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CORSO DI LIS

Linguaggio Italiano dei Segni

Storia sull’educazione dei sordi


Indice Argomenti

1. STORIA SULL’EDUCAZIONE DEI SORDI


2. L'educazione linguistica oggi
3. Le nuove tecnologie nell'educazione
del bambino sordo

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La condizione dei sordi prelinguistici, ovvero delle persone

diventate sorde prima dell’acquisizione del linguaggio, fino alla

seconda metà del 700 era davvero scoraggiante: la sordità era

nota non tanto per la causa ma per gli effetti che comportava.

Considerati incapaci di produrre un linguaggio comprensibile ai

più, e quindi “muti”, erano ritenuti pressoché degli “idioti” sia

dagli estranei che dai familiari. Venivano ignorati e ridicolizzati

a causa dei loro tentativi di comunicare tramite gesti

rudimentali o suoni gutturali, oltre che isolati e costretti a

svolgere i lavori più umili.

In un clima di così forte indifferenza, coloro che venivano

definiti “idioti” lo diventavano davvero per la completa mancanza

di stimoli sociali e culturali.

I primi tentativi di educazione furono una necessità più che una

volontà: le famiglie benestanti dell’epoca che non avessero

voluto vedere il proprio patrimonio disperso, dovevano istruire


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gli eredi, anche sordi, in modo che venissero considerati capaci

legalmente.

Possiamo rintracciare tentativi eccellenti già verso la fine del

‘500 sebbene il tipo di rieducazione fosse individuale e per pochi

privilegiati.

In quell’epoca, il monaco spagnolo Pedro Ponce de Leon educò tre

figli del governatore di Castiglia utilizzando un alfabeto manuale,

che non fu mai stilato, ma probabilmente simile a quello

adoperato da Melchor Yebra, suo contemporaneo, che ci è

pervenuto per iscritto. Questo alfabeto veniva usato per dare

sollievo spirituale agli ammalati: ogni lettera dell’alfabeto

corrispondeva a una preghiera e il malato, troppo provato per

recitarla, la indicava semplicemente con la configurazione della

mano e chi era vicino a lui, la recitava per suo conto.

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Sempre in Spagna, un altro nome influenzerà in modo decisivo

l’educazione dei sordi: Juan Pablo Bonet raccolse l’eredità di

Pedro Ponce de Leon e continuò l’opera di educazione ai figli del

governatore di Castiglia. Bonet scrisse anche il “Trattato

sull’educazione dei sordi”, testo in cui cerca di formalizzare un

metodo per educare le persone sorde.

In Europa, chiunque si trovi ad educare un ragazzo sordo,

prende spunto dall’opera di Bonet, arricchendo il suo lavoro con

le proprie esperienze personali. L’educazione, però, è rivolta solo

ai figli degli abbienti e le scoperte che ogni educatore compie

sull’educazione dei sordi non vengono divulgate.

In Francia, l’abate de L’Epée rappresenta un’eccezione per quei

tempi; non geloso del proprio metodo, lo diffuse al punto che, nel

1755, fondò la prima scuola pubblica per sordi. L’abate si era

interessato all’educazione dei sordi principalmente perché, se

questi potevano confessarsi, avrebbero potuto anche salvare la

propria anima.
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L’abate ebbe in quel periodo una fondamentale intuizione: mise

in relazione la sordità con la capacità di articolare i suoni e

quindi intuì che i sordi non fossero muti ma semplicemente

faticavano nell’articolazione delle parole perché non sentivano la

propria voce. Comprese anche che idee e suoni hanno un rapporto

del tutto simile a quello che c’è tra idee e caratteri scritti e

quindi, se i sordi faticavano nell’articolazione dei suoni, potevano

imparare la lingua scritta attraverso l’uso di segni convenzionali.

L’educazione ai sordi da parte dell’abate consisteva quindi

nell’insegnare loro il francese scritto cioè una lingua che i sordi

potevano vedere, abbinata all’uso di segni che rappresentavano il

significato della parola (segni metodici); l’utilizzo di “segni”

venne stimolato dagli stessi allievi dell’abate che li utilizzavano

tra loro per comunicare.

De L’Epée imparò il metodo utilizzato dai suoi studenti e lo

completò con segni nuovi permettendo in questo modo un


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ampliamento del vocabolario. Divenne così noto il sistema dei

“segni metodici” che consentiva di associare una parola scritta

ad un segno e poneva in grado gli studenti di scrivere in francese

sotto dettatura di un interprete.

La scuola dell’abate si aprì con 7 studenti ma nel 1785 ne

contava già 75: nel 1789 venne dichiarata istituzione nazionale.

Tutti gli sforzi del monaco non andarono dispersi neppure dopo

la sua morte avvenuta nel 1789 perché si contavano già 21 scuole

in Europa che adottavano il suo metodo.

In Italia, Tommaso Silvestri si appropriò del metodo dell’abate

francese. Rimasto a Parigi per sei mesi, tornò a Roma dove

cominciò ad insegnare a otto allievi sordi mietendo

Estratto dalle dispense a cura della Prof.ssa Raffaella Carchio


Insegnamento: “Linguaggio in circostanze atipiche” Modulo:
“Psicologia della sordità” Corso di Laurea Magistrale in Teoria e
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Tecnologia della Comunicazione Facoltà di Psicologia - Università
Bicocca - Milano un tale successo da far diventare famoso,
anche nel nostro paese, il metodo di De L’Epée; Silvestri, però,

affiancò all’uso dei segni metodici, la rieducazione orale.

Negli anni successivi molte altre scuole furono aperte. La scuola

di Torino, fondata nel 1838 dal sacerdote Francesco Bracco,

utilizzava un metodo mimico che fu successivamente soppiantato

dal metodo orale alcuni anni prima del Congresso Internazionale

di Milano (1880). A Milano, nel 1805 venne aperto il Regio

Istituto e nel 1854 venne fondato l’Istituto per i Sordomuti

Poveri di Campagna da parte di Giulio Tarra che darà un impulso

decisivo all’uso dell’oralismo nell’educazione dei sordi.

A Bologna, nel 1850 Giuseppe e Cesare Gualandi adoperarono con

i loro allievi metodi diversificati. Chi era più dotato usufruiva del

metodo orale; chi lo era meno, del metodo mimico.

In Francia, nonostante alcuni degli insegnamenti di De L’Epée

fossero andati perduti, le sue orme non furono abbandonate ma


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anzi migliorate quando l’abate Ambrois Sicard fu investito

dell’incarico di dirigere la scuola francese come successore

dell’abate.

L’opera di Sicard si rivelò così efficace anche grazie alla

presenza di Jean Marc Itard, medico interno alla scuola, che fu

il precursore delle moderne tecniche riabilitative per sordi.

Itard scrisse il primo trattato di otologia ed elucubrò una serie

di esercizi che i sordi potevano compiere per migliorare la loro

rieducazione. Itard era un fautore dell’oralismo ma verso la fine

della sua vita riconobbe l’importanza dell’uso dei segni per

l’educazione dei sordi.

La fama di Sicard arrivò perfino oltre oceano approdando negli

Stati Uniti grazie a Thomas Hopkins Gallaudet che fu finanziato

dal padre di una sua allieva per imparare i metodi rieducativi

utilizzati in Europa.

Nel 1816, dopo aver conosciuto Sicard ed aver imparato il

metodo utilizzato nella sua scuola, Gallaudet ripartì per gli Stati
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Uniti portando con sé un ex allievo di Sicard, Laurent Clerc che,

durante la storica traversata in mare durata cinquanta giorni,

insegnò i segni al suo compagno di viaggio. Quest’ultimo, l’anno

successivo, fondò la prima scuola per sordi a Hartford nel

Connecticut, seguita da molte altre in breve tempo. I segni

francesi di Clerc non fecero fatica ad amalgamarsi a quelli

indigeni, tanto che da quella miscellanea nacque l’American Sign

Language (ASL), la lingua dei segni americana.

Si stima che nel 1869 ci fossero nel mondo 550 insegnanti per

sordi e che il 41% degli insegnanti per sordi degli Stati Uniti

fossero essi stessi sordi.

Sempre negli Stati Uniti, nel 1864, venne approvata una legge

che permetteva la trasformazione della Columbian Istitution for

the Instruction of the Deaf and the Blind di Washington nel

primo istituto superiore per sordi al mondo; il primo direttore fu

Edward Gallaudet, figlio del più noto Thomas.

Dopo il 1870, tutto ciò che fu conquistato per l’educazione dei

sordi venne spazzato via in meno di un ventennio.


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La repressione, il conformismo e l’intolleranza verso la diversità,

insieme alle pressioni del Clero e alla ricerca di una uniformità

linguistica contribuirono allo smantellamento di ciò che si era

fatto in precedenza per l’educazione e l’integrazione dei sordi.

Ci si interrogò sul fatto se fosse giusto lasciare a delle persone

con una minorazione la libertà di utilizzare una lingua diversa

dalla maggioranza e al contempo se fosse adeguato relegare i

sordi in una lingua sconosciuta alla maggior parte delle persone.

Tutto questo, insieme a una corrente di pensiero già esistente

all’epoca che sosteneva l’utilità della rieducazione alla parola,

diedero una spinta decisiva verso l’abbandono della lingua dei

segni.

Nonostante le buone intenzioni dei fautori dell’oralismo, è certo

che questo metodo fosse molto più complesso e difficile da

apprendere per le persone sorde, che per altro non smisero di

utilizzare i segni con amici e parenti. Il metodo era così difficile

e faticoso che un solo educatore doveva occuparsi di un allievo;


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al contrario con l’uso dei segni si poteva insegnare a più alunni

contemporaneamente.

Edward Gallaudet, allora direttore della scuola superiore per

sordi di Washington, dopo aver visitato diverse scuole d’Europa,

propose una soluzione innovativa; utilizzare un metodo integrato

che consentisse ai sordi di esprimersi nella loro lingua (la lingua

dei segni) e al contempo permettesse loro una rieducazione

ortofonica per non escluderli dalla vita della comunità udente;

tale entusiasmo fu smorzato dal Congresso Internazionale degli

Educatori dei Sordi tenutosi a Milano nel 1880. A causa della

presenza di soli educatori udenti durante tale Congresso e alla

partecipazione di Alexander Graham Bell che fece sentire il

peso della sua importanza in quanto figlio di specialisti, venne

presa la decisione di bandire i segni dall’educazione dei sordi e

quindi da tutte le scuole.

La rieducazione ortofonica non portava dei risultanti eccellenti

sullo sviluppo intellettivo della persona sorda in quanto era molto


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lunga, complessa e puntava più all’apprendimento

dell’articolazione dei suoni che alla comprensione dei contenuti;

in questo modo il livello culturale delle persone sorde si abbassò.

La lingua dei segni non morì perché veniva utilizzata comunque

dalle persone sorde nella vita quotidiana ma anche oggigiorno

appare una lingua impoverita nei contenuti in quanto per decenni

non è più stata utilizzata in ambito scolastico ma solo per

veicolare comunicazioni relative alla vita quotidiana.

La prima conseguenza della decisione del Congresso fu che gli

studenti sordi dovevano essere affidati unicamente a educatori

udenti così la proporzione dei docenti sordi che insegnavano ai

sordi, nel 1850 prossima al 50%, scese al 25% verso la fine del

secolo e al 12% nel 1960 fino praticamente ad esaurirsi.

Il clima ghettizzante che si respirava all’epoca, portò alla

creazione degli istituti per sordi e intorno agli anni cinquanta,

alla formazione di classi speciali nelle scuole pubbliche.

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La situazione si modificò nel 1977 quando la legge n°517

riconobbe il diritto a qualsiasi portatore di handicap di essere

inserito in una scuola normale (scuola primaria e secondaria di

primo grado); è solo nel 1982 (legge n°270) che venne previsto

l’inserimento dei bambini sordi anche nelle scuole materne

statali.

Le scuole speciali si svuotarono in quanto la legge prevedeva la

possibilità, per il genitore, di scegliere tra scuola speciale e

scuola normale per il proprio figlio e, dato che la maggior parte

dei genitori dei bambini sordi era udente, quasi tutti preferirono

l’inserimento nelle scuole normali.

Se da una parte l’integrazione era auspicata, dall’altra gli

insegnanti avrebbero dovuto garantire una competenza specifica

nell’insegnamento ai sordi, che si è rivelata spesso assente.

Oltre a ciò ai ragazzi sordi è venuta a mancare una comunità di

sostegno dove potersi incontrarsi, dialogare nella loro lingua e

trovare modelli di riferimento a cui ispirarsi che non facciano


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parte del mondo degli udenti. Se da una parte l’inserimento nella

scuola speciale garantiva la specializzazione dei docenti sulla

sordità, prevedeva la rieducazione ortofonica quotidiana e la

possibilità per i bambini di confrontarsi in un gruppo di pari,

dall’altra rischiava di limitare lo sviluppo intellettivo del sordo.

Infatti, tutti i bambini, indipendentemente dal loro sviluppo

intellettivo e dalle loro competenze, dovevano frequentare due

volte la stessa classe; rimanevano fino alla maggiore età, quindi,

negli istituti ma ne uscivano con un livello di scolarizzazione

piuttosto basso. Oltre a ciò, spesso, gli istituti non si trovavano

nella stessa città di residenza del bambino che era quindi

costretto a rimanere nei convitti per il periodo di frequenza

scolastica. Era usuale che i bambini tornassero a casa solo una

volta al mese oppure durante le vacanze scolastiche.

I principali Istituti italiani per sordi

La figura illustra l'ubicazione dei principali Istituti italiani con le

rispettive date di fondazione.


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La maggiore densità di Istituti è facilmente individuabile nei

territori che facevano parte dell'Austro-Ungarico Regno

Lombardo-Veneto, del Regno di Sardegna, dei Ducati e della

parte settentrionale ed orientale degli Stati Pontifici.

1. 1784 Istituto dei


Sordomuti di Roma
2. 1788 Istituto
Governativo di
rieducazione per i
sordomuti di Napoli
3. 1802 Istituto
Nazionale Sordomuti
di Genova
4. 1805 Regio Istituto
dei Sordomuti di
Milano
5. 1814 Regio Ospedale
di Carità: Sezione
Sordomuti di Torino
6. 1815 Regio Istituto
dei Sordomuti di Pisa
7. 1820 Istituto delle Figlie della Provvidenza per le
Sordomute di Modena
8. 1826 Stabilimento dei Sordomuti di Parma
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9. 1828 Istituto "Tommaso Pendola" per Sordomuti di Siena
10. 1829 Istituto Provinciale Sordomuti di Ferrara
11. 1829 Stabilimento dei Sordomuti di Cremona
12. 1830 Istituto "Antonio Provolo" per l'educazione dei
Sordomuti di Verona
13. 1832 Pio Istituto Sordomuti di "San Gualtiero" di Lodi
14. 1834 Regio Istituto dei Sordomuti di Palermo
15. 1842 Istituto Principesco Arcivescovile per i sordi di
Trento
16. 1850 Istituto Gualandi per i sordomuti e le sordomute
di Bologna
17. 1882 Istituto Nazionale Sordomuti di Firenze
18. 1882 Istituto dei Sordomuti di Cagliari
19. 1885 Pio Istituto "Filippo Smaldone" di Lecce

Attualmente esistono ancora alcune scuole speciali sul territorio

italiano che sono sopravvissute alla chiusura degli istituti; è il

caso dell’Istituto Statale Magarotto di Torino e Padova,

l’Istituto Statale per Sordi di Roma e la Scuola Audiofonetica di

Mompiano di Brescia (Bs). Questi istituti per poter rimanere

aperti hanno previsto una integrazione “al contrario” cioè hanno

aperto le porte anche all’utenza normodotata che si è quindi

andata ad integrare con l’utenza sorda.


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I programmi didattici sono quelli previsti dal Ministero ma

sopravvive ancora all’interno di queste scuole una particolare

attenzione per l’insegnamento ai bambini sordi. In alcuni di

questi istituti, ad esempio, è ampiamente valorizzata la lingua

dei segni come strumento per veicolare i contenuti didattici e

quindi le lezioni vengono svolte nelle due lingue (italiano – lingua

dei segni).

A fronte di risultati talvolta deludenti con il solo utilizzo della

rieducazione ortofonetica, a seguito di studi condotti sulla lingua

dei segni e dell’esempio fornito dall’esperienza statunitense, le

offerte scolastiche rivolte ai bambini sordi si sono lentamente

evolute.

Dall’affermazione che la lingua dei segni sia di ostacolo

all’apprendimento e allo sviluppo della parola nel bambino sordo

(Congresso Internazionale di Milano del 1880), si sta ritornando

a considerare il valore della lingua dei segni anche per ciò che

concerne l’ambito scolastico; ci si sta orientando, in alcune


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realtà, verso l’adozione di un modello bilingue italiano – lingua dei

segni.

In Italia, prendendo ispirazione dalle ex scuole speciali ancora

aperte, si stanno sviluppando alcuni progetti all’interno di scuole

statali tradizionali, che prevedono l’adozione del modello

bilingue per l’insegnamento ai bambini sordi. A Cossato, in

provincia di Biella, nel 1994 è iniziato un progetto di bilinguismo

lingua verbale – lingua dei segni italiana per l’integrazione dei

bambini sordi nella scuola ordinaria, che si è sviluppato nella

scuola dell’infanzia di Cossato, per poi proseguire nella scuola

primaria, in quella secondaria di primo grado e recentemente in

una scuola secondaria di secondo grado di Biella. Attualmente

circa 30 tra bambini e ragazzi sordi usufruiscono di questo

progetto.

A Milano, un progetto simile (progetto Vivilis) è stato avviato nel

2008 nell’Istituto Comprensivo Statale Jacopo Barozzi (scuola

dell’infanzia, scuola primaria e secondaria di primo grado).


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Il progetto promuovere l’integrazione del bambino sordo nella

scuola normale anche attraverso la presenza di più bambini sordi

inseriti nella stessa classe.

Tra gli obiettivi del progetto troviamo:

l’utilizzo della lingua dei segni come strumento per veicolare

contenuti didattici e per aiutare il bambino nella relazione con i

pari e con gli adulti e come mezzo per l’apprendimento

dell’italiano orale e scritto. Questo viene realizzato grazie alla

presenza in classe dell’assistente alla comunicazione per quasi

tutto il monte ore frequentato dal bambino la specializzazione

degli insegnanti curricolari sulla sordità in modo che non vengano

disperse le conoscenze acquisite durante il ciclo di studi del

bambino sordo l’inserimento di più bambini sordi in una scuola

dove gli insegnanti conoscano le modalità relazionali del bambino

sordo, il suo modello culturale e la sua lingua e siano in grado di

proporre materiale didattico adatto al bambino la presenza nel

progetto di personale specializzato sulla sordità: l’educatore

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sordo insegna la lingua dei segni ai bambini delle classi e agli

insegnanti oltre che lavorare direttamente con il bambino sordo.

La psicologa, esperta nella psicologia della sordità, segue il

percorso emotivo del bambino sordo in ambito scolastico,

sostiene i genitori nel percorso dei figli e fornisce consulenza

agli insegnanti.

L’obiettivo di progetti come quelli sopra citati è la realizzazione

di una scuola dove il bilinguismo sia lo strumento per superare le

barriere comunicative ponendosi come ponte Estratto dalle

dispense a cura della Prof.ssa Raffaella Carchio Insegnamento:


“Linguaggio in circostanze atipiche” Modulo: “Psicologia della
sordità” Corso di Laurea Magistrale in Teoria e Tecnologia della
Comunicazione Facoltà di Psicologia - Università Bicocca - Milano
fra due mondi, quello dei sordi e quello degli udenti, realizzando

un arricchimento esperienziale e socio-culturale e garantendo

pari opportunità di apprendimento e di partecipazione alla vita

scolastica per il bambino sordo segnante.


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L'educazione linguistica
oggi

Questa metodologia si avvale, nell'insegnamento dell'italiano, di

un sistema di segni codificati che serve da supporto visivo

all'apprendimento della lingua parlata e scritta.

Il metodo utilizza alcuni segni della LIS (Lingua dei Segni

Italiana), e ne inventa di nuovi (articoli, preposizioni, ecc.) per

rendere completamente "visibile" la struttura della lingua

parlata.

Educazione Bilingue

In molti paesi europei e negli Stati Uniti viene proposto da alcuni

anni un modello di educazione per i bambini sordi che prevede

l'uso parallelo della lingua dei segni e della lingua parlata e


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scritta in contesti diversi (ad es. famiglia e scuola) o con diversi

interlocutori (ad es. madre udente e padre sordo; insegnante

udente e sordo). Anche in Italia, negli ultimi anni, sono state

ideate e realizzate esperienze di bilinguismo con il

coinvolgimento di adulti sordi.

Le nuove tecnologie
nell'educazione del bambino
sordo
Le nuove tecnologie possono contribuire notevolmente a ridurre

l'handicap comunicativo e linguistico dei bambini e ragazzi sordi,

perché permettono di trasformare la modalità di trasmissione

del sapere.

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Computer

L'uso del word-processor può aiutare i


ragazzi sordi nel difficile compito della
composizione scritta.

La possibilità di poter tornare in ogni


momento sul testo favorisce una
maggiore concentrazione, la spinta
all'autocorrezione, l'attenzione agli
aspetti estetici della produzione scritta.

Esistono attualmente in Italia alcuni programmi creati

appositamente per i sordi e realizzati tenendo conto delle loro

particolari difficoltà.

Il computer consente di effettuare dialoghi a distanza. I

bambini sono così motivati a utilizzare la scrittura come uno

strumento vivo, cogliendo cioè una funzione fondamentale dello

scrivere e del leggere: scrivere per informare altri, leggere per

ricevere informazioni.

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Strumenti Multimediali (CD-Rom)

La multimedialità offre alle persone sorde la possibilità di

ricevere l'informazione nella modalità comunicativa integra, cioè

quella visiva.

CD-Rom interattivo

"Gli Animali della Savana"

Questa applicazione si rivolge ai bambini sordi della scuola

elementare e media ed intende realizzare un ambiente di

apprendimento volto a migliorare la competenza linguistica.

L'esplorazione dell'ambiente, nel quale il bambino può scegliere

differenti percorsi, lo stimola ad usare ed integrare quattro

fonti d'informazione: due visive non-linguistiche - evento filmato

e chiarimenti in forma grafica - e due visive linguistiche -

racconto dell'evento in LIS e in italiano scritto.

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Un'esperienza di bilinguismo nella scuola materna

Il progetto

"L'Educazione Bilingue per un Progetto d'integrazione tra


bambini sordi e udenti" è in corso dall'anno 1991-92 presso la
Scuola Materna dell'Istituto Statale per Sordomuti "T.

Silvestri" di Roma, con la consulenza scientifica dell'Istituto di

Psicologia del C.N.R.

Gli Obiettivi

Promuovere una prima educazione bilingue - LIS e Italiano - in

cui siano chiari interlocutori e contesti di utilizzo delle due

lingue.

Quindi favorire:

 lo sviluppo comunicativo e linguistico in tutti gli aspetti,

verbali e non verbali, e il trasferimento delle competenze

da una lingua all'altra;

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 lo sviluppo cognitivo attraverso la possibilità di una diversa

organizzazione delle conoscenze;

 la scoperta dell'esistenza di culture diverse e il

riconoscimento di pari dignità di tutte le lingue;

 occasioni d'incontro e scambio comunicativo con adulti sordi

e bambini sordi di altre scuole.

Il format narrativo

Prevede uno svolgimento in tre fasi in rapporto circolare tra

loro:

 racconto in LIS e in Italiano vocale da parte di due

educatori diversi (sordo e udente)

 acting-out in LIS e in italiano vocale

 attività di approfondimento e consolidamento

Successivamente si passa alla drammatizzazione.

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Acting-out:

È una azione mimata collettiva, in cui tutti i bambini, insieme

all'insegnante, assumono i diversi ruoli e iniziano a far propri i

dialoghi di ogni personaggio

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A cura di!
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