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1. Il coperchio dell’urna prima del restauro. 2. La cassa prima del restauro.
sinistra; nella destra invece ha una patera ombelicata. chiara allusione alla morte, due Lase alate, con la tipi-
Il volto giovanile, di prospetto, ha gli occhi volti verso ca corta tunica scoperta sul seno, che sorreggono una
l’alto, con iride e particolari annotati in colore marro- face accesa specularmente con la mano verso l’esterno
ne; la capigliatura a ciocche ondulate, modellate an- e tendono l’altra verso i duellanti.
che sul retro, è trattenuta da una benda. Il motivo del duello tra Eteocle e Polinice, rappresen-
La cassa parallelepipeda (fig. 4) ha fronte decorata da tato sulla cassa, è tipico della produzione chiusina se-
una scena di duello, eseguita a matrice, delimitata in riale delle urne fittili, che ne annovera molte repliche,
alto da una cornice aggettante costituita da listello a partire dalla prima metà del II secolo a.C. Nel corso
liscio, fregio a ovoli e sottostante serie di perle e astra- dello stesso secolo la produzione fittile, molto svilup-
gali; in basso da zoccolo liscio; ai lati da paraste, a pata a Chiusi, sostituisce gradualmente quella delle
fusto scanalato, sormontate da capitelli. urne lapidee, per motivi di natura economica.
La scena rappresenta il noto motivo della lotta tra i La rifinitura a stecca del coperchio sottolinea un’ac-
fratelli Eteocle e Polinice, derivato da un modello di curata esecuzione, propria degli esemplari di qualità
età ellenistica: i due eroi sono rappresentati, Eteocle, medio-alta dell’inizio del II secolo a.C., periodo a cui
in piedi, a sinistra, con corazza a fasce, clamide ed si adatta anche la rappresentazione del recumbente
elmo, mentre aggredisce al collo Polinice, a destra, ammantato, adottata in coerenza con i modelli coevi
con lorica, che in ginocchio, con la destra cerca di delle urne litiche.
colpire l’avversario e con la sinistra sorregge lo scudo.5 Lo studio di Sclafani, condotto prima del restauro, ha
Ai lati, nei triangoli di risulta, sono rappresentate, con assegnato, nella classificazione proposta, in base a os-
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Il restauro
L’intervento di restauro sull’urna fittile, della colle-
zione Vagnonville del Museo Archeologico Nazionale
di Firenze, si è reso necessario a causa dei rilevanti
5. Velinatura di consolidamento.
aspetti di degrado, che riguardavano in particolar
modo la cassa. A causa di evidenti fasi di distacco de-
gli elementi in rilievo e di zone con materia in corso
di disgregazione, per la movimentazione e il trasporto
nei laboratori dell’Opificio delle Pietre Dure, è stato
necessario eseguire una velinatura preventiva sul lato
frontale (fig. 5).
Per fissare le parti a rischio di stabilità si sono applica-
ti strati di carta giapponese, a contatto con la superfi-
cie interessata dal degrado, e strati di garza di cotone
imbevuti di alcol di polivinile. Per il coperchio, con la
caratteristica figura distesa, che appariva in migliori
condizioni di staticità, non è stato necessario esegui-
re le stesse operazioni. Insieme all’opera era conser-
vata una cassetta contenente frammenti di terracotta
e di malta, alcuni dei quali non pertinenti all’antico
manufatto. Fra quest’ultimi si notavano due grandi
frammenti di laterizio utilizzati per richiudere la par-
te mancante del fondo della cassa.
6. Particolare della testa con stuccatura.
Dopo le fasi preliminari di documentazione, a una
prima valutazione autoptica si è reso evidente che i
maggiori problemi derivavano dall’antico restauro e
dal degrado dei materiali impiegati all’epoca. Il ma-
teriale in fase di disgregazione riguardava la malta
utilizzata come integrante, evidentemente sensibile
all’umidità assorbita negli anni. Lo stesso materia-
le ricopriva larghe zone della superficie originale in
modo da mascherare le linee di frattura e le commet-
titure con le parti mancanti (fig. 6).
Per indirizzare le operazioni di smontaggio e per ap-
profondire le informazioni sulla tecnica del vecchio
intervento sono stati effettuati prelievi dai materiali
usati per gli incollaggi e per le integrazioni (fig. 7).
Le analisi hanno rilevato prodotti costituiti da ges-
so, inerti e materiali organici sensibili all’acqua, dato 7. Prelievo di campione per analisi.
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Note di restauro
Pulitura
Nel corso delle operazioni di smontaggio si è potuto
verificare che gran parte dell’ampia lacuna era stata
risarcita utilizzando a supporto materiali di varia na-
tura, come pezzetti di carta paglia, ritagli di pagine di
quaderno e frammenti ceramici (fig. 9). Quest’ultimi,
come descriveremo meglio più avanti, si sono rivelati
pezzi originali, appartenenti al fondo della cassa.
Eliminati i prodotti e i materiali derivati dal vecchio
intervento, si è proceduto con le fasi di pulitura dei
depositi più antichi derivati probabilmente dal perio-
do di giacitura. Già con la prima asportazione degli
aggregati ambientali si è potuto notare che la superfi-
cie dei manufatti conservava tracce della cromia ori- 11. Test di pulitura.
ginale (fig. 10).
Sicuramente oggetto di una pulitura sommaria, ef-
fettuata durante l’intervento di restauro antico, i due
manufatti presentavano, essenzialmente, zone local-
mente interessate da concrezioni carbonatiche e una
diffusa puntinatura di macchie color bruno. Dal loro
posizionamento, le concrezioni sembravano causate da
infiltrazioni e gocciolamento di acque ipogee ricche di
minerali. Infatti, nel coperchio si potevano riscontrare
maggiormente in punti che potevano favorirne il rista-
gno. Anche la cassa era interessata da questi depositi,
in misura maggiore nei punti più soggetti a trattenere
l’umidità, come nella cornice sopra la scena o sulle su-
perfici inferiori delle parti aggettanti. Anche la fianca-
ta sinistra della cassa era parzialmente coperta da una
spessa incrostazione siliceo-calcarea la cui formazione
era stata, verosimilmente, favorita da una posizione di
giacitura che ha causato un lungo ristagno o la fre- 12. Fase della pulitura con il recupero delle cromie originali.
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13. Integrazione sul verso della figura. acqua ossigenata. L’esito di questi test ha indirizzato
le operazioni di pulitura, le quali sono state messe in
quente percolazione di acque ricche di questi minerali. atto, in tempi successivi, con le applicazioni dei due
Le macchie color bruno potevano far pensare a un de- prodotti e azioni meccaniche con tamponi, bisturi
grado da formazioni biologiche, come talli di licheni e localmente con l’utilizzo di ablatore a ultrasuoni.
o dispersioni di spore fungine, pur non mostrandone Questa fase ha restituito buona parte della cromia an-
le caratteristiche formazioni a ventaglio, oppure a un tica sull’incarnato e sulle vesti del recumbente del co-
inquinamento della superficie dovuto a contatto con perchio e sulle figure della scena del rilievo sul fronte
ossidi presenti nel terreno. Per sciogliere questi quesiti della cassa (fig. 12).
si sono effettuati test di pulitura, in più zone dei due
manufatti, utilizzando EDTA tetrasodico al 3% in
acqua demineralizzata, acqua ossigenata 130 volumi Rimontaggio
e B.D.G. 86. I test sono stati eseguiti applicando im- Terminate le operazioni di pulitura si è iniziato con il
pacchi con carta giapponese, a contatto con la super- rimontaggio. Sono stati incollati, in una prima fase,
ficie, e polpa di carta come supportante (fig. 11). i frammenti già assemblati nel restauro antico. Nelle
Dai saggi di pulitura è stata rilevata una certa effica- interfacce delle fratture si è riscontrata, in molti casi, la
cia nelle prove fatte con EDTA e con B.D.G. 86, il mancanza di contatti ben definiti, questo, in parte, è
primo per l’ammorbidimento dei depositi calcarei, il dovuto alla perdita di materiale nel periodo giacitura,
secondo per l’efficacia sulle macchie brune, rivelan- ma probabilmente, anche ad aggiustamenti, funzio-
done la causa dovuta a ossidi di manganese o di ferro nali all’assemblaggio, riscontrati spesso nei restauri di
rimasti a contatto con la superficie dell’opera. Nessun quel periodo. In particolare i frammenti del bassori-
effetto è sortito dall’applicazione degli impacchi con lievo erano privi, in molti punti, del collegamento con
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