Sei sulla pagina 1di 3

I lunedì degli Ariani.

Laboratorio di storia culturale e religiosa

Esperienze e tecniche dell’estasi tra Oriente e Occidente


(Ravenna, 14-15 novembre 2016)

MARIA CARMEN DE VITA, «Un altro modo di vedere» (Enn. VI 9. 11, 23): estasi e ascesa a Dio negli ultimi platonici

Il contributo si propone di esaminare la problematica dell’estasi in Plotino e nei neoplatonici dei secoli III-V. Il
fenomeno, irriducibile ai parametri concettuali della metafisica classica, assume forme diversificate nei vari autori:
in Plotino l’accento è posto sul principio dell’interiorizzazione del sé (Enn. VI 9. 11, 38-41), che approda, nel contatto
col Principio, ad una tensione incessante fra l’annullamento dell’individualità e uno stato di iper-consapevolezza
(Enn. VI 7. 34, 13-14); gli dèi, invece, e non gli uomini sono i veri protagonisti dell’esperienza (estasi o anche
entusiasmo) descritta da Giamblico nel De mysteriis (III 7, 114, 1-10, 123, 10), che comporta – anche tramite il
ricorso a preghiere e riti – un’elevazione e un transfert delle anime verso i generi superiori; più organicamente legato
alla dottrina dell’anima è il fenomeno estatico nelle pagine di Proclo (Theol. Plat. I 3, 15, 1-6; in Alcib. 247, 7-14; in
Parm. VI 1071, 25-31), che individua un organo psichico privilegiato (l’uno nell’anima, il fiore dell’intelletto), ca-
pace di instaurare la più alta forma di contemplazione, la enosis con le enadi divine o con lo stesso Uno assoluto.

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

FONTI
Procli Diadochi In Platonis Timaeum Commentaria, edidit E. DIEHL, I-III, Lipsiae 1903-1906
Plotini Opera, ediderunt P. HENRY et H.-R. SCHWYZER, I-III, Oxonii 1964-1982 (editio minor)
PROCLUS, Théologie platonicienne, texte établi et traduit par H. D. SAFFREY et L. G. WESTERINK, I-VI, Paris 1968-1997
PROCLUS, Sur le Premier Alcibiade de Platon, texte établi et traduit par A.-PH. SEGONDS, I-II, Paris 1985-1986
JAMBLIQUE, Réponse à Porphyre (De mysteriis), texte établi traduit et annoté par H. D. Saffrey et A.-Ph. Segonds avec la colla-
boration de A. Lecerf, Paris 2013
PROCLUS, Commentaire sur le Parménide de Platon, texte établi traduit et annoté par C. Luna e A.-PH. SEGONDS, I-V, Paris
2007-2014
STUDI
E. DES PLACES, La religion grecque. Dieux, cultes, rites et sentiment religieux dans la Grèce antique, Paris 1969
G. LUCK, Theurgy and Forms of Worship in Neoplatonism, in J. NEUSNER, E. S. FRERICHS, P. V. MCCRACKEN FLESHER (eds.),
Religion, Science and Magic in Concert and Conflict, New York-Oxford 1989, pp. 185-225
BEIERWALTES W., Pensare l’Uno. Studi sulla filosofia neoplatonica e sulla storia dei suoi influssi, trad. it., Milano 1991
VAN LIEFFERINGE, C., La Théurgie. Des Oracles Chaldaïques à Proclus, Liège 1999
STRUCK, P., Pagan and Christian Theurgies: Iamblichus, Pseudo-Dionysius, Religion and Magic in Late Antiquity, Ancient
World 32, 2001, pp. 25-38
SHAW G., Containing Ecstasy: The Strategies of Iamblichean Theurgy, Dionysius 21, 2003, pp. 53-88
TANASEANU-DÖBLER, I., Theurgy in Late Antiquity. The Invention of a Ritual Tradition, Göttingen 2013

PAOLO DELAINI, Farmacobotanica del volo magico. Esperienze e ipotesi di pratiche estatiche nell'Iran preislamico

Alcuni passaggi dei testi della letteratura zoroastriana sembrano accennare ad estratti dagli effetti psicotropi, narcotici
o euforizzanti. Queste sostanze vengono citate in relazione ad esperienze escatologiche di viaggi ultraterreni o ad
esperienze di tipo estatico-visionario. È possibile identificare alcune delle piante da cui si ricavavano queste sostanze
e come si può distinguere tra la simbologia rituale della pianta e il suo utilizzo reale? Alcuni di questi estratti avevano
effetti intossicanti e la loro assunzione comportava dei rischi, qual era la relazione tra le sostanze velenose, il loro
utilizzo terapeutico e il loro impiego a scopo estatico?

SAVERIO MARCHIGNOLI, I sapori dell’estasi. I teorici della bhakti e la descrivibilità estetica dell’esperienza mistica
nell’India medievale

Il rapporto tra esperienza estatica ed esperienza estetica, dopo essere stato un oggetto di indagine in India verosimil-
mente fin dal periodo di redazione delle Upaniṣad, diviene un tema centrale del dibattito teorico sulla natura della
realizzazione spirituale in epoca medievale. I teorici della bhakti kṛṣṇaita elaborano una originale dottrina del bhakti-
rasa (“sapore della bhakti”) secondo la quale la partecipazione estatica alla vita divina è caratterizzata non già dallo
spegnimento dell’io e dal distacco, bensì da un intensificarsi delle passioni ordinarie. Per descrivere il processo di

1
I lunedì degli Ariani. Laboratorio di storia culturale e religiosa

intensificazione e trasformazione delle passioni fino alla loro trasfigurazione estatica essi fanno un uso originale delle
categorie estetiche elaborate nel corso del primo millennio d.C. dalla scuola che prende le mosse dal celebratissimo
Trattato sulle arti drammatiche (Nāṭyaśāstra) di Bharata. La loro interpretazione del processo di “assaporamento”
estetico degli stati emotivi fondamentali differisce profondamente da quella che viene data da Abhinavagupta e in
generale da coloro che intendono conciliare, nella visione della meta finale del processo di realizzazione spirituale,
mukti e bhukti, liberazione e fruizione mondana. Mentre questi ultimi forniscono una descrizione estetica dell’espe-
rienza mistica a partire dalla prospettiva dello spettatore, i teorici della bhakti (in particolare Rūpa Gosvāmin, autore
del Bhaktirasāmṛtasindhu) muovono dalla prospettiva dell’attore. La partecipazione estatica alla vita divina è il
risultato di una recitazione attoriale della dipendenza amorosa dalla divinità, dipendenza nella quale si realizza la
meta spirituale più alta. Per questa via essi giungono conseguentemente a negare ogni valore alla mukti (liberazione).
L’estasi partecipativa alla vita divina è ottenuta da chi la realizza attorialmente e la assapora nell’attaccamento reci-
tativo, non nel distacco pacificato tipico dello spettatore.
L’analisi di queste contrapposizioni teoriche può condurre ad un affinamento della tipologia dell’esperienza mistica
in India, grazie al quale riconoscere le caratteristiche distintive di quelle esperienze che possono appropriatamente
essere qualificate come “estatiche”, in quanto opposte ad esempio alle esperienze nelle quali culminano le pratiche
meditative di tacitazione e svuotamento dell’io (nel caso dello yoga Eliade creò per questa esperienza ultima il neo-
logismo “enstasi”). Interessanti prospettive comparative sembrano emergere da un’indagine approfondita della tipo-
logizzazione indiana dell’esperienza mistica.

CARLO SACCONE, Estasi mistica e estasi erotica: Majnun e Leylà nella letteratura di ispirazione sufi

Il sufismo ha prodotto una ricca manualistica concernente la via mistica e le sue tappe o stazioni. Tra queste una delle
più controverse è la stazione dell'amore, oggetto di discussioni tra sufi e dottori ma anche all'interno dello stesso
movimento del sufismo circa il suo significato, la sua collocazione o priorità rispetto ad altre stazioni. Il contributo
analizza la questione attraverso un breve esame di alcuni passi significativi di Ansari di Herat, Farid al-din ‘Attar,
Ahmad Ghazali e Rumi.

VITTORIO BERTI, Esperienza estatica e conoscenza medica nella mistica cristiana siro-orientale

Il contributo vuole indagare il rapporto tra gli studi di medicina e di anatomia galenica in ambiente cristiano siriaco
nel quadro di un’autocomprensione del fenomeno estatico da parte della letteratura mistica prodotta dai monaci di
Persia e Mesopotamia tra VII e VIII secolo. In particolare si prenderà in considerazione da una parte quelle che sono
le descrizioni di esperienze dell’estasi in autori come Isacco di Ninive, Giuseppe Hazzaya, Nestorio di Nuhadra,
dall’altro si indagherà la competenza biologica sul corpo umano e le sue funzioni da parte di Simone di Taibuteh,
altro autore mistico loro contemporaneo, testimone dei due saperi. Il quadro che ne emergerà mostrerà la sovrappo-
sizione di due lessici per descrivere il corpo come insieme di organi e come luogo primo di una liturgia dell’incontro
con Dio.

SAVERIO CAMPANINI, Lo specchio opaco: mistici ebrei all'incontro con il Sé

In tutte le rassegne dedicate alla fenomenologia estatica nell’ebraismo si ritrova, puntuale tributo a un luogo comune,
l’osservazione preliminare secondo la quale i resoconti autobiografici ebraici intorno a esperienze estatiche sarebbero
molto rari. In effetti, se si tiene conto della diffusa pratica della pseudepigrafia, si osserva che tali resoconti, appena
dissimulati, sono legione e risalgono già all’epoca tardo-antica, se non si vuole rifarsi alle visioni archetipiche del
profeta Ezechiele, anche se si intensificano e si diffondono a partire dal XVI secolo. Anche quanti, come Moshe Idel,
hanno messo in rilievo la centralità delle tecniche e dell’esperienza estatica nella corrente cabbalistica dominata
dall’influsso di Abraham Abulafia, hanno preferito trattarla come un’eccezione, piuttosto che come la regola. Nel
mio contributo si tenta di offrire una spiegazione a questa singolare cautela storiografica, esaminando brevemente
una delle costanti che emergono dai resoconti estatici ebraici: l’autoscopia o visione di sé, che implica la questione,
decisiva ma sommamente complessa, del rapporto instabile e tendente alla dissoluzione tra soggetto e oggetto nella
visione estatica. In retrospettiva, si prenderà in esame l’ottocentesco Trattato sull’estasi (quntras ha-hitpa‘alut) di
Dov Baer di Lubavitch, tardo ma originale esempio di riflessione sui modi e sui gradi dell’esperienza estatica al suo
tramonto.

2
I lunedì degli Ariani. Laboratorio di storia culturale e religiosa

ALESSANDRA BARTOLOMEI ROMAGNOLI, Il viaggio indicibile. Fenomenologia dell'estasi nella letteratura mistica
medievale

Esodo dal tempo e dalla storia, frontiera estrema del linguaggio religioso, l’estasi sembra offrirsi all’analisi scientifica
come un campo aperto al riconoscimento di una essenza universale o assoluta dell’uomo, suscettibile di isolare una
unità mistica in grado di superare il plurale delle religioni. Di qui il prevalere di consuetudini di lettura che hanno
finito per assorbire in un identico indifferenziato un fenomeno dello spirito umano, che al contrario appare indisso-
ciabile dalla concretezza dell’esistenza, dalla trama del vissuto sociale. Si ritiene che in questa prassi ermeneutica si
rifletta piuttosto la classica difficoltà di porre il momento spirituale come problema storiografico. In quanto luogo di
una tensione tra un desiderio irriducibile di assoluto e la singolarità di una congiuntura umana, anche il racconto
dell’estasi resta sottomesso alle leggi del linguaggio, ed è all’interno di una dialettica culturale che esso riceve la sua
forma ed espressione.
In questa chiave di lettura, i testi visionari medievali rappresentano uno spazio esemplare di confronto. Obiettivo del
contributo è quello di segnalare, anche se in maniera schematica e approssimativa, alcuni snodi cruciali della feno-
menologia storica dell’estasi, tra una esperienza altomedievale segnata dal monachesimo (sec. VI-XII) e un secondo
periodo che, reintroducendo il problema del corpo, va al di là del basso medioevo per aprirsi agli sviluppi della
modernità (sec. XIII-XVII). Pur rimanendo in un contesto cristiano e occidentale, è possibile restituire alcune diffe-
renze fondamentali che specificano intere tradizioni spirituali. Variano, infatti, non solo le forme di registrazione
dell’esperienza, la tipologia e i comportamenti dei visionari, ma la le modalità stesse del fenomeno.

SERGIO BOTTA, Paul Radin vs Crushing Thunder: la contesa per l’estasi sciamanica nel dibattito americano del
primo Novecento

L’estasi è divenuta elemento centrale di ogni interpretazione scientifica dello sciamanesimo a partire dal successo
ottenuto dalla pubblicazione nel 1951 de Le chamanisme et les techniques archaïques de l’extase di Mircea Eliade.
Fino agli anni Novanta del XX secolo, l’ipotesi estatica eliadiana ha dominato il dibattito in forma pressoché indi-
scussa, in particolar modo negli Stati Uniti in seguito alla traduzione inglese della sua monografia nel 1964. Tuttavia,
con l’emergere, da un lato, di una rinnovata sensibilità etnografica in ambito centro-asiatico e, dall’altro, di una
prospettiva genealogica nello studio dello sciamanesimo, la centralità dell’estasi è stata largamente dibattuta. È
emerso, ad esempio, il carattere problematico dell’articolazione delle nozioni di trance, estasi e possessione nelle
pratiche sciamaniche e, al tempo stesso, l’operazione eliadiana è stata sottoposta a una serrata critica. La prospettiva
decostruzionista ha infatti aperto un’indagine sulle condizioni di possibilità dei discorsi sull’estasi che si erano im-
posti nel dibattito statunitense. In questa direzione, il mio intervento tenterà di individuare nell’interesse per lo “scia-
manesimo nativo-americano” da parte di alcuni esponenti della scuola boasiana una svolta nella generalizzazione
dell’estasi che avrebbe reso fertile il terreno per la successiva operazione eliadiana. Nella costruzione di questo le-
game a distanza, l’opera di Paul Radin costituisce una tappa estremamente significativa del dibattito sullo sciamane-
simo. Nella sua opera, infatti, si mise in moto un dialogo serrato e complesso con le culture native americane che,
cristallizzatosi nel volume Crashing Thunder: The Autobiography of an American Indian, diede vita a una vera e
propria “contesa” intorno all’interpretazione dello “sciamanesimo amerindiano”. Dal dialogo a distanza tra l’antro-
pologo e il nativo emergeva, infatti, il contrasto tra un’interpretazione “romantica” e una “scettica” dello sciamane-
simo estatico che appare quale anticipazione di filoni auto-riflessivi contemporanei. Ne emergerà, dunque, la com-
plessità del dibattito relativo all’estasi sciamanica, ma anche la sua importanza nella costruzione dei saperi antropo-
logici del XX secolo.

GIOVANNI PIZZA, Metamorfosi del ragno. Estasi, possessione e antropologia

A partire da un percorso di ricerca etnografica nel sud d’Italia, l’intervento inquadra nelle interpretazioni
antropologiche dell’estasi e della possessione il caso delle trasformazioni del ragno, agente classico del
celebre tarantismo pugliese e metafora animale che contribuisce a definire la corporeità e il genere in area
campana. L’itinerario di ricerca proposto segue comparativamente il percorso di un simbolo osservato
nelle sue trasformazioni e situato in diversi contesti culturali etnograficamente esplorati nel tempo. L’obiet-
tivo è quello di valutare, in riferimento a esemplificazioni concrete, le oscillazioni e le aperture teoriche sul
tema della estasi/possessione nell’antropologia contemporanea.
3

Potrebbero piacerti anche