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24.1 DEFINIZIONE
Le sindromi coronariche croniche si identificano con l’angina stabile o angina cronica, termine che definisce una sindrome
caratterizzata da attacchi di ischemia miocardica che si producono in circostanze simili, relativamente prevedibili e
riproducibili, generalmente associate a sforzo fisico.
Meno della metà degli episodi ischemici si accompagna a sintomatologia dolorosa e la gran parte degli attacchi ischemici
è quindi silente.
L’esordio dell’angina pectoris rappresenta sempre, per definizione, un momento di instabilità: successivamente la forma,
se non evolve verso eventi coronarici maggiori, può entrare nella forma cosiddetta “stabile”.
L’aggettivo stabile che caratterizza questa sindrome coronarica deve essere inteso:
- come espressione della costanza e ripetibilità delle condizioni in cui si produce l’episodio ischemico
- come espressione della stabilità nel tempo della frequenza e della severità degli episodi di angina.
Questa sindrome ischemica è caratterizzata da una bassa incidenza di eventi maggiori (morte improvvisa, infarto
miocardico) a breve e medio termine.
Il livello di attività a cui compare l’angina o l’ischemia viene definito soglia del dolore o dell’ischemia. La soglia del
dolore può essere calcolata empiricamente, dal racconto del paziente, sulla base della comparsa dei sintomi e del momento
di inizio e del tipo di attività fisica che ha provocato l’angina, oppure può essere definita da parametri ergometrici (minuti
di esercizio, doppio prodotto, carico di lavoro) al momento della comparsa di ischemia elettrica (sottoslivellamento di
ST) o del dolore.
Quando le variazioni della soglia sono particolarmente evidenti, l’angina perde la sua caratteristica di stabilità sintomatica
(angina a soglia variabile) ma può mantenere la stabilità clinica e la scarsa incidenza di eventi maggiori nel follow up a
breve e medio termine.
24.2 PATOGENESI
Il meccanismo patogenetico più comune dell’angina stabile è l’aumento del consumo miocardico di ossigeno, per lo più
dovuto ad esercizio fisico, non accompagnato da un parallelo aumento del flusso coronarico. Pertanto l’angina cronica
stabile è generalmente una angina da sforzo.
L’incapacità di aumentare il flusso coronarico in maniera adeguata all’aumento delle richiesta metaboliche del miocardico
può dipendere da una molteplicità di fattori tra cui: presenza di una stenosi coronarica severa che riduce marcatamente la
riserva coronarica, risposta vasocostrittiva del microcircolo distalmente ad una placca aterosclerotica, alterazioni del
metabolismo energetico miocardico, etc
In qualche caso, l’angina può comparire in condizioni di riposo muscolare, quando, per altri meccanismi, si verifica
comunque un aumento della frequenza cardiaca e/o della pressione arteriosa.
Il dolore anginoso
Un dolore toracico può aver origine da numerose strutture (cuore, pericardio, grossi vasi, polmone, pleura, esofago,
stomaco) e dipendere da patologie osteo-articolari, nervose o muscolo-cutanee della parete toracica. L’anamnesi
rappresenta il primo e spesso anche il più utile approccio nella diagnosi di angina pectoris.
Il dolore anginoso tipico è definito coi termini di costrizione, oppressione, peso, bruciore, ed è frequentemente associato
a malessere generale ed ansia. La sede tipica è retrosternale con irradiazione lungo il lato ulnare dell’avambraccio sinistro
e la mano, oppure alla mandibola, al collo, ad entrambe le braccia ed ai polsi o al dorso. Altre sedi del dolore sono
l’epigastrio o l’emitorace destro con irradiazione all’avambraccio omolaterale. Tipicamente il dolore insorge
gradualmente, raggiunge la massima intensità entro un minuto e recede spontaneamente dopo 2-10 minuti con la
cessazione del fattore scatenante o con la somministrazione sub-linguale di nitrati. Altre condizioni che possono
determinare l’insorgenza di angina sono il rapporto sessuale, gli stress emotivi, l’esposizione al freddo, un pasto
abbondante o una associazione di questi fattori (Figura 1). Pertanto in alcune condizioni l’attacco anginoso può
manifestarsi anche indipendentemente da uno sforzo fisico.
Anche se un dolore anginoso tipico si associa generalmente ad una o più stenosi coronariche, è importante tener presente
che si può avere angina da sforzo anche in pazienti con valvulopatia, miocardiopatia ipertrofica, ipertensione,
miocardiopatia dilatativa ed in soggetti senza evidenti anomalie miocardiche o coronariche (sindrome X).
In ciascun paziente, in caso di recidiva anginosa, la sintomatologia tende a riprodursi sempre con le stesse caratteristiche
di sede, irradiazione, etc, anche a distanza di molto tempo.
Pur essendo la sintomatologia anginosa il cardine della diagnosi di angina, bisogna sempre tener presente che gli episodi
ischemici possono manifestarsi con sintomi diversi dal dolore come dispnea e facile stancabilità, e che oltre la metà degli
episodi ischemici possono essere privi di sintomi (ischemia silente).
Le più comuni forme morbose da considerare in diagnosi differenziale con l’angina stabile sono: l’aneurisma dell’aorta
toracica, l’ernia hiatale con esofagite da reflusso, lo spasmo o reflusso esofageo da sforzo, la distensione diaframmatica,
l’ipertensione polmonare, il pneumotorace, le patologie osteo-articolari o neuro-muscolari della parete toracica.
Esame obiettivo
L’esame obiettivo di un paziente con angina stabile non evidenzia di solito reperti diagnostici. Si possono, tuttavia,
identificare elementi che aumentano la probabilità di coronaropatia, come la presenza di vasculopatia aterosclerotica
sistemica, l’ipertensione arteriosa, i depositi lipidici cutanei. L’esame obiettivo eseguito durante un episodio ischemico
può evidenziare reperti significativi come la comparsa di 3° o 4° tono, di soffio da rigurgito mitralico, uno sdoppiamento
paradosso del 2° tono (vedi Capitolo II) o di rantoli basilari che scompaiono poco dopo la cessazione dell’episodio
anginoso.
Le modificazioni transitorie dell’attività elettrica e contrattile cardiaca e della perfusione miocardica che si accompagnano
ad episodi ischemici provocati in laboratorio possono essere documentate con adeguate metodologie. Questa
documentazione costituisce la base della diagnosi strumentale di angina da sforzo.
La clinica
Nei pazienti con sindromi coronariche croniche, il rischio aumenta con l’aumentare della gravità dell’angina e con il
peggiorare della funzione ventricolare sinistra secondo la classe NYHA, con la comparsa di sintomi e segni di
insufficienza di pompa durante sforzo o angor, e se sono presenti episodi sincopali, eventualmente associati allo sforzo o
all’angina.
La prognosi peggiora inoltre con l’età avanzata, se il paziente ha nella storia un infarto miocardico, se soffre di
ipertensione arteriosa, se continua a fumare.
ECG da sforzo
Il test da sforzo rimane la modalità di valutazione più frequentemente utilizzata nella gestione del paziente ischemico.
Il test, analizzato in termini quantitativi relativamente al momento di comparsa e alla entità delle alterazioni ECG,
all’andamento dei parametri emodinamici e clinici rilevabili durante esercizio, consente di ottenere informazioni
prognostiche sufficienti per un corretto inquadramento clinico del paziente.
L’entità del sottoslivellamento di ST si correla con la gravità della coronaropatia: maggiore è il grado di sottoslivellamento
di ST più alta è la prevalenza di stenosi del tronco comune o di malattia trivasale. Anche il sottoslivellamento asintomatico
di ST è prognosticamente importante, indipendentemente dalla presenza o assenza di angina: la gravità della coronaropatia
e la mortalità a distanza dei pazienti con sottoslivellamento asintomatico di ST sono analoghe a quelle dei pazienti che
manifestano angina durante sforzo.
Il mancato incremento della pressione arteriosa o la sua riduzione durante esercizio individua pazienti con coronaropatia
estesa ed è indicativo di un rischio elevato di eventi cardiaci gravi. La comparsa di sintomi e/o segni di ischemia per bassi
carichi di lavoro identifica pazienti a rischio elevato.
Coronarografia
La prognosi è peggiore nei pazienti con malattia del tronco comune dell’arteria coronaria sinistra, nei pazienti con malattia
coronarica multivasale o con lesione critica sul tratto prossimale dell’arteria discendente anteriore, nei pazienti con
depressa funzione ventricolare sinistra.