Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
ODIO PER I COMPUTER - Rambaldi era un artista vecchio stampo,un artigiano del set
che odiava, su tutti, il computer: «Si è persa la magia, come quando un prestigiatore
rivela i suoi trucchi ai presenti. Adesso tutti i ragazzi possono creare i propri effetti
speciali con il computer di casa» diceva a chi gli chiedeva del suo lavoro. «Il digitale
costa circa otto volte più della meccatronica. E.T. è costato un milione di dollari,
l'abbiamo realizzato in tre mesi. Nel film ci sono circa 120 inquadrature. Se noi
volessimo realizzare la stessa cosa con il computer ci vorrebbero almeno 200 persone
per un minimo di cinque mesi» ha detto.
OSCAR - Rambaldi ha vinto l'Oscar per i migliori effetti speciali per ben tre volte: il
primo con King Kong di John Guillermin del 1976, per il quale crea un gorilla robot
alto 12 metri. Nel 1979, insieme a Hans Ruedi Giger, contribuisce a dare vita alla
creatura aliena protagonista di «Alien» di Ridley Scott. Con Steven Spielberg iniziò a
collaborare nel 1977 per «Incontri ravvicinati del terzo tipo», ma è stato nel 1982 che è
arrivato il capolavoro che ha commosso il mondo intero con il protagonista di E.T.
l'extra-terrestre. Nel 1984 Rambaldi è stato chiamato da David Lynch per creare i
titanici vermi delle sabbie e gli inquietanti Navigatori della Gilda spaziale protagonisti
di «Dune».
IL PROCESSO PINELLI - Nella sua lunga vita piena di successi due episodi che
entrano nella cronaca e che dicono molto della sua professionalità. Nel 1971, per
l'istruttoria delle circostanze della morte di Giuseppe Pinelli, il magistrato inquirente
chiese il suo aiuto per ricostruire le modalità di caduta del corpo. E Rambaldi fornì un
manichino ad hoc simil-Pinelli.
PUPI AVATI - «Sono molto dispiaciuto» commenta il regista Pupi Avati che aveva
lavorato con Rambaldi nel «La mazurka del barone, della santa e del fico fiorone» del
1975. «Ho conosciuto Rambaldi molto prima del suo grande successo - spiega Avati -
prima che Dino De Laurentiis lo portasse in America. Ma giá allora era considerato una
specie di genio».
Carlotta De Leo