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SISTEMI DI TUBAZIONI NELL’INDUSTRIA DI PROCESSO

Le tubazioni vengono utilizzate per convogliare i fluidi tra le varie apparecchiature


dell’impianto: dei sistemi di tubazioni fanno parte, oltre alle tubazioni, i loro accessori, le
valvole e le macchine utilizzate per la movimentazione dei fluidi.

TUBAZIONI
Le tubazioni utilizzate nell’industria di processo presentano praticamente sempre
sezione circolare, poiché questa, a parità di spessore garantisce la maggiore resistenza
meccanica, è di facile realizzazione con i materiali da costruzione utilizzati e, a parità di
sezione è quella che offre minore resistenza al flusso. Come materiale si utilizza
soprattutto l’acciaio al carbonio, ma trovano impiego anche gli acciai inossidabili, la
ghisa, metalli non ferrosi (alluminio, rame, ottone, ecc.), materie plastiche (PVC,
polietilene, ecc.), cemento, ecc.; per conferire alla tubazione una buona resistenza a
fluidi aggressivi si usano pure tubi di acciaio smaltati o rivestiti con porcellana o vetro.
Per quanto riguarda le tubazioni in acciaio, i procedimenti di fabbricazione sono la
trafilatura e la saldatura. Nel primo caso il tubo viene realizzato facendo passare il
materiale allo stato plastico entro un ugello anulare, mentre nel secondo si calandra un
foglio piano per conferirgli la forma cilindrica e quindi lo si salda lungo una generatrice.

Dimensioni delle tubazioni


Una tubazione viene caratterizzata mediante la sua lunghezza, il diametro e lo
spessore. La lunghezza della tubazione dipende dalla distanza delle apparecchiature
da collegare e dal percorso seguito. Per quanto riguarda il diametro il discorso è invece
più complesso ed il suo valore dipende da un bilanciamento economico di varie voci.
Infatti si può pensare che il costo unitario (ossia per metro lineare) di una tubazione sia
direttamente collegato al peso del materiale utilizzato: da questo punto di vista risultano
più convenienti le tubazioni di piccolo diametro che, tra l’altro, consentono anche di
utilizzare uno spessore più modesto. Infatti, a parità di pressione operativa, in base alla
legge di Mariotte già citata con riferimento ai serbatoi, lo spessore è proporzionale al
diametro. Tuttavia, utilizzare una tubazione di piccolo diametro comporterebbe
inevitabilmente imporre una elevata velocità di flusso per il fluido che vi passa
attraverso e, quindi, elevate cadute di pressione del fluido tra inizio e fine della
tubazione. Per compensare queste cadute di pressione (dette perdite di carico)
occorrerà fornire al fluido una maggiore pressione iniziale, e quindi utilizzare macchine
(pompe o compressori) più potenti, ossia di maggior costo e che richiedono maggiore
energia per il loro funzionamento. In definitiva, ad un risparmio sulle tubazioni
corrisponde un aumento dei costi di pompaggio, e viceversa, per cui la soluzione
ottimale è data da un compromesso. Esistono comunque dei valori di velocità suggerita
per il flusso di liquidi e gas in tubazioni, riportati nella tabella seguente.

Fluido Velocità suggerita (m/s)


Acqua 1.5 -4
Idrocarburi leggeri 1.8 - 5
Oli e liquidi viscosi 1-2
Vapor d’acqua 20 – 35
Gas e vapori organici 20 - 40

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I valori sopra indicati per i liquidi fanno riferimento a velocità sulla mandata di pompe
centrifughe; come sarà chiarito più avanti, la velocità sull’aspirazione delle pompe
centrifughe va mantenuta più bassa (orientativamente dimezzando i valori riportati).
Una volta fissato un valore di velocità adeguato per il fluido, si può stimare il valore del
diametro interno della tubazione con la:
4 ⋅Q
Di =
π ⋅v
dove
Di = diametro interno della tubazione (m)
Q = portata volumetrica di fluido (m3/s)
v = velocità del fluido (m/s)
Si noti che, nonostante le velocità di gas e vapori siano più alte di quelle dei liquidi, a
parità di portata in massa, il diametro delle tubazioni risulta molto maggiore nel caso di
flusso di fasi gassose, data la loro bassa densità.
Calcolato il diametro interno della tubazione se ne può stimare lo spessore, applicando
la relazione di Mariotte, già vista per i recipienti in pressione:
P ⋅D
s=
2 ⋅σ
dove
s = spessore della parete (m)
P = pressione interna (Pa)
D = diametro (m)
σ = resistenza del materiale (Pa)
Tuttavia, poiché le tubazioni sono unificate (vedi paragrafo seguente) si può passare
direttamente a definire il valore del diametro e della pressione nominale.

Diametro nominale e pressione nominale [11]


Le tubazioni sono unificate secondo i valori del diametro nominale (DN) e della
pressione nominale (PN). Il primo parametro identifica il diametro esterno della
tubazione, il secondo il suo spessore.
In particolare il diametro nominale è un valore convenzionale del diametro, espresso in
mm (o in pollici – 1 pollice = 25.4 mm) collegato al diametro esterno, ma che non
corrisponde esattamente ad esso. La serie di diametri adottata segue una progressione
geometrica che offre una maggiore scelta nel campo dei piccoli diametri.
La tabella seguente riporta la relazione tra DN e diametro esterno per tubi lisci
commerciali di acciaio al carbonio.

DN Dest (mm) DN Dest (mm) DN Dest (mm)


6 10.2 32 42.4 125 139.7
8 13.5 40 48.3 150 168.3
10 17.2 50 60.3 200 219.1
15 21.3 65 76.1 250 273.0
20 26.9 80 88.9 300 322.9
25 33.7 100 114.3 350 355.6

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La pressione nominale è invece collegata alla pressione di progetto della tubazione,
ovvero alla massima pressione esercizio attesa per la tubazione, attraverso la
relazione:
Pprogetto
PN =
k
dove il valore del parametro k dipende dalle condizioni operative e dall’aggressività del
fluido come indicato nella tabella seguente.

k Temperatura di esercizio Tipo di fluido


1 Minore di 100 °C Non pericoloso e non corrosivo
0.8 Tra 100 e 300°C Non pericoloso e non corrosivo
Minore di 100°C Pericoloso o corrosivo
0.64 Superiore a 300°C Non pericoloso e non corrosivo
Tra 100 e 300°C Pericoloso o corrosivo

Anche i valori della pressione nominale sono normalizzati, ed occorre prendere una
tubazione con valore standard di PN pari o superiore a quello calcolato con la relazione
precedente. I valori più comuni di PN, espressi in atm, sono riportati nella lista
seguente.

PN 1 2.5 6 10 16 25 40 64 100

La pressione nominale identifica quindi lo spessore della tubazione, ossia consente di


stabilire il suo diametro interno, poiché attraverso il diametro nominale risulta
individuato il diametro esterno.

Contrassegni delle tubazioni [1]


Le tubazioni sono dotate di contrassegni colorati che individuano la natura del fluido
presente. Si utilizza il seguente codice di colori:
• Verde: sostanze non pericolose
• Giallo: sostanze pericolose
• Rosso: sostanze antincendio
Il contrassegno ha la forma riportata in figura 39 in cui la punta indica il senso del
flusso; all’interno del contrassegno è riportato il nome della sostanza e l’eventuale
simbolo di pericolo.

Figura 39 [1]

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Reti di tubazioni
Le tubazioni sono costituite da tratti rettilinei, raccordati, se necessario, mediante curve.
I percorsi seguono infatti di norma andamenti diretti parallelamente agli assi cartesiani
ed il passaggio da una direzione a quella ortogonale viene realizzato mediante curve a
90° (gomiti). La tendenza è quella di creare reti ordinate di tubazioni che corrono fuori
terra lungo percorsi comuni (figura 40), in modo da ridurre il numero delle strutture di
sostegno. Si cerca anche di minimizzare i percorsi delle tubazioni ed il numero di curve
che essi presentano, ferme restando le esigenze di sicurezza del layout dell’impianto.

Figura 40
Portali per tubazioni [10]
I portali costituiscono le strutture di sostegno più utilizzate per le linee di tubazioni fuori
terra. Essi sono costituiti di norma da due montanti collegati da una o due traverse, su
cui posano le tubazioni (vedi figura 41). Le strutture sono realizzate con profilati
metallici saldati tra loro ed ancorati ad una fondazione. Per una o due tubazioni si può
utilizzare un unico montante, mentre al crescere del numero delle tubazioni la struttura
si complica, richiedendo due traverse, totali o parziali. Per ridurre l’inflessione sulle
traverse i tubi più pesanti (che sono generalmente quelli di diametro maggiore) sono
posti verso l’esterno. Le traverse vanno poste ad un altezza tale da non ostacolare il
passaggio di persone o mezzi al di sotto di esse.

Figura 41 [10]

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Sistemi di ancoraggio [10]
Gli ancoraggi delle tubazioni alle strutture di sostegno ed alle apparecchiature possono
essere realizzati in varie maniere, come mostra la figura 42. Essi devono fissare la
tubazione ma, al tempo stesso, consentirle di scorrere lungo direzioni prefissate, tutte le
volte che la tubazione è soggetta ad un allungamento (o un accorciamento) per le
dilatazioni (o contrazioni) termiche del metallo a causa di incrementi (o riduzioni) della
temperatura. Si possono quindi realizzare sistemi a sospensione, con molle o rulli, che
consentono una certa libertà di movimento alla tubazione pur ancorandola solidamente
nei punti desiderati.

Figura 42 [10]

ACCESSORI PER LE TUBAZIONI

Le tubazioni sono dotate di una serie di accessori che servono per giuntare e
raccordare tra loro i tubi, per compensare le dilatazioni termiche e per limitare lo
scambio termico tra la tubazione e l'ambiente esterno.

Giunzioni [11]
I tubi sono commercializzati in tronchi di lunghezza prefissata, generalmente tra i 4 e gli
8 m: per realizzare tubazioni più lunghe di quelle ottenibili con un singolo tronco,
occorre giuntare vari tronchi fino a raggiungere la lunghezza richiesta.
I metodo di giunzioni maggiormente utilizzati sono:
• Giunto a bicchiere: ogni tronco di tubazione termina con un’estremità svasata, a
forma di bicchiere, entro cui è possibile infilare l’estremità opposta del tronco
successivo (figura 43a). Per assicurare la tenuta della giunzione, l’intercapedine
viene riempita con un materiale plastico. Questo tipo di giunto è utilizzato soprattutto
per tubazioni in ghisa per il convogliamento di acqua e non regge bene alla
pressione.
• Giunto a manicotto: le estremità dei tronchi di tubo sono filettate e vengono collegate
mediante un manicotto (figura 43b), assicurando la tenuta con canapa o altro
materiale avvolto nelle gole delle filettature. Questo tipo di giunto si utilizza quasi
esclusivamente per tubazioni di piccolo diametro.

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• Giunto saldato: le estremità dei tronchi di tubo vengono fatte combaciare e sono
saldate (figura 43c). Questo tipo di giunto è estremamente diffuso negli impianti
dell’industria di processo, in quanto realizza una tenuta perfetta, non presenta
ingombri aggiuntivi rispetto a quello del tubo ed èassai economico. Tuttavia, le
tubazioni collegate per saldatura non sono smontabili (a meno di realizzare un taglio
a fiamma) e le saldature possono costituire un punto di innesco per la corrosione.
(a) (b) (c)

Figura 43 [11]

• Giunto flangiato: alle estremità dei tubi vengono fissate delle flange, che sono
accoppiate tra loro mediante bulloni o tiranti; per assicurare la tenuta tra le flange
viene posta una guarnizione deformabile. La flangia è una corona circolare, di
spessore piuttosto grande e munita di un certo numero di fori (4, 6, 8 o 12) entro cui
passano i bulloni utilizzati per l’accoppiamento. I materiali utilizzati per le guarnizioni
dipendono dalla natura del fluido e dalla temperatura operativa: si utilizza gomma,
materie plastiche e, per temperature più alte metalli teneri (ad esempio rame).
Le giunzioni flangiate sono pure molto diffuse negli impianti dell’industria di
processo: esse consentono lo smontaggio dei tronchi di tubazione e si utilizzano
anche per giuntare tubazioni di materiali non saldabili.

(a) (b) (c)

(d)
(e)

Figura 44 [11]

Le flange possono essere:


- Saldate di testa (figura 44a), quando la flangia costituisce la prosecuzione della
tubazione. Questa realizzazione garantisce la massima resistenza meccanica ed
è adatta anche ad alte pressioni.
- Saldate per sovrapposizione (figura 44b), sovrapponendo la flangia al tubo en
saldandola in corrispondenza dei bordi. Questa realizzazione non è adatta ad
alte pressioni.
- Libere per tubi con bordo d’appoggio (figura 44c). In questo caso la flangia è un
anello infilato nel tubo: all’estremità del tubo viene applicato un bordo che
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impedisce la fuoriuscita della flangia. Il bordo può essere realizzato anche
ripiegando a caldo il bordo del tubo. Questa realizzazione facilita l’allineamento
dei fori per i bulloni delle due flange da accoppiare ma è utilizzabile solo a
pressioni basse.
- Filettate per sovrapposizione (figura 44d), ossia sovrapposte al tubo ma filettate
anziché saldate, in modo da potere essere sostituite facilmente. Anche questa
realizzazione non è adatta ad alte pressioni.
- Cieche (figura 44e), costituite da dischi di lamiera che chiudono l’estremità del
tubo.
Per migliorare la tenuta, le superfici delle flange, anziché essere lisce, possono
essere rigate o presentare delle incamerature, semplici o doppie.

Raccordi [11]
Gli elementi di raccorderia si utilizzano per collegare più tubazioni tra loro, connettere
tubazioni di diametro diverso, inserire delle curve, ecc. Questi elementi, alcuni dei quali
sono mostrati in figura 45, possono essere uniti alle tubazioni per filettatura, solo nel
caso di tubazioni di piccolo diametro (fino a 60 mm) ed a pressione modesta, ovvero
per saldatura e flangiatura, negli altri casi. Tra gli elementi filettati ve ne sono alcuni,
come il nipplo ed il manicotto, che si possono utilizzare per collegare tra loro tubazioni,
ovvero connettere tubazioni con tronchetti provenienti da apparecchi. Anche la
chiavarda, o giunto a tre pezzi, viene utilizzata a questo scopo: essa presenta il
vantaggio di realizzare il collegamento tra tubazioni che non possono ruotare
reciprocamente, come sarebbe invece richiesto per inserire un manicotto.

Figura 45 [11]

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Giunti di dilatazione
Ogni elemento, soggetto a variazioni di temperatura subisce variazioni dimensionali.
Per le tubazioni, la dimensione di maggior interesse è la lunghezza e la variazione
dimensionale si può calcolare con l’espressione:
∆L = α ⋅ L ⋅ ∆T
dove
∆L = variazione di lunghezza del pezzo (m)
α = coefficiente di dilatazione termica lineare (1/°C)
L = lunghezza del pezzo (m)
∆T = variazione di temperatura (°C)
La variazione di temperatura da considerare è quella tra la temperatura a cui si porta la
tubazione in condizioni di esercizio (generalmente diversa da quella ambiente) e quella
a cui la tubazione è stata montata (generalmente quella ambiente).
Ogni tubazione che non lavori a temperatura ambiente tenderà quindi ad allungarsi (o a
contrarsi) e ciò può innescare grossi problemi di tipo meccanico ove la dilatazione ( o la
contrazione) risulti impedita dalla presenza di vincoli. Si consideri ad esempio una
tubazione rettilinea che connetta due apparecchiature e che si trovi ad alta temperatura:
essa tenderà ad allungarsi, ma ciò le verrà impedito dal vincolo con gli apparecchi. Si
indurrà quindi una tensione assiale che, se non compensata, potrebbe causare il
distacco della tubazione dagli apparecchi: una situazione analoga si avrebbe anche se
la tubazione lavorasse a temperatura inferiore a quella ambiente.
Per evitare l’insorgere di problemi meccanici dovuti alle dilatazioni termiche “impedite”
vengono lasciati alla tubazione alcuni gradi di libertà, come la possibilità di scorrere o
ruotare negli ancoraggi, e si inseriscono dei giunti di dilatazione.
I giunti di dilatazione sono degli elementi altamente deformabili che consentono, proprio
attraverso la propria deformazione, di ridurre a livelli non più pericolosi la tensione
indotta dalle dilatazioni termiche impedite. Esistono giunti di dilatazione di vari tipi [11].

(a) (b) (c)

Figura 46 [10]

• Giunti di dilatazione a lira ed a spirale (figura 46a) in cui la sollecitazione assiale


comporta la deformazione di una curvatura a largo raggio. Questi tipi di giunti di
dilatazione sono ingombranti e si utilizzano all’aperto, soprattutto sulle tubazioni per
vapor d’acqua.
• Giunto di dilatazione a soffietto (figura 46b) in cui la sollecitazione assiale viene
compensata dalla deformazione delle onde del soffietto. Questo tipo di giunto di
dilatazione presenta un ingombro modesto, ma non è in grado di compensare
grosse sollecitazioni; inoltre, la resistenza meccanica presentata è inferiore rispetto
ai dilatatori a lira o a spirale.
• Giunto di dilatazione a premistoppa (figura 46c) in cui due brevi tratti di tubo
possono scorrere l’uno all’interno dell’altro, come in un canocchiale. La tenuta tra i
due tubi è assicurata col sistema cosiddetto a premistoppa, in cui anelli di materiale

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deformabile sono pressati nell’intercapedine tra i due tubi, da un anello metallico,
detto pressatrecce, che viene fissato mediante bulloni ad una flangia posta sul tubo
più esterno. Questo giunto è poco costoso ma non è adatto alle alte pressioni.

Coibentazioni [10]
Le coibentazioni, o isolamenti termici, si utilizzano per ridurre il trasferimento di calore,
sia in condizioni di processo ordinarie, sia in caso di incendio. La coibentazione per
esigenze di processo si utilizza per ridurre le perdite di calore verso l’ambiente in un
impianto che opera ad alta temperatura, per evitare condensazioni o solidificazioni, per
ridurre l’ingresso di calore dall’ambiente esterno in un impianto che lavora a bassa
temperatura, per proteggere il personale dal contatto con superfici calde o fredde. La
protezione del personale nei confronti di superfici calde comporta di norma la riduzione
della temperatura della parete a valori intorno a 50-60°C.
Un isolante termico deve presentare bassa conducibilità termica; altre caratteristiche
favorevoli sono la capacità coibente in un campo esteso di temperature, basso peso,
basso costo, facilità di applicazione e buona resistenza alle intemperie. Si ricorda che
la conducibilità termica aumenta all’aumentare della temperatura.
Le proprietà di alcuni comuni isolanti termici sono riportate nella tabella [11].

Materiale Temperatura di Conducibilità termica Densità


impiego (°C) (kcal/m h°C) (kg/m3)
Resine espanse -100 /+100 0.03 – 0.05 60 -100
Sughero -80/+50 0.03 – 0.05 140-160
Vermiculite espansa -50/+100 0.05 – 0.10 400-500
Lana di vetro +70/+300 0.075 - 0.11
Lana di roccia 0/+600 0.04 – 0.06 120 – 150
Silicato di calcio +200/+700 0.04 – 0.06 200 – 250
Caolinite in mattoni +600/+1500 0.2 – 0.4 500 -700
Magnesite +1000/+2000 1.10 – 1.50 2600 – 2800

Per quanto riguarda le tipologie di materiali utilizzati per la coibentazione di tubazioni,


per le medie temperature si utilizzano largamente quelli fibrosi, disponibili come nastri o
materassini che vengono avvolti in strati successivi attorno alla tubazione, trattenuti da
fasciature in rete metallica. La finitura superficiale è effettuata con uno strato di cemento
fasciato, per tubazioni al chiuso, e con lamierini di alluminio o acciaio zincato (che
minimizzano lo scambio termico con l’ambiente esterno per irraggiamento e proteggono
l’isolante dall’umidità) per tubazioni all’aperto. I lamierini sono disponibili
commercialmente già sagomati e provvisti di giunzioni a incastro. Per la coibentazione
di tubazioni che lavorano a bassa o alta temperatura si utilizzano coppelle o settori
cilindrici preformati costituiti da impasti di vari materiali, granulari e fibrosi, con resine
espanse utilizzate come leganti. I pezzi sono disponibili con diametri interni unificati
corrispondenti a quelli delle tubazioni e in diversi spessori. Sono inoltre in commercio
pezzi speciali per rivestire i gomiti, le diramazioni, le giunzioni flangiate, ecc. Gli
elementi preformati vengono semplicemente sovrapposti alla tubazione, trattenuti con
legature metalliche, sigillando le giunzioni con mastici o cementi isolanti. Anche in
questo caso, per tubazioni all’aperto, la finitura superficiale è realizzata con lamierino di
alluminio o di acciaio zincato.

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Il materiale coibente deve essere aderente alla tubazione, ma non deve essere
completamente solidale ad essa, in modo da consentire la dilatazione termica, che sarà
diversa per la tubazione e per il coibente. A tale scopo la coibentazione viene interrotta
in corrispondenza dei compensatori di dilatazioni termiche. Generalmente non sono poi
dotati di isolamento termico gli elementi soggetti a frequenti ispezioni o interventi, come
valvole, filtri, flange di misure, ecc.

VALVOLE [11]
Le valvole vengono utilizzate per regolare il movimento dei fluidi entro le tubazioni e si
dividono nei seguenti tipi:
• Valvole di intercettazione: utilizzate per consentire o meno il flusso nella tubazione
• Valvole di regolazione: utilizzate per regolare il flusso nella tubazione
• Valvole di ritegno: utilizzate per assicurare che il flusso nella tubazione avvenga solo
nel verso desiderato e che sia impedito il flusso in direzione opposta
Le valvole sono connesse alle tubazioni per filettatura, nel caso di piccoli diametri e
basse pressioni di esercizio, o per flangiatura, negli altri casi.

Valvole di intercettazione
Esse si utilizzano come valvole on-off ossia per consentire o interrompere il flusso nella
tubazione e sono quindi predisposte in modo da arrestare completamente il flusso
quando si trovano in posizione chiusa e offrire i minori ostacoli possibili al flusso quando
si trovano in posizione aperta. Esse consentono anche di effettuare una regolazione
grossolana del flusso quando si trovano in posizione intermedia, ma non vengono
generalmente utilizzate a questo scopo. Le più diffuse valvole di intercettazione sono:
• Rubinetti a maschio conico (figura 47a) in cui un otturatore di forma conica, che reca
una larga apertura, è collegato ad uno stelo. Ruotando di 90° lo stelo l'otturatore
passa dalla posizione in cui l’apertura consente il flusso a quella in cui essa si viene
a trovare in direzione ortogonale alla tubazione ed il flusso è impedito. La valvola è
dotata di un coperchio, attraverso cui passa lo stelo e che consente l’accesso
all’otturatore, e di una tenuta a premistoppa sullo stelo stesso. I rubinetti a maschio
sono semplici ma si utilizzano solo su tubazioni di piccolo diametro e non sono adatti
alla regolazione.
• Valvole a sfera (figura 47b) in cui l’otturatore è costituito da una sfera, di diametro
superiore a quello della tubazione. Nella sfera è praticato un foro cilindrico di
diametro esattamente pari a quello della tubazione. Il funzionamento è analogo a
quello del rubinetto a maschio, ma, quando la valvola è in posizione aperta, il fluido
non incontra alcun ostacolo al flusso, in quanto il condotto all’interno dell’otturatore
costituisce la prosecuzione diretta della tubazione, senza restringimenti di sezione,
gradini, ecc. Anche le valvole a sfera si utilizzano su tubazioni di piccolo diametro e
non sono adatte alla regolazione.
• Saracinesche (figura 47c) in cui l’otturatore è costituito da un setto metallico a forma
di cuneo che scorre in senso perpendicolare a quello del flusso entro una sede
ricavata nel corpo della valvola. Il sollevamento del setto offre una sezione che
aumenta molto rapidamente all’inizio e molto lentamente alla fine della corsa dello
stelo. Questa valvola si utilizza, soprattutto per liquidi, su tubazioni di grande
diametro e può essere utilizzata anche per la regolazione. Nel suo funzionamento
occorre tener presente che, per liberare completamente la sezione di passaggio,
l’otturatore va sollevato di un’altezza pari al diametro della tubazione: in alcuni casi

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ciò può comportare difficoltà di manovra, a cui si può ovviare realizzando un attacco
apposito tra madrevite del volantino e stelo, in modo che si sollevi solo quest’ultimo.
• Valvole a farfalla (figura 47.d) in cui l’otturatore è costituito da un disco che ruota
intorno al proprio asse, passando con una rotazione di 90° dalla posizione chiusa,
con il disco perpendicolare al flusso, a quella aperta, con il disco disposto parallelo
al flusso. Questa valvola è adatta a tubazioni di grande diametro ma che lavorino a
pressione bassa, in cui passino gas, come ad esempio l’aria, e può essere anche
utilizzata come valvola di regolazione.

(b)

(a)

( c)

(d)

Figura 47

Valvole di regolazione
Esse sono costituite da un corpo in cui è ricavata una sede, costituita da un anello
forato attraverso cui passa il fluido. Al di sopra della sede si trova l’otturatore, collegato
ad uno stelo: dipendentemente dalla posizione dello stelo l’otturatore si trova più o
meno vicino alla sede e consente il passaggio di quantitativi minori o maggiori di fluido,
come mostra la figura 48a. Nella parte superiore della valvola è presente un coperchio,
che consente l’accesso all’otturatore ed alla sede per le operazioni di manutenzione,
nonché la tenuta a premistoppa sullo stelo,
Per quanto riguarda le caratteristiche del flusso si possono distinguere valvole a flusso
avviato, in cui il fluido segue un percorso ad S all’interno del corpo valvola (figure 48a),
a flusso libero, in cui il fluido subisce deviazioni minime, ed a squadra, in cui il flusso
subisce una variazione di direzione di 90° (figura 48b). Si ricorda che le valvole di

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sicurezza sono del tipo a squadra. Ovviamente tutte le valvole di regolazione
presentano un verso di percorrenza, che è indicato con una freccia sul corpo esterno
della valvola. Occorre ricordare che, come le valvole di intercettazione garantiscono
l’assenza di flusso se chiuse ma non consentono una regolazione accurata della
portata, così le valvole di regolazione garantiscono una regolazione accurata della
portata ma non sono in grado di impedire completamente il flusso quando sono chiuse.

Figura 48

La sede può avere forma piana o conica, come pure essere singola o doppia (vedi
figura 49), e l’otturatore può essere sagomato in vario modo dipendentemente dalla
relazione desiderata per quanto riguarda la corrispondenza tra movimento dello stelo e
la sezione di passaggio resa disponibile. Per regolazioni di precisione si utilizzano
valvole a spillo in cui l’otturatore ha la forma di un cono sottile.
Lo stelo può essere comandato mediante un volantino, nelle valvole ad azionamento
manuale, o essere collegato ad un servomotore per le valvole automatiche. Il
servomotore può essere di tipo idraulico, elettrico o pneumatico: quest’ultimo tipo è
quello più comunemente utilizzato nelle valvole automatiche degli impianti dell’industria
di processo.

Valvola di regolazione automatica a comando pneumatico


Questo tipo di valvola, rappresentato in figura 49, ha lo stelo che termina contro una
membrana metallica deformabile. Sulla membrana agiscono, in contrasto tra loro, le
forze di una molla (che nella figura tende a sollevare lo stelo) e dell’aria compressa che
viene insufflata sul lato opposto della membrana (e che quindi, nella figura entra
dall’alto tendendo ad abbassare lo stelo). Al variare della pressione dell’aria compressa
entrante varia anche la posizione dello stelo, per cui modulando opportunamente l’aria
compressa si ottiene la regolazione. La pressione dell’aria compressa utilizzata per la
regolazione è bassa e varia tra circa 0.2 e 1 atm.
La valvola rappresentata in figura, in cui l’otturatore chiude la sezione di passaggio
quando si immette l’aria è detta del tipo “aria chiude”; invertendo la posizione della
molla e dell’immissione dell’aria rispetto alla membrana si possono avere valvole del
tipo “aria apre”. Il fatto che la valvola sia del tipo “aria apre” o “aria chiude” può avere
significative ripercussioni nel caso in cui venga a mancare l’aria compressa.

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La membrana, la molla e la zona a disposizione per l’aria compressa costituiscono il
servomotore pneumatico che è posto superiormente rispetto al corpo valvola: nella
zona tra servomotore e corpo valvola c’è un archetto di collegamento su cui è fissata
una scala graduata su cui si legge il grado di apertura della valvola, dipendentemente
dalla posizione dell’indicatore fissato sullo stelo. La valvola rappresentata in figura 49 è
del tipo a doppia sede in quanto la ripartizione del flusso tra le due sedi consente un
certo bilanciamento della spinta sullo stelo.

Figura 49

Valvole di ritegno
Le valvole di ritegno, dette anche di non ritorno, si utilizzano quando si desidera che il
flusso in una tubazione avvenga solo in una direzione, evitando i ritorni di fluido in
direzione opposta (questa esigenza si presenta, ad esempio, sulla mandata di pompe
centrifughe). A tal fine l’azione del fluido deve vincere l’azione della forza di gravità, che
manterrebbe chiuso il condotto, agendo su un otturatore a forma di piattello (figura 50a),
incernierato lungo il proprio margine superiore, oppure su un otturatore a forma di sfera,
come mostra la figura 50b.

(b)
(a)

Figura 50 [11]

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Le valvole di ritegno portano marchiata sulla parte esterna del corpo una freccia che
indica il verso in cui il flusso è consentito; inoltre possono essere montate su tubazioni
orizzontali come pure su tubazioni verticali in cui il flusso desiderato sia in senso
ascendente, ma non su tubazioni verticali in cui il flusso desiderato sia in senso
discendente poiché in tal caso la forza di gravità agirebbe nella stessa direzione della
spinta del fluido e la valvola resterebbe sempre in posizione aperta.

MACCHINE PER FLUIDI


Queste comprendono macchine di tipo centrifugo e volumetrico, utilizzate per liquidi e
per gas: tra le prime rientrano le varie tipologie di pompe, tra le seconde i compressori
ed i ventilatori. Nelle macchine di tipo centrifugo si ha la conversione di energia cinetica
in energia di pressione, mentre nelle macchine di tipo volumetrico volumi prefissati di
fluido vengono spostati dall’azione di un pistone (macchine alternative) o di giranti
rotanti (macchine rotative). Le grandezze che hanno maggiore importanza per la scelta
di una macchina per fluidi sono la portata trattata e la prevalenza fornita: quest’ultima
rappresenta l’incremento di pressione fornito dalla macchina al fluido e può essere
espressa, oltre che in unità di pressione (Pa, atm) anche come metri di colonna fluida.
Per passare dall’una all’altra misura si utilizza la relazione:

H(Pa) = H(m) ⋅ ρ fluido ⋅ g


dove
H (Pa) = prevalenza (Pa)
H (m) = prevalenza (m di colonna fluida)
ρfluido = densità del fluido (kg/m3)
g = accelerazione di gravità (9.81 m/s2).
In pratica, 1 m di colonna d’acqua è circa pari a 10 000 Pa, ovvero a 0.1 atm.
In linea del tutto generale, le macchine centrifughe garantiscono prevalenze
relativamente modeste, ma sono in grado di trattare portata elevate; le macchine
volumetriche, invece, forniscono elevate prevalenze a portate modeste di fluido, tanto
più quando ci si sposta da quelle rotative a quelle alternative.
I motori di azionamento di queste macchine sono per lo più elettrici: si usano motori
asincroni con una o due coppie polari, che ruotano rispettivamente ad una velocità di
circa 3 000 o 1 500 giri/min data la frequenza di rete di 50 Hz. Per le macchine
volumetriche si può ricorrere ad un riduttore del numero di giri, eventualmente con un
variatore di numero di giri che consenta di effettuare una prima regolazione della
portata. Nei casi in cui siano richieste velocità di rotazione particolarmente elevate (oltre
i 6 000 giri /min), si può invece ricorrere all’accoppiamento diretto con turbine.

Macchine per liquidi


Per i liquidi si utilizzano pompe, per lo più centrifughe, o, meno frequentemente,
volumetriche, di tipo rotativo o alternativo. I campi tipici di applicazione come portata
trattata e prevalenza fornita sono riportati in Figura 51. Tradizionalmente la prevalenza,
indica il salto di pressione espresso in metri di colonna di liquido: ad esempio, 1 m di
colonna d’acqua ≅ 0.1 atm.

Pompe centrifughe
Le pompe centrifughe sono le macchine per liquidi maggiormente utilizzate nell’industria

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di processo. La pompa ha una cassa cilindrica entro cui ruota un albero centrale su cui
sono calettate palette opportunamente sagomate (figura 52a): il liquido entra in
direzione assiale al centro in D (aspirazione) ed esce lungo la periferia in E (mandata).

Figura 51 [8]

Per migliorare il rendimento della macchina le palette sono generalmente racchiuse tra
due dischi (giranti chiuse, figura 52b); tuttavia, quando il liquido contenga particelle
solide sospese, si utilizzano anche giranti semiaperte (con un solo disco, figura 52c) o
aperte (senza dischi laterali, figura 52d). Le pompe centrifughe possono essere
collegate in serie, per aumentare la prevalenza fornita o in parallelo, per aumentare la
portata; pompe multistadio consentono di raggiungere prevalenze elevate (fino a più di
100 atm) in un solo apparecchio.

(b) (c) (d)

(a)
Figura 52 [14]

Le pompe centrifughe possono presentare problemi di innesco, quando all’aspirazione


della pompa non venga garantita una pressione sufficiente, detta NPSH (Net Positive
Suction Head). Il valore di NPSH disponibile per effetto della pressione e dei battenti
liquidi deve superare il valore di NPSH richiesto dalla pompa: quest’ultimo è tipicamente
intorno a 0.3-0.4 atm. Quando ciò non si verifica si ha sviluppo di bolle gassose
all’interno della cassa della pompa, fenomeno detto cavitazione, con rapido
deterioramento delle palette stesse.
I problemi legati al valore di NPSH possono sorgere, ad esempio, quando la pompa
aspira liquido da un punto di prelievo posto più in basso o quando viene aspirato un
liquido saturo o che contenga gas disciolti.
Ad esempio, per una pompa che aspiri acqua da un recipiente aperto posto più in basso
e che presenti un valore di NPSH richiesto pari a 0.4 atm, posto che sul pelo libero

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agisce la pressione atmosferica, occorre mantenere la differenza di quota al di sotto di
quella corrispondente a 0.6 atm, ossia circa 6 m di colonna d’acqua.
I liquidi saturi sono, per definizione, quelli in equilibrio con il proprio vapore, ossia per i
quali la tensione di vapore è pari alla pressione. Ciò comporta che per questi liquidi il
valore di NPSH disponibile per effetto della pressione sul pelo libero sia pari a zero,
indipendentemente dal valore assoluto della pressione stessa. Ne consegue che solo
un dislivello positivo, ossia la localizzazione del recipiente di prelievo più in alto rispetto
alla pompa, può garantire, mediante il battente, il valore di NPSH necessario al suo
funzionamento.
In realtà, in entrambi gli esempi visti, la pressione disponibile diminuisce ancora
lievemente per effetto delle perdite di carico, ossia della caduta di pressione che il
liquido incontra quando percorre la tubazione. Il sistema più semplice di limitare le
perdite di carico nei condotti di aspirazione è di farli brevi e di grande diametro: infatti le
perdite di carico sono proporzionali alla lunghezza della tubazione e inversamente
proporzionali alla quinta potenza del suo diametro. Per tale ragione la velocità dei liquidi
nelle tubazioni di aspirazione delle pompe centrifughe viene fissata a valori
decisamente più bassi (la metà) rispetto a quelli utilizzati nelle tubazioni di mandata.
La relazione generale per valutare il valore di NPSH disponibile per un circuito è:

NPSHdisponibile = P − p s − p g − ∆p + ∆H ⋅ ρL ⋅ g
dove
NPSHdisponibile = valore di NPSH disponibile (Pa)
P = pressione al di sopra del pelo libero nel punto di aspirazione (Pa)
ps = tensione di vapore del liquido (Pa)
pg = pressione dei gas disciolti nel liquido (Pa)
∆p = perdite di carico totali nel ramo di aspirazione (Pa)
∆H = differenza di quota tra pelo libero nel punto di aspirazione e bocchello di
aspirazione della pompa (può essere positiva o negativa) (m)
ρL = densità del liquido (kg/m3)
g = accelerazione di gravità (9.81 m/s2)
Le pompe centrifughe presentano una curva caratteristica della prevalenza in funzione
della portata che parte dal valore massimo di prevalenza a portata zero (mandata
chiusa) e diminuisce progressivamente avvicinandosi alla portata massima operativa
(linea a tratto continuo in figura 53). Il circuito a sua volta presenterà una curva
caratteristica (linea tratteggiata in figura 53), con una salto di pressione indipendente
dalla portata, per quanto riguarda le differenze di quota e di pressione tra mandata e
aspirazione, ed una perdita di carico all’interno della tubazione e degli accessori,
crescente con il quadrato della portata.
Il punto di funzionamento della pompa (ossia il valore di portata e di prevalenza
effettivamente fornita) è dato dall'intersezione delle due curve e per variarlo, ossia per
regolare la portata, occorre variare la perdita di carico presentata dal circuito. Ciò può
essere fatto facilmente introducendo, in un punto qualunque del circuito, una valvola di
regolazione. La portata potrà quindi essere regolata tra quella massima corrispondente
alle minime perdite di carico del circuito (valvola aperta) e zero (valvola chiusa).
Anche se dal punto di vista della regolazione è indifferente la collocazione della valvola
lungo il circuito, per le ragioni già viste e legate al valore di NPSH disponibile, le valvole
di regolazione sono sempre inserite sulla tubazione di mandata.

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35

30

25

20

H (m)
15

10

0
0 5 10 15 20 25
3
Q (m /s)

Figura 53

La potenza di una pompa centrifuga si calcola mediante la


Q ⋅H
P=
η
dove
P = potenza (W)
Q = portata volumetrica (m3/s)
H = prevalenza (Pa)
η = efficienza della macchina (tipicamente 0.7-0.85)

Pompe alternative
Le pompe alternative consentono prevalenze molto elevate (fino a più di 3 000 atm) ma
sono in grado di trattare portate basse. Il loro uso negli impianti dell’industria di
processo è per lo più limitato a pompe dosatrici e di lubrificazione.

Figura 54 [11]

La pompa ha una cassa cilindrica, dotata di bocchelli alle due estremità entro cui si
muove un pistone, con moto alternativo ottenuto mediante un manovellismo (figura 54):
durante la corsa di andata il pistone richiama il liquido nella cassa, mentre in quella di
ritorno lo espelle dalla cassa stessa. Una pompa come quella descritta origina una

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portata discontinua, poiché, nella corsa di andata del pistone, nella tubazione non viene
inviato liquido. Per avere una portata continua si possono utilizzare pompe a doppio
effetto, come quella rappresentata in figura 54, in cui il moto dello stantuffo causa la
fuoriuscita del liquido da una parte del cilindro e, contemporaneamente, l’ingresso del
liquido dall’altra parte del cilindro stesso. Ci sono anche pompe a più effetti e/o a più
cilindri opportunamente combinati con valvole di non ritorno, in modo da rendere la
portata meno pulsante.
La prevalenza fornita dalle pompe alternative è praticamente indipendente dalla portata,
per cui la regolazione di quest’ultima non può essere effettuata modificando le perdite di
carico del circuito. Non ha quindi senso inserire una valvola di regolazione sulla
mandata di una pompa alternativa. L’unico mezzo per effettuare la regolazione della
portata è quello di prevedere un by-pass provvisto di valvola, che colleghi tra loro i rami
di mandata e di aspirazione della pompa. In tal modo, aprendo più o meno la valvola di
by-pass si regola la portata che ricircola, ossia che viene nuovamente alimentata alla
pompa anziché proseguire nel circuito. Si può pure regolare la portata variando il
numero di giri del motore che aziona la pompa, per via meccanica, con un riduttore di
numero di giri, o per via elettrica, agendo sulla frequenza di alimentazione.

Pompe rotative
Sono ancora pompe volumetriche, ma il liquido viene spinto nello spazio libero tra le
giranti e la cassa della pompa dal moto rotativo delle giranti stesse. Una delle due
giranti è azionata da un motore esterno, mentre l’altra è trascinata dal moto della prima.
Le pompe rotative più utilizzate per liquidi sono quelle rotative a ingranaggi (figura 55a)
e a lobi (figura 55b). La regolazione della portata di pompe rotative segue le stesse
regole viste per le pompe alternative.

(a)
(b)

Figura 55 [11]

Macchine per gas


La scelta delle macchine per i gas dipende da portata, salto di pressione e pressione
operativa [8]. Generalmente si utilizzano ventilatori per salti di pressione bassi (< 0.03
atm), compressori assiali per portate elevate e salti di pressione modesti, compressori
centrifughi per portate elevate e salti di pressione medi o elevati (per macchine
multistadio). I compressori alternativi sono di solito preferiti a quelli centrifughi quando
siano richieste pressioni elevate con portate relativamente basse. La figura 56 mostra il
campo di applicazione dei compressori alternativi (reciprocating), assiali e centrifughi.
Per la produzione del vuoto (pressioni al di sotto di quella atmosferica) si usano
compressori alternativi e rotativi, per vuoti non troppo spinti (fino a 10 mm Hg) e portata
elevate, e pompe da vuoto ed eiettori a vapore, in quest’ultimo caso installandone
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anche più in serie, per scendere fino a 0.1 mm Hg.

Figura 56 [8]

Ventilatori e soffianti
I ventilatori e le soffianti sono utilizzare soprattutto per gas a bassa pressione, come
l’aria, da far fluire all’interno di condotti abbastanza grandi, poiché forniscono alte
portate e basse prevalenze. Sono macchine centrifughe con una sola girante, di tipo
assiale (figura 57) oppure radiale. Nel primo caso le pale presentano una curvatura: la
macchina è detta ventilatore e la prevalenza ottenibile è assai modesta. Nel secondo
caso le giranti sono piane, di tipo aperto o di tipo chiuso, come quelle delle pompe
centrifughe: la macchina è detta soffiante e si raggiungono prevalenze più elevate.
Poiché la prevalenza richiesta è molto modesta è lecito considerare che il gas non
subisca significative variazioni di densità (ossia di volume) nell’attraversamento della
macchina e quindi la potenza di ventilatori e soffianti si può calcolare con la stessa
relazione vista per le pompe centrifughe. Anche per quanto riguarda la regolazione
della portata si può procedere come visto per le pompe centrifughe.

Figura 57

Compressori centrifughi
I compressori centrifughi costituiscono l’equivalente per i gas delle pompe centrifughe:
tuttavia la loro diffusione negli impianti dell’industria di processo non è paragonabile a
quella delle pompe centrifughe.

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Data l’elevata compressione nel passaggio attraverso la macchina, il gas non può
essere considerato incomprimibile e il suo volume si riduce per effetto dell’aumento
della pressione. Nella compressione il gas si riscalda considerevolmente, tanto più
quanto è maggiore il rapporto di compressione, ossia il rapporto tra i valori della
pressione finale e iniziale del gas. Per questa ragione è bene suddividere l’incremento
di pressione totale in più stadi in serie, utilizzando un rapporto di compressione
(generalmente inferiore a 4) all’incirca costante in ogni stadio e provvedendo alla
rimozione del calore sviluppato con un raffreddamento interstadio. Ciò può essere fatto
mediante la realizzazione di intercapedini, in cui viene fatta circolare acqua di
refrigerazione, nella zona della cassa intorno alle giranti oppure inviando il gas uscente
da ogni stadio in un apparecchio refrigerante esterno, prima di inviarlo allo stadio
successivo. Per realizzare la compressione desiderata è spesso necessaria la
disposizione di più giranti (stadi) in serie e l’adozione di velocità di rotazione
decisamente elevate (anche più di 10 000 giri/min). Per questa ragione, in alcuni casi,
l’alimentazione di queste macchine non è elettrica, ma mediante accoppiamento diretto
con turbina a vapore.
Per quanto riguarda la regolazione della portata, i compressori centrifughi si
comportano in modo diverso dalle pompe centrifughe. La curva caratteristica della
prevalenza in funzione della portata presenta un massimo e va evitata la zona di
funzionamento posta a sinistra del massimo (zona tratteggiata in figura 58) ossia il
campo a portate più ridotte. Infatti in questa zona c’è il rischio che si presenti il
fenomeno del “pompaggio” per cui il compressore ha un funzionamento con portata
continuamente oscillante che ne causa in breve tempo la rottura. La portata viene
quindi regolata mediante una valvola posta sul condotto di aspirazione e non su quello
di mandata come era invece per le pompe centrifughe.

Figura 58

Compressori alternativi
Il loro funzionamento è analogo a quello delle pompe alternative. Si utilizzano per le
prevalenze maggiori ma sono in grado di trattare solo portate modeste. Le
problematiche sono simili a quelle dei compressori centrifughi per quanto riguarda la
necessità di mantenere limitato il rapporto di compressione e di ricorrere quindi a più
stadi di compressione con refrigerazione interstadio. Per quanto riguarda la regolazione
della portata resta valido quanto già visto per le pompe alternative.

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Compressori rotativi
Il loro funzionamento è analogo a quello delle pompe rotative. Esistono nel tipo detto
pompa Root (figura 59a) simile ad pompa rotativa a lobi, nel tipo a vite, provvisto di due
rotori sagomati a vite senza fine e nel tipo ad alette (figura 59b). Quest’ultimo, come tutti
gli altri, comprime il gas attraverso variazioni di volume della zona compresa tra le
giranti e la cassa. In questo caso le alette scorrevoli sono spinte verso la carcassa dalla
rotazione di un rotore eccentrico. Le problematiche di questi compressori sono in buona
misura analoghe a quelle viste per i compressori alternativi.
(a)
(b)

Figura 59 [11]

Eiettori
Un eiettore è una macchina statica che realizza lo spostamento di un fluido non
mediante organi in movimento ma attraverso lo scambio diretto di energia tra un fluido
motore uscente ad elevata velocità da un boccaglio ed un altro fluido che viene
trascinato dal primo: ciò comporta, inevitabilmente, il mescolamento delle due correnti.
All’uscita dal boccaglio, posto lungo l’asse dell’eiettore (figura 60) il fluido motore trova
una camera di mescolamento in cui viene a contatto con il fluido trascinato, che entra in
direzione perpendicolare. Le correnti mescolate e ad alta velocità, dopo avere percorso
un breve tratto di condotto di piccolo diametro entrano nel tratto divergente, dove, per
effetto Venturi, la massa fluida perde di velocità acquistando energia sotto forma di
pressione. I consumi energetici degli eiettori sono rappresentati dal fluido motore ad alta
velocità; l’assenza di parti in movimento può rappresentare un vantaggio, anche se il
rendimento è generalmente basso.

Figura 60 [11]

82
Questo apparecchio viene utilizzato soprattutto per creare e mantenere il vuoto,
attraverso l’aspirazione di gas o vapori da recipienti: in questo caso il fluido motore è
costituito da vapor d’acqua.

TENUTE [10]
Problemi di tenuta, ossia legati alla possibile fuoriuscita del fluido contenuto all’interno o
all’ingresso di aria dall’esterno, si presentano tutte le volte in cui si abbia una unione
non saldata tra apparecchiature, tubazioni e macchinari, come pure quando si abbia la
necessità di assicurare il passaggio di steli o alberi ruotanti attraverso apparecchi.

Tenute nelle giunzioni


Nelle giunzioni flangiate la tenuta si ottiene interponendo una guarnizione anulare, in
grado di deformarsi in modo da compensare le irregolarità nel contatto tra flangia e
controflangia. Occorre valutare con attenzione la tensione di serraggio necessaria, sia a
vuoto, ossia prima che il fluido fluisca nella tubazione, sia in condizioni di esercizio,
quando la pressione interna potrebbe tendere ad allentare la giunzione.
La tenuta delle giunzioni filettate è sempre precaria, a causa del gioco tra i profili. Per
assicurare la tenuta, in presenza di pressione e temperature moderate, si possono
inserire nelle filettature fibre di canapa imbevute di vernice o nastri di teflon.

Tenute su steli e alberi rotanti


Il problema si differenzia dal precedente per la necessità di assicurare in ogni caso il
movimento dello stelo o dell’albero, limitando gli attriti, ma assicurando ugualmente la
tenuta. Le tipologie di tenuta che si utilizzano sono quella a premistoppa, a baderna o
meccanico, e quella a labirinto.

(a) ( c)
(b)

Figura 61 [10]

Premistoppa a baderna
Questo è il tipo di tenuta più semplice ed economico e si utilizza per pressioni e
temperature moderate, su steli di valvole, e alberi rotanti di pompe ed agitatori. Come
mostra la figura 61a, sul pezzo attraversato dallo stelo o dall’albero è ricavata (o
applicata) una incameratura cilindrica, in cui sono inseriti anelli di materiale
autolubrificante e molto deformabile (canapa, plastica, teflon, metalli teneri, ecc.). Gli
anelli (generalmente tra 4 e 10) costituiscono il pacco di tenuta e sono schiacciati
assialmente da un pressatrecce, aderendo alla superficie mobile per una certa

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lunghezza. La compressione degli anelli può essere variata anche in esercizio,
serrando più o meno il pressatrecce. Nel caso di alberi rotanti, per ridurre gli attriti, nella
zona centrale del pacco di tenuta viene inserito un anello forato attraverso il quale si fa
circolare un liquido lubrificante in pressione. Ciò viene fatto comunemente sugli alberi
delle pompe centrifughe, per evitare ingressi di aria in aspirazione e sugli agitatori di
reattori ed autoclavi, per evitare fughe di vapori o gas.

Premistoppa meccanico
Questo tipo di tenuta è migliore di quella a baderna e si applica anche a situazioni di
pressione e temperatura più elevata. La tenuta è realizzata attraverso il contatto
strisciante tra un anello fisso, solidale con la parete, ed un anello mobile, solidale con
l’albero rotante, premuto contro il primo da una molla elicoidale (figura 61b). Gli anelli di
tenuta possono essere in vari materiali (grafite sinterizzata, ceramica, teflon, acciaio
inossidabile, ecc.) e hanno le superfici striscianti indurite e lavorate a specchio. La
lubrificazione può essere realizzata dallo stesso fluido di processo o, se il suo potere
lubrificante è insufficiente, da un lubrificante ausiliario. Il premistoppa meccanico è più
costoso e di manutenzione più delicata rispetto al tipo a baderna, ma offre prestazioni
nettamente superiori.

Tenuta a labirinto
Questo tipo di tenuta si utilizza per alberi molto veloci, come quelli dei compressori
centrifughi, in cui difficoltà di lubrificazione e raffreddamento sconsigliano l’utilizzo dei
premistoppa. La tenuta a labirinto (figura 61c) consiste in una successione di bruschi
allargamenti e contrazioni di sezione che causano grosse perdite di carico al gas che
tende a sfuggire. Questo sistema non assicura quindi una tenuta perfetta ma minimizza
le perdite; tuttavia, se non sono comunque ammesse perdite, si può inviare una
corrente di gas inerte nella zona centrale del labirinto in modo da impedire l’uscita del
gas di processo.

PROBLEMATICHE DI SICUREZZA DEI SISTEMI DI TUBAZIONI [6]


Generalmente, le fuoriuscite di prodotto da sistemi in pressione si verificano più
facilmente da tubazioni ed elementi di raccorderia che non da recipienti. A titolo di
esempio, la causa del disastro di Flixborough è stata una modifica ad una tubazione di
collegamento tra due reattori, del diametro di 28 pollici, con l’installazione di una
tubazione provvisoria da 20 pollici dotata di soffietti ad entrambe le estremità. Data la
pressione a cui lavorava la tubazione, questa, non essendo adeguatamente sostenuta,
si incurvò; inoltre i soffietti erano stati montati male, per cui vi fu una perdita di prodotto
che innescò l'incidente.
Le tubazioni vanno in primo luogo progettate in modo da poterne effettuare la
manutenzione facilmente: se si deve aprire una giunzione occorre lasciare un accesso
adeguato, ecc. Gli aspetti da tenere presente nella sicurezza delle tubazioni riguardano
il layout, i controlli di qualità, la costruzione, i supporti, le estremità cieche e il controllo
delle vibrazioni. Le cause principali di cedimenti sono:
• vibrazioni;
• corrosione esterna;
• supporti provvisori
• liquido bloccato all’interno;

84
• colpi d’ariete;
• cavitazione;
• onda di pressione.
Esistono codici di progettazione e normative specifiche di riferimento per le tubazioni
che lavorano in pressione, per i supporti, i giunti flangiati e le rispettive guarnizioni e i
soffietti o giunti per compensare le dilatazioni termiche.

Sistemi di tubazioni ad alta integrità


Quando le conseguenze della perdita di prodotto da un sistema di tubazioni possono
essere gravi occorre progettare un sistema ad alta integrità. Anzitutto occorre ridurre le
sollecitazioni a cui sarà sottoposta la tubazione e, in particolare, le fonti di vibrazioni e di
sollecitazioni cicliche. Vanno evitati giunti filettati, e va minimizzata la presenza di tutti
quegli elementi che possono cedere facilmente, quali giunti di espansione, raccordi
flessibili, spie visive, ecc. Se si usano giunti flangiati vanno previste guarnizioni
resistenti al fluido ed alla pressione da esso esercitata; le tenute delle valvole devono
essere doppie o protette. Occorre ridurre il numero e le dimensioni dei bocchelli e
proteggere le tubazioni da surriscaldamenti, soprattutto se dovuti ad incendi, utilizzando
isolanti a prova di fiamma o spray d’acqua. Nel caso si utilizzi un rivestimento
antifiamma occorre prestare attenzione alla possibile insorgenza di corrosione tra la
tubazione e il rivestimento. Occorre realizzare la tubazione in un materiale adatto a
resistere alla temperatura più bassa che si può raggiungere durante l’esercizio, anche
in condizioni anomale, come nel caso di una improvvisa depressurizzazione. Se il
prodotto che passa nel tubo può congelare, occorre fare attenzione alla sua possibile
espansione, ma anche alla possibile pressurizzazione della tubazione, se la
solidificazione blocca la sezione di passaggio: se si temono queste evenienze la
tubazione va riscaldata (“tracciata”) ad esempio avvolgendo a spirale su di essa una
tubazione di piccolo diametro in cui passa vapor d’acqua condensante. Occorre
prestare la medesima attenzione anche alle pompe, che devono resistere alla massima
pressione ipotizzabile nel sistema ed alle temperature estreme.
Occorre poi ripulire attentamente la tubazione da qualsiasi traccia di impurezze prima di
inviarvi il prodotto, per evitare che abbiano luogo reazioni indesiderate. È bene che la
tubazione possa essere svuotata completamente, sia dotata di drenaggi e sfiati e sia
priva di punti morti in cui il prodotto può ristagnare. Nel progettare i supporti di una
tubazione che trasporta un fluido corrosivo è meglio utilizzare un sostegno dal basso
che non dall’alto. I supporti delle tubazioni vanno anch’essi protetti dal fuoco, ove si
tema che ricadano in un’area critica. Il percorso delle tubazioni deve essere tale da
passare per aree protette lontano dalle strade e schermato da possibili impatti
accidentali. Inoltre, si deve anche fare in modo che l’eventuale fuoriuscita di prodotto da
una tubazione non vada a creare pericolo in altre parti dell’impianto e, in particolare,
non sia puntata nella direzione di recipienti e serbatoi.

Coibentazioni
Gli aspetti di sicurezza relativi alle coibentazioni riguardano la corrosione al di sotto
dell’isolante, l’autoriscaldamento all’interno dell’isolante, l’isolamento contro il fuoco e gli
effetti sul processo di difetti nella coibentazione.
I materiali isolanti sono scelti principalmente basandosi sulla bassa conduttività termica,
ma anche su altre caratteristiche, quali la resistenza al fuoco, la scarsa tendenza ad
assorbire liquidi, la resistenza meccanica, la facilità di applicazione e la resistenza ai
danneggiamenti. Materiali isolanti non combustibili sono il silicato di calcio, la perlite e la
85
vermiculite espansa, fibre minerali e fibre di vetro cellulari.
La tendenza ad assorbire liquidi è una proprietà importante sia per i suoi risvolti sulla
conduttività termica e sulla resistenza meccanica che per quelli relativi a peso,
possibilità di corrosione sotto l’isolante e autoriscaldamento dell’isolante stesso.
L’acqua può essere assorbita in caso di pioggia, presenza di acqua di lavaggio, perdite
di vapore, ecc. In presenza di acqua la conduttività termica può crescere anche di 20
volte; inoltre l’acqua può danneggiare l’isolante, ad esempio se ghiaccia e poi fonde,
può aumentare di molto il peso della coibentazione e può causare la corrosione al di
sotto dell’isolante. La corrosione si verifica preferenzialmente tra 60 e 80°C,
temperature a cui la reazione procede velocemente e l’acqua vaporizza poco. Ove si
tema la corrosione al di sotto della coibentazione, il recipiente o la tubazione vanno
protetti con vernici o rivestimenti.
Ci possono poi essere perdite di fluidi di processo o fluidi termici da flange, drenaggi o
prese campioni: alcuni liquidi possono reagire; altri, infiammabili, dar luogo
all’autoriscaldamento. Questo fenomeno consiste nell’innesco di un incendio di braci
quando la temperatura del substrato liquido-solido supera un certo valore. La
combustione è limitata dal lento trasferimento del calore dalla zona che sta bruciando
verso l’esterno e dal basso trasferimento di ossigeno dall’esterno verso questa zona. In
caso di rimozione dell’isolante, l’ossigeno diviene abbondante e l’incendio divampa. Per
evitare questo problema si possono utilizzare isolanti non porosi o geometrie che
sfavoriscano il fenomeno.
L’isolamento per la protezione in caso d’incendio va fornito mediante un materiale
resistente alle fiamme, che non deve bruciare o fondere né essere assorbente.
L’isolante deve essere protetto dalle condizioni atmosferiche avverse, e ciò
generalmente è effettuato con lamierini metallici, come acciaio zincato. L’acqua che
eventualmente entra tra l’isolante e la struttura protetta deve potere fuoriuscire
attraverso apposite aperture, come pure deve poter fuoriuscire il vapor d’acqua che si
può sviluppare quando l’isolante viene riscaldato.

Valvole
Nel progetto della tubazione si devono tener presenti le esigenze di manutenzione delle
valvole, compresa la necessità di utilizzare flange cieche. Va evitato che si possano
svitare per errore i bulloni delle parti che rimangono in pressione. Tra le varie tipologie
di valvole presenti sulla tubazione, quelle di maggior interesse a fini di protezione sono
le valvole di “non ritorno”, dette anche di ritegno o “check valves”, le valvole per
l’eccesso di flusso e quelle di isolamento in condizioni di emergenza.

Valvole di non ritorno


Le valvole di non ritorno (check valves) sono utilizzate per prevenire l’instaurarsi di un
flusso in direzione opposta a quella desiderata. Le situazioni in cui ciò potrebbe
verificarsi sono, ad esempio, il flusso da serbatoi di stoccaggio, da linee di sfiato, o da
linee di servizio verso l’impianto e il flusso in direzione errata da pompe o da reattori.
Le perdite da recipienti di stoccaggio o da linee di sfiato verso il processo si verificano
più facilmente in fase di fermata dell’impianto, a causa di valvole chiuse che perdono, e
possono avere gravi conseguenze. In questo caso le valvole di ritegno possono rivelarsi
poco efficaci, poiché i serbatoi possono lavorare a bassa pressione e i flussi sono molto
bassi o intermittenti. Il prodotto di processo può fluire indietro verso linee di servizio, con
esiti disastrosi: in questo caso va installata una valvola di non ritorno, eventualmente
accompagnata da allarmi o dispositivi di blocco in caso di pressione alta o bassa. Le

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valvole di non ritorno si installano pure sulla mandata delle pompe centrifughe per
evitare il flusso in senso inverso, che potrebbe disintegrare la girante e danneggiare il
motore. Occorre anche fare attenzione al dispositivo di blocco del senso di rotazione
della pompa.

Figura 62 [6]

Il flusso all’indietro di un reagente dal reattore nel tubo di alimentazione di un altro


reagente può originare un’esplosione: per evitare questa eventualità, si possono
installare valvole di non ritorno sulle tubazioni di alimentazione. In alcuni casi si devono
utilizzare disposizioni più complesse per evitare il flusso all’indietro, come quella
mostrata in figura 62 per l’alimentazione di ossido di etilene a un reattore. C’è una linea
di ricircolo attorno alla pompa, per evitare che si surriscaldi, e una valvola di ritegno
sulla mandata della pompa. Ci sono inoltre due dispositivi di blocco azionati da un
segnale di bassa portata o di bassa differenza di pressione che agiscono su due valvole
di blocco: la prima funge anche da valvola di regolazione, mentre l’altra è solo di blocco.
Seguono ulteriori due valvole di ritegno: a tale riguardo occorre tener presente che le
valvole di non ritorno non sono completamente affidabili e che si sono verificati casi in
cui il prodotto è fluito all’indietro attraversando non una ma parecchie di queste valvole
in serie.

Valvole di eccesso di flusso


Queste valvole sono pure installate con finalità di protezione ed intervengono quando la
portata sale improvvisamente a valori ben più alti di quelli operativi normali: l’azione
della valvola comincia di solito quando la portata supera del 50% il valore normale.
Queste valvole si utilizzano abitualmente sulle linee di riempimento, per bloccare il
flusso in caso di rottura di una manichetta di caricamento, e possono essere installate
all’interno dei serbatoi. Occorre prestare attenzione se l’efflusso è bifasico (miscela di
una fase liquida ed una gassosa – gas o vapore) poiché i metodi di calcolo e le sezioni
di passaggio richieste sono diversi.

Valvole di isolamento di emergenza


Le valvole di isolamento di emergenza si utilizzano negli impianti di processo per
prevenire la fuoriuscita di grosse quantità di prodotti tossici o infiammabili. I punti tipici
dove ciò può avvenire sono pompe, drenaggi e connessioni con manichette flessibili. Le
perdite dalle tenute delle pompe possono essere ingenti: in un caso, riportato da Kletz,
c’è stata una perdita di 3 t di etilene in un periodo di soli 20 minuti. Nel caso di

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drenaggio dell'acqua da serbatoi di idrocarburi l’operazione richiede un certo tempo, per
cui l’operatore può decidere di allontanarsi e occuparsi di altro: se c’è meno acqua di
quanto ci si aspetta o se l’operatore si dimentica di tornare a chiudere la valvola di
drenaggio ci possono essere grosse perdite di prodotto. Ciò accade anche se il flusso si
blocca, ad esempio per formazione di ghiaccio o di idrati. In alcuni casi la valvola può
bloccarsi in posizione aperta oppure l’operatore può sbloccarla ma non essere in grado
di avvicinarsi per chiuderla, date le caratteristiche del prodotto che fuoriesce. L’incidente
di Feyzin nel 1966 è iniziato per il blocco di una valvola di drenaggio di un serbatoio
sferico contenente propano, causato quasi certamente dalla formazione di ghiaccio.
Le valvole di isolamento si possono installare tra il punto di accumulo e quello da cui si
teme la perdita, tuttavia non si installano tra tutti i possibili punti di accumulo e tutti i
possibili punti di perdita, poiché la valvola stessa introduce un ulteriore elemento di
debolezza nella tubazione. L’effettiva installazione della valvola di isolamento dipende
dalla probabilità che si verifichi la perdita, dal quantitativo che potrebbe fuoriuscire e
dalla gravità dello scenario incidentale conseguente. Ad esempio, è bene installare una
valvola di isolamento di emergenza su una pompa che tratta etilene proveniente da un
accumulo di 10 t, che in passato ha provocato una perdita di prodotto seguita da
innesco, mentre ciò può essere superfluo su una pompa per nafta fredda proveniente
da un accumulo da 70 t da cui non si sono mai verificate perdite.
(a)
(b)

Figura 63 [6]

Una valvola di isolamento di emergenza può essere una valvola installata ex-novo
(figura 63a) oppure derivare dalla motorizzazione di una valvola pre-esistente, come
mostra la figura 63b. In questo caso, data la presenza di due pompe in parallelo, è
sufficiente installare una nuova valvola o, in alternativa, si devono motorizzare
entrambe le valvole esistenti. Occorre ricordare che, per la loro struttura, le valvole di
regolazione non garantiscono una chiusura perfetta, specie dopo un certo periodo di
funzionamento: tuttavia, in alcuni casi, il costo di installare una nuova valvola può non
essere giustificato. Le valvole sono generalmente del tipo aria-apre, ossia in assenza
dell’impulso di comando (sia esso elettrico, dovuto ad aria compressa o idraulico) la
valvola deve portarsi in posizione chiusa. Se la valvola è molto grande e occorre
comunque un comando per portarla in posizione chiusa, la linea che trasmette il
comando deve essere protetta in modo da resistere per almeno 15 minuti in caso di
incendio. Tipicamente una valvola di questo tipo impiega circa 1 minuto a chiudersi una
volta ricevuto il comando.
Una valvola di isolamento di emergenza deve poter essere manovrata in remoto,
possibilmente in sala controllo, e con l’operatore in posizione sicura. Vanno previsti due
interruttori, in posizioni diverse, ad almeno 10 m dalla valvola; anche gli interruttori di
blocco della pompa vanno posti nelle medesime locazioni. Se la valvola di isolamento di
emergenza è posta sull’aspirazione della pompa, va previsto un dispositivo automatico
di blocco sul motore della pompa quando la valvola si chiude, per evitare che la pompa
si bruci girando a secco.

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Colpo d’ariete
Quando si chiude rapidamente un valvola su una linea in cui passa del liquido, la
colonna liquida si deve arrestare in un tempo molto breve ed esercita una forza
notevole sulla valvola, nota come “colpo d’ariete”. L’effetto può essere molto distruttivo
e comportare la rottura della valvola o della linea. Il metodo più efficace per evitare il
colpo d’ariete è di limitare la velocità di chiusura della valvola. Transitori con formazione
di onde d’urto si hanno anche nei moti bifasici gas-liquido all’interno di tubazioni,
sempre in caso di chiusura improvvisa di valvole.

Macchine per fluidi


In generale l’affidabilità delle macchine per fluidi è piuttosto alta: tuttavia, in alcuni casi
si possono verificare gravi danni. Le tipiche problematiche di sicurezza saranno ora
esaminate per i vari tipi di macchine.

Pompe
La gran parte delle pompe degli impianti di processo sono centrifughe. Quando la
pompa sia di importanza critica per il processo, vengono previste una o più pompe di
riserva, oppure si utilizzano più pompe in parallelo che non lavorino a piena portata. Nel
caso in cui si preveda una pompa di riserva (in stand-by) bisogna assicurarsi che essa
possa essere avviata rapidamente e sia affidabile.
Le pompe centrifughe possono presentare problemi ai cuscinetti, alle tenute e danni
dovuti a condizioni operative anomale, come cavitazione, funzionamento a mandata
chiusa e marcia a secco. I guasti più frequenti di una pompa centrifuga riguardano i
cuscinetti e le tenute: per evitare problemi alle tenute si possono utilizzare tenute
meccaniche, singole o doppie, o pompe prive di tenute meccaniche. In queste ultime,
che sono più costose, il rotore e lo statore sono compresi in un involucro ed il fluido di
processo passa dove c’è normalmente un interstizio.
Le pompe si possono danneggiare facilmente in caso di condizioni operative anomale.
La cavitazione si verifica quando il liquido è prossimo all’ebollizione, forma bolle di
vapore che collassano sulla girante a causa dell’aumento di pressione, danneggiando la
girante stessa. Per evitare la cavitazione va fornito un battente adeguato, riducendo le
perdite di carico sull’aspirazione, oppure si può realizzare un by-pass.
Il funzionamento a mandata chiusa (e talvolta a mandata e aspirazione chiuse) può
provocare pericolosi innalzamenti di temperature e pressione. Le contromisure
riguardano le procedure operative, l’adozione di sistemi di blocco o di un by-pass. In
generale, tuttavia, le pompe centrifughe non richiedono by-pass, e la sua installazione
va valutata caso per caso. La pompa può marciare a secco in caso di mancanza di
liquido nel recipiente di alimentazione e, in tal caso, si può danneggiare rapidamente.
Le pompe volumetriche sono meno utilizzate di quelle centrifughe e si adottano
principalmente per portate basse ed elevate prevalenze. Le mandate delle pompe
volumetriche vanno protette dalla sovrapressione installando una valvola di sicurezza,
che scarica direttamente nella tubazione di aspirazione.

Compressori
I compressori utilizzati nell’industria di processo comprendono macchine volumetriche
(alternative e rotative) e centrifughe. Anche nel campo delle pressioni elevate, in cui si
utilizzavano compressori alternativi, ci si va ora orientando verso macchine centrifughe,

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spesso grandi e complesse.
Gli aspetti principali di sicurezza da tenere presenti sono legati alla lubrificazione, che
deve essere efficiente e ben progettata, ed alla protezione nei confronti della pressione,
della temperatura e delle vibrazioni, con installazione di allarmi e dispositivi di blocco.
Deve inoltre essere possibile “isolare” il compressore agendo su valvole di blocco,
montate in serie con interposta un valvola di spurgo, ed introdurre un gas di “purga”.
L’evento più pericoloso che si può presentare in un compressore è l’ingresso di un
pistone di liquido, i cui effetti sono comparabili all’arrivo di un pezzo di metallo nella
macchina: occorre quindi fare in modo che questa evenienza non possa verificarsi.
Intorno al compressore va mantenuta una buona pulizia, evitando la presenza di tracce
d’olio e acqua. Gli operatori, inoltre, devono prestare attenzione a qualunque differenza
di rumorosità, che potrebbe essere indice di malfunzionamento. La manutenzione deve
essere pure effettuata con cura.
I problemi specifici dei compressori centrifughi riguardano il cedimento del rotore,
dell’albero o dei cuscinetti, le vibrazioni ed il fenomeno del “pompaggio”. I rotori, come
pure gli alberi possono presentare cricche o soffrire di infragilimento o deposizione di
detriti; inoltre il rotore può danneggiarsi se ruota sbilanciato. In caso di mancato
allineamento delle parti ci possono essere vibrazioni e danni ai cuscinetti; le vibrazioni
possono anche originare dalle tubazioni collegate al compressore. Il pompaggio può
causare gravi danni: questo fenomeno si verifica quando la macchina lavora con portata
troppo bassa e dà luogo a cambiamenti di portata rapidi e violenti e a vibrazioni. Il
pompaggio viene prevenuto da un sistema di controllo automatico che rilevi il verificarsi
di condizioni prossime al pompaggio ed effettui il by-pass di parte del gas dalla mandata
all’aspirazione del compressore.
I compressori alternativi possono presentare problemi specifici dovuti a perdite dalle
valvole, danni e perdita di tenuta tra cilindro e pistone, perdite alle guarnizioni e rottura
della parte terminale dell’albero. Le perdite da valvole sono relativamente frequenti:
esse sono segnalate da aumenti di temperatura e variazioni di pressione. Occorre pure
fare attenzione a non collegare una valvola di aspirazione sulla mandata, e viceversa,
possibilmente prevedendo valvole che non sia possibile montare in modo errato. Nelle
macchine utilizzate per comprimere l’aria occorre prestare attenzione all’olio di
lubrificazione, poichè, ad alta temperatura, si possono verificare esplosioni.

Incidenti in sistemi di tubazioni


Gli incidenti che riguardano sistemi di tubazioni si verificano abbastanza
frequentemente e possono avere gravi conseguenze, come mostrato nei casi già citati
di Flixborough e Feyzin.
Il blocco in posizione aperta della valvola di una tubazione di drenaggio dell’acqua da
un serbatoio di propano è stata anche la causa di un incidente verificatosi nello
stabilimento di Priolo nel 1979. Il propano, innescatosi in altra parte dell’impianto, ha
dato luogo ad un incendio iniziale, a cui è seguita l’esplosione BLEVE e il successivo
fireball da un serbatoio di accumulo di propilene. Vi fu un morto e danni gravissimi, con
crollo di alcune colonne di distillazione e l’incendio di due serbatoi di benzolo, causato
da un jet fire da una tubazione lesionata.
Un altro grave incidente, con 6 morti, si verificò nel 1977 a Cassino durante il travaso di
GPL liquido da un rimorchio ad un serbatoio fisso. La manichetta si ruppe
improvvisamente, forse per una pressurizzazione causata dall’ingresso di liquido nella
linea di un compressore, a sua volta dovuto a sovrariempimento del recipiente. La
perdita trovò l’innesco nel motore di una pompa e l’incendio causò l’esplosione BLEVE

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del serbatoio della cisterna rimorchio.
Si sono pure verificati vari incidenti nelle macchine che trattano fluidi. A titolo di esempio
si può citare quello verificatosi a Falconara nel 1980, provocato dall’ingresso
accidentale di una miscela esplosiva in un compressore, poi innescata per effetto della
pressione e della temperatura. Si verificò uno scoppio, a seguito del quale si innescò la
nube infiammabile, parte della quale era stata aspirata in precedenza dal compressore,
e l’incendio si propagò ad un serbatoio a tetto galleggiante contenente virgin nafta,
causando un morto e ustionando altre due persone.

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