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1) La Tutela dell'Ambiente
2) La Funzione Amministrativa
3) Rapporto Stato e Regione – (Riforma Titolo V)
4) Tutela paesaggistica - (Legge Galasso 1985)
5) Ministero dell’Ambiente - (Legge 349/1986)
Il Danno Ambientale
6) Le Aree Naturali Protette (ENTI)
6.1) (Legge394/1991)
7) I Rifiuti - (Decreto Ronchi) - (SISTRI)
8) V.I.A.
9) Gli Idrocarburi
10) Le Fonti del Diritto
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La tutela dell’ambiente
L’AMBIENTE COSTITUISCE UN BENE GIURIDICO UNITARIO DI VALORE COSTITUZIONALE PRIMARIO
L’evoluzione della giurisprudenza costituzionale con il confronto di numerose pronunce della corte costituzionale ha
definito la “Materia Ambiente” come tale capace di considerare :
Questa disciplina unitaria fa riferimento ad un interesse pubblico di valore costituzionale primario ed assoluto, e deve
garantire un elevato livello di tutela , come tale inderogabile dalle altre discipline di settore. (Corte Cost., sentenza n.
151 del 1986 e n. 641 del 1987)
Nonostante ciò la Costituzione non menziona l’ambiente fra i principi fondamentali e fra i diritti dei cittadini.
tranne che nell’art.9, comma 2 e art.32 Cost
Art. 9
La repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.
Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.
Art. 32
La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure
gratuite agli indigenti… … …
L’interpretazione evolutiva a riguardo ha decretato che la “TUTELA DEL PAESAGGIO” (art.9) deve essere intesa nel
senso lato di tutela ecologica, dunque anche come “interesse alla conservazione dell’ambiente”.
Mentre la “TUTELA DELLA SALUTE” (art. 32) vale come “tutela dell’ambiente in cui l’uomo vive”.
Ed è proprio in ragione di una lettura congiunta dei 2 art che la Consulta afferma la concezione “Unitaria”
dell’ambiente, che comprende : La conservazione, la razionale gestione ed il miglioramento delle condizioni naturali
(aria, acque, suolo e territorio in tutte le sue componenti), l’esistenza e la preservazione dei patrimoni genetici
terrestri e marini, di tutte le specie animali e vegetali che in essi vivono allo stato naturale ed in definitiva la
persone umana in tutte le sue estrinsecazioni. (Cort Cost, 22 Magg 1987, n°210)
Ciò ha delle ricadute sulla competenza legislativa tra Stato e Regioni nella “Materia ambiente”
A seguito della riforma del Titolo V della Parte II della costituzione, L’ambiente ha per la prima volta una menzione
nella Carta Fondamentale, in particolare :
Art. 117
Comma 2, ove si prevede la potestà legislativa esclusiva statale in materia di “Tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e
dei beni Culturali"
Comma 3, si stabilisce la competenza fra Stato e Regione, con riguardo alla “Valorizzazione dei beni culturali e
ambientali”.
Si parla dell’ambiente come “Materia Trasversale” nel senso che ci sono diversi interessi a riguardo:
<< conservazione e utilizzo dell’ambiente >>
In tali circostanze La disciplina unitaria di tutela del bene complessivo ambiente dettata dallo Stato, prevale su quella
dettata dalle Regioni o dalle Province autonome.
Lo stato ha il potere di fissare gli standard minimi ed uniformi di tutela dell’ambiente sull’intero territorio nazionale.
Questo,tuttavia, non esclude la possibilità che le regioni prevedano una tutela più rigorosa rispetto a quella statale
rispetto a (Governo del territorio, agricoltura, caccia, pesca, tutela della salute, grandi reti di trasporto, protezione
civile ecc…).
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Funzione Amministrativa
Legge 241/1990 "Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai
documenti amministrativi"
Questa Legge disciplina i procedimenti e i provvedimenti amm., in particolar modo questa legge a
profondamente rinnovato ed innovato il rapporto tra i cittadini e la p.a. trasformandolo da un rapporto di
tipo autoritativo ad un rapporto paritario-collaborativo.
• Diritto di accesso : Ai cittadini viene data la possibilità di accedere agli atti pubblicati dalla P.A.
PROCEDIMENTI AMMINISTRATIVI
La P.A. è un singolo ente pubblico facente parte della P.A. che svolge una determinata funzione
pubblica per il perseguimento di un certo interesse pubblico (es. l’università è un’amministrazione
pubblica e la sua funzione è quella di perseguire la Ricerca e la Didattica).
L’amministrazione Pubblica parla attraverso degli atti scritti che sono la sua manifestazione di volontà..
In generale, si può dire che l’amministrazione pubblica svolge la propria funzione pubblica seguendo dei
“procedimenti amministrativi”.
Tutte le funzioni pubbliche si dicono PROCEDIMENTALIZZATE, ovvero sono svolte mediante un
procedimento. (iter)(una sequenza ordinata di atti scritti, finalizzata all’emanazione di un atto finale,
ovvero un provvedimento amm. mediante il quale, l’amministrazione pubblica manifesta la propria
volontà).
Con la legge costituzionale n° 3 del 18 ottobre 2001 è stato completamente riformato il Capo V, parte seconda della
Costituzione italiana, recante norme sulle Regioni, le Province e i Comuni.
La riforma assume un carattere essenziale in quanto giunge a conclusione di un lungo cammino verso il decentramento
amministrativo e legislativo avviato con la Legge n° 59 del 1997 (Legge Bassanini).
Il nuovo testo istituzionale, infatti, opera una nuova e diversa ripartizione delle competenze normative tra Stato, Regioni ed Enti
locali, promovendo un modello meno verticistico e centralizzato, in favore di una maggiore apertura a diversi soggetti nel
processo di elaborazione delle politiche, così da garantire una partecipazione più ampia delle istituzioni e dei cittadini, alla
definizione e presentazione di tali politiche.
Citando un passo del (Libro Bianco sulla Governance), questo modello incoraggia ad una maggiore apertura e
responsabilizzazione di tutte le parti in causa, e rappresenta un presupposto indispensabile per rendere le politiche
più efficaci e più adeguate ai bisogni di un dato contesto.
La riforma costituzionale, riconosce alle Regioni e agli Enti locali la potestà legislativa concorrente con quello dello Stato, per
poter progettare e implementare delle nuove e più efficaci soluzioni di politica attiva del lavoro.
In modo particolare le competenze in materia di lavoro, formazione professionale e istruzione risultano totalmente ridisegnate.
Mentre resta di competenza esclusiva dello Stato la determinazione degli ordinamenti programmatici e legislativi nazionali.
Ciò significa che, comunque, le Regioni in virtù della riforma costituzionale, potranno concludere, nelle materie di loro
competenza, accordi con Stati ed intese con enti territoriali interni ad un altro Stato.
Si tratta, dunque, di importanti novità sia a livello politico-istituzionale sia a livello culturale.
Pur nel rispetto del principio secondo il quale, in materie di competenza concorrente, spetta allo Stato il compito di dettare
con legge i principi fondamentali, l'affidamento alle Regioni della piena responsabilità di legiferare in tali materie rappresenta
una potenzialità enorme per
migliorare le possibilità occupazionali nel nostro Paese.
Il principio di sussidiarietà, infatti, al quale si ispira l'intera riforma del titolo V, e che aumenta l'autonomia in capo alle
amministrazioni locali, può favorire l'implementazione di interventi di politica attiva mirati alle singole realtà regionali e/o
provinciali.
Una riforma costituzionale siffatta, dunque, permette di governare e di valorizzare al meglio le diversità territoriali del nostro
Paese
In particolare , ora , secondo il nuovo art. 114 “ La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città
metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato.
I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i
principi fissati dalla Costituzione.
Roma è la capitale della Repubblica. La legge dello Stato disciplina il suo ordinamento.”
I punti piu’ importanti della riforma costituzionale possono essere cosi sintetizzati :
Le funzioni amministrative, organizzative e finanziarie degli enti locali sono state anch’esse ampliate con l’attribuzione
, a questi enti, di maggiori poteri, autonomie e responsabilita’ ;
E’ stato introdotto il cd.”federalismo fiscale” poiche’ art. 119 afferma che “I Comuni, le Province, le Città metropolitane
e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa”.
Gli enti locali possono dunque stabilire e applicare tributi propri e sono chiamati a compartecipare al gettito di tributi
erariali riferibili al loro territorio.
E’ tuttavia previsto che sia introdotto un fondo perequativo , ossia finalizzato a riequilibrare le differenze tra regioni, per
le zone più svantaggiate.
Allo Stato e’ comunque attribuito il compito di rimuovere gli squilibri sociali ed economici, destinando risorse aggiuntive
in favore di determinati enti locali;
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Infine, i rapporti tra stato e enti locali risultato ridistribuiti anche mediante un minore potere di controllo sulle regioni
da parte dello Stato e l’ampliamento dei poteri di intervento normativi delle regioni in alcuni settori fondamentali , come
tutela ambientale e istruzione .
Le modifiche costituzionali del 2001 sono state sottoposte a referendum confermativo e i cittadini italiani hanno espresso la
loro volonta’ a favore dell’introduzione di questa rilevante riforma il 7 ottobre 2001.
Le Regioni. Alle Regioni è stata riconosciuta l’autonomia legislativa, ovvero la potestà di dettare
norme di rango primario, articolata sui 3 livelli di competenza: esclusiva o piena (le Regioni sono
equiparate allo Stato nella facoltà di legiferare); concorrente o ripartita (le Regioni legiferano con
leggi vincolate al rispetto dei principi fondamentali, dettati in singole materie, dalle leggi dello
Stato); di attuazione delle leggi dello Stato (le Regioni legiferano nel rispetto sia dei principi sia
delle disposizioni di dettaglio contenute nelle leggi statali, adattandole alle esigenze locali).
Lo Stato. Allo Stato compete solo un potere esclusivo e pieno, circoscritto alle materie di cui
all’elenco del 2° co. dell’art. 117 della Costituzione. Il 3° co. dell’art. 117 Cost. individua i casi di
potestà legislativa concorrente tra lo Stato e le Regioni. Per tutte le altre materie, non indicate e
non rientranti in quelle indicate nel 2° e 3° co. dell’art.117 Cost., le Regioni hanno potestà
legislativa piena.
I Comuni. Sono enti territoriali di base, con autonomia statutaria, organizzativa, amministrativa,
impositiva e finanziaria. Essi rappresentano, curano e promuovono lo sviluppo della comunità
locale e sono i principali destinatari delle funzioni amministrative, in quanto più vicini al cittadino
e ritenuti più idonei a esercitare i compiti amministrativi (municipalismo d’esecuzione).
Le Province. Sono enti intermedi tra i Comuni e le Regioni, rappresentativi di proprie comunità,
con funzioni di cura degli interessi, ma anche di programmazione delle attività delle comunità
locali che rientrano nel proprio territorio.
Le Città metropolitane. Sono tipi speciali di Province, con poteri notevolmente più ampi e molto
vicini a quelli comunali, soprattutto in ambito urbanistico. Sono istituite, su iniziativa dei Comuni
interessati, in aree metropolitane individuate nelle zone comprendenti i Comuni di Torino,
Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Bari, Napoli, Reggio Calabria, Cagliari,
Catania, Messina, Palermo, Trieste. Con la costituzione della Città metropolitana, la città originaria
cessa di esistere.
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Forme di collaborazione e di coordinamento con altri enti
L’accresciuta importanza delle Regioni e l’estendersi delle competenze loro attribuite in seguito alla riforma costituzionale del
Titolo V, Parte II, della Carta costituzionale, avvenuta nel 2001, comportano inevitabilmente l’esigenza di creare delle forme
di collaborazione e di coordinamento con altri enti con cui devono necessariamente «dialogare» per esercitare al meglio le
loro attribuzioni.
La necessità di tale coordinamento nasce in primo luogo dalla posizione stessa della Regione, ente che si colloca in una
posizione intermedia tra gli altri enti locali e lo Stato; è in primo luogo, quindi, con questi soggetti che devono essere
istituite e portate avanti forme di collaborazione e di coordinamento.
La riforma costituzionale del 2001 ha valorizzato il ruolo delle Regioni sulla scena internazionale, attribuendo una
significativa potestà estera.
L’art. 118, comma 3, della Costituzione prevede, anzi, esplicitamente forme di coordinamento fra lo Stato e le Regioni in
settori particolari che sono di esclusiva competenza statale: l’immigrazione e l’ordine pubblico e la sicurezza.
(Si tratta di materie che presentano problematiche differenziate da una realtà territoriale all’altra e che, quindi, impongono
interventi diversi da parte delle autorità centrali.)
La conferenza Stato-Regioni
La Conferenza permanente Stato-Regioni e Province autonome è un organo collegiale, istituito nel 1988 nel quale sono
presenti lo Stato e le Regioni, sia a Statuto ordinario che a Statuto speciale, nonché le Province autonome di Trento e di
Bolzano.
Ha compiti di consultazione, informazione, raccordo e concertazione sulle materie e sulle attività politico-
amministrative regionali.
Il Presidente può decidere di invitare anche rappresentanti di amministrazioni centrali dello Stato e di enti pubblici (cd.
composizione flessibile).
Essa è inoltre chiamata a svolgere un ruolo importante per quanto riguarda la partecipazione degli enti locali alla formazione
degli atti normativi dell’Unione europea.
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La Conferenza unificata
La Conferenza unificata è stata istituita dal D.Lgs. 281/1997, per la trattazione delle «materie ed i compiti di interesse
comune delle Regioni, delle Province e dei Comuni».
È, infatti, previsto che il Governo possa sostituirsi a organi delle Regioni (nonché delle Città metropolitane, delle Province e
dei Comuni) qualora ricorrano i seguenti presupposti:
— nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria;
— ovvero quando lo richiedono la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica e in particolare la tutela dei livelli
essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali.
L’art. 8 della L. 131/2003 disciplina la procedura generale per l’esercizio del potere sostitutivo dello Stato, nonché la
procedura da applicarsi in caso di inadempimento delle Regioni rispetto alla normativa comunitaria.
Nello svolgere tali compiti, il Prefetto si avvale delle strutture e del personale dell’Ufficio territoriale del Governo.
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Art. 114 è stato interamente riscritto si compone di tre commi, prima la repubblica si ripartiva in regioni provincie e
comuni, oggi il
Comma 1 stabilisce che la “repubblica è costituita da comuni provincie città metropolitane, regioni e stato”.
Tale modifica mette in evidenza che i vari enti sono organi essenziali della repubblica.
Gli organi sono elencati in ordine crescente e tale modo ascendente è espressione del principio di sussidiarietà
(verticale) implica che le decisioni devono essere adottate dal soggetto istituzionale più vicino ai cittadini, a patto che
tale soggetto svolga l’attività in maniera efficiente e efficace.
Comma 2 questo comma esiste perché è stato abrogato l’art. 115, tale comma conferma il principio di sussidiarietà
e di gradualità degli enti e ne sottolinea la loro autonomia.
Comma 3 è un comma anomalo in quanto costituzionalizza la capitale della nazione:”roma è la capitale della
repubblica. La legge dello stato disciplina il suo ordinamento”.
Art. 117 (pilastro della riforma) riguarda la potestà legislativa, è stato completamente riscritto, prima si componeva di due
commi, conteneva un’elencazione tassativa delle materie in cui le regioni potevano legiferare, nei limiti dei principi
fondamentali.
Il nuovo art. si compone di 9 commi, e contiene un elenco tassativo delle materie di competenza dello stato, perché la
potestà legislativa generale è delle regioni.
Comma 1 l’art. si apre proclamando pari dignità, concernente la potestà legislativa tra stato e regioni, sono inoltre
elencati i limiti alla potestà legislativa sia dello stato che delle regioni.
Comma 2, elenco tassativo delle materie in cui lo stato ha legislazione esclusiva (politica estera, immigrazione,
ordine pubblico, difesa..).
Comma 3 potestà legislativa concorrente: lo stato fissa in principi fondamentali e rinvia alla legislazione regionale
le norme specifiche nelle seguenti materie: tutela del lavoro, sanità, protezione civile..
Comma 4 spetta alle regioni la potestà legislativa generale, salvo le materie in cui lo stato ha legislazione esclusiva,
e quelle in cui le regioni hanno potestà legislativa concorrenti.
Comma 5 e 9 trattano il tema dell’internazionalizzazione delle regioni, queste infatti possono concludere accordi
con stati, intese con enti locali intereni ad un altro stato.
Comma 6 parallelismo tra potestà regolamentare e potestà legislativa, cioè lo stato ha la potestà regolamentare,
nelle materie in cui ha la potestà legislativa esclusiva riservando alle regioni il potere regolamentare, in tutte le altre
materie.
Comma 7 è un comma anomalo, riguarda la piena parità tra uomini e donne, nella vita sociale culturale ed
economica.
Art. 119 Autonomia finanziaria delle regioni. Si può intendere in 2 diverse accezioni:
1) in autonomia d’entrata, cioè l’ente può scegliere i mezzi necessari per far fronte alle proprie necessità
amministrative; 2) autonomia di spesa l’ente ha la libertà di scegliere i modi e gli strumenti attraverso i quali gestire il
proprio reddito e quindi spendere. L’ente dotato di autonomia finanziaria, è un ente che impone tributi e che spende in
modo autonomo il gettito fiscale.
Il vecchio testo dell’art. 119 riconosceva autonomia finanziaria solo alle regioni, autonomia però solo in termini di
spazio (le regioni non godevano di autonomia di entrata). ----------------
In tema di autonomia finanziaria, il decreto legislativo 56 del 2000 introdusse per la prima volta in italia, delle regole
in tema di federalismo fiscale introducendo regole volte ad ampliare l’autonomia finanziaria delle regioni e di renderla
maggiormente autonoma e svincolata dallo stato. L’articolo 119 prevede che le regioni e gli enti locali hanno risorse
autonome, questi stabiliscono e applicano tributi propri ed entrate proprie; sono inoltre previste risorse aggiuntive ed
interventi speciali da parte dello stato per scopi determinati
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Art. 118 trasferimento della funzione amministrativa a provincie e comuni: il vecchio affermava che le funzioni
amministrative spettano alle regioni per le materie di loro competenza e quindi qui abbiamo un parallelismo tra
funzione amministrativa e legislativa. L’art. inoltre prevedeva che lo stato potesse delegare alle regioni l’esercizio di
altre funzioni amministrativa che a loro volta anche le regioni potessero delegare le proprie funzioni amministrativa alle
provincie, ai comuni o ad altri enti locali.
Il nuovo considera nel :
Comma 1: la funzione amministrativa che è attribuita ai comuni salvo che, per assicurare l’esercizio unitario siano
conferite a provincie città metropolitane, regioni e stato sulla base di requisiti di sussidiarietà, differenziazione e
adeguatezza quindi qui viene meno il parallelismo.
Il principio di sussidiarietà ha due profili: uno verticale, dove le decisioni devono essere effettuate dal soggetto
istituzionale più vicino al cittadino; in senso orizzontale dove si ritiene che si debba promuovere l’iniziativa dei privati,
perché lo stato interverrà sussidiariamente ad aiutare i cittadini ove questo non siano in grado di operare. Principio di
differenziazione ed adeguatezza, le funzioni amministrative devono essere svolte in maniera diversa in base alle
differenze storiche, artistiche, culturali. La riforma del titolo V tende dunque ad accentuare l’autonomia delle regioni
anche nella logica che tutte le regioni sono sempre state e sono diverse.
Art. 11 della legge costituzionale 3/2001 chiude la riforma del titolo V si tratta di un art. transitorio in quanto vi è la presa
d’atto della consapevolezza della necessità che si metta mano ad un’altra parte della costituzione.
Si compone di due commi.
Comma 1 l’obbiettivo immediato è quello di modificare il nostro sistema bicamerale in quanto si vuole transitare
verso un sistema con la maggiore presenza delle regioni. Questo comma stabilisce infatti che i regolamenti parlamentari
possano prevedere la partecipazione dei rappresentanti delle regioni, delle provincie autonome e degli enti locali alla
CPQR.
Comma 2 quando un progetto di legge riguardante le materie in regime di competenza legislativa concorrente,
ovvero relativo all’autonomia finanziaria di entrate e di spesa, contengono disposizioni sulle quali la CPQR abbia
espresso parere contrario o favorevole condizionato all’introduzione di modificazioni specificamente formulate. Queste
parti del progetto possono essere approvate solo se l’assemblea delibera con maggioranza assoluta.
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Riforma del Titolo V (maggio 2016)
Dopo un lungo iter legislativo, il 12 aprile 2016 è stato approvato dal Parlamento a maggioranza assoluta, ma inferiore ai due
terzi dei membri di ciascuna
Camera, il testo definitivo della Legge costituzionale recante: "Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la
riduzione del numero dei
parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V
della parte seconda della
Costituzione".
Il testo è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 88 del 15 aprile 2016.
Entro tre mesi dalla pubblicazione, un quinto dei membri di una Camera, o cinquecentomila elettori, o cinque Consigli
regionali possono richiedere che si proceda al referendum
popolare.
Con Ordinanza 4 agosto 2016 la Corte di Cassazione ha dichiarato legittima la richiesta di referendum popolare confermativo,
che avrà luogo il 4 dicembre 2016, come da
Comunicato della Presidenza del Consiglio dei Ministri n. 132/2016. Il testo del quesito referendario è stato pubblicato con
Decreto del Presidente della Repubblica 27 settembre
2016. (G.U. n. 227 del 28/09/2016). Il referendum confermativo del 4 dicembre 2016 non ha approvato il processo di riforma
costituzionale.
La riforma dispone il superamento dell'attuale sistema di bicameralismo paritario e la contestuale trasformazione del Senato in
organo di rappresentanza delle istituzioni
territoriali; introduce modifiche alla disciplina del procedimento legislativo e interviene sul Titolo V della Parte seconda della
Costituzione, eliminando la competenza legislativa
concorrente e sopprimendo ogni riferimento alle province nella Costituzione; dispone inoltre la soppressione del CNEL.
Il Titolo V parte seconda della Costituzione (articoli da 114 al 133) regola i rapporti tra lo Stato e gli enti locali (Regioni, città
metropolitane e comuni).
L’attuale riforma, eliminando la competenza legislativa concorrente delle Regioni, e sopprimendo ogni riferimento alle
province nel testo costituzionale, incide profondamente
sull’assetto istituzionale della nostra Repubblica.
Queste le principali modifiche apportate ai singoli articoli:
Art. 114 Sono soppressi i riferimenti costituzionali relativi alle province, quali enti costitutivi della Repubblica.
Art. 116 L’articolo in questione disciplina il c.d. “regionalismo differenziato”. In particolare viene ridefinito l'ambito delle
materie nelle quali possono essere attribuite particolari forme di
autonomia alle Regioni, e ai fini dell’attribuzione, viene introdotta la necessaria condizione di equilibrio tra entrate e spese di
bilancio della Regione. L’attribuzione delle forme
speciali di autonomia avverrà con legge "approvata da entrambe le Camere", senza però richiedere la maggioranza assoluta dei
componenti, ferma restando la necessità dell'intesa
tra lo Stato e la Regione interessata.
Art. 117 Viene rivisto profondamente il riparto di competenza legislativa e regolamentare tra Stato e Regioni. In particolare
viene soppressa la competenza concorrente, con una
redistribuzione delle materie tra competenza legislativa statale e competenza regionale.
Tra le materie attribuite alla competenza esclusiva statale si richiamano, in particolare:
politica estera, difesa dello Stato, ordine pubblico e sicurezza, coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario;
disposizioni generali per la tutela della salute, la
sicurezza alimentare, l'ordinamento scolastico, l'istruzione universitaria e la programmazione strategica della ricerca scientifica
e tecnologica.
Tra quelle attribuite alle Regioni:
pianificazione territoriale, infrastrutture e mobilità; organizzazione servizi sanitari e sociali; formazione professionale e diritto
allo studio; promozione dei beni culturali,
valorizzazione e organizzazione del turismo. Inoltre “ogni materia non espressamente riservata alla competenza esclusiva dello
Stato”.
Viene inoltre introdotta la c.d. "clausola di supremazia", in base alla quale la legge statale - su proposta del Governo - può
intervenire in materie non riservate alla legislazione
esclusiva, quando lo richieda la tutela dell'unità giuridica o economica della Repubblica ovvero al tutela dell'interesse
nazionale.
Art. 118 Tutte le f unzioni amministrative dovranno essere improntate alla semplificazione e alla trasparenza, secondo criteri di
efficienza e di responsabilità degli amministratori.
Art. 119 Comuni, Città metropolitane e Regioni avranno autonomia finanziaria di entrata e di spesa; le risorse dovranno
assicurare il finanziamento integrale delle loro funzioni pubbliche.
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Tutela Paesaggistica
Con la sentenza del 21 Dicembre 1985 della corte costituzionale, viene più volte ribadito il significato della
parola “PAESAGGIO” inteso come sinonimo di “AMBIENTE” e non di bellezza naturale.
E quindi con il termine Ambiente si identificano tutte le condizioni naturali e artificiali che circondano l’uomo.
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Ministero dell’ambiente
Il Ministero dell'ambiente ha funzioni in materia di ambiente, ecosistema, tutela del patrimonio marino, atmosferico, nonché
sulla valutazione di impatto ambientale (VIA), valutazione ambientale strategica (VAS) e per l'autorizzazione ambientale integrata (IPPC).
Ha competenze in materia di tutela del suolo dalla desertificazione nonché del patrimonio idrogeologico. Coordina e sovraintende alle
funzioni del cosiddetto Codice dell'ambiente, ossia il D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, recante Norme in materia ambientale, che ha accorpato le
precedenti normative.
Prima del 1986 il Ministero dell’Ambiente era chiamato Ministero dell’Ecologia che tuttavia era solo un dipartimento facente parte
dell’organizzazione interna della Presidenza del Consiglio dei Ministri e che impropriamente era definito Ministero.
In pratica era un Ministero senza portafoglio che non aveva poteri propri, ma solo quelli che gli potevano essere delegati dalla Presidenza
del Consiglio dei Ministri. Un Ministero con portafoglio possiede invece dei poteri attribuitigli per legge.
Il Ministero dell’Ambiente al pari degli altri Ministeri è costituito da una serie di dipartimenti e servizi a capo di ognuno dei quali vi è un
dirigente che risponde a sua volta ad un dirigente generale a capo del Ministero.
La L.349/86 oltre ad istituire il Ministero dell’Ambiente, gli attribuisce un a serie di competenze generali.
La legge istitutiva afferma che è compito del Ministero promuovere, conservare e recuperare le condizioni ambientali conformi agli
interessi della collettività e alla qualità della vita ma anche conservare e valorizzare il patrimonio naturale nazionale e tutelare le risorse
naturali dall’inquinamento.
Da questa legge dunque traspare il fatto che il Ministero ha il compito di tutelare l’ambiente in virtù di una visione antropocentrica ovvero
in funzione della salute umana. Dal comma 2 sarà, dunque, evidente l’importanza di tale legge.
Prima del 1986 non esisteva una figura pubblica che avesse il compito di promuovere, conservare e recuperare le condizioni ambientali
conformi con la vita umana. Con questa legge dunque viene introdotta per la prima volta una responsabilità giuridica in materia
ambientale.
La legge istituisce un organo pubblico che ha il compito di vigilare sull’ambiente, perciò il soggetto è consapevole del fatto che se non si
attiene ad un determinato comportamento andrà incontro a delle sanzioni.
La responsabilità giuridica esiste se vi è una norma che limita la libertà del soggetto.
Il MdA diventa il titolare dell’imputabilità del Danno Ambientale (il MdA ha il compito di recuperare le condizioni ambientali conformi con
la salute umana e a monte di un recupero vi è un Danno Ambientale.
L.349/86:
Nel 1986 con la legge 349, viene istituito il Ministero dell’Ambiente. Tale legge rappresenta un vero punto di svolta per quanto riguarda la
Tutela dell’Ambiente.
Istituire un Ministero specifico che si occupa della Tutela dell’Ambiente, significa infatti riconoscere la Tutela dell’Ambiente tra gli
interessi pubblici e quindi l’importanza di questa disciplina.
Fino al 1986 non esisteva un Ministero specifico dell’Ambiente, questo era incorporato nel cosiddetto “Ministero dei beni culturali ad
ambientali” ed era un Ministero senza portafoglio (non aveva dei poteri specifici che gli fossero stati attribuiti per legge ma soltanto quelli
che gli potessero essere delegati dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri). La legge 349 invece istituisce il Ministero dell’ambiente e gli
attribuisce dei poteri specifici.
Sempre in tale legge trovano spunto la definizione di AMBIENTE (l’insieme delle condizioni naturali e artificiali che circondano l’uomo) e
la nozione di VIA (Valutazione di Impatto Ambientale). Per la prima volta si parla inoltre di Danno Ambientale.
Da qui nascono i seguenti principi :
• Principio dell’Azione preventiva: introdotto con la VIA (in quanto strumento volto a prevedere in largo anticipo una
possibile dannosità per l’Ambiente.
Da una parte si cerca di prevedere e ridurre in via preventiva il Danno Ambientale e dall’altra si va a sanzionare i soggetti ai quali è
imputato il danno.
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Il danno Amb. e le recenti modifiche legislative
• Danno Evento: Immediata correlazione causa-effetto.
Principio di Precauzione: in mancanza di conoscenza tecnico-scientifica, che produrrà una determinata azione, quell’azione non va
compiuta.
Il danno ambientale consiste nella distruzione o nel deterioramento dell’ambiente naturale considerato in sé e per sé, e cioè a prescindere
dall’esistenza di pregiudizi ai singoli beni che lo compongono (aria, acqua, terra, fauna, clima, ecc.). La distruzione dell’ambiente costituisce
un danno per la collettività; tuttavia non essendo quest’ultima, in quanto tale, soggetto di diritto, la legittimazione a domandare il risarcimento
spetta agli enti esponenziali di essa, e quindi alla pubblica amministrazione. La nozione di danno ambientale, secondo parte della dottrina, è
stata introdotta nel nostro ordinamento dall’art. 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349 (oggi abrogato).
“danno ambientale” qualsiasi deterioramento significativo e misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale o
dell’utilità assicurata da quest’ultima.
La stessa norma prevede poi (al comma secondo) alcune ipotesi specifiche di danno ambientale, richiamando la direttiva europea in
materia (direttiva 2004/35/CE), per cui in ogni caso: “costituisce danno ambientale il deterioramento, in confronto alle condizioni
originarie, provocato”:
(a) alle specie e agli habitat naturali protetti dalla normativa nazionale e comunitaria;
(b) alle acque interne, mediante azioni che incidano in modo significativamente negativo sullo stato ecologico, chimico e/o
quantitativo oppure sul potenziale ecologico delle acque interessate;
(c) al terreno, mediante qualsiasi contaminazione che crei un rischio significativo di effetti nocivi, anche indiretti, sulla salute umana a
seguito dell’introduzione nel suolo, sul suolo o nel sottosuolo di sostanze, preparati, organismi o microrganismi nocivi per l’ambiente.
La suprema corte ha spesso sostenuto che per integrare il fatto che obbliga al risarcimento del danno, non è
necessario che l'ambiente in tutto o in parte venga alterato, deteriorato o distrutto, ma è sufficiente una condotta
sia pure soltanto colposa "in violazione di disposizioni di legge o di provvedimenti adottati in base a legge". Questo
orientamento giurisprudenziale prende in considerazione il fatto che in caso di violazioni di norme di legge poste a
tutela dell'ambiente possono sussistere sia danni istantanei, sia danni futuri anche legati a sequele di effetti lesivi
permanenti.
Responsabilità ambientale
L’Unione europea (UE) stabilisce una quadro comune di responsabilità al fine di prevenire e riparare i danni causati agli animali, alle piante, agli habitat naturali e
alle risorse idriche, nonché i danni arrecati ai suoli.
ATTO -----------------------------------------------------------------------------------
Direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione
del danno ambientale.
SINTESI -----------------------------------------------------------------------------------
La direttiva istituisce un quadro di responsabilità ambientale basato sul principio chi inquina paga per prevenire e riparare i danni ambientali.
Danni ambientali
Ai sensi della direttiva, i danni ambientali sono definiti nel modo seguente:
• i danni, diretti o indiretti, arrecati all'ambiente acquatico coperti dalla legislazione comunitaria in materia di gestione delle acque e dalla direttiva
quadro relativa alla strategia per l'ambiente marino;
• i danni, diretti o indiretti, arrecati alle specie e agli habitat naturali protetti a livello comunitario dalla direttiva Uccelli selvatici e dalla direttiva Habitat;
• la contaminazione, diretta o indiretta, dei terreni che crea un rischio significativo per la salute umana.
PRESIDENTE :
Nominato con decreto del Ministero Amb. Insieme ai presidenti delle regioni interessate.
A lui è affidata la rappresentanza legale del parco, deve coordinare le attività dell’ente parco, esplicare le funzioni che gli sono state
delegate dal consiglio direttivo e adottare provvedimenti urgenti.
CONSIGLIO DIRETTIVO :
È l’organo dell’ente parco a cui sono affidate tutte le funzioni. Amministrative
più importanti. Costituito dal presidente e da 8 membri nominati con decreto del
Ministero:
4 Membri designati dalla comunità del parco
1 Membro designato dal Ministro dell’ambiente
1 Membro designato del Ministro delle politiche Agricole
1 Membro designato dall’ISPRA. (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca)
1 Membro designato dalle ass. ambientaliste.
Tutti i membri devono essere competenti in materia di aree protette e biodiversità.
Il Consiglio delibera lo statuto dell’ente parco, ha voce in capitolo sui regolamenti e sui bilanci ed esprime parere vincolante sui piani
pluriennali economico e sociale del parco.
GIUNTA ESECUTIVA :
Ha il compito di svolgere le funzioni più urgenti.
È un nucleo di 3 persone :
Presidente.
Vice-Presidente (eletto tra i componenti del Consiglio designati dalla Comunità del Parco).
3°Componente (eletto dal consiglio).
Tutti i membri degli organi del parco durano in carica per 5 anni, ad eccezione dei Membri della Comunità del Parco.
(Quando questi perdono la loro carica politica perdono anche la carica di Membro della Comunità del Parco).
Lo Statuto viene deliberato dal Consiglio Direttivo, viene trasmesso al Ministro dell’Ambiente che poi lo adotta con un decreto.
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REGOLAMENTO DEL PARCO
Disciplina le attività consentite nel territorio del parco.
Ha una duplice finalità:
Valorizzare Usi, Costumi, e Attività Tradizionali locali.
Vieta tutte quelle attività che potrebbero compromettere il quadro amb. esistente.
In generale definisce le tipologie di opere che possono essere realizzate, disciplina lo svolgimento delle attività artigianali, commerciali, di servizio,
sportive, la circolazione, ricerca scientifica ecc ecc.
Vieta la cattura e l’uccisione degli animali, il prelievo di specie animali e vegetali, l’introduzione di nuove specie.
Lo stesso regolamento specifica quando è possibile derogare tali divieti.
Viene adottato dal consiglio direttivo, una volta approvato dal Ministro dell’ambiente viene pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale
Il Piano del Parco si sostituisce a tutti i Piani paesaggistici e urbanistici vigenti sul territorio, tranne che al piano di bacino.
Viene predisposto dal Consiglio Direttivo e dalla Comunità del Parco. Inoltre deve essere adottato dalle regioni entro 90 giorni.
Ha valenza quadriennale, e viene realizzato dalla Comunità del Parco con parere vincolante obbligatorio del Consiglio Direttivo, viene poi approvato
dalle regioni.
NULLA OSTA :
E’ uno strumento mediante il quale l’ente parco verifica la conformità tra le disposizioni del piano del parco, il regolamento e un determinato
intervento .
Sul regolamento viene descritta la procedure per il suo rilascio, la documentazione necessaria e le sedi presso il quale è possibile fare richiesta.
A seguito di un esame tecnico effettuato da diverse commissioni , il direttore rilascia o meno in nulla osta entro 60 giorni.
POTERE SPROPRIATIVO : Facoltà di acquistare forzatamente per esigenze di interesse pubblico le proprietà di un soggetto
privato o pubblico.
Non può essere esercitato in maniera incondizionata ma va sempre motivato il suo esercizio.
Le terre espropriate sono sempre indennizzate secondo il loro valore di mercato (principio equo-ristoro).
DIRITTO DI PRELAZIONE : Prevede che nel momento in cui un privato abbia intenzione di vendere un bene immobile o un territorio
situato nel parco, il proprietario deve prima proporlo in vendita all’ente parco, se quest’ultimo non è
interessato all’acquisto allora lo si può mettere sul mercato.
Inoltre vale il diritto di riscatto, ovvero : L’ente parco può comunque acquistare il bene in un secondo
momento se il privato ha precedentemente ignorato il diritto di prelazione o se ha venduto il bene ad un
terzo soggetto ad un prezzo inferiore da quello proposto all’ente parco.
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Legge 394 / 1991
La prima disciplina organica relativa al sistema delle aree naturali protette è quella relativa alla legge 194/91.
Prima di allora esistevano delle leggi specifiche sull’istituzione e la gestione delle aree naturali protette.
L’obbiettivo della legge 394 è quello di creare un modello unico di istituzione e gestione delle aree nat. prot.,
specificare le finalità generali delle aree naturali protette. , i criteri da rispettare per poter istituire un’area nat.
prot.
Questa Legge è divisa in 4 Titoli:
Tutte queste forme di tutela e di gestione vanno attuate secondo la 394 in forma cooperativa fra Stato, Regione,
Enti Locali e Comunità del Parco.
Il TITOLO I continua spiegando il Piano Triennale per il Parco, la sua attuazione e le misure di salvaguardia e
incentivazione per il Parco stesso.
La disciplina economica Europea si fonda su 3 pilastri : (Pilastri della politica economica europea)
• Libertà Economica
• Mercato
• Concorrenza Leale
L’esercizio di questi 3 pilastri può essere garantito solo attraverso un espansione della sfera di competenza in altre materie , tra
cui quella ambientale.
Di conseguenza se la disciplina ambientale influenza quella economica, allora la Comunità Europea si assume la competenza per
via implicita.
La materia Ambientale dunque diventa una competenza implicita della Comunità Europea.
DISCIPLINA SUI RIFIUTI : Viene introdotta prima a livello comunitario attraverso 3 direttive…
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In Italia . . . (Decreto Presidente Repubblica) D.P.R. 915 / 82
I contenuti delle 3 direttive europee vengono recepiti in Italia dal D.P.R. 915/82.
Per prima cosa si da una nuova definizione di Rifiuto :
❖ R.S.U. (Rifiuti Solidi Urbani) : Rifiuti Ingombranti e non, provenienti da luoghi di civile abitazione, rifiuti giacenti nelle
strade o aree pubbliche, sulle spiagge, sulle rive dei laghi o fiumi, rifiuti provenienti dalla
pulitura delle strade o aree verdi.
❖ R.S. (Rifiuti Speciali) : Rifiuti provenienti da attività industriali, agricole, artigianali, rifiuti ospedalieri, materiale
proveniente da scavi, costruzioni, demolizioni, fanghi di depurazione.
❖ R.T.N. (Rifiuti Tossici e Nocivi) : Rifiuti Radioattivi, pile o anche batterie delle auto.
Inoltre il decreto definisce le competenze dello stato, regioni, province e comuni relativi alla gestione dei rifiuti :
PROVINCE Svolgono una funzione di controllo sullo smaltimento dei rifiuti attraverso agenzie igienico-sanitarie
locali, laboratori provinciali ecc. ecc…
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D. Lgs. 22 / 1997 (Decreto Ronchi)
HA VALORE DI LEGGE QUADRO PER LA GESTIONE DEI RIFIUTI.
Con tali decreto vengono recepiti i contenuti di tutte le direttive europee relative ai rifiuti, rifiuti pericolosi e i rifiuti da
imballaggio, nonché i rifiuti speciali.
• Effettua una nuova classificazione dei rifiuti : RIFIUTI URBANI , RIFIUTI SPECIALI , RIFIUTI PERICOLOSI.
• Stabilisce la Prevenzione dei rifiuti e favorisce il Riciclaggio e il recupero rispetto allo smaltimento.
Il Decreto Ronchi introduce ulteriori 3 strumenti di controllo della gestione dei rifiuti :
Registro Carico/Scarico : E’ un documento in cui vengono registrati tutti i carichi e gli scarichi dei rifiuti e
che deve essere presente presso qualsiasi impianto di Produzione, Stoccaggio,
Recupero e Smaltimento, e deve essere presente anche presso la sede delle imprese
che effettuano la raccolta e il trasporto.
Modello Unico di Dichiarazione : E’ l’insieme delle dichiarazioni attraverso le quali viene comunicata
alla camera di commercio la quantità e la tipologia di rifiuti prodotti o
gestiti.
E’ in pratica un bilancio annuale dei singoli registri di carico/scarico.
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Direttiva 2008 / 98 / CEE (Nuovo Quadro Normativo) (Ultima Direttiva)
❖ SOTTOPRODOTTO : Sostanza o oggetto derivante da un processo di produzione il cui scopo primario non è la sua
realizzazione e viene definita tale se soddisfa i seguenti criteri :
❖ RECUPERO : Qualsiasi operazione che permette ai rifiuti di svolgere una nuova funzione utile,
in modo da sostituire altri materiali che sarebbero stati altrimenti utilizzati.
Si estende la responsabilità sul rifiuto al Produttore all’intero ciclo di vita del prodotto.
In questo modo il produttore diventa proprietario del rifiuto ancor prima che questo diventi tale.
Si impone dunque al produttore l’obbligo di ritirare i prodotti non più utilizzati o restituiti, e di assicurarne la successiva
gestione assumendosi tutti gli oneri che ne derivano.
Lo scopo è quello di ridurre la produzione di rifiuti e incentivare la produzione di prodotti a ridotto impatto ambientale.
Il sistema informatico viene gestito dall’Arma dei Carabinieri, si utilizza anche un sistema (GPS) per un controllo preciso.
L’adesione al sistema è volontaria, tranne che per le Imprese che producono o trasportano rifiuti.
Gli enti e i comuni della regione Campania hanno l’obbligo di aderire al SISTRI.
Inoltre sono previste delle incentivazioni economiche per chi aderisce volontariamente al sistema, come riduzione del costo
tipico per la gestione dei rifiuti.
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Valutazione di impatto ambientale VIA
La valutazione di impatto ambientale (VIA) è una procedura amministrativa di supporto per l'autorità competente (come Ministero dell'Ambiente o
Regione) finalizzata ad individuare, descrivere e valutare gli impatti ambientali di un'opera, il cui progetto è sottoposto ad approvazione o
autorizzazione.
Storia
La VIA nasce alla fine degli anni sessanta negli Stati Uniti d'America, introduce le prime forme di controllo sulle attività interagenti con l'ambiente (sia
in modo diretto che indiretto), mediante strumenti e procedure finalizzate a prevedere e valutare le conseguenze di determinati interventi. Il tutto per
evitare, ridurre e mitigare gli impatti.
Caratteristiche
La procedura di VIA è normata come strumento di supporto decisionale tecnico-amministrativo. Nella procedura di VIA la valutazione sulla
compatibilità ambientale di un determinato progetto è svolta dalla pubblica amministrazione, che si basa sia sulle informazioni fornite dal proponente
del progetto, sia sulla consulenza data da altre strutture della pubblica amministrazione, sia sulla partecipazione della gente e dei gruppi sociali.
La valutazione di impatto ambientale mostra quali modifiche di stato ambientale possono produrre le azioni e le pressioni antropiche, sia sull'ambiente
antropizzato, sia sull'ambiente naturale. Nella VIA si cerca quindi di stimare quali sono gli impatti, cioè le modifiche, positive o negative, degli stati
ambientali di fatto, indotti dall'attuazione di un determinato progetto. Un obiettivo importante delle procedure di VIA è quello di favorire la
partecipazione della gente nei processi decisionali sull'approvazione dei progetti.
Verifica (screening)
La procedura di verifica preliminare o screening è una procedura tecnico - amministrativa volta ad effettuare una valutazione preliminare della significatività
dell'impatto ambientale di un progetto, determinando se lo stesso richieda, in relazione alle possibili ripercussioni sull'ambiente, lo svolgimento successivo della
procedura di valutazione dell'impatto ambientale.
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Decisione e informazione sulla decisione
Le decisioni di VIA si basano soprattutto sui contenuti del S.I.A. e delle osservazioni pervenute. Qualora il S.I.A. risulti inadeguato si richiedono
integrazioni. Entro i termini predefiniti dalla normativa.
Le decisioni sulla compatibilità ambientale e le informazioni relative al progetto devono essere diffuse e pubblicate, a cura del proponente, su
quotidiani, bollettini e su organi ufficiali delle amministrazioni.
Monitoraggio ambientale
Obiettivi del monitoraggio ambientale sono valutare l'accuratezza delle stime preliminari e assicurarsi che non si verifichino impatti imprevisti. In
sostanza il monitoraggio serve per tenere sotto controllo la situazione durante le varie fasi di vita degli interventi
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Richiesta di azione
Le persone fisiche o giuridiche che potrebbero essere colpite dal danno ambientale, nonché le organizzazioni il cui scopo è la protezion e
dell'ambiente possono, a determinate condizioni, chiedere alle autorità competenti di intervenire rispetto ad un danno. Le pe rsone e le organizzazioni
che hanno presentato una richiesta di azione possono avviare un ricorso presso un tribunale o una organizzazione specifica al fine di valutare la
legittimità delle decisioni, azioni o omissioni dell'autorità competente.
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Delega
È uno strumento amministrativo (un atto) mediante il quale un soggetto oppure un organo delegante trasferisce ad un altro
soggetto o organo l’esercizio di poteri e facoltà che rientrano nella sua sfera di competenza.
La delega proietta la volontà del soggetto/organo delegante attraverso un altro soggetto/organo delegato. Il delegato quindi
non può esercitare il potere che gli è stato delegato in maniera incondizionata.
La delega non può essere a sua volta delegata dal soggetto/organo delegato e può essere esercitata in un determinato
ambito entro un tempo limitato che devono essere specificati dal delegante. Il delegante può ritirare la delega in qualsiasi
momento.
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