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I SOFISTI.

Nel V secolo a.C. i sofisti erano intellettuali che della sapienza facevano una professione,
insegnandola dietro un compenso.
I sofisti erano una “rivoluzione filosofica” perché spostavano la loro concentrazione dalla
natura all’uomo perché avevano sfiducia nella ricerca naturalistica.
La democrazia era lo spazio operativo nella quale si mosse la corrente dei sofisti proprio
perché quello era il periodo in cui la democrazia ateniese si stava sviluppando
maggiormente.
In più la sofistica era definita una specie di “illuminismo greco” infatti l’illuminismo fu un
movimento culturale del 18 secolo nella quale si usava liberamente la ragione. Lo
strumento principale dell’illuminismo fu la critica.
La sofistica e la cultura ateniese hanno una cosa in comune ovvero che in entrambi
venivano criticati esplicitamente miti e credenze sostituiti con cose più razionali.
I sofisti sono i primi ad elaborare il concetto occidentale di cultura e che la virtù dipenda
solo dal sapere. Possiamo anche definire i sofisti cosmopoliti e contribuiscono ad un
allargamento della mentalità greca.
Nella sofistica dobbiamo anche distinguere i sofisti della prima generazione come
Protagora e Gorgia da quelli della seconda generazione.

PROTAGORA.
Il primo e più importante sofista fu Protagora di Abdera. Le sue opere sono influenzate da
Eraclito e tra queste ricordiamo i ragionamenti demolitori e le antologie.
La tesi principale di Protagora si basa sul fatto che “l’uomo è misura di tutte le cose, delle
cose che in quanto sono e delle cose che non sono in quanto non sono”.
 Una prima interpretazione si intende l’uomo come individuo singolo e le cose come
gli oggetti percepiti attraverso i sensi quindi le cose appaiono in modo diverso
rispetto a chi le vede.
 La seconda interpretazione con uomo si intende l’umanità e con cose la realtà in
generale quindi si intende che le persone giudicano la realtà in base ai parametri
che l’umanità ha in comune.
 La terza interpretazione si vede l’uomo come la civiltà a cui appartiene e le cose
come i valori di queste civiltà quindi vuol dire che ognuno giudica le cose in base al
gruppo sociale di cui fa parte.
La posizione di Protagora è una forma di umanismo perché quello che dice vede sempre
come soggetto l’uomo, di fenomenismo perché non vediamo la realtà in sè ma come ci
appare e di relativismo morale perché non c’è una verità assoluta ma relativa proprio
perché cambia da persona a persona.
Nella prima metà del IV secolo a.C. troviamo lo scritto anonimo Ragionamenti doppi nella
quale si vuole dimostrare che le cose possono essere buone o cattive, belle o brutte, giuste
o ingiuste a seconda di come le vediamo.
Nella seconda parte invece viene esposto il “relativismo culturale”.
Il relativismo dei sofisti poteva condurre alla tesi dell’equivalenza ideale delle opinioni
ovvero secondo la quale tutto è vero infatti Protagora credeva in un principio di scelta. Per
Protagora l’unico criterio a cui l’uomo può attenersi è il principio debole dell’utilità inteso
come il bene del singolo e della comunità che venne spesso criticato.
Questa critica giudicava questa teoria poco solida perché anche per stabilire ciò che è
realmente utile bisogna essere oggettivi.
Protagora vede il sofista anche come un propagandista dell’utile ovvero coglie l’utile delle
cose per modificare il pensiero degli altri quindi l’esercizio di retorica (l’arte di parlare) da
parte di Protagora non viene visto come qualcosa di fine a se stesso ma che ha uno scopo
educativo nella quale pensa a tutti e di conseguenza non può essere visto come un atto di
egoismo.

GORGIA.
Un’altra grande figura sofistica è Gorgia di Lentini che nacque in Sicilia e le sue opere più
importanti sono Sul non essere e l’Encomio di Elena.
Nella prima opera afferma le sue tre tesi fondamentali:
 Nulla esiste;
 Se qualcosa esiste, non è conoscibile dall’uomo;
 Se è conoscibile, è incomunicabile agli altri.
Quando Gorgia dice che nulla esiste nega la pensabilità logica dell’essere quindi se non ci
si pensa in modo logico, non esiste.
Nella seconda tesi Gorgia dice che se anche l’essere esistesse noi non lo potremmo
conoscere perché per conoscerlo la nostra mente dovrebbe rispecchiare la realtà. Ma non
è così perché il pensiero non rispecchia per forza la realtà e viceversa.
Nella terza tesi Gorgia dice che se anche la realtà fosse conoscibile non sarebbe spiegabile
a parole perché il linguaggio è altra cosa dalla realtà.
Le tesi di Gorgia hanno più densità se riferite a Dio, infatti:
 Nella prima tesi viene negato l’essere quindi è vista come una forma di ateismo.
 Nella seconda e nella terza vediamo dei casi di scetticismo o agnosticismo perché
l’uomo non ha gli strumenti per negare o affermare l’esistenza dell’essere.
Un altro argomento importante è la concezione del reale perché Gorgia ritiene che
l’esistenza sia qualcosa di irrazionale e misterioso. Pensa che le azioni degli uomini siano
dovute alle circostanze, menzogne, passioni e destino. Questo è proprio quello che dice
nell’Encomio di Elena dove afferma che Elena è senza colpa.
Gorgia afferma ciò per varie ragioni:
 Perché se quella fosse stata una decisione degli dei, Elena non avrebbe colpe perché
l’uomo non può andare contro il volere degli dei che superano gli uomini in forza e
saggezza. Quindi in questo caso sarebbe colpa degli dei.
 Un secondo motivo potrebbe essere perché fu la parola a persuaderla illudendo il
suo animo perciò non fu colpevole ma sventurata perché la parola è un gran
dominatore.
 Il terzo motivo è perché anche se si trattasse dell’amore sarebbe colpa dell’anima di
Elena che è stata offuscata dalla vista perché la vista vede come conseguenza
l’amore.

SOCRATE.
Socrate fu un momento fondamentale sia per la filosofia greca ma anche per la storia
dell’Occidente di cui sappiamo poco. Socrate nacque ad Atene e nel Simposio di Platone
viene descritto come un uomo sensibile, coraggioso e padrone di se stesso.
Socrate vedeva la ricerca filosofica come un esame di se stesso e degli altri. Platone lo
paragonò alla torpedine di mare che stordisce chi la tocca e gettava dubbio e inquietudine
in chiunque incontrasse.
Socrate credeva che la filosofia fosse un esame di se stessi quindi nessuno scritto poteva
dirigere il modo di filosofare perciò di lui non abbiamo nulla di scritto e tutto quello che
abbiamo di lui viene da Platone che era suo discepolo.
Per certi aspetti Socrate è legato alla sofistica per quanto riguarda:
 L’attenzione per l’uomo;
 Cercare nell’uomo i criteri del pensiero;
 Mentalità anticonformistica;
 L’inclinazione verso dialettica e paradosso.
Gli elementi che allontanano Socrate dai sofisti sono:
 Un sofferto amore per la verità e il rifiuto di ridurre la filosofia a retorica;
 Andare oltre il relativismo morale.
Per questi motivi possiamo definire Socrate figlio e avversario della sofistica.
Socrate, per un periodo della sua vita, si dedicò sulle ricerche degli ultimi naturalisti come
Anassagora. Ma venne deluso da queste indagini e si convinse che ci fossero cose che
l’uomo non fosse tenuto a sapere e spostò la sua attenzione sull’uomo.
A questo punto Socrate intese la filosofia come un’indagine in cui l’uomo chiarisse se
stesso e capisse il significato del proprio essere. Per questo Socrate fece proprio il motto
dell’oracolo delfico “conosci te stesso” vedendolo come missione del filosofo.
Per Socrate la prima condizione della ricerca è la coscienza della propria ignoranza perché
secondo lui è sapiente solo chi sa di non sapere. Però dire che è sapiente solo chi sa di non
sapere è come dire che un filosofo è genuino solo quando sa che attorno alle cause del
Tutto nulla si può dire con certezza e vuole anche essere una denuncia per coloro che
pensano di sapere tutto sull’uomo. Questo però non esclude la possibilità di una ricerca
sull’uomo proprio perché solo chi sa di non sapere cerca di sapere.
Nell’esame che Socrate sottopone agli altri, la prima cosa è farli essere consapevoli della
loro ignoranza e così utilizza l’ironia ovvero un gioco di parole con cui dimostra il “non
sapere”. Infatti Socrate utilizza l’ironia per rendere consapevole l’uomo della sua ignoranza
e gettarlo nel dubbio e proprio attraverso il dubbio invoglia l’uomo alla ricerca del vero.
Socrate non voleva imporre un pensiero ma invogliare a cercarne uno dentro se stessi. Da
ciò viene la maieutica, ovvero l’arte di far partorire quindi aiutava gli intelletti ad avere un
proprio punto di vista sulle cose.
Questo dialogo socratico era formato da domande che portava ad una richiesta di una
definizione. Così Aristotele attribuisce a Socrate la scoperta del ragionamento induttivo
ovvero quando vengono esaminati vari casi e si giunge ad un’affermazione generale e si
esprime un concetto così Socrate scoprì l’esigenza della definizione.
Socrate pensava che ci fosse il bisogno di un linguaggio più preciso per esprimere i concetti
che portò ad una reazione al relativismo linguistico, conoscitivo e morale.

LA VIRTU’ DI SOCRATE.
Per virtù i Greci intendevano il modo di essere ottimale di qualcosa mentre i sofisti la
vedevano più come qualcosa che doveva essere cercato e conquistato con impegno.
Mentre Socrate vede la virtù come una forma di sapere che può essere insegnata e
comunicata a tutti perché tutti devono imparare il mestiere di vivere ovvero distinguere
bene e male.
Socrate capisce che la virtù è unica e opera una modifica dei valori perché sostiene che
vengano dall’anima. E sostiene che la morale sia un modo di essere che mira alla felicità.
Se la vediamo così la morale socratica è un eudemonismo ovvero che lo scopo della felicità
è soltanto essere felici. (?) La virtù di Socrate si risolve nella politicità ovvero l’arte di vivere
con gli altri.

Secondo i PARADOSSI di Socrate “nessuno pecca volontariamente” e “chi fa del male, lo fa


per ignoranza del bene” quindi chi agisce fa quello che ritiene per se stesso un bene.
Un altro paradosso è quello in cui si sostiene che subire il male è meglio che commetterlo
perché solo la virtù e la giustizia rendono un uomo felice mentre immoralità ed ingiustizia
portano solo all’infelicità.
Il razionalismo morale di Socrate considera la virtù come la sapienza e il vizio come
l’ignoranza. Socrate, infatti, è stato accusato di intellettualismo etico ovvero quando
esagerava nell’uso della ragione e si parla anche di formalismo etico perché la virtù non ha
una definizione vera e propria.

CARATTERE RELIGIOSO.
Socrate dà alla sue opere anche un carattere religioso nella quale il fare filosofia è una
missione data dalle divinità e parla di un demone che lo consiglia. Per demone si può
intendere una personificazione dell’anima in quanto Socrate vedeva l’anima in due modi:
come prigioniera del corpo o come sede della vita intellettuale dell’uomo.
In più vediamo che Socrate non è estraneo al politeismo perché ammette gli dei solo
perché pensa che ci sia una divinità superiore nella quale gli dei sono manifestazioni
perché simili agli uomini e decidevano e custodivano il loro destino.

LA MORTE DI SOCRATE.
Socrate venne accusato di corrompere i giovani con delle dottrine contrarie alla religione
tradizionale quindi venne condannato a morte. Questo accadde perché ad Atene la
democrazia era conservatrice e si basava sul passato chiudendosi alle novità e proprio per
questo Socrate era visto come un pericolo.
Socrate concepiva il governo come arte da affidare a poche persone preparate a riguardo
e criticava il diritto di accedere alle cariche politiche per sorteggio o elezione popolare.
Quando Socrate morì dimostra quanto lui fosse fedele a se stesso e ai suoi ideali
“preferendo morire rimanendo fedele alle sue leggi anziché vivere violandole”.

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