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Introduzione alla
NATUROPATIA ENERGETICA
Indirizzo biopsicosociale
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Albert Einstein
“Se lʼuomo potesse comprendere tutto lʼorrore della vita delle persone ordinarie
che girano in tondo in un cerchio di interessi e di scopi insignificanti,
se potesse comprendere ciò che perdono,
comprenderebbe che non vi può essere che una cosa seria per lui:
sfuggire alla legge generale, essere libero.
Per un uomo in prigione e condannato a morte, cosa può esservi di serio?
Solo una cosa:
come salvarsi, come fuggire.
Nientʼaltro è serio”.
G.I.Gurdjieff
Indice
Premessa! 1
Lʼenergia è informazione" 11
BIBLIOGRAFIA! 38
Introduzione alla naturopatia energetica
Premessa
quanto facevano, ancora oggi noi saremmo rimasti, tutti, un popolo primitivo
che cercava di sopravvivere e che si limitava ad adorare il fuoco.
La conoscenza consapevole della realtà che ci circonda, tuttavia, non è
un processo facile e indolore. Sicuramente più facile e sicuramente indolore
(anche se illusorio), invece, è affidarsi a forze o energie che riteniamo in
qualche modo superiori e più potenti di noi, in grado di alleviare le nostre
sofferenze. Il percorso di consapevolezza condotto in migliaia di anni
dallʼumanità ci ha finalmente portati, attraverso la filosofia e la scienza, a
riconoscere i meccanismi del pensiero primitivo e magico e a cercare di
eliminarli, gradatamente, dalla nostra esistenza.
Nessun meteorologo, oggi, si affida alla danza della pioggia per prevedere
le condizioni del tempo atmosferico, e nessun medico chirurgo ricerca nei
visceri di animali sacrificati o nei fondi di caffè la conferma che la delicata
operazione che sta per compiere avrà successo. Nessuno di noi viaggia sul
tappeto volante, e abbiamo rinunciato da tempo a comunicare con segnali di
fumo per utilizzare gli smartphone. Eppure, di fronte allʼimpotenza della scienza
in materia di salute, continuiamo a rivolgerci a tutto ciò che possa, non importa
in che modo, fornirci una speranza di guarigione. Atteggiamento naturale e
perfettamente comprensibile, naturalmente, ma che non conduce da nessuna
parte se non è rivolto alla conoscenza consapevole, ma solo alla perpetuazione
di antichi rituali o credenze.
Molti guaritori e terapeuti, invece, continuano ancora oggi ad affidarsi a
strumenti primitivi, ingenui e illusori per affrontare la realtà, e lo fanno,
colpevolmente, senza rendersi conto del fatto che quella su cui vanno ad agire
è la salute delle persone. La quale merita un impegno e una ricerca di
conoscenza ben diversa dalla semplice riproposizione di rituali o dalla
somministrazione di cure prive di fondamento scientifico.
La cura della salute delle persone, secondo una corretta visione
naturopatica, deve fondarsi sulla conoscenza e sulla consapevolezza sia da
parte del terapeuta, sia da parte del cliente. In ognuno di noi, tuttavia, esiste e
continuerà a esistere una componente irrazionale, primitiva e magica, che ci
spinge a credere, anziché a conoscere. Questa componente è evidentemente
molto più forte e attiva nelle persone più deboli sotto il profilo culturale,
intellettuale e psicologico. Queste ultime non hanno nessuna intenzione (per
mancanza di esperienza, di predisposizione e di assistenza nel compito) ad
occuparsi della propria e dellʼaltrui salute basandosi sui dati di conoscenza a
nostra disposizione. Esse preferiscono, per impostazione culturale, psicologica
Lʼenergia è informazione
punto, qualunque rimedio, sia esso fiore, colore, parola, preghiera, albero,
cristallo, ecc. può essere utilizzato come tale, in quanto è al significato che esso
veicola che occorre fare riferimento, e non al rimedio in sé, il quale, lo ripetiamo,
è un semplice supporto per trasmettere lʼinformazione, la vera energia di
guarigione.
Si rifletta: se le cose non stessero nei termini da noi indicati, per quale
motivo dovrebbero esistere così tanti sistemi di cura, pratiche, tecniche, rimedi
di tipo energetico? Perché dovrebbero esistere, in altri termini, così tante
migliaia di rimedi diversi per la cura della stessa cosa, cioè lo squilibrio
energetico? Che senso ha curare le persone utilizzando indifferentemente
lʼenergia dei chakra indiani o quella dei meridiani cinesi o quella dei fiori di
Bach? Se sono forme di cura diverse, significa che producono effetti diversi e
che operano su situazioni diverse, o no? Quale di esse il naturopata deve
utilizzare, quando, come e perchè?
Nessuna scuola di naturopatia tradizionale sa dare una risposta a questa
domanda: perché insegnate lʼuso di innumerevoli rimedi diversi, basati su
supporti diversi, senza mai spiegare quale tra essi va utilizzato nel caso
specifico? Di fronte a una persona ansiosa, proporrò un massaggio che agisca
sui meridiani, o uno che agisca sui chakra? E chi mi dice che non possa essere
più utile ed efficace la semplice imposizione delle mani? E allora, utilizzerò la
pranoterapia, il reiki, il touch for health o la terapia craniosacrale? E perché non
utilizzare un fiore di Bach? Ma non è meglio un fiore californiano, oppure
dellʼAlaska? E perché non un rimedio omeopatico? Ma non è forse meglio un
oligoterapico? E che ne dite degli organoterapici? Quale va utilizzato nel caso
specifico? Eʼ indifferente? E allora se è indifferente, perché non usare un solo
tipo di rimedio per tutti gli squilibri energetici?
Ecco che, allora, si giunge alla risposta che noi forniamo: sì, esiste un solo
tipo di rimedio, che è lʼinformazione energetica, cioè quellʼinsieme di
componenti emotive, affettive e cognitive tramite le quali, utilizzando il veicolo
materiale del rimedio, inteso solo come supporto, il terapeuta aiuta il cliente a
riconoscere il suo problema e a cercare di modificare il proprio atteggiamento e
comportamento per cambiare e migliorare la sua vita.
Nel percorso formativo della nostra Scuola, quindi, si propone di uscire
dalla schiavitù dellʼuso commerciale di rimedi “energetici” o alternativi, per
ritrovare il significato stesso del concetto di “cura”, fondato sullʼinterazione
umana ed empatica tra terapeuta e cliente, e utilizzando gli strumenti di cura
per quello che sono, e cioè semplici supporti allʼattività terapeutica vera e
propria.
1 Quando il rimedio viene autosomministrato, è allʼopera la sola energia vdi chi lo assume, e infatti
solitamente esso produce effetti meno duraturi e più lievi.
più utile cercarla nella persona del terapeuta e del paziente stesso. Ciò
spiegherebbe anche i casi, per la verità più aneddotici che scientificamente
dimostrati, in cui rimedi tipicamente energetici abbiano mostrato di agire
positivamente sulla salute di animali o bambini immuni alla suggestione del
placebo. Invece che pensare, magicamente, che ciò dipenda dallʼenergia
contenuta nel rimedio estratto da piante o minerali, si può pensare che lʼeffetto
dipenda dalle good vibrations emesse dal terapeuta, e che abbiano creato una
condizione che in fisica si definisce di coerenza di fase tra le frequenze
energetiche stesse.
Quella che abbiamo illustrato è la modalità di cura energetica che la nostra
scuola diffonde e che tende a prescindere dai supporti materiali (rimedi,
strumenti e apparecchiature) che arricchiscono il mondo delle medicine
alternative. Nessuno sostiene lʼassurdità che la forza dellʼenergia psichica sia in
grado, da sola, di sconfiggere ogni male, ma sicuramente un buon uso di essa,
così come illustrato da un naturopata energetico, può contribuire, come si vedrà
nel corso delle lezioni, al miglioramento della qualità della vita.
Eʼ ciò che accade per tutto ciò che evoca emozioni e sentimenti che
affondano nelle profondità dell'inconscio: ciò che ci fa paura ci affascina, perché
ci lega.
Cure e terapie energetiche sono quindi diventate tutte le forme di diagnosi
e di cura che non fossero fondate sulla anatomia, fisiologia e patologia medica
occidentale, e sullʼapplicazione del metodo scientifico alla pratica clinica. Si
parla di energia, quindi, per cercare di spiegare in qualche modo lʼesistenza e il
funzionamento di canali o centri energetici come i chakra, i meridiani, la rete di
trasmissione energetica delle varie forme di riflessologia, le modificazioni nella
struttura e nella forma dellʼiride in iridologia, lʼeffetto suggestivo prodotto
dallʼassunzione di rimedi privi di principi attivi scientificamente verificabile, come
i rimedi floriterapici, omeopatici, organoterapici, oligoterapici, e così via.
Analogamente si parla di energia con riferimento a quella entità misteriosa
che agirebbe allʼinterno della pratica di tecniche corporee o manipolative, quali
la pranoterapia, reiki, shiatsu, terapia craniosacrale, touch for health, theta
healing.
Oppure, si parla di energia per indicare quelle forze che si pretenderebbe
di misurare con apposite apparecchiature, come il Vega test, basate sullʼanalisi
delle bio frequenze e fondate su principi di meccanica quantistica, forze che
hanno fatto nascere la straordinaria leggenda dellʼesistenza della medicina
quantistica.
Ma si parla di energia anche con riferimento a quella spirituale, come
dicevamo, e cioè per cercare di dare un nome alla fede religiosa nellʼesistenza
di entità soprannaturali, siano esse angeli, arcangeli o presenze spirituali di
antenati che, a quanto pare, hanno possibilità di accesso e di comunicazione
con la vita terrena, oppure per designare lʼinsieme dei processi sconosciuti che
operano nella pratica di rituali magici o tradizionali di cura.
Si parla di energia dei fiori, delle piante, di pietre e cristalli, di colori, di
alberi, senza specificare se ci si riferisca alla energia vitale che deriva
dallʼattrazione, dalla repulsione e dal movimento di molecole, atomi, particelle
subatomiche e relative forze fisiche delle quali, in definitiva, tutta la realtà
esistente è composta, oppure di altro.
Si parla di energia con riferimento al profilo bioenergetico di ogni individuo
il quale, come ogni essere vivente, è appunto rappresentabile nella forma
dellʼinsieme delle forze energetiche che ne permettono la sopravvivenza e la
vita.
Come ogni relazione di counseling, intesa come terapia nel senso più
etimologico e profondo del termine, qualsiasi attività comunicativa opera o può
produrre una modificazione nella struttura mentale e nellʼorganizzazione di
significato personale del cliente con strumenti assolutamente immateriali, non
misurabili, e quindi, secondo la visione razionalista e scientifica, “magici”. Come
Freud osservava, a proposito dellʼuso che la psicoanalisi faceva dellʼenergia,
anziché dei farmaci o delle cure mediche tradizionali, il suo sistema di cura si
fondava esclusivamente su una realtà immateriale come le parole. Infatti anche
il counselor, che non diagnostica e non prescrive, si limita a usare la
comunicazione umana. Più che altro, parole, gesti, sguardi, silenzi, espressioni
Nel corso degli ultimi anni, sollecitati dalle critiche, e diciamolo pure, dal
dileggio di professionisti della salute seri, di medici e di scienziati, che
riconoscono a questa forma di medicina soltanto il valore di una pratica
folcloristica moderna, di una moda o poco più, la tipologia di utilizzatori
professionali o semiprofessionali della floriterapia è venuta a ricondursi,
sostanzialmente, a due categorie. La prima è quella di tutti coloro che, per
ignoranza, per chiusura e limitatezza culturale e mentale, per condizionamento
psicologico e ideologico, “credono” alla floriterapia così come si potrebbe
credere in una religione.
Si tratta di un vero e proprio esercito, prevalentemente costituito dal
pubblico femminile, il quale utilizza, prescrive, somministra i fiori di Bach per
combattere qualsiasi disturbo, senza avere alcuna consapevolezza del
significato di essi nell'utilizzo allopatico che ne viene fatto, della assoluta
mancanza di dimostrazione scientifica della loro efficacia, dei problemi etici ma
anche pratici che la loro somministrazione può comportare. L'altra categoria è
invece composta di tutte quelle persone che, volendo dare di sé l'immagine di
persone particolarmente illuminate, aperte ad ogni forma di cura, anche la più
assurda e strampalata, hanno, dopo un primo periodo di utilizzo acritico e
indiscriminato dei fiori di Bach, sottoposto la floriterapia a un accenno di esame
critico, riconoscendo, almeno in parte, l'assurdità di tale pratica. Ciò in cui
vogliamo credere, perché ci dà conforto e sostegno psicologico, non può però
essere facilmente abbandonato, solo perché la ragione, la logica, la scienza, ci
dimostrano che si tratta di pura illusione. Molti di noi hanno bisogno di illusioni,
vivono nell'illusione, e la floriterapia assolve molto bene a questo compito.
Per questo motivo, da parte di alcuni utilizzatori professionali o semi
professionali dei fiori di Bach si è venuto a verificare una forma di resipiscenza
che li porta a riconoscere come questo tipo di rimedi non svolga direttamente
un'azione a livello biochimico e psicologico sui disturbi contro cui sono destinati.
Essi riconoscono che possa esistere, invece, un'azione “energetica”.
Energia, come abbiamo più volte sostenuto, è il termine che chiunque può
utilizzare in sostituzione di quelli molto più precisi di influenza psicologica,
suggestione, azione della sfera irrazionale, emotiva, affettiva. Non riuscendo
quindi ad abbandonare il rituale della prescrizione e la somministrazione dei
fiori di Bach, questi terapeuti preferiscono mantenerli nel loro armamentario
terapeutico, rassegnandosi a riconoscere che essi non devono essere utilizzati
al pari di un qualunque farmaco, e cioè allo scopo di produrre, come dicevamo,
un'azione diretta sul male, quanto piuttosto come innesco, come stimolo, come
supporto, o come chiave d'accesso per favorire l'apertura del cliente verso la
conoscenza di sé, per favorire la conoscenza del cliente da parte del terapeuta,
e in genere, per favorire indirettamente la guarigione.
In questo modo, la floriterapia, come gran parte delle discipline che
utilizzano come moderni amuleti colori, pietre, cristalli, oggetti, immagini,
preghiere, formule di qualsiasi tipo a scopo terapeutico, si viene a trasformare
da farmacologia alternativa a più semplice strumento di accesso alla psiche del
cliente, assumendo fondamentalmente il ruolo di altri strumenti da sempre
utilizzati in questo senso, come il sogno in psicoanalisi, l'ipnosi, o le tecniche di
rilassamento o di associazione mentale, o ancora quelle immaginative.
Utilizzare i fiori di Bach con questa specifica funzione, significa però
utilizzare una forma di placebo che agirebbe ingannando evidentemente il
cliente circa la propria effettiva funzione e scopo. Resta solo da vedere se per
avere accesso alla psiche del cliente è indispensabile far credere che gocce
d'acqua e brandy in cui sono stati immersi nei fiori possono avere un'efficacia
sperimentalmente provata dalla scienza medica (per la cura dei disturbi
prevalentemente psichici, ma anche di qualsiasi disturbo), oppure se non sia
più corretto individuare, tra i tanti possibili strumenti che possono essere
utilizzati a questo scopo, altri che non costringano il cliente al rituale
dell'assunzione di inutili gocce più volte al giorno per mesi, e che, sul piano
terapeutico, si presentino per lo meno come strumenti dotati di una qualche
efficacia.
La questione è strettamente etica: si somministrano rimedi di cui si
ignorano utilità ed efficacia, dando importanza allʼaneddotica popolare, alla
suggestione e allʼillusionismo terapeutico, oppure si pensa che un terapeuta
debba essere consapevole di quello che fa e somministra, e rendere tale anche
il suo cliente? Per questo motivo, da sempre, noi sosteniamo che il ruolo della
floriterapia, specialmente quando è rivolto, come era nelle intenzioni del suo
fondatore, più verso il riequilibrio non meglio definito degli stati dell'umore e di
condizioni psicologiche alterate, debba essere eventualmente riservato ai
professionisti abilitati secondo la legge alla cura di questo tipo di disturbi. Non
c'è dubbio che anche in Italia questo tipo di competenza e abilitazione
professionale appartiene solo alla classe medica e a quella psicologica.
Non c'è spazio, cioè, per tutte le altre categorie di terapeuti, guaritori,
naturopati, biologi nutrizionisti, e personaggi di qualsiasi tipo che si dedicano
alla terapia, quando scopo delle cure che essi prescrivono e somministrano sia
appunto quello di fornire un sostegno psicologico (riservato alla psicologia),
oppure uno strumento per la cura di disturbi organici, psichiatrici e patologie (in
questo caso riservato alla classe medica).
Naturalmente, rimane la loro possibilità di utilizzo, come alcuni cercano di
attribuire come funzione a questi rimedi, come supporti per altra attività
terapeutica altrettanto importante, e cioè come strumenti che favoriscano
l'atteggiamento positivo del cliente verso la guarigione, lo predispongano a
porsi nell'ordine di idee del cambiamento di prospettiva verso la propria vita,
oppure costituiscano quella forma di placebo che producendo un illusorio effetto
benefico di miglioramento della condizione psico-fisica del cliente, spiana la
strada, come dicevamo, alla vera e propria cura. Come si vede, però, ci
troviamo sempre nell'ambito di una terapia che in questi termini sembra
riservata alla sola classe medica e psicologica.
Esiste, invece, un uso teoricamente utile e corretto di determinati rimedi, il
quale non ha lo scopo della cura di malattie e disturbi, ma di favorire una
maggiore consapevolezza da parte del cliente in ordine alla propria visione
della vita, e ai cambiamenti che ad essa possono essere apportati. Si tratta
dell'ambito della consulenza in materia di salute che l'Università Popolare di
Scienze della Salute psicologiche e sociali porta avanti ormai da molti anni.
Com'è noto, l'utilizzo dell'erboristeria, dell'aromaterapia, dell'integrazione
nutrizionale, di tecniche di rilassamento, può essere ricondotto alla funzione
altrettanto fondamentale di quella della cura delle patologie, di preparare in
qualche modo il terreno alla guarigione, o al miglioramento della qualità della
vita della persona. Per esempio, utilizzare preparati erboristici, che in quanto
tali, anche per la legge italiana, non possono produrre effetti terapeutici nei
confronti di disturbi e patologie (salvo che rientrino nella categoria dei
fitoterapici, in quanto tali considerati veri e propri farmaci di competenza
medica), può essere una strategia utilissima sul piano psicologico per porre il
cliente nello stato d'animo e nell'atteggiamento di chi inizia finalmente ad
occuparsi di se stesso. L'assunzione, quindi, di gocce, di pastiglie di
derivazione erboristica o un rimedio nutrizionale, non ha quindi lo scopo diretto
di curare un disturbo, quanto quello indiretto di rendere la persona consapevole
della necessità di occuparsi di se stessa, di dedicare una parte di tempo alla
propria salute e al proprio benessere, di riflettere, in definitiva, sulla qualità della
propria vita.
Se si comprende lo spirito con cui questi rimedi vengono utilizzati e lo
scopo non terapeutico in senso medico psicologico della loro assunzione, ma in
senso biopsicosociale, allora si comprende anche facilmente il motivo per cui,
utilizzati in questo senso questi rimedi, essi abbiano una ragione di esistere a
differenza di quelli floriterapici.
Per esempio, se una persona sottoposta a una consulenza di tipo
naturopatico richiede una valutazione attenta in ordine agli aspetti della sua vita
che devono essere modificati, e l'individuazione delle risorse che consentono a
questa persona di migliorare la propria condizione di salute e la qualità della
sua vita, e il terapeuta ritiene che la sua attività di consulenza possa essere
facilitata, magari su richiesta più o meno diretta del cliente stesso, da un
atteggiamento positivo, attivo e propositivo verso la cura, allora il suggerimento
relativo all'assunzione, per esempio, di alcune gocce di preparati erboristici utili
per migliorare lo stato dell'umore, rientra correttamente nell'ambito di una
consulenza non medica e non psicologica.
Al contrario, la prescrizione e somministrazione di rimedi floriterapici
costituisce, o un intervento di tipo medico o psicologico, in quanto tale
sanzionabile se il terapeuta non possiede i titoli e l'abilitazione necessaria,
oppure viene a costituire una forma di inganno nei confronti del cliente, il quale
ha tutto il diritto di sapere quali siano i meccanismi di azione del rimedio che
assume, e specialmente se esistano prove relative agli effetti che il terapeuta
sostiene che questi possano produrre.
I rimedi erboristici, infatti, sono stati studiati dalle scienze biologiche,
biochimiche e farmacologiche e di essi conosciamo caratteristiche, componenti
e principi attivi, nonché i processi biochimici su cui essi vanno ad agire. Dei fiori
di Bach non si sa nulla, tranne la ripetizione ossessiva delle loro funzioni
terapeutiche specifiche, fondata solo sulle affermazioni del dr. Bach, e mai
dimostrate scientificamente.
Infatti, delle due l'una: o il terapeuta ritiene davvero che i fiori di Bach
agiscano sulla cura degli stati dell'umore o di qualsiasi disturbo o patologia, e
allora se non è né medico né psicologo, sta commettendo il reato di esercizio
abusivo della professione medica o psicologica; oppure egli sa perfettamente
che questi rimedi non hanno alcun fondamento scientifico e che la loro azione è
paragonabile a quella di un qualunque placebo. Ma allora, in questo caso, non
si vede per quale motivo si debba utilizzare un rimedio dal fondamento così
assurdo, quando la consulenza in materia di salute mette a disposizione del
terapeuta una serie di rimedi energetici che possono produrre lo stesso scopo,
ma che hanno perlomeno un serio fondamento scientifico.
Per esempio, piuttosto che far assumere al cliente delle gocce
quotidianamente, è molto più utile informarlo circa gli effetti positivi e
Tacito
Per questo motivo, chi crede in questi rimedi (anziché utilizzarli, come noi
proponiamo, per lʼuso corretto e rispettoso che di essi si può fare tramite la
conoscenza), è costretto ad accusare i detrattori del rimedio (che egli
concepisce emotivamente come veri e propri “nemici”) di tutti i crimini possibili
contro la componente irrazionale dellʼumanità: i nemici di queste terapie sono
dipinti come esseri amorfi, privi di sentimenti, che non usano la fantasia e la
creatività, freddi e legati solo allʼevidenza dei numeri, incapaci di provare
empatia, e meraviglia, e persino colpevoli di negare lʼesistenza di una sfera
irrazionale e spirituale dellʼesistenza.
Quando poi scoprono che coloro che sottopongono a critica costruttiva tali
rimedi. come nel nostro caso, lo fanno perché ne sono stati utilizzatori,
prescrittori, ricercatori, che li hanno valutati per tutte le componenti che li
costituiscono, e che, come tutti, sono anchʼessi persone che amano, che si
stupiscono, che si arrabbiano, che sono attratti dal mondo della fantasia e della
creatività, che hanno una vita spirituale profonda, allora si rifugiano nel loro
mondo fatto di persone che vogliono credere a tutti i costi senza riflettere,
perché non sono in grado di affrontare la realtà. Le persone psicologicamente
deboli, che credono in un rimedio solo perché piace loro credere che funzioni, o
perché ha funzionato su di loro o su qualche parente, non sono in grado di
svolgere seriamente e professionalmente lʼattività di terapeuti.
Naturalmente, le nostre considerazioni non li smuovono, perché la fede
presenta la caratteristica di essere refrattaria al ragionamento: essi
continueranno a pensare che esista un componente della realtà che non
conosciamo e si convinceranno che solo loro siano a conoscenza di questo
fatto (come se coloro che indagano la realtà scientificamente non lo facciano
proprio perché sanno di trovarsi di fronte al mistero e al fascino di essa, ma non
vogliono diventarne schiavi). Continueranno a pensare che chi non crede come
loro, senza alcuno spirito critico, sia una persona chiusa mentalmente, incapace
di cogliere il lato misterioso della realtà, e di vivere la vita anche per la sua
componente emozionale ed affettiva.
Niente di più sbagliato, naturalmente, ma è impossibile, come dicevamo,
far cambiare idea a chi vuole credere a tutti i costi in qualche cosa. Le nostre
scuole propongono un percorso psicologicamente difficile, che è quello di
separare il piano irrazionale da quello razionale, per dare a ciascuno di essi il
corretto spazio, e poter vivere la propria vita liberi da condizionamenti,
vivendola con la massima intensità e consapevolezza possibile, ma sapendo
che i due livelli non vanno confusi. Quando si vive una esperienza emotiva e
affettiva, è su questo piano che ci si deve porre, senza attribuire ad esso anche
la potenzialità di produrre gli effetti che vogliamo sul piano razionale. Quando
invece ci si muove a livello di razionalità, la componente emotiva deve essere
temporaneamente messa da parte, perché condiziona necessariamente il
nostro giudizio, che deve essere il più libero possibile.
In conclusione, se provate emozioni forti, nel momento in cui qualcuno
sottopone a critica i rimedi in cui credete, significa che non siete liberi di
valutarne lʼefficacia, e forse sarebbe meglio che cercaste di lavorare su voi
stessi, prima che sugli altri.
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