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Corso di Frutticoltura Biologica (Docente Dr.

Giuseppe Celano) 1
Contributo del dott. Alessandro Di Polito

CASTANICOLTURA IN PRODUZIONE BIOLOGICA


Contributo del dott. Alessandro Di Polito

INQUADRAMENTO SISTEMATICO E BIOLOGIA


Il Castagno (Castanea spp) (Figura 1) appartiene alla Famiglia delle Fagaceae che
comprende 12 specie di cui le più importanti sono:
• Castanea sativa Mill., o castagno europeo, diffuso in Europa;
• Castanea crenata Sieb. e Zucc., o castagno giapponese, diffuso in Asia e
resistente al mal dell’inchiostro e al cancro della corteccia;
• Castanea pumila Mill o dentata, castagno americano, diffuso nell’America del Nord.
• Castanea mollissima, castagno Cinese

Figura 1 - Castanea sativa

Il castagno assume una forte importanza come pianta da frutto, ma riveste oggi
un'importanza rilevante anche per molti aspetti paesaggistici e di tutela dell’ambiente
Il castagno europeo (C. sativa), in Italia comunemente chiamato castagno, è l'unica specie
autoctona del genere Castanea in Europa. In Italia, negli ultimi decenni è stato introdotto il
castagno giapponese (C. crenata), resistente al mal dell’inchiostro e al cancro della
corteccia, per cui è possibile trovare anche castagni europei innestati sul castagno
giapponese o ibridi delle due specie.
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Il castagno è una pianta molto longeva, a portamento arboreo, con chioma espansa e
rotondeggiante e altezza variabile, dai 10 ai 30 metri, secondo le condizioni ambientali
(Figura 2).

Figura 2 - Piante di castagno

In condizioni normali sviluppa un grosso fusto colonnare, con corteccia liscia, lucida, di
colore grigio-brunastro nelle giovani piante, che poi tende a screpolarsi longitudinalmente,
col progressivo invecchiamento della pianta (Figura 3). La corteccia dei rami è cosparsa
di lenticelle di colore bianco.

Figura 3 - Particolari della corteccia del castagno

Le foglie caduche sono alterne, provviste di un breve picciolo, con due stipole oblunghe.
La lamina è grande, di forma lanceolata, acuminata all’apice e seghettata nel margine, con
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denti acuti e regolarmente dislocati. Le foglie giovani sono tomentose ma a sviluppo


completo sono glabre, lucide e di consistenza coriacea.
La pianta è monoica, i fiori sono unisessuati, presenti sulla stessa pianta. I fiori maschili
sono riuniti in piccoli glomeruli a loro volta formanti amenti eretti, di 5-15 cm, emessi
all'ascella delle foglie (Figura 4). Ogni fiore è di colore biancastro, provvisto di un
perigonio suddiviso in 6 lobi e un androceo di 6-15 stami. I fiori femminili sono isolati o
riuniti in gruppi di 2-3. Ogni gruppo è avvolto da un involucro di brattee detto cupola.
L’impollinazione può essere sia entomofila che anemofila (Figura 4).

Figura 4 - Fiori di castagno

Il frutto è un achenio comunemente chiamato castagna, con pericarpo di consistenza


cuoiosa, di colore marrone, glabro e lucido all'esterno, tomentoso all'interno. La forma è
più o meno globosa, con un lato appiattito, detto pancia, e uno convesso, detto dorso. Il
polo apicale termina in un piccolo prolungamento frangiato, detto torcia, mentre il polo
prossimale, detto ilo, si presenta leggermente appiattito e di colore bruno (Figura 5). Sul
dorso sono presenti delle striature più o meno marcate a seconda della varietà,
particolarmente marcate nelle varietà del gruppo dei marroni. Questi elementi morfologici
sono importanti ai fini del riconoscimento varietale.
Nell'ambito dei frutti occorre distinguere due importanti gruppi: i marroni e le castagne.
I Marroni sono quei frutti che si presentano nel riccio interi, non settati con la pellicola che
non penetra nella buccia e quindi si stacca facilmente. Sono destinati all’industria
alimentare e al consumo fresco. un esempio è il “Marroncino di Melfi”, prodotto marchiato
I.G.P.
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Le Castagne, invece sono frutti caratterizzati da una pellicola interna che penetra in
profondità nella polpa fino a dividerla.
Da ricordare la Castagne di Montella, Castagna di Valleranno Castagna di Cuneo
Castagna del Monte Amiata, tutti prodotti con marchio I.G.P.

Figura 5 - Acheni di Castanea sativa, comunemente detti castagne

Gli acheni sono racchiusi in numero di 1-3 all'interno di un involucro spinoso ( Figura 6),
comunemente chiamato riccio, derivato dall'accrescimento della cupola, che a maturità si
apre dividendosi in quattro valve.

Figura 6 - Riccio chiuso e particolare del riccio aperto

Il ciclo biologico del castagno è sintetizzato in Figura 7.


Il castagno, pianta caducifolia, germoglia verso marzo-aprile. La fogliazione inizia a
maggio, mentre la fioritura, a seconda dei climi, avviene tra metà giugno e metà luglio. Tra
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luglio e agosto la pianta presenta il massimo sviluppo vegetativo, e le infiorescenze coi


fiori fecondati cominciano ad accrescersi in ricci spinosi che raggiungono la dimensione
finale in settembre-ottobre.

Figura 7. Ciclo biologico del castagno

Quando le castagne sono mature il colore dei ricci passa dal verde al giallo-bruno e ha
inizio il processo di distacco dalla pianta. Tra fine ottobre e metà novembre le foglie
ingialliscono e cadono, e la pianta entra in riposo invernale.

ESIGENZE CLIMATICHE E ADATTAMENTO


Il castagno è una specie mesofila e moderatamente esigente in umidità. Sopporta
abbastanza bene i freddi invernali, subendo danni rilevanti solo a temperature inferiori a
-25 °C. E' sensibile alle gelate primaverili che danneggiano germogli e legno di un anno.
Per questo motivo il castagno ha una ripresa vegetativa tardiva, con germogliamento in
tarda primavera e fioritura all'inizio dell'estate. Al fine di completare il ciclo di fruttificazione
la buona stagione deve durare quasi 4 mesi. In generale tali condizioni si verificano nel
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piano submontano delle regioni mediterranee o in bassa collina più a nord. Per cui la
specie la si rinviene nella fascia “Sub montana basale” o “Castanetum” con introduzioni
antropiche anche in zone più fredde del Lauretum o del Fagetum, ad altitudini che si
aggirano fra i 600 ed i 1200 m s.l.m.
Per una buona fruttificazione, il castagno ha bisogno di precipitazioni medie di almeno 700
mm. Condizioni di moderata siccità estiva determinano un rallentamento dell'attività
vegetativa nel mezzo della stagione e una fruttificazione irregolare. Le nebbie persistenti e
la piovosità eccessiva nei mesi di giugno e luglio ostacolano l'impollinazione incidendo
negativamente sulla fruttificazione.
A fronte delle moderate esigenze climatiche, il castagno presenta notevoli esigenze
pedologiche che ne condizionano fortemente la diffusione territoriale. Sotto l'aspetto
chimico e nutritivo, la specie predilige i terreni ben dotati di potassio, fosforo e humus. Le
condizioni ottimali si verificano nei terreni neutri o moderatamente acidi; tollera anche
un'acidità più spinta mentre rifugge da suoli a pH elevati. Il calcare è moderatamente
tollerato solo nei climi umidi. Sotto l'aspetto granulometrico predilige i suoli sciolti o
tendenzialmente sciolti mentre non sono tollerati i suoli argillosi o comunque facilmente
soggetti a ristagni. In generale sono preferiti i suoli derivati da rocce vulcaniche (tufi,
trachiti, andesiti, ecc.) ma vegeta bene anche nei suoli prettamente silicei derivati da
graniti, arenarie quarzose, ecc., purché sufficientemente dotati di humus. I suoli calcarei
sono tollerati solo nelle stazioni più settentrionali, abbastanza piovose, mentre sono mal
tollerate le marne.

LA COLTIVAZIONE
Il castagno, essendo coltivato principalmente in terreni marginali, montani o collinari,
impervi e pericolosi per la movimentazione delle macchine operatrici (Figura 22), non
consente gli interventi classici connessi alla frutticoltura convenzionale, nella quale la
maggior parte del lavoro, viene eseguito dalle macchine.
Una castanicoltura di tipo industriale, meccanizzata è effettuata negli impianti di nuova
generazione, realizzati in pianura o collina, in cui, prima della messa a dimora delle
piante, è eseguita una buona sistemazione del terreno (Figura 23). La castanicoltura
convenzionale, risulta poco diffusa in Italia, mentre è molto diffusa negli altri stati, come
Francia, Spagna e Turchia.
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PROPAGAZIONE DEL CASTAGNO


Il Castagno è una pianta che si propaga agamicamente per mezzo di polloni e per tale
motivo, la forma di governo migliore per il suo accrescimento e sviluppo è il governo a
ceduo.

INNESTO
Si consiglia di innestare i polloni più vigorosi e ben inseriti nelle ceppaie.
La distanza dalle ceppaie da innestare è di 5-6 m e per ogni ceppaia si consiglia di
innestare almeno 3 polloni. La varietà di specie da innestare deve appartenere ad ecotipi
locali e devono essere di elevato pregio commerciale. Il materiale deve essere prelevato
da piante sane di cui si conoscono bene le caratteristiche di produttività media, qualità dei
frutti, pezzatura.
I tipi di innesto consigliati sono:
1. Innesto a zufolo (Figura 8)
2. Innesto a corona (Figura 9)
3. Innesto a spacco pieno (Figura 10)

FORME DI ALLEVAMENTO
La forma di allevamento maggiormente utilizzata per questa specie è il “Vaso libero” che
più si avvicina alla forma naturale.
L’allevamento è ottenuto con un impalcatura di 120 130 cm, segue poi una ridotta potatura
per evitare i rischi di infezione da taglio. Queste piante che presentano forme a vaso sono
costituite da 3-4 branche principali che alla fine del 4° anno essendo le piante ben formate
sono soggette ad una potatura di sfoltimento che permetterà:
• L’entrata della luce
• L’eliminazione dei rami secchi
Quando le piante poi raggiungono un’altezza tale da non essere danneggiate, è
consigliato il pascolamento.
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Foto 8. Innesto a zufolo Foto 9. Innesto a corona Foto 10. Innesto a spacco pieno

Figura 11 – Condizioni classiche del territorio destinato alla coltivazione di castagno

In Italia, l’impossibilità da parte degli operatori di eseguire interventi meccanici o fitosanitari


nel castagneto, ha favorito l’affermarsi della castanicoltura biologica, che favorisce la
conservazione della biodiversità nei castagneti che sono del tutto simili a boschi.
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Figura 12 – Nuovo impianto di castagne

Castanicoltura convenzionale
In genere il castagneto convenzionale viene gestito in modo analogo alle coltivazioni degli
altri alberi da frutto coltivati in modo industriale, con indirizzo specializzato.
Le piante vengono allevate a vaso libero, impalcate a circa 120 cm, cercando di
assecondare il portamento naturale della pianta. Le distanze variano fra gli 8-10 m per il
castagno europeo, e i 6-7 m per quello giapponese, dotato di minore vigoria, prendendo
comunque in considerazione le caratteristiche e la vigoria del portinnesto.
L’impianto razionalmente impostato, viene effettuato con astoni già innestati
(generalmente su franco), posti a dimora in quadrato, inserendo eventualmente, adeguati
impollinatori per le cultivar che ne necessitano.
La tecnica di conduzione del castagneto non si discosta da quella adottata per i frutteti
industriali, ponendo attenzione alla difesa antiparassitaria, alla concimazione azotata, alla
gestione del suolo e al controllo delle erbe infestanti. Particolare attenzione viene data alla
potatura di allevamento, alla potatura verde e alla spollonatura. La potatura di produzione
viene eseguita periodicamente per mantenere la forma prescelta per l’albero, evitando
l’eccessiva densità della chioma, per facilitare le operazioni meccaniche e per eliminare
eventuali rami colpiti da parassiti.
Il terreno è interessato da lavorazioni periodiche per contenere lo sviluppo delle erbe
infestanti e per favorire l’areazione delle radici, l’assorbimento di acqua e di elementi
nutritivi da parte della pianta, minimizzando gli stress.
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Per assicurare la massima produzione del frutteto, le piante sono interessate da


concimazione periodiche e relative ad ogni fase fenologica, e da irrigazione periodiche
estive per ridurre al minimo il deficit idrico. L'impianto è anche soggetto a trattamenti
antiparassitari, per ridurre i danni da insetti e da malattie parassitarie.
Nei castagneti industriali la raccolta viene eseguita meccanicamente, con l’ausilio di
scuotitori, aspiratori, reti, andanatrici e macchine raccattatrici (Figura 13), in questo modo
si riducono i costi legati alla raccolta manuale, ma allo stesso tempo, bisogna disporre di
un sesto opportunamente pensato, e un campo la cui morfologia garantisca la facile
movimentazione delle macchine impiegate.

Figura 13 – Reti utilizzate per la raccolta delle castagne

Castanicoltura biologica
La castanicoltura biologica, rispetta tutti i principi generali dell’agricoltura biologica.
Essa infatti mette in atto un sistema di produzione che sostiene la salute del suolo,
dell’ecosistema e delle persone. Si basa su processi ecologici, conservando la biodiversità
e attuando cicli adatti alle condizioni locali, piuttosto che sull’uso di input con effetti
avversi. L’agricoltura biologica combina tradizione, innovazione e scienza affinché
l’ambiente condiviso ne tragga beneficio e per promuovere relazioni corrette e una buona
qualità della vita per tutti coloro che sono coinvolti (Figura 14).
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Figura 14 – Gestione naturale del sottobosco del castagneto

Questi principi generali, vengono rispettati dalla maggior parte dei castanicoltori, un po’
per scelta aziendale, ma nella maggior parte dei casi per l’asprezza del territorio nel quale
vengono coltivate le castagne, che rendono difficile eseguire i trattamenti, e utilizzare i
mezzi meccanici, indispensabili nell’agricoltura convenzionale, per cui la castanicoltura
biologica, coincide generalmente con la castanicoltura classica.
La coltivazione biologica del castagneto di frutto la si può ottenere mediante riconversione
di un ceduo o tramite la ristrutturazione o miglioramento di un impianto abbandonato.
Per far ciò è necessario che siano soddisfatte le seguenti condizioni:
• Presenza di specie pregiate
• Assenza di danni rilevanti dovuti al cancro corticale ed al mal d’inchiostro
• Presenza di viabilità adeguata
Nel caso di riconversione del ceduo, è necessario tagliare tutte le piante non utilizzate
come innesti ma è opportuno lasciare parti di rami infettati da cancro cicatrizzante non
mortale, al fine di favorire la diffusione di ceppi ipovirulenti.
La castanicoltura classica consiste nel continuo recupero dei castagneti da frutto, con il
reinnesto dei polloni di ceppaia, del diametro di 4-5 cm, e alti 100-120 cm. Di solito
vengono innestate circa 100 ceppaie a ettaro, eseguendo gli innesti su tre polloni per
ceppaia, disposti a triangolo e opportunamente preparati (Figura 15). Gli innesti utilizzati
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per il castagno sono quelli a marza (corona, triangolo e spacco), nei mesi di marzo aprile,
mentre in maggio viene eseguito l’innesto ad anello, che risulta il più diffuso, poiché da i
migliori risultati, e il più facile da eseguire. Altra modalità di conversione dei castagneti ad
alto fusto o a ceppaia, consiste nella capitozzatura delle piante, sui cui getti verrà
innestata la nuova varietà. Vengono innestati più getti, che verranno diradati negli anni
successivi, fino a lasciare uno o al massimo due branche, che costituiranno la struttura
della pianta; questo tipo di innesto su pianta già formata, consente di ottenere un raccolto
già dopo il terzo anno, in modo da velocizzare i tempi di produzione e ridurre i costi.

Figura 15 – Castagneto in conversione

Nel caso di recupero di castagneti da frutto con il reinnesto dei polloni di ceppaia, la
potatura di allevamento deve tenere conto delle necessarie cure alle piante innestate,
privilegiando i germogli principali che in 3-4 anni dovranno costituire lo scheletro della
pinta. Negli anni successivi gli interventi saranno volti allo sfoltimento della chioma e alla
pulizia della ceppaia con l’eliminazione dei polloni.
La raccolta avviene a mano dopo che i ricci si sono aperti e i frutti sono caduti a terra
naturalmente o con l’ausilio di pertiche (Figura 16).
Il lavoro di manutenzione del castagneto incomincia appena dopo la raccolta, si tagliano i
rami secchi e si esegue la potatura delle piante. Un castagno viene potato ogni 5-10 anni.
Nelle aree castanicole più vocate, la potatura viene eseguita con perizia da potatori
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esperti, e consiste generalmente in una serie di interventi energici, di ricostituzione della


chioma. Raramente si applica una potatura con turni di 2-3 anni.

Figura 16 – Raccolta manuale di castagne

Durante l'inverno si eliminano eventuali accumuli di foglie e ricci che potrebbero far morire
l'erba. Inoltre si evita anche la formazione di aree fangose in cui i frutti potrebbero
sporcarsi.
In primavera si eliminano dal bosco i rami tagliati durante la potatura e si eseguono gli
innesti. I getti dei nuovi innesti possono raggiungere la lunghezza di 2 metri nel primo
anno. Per evitare che il vento li danneggi vengono legati ad un palo che a sua volta viene
assicurato al tronco del portainnesto.
Prima della raccolta delle castagne occorre pulire il sottobosco, tagliando le felci, le erbe e
gli arbusti che lo ricoprono per favorire la raccolta dei frutti che, arrivati a maturazione,
cadono al suolo. Questa lavorazione oggi, dove la morfologia del territorio lo permette,
viene eseguita con attrezzature meccaniche; i residui la dove è possibile, vengono
macinati o trinciati, oppure vengono accumulati in zone marginali del campo, in modo tale
da non ostacolare la raccolta dei frutti. Una pratica molto diffusa nel passato, ma oggi
sempre più abbandonata e sconsigliata soprattutto nell’agricoltura biologica, consisteva
nella bruciatura dei residui colturali che invece andrebbero compostati.
I frutti raccolti, di qualità superiore rispetto a quelli ottenuti da una castanicoltura
convenzionale, fregiati da riconoscimenti di qualità, come Dop, Igp, oltre che certificati
come biologici, vengono generalmente trasformate sul posto, e venduti al dettaglio nel
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comprensorio di produzione, o nei grandi centri di distribuzione, lontano dal luogo di


produzione.

LE AVVERSITÀ DEL CASTAGNO


Il castagno come tutte le piante, ha diversi nemici naturali, crittogame, batteri, insetti
fitofagi, le cui infestazioni hanno incidenza economica diversa, in relazione alle condizioni
ambientali e colturali (Bellini, 1995; Pollini, 1998). I danni maggiori interessano i castagneti
da frutto, e sono dovuti alle specie carpofaghe. Purtroppo vari elementi quali giacitura del
terreno, inaccessibilità dei siti alle macchine, dimensioni delle piante, salve limitate
eccezioni, rendono gli interventi per il contenimento delle specie più dannose,
estremamente difficili e costosi, sia in termini economici che ambientali. Si cerca quindi di
elaborare continuamente, metodologie d’intervento compatibili con la complessa struttura
del castagneto, e che riguardano essenzialmente i castagneti da frutto di nuovo impianto.
Tra le più importanti malattie fungine a carico del castagno vi sono il cancro corticale del
castagno causato da Cryphonectria parasitica (Murr.) Barr. (Figura 17) e il mal
dell'inchiostro causato da Phytophthora cambivora Hw. (Figura 18).
Il cancro della corteccia del castagno, è attualmente presente in tutte le principali aree
castanicole italiane. Il fungo colpisce tutte le parti epigee della pianta, ad eccezione delle
foglie, penetrando attraverso ferite di varia natura, sia biotiche che abiotiche, poiché non è
in grado di penetrare attivamente nei tessuti.

Figura 17 - Cancro corticale su giovane fusto e su rami di pianta adulta


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Figura 18. Sintomi del Mal dell’inchiostro su una giovane pianta

Si manifesta con un cambiamento di colore della corteccia, con aree depresse di


colorazione rossastra, che poi si fessurano più o meno profondamente ed evolvono in
cancri, quando il cancro arriva ad interessare l’intera circonferenza del ramo o del pollone,
tutta la parte superiore muore. Un altro sintomo tipico di questa malattia è l’emissione di
un numero elevato di rami epicormici (Figura 19) alla base del cancro.

Figura 19 - Rami epicormici emessi alla base dell’infezione fungina

Del cancro delle corteccia del castagno, è presente anche una forma ipovirulenta (Figura
20), che non determina disseccamenti o emissione di rami epicormici, ma una reazione
dei tessuti con formazione di rigonfiamenti, per un progressivo ingrossamento della
circonferenza del ramo o del tronco colpito, senza cambiamenti di colore o fessurazioni,
con circoscrizione dei cancri alla parte più esterna della corteccia. Questi ceppi
ipovirulenti, oggi utilizzati in lotta biologica, hanno contribuito a mantenere sotto controllo
una malattia che sembrava inarrestabile (Magro et al. 2002).
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Figura 20 - Sintomi sulla corteccia dei ceppi ipovirulenti del cancro corticale

Il Mal dell’inchiostro, è attualmente la malattia più pericolosa per il castagno, anche più del
cancro, presente fin dai primi anni del ‘900, in tutte le principali aree castanicole nazionali.
Le piante attaccate presentano una colorazione scura, tendente al nero, a livello dei
tessuti del cambio e del legno, attaccati dal parassita, che si nota alla base del colletto e
delle grosse radici (Figura 21). Successivamente sulla parte aerea della pianta si
manifesta un deperimento e un ingiallimento progressivo della chioma, con disseccamenti
di apici spesso limitati ad un solo settore, in corrispondenza delle radici attaccate.

Figura 21. Tipico sintomo di infezione da Mal


dell’inchiostro (colorazione nera a fiamma alla base del
colletto)

Le foglie vanno incontro a filloptosi, o in casi di attacchi particolarmente virulenti, possono


rimanere attaccate ai rami completamente secche. Nella quasi totalità dei casi, la
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progressione della malattia determina la morte della pianta. Il patogeno penetra attraverso
le ferite all’apparato radicale, favorito dalla presenza di ristagni idrici o di alta umidità del
terreno. La lotta consiste nell’utilizzo di piante resistenti o tolleranti, e nell’eliminazione e
distruzione delle piante attaccate.
Altre malattie che localmente o in particolari condizioni, possono arrecare danni alla pianta
o ai frutti, sono:
• il tumore radicale causato da Agrobacterium tumefaciens (Smith et Town);
• il marciume radicale causato da Armillaria mellea (Vahl ex Fr) Karst (Figura 22);
• la fersa o seccume fogliare, causata da Mycosphaerella maculiformis (Figura 23);

Figura 22 – Fruttificazioni fungine di Armillaria mellea

Figura 23 - Fruttificazioni fungine di Mycosphaerella maculiformis


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I ricci e le castagne possono essere colonizzati da numerosi funghi. L’infezione avviene


sia al momento della fioritura che dopo la caduta a terra delle castagne. Alcuni funghi
vivono in permanenza o per un periodo del loro sviluppo come endofiti, vale a dire
colonizzando le castagne e anche altri parti o tessuti degli alberi di castagno senza
provocare sintomi apparenti di danno. Altre specie fungine si sviluppano a partire dai fori di
sfarfallamento e dalle gallerie larvali degli insetti carpofagi o dalle introflessioni
dell’episperma. Altri ancora appaiono soprattutto nel corso della conservazione, in frutti
che non hanno subìto una corretta asciugatura.
L’entità dell’infezione da funghi può variare in funzione della varietà e della posizione della
pianta nel castagneto nonché dell’andamento meteorologico nel periodo di maturazione e
della permanenza dei frutti al suolo.
In ambienti umidi e relativamente freschi, il marciume più frequente sui frutti di castagno è
dovuto a Ciboria batschiana (Figura 24), conosciuto come "nerume delle castagne o delle
ghiande", un agente di marciume presente nelle castagne anche come endofita.

Figura 24 - Tipica colorazione nerastra da attacco di Ciboria batschiana

Sulle castagne sono frequenti anche due specie appartenenti al genere Phomopsis: P.
endogena e P. castanea. P. endogena causa il viraggio di colore dei cotiledoni, da avana a
marrone e, allo stadio finale, ne determina la mummificazione. Il fungo colonizza rametti,
foglie, ricci e frutti e viene stimolato nella sua crescita dalle radiazioni solari e dal clima
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mite. La sua incidenza potrebbe quindi aumentare in funzione di un eventuale generale


innalzamento della temperatura globale.
Altri funghi di importanza minore possono episodicamente causare danni anche importanti
in funzione dell’andamento meteorologico o della precarietà delle condizioni di
conservazione. Tra questi vi è Botrytis cinerea Pers., un patogeno che, soprattutto in caso
di estati umide, penetrando nelle castagne attraverso le gallerie delle larve delle tortrici P.
fasciana, C. fagiglandana e C. splendana, ricopre i cotiledoni di muffa grigiastra e ne
determina il marciume molle.
Sui frutti appena caduti dall'albero sono spesso riscontrati Amphiporthe castanea,
Geomyces pannorum, Acrospeira mirabilis, Trichothecium roseum, Wardomyces
columbinus, Clonostachys rosea e Fusarium oxysporum.
Alcune specie di Penicillium (Figura 25) e di Mucor rappresentano invece un problema
soprattutto per le castagne non conservate a regola d'arte in quanto funghi con cicli
riproduttivi molto brevi e una grande capacità di fruttificazione e di disseminazione delle
spore. Castagne non perfettamente asciutte o conservate in celle frigorifere mal regolate
possono ammuffire completamente in tempi relativamente brevi. Penicillium expansum
Link, per esempio, è in grado di svilupparsi anche a temperature attorno ai +2 °C e quindi
anche sulle castagne all’interno degli impianti di conservazione.

Figura 25 - Castagna attaccato da Penicillium sp., la cosiddetta “muffa verde”

Nel caso di sistemi di conservazioni mal funzionanti i frutti possono essere attaccati anche
da altri patogeni come Aspergillus ochraceus, A. niger, A. parasiticus e Trichoderma sp..
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Il castagno essendo una specie forestale poco interessata da trattamenti antaparassitari,


se non in particolari condizioni, subisce l’attacco di diversi insetti (Rotundo e Ragozzino,
1978).
In base agli organi della pianta soggetti all’attacco distinguiamo i vari insetti fitofagi in
radicicoli, xilofagi, fillofagi e carpofagi.
Gli insetti radicicoli, come i maggiolini Melolontha melolonta L. e Melolontha hyppocastani
Fabr, difficilmente danneggiano irrimediabilmente la pianta, ma in castagneti giovani le
radici possono subire lesioni più gravi.
Gli insetti xilofagi, colonizzano il tronco e i rami, nei quali scavano gallerie lunghe e
tortuose, determinando danni di natura fisiologica (intristimento delle chiome o morte dei
rami), e deprezzamento del legname. Le gallerie formatesi facilitano la propagazione dei
funghi parassiti che causano la carie del legno, nonché facilitano la rottura di parti degli
alberi per azione del vento. Tra gli xilofagi ricordiamo il bostrico disuguale ( Anisandrus
dispar L), il Cerambyx scopolii Fussl, il rodilegno giallo (Zeuzera pyrina L). Le larve di
questi insetti penetrano all’interno dei rami, delle branche e dei tronchi, ove scavano una
galleria, la presenza delle larve nelle piante può essere rilevata dagli escrementi, che si
rinvengono alla base delle gallerie.
Gli insetti fillofagi, che attaccano le foglie solo in casi particolari arrecano danni fisiologici
rilevanti, a lenta manifestazione, fino all’intristimento delle chiome e alla morte dei rami.
Ricordiamo l’acaro del castagno (Oligonychus bicolor Banks), l’afide del castagno
(Lachnus roboris L), i lepidotteri Tischeria complanella Hb. e Nepticula atricapitella Hw.
Gli insetti carpofagi producono danni immediati e ingenti poiché attaccano direttamente il
frutto, divorandone il contenuto amilaceo. Fra i principali insetti carpofagi del castagno, vi
sono tre specie di lepidotteri (Pammene fasciana L., Cydia fagiglandana Zeller, Cydia
splendana Hübner) e il coleottero curculionide Curculio elephas Gyllenhaal.
In generale questi fitofagi sono facilmente distinguibili tra loro, sia morfologicamente che
nella biologia. Anche i danni provocati sui ricci e sulle castagne sono caratteristici e ciò
permette una diagnosi relativamente sicura del responsabile dell'attacco.
Il contributo di ogni singola specie all'infestazione totale varia molto sia nel tempo che
nello spazio (Rotundo e Giacometti, 1986). La tortrice intermedia (C. fagiglandana), per
esempio, privilegiando zone calde e secche è molto diffusa sul castagno nell'Italia centro-
meridionale, mentre è praticamente assente nelle regioni più settentrionali, dove vive
confinata sui frutti del faggio e delle querce, suoi ospiti principali. Per quanto riguarda i
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diversi stadi fenologici, la tortrice precoce (P. fasciana) domina nei ricci ancora verdi,
mentre il suo ciclo è già terminato quando i frutti sono maturi: a questo stadio sono il
balanino e la tortrice tardiva i maggiori responsabili delle infestazioni.
All’interno dello stesso frutto, solitamente arriva a maturazione e sfarfalla un solo individuo
di tortrice tardiva, anche se più larve possono infestare lo stesso frutto (concorrenza
intraspecifica).
Nel caso del balanino, invece, i fori di sfarfallamento possono essere anche più di uno
(Figura 26), sia perché le femmine possono depositare più di un uovo nello stesso frutto,
sia perché più femmine possono ovideporre nella stessa castagna.

Figura 26 - Larve di balanino nel frutto


L’entità del danno da balanino può inoltre variare in funzione della struttura del
rivestimento spinoso della cupola: varietà con ricci ad aculei corti, poco ramificati e radi
vengono raggiunti più facilmente dalla femmina (Desouhant, 1998). Una castagna può
essere infestata contemporaneamente sia da larve di balanino che da quelle di tortrice
tardiva. In casi estremi, l’azione combinata di questi fitofagi può interessare fino al 60-70%
dei frutti prodotti. Sporadicamente sulle castagne possono essere presenti anche la
tortrice Cydia amplana Hubner, (verme rosso, molto simile come biologia a C.
fagiglandana) e Chymomyza amoena Loew, dittero drosofilide.
I danni arrecati dalle larve di questi insetti, sono ingenti, sia per la perdita di una parte del
prodotto, sia per il deprezzamento commerciale subito dal frutto.
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RACCOLTA DEI FRUTTI


I frutti maturati e caduti sul suolo, sono raccolti manualmente usando pinze di legno o
guanti di gomma per estrarre i frutti dagli spinosi ricci.
In alcuni casi la raccolta avviene meccanicamente attraverso l’ausilio di macchine
aspiratrici (su grandi superfici) o aspiratori a spalla su superfici minori
Gli aspiratori a spalla sono strumenti provvisti di un tubo per aspirare le castagne ed un
contenitore per raccoglierle. Il piccolo materiale viene espulso direttamente all’esterno.
Sono molto leggeri e maneggiabili e compiono il lavoro di tre operai.

La composizione media del frutto di castagno:

In media, in 100 g di frutto troviamo la presenza di:


• Acqua 52%
• Proteine 4%
• Minerali 530 mg
• Grassi 4%
• Magnesio 40 mg
• Ferro 0,8 a 2 mg
• Vitamine 0,2 mg
• Carboidrati 45 a 55%

L' IMPORTANZA ECONOMICA


Il castagno è una delle più importanti essenze forestali dell'Europa meridionale. Fin
dall'antichità, ha riscosso molto interesse per i suoi molteplici utilizzi. Questa specie è
stata largamente coltivata dall’uomo, fino ad estenderne l'areale, per la produzione del
legname e del frutto. Fino agli anni ’50, in molte zone forestali montane e collinari
dell’Italia, per l'elevato contenuto in amido, le castagne hanno rappresentato la principale
fonte alimentare per la produzione di farina.
Dopo un periodo di declino, causato principalmente dagli effetti del cancro corticale, negli
ultimi decenni la castanicoltura ha segnato un’interessante ripresa. Numerosi vecchi
castagneti da frutto sono stati sottoposti a potature di ringiovanimento, l’infezione del
cancro della corteccia, ad opera di Cryphonectria parasitica (Murr) Barr, ha registrato una
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fase di regresso, mentre le quotazioni di mercato per il prodotto di pregio, i marroni


(Figura 27), nonché per i frutti degli ibridi, sono diventate oggi particolarmente
remunerative e allettanti per i produttori. Invece, l'utilizzo delle castagne per la produzione
della farina à essenzialmente limitato all'industria dolciaria.

Figura 27 - Marroni
Buona parte delle superfici forestali a castagno derivano da una rinaturalizzazione di
antiche coltivazioni abbandonate, contemporaneamente la coltivazione si è ridotta alle
stazioni più favorevoli, dove è possibile ottenere le migliori caratteristiche merceologiche
del prodotto.
La coltivazione del castagno ed in seguito la ceduazione, è utile per produrre assortimenti
legnosi da trasformare in pali e travi di castagno biologico.
Nei nuovi impianti la ceduazione viene eseguita dopo 2-3 anni. Nei vecchi castagneti
invece si tagliano a raso le ceppaie. In entrambi i casi sui polloni sarà realizzato l’innesto
per 1 o più anni. Dal legname ottenuto quindi vengono prodotti i pali biologici, i quali
vengono molto utilizzati nelle aziende agricole come tutori della vite.
Il legno è molto apprezzato per la sua elasticità, resistenza agli urti ed al marciume. Il
prodotto finito anche in questo caso è ottenuto escludendo trattamenti chimici.

LO SCENARIO INTERNAZIONALE
Da sempre esistono nel mondo due grandi poli castanicoli: quello europeo (nelle Regioni
centro meridionali) e quello asiatico (nella macroarea del Sud-Est). Qualcosa, più come
superficie a fustaia che come produzione, è presente in America (essenzialmente Stati
Uniti e Cile) e in Oceania (Australia e Nuova Zelanda) (Figura 28).
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In base ai dati FAO, la disponibilità mondiale dei frutti del castagno raggiunse la massima
produzione agli inizi degli anni 80 con una punta massima di 578 mila tonnellate.
Successivamente la produzione si è nuovamente ridotta, fino a stabilizzarsi secondo i dati
degli anni più recenti (stime FAO 2005), intorno alle 480 mila tonnellate.
L'area Asiatica fornisce il 66% dell'offerta mondiale e comprende i tre principali paesi
produttori nell'ambito internazionale: Cina, Turchia, Corea, seguiti a distanza dal
Giappone. Gran parte dei raccolti è utilizzata all'interno degli stessi paesi produttori. E' da
notare l'offerta Turca che nel giro di un ventennio si è molto sviluppata ed è in continua
crescita.
La seconda grande area di produzione è quella Europea. Negli anni sessanta forniva il
60% del raccolto mondiale. Dopo la drastica riduzione intervenuta nell'ultimo trentennio la
produzione si è stabilizzata sulle 125 mila tonnellate. Il declino è risultato particolarmente
rilevante in taluni Paesi quali Italia e Francia, nei quali hanno assunto maggiore intensità i
diversi problemi connessi alla situazione fitosanitaria, all'esodo delle campagne ecc..

Figura 28
La produzione è sostanzialmente ristretta alla zona mediterranea dei Paesi della UE
(Figura 29), nella quale oltre all'Italia spiccano la Spagna, il Portogallo, la Francia e la
Grecia (Stime FAO 2006).
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Figura 29

LO SCENARIO NAZIONALE
La castanicoltura italiana ha radici antiche e un futuro non prevedibile. Il legno ha
accompagnato la storia dell'uomo per migliaia di anni, i frutti rappresentano la vitalità di
una specie che ha ancora qualcosa da offrire per il miglioramento complessivo
dell'ambiente e della qualità della vita.
Il castagno è presente nei boschi italiani con tre distinte tipologie (dati ISTAT 2005): il
castagneto da frutto (209,3 mila ettari, pari al 3,15% dei boschi in complesso); le altre
fustaie (66,5 mila ettari, pari al 1% dei boschi), i cedui di castagno (385 mila ettari, pari al
5,6% dei boschi).
In Italia vi sono 66,2 mila aziende, il trentennio 1970-2000 evidenzia una forte contrazione,
al punto che dei 209 mila ettari di castagneto da frutto stimate dalle statistiche forestali,
solo 76 mila (pari al 36,6% del totale) risultano coltivati (ISTAT, 2002).
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Figura 30. Distribuzione regionale della produzione castanicola

Dopo il 2000 si registra un calo di produzione, da imputare sia al diminuito vigore


vegetativo degli impianti, sia allo sfavorevole andamento climatico e al forte sviluppo di
patogeni.
I frutti sono destinati principalmente al consumo fresco che interessa circa i tre quarti dei
frutti raccolti. In Italia esistono centinaia di varietà di castagne, un gruppo particolare di
varietà è costituito dai marroni, che rappresentano il meglio della produzione nazionale ed
europea. Attualmente in Italia esistono diverse varietà che hanno conseguito il
riconoscimento europeo di IGP e DOP: tra le varietà di castagne: la castagna di Montella
(Igp Campania), la castagna del Monte Amiata (Igp Toscana), castagna di Vallerano
(Dop); tra le varietà di marroni: il Marrone di Castel del Rio (Igp), il Marrone del Mugello
(Igp), il Marrone di San Zeno (Dop), il Marrone di Roccadaspide (Igp); il Marroncino di
Melfi (Igp); la farina di Neccio della Garfagnana e il miele di castagno della Lunigiana.
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SCENARIO REGIONALE - CAMPANIA


La castanicoltura da frutto, rappresenta una delle più importanti fonti di reddito per molti
comuni montani situati a ridosso dell’Appennino centro meridionale.
La Campania con il 38% della produzione nazionale, rappresenta la principale regione
castanicola italiana, per cui può essere presa ad esempio per la descrizione delle pratiche
colturali connesse al castagneto da frutto. Secondo i dati ISTAT del 2000 la specie
castagno si estende su una superficie di circa 101,6 mila ettari (48,1 mila di fustaia e 53,5
mila di cedui puri) pari a ben il 6,7 % della superficie territoriale campana e al 21,1 di
quella boscata.
I castagneti sono ubicati per 72,2 % in montagna per il 26,9 in collina e solo per lo 0,9 in
pianura. Sempre secondo i dati ISTAT del 2000, l'83,3 % della superficie appartiene ai
privati, il restante 11,7 % è di pertinenza dello Stato, Regione e Comuni, situazione
analoga si ha anche nelle altra regioni interessate dalla coltivazione del castagno..
I maggiori centri di coltivazione del castagno si rinvengono nella parte interna, in provincia
di Avellino, e nel Cilento. La provincia a maggiore estensione di castagneti è Avellino
(9589 ha), seguita da Salerno (8944 ha), Caserta (4043 ha), e 500 ha, nelle altre due
provincie. In Campania i castagneti da frutto sono coltivata su 20.000 ettari, per lo più
situati vicino i centri abitati, mentre 28.000 ettari sono abbandonati.
Il patrimonio varietale della Campania è costituto quasi totalmente da cultivar della specie
Castanea sativa ed è relativamente ampio. Con la diffusione delle cv di maggiore pregio si
è giunti ad una relativa standardizzazione varietale, diffondendo la coltivazione delle
varietà più pregiate, sia per pezzatura che per qualità, come la Castagna di Montella, il
Marrone di Roccadaspide, la Nserta e diverse varietà di castagne selvatiche.
La castanicoltura campana, e analogamente quella delle altre regioni, essendo estesa e
differenziata, e concentrata in territori marginali, richiederebbe indagini e approfondimenti
scientifici finalizzati a valutare le reali possibilità di miglioramento, definendo spazi e
metodologie d'intervento, su base economica.

CONCLUSIONI
Date le continue restrizioni legislative per l’agricoltura convenzionale, e la costante
richiesta di prodotti Biologici, il futuro della castanicoltura italiana sarà sempre più legato
alla coltivazione biologica. La quale se fatta con una “mente biologica”, ovvero guardando
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il castagneto come un sistema da nutrire invece che da sfruttare, secondo la vocazionalità


dell’area, mirando ad ottenere un’elevata complessità biotica nel sistema aziendale
riducendo al minimo l’inquinamento e l’impatto ambientale, il castagneto potrà essere
considerato sempre più un “bosco coltivato”.
In questo modo annullando gli input antropici, il castagneto raggiungerà un equilibrio
ecologico, in cui i diversi antagonisti del castagno verranno controllati dai nemici naturali,
senza dover ricorrere all’utilizzo di prodotti chimici per la lotta.
In questo modo, aumenterà il reddito dell’agricoltore, visto che non dovrà più intervenire
con prodotti artificiali per la lotta, e allo stesso tempo non sarà più considerato una
minaccia per la biodiversità e la qualità ambientale, ma diventerà un custode del territorio
e un sostenitore della biodiversità.
Il biologico quindi, non rappresenta solo un vantaggio economico per il produttore, ma
anche un vantaggio sociale, dato che riduce al minimo l’impatto ambientale. Per questo
motivo, per il valore aggiunto dei prodotti biologici, sempre più persone preferiscono i
prodotti biologici a quelli convenzionali, scegliendo in questo modo prodotti di qualità,
contribuendo alla salvaguardia ambientale.

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