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Nel 130 a.C. venne emanata la Lex Aebutia che cominciò a smantellare la procedura
del processo per legis actiones ma questa venne completamente soppiantata nel 17
a.C con la Lex iulia iudiciorum privatorum che inoltre, legalizzò il processo per formule.
• Le praescriptiones pro reo erano delle clausole che il pretore faceva inserire
all'inizio della formula e fungevano da accertamento preliminare dei fatti addotti
dal convenuto: se questi risultavano veri, il processo non proseguiva. Questa
clausola serviva in difesa del convenuto infatti, il giudice era tenuto a
considerare qualunque fatto o circostanza che venisse da egli allegata. La
clausola cadde presto in disuso a favore delle exceptiones.
• L'exceptio era una clausola che il convenuto faceva inserire nella formula dopo
l'intentio e prima della condemnatio, per negare ciò che era dichiarato
dell'attore.
L'editto conteneva diverse exceptiones ma quella più frequente era l'exceptio
doli in cui "dolo" era inteso come qualunque comportamento contrario alla
buona fede. Nei giudizi di buona fede, il convenuto non aveva bisogno di inserire
l'exceptio doli perché il giudice doveva tenere conto del dolo dell'attore allegato
del convenuto, dovendo giudicare secondo buona fede. Nonostante le numerose
exceptiones presenti nell'editto, i magistrati potevano concederne di nuove,
modellate a seconda della situazione (exceptio in factum).
Le exceptiones solevano distinguersi in:
• Peremptoriae → erano sempre proponibili e rendevano perpetuamente
infondata l'azione.
• Dilatoriae → erano proponibili per un lasso di tempo limitato o solo in
determinate circostanze e miravano a far rinviare l'esercizio dell'azione. Se
l'attore proseguiva l'azione fino alla litis contestatio e l'exceptio risultava
fondata, perdeva definitivamente la lite e il convenuto veniva definitivamente
liberato.
• Temporales
• La praescriptio pro actore era una clausola che fu escogitata dai giuristi per
agevolare l'attore ed era usata nelle intcertae formulae in funzione di
completare la demonstratio, specificando ulteriormente l'oggetto del processo.
• La restitutio arbitratu iulicis era una clausola arbitraria inserita prima della
condanna dal giudice quando aveva accertato se la situazione giuridica
dell'attore sussisteva, per indurre il convenuto alla restitutio, preservandolo
dalla condanna.
Se la restitutio era divenuta impossibile per cause non imputabili al convenuto,
questi era condannato; se invece era possibile e il convenuto non adempiva
oppure era divenuta impossibile per cause imputabili al convenuto, il giudice
permetteva all'attore di determinare l'ammontare della condanna mediante il ius
iurandum in litem. In quest'ultimo caso, il giudice era solito a stabilire un limite
(taxatio) entro il quale l'attore poteva condannare all'aestimatio.
• La fictio era una clausola che obbligava il giudice a considerare un fatto, una
situazione o una circostanza che in realtà non sussistevano, necessari a rendere
fondata un'azione. La fictio si presentava come una proposizione ipotetica che
condizionava l'intentio se (a seconda della situazione descritta) il fatto
ipotizzato fosse o non fosse avvenuto.
1. La postulatio actionis
Le parti si presentavano davanti al magistrato e l'attore poteva eventualmente
rinnovare la sua editio acionis in funzione di dichiarare la sua pretesa e come
intimazione ad accettare la formula edita per base del giudizio e oggetto della litis
contestatio. L'attore rivolgeva al magistrato la postulatio actionis: chiedeva di
concedergli l'azione che stava intentando e di approvare la formula indicata
nell'editto actionis.
1. Il dibattimento in iure
Le parti svolgevano un dibattito sotto la guida del magistrato che valutava gli
elementi della causa (causae cognitio) per stabilire se l'azione fosse da
denegare, perché infondata, o avesse effetti iniqui o anche se concedere
un'azione ex decreto non corrispondente agli schemi presenti nell'editto. Il
magistrato doveva dunque valutare la postulatio actionis dell'attore e l'eventuale
postulatio del convenuto e le altre volte a correggere la formula.
Le parti dovevano inoltre fornire delle garanzie (satisdationes) sul loro
comportamento durante il processo e/o dopo la sentenza.
1. Il iudicium dare
Si procedeva alla stesura della formula e il magistrato nominava un giudice o i
recuperatores (questi ultimi erano assegnati per i processi aventi maggiore
importanza pubblica).
Il magistrato decretava con il iudicium dare l'autorizzazione allo svolgimento del
processo con l'approvazione della formula dell'attore o quella che ritenesse più
opportuna per far valere la situazione giuridica dell'attore oppure negava il
proseguimento con la denegatio actionis.
1. La litis contestatio
Le parti ponevano in essere un negozio in cui l'attore proponeva al convenuto la
formula approvata dal magistrato (dictae iudicium) e egli l'accettava (accipere).
Con questo atto, veniva manifestata la volontà delle parti e la formula diveniva
operante così da conferire al giudice o recuperatores nominati il potere e il dovere
(munus) di giudicare - si parla di un decreto del magistrato (iudicare iubere) che
ordinava al giudice di giudicare.
Gli effetti della litis contestatio:
Effetto processuale (rem iudicium deducere) → i termini della
controversi venivano sottoposti al giudice e fissati in modo non più
modificabile
Effetto conservativo → tutti gli eventi modificativi del rapporto sostanziale
tra le parti avvenuti in seguito alla litis contestatio, non potevano essere
considerati
1. La comperendinatio
Per una certo tempo, la seconda fase del processo cominciava con
un'intimidazione a comparire dinanzi al giudice il dopodomani. Se si presentava
una sola parte, il processo proseguiva ma il giudice doveva pronunciare la
sentenza in favore della parte presente.
1. La sentenza
La sentenza era pronunziata dal giudice o dai recuperatores (a seconda del
processo). Se il giudice era indeciso poteva giurare sibi non liquere (che la causa
non gli era chiara) e farsi sostituire. Se uno dei recuperatores faceva il
giramento, valeva la decisione degli altri o della maggioranza. Nel caso in cui non
si raggiungeva la maggioranza si dispose che prevalesse la decisione in favore
della libertà o favorevole al convenuto.
La sentenza dichiarava la fondatezza o l'infondatezza dell'intentio e il provvedimento
di condemnatio o absolutio e produceva la res iudicata. Gli effetti della sentenza:
• La pronuncia era la decisione definitiva della controversia (auctoritas rei
iudicatae)
• Nel iudicium legitimum di produceva l'obligatio iudicati che si faceva valere con
l'actio iudicati esperibile solo dopo 30 giorni dopo la pronuncia della sentenza
• Nel iudicium imperio continens si produceva un vincolo di natura onorario con
una portata analoga a quella di un'obbligazione che si faceva valere con
un'actio in factum