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PIETRO CALICETI

Immaturamente spentosi il 26 ottobre 1951 Pietro Caliceti era nato a S. Giorgio di Piano il 6 gennaio
1888 da famiglia di agricoltori oriunda da Baiso paese della montagna di Reggio Emilia. Quando il padre
morì nel 1909 lasciò nove figli maschi dei quali il maggiore contava 25 ed il minore 4 anni.
Il nostro fin da fanciullo dimostrò intelligenza e volontà negli studi e terminate le scuole classiche si
inscrisse nella Facoltà Medica della nostra Università.
Nel 1915, allo scoppio della guerra, ottenuta nel 1914 la Laurea con lode con uno «studio sulle
alterazioni anatomiche del polmone dopo allacciatura dei vasi arteriosi e venosi», partì per il fronte e
dopo aver trascorso un anno come medico di reggimento ebbe la felice occasione di mettersi a contatto
con un illustre Maestro della specialità Otorinolaringoiatrica e cioè con Salvatore Citelli, Direttore della
Clinica di Catania, che lo assunse come suo collaboratore e lo assegnò al reparto della specialità creatosi
presso la Scuola Medica da Campo di S. Giorgio di Nogara. In breve il Nostro da assistente divenne
caporeparto poi consulente per la III Armata e fu congedato col grado di Capitano e decorato con la Croce
al merito. Terminata la guerra il Citelli gli offerse il posto di Aiuto nella Clinica di Catania dove il Nostro
svolse tale attività scientifica e didattica da condurlo dopo pochi anni al conseguimento della Docenza.
Nel 1923, dopo essere stato giudicato maturo al concorso per la cattedra della materia nella Università
di Pavia, ebbe l'incarico dell'insegnamento nella nostra Università. Pietro Caliceti lo iniziò con grande
entusiasmo pur avendo a disposizione locali e mezzi inadeguati. L'opera sua fu una lenta ma progressiva
affermazione del suo valore di clinico e di chirurgo onde la specialità fu sempre più apprezzata e
valorizzata sicché nel 1940 fu unanimemente designato al primo posto nel concorso per la Università di
Cagliari: prima ancora che Egli raggiungesse la sede in Sardegna fu chiamato a Bologna.
E così giustamente Egli otteneva il più ambito e il più meritato premio di ritornare Maestro dove era
stato scolaro. Negli anni che seguirono poté ancora dimostrare le sue virtù di organizzatore, di chirurgo e
di scienziato. La sua attività scientifica fu continua e si iniziò già durante la guerra colle ricerche
batteriologiche nelle suppurazioni timpaniche, studiò inoltre le complicazioni endocraniche di origine
ottica, e le ferite d'arma da fuoco del seno laterale e dell'orecchio medio.
Durante il suo massimo fervore di preparazione clinica illustrò i rapporti fra vegetazioni adenoidi e
disfunzioni ipofisarie in collaborazione col suo Maestro. Risalgono a centinaia i suoi contributi di
patologia e clinica: ideò particolari strumenti e perfezionò metodi operatori che illustrò e descrisse in
Monografie e Trattati. La sua esperienza più estesa fu da Lui conseguita nella terapia del cancro del
laringe: tale esperienza era stata condensata nella Relazione che Egli presentò al Congresso Nazionale di
Cagliari poche settimane prima della Sua morte.
Nel maggio 1951 Colleghi, allievi e studenti gli tributarono il più alto plauso in occasione del XXV
anno di insegnamento e fu edito un volume di scritti ma questo tangibile segno di ammirazione e di stima
assunse la veste triste di un omaggio alla Memoria.
Scopo principale della Sua attività di Maestro fu quello di creare una clinica bene attrezzata e di dare
mente ed opera alla risoluzione di un importante problema sociale: quello della sordità. Aveva dato infine
entusiasmo ed attività allo studio della audiologia che induceva ad una felice collaborazione il fisico il
medico ed il chirurgo.
La Sua attività didattica non fu meno eccellente ed esemplare. Nel 1940 pubblicò un Trattato di
Otorinolaringologia in tre volumi in collaborazione coi più autorevoli cultori della specialità e nel 1948
un Trattato di patologia e clinica otorinolaringologica.
Dalla Sua Scuola uscirono numerosi allievi ormai sparsi per tutta Italia. Docenti e Primari sono in
grado di attestare che il Maestro aveva ben seminato e che la messe era già divenuta abbondante e
fruttifera.
Fu Uomo di abitudini modeste, amava la vita semplice e fu costantemente entusiasta del suo lavoro
professionale e scientifico. Accettò con rassegnazione al termine dell'ultima guerra ciò che sembrò un
crudele destino anche se a compierlo ne ebbe per maggior parte l'umana malvagità. Nel pieno vigore della
sua attività intellettuale e fisica fu colpito da un male senza speranza. Ebbe affettuose solenni onoranze
funebri e le parole che dissi sul feretro nel cortile dell'Archiginnasio vennero spontanee dal cuore al mio
labbro per il ricordo dei desideri e delle speranze che Egli mi aveva manifestate e che si riassumevano
nella conservazione della cattedra che Egli aveva illustrata e nella attuazione dei progetti e degli scopi che
Egli aveva con nobiltà di animo perseguiti per tutta la vita.

G. GHERARDO FORNI

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