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in collaborazione con il
Liceo Ginnasio Statale “Francesco Vivona”
Sia il lemma “zero” che il lemma “cifra”, da me evocati, derivano dalla parola
araba sefr, e certamente la civiltà arabo islamica ha giocato un ruolo d’assoluto
rilievo per la proposizione, o talvolta la riproposizione (tale il caso per una parte
della filosofia greca), al contesto mediterraneo di temi di grande portata
scientifica, dalla medicina all’ottica, così come la matematica, sia in funzione di
ponte culturale (vedi appunto il caso dei numeri indiani) che di generatore di temi
originali.
Abu Ja‘far Muhammad ibn Musa al-Khwarizmi (780–850 ca.), pur nativo della
regione centroasiatica del Khwarezm (l’antica Corasmia), visse a Baghdad
venendo lì nominato dal califfo al-Ma’mun responsabile della biblioteca; sotto la
sua direzione le attività della biblioteca si rivolsero anche alla traduzione in arabo
delle principali opere matematiche del periodo greco-ellenistico, della Persia
preislamica, di Babilonia e dell’India. È l’autore dell’al-Kitab al-mukhtaṣar fi
ḥisab al-jabr wa al-muqabala, trattato che venne “scoperto” nel XII sec. in
Spagna dal matematico inglese Roberto di Chester che ne tradusse una parte in
latino con il titolo Liber algebrae et almucabala, dove “algebrae” è latinizzazione
di al-jabr, lemma dal quale deriva “algebra” (laddove da “al-Khwarizmi”, in cui
compare il toponimo della regione di provenienza dell’autore, deriverà
“algoritmo”). La prima traduzione completa dell’importante trattato fu opera
dell’italiano Gerardo da Cremona (1114–1187).
Fibonacci (filius Bonacci) nel suo Liber abaci, così importante per la scienza
computazionale europea, scienza che porterà a definire gli strumenti a sostegno
del metodo sperimentale, vale a dire della scienza come noi oggi la concepiamo,
si riferiva a sefr con il lemma zephirum:
«Le nove cifre degli indiani sono queste: 9 8 7 6 5 4 3 2 1. Con queste nove
cifre, e con questo simbolo: 0, che in arabo si chiama zephir, si può scrivere
qualsiasi numero, come si vedrà più avanti.» (Leonardo Fibonacci, Liber
abaci, I incipit).
Fibonacci (nato intorno al 1170 a Pisa, porto strategico per gli scambi
commerciali nel mediterraneo), in giovane età segue il padre nominato
funzionario doganale in un porto algerino; è lì che entra in contatto con la cultura
araba. Rientrato in Italia pubblica nel 1202 la sua opera guadagnandosi in seguito
finanche l’interesse di Federico II. La storia degli studi matematici continua poi in
Italia innanzitutto con Luca Pacioli (1445 ca.–1517), i numeri da definire a questo
punto indo-arabi giungendo ad affermarsi in Europa nel XVI sec..
Termino questo mio breve intervento citando Alcide De Gasperi che nell’articolo
“La Piccola Europa” (Giornale D'Italia, 25 Luglio 1958) così affermava: