un
numero complessivo di letti forse inferiore a quello di partenza: Medicina 1ª,
2ª e 3ª, Medicina d’urgenza, Cardiologia, Nefrologia, Geriatria, Oncologia,
Pneumologia, Ematologia e Diabetologia,

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titolo: OSPEDALE E SANITA' A PIACENZA DAL XV ALL'INIZIO DEL XXI SECOLO

La “Palazzina” costruita vicino al Polichirurgico avrebbe


ospitato, oltre alla Neurologia, anche il Reparto delle Malattie
infettive per i malati di AIDS.
Il Reparto Ortopedia, con caratteristiche prettamente
chirurgiche, e la Radiologia, restano nella sede originaria, la
Casa di Cura della fine degli anni ’20, fuori dal Polichirurgico.

* * * * *

Dell’approvazione del bilancio dell’Azienda USL per l’anno


2000, con voto “tecnico”, da parte della Conferenza Territoriale
della Sanità costituito dalla Provincia e presieduta da Squeri,
riferisce “LIBERTÀ” del 20 aprile 2000.
Per la Conferenza Territoriale viene riferito quanto esposto
da Squeri e per l’Azienda quanto relazionato dal Direttore
Generale Renzo Tellini.
Il primo sottolinea che la risposta dell’Azienda è stata
positiva, visto che il bilancio preventivo per il 2000 prevede un
calo del deficit da 76 a 50 miliardi. Ma bisogna insistere sul
calo della mobilità e dei ricoveri. È necessario uno studio
specifico per valutare le scelte da compiere. Se, cioè, propendere
per la riorganizzazione dei servizi, o per il riequilibrio
territoriale, o per la qualificazione di alcune funzioni
specialistiche, o per l’attivazione di alcune specializzazioni non
esistenti da noi…Il nostro è un sistema sanitario che ha saputo
avviare un processo di riorganizzazione, ma che è ancora
debole.
Il Direttore Generale ha ribadito la volontà di procedere al
risanamento aziendale attraverso la riduzione della mobilità
passiva e, soprattutto, dei tassi di ospedilazzazione che è il
principale problema, visto che, rispetto alla media regionale di
circa 160 ricoveri l’anno per 1000 abitanti, la media in
Provincia di Piacenza è di 200 ricoveri l’anno.
Si è parlato anche del federalismo fiscale che sopraggiunge.
Dal prossimo anno infatti, il bilancio sanitario sarà voce del
bilancio regionale.

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titolo: OSPEDALE E SANITA' A PIACENZA DAL XV ALL'INIZIO DEL XXI SECOLO

Se si pensa che la spesa sanitaria regionale nel ’99 ha


superato i 9000 miliardi - pressoché l’intero bilancio regionale -
si capisce come ci sia necessità di contenerla.
L’entità della previsione di bilancio per la USL di Piacenza,
però, non viene riportata nell’articolo.

* * * * *

Da “LIBERTÀ” del 9 gennaio 2001 si apprende che stanno


per partire lavori di ristrutturazione - quelli preannunciati nel ’94
e nel ’95 dal manager Serventi -, all’interno del vecchio ospedale
nel Padiglione centrale delle ex Chirurgie, quello del 1909, che
attualmente ospita la Fisiatria e l’Ufficio ritiro cartelle cliniche.
Quest’ultimo dovrà trasferirsi al Polichirurgico, mentre
Fisiatria potrà restare dov’è, malgrado i lavori.
Nei locali ristrutturati andrà il Laboratorio Analisi Unificato
dell’USL comprendente il Laboratorio di via Locati (in affitto) e
la “Biologia” dell’ospedale i cui spazi saranno utilizzati per
l’ampliamento dell’obitorio.
L’importo previsto, per le sole opere murarie, è di circa 4
miliardi.
La consegna prevista è tra 200 giorni e cioè metà luglio
2001.
Finiti i lavori murari, il Laboratorio sarà dotato di
apparecchiature di ultimissima generazione grazie ad un accordo
pubblico-privato con la Fora-Eurogenetics12, una società di
Parma, sul tipo di quello stipulato con la Fora-Siemens per la
Radiologia 2.
Sempre su “LIBERTÀ” di quei giorni, si ha notizia che: “La
situazione all’obitorio non è più sostenibile. In questa settimana
abbiamo dovuto dedicarci a venti defunti e la struttura di cui
disponiamo non è assolutamente adatta per garantire un servizio
dignitoso…i parenti si lamentano spesso con noi, ed a ragione,
perché non hanno un minimo di tranquillità e di raccoglimento
per vegliare i loro cari (che non sono più trasportati a casa,
N.d.R.)”.

12
Titolare o contitolare di questa società sarebbe un fratello dell’ex Manager
della USL piacentina Dott. Piersergio Serventi.

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titolo: OSPEDALE E SANITA' A PIACENZA DAL XV ALL'INIZIO DEL XXI SECOLO

Così parla Nando Rancati che lavora in quel Servizio da


trent’anni. E prosegue: “Non è possibile che non esista una sala
d’attesa al coperto per le persone che vengono in visita alle
camere ardenti. La scorsa settimana pioveva a dirotto e molti
sono stati costretti a rimanere all’esterno cercando riparo
ovunque dal freddo e dall’acqua. Abbiamo a disposizione solo
due camere per accogliere le salme ed i congiunti. Stamattina in
ognuna c’erano 3 defunti, con le conseguenze che si possono
immaginare, e nel locale attiguo, il vero e proprio obitorio, altri
defunti, sistemati provvisoriamente sulle barelle (sante barelle)
erano in attesa di essere preparati e consegnati ai parenti. In
sovrappiù, abbiamo le autopsie…Ho più volte fatto presente ai
vertici quanto accade…Mi era stato assicurato che avremmo
traslocato prima in un reparto poi in un altro. Ma finora non è
successo nulla… ”.
Tornano alla mente i problemi degli antichi seppellimenti
all’interno dell’ospedale ed i cimiteri che lo circondavano…
Adesso bisognerà aspettare la ristrutturazione delle ex
Chirurgie, il Padiglione dedicato un secolo fa a Guglielmo da
Saliceto grande chirurgo piacentino operante a Bologna nel ‘200,
ed al trasferimento della “Biologia”, che il Prof. Galavotti aveva
dedicato a Giulio Casseri, Placentinus, Insigne Anatomico e
Chirurgo, operante a Padova all’inizio del ‘600, per finalmente
por mano, finanziamenti permettendo, all’ampliamento
dell’obitorio.
Alla fine del mese di novembre 2001, i lavori al Padiglione
delle ex Chirurgie sono ancora in corso e del tunnel tra vecchio
ospedale e nuovo padiglione non c’è traccia.

Il 9 giugno 2001 “LIBERTÀ” informa di un dibattito in


Consiglio Provinciale, con maggioranza di centro-sinistra, sul
Direttore Generale dell’USL piacentina.
Bruno Cassinari, consigliere provinciale di minoranza
appartenente a Forza Italia, afferma: “Qualche mese fa i
Democratici di Sinistra furono piuttosto duri rispetto alla
Direzione Generale dell’Azienda sanitaria piacentina.
Parliamone…”

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A questo fronte di attacco (sic nell’articolo), si aggiunge


quello aperto in Regione dal consigliere della Lega Maurizio
Parma: “…Oggetto di contestazione sarebbe la nuova
determinazione dei distretti, basata su presupposti numerici e
geografici, non confortata, nei territori da aggregare, dalla
valutazione dei relativi bisogni connessi ai dati epidemiologici...
Si sostituisca rapidamente il Direttore Generale dell’Azienda
USL di Piacenza…"
E i DS? si chiede l’articolista, che si risponde: restano vive
tutte le perplessità sollevate a suo tempo sulla gestione della
Sanità. E alberga in molti la convinzione che si avvicini a grandi
passi il momento della verifica.

Alla fine di luglio o ai primi di agosto del 2001, si dimetteva


da manager della USL piacentina il dott. Renzo Tellini (come
aveva già fatto nell’ottobre 1993 il dott. Alberto Musi).
Interrogato su un possibile successore piacentino,
(LIBERTÀ del 3/8/2001) risponde: “È una discussione strana
per una città così intelligente come Piacenza, soprattutto in
tempi di globalizzazione. Essenziale è trovare una guida su
misura per questa realtà, indipendentemente da dove
provenga…Non mi ritengo oggetto di ostracismo politico, penso
piuttosto che si tratti di un nervosismo notevole che nasce da
motivazioni profonde che io non sono in grado di decifrare fino
in fondo…Questo per me era solo un incarico, io sono un
dipendente della USL di Milano, non credo di avere problemi
occupazionali. Valuterò con calma altre possibilità”.

* * * * *

Alle ore 8 e 58 minuti - ora di New York - dell’11 settembre


2001, un aereo dirottato si schianta contro una delle Torri
Gemelle di quella città.
Un quarto d’ora dopo un secondo aereo si schianta contro la
seconda Torre ed un terzo, minuti dopo, si abbatte sul Pentagono,
a Washington.
Un quarto aereo dirottato e non si sa dove diretto, precipita
in aperta campagna in Pennsylvania.

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titolo: OSPEDALE E SANITA' A PIACENZA DAL XV ALL'INIZIO DEL XXI SECOLO

Il territorio americano, per la prima volta nella sua storia, è


stato violato e colpito al cuore.
Poche ore dopo i sanguinosi attentati che hanno sconvolto
l’America ed il mondo intero, il primo nome che circola come
responsabile dell’inaudito, non previsto e, quindi, non
scongiurato sabotaggio che è una vera e propria dichiarazione di
guerra, è quello dello sceicco fondamentalista islamico Osama
Bin Laden, miliardario saudita, da anni anima del regime
oscurantista dei Talibani dell’Afganistan.
Il 7 ottobre 2001 parte l’operazione militare anglo-
americana chiamata prima “Giustizia Infinita” e
successivamente “Libertà Duratura”, con massicci
bombardamenti contro i Talebani di Afganistan ed in appoggio ai
mujaheddin (o da questi appoggiati?) dell’Alleanza del Nord.
Obbiettivo dichiarato: catturare Bin Laden.

* * * * *

Il 14 novembre 2001 giunge notizia (LIBERTÀ) della


nomina regionale a Manager della USL di Piacenza nella persona
del dott. Francesco Ripa di Meana, attualmente manager della
USL di Viterbo.
Prima ancora che arrivi - devono trascorrere 60 giorni dalle
sue dimissioni da Viterbo, già presentate - per telefono viene
richiesto sull’opportunità che al vertice della sanità locale
dovesse esserci un piacentino.
Risposta: “Al riguardo non ho idee precise. Essere nato nel
territorio dove si lavora può avere dei vantaggi ma anche degli
svantaggi. Da parte mia posso dire che, pur non essendo di
Viterbo, non ho avuto alcun problema a lavorare in quella città.
Sono comunque una persona che accetta le sfide e penso che,
come già chi mi ha preceduto, sarò valutato per il lavoro che
saprò compiere”
In altra parte del giornale si riportano gli auguri di buon
lavoro al nuovo manager di due consiglieri regionali di Piacenza
di ultima generazione - uno di Forza Italia ed uno di A.N. -, i
quali non possono però non notare come ancora una volta la

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titolo: OSPEDALE E SANITA' A PIACENZA DAL XV ALL'INIZIO DEL XXI SECOLO

scelta piacentina sia stata sostanzialmente abbandonata dopo il


fallimento delle trattative dell’assessore regionale Giovanni
Bissoni con Squeri e la sua prima scelta piacentina riguardante
il dottor Giuseppe Molinari…, il quale, peraltro, aveva
dichiarato la non disponibilità per l’incarico a Piacenza.
Aggiungendo che molte delle difficoltà incontrate da Tellini
sono derivate anche dalla sua estraneità alle problematiche del
territorio (difficoltà le cui motivazioni [Tellini] non riusciva a
decifrare fino in fondo).
Chiedendosi, infine, se il nuovo direttore saprà, tra l’altro,
evitare il ricorso a tagli indiscriminati (che se temuti,
evidentemente sono in relazione ad esistenti e conosciuti deficit
di bilancio) e limitare il fenomeno di migrazione (dei piacentini,
malgrado il modernissimo ed attrezzatissimo Polichirurgico) per
cure sanitarie da effettuare altrove (che il manager piacentino
sicuramente avrebbe saputo).
Un buon viatico davvero per una persona che non ha
ancora messo piede in città e che dovrà gestire 3500 dipendenti
circa, più i medici convenzionati, le Case di Cura, le farmacie,
eccetera, con un conto economico che prevede un movimento
annuo di oltre 700 miliardi.13

Tornano in mente le visioni ristrette ed i calcoli politici di


parte del documento dei sindacati del maggio ’86.
E poi si gloriano dei grandi risultati che alcuni piacentini
raggiungono fuori della loro città e, spesso, all’estero.

* * * * *

Il 18 novembre 2001, i Talebani, incalzati dai


bombardamenti aerei americani e dai mujaheddin dell’Alleanza
del Nord, sono in rotta ed apparentemente vicini, per quel che se
ne sa, al crollo finale.

13
Da una tabella riportata su “Libertà” del 4/12/2001 si apprende che
l’assegnazione regionale per l’esercizio 2001 all’AUSL di Piacenza è stata di
616 miliardi e 400 milioni, pari al 6,98% del fondo regionale, e che vi è un
disavanzo di 63 miliardi.

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Da Taranto salpano quattro navi da guerra italiane con 1400


uomini.
Sono il contingente italiano di appoggio all’America.
Entro due settimane di navigazione raggiungeranno il Mare
Arabico.

* * * * *

“Il Sole 24 ore” del 19/11/2001 riporta la notizia secondo cui


i medici di base della Lombardia sono sul piede di guerra contro
il Piano Sanitario della loro Regione.
Il Piano ufficializzato dalla Giunta prevede che i medici
generalisti (così vengono adesso chiamati gli ex medici di
famiglia poi medici di base) si guadagnino il certificato di
accreditamento, criterio introdotto dalla legge Bindi, che abilita
a lavorare per conto del SSN, invitandoli a rivoluzionare il loro
modo di operare creando gruppi di lavoro con altri operatori ed a
sperimentare responsabilità più complesse.
I medici, dal canto loro, temono un altro piano segreto
della Giunta, che dicono datato 18 giugno 2001, che
ipotizzerebbe tre fasce di cure e di cittadini, per suddividere i
costi in misura progressiva e proporzionale al reddito con
modalità di esenzione o meno per le fasce più deboli.

Tornando, in pratica, se così fosse, all’assistenza gratuita


limitata agli iscritti nell’elenco dei poveri di Crispiana memoria e
restando in attesa delle future direttive - o leggi? - comunitarie
sovranazionali europee anche in materia sanitaria, che
interesseranno circa 300 milioni di persone, finanziate dalle
solite tasse, con le solite ridistribuzioni ed i soliti controlli.

* * * * *

La Storia prosegue e si avvita continuamente su sé stessa.

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Ma ai moderni di tutti i tempi poco importa cosa è successo


ai predecessori o cosa succederà ai successivi.
Ai moderni di tutti i tempi piace essere moderni e convinti di
aver vissuto la migliore tra le modernità possibili.

F I N E
Marzo 2002

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N O T E alla legge N° 132 del 12/2/68 (Mariotti)


(1) Il Titolo I° (artt. 1-6) definiva l’Ente Ospedaliero e l’assistenza
pubblica a favore di tutti i cittadini, che fossero o meno coperti da
assicurazioni mutualistiche.
Il Titolo II° (artt. 7-16) definiva struttura ed amministrazione degli Enti
Il Consiglio di Amministrazione dell’Ospedale Provinciale era costituito
da 7 membri, 5 eletti dal Consiglio Provinciale e 2 dal Comune del capoluogo
ed esprimeva le maggioranze politiche entroquesti organismi. I consiglieri
eleggevano il Presidente.
Veniva istituito un nuovo organismo tecnico all’interno dell’ospedale, il
Consiglio dei Sanitari, con funzioni consultive per l’Amministrazione.
Il Titolo III° (artt, 19-25) definiva requisitie classificazione degli
ospedali: di zona, provinciali e regionali.
Il Titolo IV° (artt. 26-31) enunciava la programmazione ospedaliera:
piano nazionale e piani regionali ospedalieri, che per tanti ancora sarebbero
rimasti lettera morta.
Programmazione era la parola chiave di quegli anni.
Il Titolo V° (artt.32-34) dava le disposizioni finanziarie per gli Enti
Ospedalieri, con la conservazione delle rette ospedaliere a carico delle Mutue.
Il Titolo VI° (artt. 36-50) stabiliva l’Ordinamento dei Servizi e del
Personale.
L’art. 36 stabilisce che la Divisione è composta da più Sezioni e
comprende non meno di 50 e non più di 100 posti letto.
Per l’art. 39 il Personale Sanitario è composto da Medici e Farmacisti.
L’art.40 stabiliva che entro un anno il Governo avrebbe emanato, previa
consultazione delle Associazioni Sindacali delle categorie interessate, uno o
più Decreti aventi forza di legge sull’ordinamento interno dei Servizi
ospedalieri e sullo stato giuridico dei dipendenti degli Enti Ospedalieri,
essendo vincolante l’ultimo comma: il rapporto di lavoro, per quanto
riguarda il trattamento e gli istituti normativi di carattere economico, è
stabilito previ accordi nazionali tra i sindacati e le associazioni
rappresentanti gli enti ospedalieri, dai singoli enti ospedalieri con delibere
soggette ai controlli di legge.
Venivano indicati i principi direttivi per il futuro Regolamento e l’ultimo
comma dell’art. 42 sanciva: in ogni caso dovranno essere riconosciute le
posizionigiuridiche ed economiche acquisite dal personale già in servizio.
L’art. 43 definiva princìpi e criteri direttivi per lo stato giuridico ed il
trattamento economico del personale sanitario medico dipendente dagli enti
ospedalieri ed, al comma c), indicava che lo stato giuridico deve prevedere il
tempo definito debitamente regolamentato…e che l’Amministrazione
dell’Ente può, su richiesta del medico, consentire il tempo pieno.
Dunque, il tempo pieno poteva essere concesso su richiesta.
Verrà il tempo in cui verrà imposto, anzi, sarà l’unico stato giuridico
consentito.

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Il Titolo VII° (artt.51-53) era dedicato alle Case di Cura Private ed il


Titolo VIII° (artt. 54-71) costituiva le “Disposizioni finali e transitorie” in cui
ricomparivano i controlli, in attesa di…e di…previsti dalle leggi 6972 del
1890, dal regio decreto 5/2/1891 N° 99 e dal regio decreto 3/3/1934 N° 383
“intendendosi sostituito al Prefetto, Viceprefetto o Prefettura, il medico
provinciale” (art. 56).

(2) Per i primari degli ospedali di 1ª Categoria, suddivisi in 4 classi, si


andava da 272.958 lire della 4ª classe alle 415.905 lire mensili della 1ª classe.
Per gli aiuti degli ospedali di 1ª Cat., suddivisi in 2 classi, si andava dalle
200.322 lire della 2ª classe alle 231.771 mensili della 1ª classe.
Per gli assistenti degli ospedali di 1ª Cat., suddivisi in 2 classi, si andava
dalle 127.691 lire della 2ª classe alle 167.943 lire mensili della 1ª classe.
A questa cifra andavano aggiunte:
l’indennità integrativa speciale;
un’indennità annua di ricerca scientifica diversa per primari, aiuti ed
assistenti;
un’indennità di rischio di 300 lire al giorno per 250 giornate l’anno;
un’indennità ospedaliera annua di 60.000 lire;
un’indennità di guardia;
un’indennità per prestazioni di lavoro oltre l’orario minimo.

N O T E alla legge N° 130 del 27 marzo 1969

Il Titolo I°, di 17 artt., è composto da due Capi.


Il Capo I°, costituito dal solo art. 1, specifica il personale degli enti
ospedalieri distinto in: sanitario, amministrativo, tecnico, sanitario-ausiliario,
esecutivo e di assistenza religiosa.
Il personale sanitario che appartiene alle carriere direttive (sic) è
costituito da: medici con funzioni igienico-organizzative: sovraintendenti,
direttori, vicedirettori ed ispettori sanitari; medici con funzioni di diagnosi e
cura: primari, aiuti, assistenti; farmacisti… ecc.
Il Capo II° riguarda l’ammissione agli impieghi.
Tratta dei requisiti generali: cittadinanza italiana, età massima, buona
condotta morale e civile, idoneità fisica (art. 2); dell’assunzione in servizio
mediante pubblico concorso, nei limiti delle piante organiche (art. 3); dei
requisiti da indicare nella domanda (art. 4), compresa la firma autenticata;
dell’ammissione al concorso da parte del Consiglio di Amministrazione e
della nomina da parte dello stesso della Commissione esaminatrice.
L’art. 7 tratta dello svolgimento delle prove scritte con l’imbussolamento
dei numeri dei temi scelti dalla Commissione e dell’estrazione da parte di un
candidato, davanti agli altri candidati, di uno dei foglietti imbussolati.

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L’art. 9 tratta dell’esclusione dall’esame orale del candidato che non


abbia conseguito la media di sette decimi nelle prove scritte e non meno di sei
decimi in ciascuna.
L’art. 10 delle deliberazioni e dei verbali della Commissione.
L’art. 12 del conferimento dei posti.
L’art. 13 prevede che l’Amministrazione può utilizzare la graduatoria
degli idonei, entro un anno dalla nomina dei vincitori, per ricoprire i posti
messi a concorso resisi vacanti per rinuncia o altri motivi.
E siccome la graduatoria degli idonei può e non deve essere utilizzata,
capiterà nel territorio che l’Amministrazione, piuttosto che ricorrervi, farà
ripetere il concorso, facendo rientrare in gioco chi al primo turno ne era uscito
in forza di quanto stabilito dal precedente articolo 9.
I successivi articoli trattano dell’opzione, della nomina, del periodo di
prova.

Il Titolo II°, dall’art. 18 all’art. 54, è suddiviso in 3 Capi.


Il Capo I°, (doveri, responsabilità e incompatibilità) parte dalla promessa
solenne e giuramento (art. 12), passa all’obbligo della residenza nel Comune
stesso dell’Ospedale - poi tante volte non rispettato - e della reperibilità,
limitato al personale sanitario e di assistenza religiosa (art. 19).
L’art. 20 tratta del comportamento in servizio; il 21 dei doveri
professionali: etica professionale, umana solidarietà verso i malati e reciproco
rispetto delle competenze; il 22 dei servizi sanitari complementari tra cui
limitatatamente agli aiuti ed assistenti, i turni di guardia, di pronto soccorso e
di accettazione. Il servizio di guardia deve essere svolto nell’ambito del
normale orario di servizio settimanale (36 o 40 ore, come vedremo). Le
prestazioni, se operate fuori dell’orario di servizio, danno diritto a compensi
straordinari.
Quando verrà istituito il servizio di guardia interna nelle singole
Divisioni, nascerà il busillis perché, se l’orario settimanale è di 36 ore per il
tempo definito, come vedremo più avanti, ed una giornata di guardia è di 24
ore o, anche, di 18 ore cui si aggiungono 6 ore di servizio normale in corsia,
resteranno solo 12 ore per completare l’orario di servizio settimanale!

Ci pensa l’art. 23, con l’obbligo del lavoro straordinario: “Quando


particolari esigenze di servizio lo richiedano (leggi: sempre) il dipendente è
obbligato a prestare la sua opera in ore non comprese nell’orario normale,
nei limiti delle vigenti disposizioni di legge relative alla tutela fisica del
lavoratore, con diritto alla retribuzione per lavoro straordinario con
deliberazioni di cui all’art. 33 (che rimanderà ad accordi nazionali fra i
sindacati e le associazioni rappresentanti gli enti ospedalieri...).
Per fare qualche risparmio si individuarono reparti e divisioni con
guardia interna attiva, reparti e divisioni con guardia interna d’attesa e
reparti con la semplice pronta reperibilità. La differenza maggiore era tra la
guardia d’attesa e la guardia attiva. Per la prima, un medico assistente o aiuto
doveva essere fisicamente presente in reparto dalle venti della sera alle otto

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del mattino successivo, potendo però dormire, venendo svegliato in caso di


necessità. Le dodici ore così trascorse venivano calcolate alla metà, vale a dire
sei ore. Per la guardia attiva, invece, calcolata al cento per cento, il medico
doveva trascorrere la notte sveglio. In realtà aveva il suo letto per dormire,
solo che percepiva, per lo stesso servizio, il doppio dell’altro.

L’art. 24 stabilisce l’orario di servizio in 40 ore settimanali da ripartirsi


in turni giornalieri che non devono superare le 8 ore continuative.
Ma per il personale medico il rapporto di lavoro può essere a tempo
pieno o a tempo definito.
Tempo pieno: Il singolo medico, a domanda, viene ammesso al rapporto di
lavoro a tempo pieno. Tale opzione comporta la rinuncia alla attività libero
professionale extra ospedaliera, comprese le convenzioni per l’assistenza
generica e specialistica con le istituzioni assistenziali, previdenziali ed
assicurative e totale disponibilità per i servizi dell’ente.
Tempo definito: Il rapporto di lavoro a tempo definito comporta la facoltà del
libero esercizio professionale, anche fuori dell’ospedale, purchè non in
contrasto con l’interesse dell’ente, nel rispetto dell’orario di servizio. Detto
orario, stabilito dall’Amministrazione per il personale medico senza
distinzione di qualifica, per il tempo definito non può essere inferiore alle 30
ore settimanali e superiore alle 36 ore settimanali.
E dunque: tempo pieno = 40 ore e tempo definito = 36 ore settimanali.

L’art. 25 tratta delle assenze brevi, l’art. 26 delle incompatibilità con


attività commerciali, industriali e società a fine di lucro…
Fin qui, i doveri.

Il Capo II°, dall’art. 28 all’art. 48, tratta dei diritti.


Diritto alla stabilità ed all’esercizio delle funzioni (art. 28); garanzie
dell’Amministrazione mediante apposite assicurazioni a favore del dipendente
per la responsabilità civile, per gli infortuni e per le malattie riportate in
servizio (artt. 29 e 30); ai trattamenti, precedentemente non previsti stante la
precarietà del rapporto per aiuti e assistenti, assistenziale con l’iscrizione
all’INADEL, Istituto nazionale per l’assistenza ai dipendenti degli enti locali e
previdenziale con l’iscrizione alla cassa pensioni degli istituti previdenziali
presso il Ministero del Tesoro (art. 30).
L’art. 33, del trattamento economico, già citato a proposito della
retribuzione del lavoro straordinario, rimanda agli accordi nazionali tra le parti
sindacali rappresentative.
Vengono previsti: la valutazione dei servizi prestati in caso di passaggio
da un ospedale ad un altro (art. 34); il diritto al riposo settimanale art. 35); il
congedo ordinario per ferie (art. 36); il congedo straordinario per matrimonio,
gravidanza, richiamo alle armi, esami attinenti alla carriera ecc. (art. 37) ed al
relativo trattamento economico (art. 38); l’aspettativa (artt. 39, 40, 41, 42, 43,
44, 45, 46) per tutti i vari motivi, dalla salute alle cariche pubbliche.

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L’art. 47, del diritto alle attività professionali per alcune categorie del
personale sanitario, costituirà per il trentennio successivo - se ci si riferisce a
tutt’oggi, ma probabilmente anche per il trentennio che seguirà ed oltre - il
punto di frizione e fallimento sostanziale delle varie riforme sanitarie proposte
o tentate, a livello ospedaliero, basate su un effettivo tempo pieno
generalizzato. Riguarda l’esercizio della libera professione all’interno degli
ospedali in ambienti predisposti dall’ospedale ed attrezzati in modo adeguato,
sale separate qualitativamente idonee per il ricovero di malati paganti in
proprio, con un numero di letti variabile dal 4 al 10 per cento del totale, dove
i medici possano esercitare la loro personale attività professionale.
Si tratta dell’attività intra moenia che i medici ospedalieri di ogni
qualifica, ma soprattutto i primari, ormai tutti a tempo pieno, esercitano
tranquillamente extra moenia, perché pochi ospedali d’Italia hanno realizzato,
32 anni dopo, quello che doveva essere fatto entro il termine di tempo stabilito
dall’art. 43, lettera d) della legge 12 febbraio 68 n° 132 espressamente
richiamato da tale art. 47. E l’unico termine di tempo che viene fatto alla
lettera d) di tale art. è: fino alla fine dell’anno 1975.
L’art. 47 poi, prosegue specificando compensi vietati ai medici, tariffari
ecc., norme da sempre e da tutti disattese.

Il Capo III°, dall’art. 49 all’art. 54 tratta dei diritti sindacali che, in


ambito ospedaliero almeno, è una novità assoluta, apparsa nella legislazione
del secondo dopoguerra, comunque ormai trascorsi i due terzi del secolo
scorso.
Del resto, lo Statuto dei diritti dei lavoratori, la legge 300 del 20
maggio del 1970 uscirà un anno dopo.
Tratta dell’aspettativa per motivi sindacali (art. 49), del relativo
trattamento economico (art. 50); dei permessi per motivi sindacali (art. 51);
dei locali per attività sindacale art. 52); della delega per la riscossione di
contributi sindacali (art. 53); della Commissione interna con compiti di
mediazione presso l’Amministrazione istituita per la composizione di
controversie individuali o collettive (art. 54).

Il Titolo III° (artt. 55-59) tratta della relazione informativa da parte del
Direttore Sanitario sul fascicolo personale del singolo dipendente (art. 55);
della Commissione consultiva riguardante promozioni e decadenza (art. 56);
lo stato matricolare (art. 57); i provvedimenti disciplinari (art. 58); la
Commissione di disciplina (art. 59).

Il Titolo IV°, rappresentato dal solo art. 60, riguarda la cessazione e la


ricostituzione del rapporto d’impiego ed illustra i meccanismi della
cessazione:
- per collocamento a riposo al 65° anno d’età per il personale sanitario,
tecnico laureato, amministrativo e di assistenza religiosa; al compimento del
60° anno per il restante personale;
- per dimissioni volontarie;

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- per decadenza (nei casi espressamente previsti dalla legge per gli
impiegati civili dello Stato);
- per dispensa per invalidità permanente o per insufficiente rendimento.
In merito alla seconda ipotesi, sono previste complicate procedure a
garanzia sia dell’Amministrazione che del soggetto sottoposto al
provvedimento.

Il Titolo V° (artt. 61-124) in 5 Capi, tratta dello svolgimento dei


concorsi.
Il Capo I°, dall’art. 61 all’art. 91, riguarda i concorsi del personale
sanitario medico e si può dire costituisca la parte del leone della legge.
La novità è rappresentata da esami di idoneità nazionale per i primari da
svolgersi a Roma entro il mese di aprile di ogni anno, con una prova scritta
per lo svolgimento della quale sono assegnate otto ore.
Le Commissioni esaminatrici sono composte, per ogni specialità, da:
un funzionario medico del Ministero, Presidente;
tre Primari ospedalieri di ruolo della specialità sorteggiati dall’elenco dei
Primari di tutti gli ospedali italiani, Componenti;
un Professore universitario della specialità estratto a sorte dall’elenco dei
professori di tutte le Università italiane, Componente;
un funzionario del Ministero, Segretario.
Per la valutazione della prova scritta la Commissione dispone di 100
punti.
Per essere dichiarato idoneo il candidato deve raggiungere non meno dei
sette decimi del punteggio massimo.
I verbali di valutazione devono essere trasmessi al Ministero entro tre
mesi dalla prova scritta.
Il Ministero approva la graduatoria che viene pubblicata sulla Gazzetta
Ufficiale.
Altrettanto avviene, a livello regionale, per l’idoneità di aiuto ed
assistente.
Per partecipare ai concorsi di assunzione nelle singole qualifiche presso
gli enti ospedalieri, bisogna essere in possesso dell’idoneità nazionale o
regionale e sostenere un secondo concorso locale che si svolgerà attraverso
l’assegnazione di un punteggio massimo di 100 punti, di cui 60 punti per i
titoli di carriera - calcolati tramite coefficienti per ogni anno di servizio svolto
presso ospedali o cliniche universitarie come primario (2 punti per anno) o
come aiuto 1 punto e 40 per anno) e così via -; l’idoneità nazionale viene
valutata fino a punti 7,50 in proporzione al punteggio ottenuto e così per la
libera docenza, per la specializzazione conseguita nella disciplina, per altri
titoli accademici e per le pubblicazioni.
I restanti 40 punti sono così ripartiti: 20 punti per la prova scritta, 10
punti per ciascuna di due prove pratiche.
Il punteggio finale ottenuto da ciascun candidato è aumentato del 30%
per il servizio di ruolo svolto a tempo pieno.

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Sarà questa una condizione essenziale che selezionerà e dividerà i medici


da quel momento in avanti. Da un lato quelli che volevano svolgere la
professione sul territorio, entrando nelle case delle persone e dall’altro quelli
che volevano svolgerla solo in corsia, all’interno della cittadella, protetti
dall’orario di servizio e dalle connivenze sindacalpolitiche coltivate.
Anche la Commissione esaminatrice locale, presieduta dal Presidente, è
costituita da un Professore Universitario della disciplina, tirato a sorte
dall’elenco nazionale; da un primario della disciplina sorteggiato dall’ente
ospedaliero nel solito elenco nazionale e da un primario sorteggiato
dall’Ordine dei Medici della Provincia.
Con questo sistema sembra ridimensionata la discrezionalità di scelta da
parte delle Amministrazioni ospedaliere che prima era totale ed assoluta.
Teoricamente pare abolita.
Ma solo teoricamente, perché finirà che, malgrado i sorteggi, le
Commissioni esaminatrici locali saranno sempre predeterminate e le
assunzioni pilotate.
In seguito si racconteranno aneddoti di foglietti o bussolotti
contraddistinti in vari modi per venire individuati al tatto ed estratti; per
esempio tenuti in frigorifero e individuati dal “casuale estrattore” perché
ovviamente più freddi rispetto agli altri….
Il Capo II° (artt. 92-101) riguarda gli esami di idoneità ed i concorsi di
assunzione dei farmacisti, direttore e farmacista.

Il Capo III° (artt. 102-109) regolamenta i concorsi per il personale


amministrativo.
L’art. 102, per la copertura del posto di direttore amministrativo, tra i
requisiti dei candidati prevede la laurea in giurisprudenza o in scienze
politiche o in economia e commercio. Non prevede quella in filosofia.
Il Capo IV° passa ai concorsi per il personale tecnico, biologi, ostetriche
infermieri, puericultrici, assistenti sociali ecc.

Il Titolo VI°, (art. 125), stabilisce il diritto ad un assegno mensile per i


laureati (in medicina) ammessi all’internato.

Infine, il Titolo VII°, delle norme finali e transitorie.


L’art. 126 stabilisce tra l’altro che i sanitari che, pur non risultando
vincitori, abbiano conseguito l’idoneità in concorsi espletati a termine delle
leggi precedenti (R.D. 30/9/38 n° 631 con successive modificazioni e legge
9/8/54 n° 653), devono presentare domanda al Ministero per essere inclusi
negli elenchi degli idonei che verranno stilati dal Ministero stesso dopo
l’espletamento dei primi esami di idoneità nazionali e regionali.

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N O T E alla legge N° 833 del 28/12/78 (1)

La legge è costituita da 83 articoli, suddivisi in tre Titoli.


Il Titolo I°, del “Servizio Sanitario Nazionale”, comprende 52 articoli
suddivisi in 5 Capi.
Il Capo I° comprende 2 articoli.
Gli obiettivi della legge vengono elencati nell’art. 2 e sono:
la formazione di una moderna coscienza sanitaria (educazione
sanitaria);
la prevenzione della malattia e degli infortuni in ogni ambito di vita e di
lavoro;
la diagnosi e la cura delle malattie;
la riabilitazione degli stati di invalidità somatica e psichica;
la salvaguardia dell’ambiente naturale di vita e di lavoro;
l’igiene degli alimenti, delle bevande, dei prodotti e avanzi di origine
animale per le implicazioni che attengono alla salute dell’uomo, nonché la
prevenzione e la difesa sanitaria degli allevamenti animali e d il controllo
della loro alimentazione integrata e medicata;
una disciplina della sperimentazione, produzione, immissione in
commercio e distribuzione dei farmaci….
l’aggiornamento scientifico-culturale del personale.
Il S.S.N., nell’ambito delle sue competenze, persegue:
il superamento degli squilibri territoriali del paese;
la sicurezza del lavoro;
le scelte responsabili e consapevoli di procreazione e la tutela della
maternità e infanzia;
la promozione della salute nell’età evolutiva (servizi medico-scolastici);
la tutela sanitaria delle attività sportive;
la tutela della salute degli anziani, per la non emarginazione;
la tutela della salute mentale, privilegiando il momento preventivo,
eliminando discriminazione e segregazione, per favorire il recupero ed il
reinserimento dei disturbati psichici;
la eliminazione degli inquinamenti dell’atmosfera, delle acque e del
suolo.

Considerata la complessità della legge, viste le premesse di principi ed


obbiettivi, non si può che rimandare ad essa per soppesarne ogni parola.
Si cercherà, comunque, di darne un’idea.

Il Capo II° - competenze e strutture - va dall’art. 3 all’art. 18 compreso.


All’art. 5 lo Stato si riserva la funzione di indirizzo e coordinamento
delle attività amministrative delle regioni in materia sanitaria e l’art. 6 indica
le funzioni di competenza dello Stato elencate in 22 punti, dalla lettera a alla
lettera z, compresa la k.
L’art. 7 elenca le funzioni delegate dallo Stato alle regioni, che vanno
dalla lettera a alla lettera e.

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Viene istituito un Consiglio Sanitario Nazionale (art. 8) ed un Istituto


Superiore di Sanità (art. 9).
L’art. 10 tratta dell’organizzazione territoriale …gestione unitaria della
tutela della salute in modo uniforme su tutto il territorio nazionale mediante
una rete completa di unità sanitarie locali. L’U.S.L. è il complesso dei presidi,
degli uffici e dei servizi dei comuni, singoli o associati e delle comunità
montane, i quali, in un ambito territoriale determinato, assolvono ai compiti
del S.S.N.
Per l’art. 11 - competenze regionali - le regioni esercitano funzioni
legislative in materia sanitaria ed ospedaliera, nel rispetto delle leggi dello
Stato, ed esercitano le funzioni amministrative proprie o delegate
coordinando…unificando…ed assicurando la corrispondenza tra costi dei
servizi e relativi benefici. Devono seguire il metodo della programmazione
pluriennale e della più ampia partecipazione democratica; predisporre piani
sanitari regionali…ecc.
Alle provincie (art. 12) spetta di approvare la localizzazione dei presidi
e servizi sanitari.
Ai comuni (art. 13) sono attribuite tutte le funzioni amministrative in
materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera che non siano espressamente
riservate allo Stato e alle regioni.
L’art. 14 considera l’ambito territoriale di una USL in gruppi di
popolazione tra i 50.000 ed i 200.000 abitanti; la USL provvede a 15 funzioni,
dalla lettera a alla q, partendo dall’educazione sanitaria e passando all’igiene,
alla prevenzione, alla protezione materno-infantile, alla medicina scolastica,
del lavoro e dello sport, all’assistenza medico generica, medico specialistica
ed ospedaliera, alla riabilitazione, all’assistenza farmaceutica, all’igiene
alimentare, alla profilassi veterinaria, alle certificazioni e funzioni medico-
legali.
L’art. 15 specifica che l’USL è una struttura operativa dei comuni,
singoli o associati, e delle comunità montane e che suoi organi sono:
l’assemblea generale ed il comitato di gestione.
La prima è costituita dal consiglio comunale quando l’ambito territoriale
del comune coincide con la USL; dall’assemblea dell’associazione dei comuni
quando l’ambito territoriale della USL corrisponde a quello complessivo dei
comuni associati.
L’assemblea generale elegge il comitato di gestione il quale nomina il
proprio presidente.
Il comitato di gestione compie gli atti, predispone i bilanci ed i conti
consuntivi, i piani e programmi, la pianta organica del personale, i
regolamenti, le convenzioni, atti che vengono approvati dall’assemblea
generale.
Lo stesso articolo prevede che la legge regionale detti norme per
l’organizzazione di un ufficio di direzione dell’USL articolato distintamente
per la responsabilità sanitaria ed amministrativa preposto al funzionamento di
tutti i servizi ed alla direzione del personale.
L’art. 16 tratta dei servizi veterinari.

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L’art. 17 considera i requisiti degli ospedali - quelli della legge 132/68 -


e prevede la creazione, al loro interno, dei Dipartimenti, integrando divisioni,
sezioni e servizi per affinità… e questo è rimasto, in larghissima parte del
territorio nazionale, un pio desiderio del legislatore, stanti i personalismi di
chi avrebbe dovuto realizzarli.
L’art. 18 prevede presidi e servizi multizonali

Il Capo III°, dall’art. 19 al 46, tratta delle prestazioni e delle funzioni


dell’USL.
Le UU.SS.LL. provvederanno ad erogare le prestazioni di prevenzione,
di cura, di riabilitazione e di medicina legale assicurando a tutta la
popolazione i livelli di prestazione stabiliti….Ai cittadini è assicurato il diritto
di libera scelta del medico e del luogo di cura nei limiti oggettivi ecc…(art.
19).
Gli artt. 20 e 21 specificano rispettivamente l’attività e l’organizzazione
della prevenzione.
Gli artt. 22 e 23 prevedono rispettivamente presidi e servizi multizonali
di prevenzione e delega al Governo per l’istituzione dell’istituto superiore per
la prevenzione e sicurezza sul lavoro.
L’art. 24 detta norme in materia di igiene e sicurezza negli ambienti di
lavoro e di vita e di omologazioni; ma ancora nel 2001 si registreranno oltre
3.000 morti sul lavoro all’anno e circa tre volte questa cifra di morti in altre
situazioni (incidenti stradali e domestici), oltre a centinaia di migliaia di feriti
all’anno.
L’art. 25 affronta le prestazioni curative che comprendono assistenza
medico-generica, specialistica, infermieristica, ospedaliera e farmaceutica e
considera in modo nuovo l’assistenza medico-generica e pediatrica con la
scelta obbligatoria del medico a rapporto fiduciario; l’assistenza specialistica,
prestata di norma presso gli ambulatori dell’USL; l’assistenza ospedaliera,
prestata di norma attraverso gli ospedali pubblici e negli altri istituti
convenzionati, nell’osservanza del principio della libera scelta del cittadino…
L’art. 26 tratta delle prestazioni di riabilitazione dirette al recupero
funzionale e sociale dei soggetti affetti da minorazioni fisiche, psichiche o
sensoriali dipendenti da qualsiasi causa erogate dalle UU.SS.LL. attraverso i
loro servizi.
L’art.27 tratta degli strumenti informativi, in pratica il libretto sanitario,
e l’art. 28 dell’assistenza farmaceutica erogata attraverso le farmacie
pubbliche (allora usavano) e private convenzionate.
L’art. 29 regolamenta la disciplina dei farmaci (produzione,
distribuzione, autorizzazioni, revisioni delle autorizzazioni già concesse,
disciplina dei prezzi, ecc.
Quindici anni dopo, l’opinione pubblica verrà a conoscenza di come
interpretassero queste norme di legge alti funzionari ministeriali e
qualche ministro della Sanità.
L’art. 30 illustra il prontuario farmaceutico e l’art. 31 l’informazione
scientifica sui farmaci.

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I successivi articoli dettano norme per igiene e sanità pubblica e di


polizia veterinaria (art. 32); di accertamenti e trattamenti sanitari volontari e
obbligatori (art.33); di accertamenti e trattamenti volontari e obbligatori per
malattia mentale (artt. 34 e 35); di termalismo terapeutico (art. 36); di
assistenza sanitaria agli italiani all’estero (art. 37); di assistenza religiosa (art.
38); di convenzioni con le cliniche universitarie (art. 39); di enti di ricerca
(art. 40); di convenzioni con istituzioni sanitarie riconosciute (art. 41); di
Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (art. 42); di autorizzazioni e
vigilanza su istituzioni sanitarie (art. 43) e relative convenzioni (art. 44); di
associazioni di volontariato (art. 45) e di mutualità volontaria (art. 46).

Il Capo IV° è costituito da due corposi articoli.


Il 47 riguarda il personale dipendente delle UU.SS.LL. Prevede un
unico ordinamento sul territorio nazionale, ruoli del personale medico,
tecnico ed amministrativo e tabelle di equiparazione per il personale
proveniente dagli enti soppressi; libera attività professionale per i medici e,
per i medici a tempo pieno, l’esercizio di attività didattiche; aggiornamento
obbligatorio…., il tutto delegato al Governo che emanerà una legge entro il 30
giugno 1979:
L’art. 48 riguarda il personale a rapporto convenzionale con uniformità
di trattamento sul territorio nazionale garantita da accordi collettivi nazionali
con validità triennale tra le parti rappresentative che prevedano:
rapporto ottimale medico-assistibili per la medicina generale e pediatrica
di libera scelta;
l’istituzione di elenchi unici per medici generici, pediatri, specialisti
convenzionati esterni e per specialisti ambulatoriali;
l’accesso alla convenzione consentita ai medici ospedalieri a tempo
definito;
le incompatibilità;
il numero massimo di assistiti per ciascun medico generico e pediatra;
le forme di controllo;
le forme di incentivazione per i convenzionati residenti in zone disagiate
(il medico condotto a questo punto non aveva più motivo di esserci e
scompariva);
le modalità per assicurare la continuità dell’assistenza (nascerà la
guardia medica);
e tante altre cose.

Il Capo V° (artt. 49-52) riguarda i controlli, la contabilità ed il


finanziamento del S.S.N.
Art. 49: il controllo sugli atti delle UU.SS.LL. è esercitato dai comitati
regionali di controllo. I comuni, singoli o associati, presentano annualmente al
presidente della giunta regionale, allegata al bilancio dell’USL, una relazione
sui livelli assistenziali raggiunti e sulle esigenze che si sono manifestate nel
corso dell'esercizio.

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titolo: OSPEDALE E SANITA' A PIACENZA DAL XV ALL'INIZIO DEL XXI SECOLO

Il presidente della regione presenterà una relazione al consiglio regionale


con riferimento agli impegni assunti ed alla situazione contabile sulle quote
assegnate alla regione degli stanziamenti per il S.S.N., relazione che deve
essere trasmessa ai ministri della Sanità, del Tesoro, del Lavoro e della
Previdenza sociale.
In seguito, anche per i ritardi di tali trasmissioni, lo Stato difficilmente
sarà in grado di redigere attendibili e puntuali bilanci, con valutazioni
diverse, anche di natura politica, dei buchi contabili spesso rilevanti, da
parte di Ministero delle Finanze, Ragioneria dello Stato e Banca d’Italia.
L’art. 50 detta norme dettagliate di contabilità delle UU.SS.LL. che
devono stare in stretto contatto, addirittura bimestrale, coi sindaci per
comunicare eventuali disavanzi:
gli affidamenti regionali iscritti in entrata nei bilanci comunali per i
compiti dell’USL non possono essere utilizzati in alcun caso per altre finalità;
i contratti di fornitura non possono avere dilazioni di pagamento
superiori a 90 giorni;
alle UU.SS.LL. è vietata qualsiasi forma di indebitamento, anche
attraverso i comuni;
le UU.SS.LL. devono fornire alle regioni rendiconti trimestrali… ecc.
L’art. 51 affronta il problema centrale del finanziamento del S.S.N.
attraverso il fondo sanitario nazionale determinato annualmente con la legge
di approvazione del bilancio dello Stato che prenderà il nome di Finanziaria.
Tale fondo verrà ripartito tra tutte le regioni su proposta del ministro
della Sanità, sentito il Consiglio Sanitario Nazionale.
All’inizio di ogni trimestre i ministri del Tesoro e del Bilancio
trasferiscono alle regioni le quote loro assegnate. Le regioni ripartiranno la
quota loro assegnata tra le UU.SS.LL. della regione con criteri uniformi,
anch’esse all’inizio di ogni trimestre.

Altro che rendiconti di spese per malati di carne e d’ova al Vescovo!

Il Titolo II° (artt. 53-63) si occupa delle procedure di programmazione e


di attuazione del S.S.N. attraverso il piano sanitario nazionale triennale (art.
53) ed il primo piano sanitario nazionale per il triennio 80-82 da presentarsi al
Parlamento entro il 30 aprile 79 (art. 54), molto probabilmente senza farcela.
Gli artt. 55 e 56 prevedono rispettivamente i piani sanitari regionali ed i
primi piani sanitari regionali.
L’art. 57 prevede Decreti del Presidente della Repubblica, previa
deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del ministro della Sanità
di concerto col ministro del Tesoro, sentito il Consiglio Sanitario Nazionale,
per unificare gradualmente le prestazioni sanitarie già erogate dai disciolti enti
mutualistici, dalle mutue aziendali e dagli enti, casse, servizi e gestioni
autonome degli enti previdenziali, per disciplinare l’adeguamento della
partecipazione contributiva degli assistiti nonché le modalità ed i tempi di
tale partecipazione, in funzione della soppressione delle strutture
mutualistiche.

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titolo: OSPEDALE E SANITA' A PIACENZA DAL XV ALL'INIZIO DEL XXI SECOLO

L’art. 58 contempla un servizio epidemiologico e statistico; l’art. 59 il


riordinamento del ministero della Sanità; l’art. 60 la costituzione del Consiglio
Sanitario Nazionale.
L’art. 61 precisa le modalità di costituzione delle UU.SS.LL. da parte
delle regioni che entro sei mesi dovranno individuare gli ambiti territoriali di
ciascuna (ma già qualcosa si preparava ai sensi delle leggi del 74 e del 77
attraverso i consorzi socio-sanitari) ed entro il 31 dicembre 79 emanare la
relativa legge regionale di costituzione delle UU.SS.LL. con il graduale
trasferimento ai comuni, perché siano attribuiti alle UU.SS.LL., delle
funzioni, delle attrezzature, dei beni di cui sono attualmente titolari gli enti di
cui vengono a cessare i compiti nelle materie proprie del S.S.N., per il
trasferimento del personale, per la gestione finanziaria.

Finiscono così ai comuni, perché siano attribuiti alle UU.SS.LL.,


anche i beni dell’Ospedale che risalivano alle donazioni ai piccoli ospizi
del 2-300, passati all’Ospedale Grande unificato nel 1471 e quelle dei
secoli successivi.
Ciò che non aveva fatto Napoleone nel primo decennio dell’800,
viene realizzato dallo Stato Repubblicano, nel 1978.
L’art. 63, infine, stabilisce che dal 1° gennaio 1980 l’assicurazione
contro le malattie è obbligatoria per tutti i cittadini, anche quelli che non sono
tenuti all’iscrizione ad un istituto mutualistico di natura pubblica e coloro di
questi tenuti alla presentazione della dichiarazione dei redditi a fini fiscali,
verseranno annualmente, anche per i familiari, un contributo per l’assistenza
sanitaria.

Da questo obbligo era esentato chi, pur esercitando attività individuale,


era titolare di pensione, anche baby, e questo durò fino al 1992 quando anche
per questi si istituì la tassa della salute, sostituita nel 1997 dall’IRAP.
Si realizzava così, in parte, la fiscalizzazione degli oneri sociali
obbiettivo di tanti apprendisti sindacalisti medici degli anni 60.

Il Titolo III° (artt.64-83) tratta delle norme transitorie e finali.


L’art. 64 traccia le linee del graduale smantellamento degli Ospedali
Psichiatrici provinciali già decretata dalla legge 180 del 13 maggio 1978 e del
passaggio dei beni e del personale di tali enti (IPAB) alla USL e stabilisce che
la regione, a partire dal 1° gennaio 79, quattro giorni dopo la pubblicazione
sulla G.U. della presente legge, deve istituire i servizi psichiatrici alternativi ai
manicomi chiusi.
Venti anni dopo, qualche giornalista si renderà conto di quale sia lo
stato dell’arte in materia, in Sicilia e altrove.
L’art. 65 ribadisce l’attribuzione ai comuni, per i servizi delle
UU.SS.LL, di beni già di pertinenza degli enti mutualistici e delle gestioni
sanitarie soppressi.
Una legge regionale disciplinerà lo svincolo di destinazione dei beni, il
reimpiego ed il reinvestimento dei capitali ricavati dalla loro alienazione o

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titolo: OSPEDALE E SANITA' A PIACENZA DAL XV ALL'INIZIO DEL XXI SECOLO

trasformazione in opere di realizzazione e di ammodernamento di presidi


sanitari, nonché la tutela di beni culturali eventualmente ad essi connessi.
L’art. 66 precisa ulteriormente questo trasferimento di beni mobili ed
immobili e le attrezzature appartenenti a province, consorzi di enti locali,
laboratori di igiene e profilassi, enti ospedalieri, ospedali psichiatrici, ecc.
L’art. 67 stabilisce che il trasferimento del personale degli enti
mutualistici e delle gestioni sanitarie soppresse avverrà attraverso legge del
ministro della Sanità da emanarsi entro il 30/6/79.
L’art. 68 prevede una legge regionale per il trasferimento nei ruoli
regionali del personale degli enti sostituiti.
L’art. 69, riguardante le entrate del fondo sanitario nazionale, quello che
andrà ripartito tra le regioni che lo ripartiranno tra le UU.SS.LL., stabilisce
che a decorrere dal 1° gennaio 79 saranno versati nelle entrate del bilancio
dello Stato:
i contributi assicurativi di cui al successivo art. 76;
le somme già destinate da regioni, province, comuni e loro consorzi ed
altri enti pubblici a spese sanitarie, accertate per il 1977 maggiorate del 14%
(corrispondente verosimilmente al tasso ufficiale di inflazione del periodo);
i proventi ed i redditi netti derivanti dal patrimonio trasferito ai comuni
per le UU.SS.LL.;
gli avanzi annuali delle gestioni dell’assicurazione contro la tbc (ormai
quasi del tutto debellata);
i proventi derivanti da attività a pagamento delle UU.SS.LL….

Lo Stato riformava raschiando il barile.

L’art. 70 tratta dello scorporo dei servizi sanitari della C.R.I. e del
riordinamento dell’Associazione e l’art. 71 dei compiti delle Associazioni di
volontariato, già considerate dall’art. 45.
L’art. 72 sopprime l’ENPI, ente nazionale prevenzione infortuni e
l’ANCC, associazione nazionale controllo combustioni, le cui funzioni
dall’1/1/80 sono devolute ai comuni, alle regioni e ad organi centrali dello
Stato (CNEN). Il personale verrà traserito alle UU.SS.LL.
L’art. 74 stabilisce che le erogazioni delle prestazioni economiche per
malattia e per maternità già erogate dagli enti soppressi, sono attribuite
all’INPS.
L’art. 76 tratta delle modalità transitorie per la riscossione dei contributi
di malattia che fino al 31 dicembre 1979 restano affidati agli enti mutualistici
posti in liquidazione con legge n° 349 del 29/6/77. Dal 1° gennaio 1980 e fino
alla completa fiscalizzazione degli oneri sociali, tali adempimenti sono
affidati all’INPS (che per anni e tuttora si affannerà inutilmente per far
emergere il sommerso). I contributi di competenza affluiranno al Ministero del
Tesoro mediante versamento dei datori di lavoro o degli esattori od enti
incaricati della riscossione a mezzo ruolo:
L’art. 77 precisa la liquidazione degli enti soppressi con leggi 386/74 e
349/77 ed il ripiano delle loro passività per le quali il ministro del tesoro è

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titolo: OSPEDALE E SANITA' A PIACENZA DAL XV ALL'INIZIO DEL XXI SECOLO

autorizzato ad effettuare ricorso al mercato finanziario… cioè ai BOT,


alimentando il debito pubblico (cause croniche: sanità, previdenza e pubblico
impiego) che da quel momento si sarebbe automantenuto ed incrementato per
interessi composti crescenti, raggiungendo ed oltrepassando i due milioni e
mezzo di miliardi all’inizio del nuovo secolo e del nuovo millennio.
L’art. 80 si occupa delle regioni a Statuto speciale, l’art. 81
dell’assistenza ai mutilati e invalidi civili, che negli anni successivi si
moltiplicheranno su tutto il territorio nazionale, i cittadini del nord accusando
gli abusi in materia dei meridionali e non considerando il parente e il
dirimpettaio usufruenti, l’art. 82 delle variazioni al bilancio dello Stato per le
quali è autorizzato a provvedere il ministro del Tesoro.
L’art. 83 stabilisce che la legge entra in vigore il giorno stesso della sua
pubblicazione sulla G.U. (28 dicembre 1978) e che le disposizioni di cui ai
Capi II°, III° e V° del Titolo I° e quelle di cui al Titolo III° avranno effetto dal
1° gennaio 1979.

Legge N° 1 del 3/1/80 della Regione Emilia-Romagna (2)

La legge è costituita da 49 articoli suddivisi in quattro Titoli e ricalca, in


gran parte, le indicazioni della 8-3-3, proiettate in ambito regionale.

Il Titolo I°, dall’art. 1 all’art. 6, tratta dell’associazione dei comuni, della


composizione dell’Assemblea generale dell’associazione che può essere
composta da 30, 40, 50 o 60 componenti, della durata in carica (5 anni),
dell’adunanza e convocazione dell’Assemblea generale, del Regolamento
dell’associazione dei comuni.

Il Titolo II°, dell’Unità Sanitaria Locale, dall’art. 7 all’art. 37, è


suddiviso in 2 Capi.
Il Capo I°, dall’art. 7 all’art. 18, tratta di struttura, funzioni e
organizzazione e riprecisa funzioni e prestazioni dell’USL (art. 8),
l’articolazione in distretti sanitari di base (art 9); i compiti dell’Assemblea
generale (art. 10); il Comitato di gestione che può essere composto da 8, 12 o
16 membri, a seconda del numero dei componenti dell’Assemblea (art. 11); i
suoi compiti (art.12); le attribuzioni del Presidente (art. 13); le indennità per la
partecipazione alle riunioni dell’Assemblea (art. 14); le indennità al
Presidente, Vicepresidente e ai componenti il Comitato di gestione (art. 15); le
attribuzioni dei sindaci (art. 16); l’attività dell’unità sanitaria locale sulla base
della programmazione regionale in cui viene sottolineato il ruolo cogente
della regione, che può emanare indirizzi e direttive in materia di erogazione
delle prestazioni, di bilanci, di formazione delle piante organiche del
personale e di organizzazione dei servizi…(art. 17); la partecipazione della
collettività interessata (!).

Il Capo II°, dall’art. 19 all’art. 37, tratta dei servizi sanitari ed


amministrativi dell’USL con il loro profilo organizzativo (art. 20); la loro

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titolo: OSPEDALE E SANITA' A PIACENZA DAL XV ALL'INIZIO DEL XXI SECOLO

integrazione (art. 21); la loro organizzazione dipartimentale (art. 22); le


conferenze di organizzazione tra gli operatori degli stessi (art. 23);
l’elencazione dei servizi sanitari dell’USL (art. 24) in servizio di igiene
pubblica (art. 25), di medicina preventiva e medicina del lavoro (art. 26), per
la procreazione libera e responsabile ecc. (art. 27), per l’igiene mentale e
l’assistenza psichiatrica (art. 28), per il coordinamento dell’attività medica di
base - espressione nuova per intendere l’ambito operativo del medico della
mutua -, dell’attività specialistica ambulatoriale e dell’assistenza farmaceutica
[rispetto alla 8-3-3 si omette di citare l’attività specialistica convenzionata
esterna contro cui la regione ingaggerà una guerra] (art. 29), per l’assistenza
ospedaliera (art. 30) e così via, per il servizio veterinario, l’organizzazione dei
presidi e servizi multizonali ed il loro collegamento.
L’art. 35 tratta dei servizi amministrativi dell’USL e l’art. 36 dell’Ufficio
di Direzione preposto all’organizzazione, al coordinamento, al funzionamento
dei servizi e alla direzione del personale; è composto dai responsabili dei
servizi sanitari ed amministrativi e dai responsabili dei servizi multizonali i
quali devono essere sentiti dal comitato di gestione in ordine alle decisioni
riguardanti i servizi cui sono preposti. Il Comitato di gestione affida ad uno
dei responsabili dei servizi sanitari e ad uno dei responsabili dei servizi
amministrativi l’incarico di assicurare il coordinamento delle attività
sanitarie ed amministrative dell’ufficio di direzione, incarico triennale,
rinnovabile. I coordinatori ed il responsabile del servizio sociale partecipano
con voto consultivo alle sedute del comitato di gestione…ecc.
Va sans dire che si tratta del centro nevralgico più importante del
nuovo organismo, del quale dovevano necessariamente occuparsi tutte le
Segreterie Provinciali dei Partiti, con attente bilanciature fatte di pesi e
contrappesi, considerati i compiti dell’ufficio di Direzione, di cui all’art.
37.

Il Titolo III°, (artt. 38-42), dell’Assistenza Sociale, tratta della sua


gestione associata per sussidi, assistenza domiciliare agli anziani ed agli
inabili, strutture tutelari e residenziali….(art. 38); del suo specifico ruolo volto
a prevenire e rimuovere ostacoli di natura individuale, familiare e sociale al
pieno sviluppo della persona; a prevenire e rimuovere situazioni di bisogno,
di abbandono, di emarginazione e di disagio sociale; a favorire il
mantenimento ed il reinserimento della persona nel proprio ambiente di vita
(art. 40); delle funzioni sociali di protezione e tutela della famiglia,
dell’infanzia e dell’età evolutiva (art. 41); delle funzioni assistenziali per la
popolazione in età lavorativa e per la popolazione in età senile (art. 42).
Quanto di queste parti della legge si è poi concretamente realizzato,
a parte l’istituzione dei servizi col relativo personale?
E quanto di queste leggi, concepite a sua tutela, ha conosciuto e
conosce il comune cittadino, compreso quello dotato di cultura e capacità
di recepire in misura medio-alta, ad onta delle loro precise disposizioni
riguardanti l’informazione e la partecipazione del cittadino stesso?

201

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titolo: OSPEDALE E SANITA' A PIACENZA DAL XV ALL'INIZIO DEL XXI SECOLO

Il Titolo IV°, (artt. 43-49), tratta delle norme transitorie e finali


riguardanti l’elezione e convocazione della prima assemblea generale,
dell’elezione del primo presidente dell’assemblea generale, della prima
riunione del comitato di gestione, del trasferimento della titolarità delle
funzioni e dei beni ai comuni, delle disposizioni finanziarie relativamente
all’esercizio finanziario 1980.

N O T E alle leggi integrate N° 502 del 30/12/92 e N° 517 del 7/12/93

TITOLO I° - dall’art. 1 all’art.7 - affronta il riordinamento


dell’ordinamento del S.S.N. e delle UU.SS.LL. riconsiderando la
programmazione sanitaria nazionale e la definizione dei livelli uniformi di
assistenza (art. 1) ribadendo gli obiettivi ed il Piano Sanitario Triennale che
sarà adottato dal Governo entro il 31 luglio dell’ultimo anno di vigenza del
Piano precedente.
Tale Piano Sanitario Nazionale indica:
le aree prioritarie ecc.; i livelli uniformi di assistenza sanitaria ecc.; i
progetti-obiettivo ecc.; le esigenze prioritarie nella ricerca biomedica ecc.; gli
indirizzi per la formazione di base ecc.; le misure e gli indicatori per la
verifica dei livelli ecc.; i finanziamenti.
Le Regioni entro centocinquanta giorni adotteranno i Piani Sanitari
Regionali.
Il Ministro della Sanità annualmente predisporrà una Relazione
esponendo i risultati conseguiti rispetto a quanto fissato dal Piano Nazionale.
L’art.2 ridefinisce le competenze regionali.
L’art. 3 ridefinisce l’organizzazione delle UU.SS.LL. che diventano
aziende dotate di personalità giuridica pubblica con autonomia
organizzativa, amministrativa, patrimoniale, contabile, gestionale, e tecnica
coi compiti di cui all’art. 1.
Sono organi dell’USL il Direttore Generale ed il Collegio dei Revisori,
figure nuove, coadiuvato dal Direttore Amministrativo - già coordinatore -,
dal Direttore Sanitario (idem c.s.) e dal Consiglio dei Sanitari, ecc.
Le regioni devono prevedere la riduzione delle UU.SS.LL., la loro
articolazione in distretti, il loro finanziamento, le modalità di vigilanza e
controllo, i criteri per la definizione delle dotazioni organiche e degli uffici
dirigenziali delle stesse.
Tutti i poteri di gestione sono riservati al Direttore Generale che sarà
nominato dalla regione scegliendolo tra gli iscritti in apposito elenco
nazionale presso il Ministero della Sanità. Il rapporto di lavoro del Direttore
Generale, del Direttore Amministrativo e del Direttore Sanitario è a tempo
pieno regolato da contratto di diritto privato di durata quinquennale,
rinnovabile non oltre il sessantacinquesimo anno di età. I contenuti di tale
contratto, ivi compresi i criteri per la determinazione degli emolumenti, sono
fissati con decreti del Presidente del Consiglio, su proposta ecc., sentiti ecc.

202

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titolo: OSPEDALE E SANITA' A PIACENZA DAL XV ALL'INIZIO DEL XXI SECOLO

I Direttori Amministrativo e Sanitario sono nominati dal Direttore


Generale.
Il Consiglio dei Sanitari è organismo elettivo a maggioranza di medici -
con presenza maggioritaria di medici ospedalieri - con rappresentanza di
infermieri e tecnici e la presenza del Veterinario. Viene presieduto dal
Direttore Sanitario.
Il Collegio dei Revisori è composto di tre membri: uno designato dalla
regione, uno dal Ministro del Tesoro ed uno designato dal Sindaco o dalla
conferenza dei Sindaci della USL e dura in carica cinque anni.
Il Sindaco o la conferenza dei Sindaci della USL provvede a definire le
linee di indirizzo dell’attività, esamina il bilancio pluriennale di previsione e,
come già il Vescovo, il bilancio di esercizio e rimette alla regione le relative
osservazioni….
L’art. 4 ridefinisce gli ospedali distinguendoli in aziende ospedaliere
autonome rispetto alla USL e ospedali presìdî della USL.
Le prime vengono determinate dal Consiglio dei Ministri su proposta…,
in base a indicazioni…, dopo verifica di requisiti di alta specializzazione di
ognuno di essi sul territorio nazionale.
Le aziende ospedaliere così determinate hanno gli stessi Organi previsti
per le USL, i Direttori Sanitario ed Amministrativo ed il Consiglio dei Sanitari
e posseggono autonomia economico-finanziaria.
Tra le aziende ospedaliere rientrano i policlinici universitari - che restano
aziende dell’Università - e gli ospedali in cui insiste la prevalenza del corso
formativo del triennio clinico (gli ultimi tre anni) della facoltà di Medicina.
Le regioni provvedono al finanziamento delle aziende ospedaliere
mediante l’attribuzione di una quota del Fondo Sanitario Regionale,
prevedendo gli introiti delle stesse con le prestazioni erogate, le quote di
partecipazione alla spesa dei cittadini, gli introiti connessi all’attività libero-
professionale dei medici, lasciti, donazioni…
Gli altri ospedali, presidio delle UU.SS.LL., hanno un dirigente sanitario
ed uno amministrativo.
L’ospedale di Piacenza resta un presidio della USL.
Le regioni devono riorganizzare tutti i presìdî ospedalieri correlando gli
standard con gli indici di degenza media, l’intervallo di tournover e la
rotazione degli assistiti.
Entro 120 giorni dall’entrata in vigore della 517 del 7/12/93,
all’interno delle aziende e dei presìdî ospedalieri sono - la legge dice: sono e
non: saranno - riservati spazi adeguati per l’esercizio della libera
professione intramuraria…
Si tratta degli stessi spazi per le attività libero professionali che
bisognava individuare entro la fine dell’anno 1975, secondo le leggi 132 del
’68 e 130 del ’69.
L’art. 5, del Patrimonio e contabilità, prevede un altro trasferimento dei
beni mobili, immobili, ecc.
La 833 del ’78 li aveva trasferiti ai Comuni con vincolo nei confronti
delle UU.SS.LL. Adesso vengono trasferiti dai Comuni alle UU.SS.LL.

203

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titolo: OSPEDALE E SANITA' A PIACENZA DAL XV ALL'INIZIO DEL XXI SECOLO

Questi benedetti beni mobili, ma soprattutto immobili, avranno


finito di girare?
Gli atti di donazione alle UU.SS.LL. sono esentate da tasse e la gestione
economico finanziaria di UU.SS.LL. e aziende ospedaliere saranno informate
alle norme del Codice Civile con obbligo di rendere pubblici annualmente
previsioni e risultati di analisi dei costi e rendimenti.
L’art. 6 tratta dei rapporti tra S.S.N. e Università e l’art. 7 dei
Dipartimenti di prevenzione.

Il TITOLO II° (artt. 8-10), tratta di prestazioni, forme integrative di


assistenza, controllo di qualità.
L’art. 8 considera il rapporto tra il S.S.N. e i medici ed i pediatri di base
attraverso convenzioni; prevede, tra l’altro, di “concordare livelli di spesa
programmati responsabilizzando (vuol dire: obbligando?) il medico al
rispetto dei livelli di spesa indotta per l’assistito, tenendo conto delle spese
direttamente indotte dal medico e di quelle indotte da altri professionisti e da
altre strutture specialistiche e di ricovero”
Il famoso “cappotto” prescritto dal medico divenuto “ordinatore di
spesa”.
Prevede inoltre accordi con le guardie mediche ed i medici dei servizi;
l’accesso alla funzione di medico di medicina generale; i rapporti con le
farmacie; i requisiti minimi, verificabili periodicamente, per l’esercizio delle
attività sanitarie da parte delle strutture pubbliche e private; l’erogazione,
ferma restando la facoltà di libera scelta (??), delle prestazioni specialistiche
ai cittadini attraverso i propri presìdî, ivi compresi gli ospedali militari.

Il TITOLO III° (artt. 11-13), tratta del finanziamento del S.S.N.


A decorrere dal 1992 i lavoratori autonomi verseranno una tassa
proporzionale al reddito imponibile alle regioni (la tassa della salute).
I datori di lavoro privati per i dipendenti, le amministrazioni statali per il
pubblico impiego, lo SCAU per i Coltivatori Diretti, le Casse Marittime per i
loro assistiti, le rispettive Casse o Amministrazioni per i pensionati, versano
all’INPS le quote di contributo salute, indicando la residenza del singolo
contribuente.
L’INPS le riverserà alle regioni di residenza.
Il CIPE, poi, delibera annualmente l’assegnazione in favore delle
regioni, a titolo di acconto, quote del Fondo Sanitario Nazionale, tenuto conto
dell’importo complessivo presunto dei contributi attribuiti a ciascuna regione.
Alla copertura finanziaria dell’eventuale differenza tra il complesso dei
contributi sanitari previsto ed i contributi effettivamente riscossi dalle regioni,
si provvede con integrazione del Fondo Sanitario Nazionale nella Legge
Finanziaria (quella che in quei due anni oscillava tra i 93.000 ed i 35.000
miliardi di prelievo aggiuntivo, in aggiunta alle manovrine, manovrette e
manovre di velluto).
Una contabilità complicatissima, da far girare la testa, ma non certo
ai funzionari ministeriali assuefatti a questo ed altro.

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L’art. 12 tratta del Fondo Sanitario Nazionale definito di parte corrente,


alimentato interamente da stanziamenti a carico del bilancio dello Stato,
annualmente determinato dalla Legge Finanziaria, tenendo conto dell’importo
presunto dei contributi attribuiti direttamente alle regioni.
Il Fondo Sanitario Nazionale viene poi così ripartito: la quota capitaria di
finanziamento alle regioni viene determinato sulla base di un sistema di
coefficienti parametrici in relazione ai livelli uniformi di prestazioni sanitarie
in tutto il territorio nazionale in base alla popolazione residente, alla mobilità
sanitaria ed alla consistenza degli impianti tecnologici (chi ha questi impianti
avrà più soldi, chi non li ha fischia).
L’art 13 prevede forme di autofinanziamento regionale con la facoltà di
ridurre i limiti massimi di spesa previsti per i cittadini esenti o l’aumento della
quota fissa su prescrizioni farmaceutiche e prestazioni sanitarie (ticket).

Il TITOLO IV° composto dall’art 14, tratta della partecipazione a tutela


dei diritti dei cittadini.

Il TITOLO V° (artt. 15-17), tratta del personale, in particolare di quello


medico, e modifica, almeno sulla carta, ruoli, gerarchie e rapporto di lavoro
nei confronti del S.S.N.
L’art. 15 disciplina la dirigenza del ruolo sanitario.
Questa, adesso, viene articolata in due livelli.
Il primo livello della dirigenza sanitaria - verosimilmente il livello
intermedio corrispondente all’aiuto di prima - ha funzioni di supporto, di
collaborazione e corresponsabilità con precisi ambiti di autonomia all’interno
della struttura nel rispetto delle direttive del responsabile (e quindi vi è un
responsabile).
Il secondo livello ha funzioni di direzione ed organizzazione della
struttura, indirizza e decide le scelte in campo preventivo, clinico, diagnostico
e terapeutico.
Le funzioni, in pratica, del vecchio Primario che forse ora si chiama
dirigente di secondo livello.
Sono previsti settori o moduli organizzativi - verosimilmente all’interno
della struttura - i cui incarichi dirigenziali - verosimilmente di primo livello -
vengono conferiti dal Direttore Generale, su proposta dei dirigenti di secondo
livello (i responsabili).
Al primo livello si accede attraverso concorso pubblico.
Al secondo livello si accede per incarico se in possesso di idoneità
nazionale ottenuta con procedure diverse da quelle della 132 del ’69,
specificate nel successivo art. 17.
L’incarico viene conferito dal Direttore Generale sulla base del parere di
una Commissione di esperti nominata dallo stesso Direttore Generale
composta dal Direttore Sanitario, da un esperto nominato dalla regione ed uno
designato dal Consiglio dei Sanitari tra i dirigenti di secondo livello del S.S.N.
Come si vede, sempre più difficile, poco semplice e non molto
trasparente.

205

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titolo: OSPEDALE E SANITA' A PIACENZA DAL XV ALL'INIZIO DEL XXI SECOLO

L’incarico ha durata quinquennale, dà luogo a specifico trattamento


economico (specifico ma non specificato), è rinnovabile o non rinnovabile
previa verifica con riferimento agli obiettivi affidati.
L’art. 16 tratta della formazione postuniversitaria del medico all’interno
del S.S.N.
L’art. 17 tratta della regolamentazione dell’esame di idoneità
all’esercizio alle funzioni di direzione.
L’esame è diretto ad accertare capacità professionali, organizzative e di
direzione, considera prove teorico-pratiche consistenti in tests di domande a
risposte multiple.
I criteri generali per la predisposizione e la valutazione di tests sono
stabiliti da una Commissione Ministeriale.
I tests nelle singole materie d’esame sono predisposte da altre apposite
Commissioni Ministeriali.
Il Ministero della Sanità indice esami di idoneità nazionale ogni due anni
(bando sulla G.U.).
Infine il TITOLO VI°, delle norme finali e transitorie, è rappresentato
dall’art. 18.
Come le norme finali e transitorie di ogni legge, anche queste sono
transitorie e finali.
Ma saranno certamente state vitali per chi sa quante persone,
salvaguardate e sanate in extremis.

N O T E alla legge 229/99

Riordinando la 502 del ’92 e la 517 del ’93, prevedeva:


(1) Primari con incarico quinquennale, revocabile, ed un unico livello
della dirigenza per tutti i medici a rapporto dipendente, ma con stipendi,
competenze e responsabilità diverse.
Medici esclusivi, cioè o dentro alle strutture accreditate o fuori, con età
pensionabile a 65 anni per tutti.
Accreditamento di strutture pubbliche e private da parte della Regione,
con modelli standard di requisiti qualitativi, verificati da una Commissione
Nazionale istituita presso l’Agenzia per i servizi sanitari regionali.
Le AA.SS.LL. si organizzeranno secondo criteri privatistici.
I Direttori Generali, nominati a livello regionale, saranno valutati
periodicamente dalla Regione che acquisirà anche i pareri dei Comuni.

(2) Il Decreto 347/2001:


Prevede il ripianamento da parte dello Stato dei deficit sanitari delle
Regioni ed il finanziamento dei Fondi Regionali fino al 2004, mettendo in
previsione di spesa statale 465.000 miliardi, pari a 240 miliardi 152 milioni e
458.000 Euro, pari a poco meno di un quinto del debito pubblico italiano nel
2001 (2 milioni e mezzo di miliardi?).

206

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titolo: OSPEDALE E SANITA' A PIACENZA DAL XV ALL'INIZIO DEL XXI SECOLO

Le Regioni pagheranno di tasca propria gli eventuali deficit di AASSLl


ed Ospedali ricorrendo a tasse regionali o, nel quadro di programmazioni
previsionali tenuto conto dei Livelli essenziali di assistenza (LEA), potranno
impostare modalità di compartecipazione alla spesa da parte degli assistiti.
Prevede inoltre l’obbligo del pareggio di bilancio per AASSLL ed
Aziende Ospedaliere ed una stretta alla spesa farmaceutica che non deve
superare il 13% di quella sanitaria complessiva.
Taglia circa 30.000 posti letto portando quelli per acuti da 4,5 a 4 per
mille abitanti.
Il tempo definito dei medici resta fino al 1 febbraio 2002 (scade cioè tra
meno di tre mesi).
Le Regioni che non attueranno le misure di contenimento tenendo conto
dei LEA attesi dal Patto Stato-Regioni, potranno perdere le risorse aggiuntive.
Complessivamente, però, il rapporto tra spesa sanitaria e PIL cresce dal
5,2% al 6%.

N.B. Le cifre riportate nel presente lavoro sono in lire italiane.


Dal 1° gennaio 2002 la lira verrà sostituita dalla moneta unica europea -
Euro - al valore corrispettivo di un Euro pari a 1936,27 lire italiane.
Cesserà per le Banche Nazionali di 12 Stati Europei - restano fuori tra i
15 Inghilterra, Svezia e Danimarca - e quindi anche per la Banca d’Italia, nata
nel 1893, la finora essenziale funzione di battere moneta.

Finito di scrivere a Piacenza nel marzo 2002

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APPENDICE
15 ANNI DOPO

Sono uscito dall’Ospedale di Piacenza nel 1978 e non vi ho


più rimesso piede tranne che per qualche passaggio occasionale.
Vi sono dovuto tornare per la via crucis di mio figlio
Antonio, già operato nel 2000 all’encefalo per germinoma, con
esiti di deficit della memoria recente e discreto idrocefalo,
iniziata nella tarda serata del 2 agosto 2016 e trascinatasi fino al
16 novembre 2016.
Vi ho trovato una sanità fatta di infermiere davanti a monitor
e da medici maschi e femmine (più femmine) in un tourbillon di
turni, sempre immersi davanti agli stessi monitor.
L’ispezione, la palpazione, la percussione e l’ascoltazione
sui pazienti della medicina dei miei tempi non esistono più.
Il malato è esaminato dal computer e chi a turno lo assiste
guarda i vari monitor, quelli al letto del paziente e quelli in
“studio”.
Ci sono anche sale con televisori per le lunghe attese dei
parenti.
Giorno dopo giorno, ho redatto il diario che segue.

208

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03/08/2016, mercoledì.

Antonio mi telefona alle 8 che è ricoverato perché è stato


male. Appare confuso. Mi chiede di andare all’Azienda dove
lavora dove lavora a prendere il telefonino sulla sua macchina
che è posteggiata là. Evidentemente straparla.
Due giorni fa eravamo andati insieme a Pavia a prenotare
una cinerisonanza magnetica dell’encefalo per la prossima
primavera. Ha guidato lui la macchina e stava bene.
Ha iniziato le ferie dal lavoro da un paio di giorni.
Ieri sera verso le 19 è stato trovato dal vicino di casa
Claudio, compagno della cugina di Antonio Letizia, in gravi
condizioni in un lago di diarrea. La sorella Mariagrazia lo ha
fatto portare in Ospedale. Al Pronto Soccorso si è pensato a crisi
epilettica e viene ricoverato in Neurologia, appoggiato
provvisoriamente in Urologia.
Stamattina appare obnubilato. E’ caduto a terra sia a casa che
in ospedale. Rintraccio Mariagrazia. All’inizio non si capisce
niente. Sembra che la creatinina sia 3 e la pressione bassa. La
neurologa pensa a una “sincope”.

4 agosto 2016, giovedì


L’indomani mattina, è caccia alla sua borsa con il kit del GH
ed il portafoglio. La troverà Mariagrazia, dopo molte indagini e
ricerche in vari reparti, in un armadietto “sbagliato”.
Antonio è passato dalla Urologia alla Neurologia e, da qui, a
Medicina sub intensiva, in condizioni generali scadute con
torpore ed acrocianosi diffusa. Verso mezzogiorno fanno una
TAC addominale, che poi risulterà una angiotac malgrado una
elevata creatininemia (si saprà dopo che era salita a 9, con CPK
29.000) perché ci sarebbe un “addome a tavola”. Dalla Tac
risulta una ischemia addominale non meglio precisata e nel
primo pomeriggio Antonio viene trasferito in Rianimazione.
Il direttore dr Nolli fra tanto dire e non dire, quadro grave
ecc. , afferma che l’addome “non è a tavola, ma abbastanza
trattabile”.
Qui, verso sera, si procede alla prima emodialisi mentre è
sotto noradrenalina per sostenere la pressione arteriosa bassa.

209

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05 Agosto 2016, venerdì.


Antonio è sempre ipoteso, sotto adrenalina, anurico, acro
cianotico e non si sa in quali condizioni sia l’addome. Ripete
l’emodialisi. Nel primo pomeriggio il chirurgo Celoni gli pratica
una rettoscopia che evidenzia lesioni “pseudo membranose”.
Avanza l’ipotesi di una infezione da clostridium difficile.
Farà un controllo lunedì prossimo, 8 agosto.

06 Agosto, sabato
Riesco ad entrare in reparto solo nel pomeriggio ed incontro
il nefrologo Francesco Rastelli. Antonio ha cominciato ad
urinare 50cc l’ora. Non è più ipoteso (130/80) senza adrenalina.
L’acrocianosi (da coagulazione intravascolare disseminata?) è
regredita.
Pare che il CPK sia sceso a 20.000. Creatinina intorno a 5.

07 Agosto, domenica.
Antonio oggi non ha fatto dialisi. E’ stabile. Forse è risalita
un po’ la creatininemia. CPK intorno a 7.000. Nolli gira intorno
facendo paragoni cementizi nei tubuli “che non filtrano” (quando
invece riassorbono l’acqua filtrata dal glomerulo) ed accennando
anche a possibile morbo di Chron.
Qualcuno aveva detto a Imberti, primario di medicina ed
amico d’infanzia di Antonio, che ad Antonio, oggi, domenica,
sarebbe stata fatta una colonscopia, ma è tutto un equivoco di chi
ha detto o di chi ha sentito e poi riferito male.
Per il quadro addominale teso senza movimenti intestinali,
propongo di fare una TAC (o una laparoscopia), ma Nolli
respinge l’idea.

08 Agosto, lunedì.
Telefono a Celoni che verso la mezza mi fa sapere di aver
ripetuto la rettoscopia e di avere riscontrato una certa regressione
delle lesioni viste venerdì. Lo ha trovato meglio.
Alla visita serale Antonio è un po’ più provato, forse per la
sedazione per la rettoscopia. Non ha più la mascherina
dell’ossigeno, La diuresi è un po’ più contratta. Il resto al solito.

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La dottoressa con cui parliamo, a richiesta, conferma i dati


della rettoscopia, il CPK è sceso sui 3.500, la creatininemia sopra
i 5. Ma ieri non ha fatto dialisi.

09 Agosto, martedì.
Telefono al nefrologo Rastelli che dice che lo vedrà nel
pomeriggio e mi riferirà per telefono. Ma non lo farà.
Oggi Antonio fa la dialisi. Quando vado a trovarlo alle 18
circa appare stanco e fa fatica a parlare perché, a mio avviso,
disidratato. L’infermiera dice che rifiuta di voler bere e invece,
quando gli si dà da bere un po’, riesce a bere e deglutire.
La dottoressa che riferisce dice che la creatininemia prima
della dialisi è sui 4 e il CPK a 1500.
La diuresi è diminuita. Ma hanno fatto la dialisi a “calo
ponderale”, cioè, se ho capito bene, con maggiore eliminazione
di quota liquida.
Per l’addome sempre globoso, domani faranno una TAC.
Raccomando di non introdurre mezzo di contrasto, per non
intasare ulteriormente i reni. Ma faranno come vorranno.

10 Agosto, mercoledì.
Dalla Tac total body fatta oggi risulta:
a carico dell’apparato respiratorio la comparsa di un
versamento pleurico a sinistra che necessiterà di toracentesi
diagnostica ed evacuativa;
a carico dell’addome una acinesia viscerale diffusa (anche se
oggi A. ha evacuato del liquame) con imprecisato ristagno
gastrico, Nolli dice con componente biliare, che sarebbe stato
aspirato. Poi parla anche di versamento peritoneale, ma non
chiaramente.
Per l’acinesia intende iniziare terapia con domperidone e
prostigmina.
Intanto oggi è stato sottoposto a dialisi e la diuresi si è
contratta.
Staremo a vedere domani.

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11 Agosto, giovedì.
Vado a trovare A. verso le 17 e lo trovo un po’ più su, ma gli
atti respiratori sono frequenti (da 25 a 40). La lingua è umida, ma
non riesce a parlare in maniera comprensibile. Ha iniziato la
terapia con prostigmina. La diuresi è scarsa. E’ in corso dialisi.
A fatica capisco che mi dice: è appena andato via
Giovanni…(Mariagrazia poi dedurrà: Giovanni Porcari).
Ritorno alle 18, 30, resto in attesa di parlare con Nolli che mi
passa davanti senza dire niente.
Arrivano Lorenza ed Irene (ex moglie e figlia di Antonio)
che lo vanno a trovare ma, stranamente, Antonio “dorme”.
Chiedo se si può parlare con Nolli, ma mi dicono che sta
preparando una broncoscopia ad Antonio. Broncoscopia?
Perche?
Poi arriva Mariagrazia che trova pure lei Antonio dormiente,
evidentemente sedato, alla quale Nolli riferisce di aver fatto oggi
una toracentesi di 400 cc. e che si appresta alla broncoscopia. Io
non capisco questa necessità, ma dopo parlo anch’io con Nolli di
sfuggita, il quale parla di catarro che A. non riesce ad espellere,
dice che vuole fare un lavaggio bronchiale con prelievo di
catarro per esami microbiologici. Resto ad aspettare e dopo un
po’ Nolli arriva con alcune fotografie che mostrano mucosa
bronchiale normale.
Gli chiedo alcuni aggiornamenti sui valori ematochimici. La
creatininemia è 3,4; il CPK è sceso a 2700; alta la
mioglobulinemia di cui finora non si era parlato.
E’ un fatto che se da una parte gli fa prostigmina e dall’altro
lo seda per inutili broncoscopie, l’intestino non si muove di
certo.
Vedremo le novità di domani.
Stasera mi hanno rubato la bicicletta.

12 Agosto, venerdì
Alle 9,30 arriva la telefonata della dott.ssa Scaltrini. Questa
notte Antonio ha avuto febbre a 38 e la P.A. è scesa a 60 mm Hg.
Hanno deciso di operare l’addome. Entrerà in sala operatoria
fra mezz’ora, lo opererà il dott. Celoni.

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Vado in ospedale. A mezzogiorno il dott. Celoni riferisce di


aver trovato un’ansa dell’ileo in necrosi e di avere proceduto a
resezione di circa un metro del tenue stesso, senza procedere alla
stomia col colon e lasciando l’addome aperto perché lo vuole
rivedere, in sala operatoria, domattina, sabato. Conferma il
sospetto del clostridium difficilis.
La P.A. è di 65 mm. di Hg.
Nel pomeriggio salirà fino a 80 mm. e frequenza cardiaca
intorno ai 110/m’. Antonio è anurico ed ha un po’ di febbre.
Resta intubato col respiratore e sedato.
Mi rifiuto di andare a sentire le balle di Nolli.
Così passa la nottata.

13 Agosto, sabato.
Antonio ha avuto ancora febbre a 38 questa notte e la
pressione si mantiene intorno agli 80. Poi saprò che in nottata
sempre sotto adrenalina è arrivato anche a 110.
Verso le 10,30 entra in sala operatoria.
A mezzogiorno circa il dott. Celoni riferisce che il rimanente
intestino è irrorato normalmente, che ha tolto della fibrina ed ha
eseguito un lavaggio.
Il responsabile di tutto – colite pseudo membranosa – è il
clostridium difficile che pare sia stato evidenziato anche dalla
copro cultura, ma non si saprà mai con certezza.
Si tratta di fare la terapia con metronicazolo ed un altro
antibiotico.
Dal punto di vista chirurgico si prospetta una ileostomia
esterna temporanea – qualche mese? – finché le lesioni saranno
regredite.
Poi si passerebbe al riabboccamento dell’ileo residuo col
colon.
Celoni rivedrà Antonio martedì prossimo, 16 agosto.
Vado in serata. Mi danno un camice e dei guanti per entrare
nella sua stanza. E’ sedato e sta facendo dialisi.
La P.A. è intorno a 100 mm. Hg.
Aspettiamo.

14 agosto, domenica

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Verso le 15 arriva una telefonata di Mariagrazia, Le ha


telefonato la Scaltrini che, siccome Antonio si è ripreso bene,
Celoni ha deciso di operarlo oggi anziché martedì.
Alle 17 Antonio è appena stato portato in camera operatoria.
Ne esce un’ora dopo circa. Celoni ha proceduto
all’ileostomia esterna. L’intestino residuo è ben irrorato, ma
appare edematoso e fragile con problemi per i punti di sutura.
Per il momento è andata, con la parete addominale ancora
aperta.
Potrò rivedere Celoni martedì 16 in mattinata che mi
aggiornerà. L’ultimo intervento per suturare la parete
addominale è previsto per martedì 16 o mercoledì 17 agosto
prossimo.
Naturalmente Antonio è sedato, non ha febbre, P.A. 140/80,
battiti cardiaci intorno ai 100/m’. Oltre al sacchetto per la diuresi
– scarsa – c’è un altro sacchetto con liquido ematico, forse un
drenaggio addominale.
Arriva Mariagrazia col marito e le espongo quanto riferito da
Celoni.

15 Agosto, lunedì
Vado a trovare Antonio verso le 18.
Ha 37,1. E’ sedato. Lo chiamo e reagisce aprendo a fatica
un occhio. Mi sembra un po’ giallino. Poca urina, ipercolorata
(?). P.A. 130/80, frequenza intorno ai 100.
Torno a casa.

16 Agosto, martedì.
Alle 8,30 circa vedo Celoni in “Endoscopia chirurgica” al 1°
piano, settore B. E’ passato a vedere Antonio e lo ha trovato
stazionario. Dice che – finalmente – gli danno l’antibiotico per
via orale (per via endovena è inattivo).
Domani in mattinata suturerà la parete addominale. Poi ci
vorrà pazienza.

17 Agosto, mercoledì
La mattina alle 11,30 Antonio esce dalla sala operatoria.
Celoni ha chiuso l’addome. L’ileostomia regge. Oggi Antonio

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farà la dialisi. Ho incontrato Nolli che dice le solite cose, che va


meglio per quanto riguarda indici respiratori ed emodinamici, ha
quasi del tutto sospeso l’adrenalina e la P.A. tiene, ma bisognerà
stare a vedere.
Torno la sera, c’è Lorenza fuori, Irene è andata dentro con
Piero, il marito di Mariagrazia. Si parla con Nolli del nulla.
Vado a trovare Antonio. Ha gli occhi aperti. Gli chiedo se mi
vede, ma non fa nessun cenno di risposta.
Vedremo domani.

18 Agosto, giovedì
Telefono a Mariagrazia per la comunicazione ad Iren. Dice
che fa tutto lei, ha parlato con l’ufficio personale ed ha già il
certificato di degenza, iniziata la notte tra il 2 ed il 3 agosto .
La sera vado a trovare Antonio che è sempre sedato ed
intubato. Al richiamo apre appena l’occhio, come ieri. Pressione
e frequenza cardiaca come al solito. Diuresi molto scarsa.
C’è Lorenza ex moglie di Antonio con Irene loro figlia ed
arriva anche Mariagrazia.
Io e Mariagrazia parliamo con Nolli che dice di condizioni
stazionarie. Farà eseguire un elettroencefalogramma, ma non
dice nulla di chiaro circa la riduzione della sedazione – continua
a fare morfina? - e del risveglio che lui chiama “quadro
neurologico”. La creatininemia è 1,40.
Lo lascio parlando di “incomunicabilità”.

19 Agosto, venerdì
Questa sera, verso le 18, da Antonio non si può entrare
perché lo stanno “sistemando”.
Vedo il dr Villani, giovane, molto gentile. Mi dice che hanno
fatto una TAC, cranio: solito reperto, torace: piccolo versamento
a sinistra, addome: versamento nel peritoneo, postoperatorio (?).
E’ sostanzialmente anurico.
Il problema però è il risveglio e la conseguente possibile
estubazione. Antonio fa ancora morfina, a piccola dose più
l’antidoto metadone. Secondo me è logico che non si svegli.
Ma Villani dice che domattina praticherà una finestra
terapeutica di alcune ore con sospensione della morfina.

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Mi potrà riferire domani sera.


Informo per telefono Mariagrazia.

20 Agosto, sabato
Alle 18 vado a trovarlo. Risponde al richiamo aprendo un
occhio. Poi più niente. C’è un po’ di urina nel sacchetto.
Parlo a lungo con Villani ed il dott. Spagnolo, medico più
anziano, tutti e due molto gentili.
Dicono che va un po’ meglio, stamattina rispondeva agli
stimoli, anche quando gli chiedevano di stringere la mano.
Per l’atonia muscolare diffusa lunedì sentiranno il fisiatra.
Per la sedazione, il programma è di terminare con l’ultima
dose di morfina, per continuare con metadone come
antidolorifico.
Sentito l’infettivologo, hanno sospeso un antibiotico a largo
spettro che facevano, prosegue col solo metronicazolo.
Bisognerà pensare all’estubazione e non si esclude una
tracheotomia.
Intanto hanno bisogno del GH che Antonio pratica
quotidianamente. Quello portato da casa è finito e la farmacia
dell’ospedale è chiusa. Se lo procureranno lunedì.
Esco e fuori, mentre piove, incontro Lorenza con Irene poi si
aggiunge Mariagrazia che era andata a vedere Antonio mentre io
parlavo coi medici e poi sono uscito senza incontrarla.
Ci aggiorneremo domani sera.

21 Agosto, domenica
Alle 18 circa incontro il dottore Spagnolo, il quale è molto
gentile, disponibile ed esauriente.
Mi dice che sua moglie è una infermiera che si chiama
Pagani che ha lavorato in dialisi con Scarpioni senior ai tempi di
Petrella. Io non mi ricordo, forse lei si ricorderà di me.
Antonio sembra più vigile, risponde meno debolmente ai
richiami aprendo gli occhi e stringe debolmente la mano alla
richiesta. Stamane ha fatto dialisi. Ha urinato un po’ di più,
intorno ai 700 – 800 cc. Il sacchetto dall’ileostomia ha raccolto
feci, il che significa che l’intestino si muove. Dicono che ha

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sospeso la morfina e pratica ancora metadone. Gli altri parametri


intorno ai soliti valori. Temp. (interna) 37,1.
Lunedì inizierà trattamento motorio e poi si dovrà valutare il
momento dell’estubazione, previa tracheotomia o no,
sospendendo per qualche minuto la respirazione indotta, per
vedere la ripresa degli atti respiratori.
Qualcuno dice che la respirazione artificiale esogena può
indurre inattività del diaframma.
Speriamo bene, ma intanto qualcosa sembra andare meglio.

22 Agosto, lunedì
Alle 18 trovo che ad Antonio è stata praticata la trachetomia.
Lo hanno dovuto sedare ed infatti è più sonnolento, apre gli
occhi se chiamato, ma non muove le dita.
Una infermiera gentile, messinese, Grazia, mi dice che ha
urinato quasi 100 cc all’ora (adesso il sacchetto è vuoto), sta
facendo albumina ed è sedato con Propofol, antidolorifico, oltre
al metadone. Hanno ripreso il GH.
Dalla dott.ssa Scaltrini non riesco a sapere il programma
relativo all’estubazione. Un’altra dottoressa più giovane mi dice
che Antonio innesca lui il respiro e dalla “macchina” viene solo
aiutato. Faranno prove che sanno solo loro ed entro 48 ore si
potrà sapere qualcosa in più.

23 Agosto, martedì
Vado a trovare Antonio verso le 17,30.
Ha 37,6 di temperatura, P.A. intorno a 105, ha urinato circa
1000 cc da questa mattina, apre gli occhi se chiamato, ma non
riesce a muovere un dito della mano. Non ha fatto dialisi.
L’infermiera dice che è un po’ agitato, forse disturbato e stanco
della confusione che ha intorno.
Quanto alla sedazione, dice che ne fa poca (propophol?), 2
ml l’ora, che fanno 48 ml nelle 24 ore.
Aspetto un po’ seduto fuori.
Poi torno a casa senza parlare con la o le dottoresse, la
Scaltrini e l’altra, che di solito non dicono nulla.

24 Agosto, mercoledì

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Verso le 18 in reparto trovo mia nipote Silvia, la figlia di


mia figlia Mariagrazia, che aspetta di andare a trovare Antonio.
Aspettiamo un po’ poi entriamo e lo troviamo più sveglio, ha
contratture tonico-cloniche all’arto superiore Dx e i globi oculari
tendono ad essere rivolti in alto ed a Dx. Cute imbibita.
Comunque riesce a rispondere con qualche cenno.
E’ ancora con la cannula nella tracheotomia attaccata al
respiratore. Temp. (interna) 37,5, P:A. 105/55, diuresi intorno ai
100.cc l’ora. Oggi ha fatto dialisi “depurativa”, senza variazioni
idriche.
Parlo un po’ con Silvia.
Torno a casa senza parlare coi medici, Sembra ci siano Nolli
e quella coi capelli corti grigi.

25 Agosto, giovedì
Verso le 17 parlo col dr. Riccardi del reparto di Nefrologia
nel vecchio ospedale. Dice che la diuresi è ripresa ma i reni non
concentrano, evidentemente per necrosi tubulare sofferta. Una
possibile loro ripresa funzionale richiede 4 settimane. La
creatinina si aggira attorno ai 5. Complica le cosa la perdita di
liquidi attraverso la stomia ileale. Per il momento procedono con
due dialisi settimanali. Non sa dirmi niente circa la protidemia di
Antonio.
Poi vado a trovarlo. “Dorme”. E’ stato sedato perché stamani
Celoni ha “lavorato” sulla stomia. Cerco di fargli muovere le dita
delle mani. A dx risponde debolmente ma niente a sx.
L’infermiera però dice che fino a che si ricorda lei, forse
avantieri, muoveva il braccio portandolo verso l’addome.
I dati leggibili sul monitor sono i soliti di ieri.
Poi incontro Nolli che mi invita nello studio. Mi dice le
solite cose. Va bene anche se… Oggi gli ha cambiato vena usata
per le infusioni e per la dialisi, facendo un’anestesia locale. Dice
che è ricomparso il versamento pleurico a sx, ma non lo
preoccupa. Sull’estubazione non si pronuncia. Teme l’insorgere
di atelettasie polmonari. Sul futuro riabilitativo accenna a Castel
San Giovanni, dove però non c’è la dialisi.

26 Agosto, venerdì

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Antonio è più sveglio, ha 37,5 di temp. La motilità all’arto


sup. sx è presente.
Diuresi solita.
Uscendo vedo Nolli. “Nessuna novità?” gli chiedo. E lui
risponde: “Oggi sono entrato in contatto con lui”

27 Agosto, sabato
Antonio è sempre sveglio. Tiene gli occhi aperti. Vorrebbe
parlare, ma non riesce per via della cannula in trachea. Gli dico
di rispondere alle mie domande con un cenno di “sì” o di “no”,
ma non si riesce.
I parametri sono i soliti. Oggi ha fatto dialisi. Ha sospeso
l’albumina. Gli è stato tolto il drenaggio addominale.
La cute visibile è molto meno imbibita che nei giorni scorsi.
Chiedo notizie ad una giovane dottoressa. Dice che nel
complesso va bene, anche se ha febbre. Hanno fatto una
emocultura. Nei prossimi giorni tenteranno la respirazione
spontanea per qualche ora. Le chiedo il valore della protidemia
che è di g. 5,6. La creatinina 4,4.

28 Agosto, domenica
Verso le 18, quando vado a trovare Antonio, trovo Irene e
Silvia al suo letto. Antonio, anche se non sedato (?) sembra
affaticato. La temperatura è 37,3.
La dottoressa dice che l’aiuto del respiratore è minimo e
quindi lui fa più fatica negli atti respiratori. Mi conferma che lo
stanno preparando gradualmente alla estubazione.

29 Agosto, lunedì
Alle 18 Antonio dorme.
Noto che esegue dai 15 ai 25 atti respiratori al m’. Ha vicino
al letto un ecografo.
Parlo con Nolli che mi dice che hanno tolto il respiratore a
mezzogiorno e quindi sono sei ore che respira autonomamente.
Poi lo rimetteranno, per fare successivamente altri intervalli
senza. Quanto all’ecografo dice che vuol vedere il versamento
pleurico che io spero si riassorba spontaneamente col
miglioramento della pressione oncotica.

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Quanto allo stato di coscienza Nolli pensa che dipenda da un


“rifiuto” del paziente a riprendere coscienza.
Io ritengo che dipenda dal metadone che, se pure dato in
piccola quantità, si accumula poiché il rene non lo elimina.
Infatti Antonio è più sveglio dopo dialisi depurativa.
Parlo al telefono con Mariagrazia la quale pensa agli aspetti
pratici: cosa fare con la donna di servizio, come organizzarsi per
dopo, ecc.

30 Agosto, martedì
Antonio è sempre sonnolento.
Gli hanno riapplicato il respiratore, dopo averlo lasciato
senza dal mezzogiorno di ieri a questa mattina quando ha avuto
qualche difficoltà.
Chiedo a Nolli cosa ha visto con l’ecografia al torace, ma
dice che poi non l’ha fatta.
Gli chiedo del possibile accumulo del metadone non
eliminato dal rene. Cincischia un po’, dice che il metadone viene
eliminato per via epatica e quindi con le feci che è falsità
assoluta, poi dice che domani gli fa un “narco”. Narcotest?
Sentirò domani che Antonio dovrebbe fare dialisi.

31 Agosto, mercoledì
Antonio ha 35,6 di temperatura interna. F.C. sotto i 100.
Suda molto. Oggi ha fatto dialisi. Risponde un po’ di più al
richiamo, ma poco di più. Arrivano Lorenza ed Irene. Antonio si
rianima un po’. Sembra abbia chiesto che giorno è oggi e chissà
cosa avrà pensato quando gli abbiamo detto che è il 31 agosto.
Continua con il metadone.
Andate via Lorenza ed Irene, resto per parlare con Nolli e
intanto arriva Mariagrazia.
Nolli dice che non ha fatto il Narcan (Naloxone), antagonista
degli oppioidi, perché oggi ha fatto dialisi e non voleva
interferire e disturbarlo. Farà una TAC di controllo. Parla di
“edema cerebrale” sofferto da Antonio a cui attribuisce lo stato
di sopore. Esclude che dipenda dal metadone dato in piccole dosi
come antidolorifico. Faccio notare che, per quanto riguarda il

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dolore, ha fatto l’ultimo intervento di chiusura dell’addome oltre


10 giorni fa (il 17 agosto). Ma lui resta sulle sue posizioni.
Mariagrazia mi parla di rate di assicurazione non pagate in
questo frattempo da Antonio, che nei giorni prossimi lei non ci
sarà, ecc.

1 Settembre, giovedì
Oggi Antonio è più sveglio ed anche agitato.
Ha sospeso il metadone dopo una prova con il Naloxone
(Narcan). Suda molto. Temperatura intorno ai 36,5 – 37.
Frequenza cardiaca e respiratoria, quest’ultima anche assistita,
aumentate. Ha la mano sx contratta in maniera impressionante.
Nolli mi dice che va bene ma che tornerà a sedarlo un po’,
perché aspetta che riacquisti un buon respiro con capacità di
espellere il catarro, e quindi senza il rischio che si producano
atelettasie, “che non è accettabile”.
Torno a casa sconfortato.

2 Settembre, venerdì
Antonio è imbambolato, non capisco nemmeno se mi vede.
Parlo con un medico molto “stronzo”.
Gli hanno fatto la TAC dell’addome e del torace. Dice che
volevano vedere il fegato perché ci sono segni di citolisi epatica.
Chiedo se sono aumentate le transaminasi e mi risponde con
sufficienza: “quelle e gli altri indici di citolisi”.
Chiedo se c’è ancora il versamento pleurico a sx e mi
risponde asciutto: “sì”. Dice che gli hanno fatto un prelievo per
emocultura. L’esito si avrà fra 72 ore, vale a dire lunedì
prossimo. Gli dico che temo che si stia preparando un altro caso
Eluana Englaro. Dice che si sapeva che il cervello aveva sofferto.
Non so da cosa lo deduca.

3 Settembre, sabato.
E’ un mese che Antonio è ricoverato.
Stasera mi sembra più presente. Gli chiedo se può inghiottire
la saliva e lui ci prova positivamente. Respira col respiratore,
vorrebbe dire qualcosa, si agita e l’apparecchio fischia. Arriva un
altro medico, più gentile che dice che oggi non ha fatto dialisi

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perché la creatininemia si è poco incrementata da mercoledì ed è


inferiore a due. Quindi il rene va un po’ meglio. Resta il
problema della sedazione e del respiro. Sulla sedazione hanno
ripreso, pare, il metadone a basse dosi (o la morfina?) e dice che
bisogna ridurla gradatamente.
Gli dico che è una musica che sento ripetere da 10 giorni e
lui risponde che non si può pensare di togliere la sedazione, pena
l’agitazione del paziente, perché gli oppioidi producono
assuefazione.
Bella scoperta.

4 Settembre, domenica
Antonio ha gli occhi aperti, ma sembra più assente.
A causa del metadone? L’infermiera dice che gliene fanno
10 cc al giorno in due somministrazioni.
Vado via senza parlare con medici che, fra l’altro, non ci
sono. Quello che risponde asciutto e con sufficienza pare si
chiami Segalini.

5 Settembre, lunedì
Trovo Antonio come al solito, forse un po’ più presente, alla
mia richiesta di tirare fuori la lingua, cerca di farlo. Tenperatura,
diuresi, P.A., Freq. Cardiaca e respiro con respiratore, come al
solito.
Parlo con una dottoressa giovane e minuta. Antonio non ha
fatto dialisi nemmeno oggi. La creatininemia è 3,3
sostanzialmente invariata. Ma dice che Antonio ha presentato
emolisi post trasfusionale con conseguente anemia e subittero.
Ha il test di Coombs positivo. Finora non ne aveva parlato
nessuno.
Quanto al metadone, dice che ne fa 5 ml e che domani lo
sospende.
Staremo a vedere.

6 Settembre, martedì
Nemmeno oggi dialisi.
Antonio è più presente, anche se poco propenso al sorriso.
Gli chiedo se è venuta Irene e/o Mariagrazia, Dice di no.

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Gli dico che mi ha telefonato la sua collega Daniela e che lo


saluta.
L’infermiera dice che ha mangiato un intero vasetto di
frullato di frutta.
La dottoressa di ieri sera, Scotti, un po’ sulle sue, davanti al
letto di Antonio, dice che ha sospeso il metadone e che la
bilirubinemia è scesa. Dice che loro non usano fare la clearance
della creatinina. Dice che domani gli toglieranno il respiratore
temporaneamente. Poi la chiamano e se ne va.
Antonio fa fatica ad espellere il catarro. Forse lo inghiotte.
Mi sembra che vada meglio.

7 Settembre, mercoledì
Antonio è presente, molto debole e lento nelle risposte
motorie, ma va meglio.
Anche oggi niente dialisi. L’infermiera (o POS) gli dà da
mangiare uno yogurt imboccandolo cucchiaino per cucchiaino.
Antonio fa fatica a deglutire, ma poco per volta ci riesce.
E’ venuto a trovarlo l’altro figlio di Mariagrazia Tommaso.
Dice che telefonerà a Irene e che la accompagnerà lui domani o
dopodomani.
Il dr Villani mi dice che non farà più dialisi. Domani
toglieranno l’attacco venoso. Non fa più diuretici né antibiotici
né sedativi. Oggi hanno staccato il respiratore per circa un’ora,
poi Antonio era stanco e lo hanno riattaccato. Fa fisioterapia.
Continueranno con lo svezzamento dal respiratore, ma
probabilmente lo trasferiranno a medicina sub intensiva ancora
con quello. Non so quando.

8 Settembre, giovedì
Oggi è stata tolta la connessione venosa per la dialisi.
Provano a dargli un omogeneizzato, ma Antonio fa fatica a
deglutire.
Comunque, lentamente procede la ripresa.

9 Settembre, venerdì.
Oggi l’ho trovato con la tv davanti. Non so quanto seguisse,
comunque quelle immagini sullo schermo sono una distrazione

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utile. L’infermiera dice che oggi ha mangiato semolino con


omogeneizzato di carne. Pare sia venuta la logopedista.
Quanto al respiratore, anche se aiuta poco, c’è ancora.
Villani mi dice che stamattina lo hanno staccato per circa 45
m’, poi lui si è stancato e lo hanno riattaccato.
Domani, forse, tolgono anche il sondino naso gastrico per
l’alimentazione con le sacche, visto che si alimenta da solo.
Irene non è venuta a trovarlo, né Tommaso si è più visto.
Telefono a Mariagrazia che trovi un modo per contattare
Irene.
Mi risponde dal treno, di ritorno da Rovigo.

10 Settembre, sabato
Ad Antonio non hanno tolto il sondino naso gastrico di
alimentazione, anche se ha mangiato. Non hanno fatto prove di
respirazione autonoma senza respiratore. Provo a mettergli gli
occhiali e dice che va meglio. Arriva Mariagrazia, Armeggia col
telefonino e risulta che Irene è venuta un giorno sì ed un giorno
no. Di Tommi si son perdute le tracce.
Parlo con una dottoressa di mezza età che è molto vaga, ma
faccio domande precise e parlando di futuro prossimo e di futuro
remoto, sulla respirazione autonoma che non ha fatto né ieri né
oggi dice che devono valutare giorno per giorno in base alle
condizioni “cliniche” del p. Quanto a trasferirlo altrove, si farà
quando sarà autonomo dal punto di vista respiratorio. Ma
secondo me ha detto balle.

11 Settembre, domenica
Antonio sta guardando la tv con gli occhiali che gli ho messo
sul naso ieri sera. Non ha più il sondino naso gastrico.
L’infermiera dice che ha mangiato un piatto di semolino.
E’ ancora attaccato al respiratore, al minimo.
Non parlo con medici (c’è quella di ieri sera). Domani
dovrebbe esserci Nolli.
Uscendo incontro Tommi ed Irene che vanno a trovare
Antonio.

12 Settembre, lunedì.

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Tutto come ieri. L’infermiera dice che ha mangiato.


L’infermiera dice che da un’oretta respira da solo, senza
l’aiuto del respiratore, ma a me non sembra. Infatti la caposala a
cui chiedo, dice che ha il respiratore al minimo.
C’è il dott. Spagnolo, ma non riesco a parlargli.
Uscendo, arrivano Irene e Lorenza.

13 settembre martedì
Antonio respira da solo, ma ha di nuovo il sondino naso
gastrico. Lo ha fatto rimettere Nolli questa mattina perché a suo
parere Antonio non inghiotte i liquidi. A me non sembrava,
anche se Antonio deglutisce a fatica.
Dopo lo incontro, mi parla di questa difficoltà ed io gli dico
di andare al letto di Antonio e di provare farlo bere. Andiamo ed
Antonio sta mangiando una sostanza gelatinosa in un piatto,
imboccato da una infermiera POS. Nolli gli dà da bere ed
Antonio lentamente beve. Ma Nolli resta del suo parere e parla di
mandarlo a Castelsangiovanni dove c’è una buona struttura per la
riabilitazione motoria.
Tutte balle. In serata telefono a Mai che infatti mi conferma
che si tratta di una struttura di terzo livello.
In sovrappiù, quando dico a Nolli che tra due mesi Celoni
potrà effettuare la connessione dell’ileo al colon come aveva
detto, lui afferma che un intervento del genere rimetterebbe la
vita di Antonio a rischio.
Sarà cosi?
C’è Mariagrazia che conosce certo Antenucci che verrebbe
da Borgonovo e sarebbe il riabilitatore di Castelsangiovanni.
Cercherà di contattarlo, mentre il primario della
Rianimazione di Castello sarebbe certo Benedetti che Mai
definisce “un galantuomo”.
Sempre problemi.

14 settembre, mercoledì
Appena arrivato a Vigoleno, verso le 9,30 ricevo una
telefonata da una dottoressa della Rianimazione che mi dice che
in mattinata Antonio verrà trasferito a Castelsangiovanni. Io dico
che non sono d’accordo. Poi parlo al telefono con Celoni che mi

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dice che ha visto il reparto di Castelsangiovanni che “è un bel


posto”, parlo con Mariagrazia mentre rientro a Piacenza e poi
parlo al telefono col dott. Benedetti.
Dopodiché vado alla Rianimazione dove mi dicono che il
dott.Nolli sta per arrivare. Dopo due ore di attesa vengo
introdotto in una stanza dove assieme a Nolli c’è una dottoressa
della Direzione Sanitaria. Io dichiaro di accettare il trasferimento
considerato “che non si può restare in chiesa a dispetto dei santi”
e “ visto che Castelsangiovanni, in base a quanto dichiara Nolli,
è meglio che Piacenza”.
Rimango in Ospedale davanti al Pronto Soccorso con la mia
macchina fino alle 17 circa - Nolli aveva detto che mi avrebbe
telefonato al momento della partenza, ma non l’ha fatto – quando
l’ambulanza con sopra Antonio e Nolli parte per Castello ed io la
seguo in macchina.
A Castello entro nel reparto Rianimazione dove Antonio è
già sistemato. Ci sono brave infermiere. Ho potuto parlare con un
medico, il dott. Feoli, calabrese, e con una dottoressa.
Assisto alla somministrazione di acqua in gel e di un
pranzetto a base di semolino e formaggino, che Antonio inghiotte
abbastanza agevolmente, malgrado sondino nasale e cannula in
trachea.
Alle 19 sono a casa a Piacenza.

15 Settembre, giovedì
Vado da Antonio alle 18. E’ un po’ sudato. Le infermiere
girano attorno a vuoto.
Parlo col medico di ieri sera che mi parla ancora di tempi
lunghi – 20/25 giorni - per la rimozione della cannula malgrado
che Antonio respiri autonomamente senza l’aiuto del respiratore.
In tempo imprecisato verrà trasferito in riabilitazione
motoria con la cannula e lì, sentiti gli otorino, si sostituirà la
cannula attuale con una fenestrata che consente di parlare.
I dati ematochimici intanto migliorano lentamente. La
creatininemia è di 2,20.
Poi mi dice che le infermiere, per consentirgli di comunicare
qualcosa, gli mettono davanti una lavagna con le lettere

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dell’alfabeto su cui lui digita. E’ una buona idea e preparo al


computer una pagina con le 21 lettere dell’alfabeto da portargli.

16 Settembre, venerdì
Vado da Antonio alle 12,30.
Una Pos gli dà da mangiare pasta che Antonio non riesce a
masticare e quasi soffoca. Quella dice che è stata mandata dalla
cucina. Poi avrebbe della carne tritata ed insalata di pomodoro.
Poi capisce che Antonio non è in grado di ingoiare cose
simili e passa a semolino e omogeneizzato di carne.
L’infermiera avrebbe voluto che lo imboccassi io ma io ho
rifiutato perché desidero che siano loro a rendersi conto di
quanto Antonio è in grado di inghiottire.
Intanto gli ho portato il telefonino dopo averlo tenuto sotto
carica a casa che Silvia ed il suo ragazzo rimettono in funzione.
Il nuovo numero è 3479050593, il PIN 1503.
Antonio ha chiesto di Irene e Silvia si mette in contatto con
lei.
Intanto si è rovinato il lettore CD procurato da Mariagrazia
con i CD di Renato Zero che piacciono ad Antonio perché dalla
sacca per il sondino naso gastrico usciva liquido che ci è andato
sopra.
Benedetti non c’è. L’hanno visto andar via verso
mezzogiorno ed un quarto. Di solito non c’è nemmeno la sera.
Tutto questo mi fa pensare che in reparto ci sia alquanto
pressapochismo da struttura paesana oltre a scaricabarili vari.

17 Settembre, sabato, rinuncio ad andare a


Castelsangiovanni la sera perché c’è un fortissimo temporale.

18 Settembre, domenica, siamo d’accordo con Mariagrazia


che ci va lei.
E’ il 50° compleanno di Antonio che, mi dice Mariagrazia al
telefono, è agitato, con tremori al braccio destro.
Ha ricevuto la visita di Irene che gli ha fatto un regalo, e dei
suoi amici delle medie. Ma, sempre Mariagrazia mi dice, la
dottoressa consultata non è preoccupata. I parametri sono tutti
buoni e la creatinina continua a scendere, meno l’azotemia.

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19 Settembre, lunedì
Vado alle 12,30 e lo trovo tranquillo, che legge il telefonino.
E’ un po’ pallido. Mi chiede in quale ospedale si trova.
Scrive sulla lavagna che è diventato afono.
Pare che abbia mangiato semolino con formaggino.
Chiedo del dott. Benedetti il quale mi chiede dello stato
addominale, ma dal punto di vista infettivo. Dice che A. ha circa
20.000 globuli bianchi. Che ha perdite ematiche anali. Che ha
proceduto a copro, emo e bronco cultura. Staremo a vedere.
Dice che ha il mio numero di telefono e, se necessario, mi
telefonerà.
Mi chiede se, tra qualche settimana, ho preferenze per la
sede della riabilitazione, qui, a Montescano o altrove.
Rispondo che va bene Castelsangiovanni; se mai non
andasse bene, aggiungo, si penserà dopo per qualche altro posto.
Dice che Antenucci è esperto nello svezzamento dalla
cannula tracheale.
E’ sempre grigia.
Dopo saprò che nella notte Antonio ha avuto febbre a 38.
Martedì andrà a trovarlo Silvia e mercoledì Mariagrazia alla
quale chiederà la Settimana Enigmistica e succo di pera in
tetrapac.

22 Settembre, giovedì
Vado a mezzogiorno. Antonio è senza sondino naso gastrico,
pare dal 19 settembre. Se lo è strappato via, evidentemente dopo
la mia visita, e non glielo hanno più rimesso.
Delle culture annunciate il 19 non si hanno ancora gli esiti.
Pare che la temperatura (misurata mentre ero lì è 37) sia in
discesa, come i globuli bianchi (ma la dottoressa presente è
alquanto approssimativa). Dice che hanno fatto una lastra del
torace. La creatinina è 1,50.
Antonio è più reattivo. Chiede la “Domenica Quiz” e beve
un po’ di succo di pera che gli ho portato.
Dice che ha mangiato.
Comunicando con la “tabella-alfabeto”, chiede cosa c’entra
il sondino col mangiare e gli spiego che gli hanno dato da

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mangiare attraverso il sondino che dal naso finisce nello stomaco


e che adesso, senza sondino, per recuperare le forze, deve
mangiare tutto quello che gli danno, anche se non gli piace.
Speriamo che se ne ricordi.
Ma continua ad essere alimentato con sacche di pappa per
via venosa

23 Settembre, venerdì
Oggi ho fatto richiesta della cartella clinica del ricovero a
Piacenza. Me la daranno tra 3 settimane.
Andato a trovare A. la sera. Arriva anche Tommi che ha
fatto i test per medicina a Genova e gli ha portato gli occhiali da
vicino.
Antonio sta mangiando patate lesse, spinaci lessi e prosciutto
cotto tagliato a pezzettini e cerca di farlo da solo. Fa fatica a
piegare il braccio destro dove ha il bracciale per la pressione che
chiedo all’infermiera di togliere, perché anche lui impedisce il
piegamento del gomito.
La dottoressa dice che le culture non sono arrivate tranne
quella dell’escreato per cui fanno un antibiotico ad hoc oltre al
metronidazolo per il clostridium. I gl. Bianchi sono scesi a
11.000, la creatininemia a 1,40. La lastra del torace è negativa.
Tornerò lunedì.

26 Settembre, lunedì
A mezzogiorno incontro Benedetti che, come al solito, ha
fretta. Comunque, mi dice che Antonio va meglio, che lo ha
trovato propositivo, e che spera di trasferirlo presto in
riabilitazione.
Antonio sta mangiando, ma presto dice che basta così.

27 Settembre, martedì
A mezzogiorno e mezzo, mentre sto per entrare in
Castelsangiovanni, mi telefona Benedetti che mi dice che deve
partire per Reggio Emilia, che oggi trasferiscono Antonio in
riabilitazione, che in tutti i casi loro sono sempre lì. Pronti ad
intervenire in caso di necessità.

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Parlo con due dottoresse che mi confermano il trasferimento.


La coprocultura non è arrivata.
Dico che a mio parere andrebbe indagato lo stato addominale
con TAC ed eventuale scopia, in previsione della futura
riconnessione dell’ileo al colon. Mi dicono di non preoccuparmi.
Vado in riabilitazione e parlo con Antenucci, molto gentile
anche lui, e gli parlo delle mie idee riguardo il quadro
addominale di Antonio. Mi dà l’impressione che ne ha preso atto.
Staremo a vedere.
Telefono a Mariagrazia informandola del trasferimento.

29 Settembre, giovedì
Passo da Antonio verso le 14.
Lo trovo che riesce a parlare perché gli hanno sostituito la
precedente cannula con una “fonatoria”. Parlo con il caposala,
molto gentile, che mi dice che lo hanno messo a sedere in
carrozzella, anzi, arrivano le infermiere proprio per farcelo
sedere.
Oltre a mangiare (dalla bocca) ha ancora le sacche alimentari
per via venosa.
Lo lascio così.

30 Settembre, venerdì
Antonio è come al solito. Un infermiere gli dà qualcosa da
bere e scopro che è perché ha avuto diarrea.
Parlo con un medico e scopro che la coprocultura
anticipatami 10 giorni fa da Benedetti non risulta da nessuna
parte. Dice anche che la stomia tende a “retrarsi”. Una
coprocultura è stata inviata oggi al laboratorio.
Speriamo di vederne l’esito.
Poi arriva Antenucci che dice che lunedì Antonio andrà a
Piacenza all’ambulatorio stomie e, se sarà possibile, anche dagli
otorino per una broncoscopia prima di un possibile svezzamento
dalla cannula tracheale.
Tornando da Antonio, trovo il marito di Mariagrazia con la
figlia.
Nel tornare, telefono a Celoni per dirgli della visita di lunedì,
ma dice che non sarà lui a vederlo, che avviserà la caposala.

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Dice che la retrazione della stomia è frequente, che ci sono


appositi metodi per dilatarla.

3 Ottobre, lunedì
Arrivato in reparto verso le 17,30, incontro Antenucci che mi
dice che la copro cultura è negativa per il Cl. difficile, e che al
controllo odierno presso l’ambulatorio per le stomie
dell’Ospedale di Piacenza non hanno rilevato nulla di particolare
e che hanno indicato nuove placche da usare per la stomia.
Su mia richiesta mi dice che all’ultimo controllo di alcuni
giorni fa i gl. bianchi erano 16.000.
Poi sarà la volta degli otorino, per controllare tramite
broncoscopia che non ci siano granulomi in trachea.
Antonio è come al solito. Ascolta la radio sul telefonino.
Poi arriva la cena, ma ha poca fame perché ha pranzato tardi,
quando è tornato da Piacenza.

4 Ottobre, martedì
Poco da segnalare. Antonio dice che a novembre dovrà fare
la visita della patente ed ha chiesto a Mariagrazia di fare la
prenotazione. Gli dico che credo che il controllo si può anche
rimandare. Poi su Internet ne trovo conferma.
Non sa dove è finito l’orologio. Poi arriva Mariagrazia che
dice di averlo lei.
Antonio, piega il gomito destro con difficoltà, mangia: pasta
e prosciutto cotto.

6 Ottobre, giovedì
Ritiro le cartelle della Neurologia, Medicina Semintensiva e
Rianimazione di Piacenza, dal 3 agosto al 14 settembre. Sono
685 pagine.
Faccio richiesta della cartella della Rianimazione di
Castelsangiovanni.
La sera vado a Castello. Antonio è più reattivo. Muove un
po’ di più braccia e gambe . Mangia pastina escludendo il brodo
e prosciutto.
Parlo con il dott. Bonanno e concordiamo di sospendere gli
antibiotici che sta facendo da oltre 10 giorni e di controllare

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l’emocromo per serie rossa, bianchi e piastrine oltre alla


funzionalità renale.

7 Ottobre, venerdì
In mattinata mi telefona il dott. Benedetti che dice di aver
visto Antonio e di avere riscontrato buoni progressi.
Nel pomeriggio parlo col dott. Antenucci al quale riferisco di
aver ricevuto una telefonata da una ditta di Monza per una
spedizione di placche e sacche per la stomia (ordinate
dall’ambulatorio per le stomie?). Mi dice di riceverle e di
portarne qualche scatola in reparto per vedere se vanno bene.
Pensa di procedere quanto prima alla rimozione della
cannula tracheale.

10 Ottobre, lunedì
Antonio è di cattivo umore. Gli danno riso in bianco a
mezzogiorno e sera che lui rifiuta.
Parlo con Antenucci che mi fa vedere gli ultimi esami.
L’Hb è 10. I globuli bianchi 8000. La creatinina 0,93.
Dice che una broncoscopia ha escluso granulomi in trachea.
Farà una emogasanalisi prima di procedere alla rimozione.
Hanno provato a mettere Antonio in piedi che naturalmente
fatica parecchio.

11 Ottobre, martedì.
Mi sono arrivati due pacchi con dentro le scatole di placche e
sacche per la stomia. Porto una scatola per articolo al reparto.
Antenucci non c’è e il dott. Bonanno non sa nulla delle
placche. Dice che le consegnerà all’infermiere.
Dice che ha chiesto lastre di anche e gomiti per escludere
presenza di calcificazioni articolari.
Controlliamo la terapia. Sospesi gli antibiotici, fa acido
folico, (EPO?), Keppra e GH.
Ad Antonio dopo due mesi è stata tolta la cannula
tracheale.
E’ stata chiesta altra visita del dietologo per vedere se si può
cambiare la dieta del riso al burro.

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13 Ottobre, giovedì
Antonio è di umore migliore. Oltre alla cannula tracheale gli
hanno tolto anche il catetere vescicale.
Non sa dove è finita una borsa con dentro le chiavi di casa.
Telefona a Mariagrazia che lo tranquillizza: le chiavi le ha
lei.
Vado a parlare col dr. Bonanno che mi dice che le lastre
hanno evidenziato calcificazioni a carico delle anche, più a
destra. Mette terapia con Indometacina più gastroprotettore.
Mi sembra medico preparato e coscienzioso.

17 Ottobre, lunedì.
Venerdì scorso non sono andato a trovare Antonio perché
pioveva abbastanza forte. Gli ho mandato un sms per avvertirlo.
Sono andato oggi e lo ho trovato abbastanza giù, con una
voce flebile. C’è anche Tommaso. Naturalmente Antonio non sa
dire nulla circa il suo stato. E’ preoccupato perché non riesce a
usare il cellulare, non ricorda il “pook”, che sarebbe altra cosa
dal PIN. Lo dà a Tommaso perché insieme a sua madre lo
sistemi.
Io vado in cerca di un medico e trovo Antenucci che di
Antonio non sa niente ma poi scopre dalla cartella che venerdì (o
sabato) ha avuto febbre fino a 39. Hanno fatto emocultura ed uro
cultura oltre a chiedere rx torace. La copro cultura no perché
“non gli sembra il caso e perché le feci da clostridium hanno un
odore particolare”.
Dall’infermiera vengo a sapere che ieri la febbre era 38,
qualche ora fa 37,3 e adesso (le 18) 36,7.
Telefono a Mariagrazia che della febbre non sapeva niente
ma aveva trovato Antonio molto debilitato ed incapace di
muovere le gambe.
E’ stata sospesa la riabilitazione motoria.
Pare che oggi a mezzogiorno Antonio non abbia mangiato.
Adesso si prepara a mangiare il prosciutto, ma rifiuta di
mangiare la pastina in brodo che gli hanno portato.
Vado via abbastanza sconfortato.
Speriamo di trovarlo meglio domani.

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18 Ottobre, martedì
Antonio è ancora debilitato e confuso, ma cerca di mangiare
qualche cucchiaiata di riso al burro. Gli taglio una fetta di
formaggio tenero.
Ha di nuovo il telefonino.
Il dott. Sacco dice che gli esami vanno bene, che il dato più
rilevante è l’astenia forse riferibile all’episodio febbrile dei
giorni scorsi.
Staremo a vedere.

19 Ottobre, mercoledì
Vado a Vigoleno e per tutta la giornata tento inutilmente di
mettermi in contatto telefonico, anche con un sms, con Antonio.
Risponde sempre la segreteria telefonica.

20 Ottobre, giovedì
Anche stamattina Antonio non risponde alle mie chiamate.
Penso che abbia lasciato il telefono spento e telefono al caposala
del reparto. Mi risponde un’infermiera che dice che Antonio non
è in grado di rispondere. Dice che mi farà telefonare dal medico
che in questo momento è occupato.
Non resto ad aspettare e vado a Castello, dopo aver
telefonato al dr Benedetti della Rianimazione che al momento
del trasferimento in Riabilitazione aveva detto: “Noi siamo
sempre qua” il quale dice che è in sala operatoria e che passerà a
vedere Antonio.
Quando arrivo in reparto incontro Benedetti che mi dice che
di Antonio non gli hanno detto niente. E se ne va.
Il dr. Sacco invece mi dice che da un emogas venoso è
risultata una modesta acidosi metabolica che spiega lo stato
confusionale di Antonio. E’ in corso flebo di bicarbonato.
Resto lì più di un’ora ed effettivamente lo stato di coscienza
di Antonio migliora.
Celoni mi conferma che nei casi di ileostomia (intestino
corto) l’acidosi metabolica è evento frequente a causa di perdita
di liquidi e basi.
Rientro a casa.

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Torno a Castello la sera ed arriva anche Mariagrazia che gli


porta una giacca di pail ed un pantalone per quando dovrà fare
fisioterapia .
Antonio cincischia un po’ col telefonino e segna un
onomastico per il 20 ottobre dell’anno venturo.
A casa scoprirò che il 20 ottobre è S. Irene del Portogallo.
Evidentemente Antonio non è ancora del tutto in sé. Ma
qualcosa che gli sta più a cuore è presente nel suo cervello.

21 Ottobre, venerdì
Nel corso della giornata non sono riuscito a contattare per
telefono Antonio. Al suo cellulare risponde sempre la segreteria.
Telefono alla sala medici e mi risponde Antenucci che mi
dice che Antonio è sfebbrato. Io gli dico che ieri era in acidosi.
Mi dice che va bene, che stamane hanno fatto una emogasanalisi
(venosa) che va bene. Io mi auguro che abbia detto il vero.
Arrivo a Castello poco dopo le 17, bloccato alcuni minuti da
un corteo di operai.
Antonio è presente, ma i suoi movimenti sono rallentati, la
voce flebile, ha difficoltà a trovare le parole.
Gli dico delle difficoltà col telefono. Lui lo prende, cerca di
inserire il PIN, ma il telefonino si spegne molto presto, solo dopo
qualche secondo. Dopo alcuni faticosi tentativi di inserire il
benedetto PIN (1503) il telefono si blocca e chiede il PUK che al
telefono Mariagrazia mi dice essere 55556263. Lo inserisco, mi
chiede di inserire un altro PIN (1234), ma il telefono resta
bloccato. Io sono esasperato.
Antonio vuole urinare e gli passo il pappagallo. Fa poca
urina. Beve ripetutamente acqua, non la gasata che ha richiesto
avantieri, ma la naturale.
Arriva la cena: farfalle di pasta, una confezione di
formaggino tenero robiolina che io faccio fatica ad aprire,
figuriamoci lui, e purè. Giostrando con mano destra e sinistra,
mangia qualche farfalla di pasta. Poi io gli do la robiolina che
mangia tutta e qualche pizzico di purè.
Mi rendo conto che non è in grado di mangiare da solo.
Bisognerà trovare un sistema, qualcuno che sia presente al
momento dei pasti per imboccarlo.

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Intanto comincia ad imbrunire. Me ne vado.


Arriverò a casa che è ormai buio.
Poi telefono a Mariagrazia per il cellulare bloccato. Ci
penserà domani Tommaso. Mi raccomando che tolga il PIN.

22 Ottobre, sabato
Nel pomeriggio telefono ad Antonio. Mi risponde con voce
debole che muore di noia.
Ma almeno il telefono risponde.

24 Ottobre, lunedì
Vado a Castello al mattino. Resterò fino alla mezza e poi
torno al pomeriggio.
Antonio è crollato. Afono, in stato confusionale, con
disfagia. Le feci che ho visto in una provetta per una copro
cultura, sono della consistenza liquida e del colore del caffè.
Convinco il dr Sacco a riprendere la terapia con
Metronidazolo per il clostridio, anche se la copro cultura risulterà
poi negativa. Il dr. Sacco si propone di eseguire una TAC del
cranio, poi dell’addome, ma non eseguirà né l’una né l’altra.
Discuto con lui di un eventuale trasferimento in altro reparto, a
Piacenza, per esempio le malattie infettive, ma non decide e, in
ogni caso, vuole avere in mano elementi che possano giustificare
l’iniziativa per cui, alla fine, chiede un rx torace.
Comunico a Mariagrazia che potrebbe rendersi necessario
avere una donna per l’ora dei pasti, visto che in reparto non viene
aiutato e da solo non è in grado di mangiare. Poi si capirà che
non mangia nemmeno aiutato, e quindi la necessità della donna
diminuisce. Tiene in bocca a masticare molto a lungo senza
inghiottire.
Mariagrazia si rivolge ad un conoscente di
Castelsangiovanni che conosce l’ambiente.
Antenucci non c’è. Mariagrazia gli ha mandato un
messaggio e salta fuori che è a Bari. Si potranno sentire per
telefono verso sera.
La sera arriva Piero.

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Io torno a casa abbattuto.

25 Ottobre, martedì
Vado da Antonio già al mattino.
E’ sempre afono ed in stato semiconfusionale, a tratti
presente, a tratti imbambolato. Sembra tornato nella situazione
del 3 – 4 agosto.
Non ha più l’accesso venoso (PICC) per cui non ha su né le
fleboclisi, né la pappa alimentare.
Un tecnico venuto da Piacenza gli inserisce un catetere
venoso che dal braccio sinistro va all’Anonima.
Poi farà un rx torace che risulterà negativo per alterazioni
parenchimali o pleuriche.
L’emocultura eseguita due giorni fa ha evidenziato un germe
- a probabile partenza dal PICC venoso - parzialmente sensibile
alla Vancomicina che viene aggiunta per via venosa.
Torno nel pomeriggio e ritrovo il dr Buonanno per il quale
Antonio è sì, un po’ giù, ma tutto il resto “va bene”. !!!
Io non so cosa dire. Comunque, con questa terapia si
dovrebbe vedere qualche effetto, si spera positivo, entro 24-48
ore. Il tempo che ritorni Antenucci, cioè venerdì.
Sopraggiunge Mariagrazia. Stasera parlerà con Antenucci
per dirgli che siamo molto preoccupati.
Ma Antenucci al telefono dice a Mariagrazia che le notizie
che ha lui su Antonio non sono poi così cattive.

26 Ottobre, mercoledì
Vado a Vigoleno.
Il conoscente di Mariagrazia ha trovato una persona, ma per
ora rimandiamo ogni decisione.
Nel pomeriggio parlo al telefono con Sacco. Le condizioni di
Antonio sono stazionarie e cioè le solite. Unico dato positivo, le
feci sembra che siano meno liquide.
Poi mi telefona Mariagrazia che mi dice che una infermiera
ha aiutato Antonio a mangiare e questa volta ha mangiato di più.
Speriamo che sia l’inizio di una ripresa.

27 Ottobre, giovedì

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Arrivo a Castello verso le 9.


Antonio è come al solito. Stanotte si è strappato nuovamente
il catetere venoso che gli viene riposizionato dal solito tecnico
arrivato da Piacenza.
Solita storia, solito rx torace di controllo.
Estorco a Buonanno la promessa di telefonare a Piacenza a
Paolillo per un trasferimento in malattie infettive.
Io porto via dall’armadietto di Antonio alcuni capi di pail nel
caso di un eventuale trasloco.
Antonio, con il mio aiuto, mangia alcune cucchiaiate di riso
al pomodoro. Non vuole altro, Gli portano una banana che
mangia tutta.
Rientro a Piacenza.
Nel pomeriggio, e parlo con Buonanno che ha sentito
Paolillo, il quale ha dato qualche suggerimento terapeutico in
fatto di antibiotici. Per ora non ha posti letto liberi. Ci si
dovrebbe aggiornare tra qualche giorno e, intanto, vedere come
va Antonio il quale, da quanto mi dice il compagno di stanza, ha
avuto vomito.
Arriva Antenucci rientrante da Bari. Le informazioni che ha
sono di assoluta normalità. Lo invito a venire al letto di Antonio
che lo riconosce e gli sorride. Per Antenucci quel sorriso è la
riprova che tutto va bene, ad onta di alcune domande che faccio
io ad Antonio e che dimostrano il suo stato confusionale.
Per Antenucci era così anche prima, mentre prima Antonio
riusciva a fare le parole crociate.
Io chiedo se quando ci sarà la disponibilità del letto a
Piacenza lo trasferiranno e quello dice che il responsabile è lui,
che iAntonio è stato affidato a loro – ma non si sa da chi -.
Alziamo la voce tutti e due. Dice che Antonio è stato visto
dalla logopedista. Io dico che non ho mai visto nessuna
logopedista,. Dice che non mi devo permettere di dire cose
simili. Risulta che la logopedista ha visto Antonio ieri che io non
c’ero. Io mi riferivo a luned’ e martedì.
Alla fine non si sa se trasferiranno Antonio a Piacenza.
Buonanno dice: se le sue condizioni peggioreranno. Io dico: ma
anche se rimarranno come adesso.
Non si conclude nulla.

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Torno da Antonio mentre cerca di mangiare qualche


cucchiaio di minestrina. Ma subito vomita.
Torno di là a dirlo ai due medici che vengono a verificare.
Il commento di Buonanno è. Sono cose che possono
succedere.
Io non so più dove sbattere la testa.
Torno a casa deciso a non tornare più a Castello, almeno per
alcuni giorni.
Informo di tutto Mariagrazia.

30 Ottobre, domenica
Venerdì e sabato non sono andato a Castello. Ho telefonato
ad Antonio che ha risposto con qualche difficoltà.
Oggi, domenica mattina, ho telefonato ad Antonio che mi ha
detto: sto malissimo, ho vomitato tutto il possibile.
Fuori c’è una fitta nebbia.
Dopo consultazioni varie (Mariagrazia, Silvana) vado a
Castello. In reparto c’è solo l’infermiera. Ha chiamato il medico
di guardia ma non è ancora arrivato.
Antonio è al solito, dolce e rassegnato.
Chiamato nuovamente il medico di guardia, arriva una tizia,
che dà un’occhiata al vomito, probabilmente fecaloide, ordina un
antiemetico e se ne va senza dirmi una parola. Antonio è
dispnoico ed ha freddo. Gli metto addosso una giacchina di felpa.
Arriva un sacerdote che dice belle parole ad Antonio, lo vede
in condizioni particolari e gli chiede se vuole fare la Comunione.
Antonio acconsente, prende l’Ostia, beve un sorso d’acqua.
Ma è sempre più dispnoico, rantola.
Richiamo l’infermiera che chiama il medico di guardia.
Parlo al telefono con Mariagrazia che è al mare. Ci si chiede se
telefonare ad Andreucci. Telefono a Benedetti. E’ a Bergamo.
Vado in Rianimazione per vedere di parlare a qualche medico.
Aspetto più di un quarto d’ora e non arriva nessuno. Esco e
torno da Antonio. Ci sono due dottoresse nella sua stanza: la tizia
di prima ed un’altra più matura. Quest’ultima è della
Rianimazione. Ha dedotto che Antonio ha inspirato parte del
vomito ed ora è “intasato”. Deve essere trasferito in
Rianimazione. Qui lo sedano, lo intubano, gli mettono il

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respiratore. Dico alla dottoressa Mazzoni che Antonio aveva già


vomitato giovedì – a lei hanno detto che è successo solo
stamattina – e lei sospetta un’occlusione intestinale. Dico che
avevo insistito per una TAC addominale.
Siccome la mia presenza a Castello è inutile, torno a casa.
In serata telefono alla dottoressa Mazzoni: dice che Antonio
è stazionario, il chirurgo consultato ha escluso necessità di
intervento al momento, l’rx torace ha evidenziato ingombro ilare.
La dottoressa mi dice anche che ad Antonio era stata fatta
una TAC addominale venerdì, risultata negativa per lesioni.

31 Ottobre, lunedì
Vado a Castello alle 12. Incontro il dott. Benedetti con la
dott.ssa Mazzoni che vanno a prendere un caffè e mi dice di
aspettarlo. Mi spiega le solite cose. Pare che i rapporti con
Antenucci, almeno così dice, non siano dei migliori. La P.A. di
Antonio è intorno ai 70. Dal sondino gastrico fuoriesce materiale
fecaloide. . Il potassio è sopra i 5.
Torno a casa.
Nel pomeriggio Benedetti mi telefona che trasferisce
Antonio in rianimazione a Piacenza. Meno male.
Vado verso le nove. Si sta preparando una TAC addominale.
Riferisco alla dottoressa di turno che Antonio, col vomito, ha
inalato materiale fecale.
. Celoni, al quale telefono, dice che è in riposo di 15 giorni
per rischio radiologico e non può entrare in Ospedale.
Anche la Tac attuale esclude lesioni intestinale a parte pareti
ispessite e quindi edematose e quindi fragili. Al torace invece si
evidenziano focolai disseminati, ma i parametri respiratori sono
buoni.
Parlo col chirurgo di guardia dott. Regina. Dice che la stomia
è quasi totalmente chiusa. Conta, se il nefrologo gli dà l’ok stante
la potassiemia elevata, di portarlo in sala operatoria per allargare
l’orifizio della stomia e di esaminare endoscopicamente l’ileo per
vedere se individua ostruzioni. L’altra ipotesi è di aprire
l’addome, ma è rischioso. Concordo di procedere per la prima
ipotesi e chiedo se posso presenziare all’intervento. Mi viene
concesso. Assisto così alle manovre sulla stomia ed

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all’introduzione di un catetere da cui non esce nulla. Anche


coll’endoscopio, fin dove risale, non si vede nessuna ostruzione.
Il dott. Regina stacca e mi spiega quello che ho già visto
sullo schermo. Bisogna aprire l’addome, E’ mezzanotte e mezza.
Io non mi sento di restare oltre. Mi faccio dare il telefono del
dott. Regina. Gli telefonerò domattina prima delle 8, quando
smonterà.

01 Novembre, martedì.
Telefono al dott. Regina che dice che ha trovato le anse
avviluppate da aderenze, con zone di ischemia parietale “a
macchie di leopardo”. Le ha liberate dalle aderenze. Ha smontato
la stomia lasciata in addome ed ha lasciato la parete aperta per un
secondo intervento, forse giovedì.
Nel pomeriggio va in reparto Mariagrazia che mi fa sapere
che Antonio urina, ha febbre non elevata, aumento dei globuli
bianchi e la P.A intorno a 110, ma sotto noradrenalina.
Telefono al dott. Benedetti per renderlo edotto, che a
Castello sappiano quello che hanno combinato. Mi dice di
tenerlo informato.

02 Novembre, mercoledì
Alle 11 ricevo la telefonata della dott,ssa Scaltrini della
Rianimazione di Piacenza. Antonio va in sala operatoria tra
mezz’ora. Ricevo conferma telefonica anche dal chirurgo dr.
Albertario.
Vado in Rianimazione. La dott.ssa Scaltrini dice che i
parametri respiratori sono migliorati, Antonio urina, non ha
febbre, la pressione è mantenuta dalle amine somministrate.
Antonio viene portato in sala operatoria.
Aspetto fino all 12,45. Esce dalla sala operatoria il dr
Albertario che dice di aver trovato una massa costituita dall’ileo
residuo, molto corto, con aderenze, secondo lui ricostituitesi
nelle ultime ore dopo l’intervento del dott. Regina.
Prossimalmente, in zona digiunale o giù di lì, aree ischemiche
che potrebbero essere di vecchia data, presenti forse già all’epoca
degli interventi di agosto del dr Celoni. Sono tutte ipotesi, su un
quadro intestinale in ogni caso molto complicato.

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A mia richiesta, dice che la pervietà intestinale, in questo


momento, è ripristinata.
Esco dalla rianimazione verso le 13.

03 Novembre, giovedì
Mi reco in ospedale verso le 17,30.
Antonio è sedato e non risponde al richiamo.
Apiretico, diuresi spontanea. P.A. 120/60, con farmaci
ridotti. Intubato ed attaccato al respiratore.
Non ha eseguito controlli del torace. Dalla stomia fuoriesce
materiale biliare che defluisce in una sacca.

04 Novembre, venerdì (sera)


Antonio apre debolmente un occhio al richiamo.
La P.A. è sopra i 140. F.C.110.
Dalla stomia non esce nulla. C’è abbondante ristagno
gastrico.
Forse c’è un ostacolo – funzionale? organico? – a qualche
livello. Nolli è come al solito dubbioso e contraddittorio.
In pratica, come al solito, non capisce nulla. Consulterà il
chirurgo per controllare con un foley la stomia.
Ci sentiremo domani.
Telefono a Celoni. Per lui un’atonia dell’ileo dopo
l’intervento può essere fisiologica fino a 5-6 giorni.
Speriamo che abbia ragione.
A meno che non ci sia nuovamente lo zampino del
clostridium, come 3 mesi fa.

05 Novembre, sabato (sera)


L’intestino di Antonio è nuovamente pervio. Dalla stomia
esce un liquido scuro, verosimilmente biliare.
La dott.ssa Scaltrini me lo conferma. Quel liquido non
refluisce più dal sondino gastrico ma dalla stomia.
C’è soltanto un 3 di creatininemia. Ma c’è stato di peggio.
L’intenzione degli anestesisti rianimatori è di ridurre la
sedazione con morfina, anche se verosimilmente vi è dolore
postchirurgico e di liberare Antonio il prima possibile
dall’intubazione.

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Informo Celoni della ripresa motilità e pervietà intestinale.

06 N0vembre, domenica (sera)


Antonio non risponde al richiamo. E’ sedato. P.A. 105. Urina
presente nella sacca e succo biliare nella sacca dalla stomia.
La dott.ssa Scaltrini mi dice che stamattina l’hanno fatto
respirare da solo (non ho capito se estubato) ma ha cominciato a
tossire e ad espellere con la tosse escreato con materiale
probabilmente inalato durante il vomito di domenica scorsa alla
Riabilitazione di Castello. Gli ha praticato un lavaggio
bronchiale. Domani dovrebbe fare un controllo radiologico del
torace. Gli hanno somministrato una pappa alimentare attraverso
il sondino gastrico. Gli chiedo della calcemia che a Castello era
alta. Ma dice che è normale, così come il Ph ematico.
Si procede così.

07 Novembre, lunedì (sera)


Antonio è ancora sedato. La P.A. oscilla tra 95 e 105.
Non chiedo di parlare a Nolli o a quella dai capelli corti
grigi, peraltro impegnata su un’altra paziente.
Poi mi telefona Mariagrazia. Ha parlato con Nolli che l’ha
informata che Antonio ora è canalizzato (già da sabato scorso).

08 Novembre, martedì (sera)


Antonio ha gli occhi aperti, ma è imbambolato. Non
risponde al mio richiamo. La P.A. oscilla intorno a 85 – 90.
Controvoglia chiedo alla dott.ssa Beluardo. Quella dai
capelli corti grigi. Mi dice che è canalizzato, che respira
semiautonomamente. Che la sedazione è ridotta. Gli chiedo della
mancata risposta ai richiami. Dice che è semiaddormentato, è
“come noi”.
La saluto e me ne vado.

09 Novembre, mercled’ (sera)


Mi fanno mettere il camice verde. Io temo che sia stato
reperito il clostridio.
Antonio è sedato. Risponde aprendo una palpebra. La P.A. è
120.

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L’altra dott.ssa, quella minuta che fornisce informazioni più


puntuali che si chiama Scotti, mi dice che all’esame dell’escreato
dopo la broncoscopia della Scaltrini, è risultato il colibacter, però
più resistente agli antibiotici.
Inoltre, avendo riscontrato presenza di sangue dalla stomia,
hanno fatto una gastroscopia che ha evidenziato una gastrite
diffusa per cui hanno fatto una trasfusione, mantengono una
respirazione assistita, somministrano omeprazolo ed ugurol, oltre
ad antibiotico ad ampio spettro.
L’rx torace dopo la broncoscopia della Scaltrini ha mostrato
qualche lieve miglioramento.
La dott,ssa sarà di guardia domani sera. Penso di andarla a
trovare.

10 Novembre, giovedì (decimo giorno dall’inizio del


secondo calvario)
0re 16. Antonio apre appena un occhio al richiamo.
Il dott. Villani mi dice che la morfina è stata sospesa oggi
alle 14, lui sarà in servizio fino alle 20 e vuol vedere se, in base
alle risposte di Antonio, sarà possibile estubarlo. L’aiuto del
respiratore è al minimo (come dicono sempre) e gli indici
respiratori sono buoni.
Rimaniamo d’accordo di vederci prima delle 20.
Alle 19,30 torno ma il dott. Villani dice che Antonio è più
sveglio ma non ha il riflesso della tosse, per cui il tubo è rimasto
in trachea.
Parlo con un’altra dottoressa, che, tra le altre cose, tira fuori
il “fattore neurologico” , ma dice anche che hanno chiesto ad
Antonio se il tubo in trachea gli dà fastidio e lui ha alzato le
spalle.
Valli a capire. Un intubato da 10 giorni e sotto morfina fino
a sei ore fa – se l’asserita sospensione della stessa è reale –
obnubilato, ma che risponde alle loro domande come loro stessi
preferirebbero.
Si vedrà cosa succederà nel weekend. Incombe la seconda
tracheotomia.
La sacca che contiene il liquido color caffè che esce dallo
stomaco di Antonio attraverso il sondino poggia a terra.

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A me fanno mettere un camice trasparente verde per “motivi


igienici”.

11 Novembre, venerdì (sera)


Antonio è sedato e totalmente assente.
La dott.ssa Chiara Zanzani, giovane, mi dice che oggi ha
fatto dialisi, quindi si era affaticato, quindi è stata riappesantita la
sedazione, ma, pare, senza morfina.
Ci scambiamo qualche opinione e, a proposito dell’apparato
gastroenterico, come dice lei, io distinguo tra stomaco con la
gastrite emorragica e intestino tenue o quel che ne è rimasto e le
sue aderenze.
Poi c’è il polmone con scambi respiratori buoni, e la
funzione renale.
Approfitto per farle notare che la sacca in comunicazione
con lo stomaco di Antonio è ancora a terra come avevo notato
ieri sera. Dice che la farà sistemare.
Ci sentiremo domani. Sarà di servizio sabato e domenica
pomeriggio.

12 Novembre, sabato (sera)


Antonio risponde al richiamo aprendo un occhio e girando la
testa. Poi subito dopo ripiomba nel suo nirvana. Ma è già
qualcosa. E’ sfebbrato.
La sacca dal sondino gastrico adesso è posizionata più in
alto.
La dott.ssa Zanzani dice che Antonio oggi ha rifatto dialisi.
I nefrologi lo vorrebbero dializzare anche domani, ma gli
anestesisti si oppongono.
Lunedì il dott. Capelli, primario di Chirurgia, gli farà una
gastroscopia di controllo.
Io chiedo se è possibile fargliela senza sedazione per via
generale, normalmente basta una anestesia locale.
Ma chissà quali medici ci saranno lunedì mattina.

13 Novembre, domenica (sera)


Antonio è stato estubato questa mattina alle 10 e non è più
attaccato al respiratore. Inoltre non c’è più la sacca dal sondino

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naso gastrico. C’era poco ristagno gastrico, quindi l’hanno tolta


lasciando il sondino attraverso cui introducono soluzione
fisiologica.
Antonio respira con molta fatica, malgrado un lavaggio
bronchiale ha molto catarro che non riesce ad espettorare, ha gli
occhi aperti, batte le palpebre, ma non riesco a capire se
percepisce quando lo chiamo.
La dott,ssa Zanzani dice che il quadro respiratorio è molto
buono.
Sentiremo domani se faranno gastroscopia e dialisi.
Se riuscirà a rimanere estubato.

14 Novembre, lunedì (ore 16)


Antonio è ancora estubato. Fa molta fatica a respirare. Forse
un po’ meno di ieri. Non ha fatto dialisi né gastroscopia, ma dalla
stomia esce la fisiologica somministrata attraverso il sondino.
Nolli mi dà alcuni dati ematochimici alla rinfusa.
Poi verso le 20 Mariagrazia mi dice che Piero ha visto che la
mano destra è gonfia come un pallone. Torno in Ospedale a
controllare. Effettivamente le mani e gli avambracci sono
edematosi, a destra di più, ma compatibilmente con le condizioni
generali.

15 Novembre, martedì (sera)


Antonio ha fatto dialisi e lo hanno riscaldato con una
stufetta. Ha gli occhi ben aperti, ma non ha la forza di dire
nemmeno un “sì” o un “no”. E’ caldo, la temperatura esterna è
38.6. Spengono la stufetta. L’infermiera gli pratica una
tracheoaspirazione perché ha molto catarro che non riesce ad
espellere.
Villani mi dice che non fa più sedativi e che hanno sospeso
un antibiotico mentre hanno lasciato l’altro (quello che aveva
iniziato Benedetti?). Oggi ha fatto dialisi e domani la ripeterà.
Parlo con Nolli che è ancora alla canalizzazione dell’ileo.
Io gli parlo del polmone su cui ha idee poche e confuse. Per
lui Antonio non ha inalato materiale enterico vomitato. Dice che
gli praticherà, forse domani, una broncoscopia.
E’ sempre più difficile capire questi medici.

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In ogni caso, Antonio è sfinito.

Alle 8 di sera mi telefona il dott. Villani. Antonio ha avuto


un’altra “crisi delle sue” e mi dice di andare in Reparto “perché
si vuole condividere con me le scelte”. Io penso che per “crisi”
intenda un accesso epilettico.
Vado in Reparto e trovo Nolli che mi fa andare nel suo
studio e parla di “shock settico fulminante” con ipotensione
intorno ai 50 ed anche 40 di P.A. e tachicardia. Antonio è di
nuovo intubato ed attaccato al respiratore, sedato, sotto
adrenalina.
Le conclusioni di Nolli sono che si fa quello che si deve, ma
che continuando così bisognerà porsi il problema se proseguire
nell’”accanimento terapeutico”. Capisco, anche se vorrei
ribellarmi. Telefono a Mariagrazia che viene con Piero. Nolli la
aspetta e ripete anche a lei quello che ha detto a me, senza dirlo,
tanto che intervengo io per dirglielo più chiaramente.
Mariagrazia mi guarda per capire se sono d’accordo e poi
annuisce.
Con Nolli concordiamo di vederci domattina verso le nove.
A mezzanotte ed alle sette del mattino telefono in Reparto
per sapere dalla dott.ssa Zanzani che è di guardia. Le condizioni
di Antonio sono stazionarie con la P.A. a 50.
Durante la notte, rimuginando, penso che sia intervenuta una
perforazione intestinale con peritonite che spiegherebbe la crisi
repentina. Ma la dott.ssa Zanzani, nella telefonata delle sette dice
che “l’addome è trattabile”.
Siamo alle ultime battute. Antonio deve trovare pace.

16 Novembre, mercoledì
Alle nove del mattino, dopo una mia telefonata, Celoni viene
in Rianimazione dove sono anch’io. Antonio viaggia tra i 40 ed i
50 di P.A.
C’è del gemizio sanguinolento sia dallo stomaco, attraverso
il sondino, che dalla stomia. Celoni invece che a una
perforazione intestinale pensa ad un infarto intestinale.
Che sia l’uno o l’altra, sono esclusi margini di operabilità.

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Nolli a me e Mariagrazia parla di “accompagnare” Antonio


in questa ultima fase.
Non restiamo in Reparto.
Con Mariagrazia stabiliamo di tenere informata Irene
attraverso Lorenza.
Rimango a casa ad aspettare.
Torno da Antonio la sera. La situazione è invariata se non
leggermente peggiorata. La P.A. arteriosa è intorno ai 40.
Passo a salutare la dott,ssa Scotti che mi invita a stare vicino
ad Antonio, cosa che ritengo inutile. Antonio è già di là.
Parliamo a lungo su quello che io non capisco della medicina
odierna fatta da donne medico, infermiere e computer.

17 Novembre 2016, giovedì


Alle otto telefono alla Rianimazione. Mi passano Nolli che
mi dà le solite notizie: P.A. intorno a 40, gemizio sanguinolento
dai sondini gastrico ed intestinale, lieve peggioramento della
saturazione in O2.
Mi dice di restare a casa, che mi telefonano loro.
Torno alle 17. Mi accompagna Silvana che però non vuole
entrare a vederlo e mi aspetta nel corridoio.
Antonio ha 38 di P.A massima e 89 di frequenza cardiaca.
Nella sacca dalla stomia ileale esce sangue misto a sostanza
scura.
Torno a casa senza parlare con nessuno.

Alle ore 21, 15 arriva la telefonata di Mariagrazia: Antonio


ha smesso di respirare.

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BIBLIOGRAFIA

AA. VV. Cinque secoli di Storia Ospedaliera


Piacentina 1471-1973
Ente Ospedaliero di Piacenza
Tipleco . Piacenza, 1973

A. Pazzini La medicina nella Storia, nell’Arte, nel


Costume
Bramante Editrice, Milano, 1968

G. Lambri Polichirurgico la storia infinita


Ed. Vicolo del Pavone, Piacenza, 1993

G. Battini L’Ospedale di Piacenza


Tipolitografia M.V., Piacenza, 1999

Articoli tratti da LIBERTÀ, Quotidiano di Piacenza

Articoli tratti da CORRIERE PADANO, Settimanale di


Piacenza

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I N D I C E

Prefazione……………………………… pag. 5
L’arrivo………………………………… “ 10
La Storia………………………………… “ 14
Nozze principesche……………………… “ 46
I badilanti……………………………….. “ 58
Quattro, due, uno………………………… “ 72
Il millenovecentosessantotto…………….. “ 77
Lo Statuto dei dipendenti ospedalieri
e gli anni ’70……………………………… “ 86
Fine delle Mutue e dell’Ente Ospedaliero.
Nascita del Sistema Sanitario Nazionale
e delle UU.SS.LL…………… …………… “ 99
Dicembre ‘92-Dicembre ’93.
Aziendalizzazione…………………………. “ 109
Il Nuovo Ospedale ovverossia
il Padiglione Polichirurgico………………… “ 142
Duemilauno………………………………… “ 173
Note ………………………………………… “ 186
Appendice - 15 anni dopo …………………... “ 208

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