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Africa, XUX, 4, 1994, pp. 574-386
NelTanalisi dei rapporti tra gli stati italiani e i paesi africain delTarea ma-
ghrebina in età moderna assumono un rilievo particolare le vicende delia guer-
ra corsara (*) e i fenomeni, ad essa collegati, délia schiavitù cristiana ad Algeri,
Tripoli, Tunisi(2) e musulmana nella città delia penisola(3).
Peraltro gli orientamenti seguiti da alcuni governi italiani non furono sem-
pre cosi rigidamente ancorati alPesercizio e, contemporaneamente, al conteni-
mento délia corsa e délia schiavitù: C. Piazza ha rilevato a propósito delle re-
lazioni tra Granducato di Toscana e paesi nord-africani nel XVIII secolo ehe
«la navigazione e il commercio da e per Γ Africa barbaresca... rappresentarono
sempre un momento privilegiato di attenzione e di riflessione delia política to-
scana» (4).
Nel quadro, quindi, di una ricostruzione storica complessiva delle rela-
(1) Sul fenómeno delia guerra corsara, esercitata con pari accanimento su ambedue i
fronti, cfr. S. BONO, I corsari barbareschi, Torino, 1964 (si veda in particolare Ia vasta e ben
articolata bibliografia); cfr., altresi, Id., Corsari nel Mediterrâneo. Cristiani e musulmani fra
guerra, schiavitù e commercio, Milano, 1993.
(2) Molto interessanti a questo propósito sono alcuni studi di G. BONAFFINI, ehe in-
quadrano il problema delia presenza di schiavi siciliani sulla costiera maghrebina e dei loro
riscatto: cfr. G. BONAFFINI, La Sicília e il mercato degli schiavi aUa fine dei '500, Palermo,
1983; ID., La Sicília e i harbareschi. Incursioni corsare e riscatto degli schiavi (1570-1606), Pa-
lermo, 1983; Id., Sicília e Tunisia nel secolo XVII, Palermo, 1984. Sullo stesso argomento si
veda anche S. BONO, Siciliani nel Maghreb, Trapani, 1992. Per indagini relative ad altre realtà
italiane rimandiamo a M. LENCI, Riscatti di schiavi cristiani dal Maghreb. La compagnia délia
SS. Pietà diLucca (secoli XVII-XIX), in «Società e Storia», n. 31, 1986, pp. 53-80, Id., Luc-
ca, il mare e i corsari barbareschi nel XVI secolo, Lucca, 1987; G. BOCCADAMO, La redenzio-
ne dei cattivi a Napoli nel Cinquecento, Napoli, 1985; E. LucCfflNI, La mer ce umana. Schiavitù
e riscatto dei liguri nel seicento, Roma, 1990; S. BONO, Bolognesi schiavi a Tripoli nei sec. XVI
e XVIII, in «Libia», II, 1954, fase. 3, pp. 25-37.
(3) II problema è stato scarsamente dibattuto in sede storiografea: per chiarimenti si
vedano le indicazioni contenute in V. Salvadorini, Traffici con i paesi ishmici e schiavi a Li-
vorno nel XVII secolo: problemi e suggestioni in Atti del Convegno «Livorno e il Mediterrâ-
neo nell'età medicea» (Livorno, 23-25 settembre 1977), Livorno, 1978, pp. 206-255; S. BONO,
Schiavi musulmani sulle galère e nei bagni d'Italia dal XVI al XIX secolo, in Le genti del ma-
re Mediterrâneo, Napoli, 1981, pp. 837-875; Id., Forniture dall'Italia di schiavi musulmani per
le galère francesi (1685-1693), in Scritti in memória di Paolo Minganti, Cagliari, 1983, pp. 83-
97; Id., Schiavi mulsumani a Génova (secoli XVI-XVI1I), in Genova-Mediterraneo-Atlantico
nell'età moderna, Génova, 1990, pp. 85-102, Id. e E. Ballatori, Gli schiavi nel bagno di Li-
vorno nel 1747, in Studi arabo-islamici in onore di Roberto Rubinacci, Napoli, 1985, pp. 87-
106.
(4) Cfr. C. PIAZZA, Schiavitù e guerra dei barbareschi. Orientamenti toscani di política
transmarina (1747-1768), Milano, 1983, p. 7. Ancora sulle relazioni commerciali tra Grandu-
cato di Toscana e Africa maghrebina cfr. Id., Dati sulla navigazione stefaniana dal 1678 al
1716, in Atti del Convegno «Livorno...», cit., pp. 405-411; e Id., Il commercio toscano con i
paesi maghrebini ed il porto di Livorno (1814-1830), in La penisola italiana e il mare, a cura
di T. Fanfani, Napoli, 1993, pp. 345-390.
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NOTE E TEST1MONIANZE 575
2. Nel novero dei mediei e chirurghi toscani ehe, a più riprese ed in tem-
pi diversi, si trovarono a soggiornare presso i bey délia sponda méridionale del
Mediterrâneo si inserisce lo scienziato e cerusico Giuseppe Cei.
(5) Cfr. S. BONO, Ricerche scientifiche ed archeologiche nella Tunisia del XVII secolo,
in «Levante», anno XI, η. 3-4, 1964, pp. 46-62, cit. da p. 46. Sempre a propósito dei rap-
porti tra Tunisia e Toscana sul finire del 1600 si vedano le lettere pubblicate e commentate
da A. BOMBACI, Diplomi turchi del R. Archivio di Stato di Firenze, in «Rivista degli Studi
Orientali», XVIII, 1939, pp. 199-217.
(6) Cfr. S. BONO, Ricerche scientifiche..., cit.
(7) Cfr. Id., Medici europei nel Maghreb barbar esco fra corsari e schiavi di Barbaria (sec.
XVI-XIX), relazione tenuta al Convegno di Venezia, 1993, dattiloscritto, p. 8.
(8) Tra laltro ncordato da H.D. de GRAMMONT - L. PlESSE (a cura di), Un manuscrit
du Père Dan. Les Illustres Captifs. Histoire générale de la vie, des faits et des aventures de quel-
ques personnes notables prises par les infidèles mulsulmans, in «Revue Africaine», XXVII, 1883,
pp. 195-198.
(9) Cfr. P. GRANDCHAMP, La France en Tunisie au début du XVIIe siècle (1601-1610),
Tunisi, 1921, p. 12.
(10) L'epistolario di Giovanni Pagni a Francesco Redi costituisce una preziosa fonte di
notizie sulla Reggenza di Tunisi nel XVII secolo: Lettere di Giovanni Pagni medico ed ar-
cheologo pisano a Francerco Redi in ragguaglio di quanto egli vidde, ed opero in Tunisi, Fi-
renze, nella Stamperia Margheri, 1829. Taie raccolta è stata illustrata e commentata da S. Bo-
NO, Ricerche scienifiche..., cit. Per notizie su F. Redi cfr. infra nota 19.
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576 ΝΟΤΕ Ε TESTIMONIANZE
(11) Per notizie sulla vita di Giuseppe Cei si vedano le brevi note biografiche redatte
da G. Wiquel sulla rivista livornese «La Canaviglia», anno Π, η. 4 (ottobre-dicembre 1978),
p. 141. Secondo Wiquel il Cei fu membro delPAccademia Livornese ed autore di un «Rag-
guaglio di un viaggio fatto a Tunisi». Qualche perplessità suscitano le date di nascita (1650)
e di morte (1715) riportate da Wiquel: si può affermare con buona sicurezza ehe entrambe
sono scarsamente plausibili giacché sappiamo per certo ehe nel gennaio 1752 il Cei stava an-
cora prestando servizio presso la corte tunisina. Pertanto, se il 1751 è da eseludere corne da-
ta della presunta morte per la considerazione appena svolta, lo è anche il 1650 come data
della presunta nascita, poiché, in tal caso, il Cei avrebbe inverosimilmente goduto di una lun-
ghissima vita (oltre 100 anni).
(12) S. BONO, Medici europeu.., cit., p. 5.
(13) Ibidem, p. 6
(14) I risultati délie sue ricerche furono pubblicati nel Corso di sperienze fatte in Tu-
nis sopra il Veleno degli Scorpioni (d'ora in avanti Corso), allegato al Giornale del Viaggio, di
cui alla nota 17, pp. 62-66.
(15) S. BONO, Medici europei..., cit., p. 6.
(16) G. CEI, Corso, p. 66.
(17) G. CEI, Giornale del Viaggio (d'ora in avanti Giornale), in «Magazzino italiano»,
III, 1753, pp. 56-62.
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NOTE E TESHMONIANZE 577
in questo regno ha creduto appartenere alia storia naturale, ed alia medica eru-
dizione». II risultato delle sue osservazioni venne comunicato alla Società Li-
vornese - délia quale il Cei era socio - ehe prowide alia pubblicazione, gra-
zie alia quale possiamo oggi gettare un'occhiata su alcuni aspetti délia società
tunisina dell'epoca, almeno per come essa veniva percepita da un europeo di
buona cultura, fondamentalmente estraneo alla realtà ehe andava registrando.
I primi cinque giorni del viaggio vengono descritti dal Cei come una mar-
eia quasi forzata in direzione di «Cheroano» (Kairawãn) alla media di quattro
ore di cammino al giorno. Il viaggiatore toscano ha modo di ragguagliarci cir-
ca i resti ben conservati deiracquedotto di Cartagine (Γ giornata) ed alcuni
«avanzi di rovine, fra le quali vi s'incontrarono sparse quantità di colonne, ca-
pitelli, piètre di taglio ec. ed il tutto insieme ci denoto esser questi avanzi Ro-
mani di stima non mediocre» (2a giornata); più avanti «si trovarono ancora due
begli Archi ben conservati, e grandiosi, fabbricati di piètre di taglio, gran quan-
tità di piètre lavorate, e moltissime colonne; fra le quali ve ne erano di tre brac-
cia e più di diâmetro» (3a giornata) (p. 56).
La prima tappa di un certo rilievo (ed anche la prima ehe può essere in-
dividuata esattamente da un punto di vista topográfico) è quella fatta appunto
a Kairawãn dove la spedizione giunge il sesto giorno dopo 4 ore e mezzo di
mareia. Questa l'immagine ehe il nostro trasmette delTimportante centro cul-
turale e religioso tunisino: «II Cheroano è situato quasi nel mezzo ad una bel-
lissima pianura assai maggiore delia Pisana, ma quasi affatto incolta .... Questa
è un resíduo di Città Romana nella Província Zeugitana... e quantunque sia Ia
seconda Città dei Regno, Ia sua popolazione è médiocrissima». Forse a causa
delia brevità delia sosta (un solo giorno), il Cei non dimostra di essere parti-
colarmente colpito dalla millenaria storia artística delia città, anzi nota con una
certa sufficienza ehe la moschea del luogo (famosa per essere una delle più bel-
le del Maghreb) «non ha cosa ehe meriti la minima ammirazione, eccettuata la
Mole delia sua Torre».
Bisogna attendere Fundicesimo giorno di viaggio per registrare un nuovo
evento degno di nota. In quella giornata la spedizione si imbatte nell'accampa-
mento di una tribu beduína: descrivendo l'incontro Giuseppe Cei, forse invo-
lontariamente, fornisce uno spaccato di vita comunitária ehe troverà riscontro
in gran parte delia letteratura antropológica dalla fine del XIX secolo in poi.
In particolare il medico toscano riferisce deirincontro con un marabutto, ehe
per i beduini costituisce il rappresentante vivente delle forze spirituali ehe han-
no generato la comunità tribale, e verso il quale nutrono una devozione totale.
DelTincontro Cei riferisce in questi termini: «In quella giornata ci fer-
mammo a Stdi Ali Benaul Druiso, o sia santo Musulmano ehe dà il nome a que-
sto luogo. E questi un vecchio ottuagenario, il quale colla sua santità ha trova-
to il mezzo di mantenere due mogli con cinque figliuoli.... Tutto il campo fu a
fargli visita, e ciascuno a consultarlo pé suoi bisogni; ed ei cerco di consolar
tutti, donando a ciascuno un Dattilo per devozione; e siccome è questi un san-
to di quei ehe mangiano, tutti al ritorno gli portarono il cento per uno». Dif-
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578 NOTE E TESTIMONIALE
ficile anche per Cei evitare di fare qualche apprezzamento poco lusinghiero su
una figura cosï importante corne fattore di aggregazione délia solidarietà triba-
le: «Raccontaronmi di costui cose ehe passano ogn'immaginazione, e fra l'altre
mi dissero, ehe un suo cenno servi perché si franasse una vetta di colle ... ed
aggiunsero molt'altre ridicole cose» (p. 57). Ma, si sa, il Cei era uomo di scien-
za!
Due giorni dopo la spedizione sosta a Gafsa (Gapsa nel testo), «avanzo
di Città Romana; poiché vi si trovano molti vestigj ehe l'indicano». L'antica città
numidica, importante centro fin dai tempi del re Giugurta, «ci mostra essere
stata di moita cultura, ed estensione»; purtroppo «Al presente non contiene se
non umili, e sudicissime case, con una quantità di baracche, mediocremente po-
polata da gente miserabile». La città ha comunque qualche attrattiva, fra l'al-
tro ospita una piccola struttura termale risalente ai período delia dominazione
romana; inoltre la presenza di un corso d'acqua perenne ha permesso di svi-
luppare una coltura di palme da datteri, le quali, tuttavia, «non producono Dat-
tili di tutta perfezione».
Ancora due giorni di viaggio (e 13 ore di mareia) e si âpre davanti alla
spedizione la grande pianura dello Sciatt el Gerid (Gerit nel testo), ehe è an-
che il primo luogo dove si osservano coltivazioni produttive e soprattutto pal-
meti perfeitamente fruttificanti. Anche qui però, a dispetto delia relativa ferti-
lità dei terreno, le condizioni di vita delia popolazione non sembrano partico-
larmente agevoli; Giuseppe Cei ce le descrive in questi termini: «Qui vi è una
gran quantità di baracche, e una mediocre di case, fatte di mattoni cotti al So-
le, le quali nella loro struttura, e pulizia, poco dissimili sono dalle stalle da pe-
core dé paesi nostrali».
La considerazione ehe il nostro viaggiatore ha délie popolazioni tunisine
non è délie più alte (per usare un eufemismo) e ciò traspare in maniera evi-
dentissima dal breve passo riportato. Altrove, però, la curiosità scientifica ri-
solleva la qualità del resoconto: «La popolazione di questo luogo è piccola, e
miserabile, e venti tra cento d'essa soffre una qualche malattia d'occhj». Difet-
tando la descrizione di un qualche riferimento a sintomi precisi è difficile iden-
tificare di quali malattie il Cei parli. Peraltro si può supporre ehe, a prescin-
dere dalla frequenza dello strabismo (dalla quäle sembra ehe il toscano fosse
stato particolarmente colpito), il medico si riferisca alla vasta gamma di infe-
zioni parassitarie, fra le quali specialmente deletério per le popolazioni nord-
africane è stato sempre il tracoma, ehe causa la cecità.
Qualche ulteriore informazione ci viene fornita circa la dieta seguita da
queste popolazioni: «II loro vitto quotidiano consiste per Io più in Dattili, de
quali si servono in quasi tutte le loro miserabili vivande. Beono, quando è ri-
peribile, copiosamente del latte, e particolarmente da essi è molto stimato quel
di Cammello, e mangiano gran quantità d'erbe» (p. 58).
Il giorno successivo (il diciassettesimo ed ultimo del viaggio) la spedizio-
ne giunge al luogo di destinazione, la città di Tozeur (Tosora nel testo). Situa-
ta sulla sponda nord-occidentale dello Sciatt el Gerid, in mezzo ad una lussu-
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ΝΟΤΕ Ε ΤΕ5ΉΜΟΝΙΑΝΖΕ 579
reggiante oasi, Tozeur gode di un clima mitissimo, «come quello di Maggio nei
nostri paesi», e vi si coltivano soprattutto palme da datteri «delle quali questo
è il luogo il più abbondante nel Domínio di Tunisi». Quanto ai vero e próprio
agglomerato urbano cosi ce ne parla Giuseppe Cei: «Tosora... è uno dei luoghi
del Gerit il più popolato, ed il maggiore, ehe vien composto da quantità di Ba-
racche, e di Case... La sua popolazione monta a quattro mila anime incirca». È
città importante, sede del «Caito» (qaïd), o governatore distrettuale, e vi si tie-
ne periodicamente un bazar, ossia il mercato, rinomato soprattutto per il com-
mercio di schiavi negri sudanesi portati in città da sud aile numerose carovane
ehe nella stagione invernale percorrono le canoniche rotte commerciali coper-
te dalla tratta transahariana (18),
La spedizione si trattiene a Tozeur dal 29 dicembre 1751 alla fine di gen-
naio del 1752: in questo lasso di tempo Giuseppe Cei si dedica principalmen-
te all'osservazione delle palme e dei metodi di coltivazione usati dagli abitanti
delPoasi. Il perché di quest'interesse per questioni botaniche ed agronomiche
viene chiarito dall'autore stesso con queste parole: «Io aveva meco l'opère del
diligentíssimo Medico Osservatore il Sig. Francesco Redi, e in leggendole tro-
vai esser lui stato malamente informato di quanto ha scritto sopra le Palme; co-
si pensai di notare fedelmente quanto su questo soggetto mi fosse possibile rac-
coglie; sperando ehe questa, ed altre mie deboli, ma sincere fatiche sarebbono
servite»(19) (p. 59).
Le ricerche compiute non si devono tuttavia al solo amore per la scienza,
pare anzi ehe gli fossero state in qualche modo espressamente commissionate
dai suoi protettori, il marchese Ginori, governatore di Livorno, e monsignor Fi-
lippo de Venuti preposto in quella città, ai cui buoni uffici Giuseppe Cei do-
veva il suo viaggio in Tunisia (20).
Dalla lunga descrizione delle teeniche di coltivazione è di raccolta dei frut-
ti si apprende, fra l'altro, ehe «la vendemmia di essi segue nel mese di Set-
tembre», ehe «Si contano quindici sorta di Dattili» (p. 60) e ehe dalla loro la-
vorazione si ricava un liquore molto apprezzato, chiamato «Legmi» (leghbi).
Tozeur, insieme a Gafsa - e aile tre oasi di El Hamma (Hachama nel te-
sto), Nefta (Nafta nel testo) e Lodian (cosi nel testo) - costituisce uno dei di-
stretti «ehe abbondano di Dattili, e dal dazio annuo, ehe pagano di quaranta-
(18) In générale sulPargomento délia tratta Trans-sahariana si veda R.A. AUSTEN, The
Trans-Saharan Slave Trade: a Tentative Census, in H. GEMERY - J. HAGENDORN (Eds), The
Uncommon Market: Essays in the Economic History of the Atlantic Slave Trade, New York,
1979, pp. 23-76; più in particolare per notizie sul fenómeno delia tratta lungo la direttrice
tunisina cfr. C.W. NEWBURY, Norh African and Western Sudan Trade in the nineteenth cen-
tury: a réévaluation, in «Journal of African History», VII, 2 (1966), pp. 233-246; lo studio è
valido anche per l'ultimo scorcio del XVIII secolo.
(19) G. CEI, Giornale..., cit, p. 59. Su Francesco Redi, grande studioso e medico per-
sonale dei granduchi di Toscana Ferdinando III e Cosimo III si veda F. REDI, Osservazioni
intorno alle vipère colla vita dell'autore scritta da Salvino Salvini, in «Biblioteca Scientifica»,
III, 1885, pp. 1-96.
(20) G. CEI, Giornale..., cit., p. 59, nota 1.
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580 ΝΟΤΕ Ε TESTIMONIANZE
mila Pezze delia rosa a quei Bey si giudicherà quanto sia numerosa la quantità
délie piante, tassate intorno a una crazia Tuna, senza contare quelle ehe vanno
in contrabbando».
Nei dintorni di Tozeur, inoltre, il medico toscano nota Pesistenza di una
vasta depressione «arenosa, e árida», detta «Mare di Faraone» (lo Sciatt el Ge-
rid, presumibilmente) dove si trovano estese miniere di sale, «e di questo vi è
una quantità taie, ehe da lontano apparisce lucentissima quella pianura vasta,
benché di Gennaio, e particolarmente nel mezzo giorno» (p. 61).
Tirando le somme délia sua esperienza Giuseppe Cei, fedele all'approccio
seguito nella stesura di tutto il resoconto, non manca di notare malignamente:
«NelTestensione del viaggio nominato, ehe monta quasi a 300. miglia non in-
contrai nella sparsa campagna se non pochissime baracche, e in circa a 400.
Mori, i quali penso ehe vivono come le lumache; poiché li vedeva venire, uscen-
do dalle loro tane nel campo a raccorre avidamente i pochissimi grani d'orzo,
ehe cascavano dalle tasche dei cavalli, mentre la mangiavano, e ansiosamente
scorticare i Cammelli morti nel campo per mangiarseli. Avevano questi una fac-
eia squallida, e magríssima, ed erano vestiti d'un pezzo di tela lana sudicissima,
ehe appunto serviva a coprire le loro pudende» (p. 62).
ClNZIA BUCCIANTI
Appendice(*)
[p. 56] Giornale del Viaggio, ehe lf erudito Signor Giuseppe Cei Chirurgo
già di Sidy Unes Bey ha fatto nell'anno 1751 dentro il Regno di Tunis verso la
parte di mezzogiorno col campo di esso Bey; nel quale giornale ha egli notata la
natura, e cultura del terreno, ehe s incontra, la sua popolazione, e qualche avan-
zo di Antichità Romana presentatasegli in passando; come ancora tutto quello ehe
in questo Regno ha creduto appartenere alla storia naturale, ed alla medica eru-
dizione. Questa memória ha egli comunicata alla illustre Società Livornese, délia
quale il medesimo è uno dei Socj.
Prima giornata. Partimmo dal Bardo, soggiorno de i Bey di Tunis, il di
13. di Décembre 1751. ehe ragguaglia il 23. délia luna di S/ha e camminammo
quattr'ore e mezzo di strada, meta piana, ed il resto di piccola collina. S'in-
contrò in questa una striscia di quegli archi ben conservati, ehe dal zaguan, di-
(*) AwERTENZE: Per la trascrizione del Giornale si sono osservati i seguenti criteri.
Abbiamo conservato l'uso délie maiuscole, délia punteggiatura, degli accenti, degli apo-
strofï e dei caratteri tipografici (stampatello, corsivo) riscontrato nell'originale. I termini fra
parentesi quadre costituiscono ripetizioni nel testo. Le due sbarrette verticali indicano il cam-
biamento di pagina: nel testo è richiamata la paginazione originale. Le note al testo delia tra-
scrizione sono nelToriginale: la loro numerazione è stata rispettata. Sono state eliminate le ri-
petizioni di parole trovate a fine pagina. In cake alla trascrizione è indicata la fonte del do-
cumente
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NOTE E TESTIMONIANZE 581
A. PEIACE
IV. Camminammo ore quattro e mezzo di strada quasi tutta collina. Si tro-
varono in questa giornata tre avanzi di rovine, una delle quali di qualche stima.
V. Camminammo ore quattro e mezzo di strada quasi tutta piana. Si tro-
varono sopra la medesima quattro avanzi di rovine di non moka considerazio-
ne. In questa giornata si passo un piccolo fiume, ehe è il maggiore ehe abbia
incontrato.//
[p. 57] VI. Camminammo ore quattro e mezzo di cammino piano. S'in-
contrarono sopra l'istesso sei avanzi di rovine, e ci fermammo cinque miglia
presso al Cheroano.
Il Cheroano è situato quasi nel mezzo ad una bellissima pianura assai mag-
giore délia Pisana, ma quasi affatto incolta; poiché alla riserva di pochissimo se-
minato altro non vi si vede.
Questa è un risiduo di Città Romana nella Província Zeugitana' ma di ciò
non ne abbiamo altr 'indizj, ehe la quantità di colonne, ehe da per tutto sparse
si trovano, ed il numero grande delle Monete, ehe vi s'incontrano. Al presente
ha mutata la sua prima faceia, ed è d'una piccola estensione; e quantunque sia
la seconda Città del Regno, la sua popolazione è mediocrissima. Qui è una Gem-
ma, o sia Chiesa Maomettana, la quale mi dissero essere la più rispettabile do-
po la Mecca; ma con tutto ciò non ha cosa ehe meriti la minima ammirazione,
eccettuata la Mole delia sua Torre.
VIL Camminammo ore cinque e mezzo di strada tutta piana. S'incontra-
rono in questa piccoli avanzi di rovine.
VIII. Camminammo ore quattro e un terzo di strada quasi tutta di pic-
cola collina. Si trovarono sopra la medesima tre avanzi di rovine.
IX. Camminammo ore cinque di strada tutta piana. S'incontrarono sopra
la medesima quattro avanzi di rovine, e si passo un piccolo fiume.
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582 ΝΟΤΕ Ε TESTIMONIANZE
(1) Si trova in Tolomeo, e nelTItinerario antico una Città Romana nella Província me-
diterrânea Byzacense chiamata Capfe.
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ΝΟΤΕ Ε ΤΕ5ΉΜΟΝΙΑΝΖΕ 583
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584 ΝΟΤΕ Ε TESTIMONIANZE
guiti gli ordini, e soddisfatto ai dottissimi desiderj di quei ehe mi faro sempre
somma gloria di potere obbedire(3).
La Palma qui vegeta più ehe [ehe] altrove in certe basse vallate di terre-
no arenoso, e dove sono moite sorgenti d'acqua calda salmastra; la quale rac-
colta tutta in un perenne alveo, per mezzo di piccoli intersecanti canali, serve
ad innacquare le medesime ogni sei giorni una volta; ed a ciascun Proprietário
tocca tant'ore determinate per innacquare le sue Piante. Per misurare il tempo,
onde distribuire quest'acque, si servono di boccali pieni d'acqua pertugiati in
fondo, e quanto dura la medesima ad uscire, tanto scorre per il Canale di cia-
scun Proprietário quella, ehe gli è stata concessa dal Comandante del luogo.
La Palma non ha bisogno di altra cultura, ehe di essere innacquata, e pu-
lita dalle frondi,// [p. 60] ehe le sono a carico, e ciò si fa dal mezzo Aprile fi-
no alla meta di Maggio; ed in questo tempo fanno l'innesto del maschio colla
femmina: cosa oramai invecchiata, e creduta da quei Popoli per esperienza ne-
cessária; perché dicono, ehe senza taie unione producono queste un frutto sen-
za polpa, ehe mai non matura, né contiene veruna dolcezza. La sola femmina
fa i Dattili; e le rame del mascio, ehe sono assai più piccole délie femmine, re-
stando immaritate, se ne vanno tutte in rigoglio, ed indi seccano.
È tanto fécondante il polviscolo del maschio, ehe una rama di esse serve
per fecondarne cinquanta délie femmine. Per far Tunione del maschio colla fem-
mina pigliano una rametta di esso carica di quella polvere bianca, dolce, fé-
condatrice, ed indi con una foglia di Palma la legano fra le tenere rame dei
Dattili, nascenti dal crepato Mallo, le quali appoco appoco crescendo si disfanno
di quella foglia, onde loro fu unito il maschio. Mi hanno assieuf ato ehe quin-
dici giorni basterebbe tal unione, ma ve la lasciano stare sino ehe da se non ca-
schi per non accrescersi un'inutile fatica. Quel Mallo, ehe ho nominato, e ehe
è il primo stame dei Dattili, è di colore di cannella un poco cangiante in ver-
de. Nasce tra fronda e fronda alTintorno del capo delia Palma, e quando è al-
la grandezza di mezzo braccio incirca principia a crepare, e dalle crepature spun-
tano le rame dei Dattili nascenti.
Una Palma fruttificante ehe sia rarissime volte fará venti rame, délie qua-
li son ben rare quelle, ehe giungono al peso di trenta libbre, quando il Dattilo
è maturo, ed è arrivato alla sua perfezione; alla quale più sicuramente giugne
se non è mai bagnato dall'acqua piovana. La vendemmia di essi segue nel me-
se di Settembre, ed allora quando di verdi ehe erano, hanno acquistato un co-
lor giallo, ed hanno mutato il sapore dall'aspro in dolce. Dopo ehe sono ven-
demmiati, accavallano le rame sopra a certi travi, ehe passano da muro, e mu-
ro délie loro case, le quali consistendo per Io più in una sola stanza, ehe serve
(3) Tali furono le commissioni, e i desiderj, ehe mostrarono S.E. il Sig. Marchese Gi-
nori Governatore di Livorno, aile cui proposizioni aderendo mi portai in Tunis al servizio di
Sidy Unes Bey; e Monsignor Filippo de' Venuti Proposto di Livorno, ambidue assai noti per
gli rispettabili impieghi, ehe sostengono, e per le loro virtuose inclinazioni all'accrescimento
délie arti, e scienze.
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ΝΟΤΕ Ε ΤΕ5ΉΜΟΝΙΑΝΖΕ 585
di sala, camera, e cucina, cosi al riverbero del fuoco ehe ci fanno, acquistano
tutta la loro perfezione. Quei ehe cascano, ed altri, ehe debbono servire per lo-
ro consumo li pongono in un coppo di mattoni assai grande, ehe si può chia-
mare la loro dispensa, pertugiato in fondo; per dove cavano come il mosto dei
medesimi Dattili, e dei quale se ne servono per condire il loro mangiare, com-
posto per Io più delia meta di essi Dattili. Altri bene stivati li pongono in sac-
ca, o secche pelli d'agnelli, e questi vanno tutti in commercio, siccome una gran
quantità di esse rame. Ed i miserabili Ebrei, ehe per principio di religione, o
altro fine sono ivi stabiliti, ne cavano 1'acquavite, Ia quale sarebbe buona, se
fosse priva dei puzzo di fumo.
Si contano quindici sorta di Dattili, tutti di un sapore dol//[p. 61] ce, di
différente nocciolo, ma delia medesima figura, e di varia grandezza, e d'un co-
lore in générale d'un giallo castagno sbiancato, e questi nominatamente si chia-
mano 1. Dattilo Deghela, 2. Menachera, 3. Chorra, 4. Bufagosi, 5. Trongi, 6. Ali-
gh, 7. Gondi; 8. Mantur, 9. Gentiscia, 10. Rist, 11. Ghers, 12. Deghela beid, O
SI A BIANCA, 13. Seba bedrè, 14. Aligh rubati, 15. F temi. Gapsa, VUachama, Lo-
diar, Tosora e Nafta, sono i cinque luoghi, ehe abbondano di Dattili, e dal da-
zio annuo, ehe pagano di quarantamila Pezze delia rosa a quei Bey si giudicherà
quanto sia numerosa Ia quantità delle piante, tassate intorno a una crazia Tuna,
senza contare quelle ehe vanno in contrabbando. Per ritornare alla Palma: reci-
sone da essa quasi tutto il capo, e spogliata delle frondi, gocciolano nel corso
d'un giorno dieci libre di liquore d'un colore biancastro, ehe è dolce, e grato al
gusto; e continua a dare una tal quantità per un mese, la quale appoco appoco
va sempre diminuendo, finché nel quarto mese totalmente finisce. Se questo ta-
glio le sarà fatto da un bravo agricoltore non ne muore, ed il secondo anno ne
ripullulano le frondi, e nel terzo di nuovo hannossi i Dattili.
Questo liquore, ehe si chiama Legmi, se si lascia fermentare, diviene spi-
ritoso, capace d'ubbriacare, e se si lascia passare una seconda fermentazione, si
fa acetoso, e di esso se ne servono per condire.
Il cervello, o midolla délia Palma, ehe si chiama Moco, è bianca corne il
raviggiuolo, di sapore lattoso, ma nauseante. E questo è quanto mi è stato pos-
sibile raccorre intorno le Palme.
Quell'acqua ehe io nominal, ehe serve ad innaffiar le Palme, dopo ehe la-
scia le medesime si perde in una vastíssima pianura tutta arenosa, e arida, det-
ta da quei Popoli Mare di Faraone, dove uno fra la rena può facilmente restar
sommerso. Non mancano di ciò esempj; onde a tal fine vi sono segnali indi-
canti la strada, o si piglia un Piloto da quei, ehe con maggior sicurezza voglio-
no viaggiare.
Intorno al luogo dove si perde quest'acqua vi raccolgono il Sale, e di que-
sto vi è una quantità taie, ehe da lontano apparisce lucentissima quella pianu-
ra vasta, benché di Gennajo, e particolarmente nel mezzo giorno, quando dal-
la forza dei raggj solari vien quell'acqua condensata.
Si trovano in quelle parti delle Vipère colle corna, ma siccome era d'in-
verno le trovai tutte intanate.
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586 ΝΟΤΕ Ε TESTIMONIANZE
(4) II Signor Shau più diffusamente ha descritto questo Regno, assistito dalla gentilëz-
za del Padre Ximenes Trinitario; il quale coll'ajuto, e favore di Assen Ben Aly Bey ebbe agio
di considerare a palmo a palmo quel Domínio; dove il nostro Signor Cei ha dovuto fare que-
sto viaggio col Campo, e seguire sempre da vicino il suo Padrone Sidy Unes Bey: sprowe-
duto di quegli ajuti, ehe gli abbisognavano a rendere più compito questo suo Giornale.
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