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Caravaggio 2
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Attribuito per la prima volta a Michelangelo Merisi da Caravaggio dal grande
critico Longhi nel 1912, il Narciso è straordinario per diversi motivi. In effetti
l’attribuzione è giustificata da un documento: "un Narciso in tela di Michelangiolo
di Caravaggio…" è citato tra gli oggetti "sottoposti a dazio, gabella, passaggio e
tasse varie" che G. B. Valtabelze invia a Savona l’8 maggio 1645.
Il mito è noto e l’artista sembra rifarsi esattamente al racconto delle Metamorfosi
di Ovidio, il bellissimo cacciatore si innamora dell’immagine riflessa di se stesso
riflessa in uno stagno.
Poesia in pittura: il Merisi riesce nel miracolo, con il volto del giovane, di fargli
esprimere la sete e la voglia di un bacio alla propria immagine, dipingendo un viso
che esprime con la stessa intensità e nello stesso tempo due pulsioni, una fisica, l’altra
spirituale65.
Gli spunti di riflessioni sono molteplici: c’è un pensiero obbligato sul narcisismo
moderno, in una società dove mai come ora è più importante l’apparire che l’essere.
Però non finisce qui, la faccenda è complicata più di quello che sembra, come sempre
nel milanese.
Leon Battista Alberti aveva interpretato la storia di Narciso come il mito d’origine
della pittura, e in modo analogo allo specchio che riflette il volto del giovane, il
dipinto è un’immagine bidimensionale che crea l’illusione della realtà 66 , quindi
Caravaggio potrebbe evocare la teoria dell’Alberti, il grande intellettuale del
Rinascimento.
La chiave di lettura dell’Umanista è interessante perché ci racconta della pittura e
della sua capacità di rappresentare la realtà e di cullare l’anima umana. Attraverso
l’arte nasce una introspezione del nostro io più profondo che ci permette di guardarci
dentro, conoscerci meglio e comprenderci.
L’arte è il riflesso dell’anima.
65 Costantino D’Orazio, Caravaggio segreto, I misteri nascosti nei suoi capolavori, Sperling & Kupfer, Milano,
p. 43.
66 Elisabetta Gigante, I generi dell’arte, Il Ritratto, Electa editore, Milano, p. 11.
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