Giuseppe Celano) 1
Contributo del dott. Alessandro Di Polito
Il castagno assume una forte importanza come pianta da frutto, ma riveste oggi
un'importanza rilevante anche per molti aspetti paesaggistici e di tutela dell’ambiente
Il castagno europeo (C. sativa), in Italia comunemente chiamato castagno, è l'unica specie
autoctona del genere Castanea in Europa. In Italia, negli ultimi decenni è stato introdotto il
castagno giapponese (C. crenata), resistente al mal dell’inchiostro e al cancro della
corteccia, per cui è possibile trovare anche castagni europei innestati sul castagno
giapponese o ibridi delle due specie.
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Contributo del dott. Alessandro Di Polito
Il castagno è una pianta molto longeva, a portamento arboreo, con chioma espansa e
rotondeggiante e altezza variabile, dai 10 ai 30 metri, secondo le condizioni ambientali
(Figura 2).
In condizioni normali sviluppa un grosso fusto colonnare, con corteccia liscia, lucida, di
colore grigio-brunastro nelle giovani piante, che poi tende a screpolarsi longitudinalmente,
col progressivo invecchiamento della pianta (Figura 3). La corteccia dei rami è cosparsa
di lenticelle di colore bianco.
Le foglie caduche sono alterne, provviste di un breve picciolo, con due stipole oblunghe.
La lamina è grande, di forma lanceolata, acuminata all’apice e seghettata nel margine, con
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Contributo del dott. Alessandro Di Polito
Le Castagne, invece sono frutti caratterizzati da una pellicola interna che penetra in
profondità nella polpa fino a dividerla.
Da ricordare la Castagne di Montella, Castagna di Valleranno Castagna di Cuneo
Castagna del Monte Amiata, tutti prodotti con marchio I.G.P.
Gli acheni sono racchiusi in numero di 1-3 all'interno di un involucro spinoso ( Figura 6),
comunemente chiamato riccio, derivato dall'accrescimento della cupola, che a maturità si
apre dividendosi in quattro valve.
Quando le castagne sono mature il colore dei ricci passa dal verde al giallo-bruno e ha
inizio il processo di distacco dalla pianta. Tra fine ottobre e metà novembre le foglie
ingialliscono e cadono, e la pianta entra in riposo invernale.
piano submontano delle regioni mediterranee o in bassa collina più a nord. Per cui la
specie la si rinviene nella fascia “Sub montana basale” o “Castanetum” con introduzioni
antropiche anche in zone più fredde del Lauretum o del Fagetum, ad altitudini che si
aggirano fra i 600 ed i 1200 m s.l.m.
Per una buona fruttificazione, il castagno ha bisogno di precipitazioni medie di almeno 700
mm. Condizioni di moderata siccità estiva determinano un rallentamento dell'attività
vegetativa nel mezzo della stagione e una fruttificazione irregolare. Le nebbie persistenti e
la piovosità eccessiva nei mesi di giugno e luglio ostacolano l'impollinazione incidendo
negativamente sulla fruttificazione.
A fronte delle moderate esigenze climatiche, il castagno presenta notevoli esigenze
pedologiche che ne condizionano fortemente la diffusione territoriale. Sotto l'aspetto
chimico e nutritivo, la specie predilige i terreni ben dotati di potassio, fosforo e humus. Le
condizioni ottimali si verificano nei terreni neutri o moderatamente acidi; tollera anche
un'acidità più spinta mentre rifugge da suoli a pH elevati. Il calcare è moderatamente
tollerato solo nei climi umidi. Sotto l'aspetto granulometrico predilige i suoli sciolti o
tendenzialmente sciolti mentre non sono tollerati i suoli argillosi o comunque facilmente
soggetti a ristagni. In generale sono preferiti i suoli derivati da rocce vulcaniche (tufi,
trachiti, andesiti, ecc.) ma vegeta bene anche nei suoli prettamente silicei derivati da
graniti, arenarie quarzose, ecc., purché sufficientemente dotati di humus. I suoli calcarei
sono tollerati solo nelle stazioni più settentrionali, abbastanza piovose, mentre sono mal
tollerate le marne.
LA COLTIVAZIONE
Il castagno, essendo coltivato principalmente in terreni marginali, montani o collinari,
impervi e pericolosi per la movimentazione delle macchine operatrici (Figura 22), non
consente gli interventi classici connessi alla frutticoltura convenzionale, nella quale la
maggior parte del lavoro, viene eseguito dalle macchine.
Una castanicoltura di tipo industriale, meccanizzata è effettuata negli impianti di nuova
generazione, realizzati in pianura o collina, in cui, prima della messa a dimora delle
piante, è eseguita una buona sistemazione del terreno (Figura 23). La castanicoltura
convenzionale, risulta poco diffusa in Italia, mentre è molto diffusa negli altri stati, come
Francia, Spagna e Turchia.
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INNESTO
Si consiglia di innestare i polloni più vigorosi e ben inseriti nelle ceppaie.
La distanza dalle ceppaie da innestare è di 5-6 m e per ogni ceppaia si consiglia di
innestare almeno 3 polloni. La varietà di specie da innestare deve appartenere ad ecotipi
locali e devono essere di elevato pregio commerciale. Il materiale deve essere prelevato
da piante sane di cui si conoscono bene le caratteristiche di produttività media, qualità dei
frutti, pezzatura.
I tipi di innesto consigliati sono:
1. Innesto a zufolo (Figura 8)
2. Innesto a corona (Figura 9)
3. Innesto a spacco pieno (Figura 10)
FORME DI ALLEVAMENTO
La forma di allevamento maggiormente utilizzata per questa specie è il “Vaso libero” che
più si avvicina alla forma naturale.
L’allevamento è ottenuto con un impalcatura di 120 130 cm, segue poi una ridotta potatura
per evitare i rischi di infezione da taglio. Queste piante che presentano forme a vaso sono
costituite da 3-4 branche principali che alla fine del 4° anno essendo le piante ben formate
sono soggette ad una potatura di sfoltimento che permetterà:
• L’entrata della luce
• L’eliminazione dei rami secchi
Quando le piante poi raggiungono un’altezza tale da non essere danneggiate, è
consigliato il pascolamento.
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Foto 8. Innesto a zufolo Foto 9. Innesto a corona Foto 10. Innesto a spacco pieno
Castanicoltura convenzionale
In genere il castagneto convenzionale viene gestito in modo analogo alle coltivazioni degli
altri alberi da frutto coltivati in modo industriale, con indirizzo specializzato.
Le piante vengono allevate a vaso libero, impalcate a circa 120 cm, cercando di
assecondare il portamento naturale della pianta. Le distanze variano fra gli 8-10 m per il
castagno europeo, e i 6-7 m per quello giapponese, dotato di minore vigoria, prendendo
comunque in considerazione le caratteristiche e la vigoria del portinnesto.
L’impianto razionalmente impostato, viene effettuato con astoni già innestati
(generalmente su franco), posti a dimora in quadrato, inserendo eventualmente, adeguati
impollinatori per le cultivar che ne necessitano.
La tecnica di conduzione del castagneto non si discosta da quella adottata per i frutteti
industriali, ponendo attenzione alla difesa antiparassitaria, alla concimazione azotata, alla
gestione del suolo e al controllo delle erbe infestanti. Particolare attenzione viene data alla
potatura di allevamento, alla potatura verde e alla spollonatura. La potatura di produzione
viene eseguita periodicamente per mantenere la forma prescelta per l’albero, evitando
l’eccessiva densità della chioma, per facilitare le operazioni meccaniche e per eliminare
eventuali rami colpiti da parassiti.
Il terreno è interessato da lavorazioni periodiche per contenere lo sviluppo delle erbe
infestanti e per favorire l’areazione delle radici, l’assorbimento di acqua e di elementi
nutritivi da parte della pianta, minimizzando gli stress.
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Castanicoltura biologica
La castanicoltura biologica, rispetta tutti i principi generali dell’agricoltura biologica.
Essa infatti mette in atto un sistema di produzione che sostiene la salute del suolo,
dell’ecosistema e delle persone. Si basa su processi ecologici, conservando la biodiversità
e attuando cicli adatti alle condizioni locali, piuttosto che sull’uso di input con effetti
avversi. L’agricoltura biologica combina tradizione, innovazione e scienza affinché
l’ambiente condiviso ne tragga beneficio e per promuovere relazioni corrette e una buona
qualità della vita per tutti coloro che sono coinvolti (Figura 14).
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Questi principi generali, vengono rispettati dalla maggior parte dei castanicoltori, un po’
per scelta aziendale, ma nella maggior parte dei casi per l’asprezza del territorio nel quale
vengono coltivate le castagne, che rendono difficile eseguire i trattamenti, e utilizzare i
mezzi meccanici, indispensabili nell’agricoltura convenzionale, per cui la castanicoltura
biologica, coincide generalmente con la castanicoltura classica.
La coltivazione biologica del castagneto di frutto la si può ottenere mediante riconversione
di un ceduo o tramite la ristrutturazione o miglioramento di un impianto abbandonato.
Per far ciò è necessario che siano soddisfatte le seguenti condizioni:
• Presenza di specie pregiate
• Assenza di danni rilevanti dovuti al cancro corticale ed al mal d’inchiostro
• Presenza di viabilità adeguata
Nel caso di riconversione del ceduo, è necessario tagliare tutte le piante non utilizzate
come innesti ma è opportuno lasciare parti di rami infettati da cancro cicatrizzante non
mortale, al fine di favorire la diffusione di ceppi ipovirulenti.
La castanicoltura classica consiste nel continuo recupero dei castagneti da frutto, con il
reinnesto dei polloni di ceppaia, del diametro di 4-5 cm, e alti 100-120 cm. Di solito
vengono innestate circa 100 ceppaie a ettaro, eseguendo gli innesti su tre polloni per
ceppaia, disposti a triangolo e opportunamente preparati (Figura 15). Gli innesti utilizzati
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per il castagno sono quelli a marza (corona, triangolo e spacco), nei mesi di marzo aprile,
mentre in maggio viene eseguito l’innesto ad anello, che risulta il più diffuso, poiché da i
migliori risultati, e il più facile da eseguire. Altra modalità di conversione dei castagneti ad
alto fusto o a ceppaia, consiste nella capitozzatura delle piante, sui cui getti verrà
innestata la nuova varietà. Vengono innestati più getti, che verranno diradati negli anni
successivi, fino a lasciare uno o al massimo due branche, che costituiranno la struttura
della pianta; questo tipo di innesto su pianta già formata, consente di ottenere un raccolto
già dopo il terzo anno, in modo da velocizzare i tempi di produzione e ridurre i costi.
Nel caso di recupero di castagneti da frutto con il reinnesto dei polloni di ceppaia, la
potatura di allevamento deve tenere conto delle necessarie cure alle piante innestate,
privilegiando i germogli principali che in 3-4 anni dovranno costituire lo scheletro della
pinta. Negli anni successivi gli interventi saranno volti allo sfoltimento della chioma e alla
pulizia della ceppaia con l’eliminazione dei polloni.
La raccolta avviene a mano dopo che i ricci si sono aperti e i frutti sono caduti a terra
naturalmente o con l’ausilio di pertiche (Figura 16).
Il lavoro di manutenzione del castagneto incomincia appena dopo la raccolta, si tagliano i
rami secchi e si esegue la potatura delle piante. Un castagno viene potato ogni 5-10 anni.
Nelle aree castanicole più vocate, la potatura viene eseguita con perizia da potatori
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Durante l'inverno si eliminano eventuali accumuli di foglie e ricci che potrebbero far morire
l'erba. Inoltre si evita anche la formazione di aree fangose in cui i frutti potrebbero
sporcarsi.
In primavera si eliminano dal bosco i rami tagliati durante la potatura e si eseguono gli
innesti. I getti dei nuovi innesti possono raggiungere la lunghezza di 2 metri nel primo
anno. Per evitare che il vento li danneggi vengono legati ad un palo che a sua volta viene
assicurato al tronco del portainnesto.
Prima della raccolta delle castagne occorre pulire il sottobosco, tagliando le felci, le erbe e
gli arbusti che lo ricoprono per favorire la raccolta dei frutti che, arrivati a maturazione,
cadono al suolo. Questa lavorazione oggi, dove la morfologia del territorio lo permette,
viene eseguita con attrezzature meccaniche; i residui la dove è possibile, vengono
macinati o trinciati, oppure vengono accumulati in zone marginali del campo, in modo tale
da non ostacolare la raccolta dei frutti. Una pratica molto diffusa nel passato, ma oggi
sempre più abbandonata e sconsigliata soprattutto nell’agricoltura biologica, consisteva
nella bruciatura dei residui colturali che invece andrebbero compostati.
I frutti raccolti, di qualità superiore rispetto a quelli ottenuti da una castanicoltura
convenzionale, fregiati da riconoscimenti di qualità, come Dop, Igp, oltre che certificati
come biologici, vengono generalmente trasformate sul posto, e venduti al dettaglio nel
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Del cancro delle corteccia del castagno, è presente anche una forma ipovirulenta (Figura
20), che non determina disseccamenti o emissione di rami epicormici, ma una reazione
dei tessuti con formazione di rigonfiamenti, per un progressivo ingrossamento della
circonferenza del ramo o del tronco colpito, senza cambiamenti di colore o fessurazioni,
con circoscrizione dei cancri alla parte più esterna della corteccia. Questi ceppi
ipovirulenti, oggi utilizzati in lotta biologica, hanno contribuito a mantenere sotto controllo
una malattia che sembrava inarrestabile (Magro et al. 2002).
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Figura 20 - Sintomi sulla corteccia dei ceppi ipovirulenti del cancro corticale
Il Mal dell’inchiostro, è attualmente la malattia più pericolosa per il castagno, anche più del
cancro, presente fin dai primi anni del ‘900, in tutte le principali aree castanicole nazionali.
Le piante attaccate presentano una colorazione scura, tendente al nero, a livello dei
tessuti del cambio e del legno, attaccati dal parassita, che si nota alla base del colletto e
delle grosse radici (Figura 21). Successivamente sulla parte aerea della pianta si
manifesta un deperimento e un ingiallimento progressivo della chioma, con disseccamenti
di apici spesso limitati ad un solo settore, in corrispondenza delle radici attaccate.
progressione della malattia determina la morte della pianta. Il patogeno penetra attraverso
le ferite all’apparato radicale, favorito dalla presenza di ristagni idrici o di alta umidità del
terreno. La lotta consiste nell’utilizzo di piante resistenti o tolleranti, e nell’eliminazione e
distruzione delle piante attaccate.
Altre malattie che localmente o in particolari condizioni, possono arrecare danni alla pianta
o ai frutti, sono:
• il tumore radicale causato da Agrobacterium tumefaciens (Smith et Town);
• il marciume radicale causato da Armillaria mellea (Vahl ex Fr) Karst (Figura 22);
• la fersa o seccume fogliare, causata da Mycosphaerella maculiformis (Figura 23);
Sulle castagne sono frequenti anche due specie appartenenti al genere Phomopsis: P.
endogena e P. castanea. P. endogena causa il viraggio di colore dei cotiledoni, da avana a
marrone e, allo stadio finale, ne determina la mummificazione. Il fungo colonizza rametti,
foglie, ricci e frutti e viene stimolato nella sua crescita dalle radiazioni solari e dal clima
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Nel caso di sistemi di conservazioni mal funzionanti i frutti possono essere attaccati anche
da altri patogeni come Aspergillus ochraceus, A. niger, A. parasiticus e Trichoderma sp..
Corso di Frutticoltura Biologica (Docente Dr. Giuseppe Celano) 20
Contributo del dott. Alessandro Di Polito
diversi stadi fenologici, la tortrice precoce (P. fasciana) domina nei ricci ancora verdi,
mentre il suo ciclo è già terminato quando i frutti sono maturi: a questo stadio sono il
balanino e la tortrice tardiva i maggiori responsabili delle infestazioni.
All’interno dello stesso frutto, solitamente arriva a maturazione e sfarfalla un solo individuo
di tortrice tardiva, anche se più larve possono infestare lo stesso frutto (concorrenza
intraspecifica).
Nel caso del balanino, invece, i fori di sfarfallamento possono essere anche più di uno
(Figura 26), sia perché le femmine possono depositare più di un uovo nello stesso frutto,
sia perché più femmine possono ovideporre nella stessa castagna.
Figura 27 - Marroni
Buona parte delle superfici forestali a castagno derivano da una rinaturalizzazione di
antiche coltivazioni abbandonate, contemporaneamente la coltivazione si è ridotta alle
stazioni più favorevoli, dove è possibile ottenere le migliori caratteristiche merceologiche
del prodotto.
La coltivazione del castagno ed in seguito la ceduazione, è utile per produrre assortimenti
legnosi da trasformare in pali e travi di castagno biologico.
Nei nuovi impianti la ceduazione viene eseguita dopo 2-3 anni. Nei vecchi castagneti
invece si tagliano a raso le ceppaie. In entrambi i casi sui polloni sarà realizzato l’innesto
per 1 o più anni. Dal legname ottenuto quindi vengono prodotti i pali biologici, i quali
vengono molto utilizzati nelle aziende agricole come tutori della vite.
Il legno è molto apprezzato per la sua elasticità, resistenza agli urti ed al marciume. Il
prodotto finito anche in questo caso è ottenuto escludendo trattamenti chimici.
LO SCENARIO INTERNAZIONALE
Da sempre esistono nel mondo due grandi poli castanicoli: quello europeo (nelle Regioni
centro meridionali) e quello asiatico (nella macroarea del Sud-Est). Qualcosa, più come
superficie a fustaia che come produzione, è presente in America (essenzialmente Stati
Uniti e Cile) e in Oceania (Australia e Nuova Zelanda) (Figura 28).
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In base ai dati FAO, la disponibilità mondiale dei frutti del castagno raggiunse la massima
produzione agli inizi degli anni 80 con una punta massima di 578 mila tonnellate.
Successivamente la produzione si è nuovamente ridotta, fino a stabilizzarsi secondo i dati
degli anni più recenti (stime FAO 2005), intorno alle 480 mila tonnellate.
L'area Asiatica fornisce il 66% dell'offerta mondiale e comprende i tre principali paesi
produttori nell'ambito internazionale: Cina, Turchia, Corea, seguiti a distanza dal
Giappone. Gran parte dei raccolti è utilizzata all'interno degli stessi paesi produttori. E' da
notare l'offerta Turca che nel giro di un ventennio si è molto sviluppata ed è in continua
crescita.
La seconda grande area di produzione è quella Europea. Negli anni sessanta forniva il
60% del raccolto mondiale. Dopo la drastica riduzione intervenuta nell'ultimo trentennio la
produzione si è stabilizzata sulle 125 mila tonnellate. Il declino è risultato particolarmente
rilevante in taluni Paesi quali Italia e Francia, nei quali hanno assunto maggiore intensità i
diversi problemi connessi alla situazione fitosanitaria, all'esodo delle campagne ecc..
Figura 28
La produzione è sostanzialmente ristretta alla zona mediterranea dei Paesi della UE
(Figura 29), nella quale oltre all'Italia spiccano la Spagna, il Portogallo, la Francia e la
Grecia (Stime FAO 2006).
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Contributo del dott. Alessandro Di Polito
Figura 29
LO SCENARIO NAZIONALE
La castanicoltura italiana ha radici antiche e un futuro non prevedibile. Il legno ha
accompagnato la storia dell'uomo per migliaia di anni, i frutti rappresentano la vitalità di
una specie che ha ancora qualcosa da offrire per il miglioramento complessivo
dell'ambiente e della qualità della vita.
Il castagno è presente nei boschi italiani con tre distinte tipologie (dati ISTAT 2005): il
castagneto da frutto (209,3 mila ettari, pari al 3,15% dei boschi in complesso); le altre
fustaie (66,5 mila ettari, pari al 1% dei boschi), i cedui di castagno (385 mila ettari, pari al
5,6% dei boschi).
In Italia vi sono 66,2 mila aziende, il trentennio 1970-2000 evidenzia una forte contrazione,
al punto che dei 209 mila ettari di castagneto da frutto stimate dalle statistiche forestali,
solo 76 mila (pari al 36,6% del totale) risultano coltivati (ISTAT, 2002).
Corso di Frutticoltura Biologica (Docente Dr. Giuseppe Celano) 26
Contributo del dott. Alessandro Di Polito
CONCLUSIONI
Date le continue restrizioni legislative per l’agricoltura convenzionale, e la costante
richiesta di prodotti Biologici, il futuro della castanicoltura italiana sarà sempre più legato
alla coltivazione biologica. La quale se fatta con una “mente biologica”, ovvero guardando
Corso di Frutticoltura Biologica (Docente Dr. Giuseppe Celano) 28
Contributo del dott. Alessandro Di Polito
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