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ISBN 978-88-490-0632-2
III
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CURATORI
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Indice
INTRODUZIONE VII
CAPITOLO 1 1
INQUADRAMENTO CLINICO E IMPATTO DELL’EMICRANIA
Piero Barbanti
Introduzione 3
Epidemiologia 3
Quadro clinico 4
Cause e meccanismi 5
Comorbilità 6
Disabilità 6
Costi 7
Utilizzo di risorse 8
Terapia 8
Assistenza e ricerca sulle cefalee in Italia 9
Conclusioni 10
CAPITOLO 2 15
IL COSTO SOCIALE DELL’EMICRANIA: QUANDO AD AMMALARSI
È UNA DONNA
Nicoletta Orthmann
Emicrania: quando il “mal di testa” è la malattia 17
Donne, dolore cronico, emicrania e comorbilità 18
Multitasking e caregiving: i molteplici ruoli della donna 19
Dall’impatto individuale all’impatto sociale dell’emicrania 20
CAPITOLO 3 25
IMPATTO SOCIO-ECONOMICO DELL’EMICRANIA IN ITALIA.
QUANDO IL GENERE FA LA DIFFERENZA
Carla Rognoni, Rosanna Tarricone, Aleksandra Torbica
Introduzione 27
Il costo dell’emicrania. Cosa sappiamo oggi 28
VI EMICRANIA: UNA MALATTIA DI GENERE
CAPITOLO 4 67
CONCLUSIONI
VII
Introduzione
La Medicina di Genere (MdG) rappresenta un approccio biomedico finalizzato a prevenire,
diagnosticare e curare tutte le malattie comuni ai due sessi e che spesso incidono diversamente
su uomo e donna. L’emicrania è una di queste: è una patologia molto diffusa e invalidante che
colpisce il 12% degli adulti in tutto il mondo con una prevalenza tre volte maggiore nelle don-
ne, rappresentando quindi una patologia di grande interesse nell’ambito della MdG. L’emicra-
nia ha un forte impatto sia sulla qualità della vita che sui costi diretti e indiretti sostenuti dalla
società e viene ormai considerata un importante problema di salute pubblica.
La valutazione delle caratteristiche cliniche di questa patologia e del suo impatto sia economico
che sociale potrebbe fornire informazioni molto importanti sulle possibili azioni da intrapren-
dere da parte dei decisori e del Servizio Sanitario Nazionale. Per questi e per molti altri motivi il
Centro di Riferimento per la Medicina di Genere dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) ha voluto
presentare i risultati conseguiti grazie alla collaborazione con il CERGAS SDA Bocconi School of
Management sull’impatto di questa patologia sulla società da un punto di vista socio-economi-
co e sanitario, con particolare attenzione alle differenze di genere.
Unico in Europa, il Centro di Riferimento per la Medicina di Genere dell’ISS si configura come
polo di ricerca d’eccellenza e motore propulsore per lo sviluppo clinico-sanitario della MdG
in Italia. Ciò anche e soprattutto grazie al recente ddl entrato in vigore il 15 febbraio 2018
(“Applicazione e diffusione della medicina di genere nel Servizio Sanitario Nazionale”, art. 3
della Legge 11 gennaio 2018 n. 3, “Delega al Governo in materia di sperimentazione clinica
di medicinali nonché disposizioni per il riordino delle professioni sanitarie e per la dirigenza
sanitaria del Ministero della Salute”) che affida all’ISS la stesura di un piano sanitario dedicato.
Il Centro ha infatti il compito di individuare le basi fisio-patologiche responsabili delle differen-
ze di genere e sviluppare una rete di centri italiani che si occupino di MdG implementandola
a livello europeo. Fortemente voluto dal Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, Professor
Walter Ricciardi, e inizialmente guidato dal Professor Walter Malorni, il Centro è ora diretto dal-
la Dottoressa Alessandra Carè. Lo studio delle differenze tra i sessi e lo sviluppo di una medicina
specifica per donne e uomini rappresentano oggi il principale obiettivo del Centro. D’altronde,
tutti i maggiori organismi internazionali, compresi gli organismi istituzionali europei, hanno
raccomandato che le attività di ricerca, sia preclinica che clinica, tengano conto di queste diffe-
renze promuovendo lo sviluppo di una medicina di precisione e personalizzata, di una medicina
quindi sempre più “su misura” per ciascun individuo.
VIII EMICRANIA: UNA MALATTIA DI GENERE
Come detto, la medicina di genere consiste nello studio dell’influenza del sesso (cioè l’aspetto
biologico delle differenze) e del genere (termine che ha un’accezione più vasta e che compren-
de anche aspetti socio-culturali come, ad esempio, gli stili di vita) sulla fisiologia e sulle pato-
logie umane che colpiscono sia gli uomini che le donne. La ricerca epidemiologica, che studia
la differente distribuzione e frequenza delle malattie e di eventi di rilevanza sanitaria in una
popolazione, ha svolto un ruolo fondamentale nell’evidenziare quante e quali difformità siano
riscontrabili tra uomini e donne. I dati derivanti da questo tipo di ricerche, effettuate negli anni
in tutti i Paesi occidentali, indicano chiaramente come le differenze tra donne e uomini nell’in-
cidenza della maggior parte delle patologie siano rilevanti. Su queste basi, la ricerca biomedica
in questo campo sta quindi affrontando tutte quelle patologie (degenerative, metaboliche,
infettive, immunitarie e tumorali) che, pur manifestandosi sia nelle donne che negli uomini,
presentano differenze nell’incidenza, nelle caratteristiche cliniche o nelle risposte alle terapie. E
l’emicrania è proprio una di queste.
Proprio per mettere in evidenza le differenze di genere all’interno di una patologia considerata
tra le più invalidanti al mondo, l’ISS ha deciso di collaborare con un’importante istituzione
come il CERGAS SDA Bocconi School of Management per cercare di chiarire quanto essere
uomo o donna contribuisca:
• all’onere sociale e individuale della patologia emicranica;
• ai costi diretti non sanitari e alle perdite di produttività associate all’emicrania;
• all’impatto dell’emicrania sulla qualità della vita dei pazienti;
• all’effetto dei diversi percorsi di gestione sulla qualità della vita dei pazienti e sulla relativa
ricaduta sanitaria.
Visto il ruolo fondamentale che l’Istituto Superiore di Sanità svolge nell’ambito del Servizio
Sanitario Nazionale, il complesso delle attività realizzate potrebbe contribuire alla definizione di
nuove strategie di prevenzione e di cura genere-specifiche di rilevanza nelle politiche sanitarie e
nello sviluppo dell’appropriatezza terapeutica.
CAPITOLO 1
INQUADRAMENTO CLINICO
E IMPATTO DELL’EMICRANIA
Piero Barbanti
CAPITOLO 1 | Inquadramento clinico e impatto dell’emicrania 3
Introduzione
L’emicrania non è un sintomo ma una malattia neurologica che affligge soprattutto il sesso
femminile e rappresenta la terza patologia più frequente e la seconda più disabilitante del ge-
nere umano secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) [GBD 2017].
Oggi l’emicrania è una delle patologie neurologiche sulle quali è disponibile il maggior numero
di conoscenze scientifiche e per le quali è disponibile il maggior numero di farmaci innovativi,
specifici e selettivi.
Epidemiologia
L’emicrania predilige nettamente il sesso femminile manifestando un rapporto donna/uomo
pari a 3:1. Nella donna compare soprattutto dopo il menarca (in epoca prepuberale ne sono af-
fetti invece maggiormente i maschi) raggiungendo il massimo della sua prevalenza nella quarta
e quinta decade di vita, quindi nel periodo di maggiore produttività lavorativa e sociale dell’in-
dividuo. L’emicrania segue fedelmente l’andamento delle fluttuazioni degli ormoni sessuali
femminili, presentando fasi di maggiore acuzie e severità nei giorni delle mestruazioni e dell’o-
vulazione. Manifesta tipicamente un miglioramento nel corso del II e III trimestre di gravidanza
per poi riaffiorare in tutta la sua disabilità dopo il puerperio e l’allattamento. La scomparsa
dell’emicrania con la menopausa è tutt’altro che una regola dal momento che in 1/3 delle
donne persiste in forma immodificata mentre in 1/3 manifesta al contrario un peggioramento
[Vetvik e MacGregor 2017].
La letteratura stima una prevalenza dell’emicrania pari al 14% della popolazione mondiale. Se
ci si focalizza però nel periodo compreso tra pubertà e menopausa, circa il 27% delle donne
ne risulta affetto. Studi condotti sulla popolazione italiana hanno dimostrato percentuali ben
più alte e preoccupanti. Una celebre indagine di popolazione svolta mediante intervista diretta
su 904 adulti abitanti a Parma, ha dimostrato una prevalenza dell’emicrania pari al 24,7%,
4 EMICRANIA: UNA MALATTIA DI GENERE
corrispondente al 32,9% delle donne e al 13% degli uomini [Ferrante et al. 2012]. Numeri
ancora maggiori per la nostra penisola giungono di nuovo da uno studio di popolazione su
3500 soggetti della ASL di Pavia intervistati mediante questionario postale che ha evidenziato
una percentuale di soggetti affetti pari al 42,9% (54,6% nel sesso femminile, 32,5% in quello
maschile) [Allena et al. 2015].
Quadro clinico
L’emicrania è una tempesta che dura diversi giorni. Rappresenta un processo multifasico se-
quenziale in quanto può comparire già 24 ore prima del dolore con sintomi vaghi quali stan-
chezza, irritabilità, depressione, sbadiglio, particolare appetito per dolci (e tra questi il ciocco-
lato) per poi sfociare nell’attacco vero e proprio che dura dalle 4 alle 72 ore. In questa fase si
sommano drammaticamente un dolore severo, riguardante tipicamente una metà del capo, e
un corteo di sintomi vegetativi quali la nausea, spesso molto intensa, e il vomito, caratterizzato
talora da conati ripetuti. Il dolore è pulsante e si esaspera con il benché minimo movimento,
costringendo il soggetto a ritirarsi in disparte, isolato da rumori e luci verso i quali diviene sensi-
bilissimo. Spesso l’emicranico non riesce nemmeno a sdraiarsi in quanto il dolore può diventare
ancora più martellante; ne deriva una postura sofferente, spesso in poltrona, nella penombra.
Ma l’attacco non finisce qui: segue la fase post-dromica, della durata pari a 24-48 ore, domi-
nata da insofferenza, prostrazione, scadimento dell’umore, necessità continua di urinare. Nel
30% dei soggetti, la fase dolorosa è preceduta dalla cosiddetta aura, cioè da un sintomo neu-
rologico focale (in genere disturbi del campo visivo, alterazioni della sensibilità a un arto supe-
riore e alla corrispondente metà del volto, difficoltà a convertire il pensiero in parole) che dura
mediamente 20-30 minuti, dissolvendosi poi con la comparsa della fase dolorosa. L’emicrania
è dunque paragonabile a una severa perturbazione atmosferica che si ripete diverse volte al
mese e può durare nel suo complesso fino a 5-6 giorni per ogni attacco [Dodick 2018].
Nella donna l’emicrania si presenta in forma più severa rispetto all’uomo manifestando attac-
chi più frequenti, di maggiore intensità e durata, ed è associata a sintomi vegetativi di accom-
pagnamento più marcati [Vetvik e MacGregor 2017].
Il 2,5% dei pazienti emicranici episodici evolve ogni anno verso la forma cronica. Tale per-
centuale sale però al 30% quando si considerino i soggetti con emicrania episodica ad alta
frequenza di attacchi (>8 al mese).
L’emicrania cronica ha una prevalenza di circa il 2% nella popolazione generale. I fattori di cro-
nicizzazione vengono distinti in modificabili e no:
• Modificabili. Frequenza di almeno 4 episodi al mese, trattamento inadeguato dell’attacco,
iperuso di analgesici o caffeina, ansia, depressione, presenza del sintomo della allodinia
cutanea cefalica o extracefalica (percezione di dolore al semplice tatto), concomitanti pato-
logie dolorose, russamento, obesità e stile di vita.
• Non modificabili. Genere femminile, età >40 anni, basso livello socio-economico, separa-
zione/divorzio o vedovanza, eventi stressanti e traumi cranici o cervicali.
Quando il soggetto emicranico assume analgesici per almeno 15 giorni al mese (ovvero tripta-
ni, ergotaminici, oppioidi o associazioni analgesiche per almeno 10 giorni al mese) da perlome-
no 3 mesi, si parla di cefalea da iperuso di analgesici [Schwedt 2014].
L’emicrania cronica e la cefalea da iperuso di analgesici, spesso in combinazione tra loro, afflig-
gono ancor più nettamente la donna rispetto all’uomo (rapporto 5-6:1).
Cause e meccanismi
L’emicrania è una malattia neurovascolare a carattere familiare con base verosimilmente gene-
tica [Dodick 2018]. Gli studi condotti sino a oggi testimoniano il coinvolgimento di almeno 38
geni di suscettibilità. Il cervello emicranico è ipereccitabile ma paradossalmente ipometabolico:
in sostanza, spende molta più energia di quanta ne produca. La sua caratteristica tipica è di
convertire in dolore gli stimoli non dolorosi quali lo stress, le variazioni ormonali femminili, i
cambi climatici, le irregolarità del ritmo sonno-veglia, il digiuno, ecc. Si pensa che un ruolo
chiave nello scatenamento dell’attacco sia svolto dalla corteccia cerebrale pre-frontale, deputa-
ta al processamento degli eventi stressanti, così come dall’ipotalamo, organo sensibile alle va-
riazioni dei ritmi di vita e responsabile dei prodromi dell’attacco. Durante la fase dolorosa vera e
propria, tuttavia, il primattore è il sistema trigemino-vascolare, costituito dall’interconnessione
tra la prima branca trigeminale e i vasi meningei. Nel corso dell’attacco, le terminazioni trige-
minali si attivano e liberano perifericamente – a livello dei vasi meningei – diversi neuropeptidi
6 EMICRANIA: UNA MALATTIA DI GENERE
tra i quali spiccano il CGRP (peptide correlato al gene della calcitonina), la neurochinina A e la
sostanza P: il risultato è una dilatazione dei vasi che diventano anche edematosi e più perme-
abili, dando origine alla tipica pulsatilità del dolore. Centralmente, il trigemino libera CGRP
e glutammato in direzione del proprio nucleo (nucleo trigeminale caudale) posto nel tronco
cerebrale e da qui l’impulso doloroso arriva al talamo e quindi alla corteccia somatosensoriale,
diventando sensazione cosciente. Emerge pertanto da questa descrizione come il dolore emi-
cranico sia in realtà un “dolore delle meningi” e non del cervello. Tutti i meccanismi emicranici
descritti si realizzano anche grazie alla connivenza di un sistema di protezione dal dolore (siste-
ma antinocicettivo) meno efficiente a causa di una selettiva disfunzione di nuclei serotoninergi-
ci (grigio periacqueduttale, nuclei del rafe) e noradrenergici (locus coeruleus).
Comorbilità
L’emicrania si associa frequentemente ad altre patologie quali: disturbi dello spettro affetti-
vo, epilessia, sindromi dolorose croniche, allergie, asma e patologie circolatorie [Lampl et al.
2016a; Dodick 2018]. La donna emicranica presenta in genere un maggiore numero comples-
sivo di comorbilità. Per quanto riguarda poi la comorbilità vascolare, un ruolo determinante
nell’incremento del rischio è svolto dai contraccettivi ormonali: l’etinilestradiolo è infatti un
riconosciuto fattore di rischio per le trombosi arteriose e venose. Nella donna emicranica con
aura l’impiego di associazioni estroprogestiniche non solo può peggiorare o addirittura scate-
nare le crisi ma incrementa anche nettamente il rischio di eventi ischemici cerebrali, specie se la
donna sia dedita anche al fumo. Il loro uso va pertanto assolutamente abolito in tali pazienti.
Il rischio ischemico non è invece incrementato in caso di assunzione di contraccettivo a base di
solo progestinico [Vetvik e MacGregor 2017].
Disabilità
L’emicrania esercita un impatto molto severo sulle attività quotidiane domestiche, scolastiche,
lavorative e di svago, specialmente nella donna: il 28% delle pazienti (a fronte del 17,7% dei
pazienti di sesso maschile) riferisce di aver perso >10 giorni di attività negli ultimi 3 mesi (dati
UE). Inoltre, riferisce nello stesso intervallo di tempo una riduzione della produttività scolastica
o lavorativa >50% (dati USA) [Dodick 2018].
CAPITOLO 1 | Inquadramento clinico e impatto dell’emicrania 7
L’emicrania nella donna si caratterizza per più elevati livelli di disabilità alla scala MIDAS (MI-
graine Disability Assessment Scale) rispetto all’uomo [OR: 1,34 (95% IC: 1,21-1,48)] [Lampl et
al. 2016b].
Esiste anche una disabilità interictale che attesta inequivocabilmente come l’emicrania sia sem-
pre una patologia cronica, anche quando appaia sotto forma di attacchi episodici. Lo studio
Eurolight sottolinea infatti che gli emicranici presentano sintomi interictali (quindi al di fuori
dell’attacco) nel 26% dei casi, ansia nel 10,6% e comportamenti evitanti nel 14,8%.
La scarsa attenzione sociale al problema dell’emicrania comporta una percezione della malattia
come stigma da parte del 32,9% dei pazienti che, pertanto, è riluttante a rivelare il proprio pro-
blema agli altri. Inoltre il 10% di tali pazienti non si sente compreso rispetto alla propria patologia
da parenti e amici e il 12% dai colleghi in ambito lavorativo. Il paziente ritiene l’emicrania respon-
sabile in qualche maniera di una compromissione della carriera scolastica nell’11,8% dei casi,
di ridotti guadagni nel 5,9% e di sofferenze in ambito lavorativo nel 7,4% [Lampl et al. 2016b].
Costi
L’impatto economico dell’emicrania è enorme. Il suo costo annuale nei 27 Paesi UE è pari a 111
miliardi di euro [Linde et al. 2012]. Italia, Francia, Germania e Spagna presentano i costi mag-
giori per emicrania, pari a circa 20 miliardi di euro/anno. Essi vanno ripartiti in:
• Costi diretti. Costi operativi e organizzativi direttamente ricollegabili alla patologia quali
spese per visite mediche, esecuzione di esami diagnostici, acquisto di farmaci, ecc.
• Costi indiretti. Perdita di giornate lavorative, ridotta efficienza produttiva, tempo richiesto
per la gestione della malattia e sottratto ad attività extra-lavorative.
Esistono tuttavia anche costi intangibili, di natura psicosociale e riconducibili al dolore, all’ansia
e all’impatto emotivo che la malattia provoca all’individuo affetto e ai suoi familiari.
Il costo medio annuo per emicrania per ogni singolo paziente è in Europa pari a 1222 euro. Il
93% dei costi è di tipo indiretto e imputabile a ridotta produttività (€ 765) più che ad assen-
teismo (€ 371). Tra i costi diretti annui per paziente figurano al primo posto le visite mediche
(€ 30) seguite da accertamenti clinici (€ 19), farmaci per l’attacco (€ 16), ospedalizzazioni
(€ 16) e farmaci preventivi (€ 5) [Linde et al. 2012].
8 EMICRANIA: UNA MALATTIA DI GENERE
Utilizzo di risorse
In Italia più di un paziente su quattro presenta una frequenza di emicrania superiore ai 5 gior-
ni al mese, unanimemente considerato valore soglia per l’adozione di una terapia preventi-
va. Ciononostante, questa viene adottata solo dall’1,6% dei soggetti eleggibili. Inoltre solo
il 6,3% degli emicranici tratta l’attacco acuto utilizzando i triptani, farmaci selettivi e specifici
ben più efficaci dei banali analgesici da banco e in commercio da oltre 25 anni. Il 77,4% dei
pazienti non si è mai rivolto ad alcun medico per la propria emicrania [Katsarava et al. 2018].
Lo studio IRON, finalizzato alla creazione del registro nazionale dell’emicrania cronica, dimo-
stra come il 48,5% dei soggetti abbia eseguito accertamenti diagnostici impropri o inutili e
come l’80% di tali procedure gravi in termini economici sul Servizio Sanitario Nazionale [Bar-
banti et al. 2018a; Barbanti et al. 2018b]. Impressionanti sono poi i dati di consultazione degli
specialisti da parte dell’emicranico cronico: a fronte di una patologia cronica, solo il 52,6% ne
ha consultato uno nella propria vita, rivolgendosi nel 19,6% dei casi a specialisti non idonei,
e coloro che hanno pensato di sentire un parere specialistico si sono rivolti in media a 7 diversi
specialisti, dimostrando ancora una volta il loro vagare alla ricerca di notizie e trattamenti.
Terapia
L’emicrania nasce dall’impatto di fattori esterni/stili di vita su una base biologica predisponente
[Dodick 2018]. Ogni trattamento farmacologico deve essere quindi sempre associato all’ado-
zione di un miglioramento delle abitudini e alla rimozione dei fattori scatenanti evitabili (si
pensi al digiuno o alla privazione del sonno).
La terapia acuta dell’attacco si è avvalsa nel lontano passato solo di antiinfiammatori ed ergota-
minici, farmaci non specifici e in grado di arrecare non solo eventi avversi ma anche severi rischi
per la salute. La scena è decisamente cambiata con l’avvento dei triptani nel 1991: si tratta di
molecole specifiche e selettive caratterizzate da buona efficacia. Tuttavia circa il 30% dei pa-
CAPITOLO 1 | Inquadramento clinico e impatto dell’emicrania 9
zienti non risponde a tale trattamento. Sono oggi allo studio altre classi farmacologiche per la
cura dell’attacco acuto, denominate ditani e gepanti.
La terapia preventiva dell’emicrania deve essere affiancata alla terapia acuta quando il sog-
getto emicranico presenti almeno 4 giorni al mese di emicrania disabilitante; essa deve essere
eseguita per un periodo continuativo di 4-6 mesi e si considera efficace quando induce una
riduzione della frequenza degli attacchi di almeno il 50%. Pur essendo la terapia “più curativa”
del soggetto emicranico è invece ancora oggi la più negletta: a fronte di circa un 30% di sog-
getti che ne potrebbe beneficiare, solo l’1,6% la utilizza nella realtà [Katsarava et al. 2018]. Il
motivo è duplice: da un lato la scarsa conoscenza del problema da parte del paziente e del me-
dico non specialista, dall’altra i numerosi eventi avversi (sonnolenza, aumento di peso, disturbi
della memoria) correlati alle profilassi attualmente disponibili e rappresentate da antiepilettici,
antidepressivi, beta-bloccanti, calcio-antagonisti. La ridotta tollerabilità determina l’interruzio-
ne del trattamento dopo 4 mesi in circa un paziente su 2. Le classi farmacologiche finora im-
piegate possono essere rischiose per la donna sia per le potenzialità di indurre malformazione
dell’embrione in caso di gravidanza (topiramato, valproato, sartani) che per la possibilità di
ridurre l’efficacia dei contraccettivi orali (topiramato).
Da qualche anno è disponibile la tossina botulinica di tipo A, approvata in Italia per il “tratta-
mento dell’emicrania cronica in pazienti che hanno mostrato una risposta insufficiente o sono
intolleranti ai farmaci per la profilassi” [Barbanti e Ferroni 2017].
Dal 2019 sarà disponibile in Italia una nuova categoria di farmaci noti come “anticorpi monoclo-
nali antiCGRP/CGRP-R”, già in commercio negli Stati Uniti e in alcune nazioni europee. Si tratta
della prima terapia specifica e selettiva per la prevenzione dell’emicrania, somministrata mensil-
mente per via sottocutanea per alcuni mesi. Gli studi registrativi, condotti su oltre 4500 pazienti,
hanno dimostrato un’ottima efficacia (riduzione degli attacchi >50% nel 60-70% dei pazienti;
riduzione >75% nel 45% dei casi; riduzione del 100% nel 25% dei soggetti) con eccellente
tollerabilità (eventi avversi uguali al placebo) e sicurezza di impiego [Barbanti et al. 2017].
falee) e una neurologica (ANIRCEF, Associazione Neurologica Italiana per la Ricerca sulle Cefa-
lee). Secondo i dati SISC e ANIRCEF, sono operative sul nostro territorio nazionale 148 strutture
pubbliche o accreditate con l’SSN distinte in centri cefalea (n=78) e ambulatori specialistici
dedicati (n=70). L’Italia è di conseguenza la nazione con massima densità territoriale di centri
per le cefalee nel panorama internazionale. Due sole regioni, Lombardia e Veneto, riconoscono
i benefici dell’invalidità per le forme più severe di cefalea primaria cronica.
Alcune tra le principali scoperte e sperimentazioni sulle cefalee sono state compiute da ricerca-
tori italiani. Verso la metà del 1800, fu un italiano, Moretti [Moretti 1862], a scoprire l’efficacia
dell’ergotamina nella cura dell’attacco emicranico. Negli anni ’50 il professor Federigo Sicuteri
scoprì il ruolo centrale della serotonina nei meccanismi dell’emicrania; verso la fine degli anni
’80 la dottoressa Maria Gabriella Buzzi, allieva del professor Alessandro Agnoli, compiva nei
laboratori di Harvard la ricerca pre-clinica sull’animale per testare l’efficacia del sumatriptan, il
primo farmaco specifico e selettivo nella cura dell’attacco emicranico. Nello stesso periodo, il
professor Pierangelo Geppetti si dedicava allo studio del CGRP, moderno target delle cure per
l’emicrania. Nel 2001 il dottor Massimo Leone e il professor Gennaro Bussone pubblicavano sul
New England Journal of Medicine il primo rivoluzionario intervento di neurostimolazione cere-
brale profonda per il trattamento della cefalea a grappolo cronica farmaco-resistente. Infine, il
nostro gruppo è risultato il leader europeo per numero di pazienti trattati in ambito sperimen-
tale con i modernissimi anticorpi monoclonali antiCGRP.
In Italia operano anche quattro associazioni di pazienti cefalalgici: l’Associazione Italiana per
la lotta contro le Cefalee (AIC), fondata oltre 30 anni fa dal professor Sicuteri, e le più recenti
Alleanza Cefalalgici (ALCE), Lega Italiana Cefalalgici (LIC) e OUCH Italia (Organization for Un-
derstanding Cluster Headache).
Purtroppo esiste ancora oggi un vuoto normativo per il quale le forme più severe di emicrania
non sono contemplate nei livelli essenziali di assistenza, nonostante le pressioni e le evidenze
fornite dalle società scientifiche e dalle associazioni di pazienti.
Conclusioni
L’ultimo decennio ha testimoniato una particolare enfasi verso la medicina di genere e un’au-
mentata sensibilità sociale, medica e politica verso il tema del dolore, suggellata dall’emanazio-
CAPITOLO 1 | Inquadramento clinico e impatto dell’emicrania 11
ne della Legge 15 marzo 2010 n. 38, concernente “Disposizioni per garantire l’accesso alle cure
palliative e alla terapia del dolore” (Gazzetta Ufficiale n. 65 del 19 marzo 2010), che impone di
riconoscere e trattare debitamente il dolore in ogni sua espressione e in ogni ambito sanitario.
L’emicrania deve pertanto uscire definitivamente dal cono d’ombra in cui tuttora si trova: ciò
richiede la testimonianza dei pazienti, l’impegno clinico degli specialisti, la propulsione scien-
tifica di ricercatori, epidemiologi e farmacoeconomisti e l’impegno specifico delle Istituzioni
affinché la “medicina di precisione” – assioma del nuovo secolo – non rimanga vana retorica
per una malattia così conosciuta nei meccanismi molecolari quanto negletta nella quotidianità.
12 EMICRANIA: UNA MALATTIA DI GENERE
SINTESI
L’emicrania presenta una severa disabilità non solo durante gli attacchi
ma anche in periodo interictale, condizionando profondamente
la vita scolastica, lavorativa e sociale dell’individuo
Nicoletta Orthmann
CAPITOLO 2 | Quando ad ammalarsi è una donna 17
L’esperienza del dolore-malattia, come nel caso dell’emicrania, coinvolge non solo aspetti sen-
soriali correlati all’iperstimolazione nocicettiva (dolore “fisico”), ma anche quelli emozionali, co-
gnitivi, comportamentali e relazionali, inficiando pesantemente la qualità della vita dei pazienti.
La gravità e la ricorrenza dei sintomi tipici della patologia emicranica, il loro effetto invalidante
e il vivere nell’attesa angosciante di nuovi attacchi conducono a modificazioni psicosociali, che
diventano parte integrante del problema, amplificando la sofferenza e aggravando la disabi-
lità. Il dolore fa sì che le attività quotidiane ordinarie, anche le più semplici, diventino un peso
insostenibile, e l’incapacità di portare avanti i propri impegni – familiari, domestici, lavorativi e
ludici – genera sensi di colpa, frustrazione, insoddisfazione e inadeguatezza che spesso sono
acuiti dalla mancata comprensione di chi sta intorno. Queste dinamiche, che connotano l’e-
micrania e più in generale tutte le forme di dolore cronico, sono alla base dell’impoverimento
delle relazioni affettive e sociali e spesso costituiscono un terreno fertile per l’insorgenza di
disturbi psichici, prevalentemente ansiosi e/o depressivi, che compromettono ulteriormente la
situazione instaurando un circolo vizioso.
Chi soffre di emicrania non solo vive “male” per la sofferenza fisica che accompagna l’attac-
co cefalgico acuto e per le inabilità che ne derivano, ma anche per l’angoscia di nuove crisi.
Il mancato riconoscimento “sociale” dell’emicranica come patologia vera e propria, grave e
invalidante, è responsabile di un ulteriore aggravio nel vissuto dei pazienti. A oggi persiste un
gap culturale sulla patologia emicranica che porta la malattia ad essere sottovalutata, sottodia-
gnosticata e di conseguenza sottotrattata o comunque erroneamente gestita, dal momento
che in molti casi prevale tra i pazienti l’automedicazione e l’abuso di farmaci con tutte le pro-
blematiche che ne conseguono in termini di effetti collaterali.
18 EMICRANIA: UNA MALATTIA DI GENERE
La maggiore suscettibilità al dolore della donna trova ragione nelle proprie caratteristiche di ge-
nere, riflettendosi sul piano sensitivo ed emotivo [Pieretti et al. 2016]. Per quanto attiene al pri-
mo aspetto, giocano un ruolo fondamentale le differenze anatomiche, ormonali e fisiologiche,
che spiegano una maggiore possibilità di sviluppare patologie che provocano dolore e una più
bassa soglia di percezione del dolore rispetto all’uomo; in particolare, le elevate concentrazioni
di estrogeni influenzano l’attività del sistema nervoso, rendendolo più sensibile e reattivo agli
stimoli in generale e dunque anche a quelli dolorosi: in pratica le donne sono più ricettive allo
stimolo doloroso, lo registrano con maggiore intensità e lo ricordano meglio. Sul piano emo-
tivo la donna ha un rapporto intimo con il dolore, spesso chiamata a occuparsi e a farsi carico
della sofferenza altrui, diventando così particolarmente empatica e sensibile al fenomeno.
L’emicrania è tra le più frequenti patologie dolorose croniche al femminile. Gli ormoni sessuali
femminili hanno un ruolo determinante nello spiegare la prevalenza tripla della patologia nelle
donne rispetto agli uomini e i mastociti (che presentano recettori per estrogeni e progesterone)
sono riconosciuti attori cellulari protagonisti nel determinare le differenze di genere che si os-
servano nell’evoluzione del dolore cronico e nell’emicrania [Loewendorf et al. 2016].
Esiste una correlazione tra le cicliche variazioni ormonali (in particolare degli estrogeni) e la
ricorrenza degli attacchi emicranici. Si rileva infatti, in genere, la comparsa di emicrania con l’i-
nizio della pubertà, una tipica periodicità di ricorrenza delle crisi durante l’età fertile che correla
con il periodo mestruale, un miglioramento dei sintomi durante la gravidanza e in menopausa
[Pavlovic‘ 2018]. Dunque la malattia emicranica si estrinseca nella sua pienezza nel periodo più
produttivo della vita femminile, impattando inevitabilmente sul percorso di studio e lavoro ma
anche sulla coppia, sulla famiglia e sulle relazioni sociali.
declinate al femminile come la sindrome dell’intestino irritabile [Lau et al. 2014] e la fibromialgia
[Giamberardino et al. 2016]. In questi casi gli effetti della comorbilità in termini di impatto sulla
qualità della vita non derivano dalla semplice “somma” delle singole problematiche ma dalla
loro moltiplicazione.
Già è stata richiamata, nel precedente paragrafo, la frequente associazione dell’emicrania con
l’insorgenza di disturbi ansiosi e/o depressivi [Lampl et al. 2016] che rappresenta un ulteriore
fattore che danneggia la qualità della vita delle pazienti.
A doppio filo sono legati all’emicrania i disturbi del sonno [Rains 2018] con una reciproca
interazione peggiorativa che, come nel caso di ansia e depressione, induce l’instaurarsi di un
circolo vizioso in cui causa e conseguenze si alimentano vicendevolmente.
Nell’ambito delle comorbilità, si richiama infine la correlazione dell’emicrania con eventi acuti
cardiovascolari, da tempo descritta in letteratura. Uno studio danese di recentissima pubblica-
zione sul British Medical Journal [Adelborg et al. 2018], condotto su un campione di oltre 50
mila pazienti, ha quantificato tale rischio rispetto alla popolazione generale, utilizzata come
coorte di controllo per un periodo di follow-up di 19 anni. I risultati hanno evidenziato che i
soggetti con emicrania hanno un rischio aumentato di infarto, ictus, tromboembolismo e fibril-
lazione atriale e che tale rischio è, in particolare, più elevato nelle donne.
Le donne ricoprono molteplici ruoli: sono lavoratrici, compagne, madri e caregiver. La conqui-
sta del mondo professionale non le ha sottratte dall’essere la colonna portante del nucleo fami-
liare e dall’assolvere i compiti di cura e accudimento. Se risulta anacronistico parlare di “angeli
del focolare”, possiamo comunque identificare nelle donne il ruolo di manager della famiglia:
sono loro, ancora oggi in molti casi, a gestire l’organizzazione familiare, il ménage domestico,
l’accudimento dei figli in tutte le sue molteplici dimensioni (salute-scuola-sport-tempo libero)
e, in una popolazione che invecchia sempre di più, degli anziani.
20 EMICRANIA: UNA MALATTIA DI GENERE
Secondo l’ultima analisi dell’Istat, svolta nell’ambito del rapporto sulle condizioni di salute e
sul ricorso ai servizi sanitari in Italia e nell’Unione Europea, che fa riferimento solo alle forme
di assistenza fornite per problemi circoscritti a salute e invecchiamento, in media il 17,4%
della popolazione, che corrisponde a oltre 8,5 milioni di italiani, è caregiver [Quotidiano Sanità
2018] e la maggior parte di loro è costituita da donne.
L’associazione del ruolo di caregiver al genere femminile affonda le proprie radici in un retaggio
culturale e in un contesto sociale fortemente connotato nel nostro Paese che identifica nell’es-
sere “donna” un’inclinazione naturale alla cura, un’abnegazione per le necessità dei propri
cari, soprattutto di quelli più fragili e bisognosi. Peraltro le donne hanno un approccio conno-
tato da una partecipazione emotiva totalizzante, con tendenza a caricare tutto sulle proprie
spalle e con scarsa propensione alla delega.
Il tema della donna caregiver è stato recentemente esplorato attraverso l’indagine Ipsos-Far-
mindustria, i cui risultati sono stati presentati a marzo 2018 in occasione del convegno “So-
prattutto donna! Valore e tutela del caregiver familiare” [Ipsos-Farmindustria 2018]. La ricerca
ha preso in esame un campione di 800 donne adulte: solo per il 14% delle italiane il coinvol-
gimento come caregiver è nullo o quasi, mentre il restante 86% ricopre tale ruolo con diversi
gradi di intensità. Un aspetto particolarmente interessante emerso dalla ricerca è che, se da un
lato la donna non si risparmia per prestare assistenza agli altri, dall’altro cerca di pesare il meno
possibile sui propri cari, quando è lei stessa ad avere bisogno. Nel 46% dei casi di problemi
lievi di salute e nel 29% degli eventi più gravi, infatti, la donna si gestisce da sé ed è tanto più
autonoma quanto più abituata a farsi carico delle molteplici incombenze familiari: il 68% delle
donne che dichiarano un alto tasso di coinvolgimento nel caregiving gestisce autonomamente
le proprie problematiche di salute.
Al di là dei costi diretti, derivati dalle spese mediche e farmacologiche, c’è da considerare la
riduzione della produttività conseguente alle assenze e al minor rendimento lavorativo durante
gli attacchi. Da uno studio internazionale [AHS 2018], che ha coinvolto 31 Paesi, tra cui l’Italia,
CAPITOLO 2 | Quando ad ammalarsi è una donna 21
reclutando tra settembre 2017 e febbraio 2018 un campione di oltre 11 mila persone, è emer-
so che circa il 60% degli intervistati si è assentato per quasi una settimana lavorativa nel mese
precedente alla ricerca (4,6 giorni).
L’interferenza della patologia emicranica con l’attività professionale (e prima ancora con il per-
corso di studio) è senza dubbio una problematica concreta, molto sentita dai pazienti e che
contribuisce in modo significativo a peggiorare la qualità della vita; oltretutto questi pazienti
spesso vivono una pesante stigmatizzazione proprio per la mancata comprensione da parte di
colleghi e datori di lavoro (aspetto questo che ben emerge dalla citata survey internazionale)
per la tendenza comune a banalizzare la problematica e a dare una lettura distorta delle effetti-
ve gravi limitazioni fisiche e cognitive che accompagnano la crisi cefalgica.
Oltre alla dimensione lavorativa, c’è poi da considerare quella della vita familiare e sociale. Lo
studio americano CaMEO – Chronic Migraine Epidemiology and Outcomes [Buse et al. 2016] –
ha esplorato, su un campione di oltre 16 mila soggetti, l’impatto dell’emicrania episodica e
cronica sulla vita di relazione, sulle attività familiari e sul rapporto con il coniuge/partner. Ne è
emerso un quadro in cui prevalgono sentimenti di rabbia, insoddisfazione ma anche sensi di
colpa e inadeguatezza, che si riflettono sul nucleo familiare e sui rapporti affettivi con partner
e figli. Hanno dichiarato che sarebbero stati migliori compagni di vita e migliori genitori, se
non avessero sofferto di emicrania, rispettivamente il 73 e il 59% degli intervistati. La malattia
influisce sull’equilibrio di coppia e sull’intimità (aspetto questo riconosciuto dal 67% del cam-
pione) e porta a rinunciare a momenti di svago e di divertimento (il 54% stima di aver ridotto
la propria partecipazione a eventi familiari nell’ultimo anno e il 20% dichiara di non aver po-
tuto godere delle vacanze). L’impatto dell’emicrania su queste dimensioni risulta difficilmente
quantificabile ma facilmente identificabile come variabile di grandissimo peso, soprattutto se
ad ammalarsi è la donna, in considerazione del suo ruolo sociale sinteticamente richiamato alle
pagine 19 e 20.
I ritmi di vita frenetici, dettati dallo stress lavorativo e dalle incalzanti incombenze familiari,
sono senza dubbio un fattore favorente l’emicrania. E una donna con emicrania è una donna
che è fortemente limitata nella sua quotidianità e che è costretta a molte rinunce. L’emicrania
porta con sé, infatti, un carico fisico ed emotivo che colpisce non solo la donna ma tutta la rete
di affetti e relazioni che le gravitano attorno. L’entità del carico e quella dell’impatto in termini
di qualità di vita dipendono da molti e svariati fattori, alcuni correlati alla patologia, come il tipo
di emicrania (in termini di ricorrenza e sintomatologia), la presenza di comorbilità, l’eventuale
22 EMICRANIA: UNA MALATTIA DI GENERE
abuso di farmaci analgesici, e altri intrinseci agli aspetti biologici, psicologici e sociali della
paziente. Ogni paziente ha infatti il proprio vissuto di malattia e non necessariamente forme
meno gravi di emicrania hanno minor impatto sulla qualità della vita.
Vivere con il dolore cronico, come nel caso dell’emicrania, porta ad impoverire le relazioni so-
ciali. Già è stato considerato l’ambito lavorativo ma, se allarghiamo l’orizzonte, riscontriamo un
frequente ritiro sociale delle persone che soffrono di emicrania: ne sono la causa le crisi cefal-
giche che, durante l’attacco acuto, impediscono di partecipare alla vita di relazione, i frequenti
stati depressivi concomitanti, il peso dello stigma legato alla banalizzazione del mal di testa,
erroneamente ricondotto all’esperienza comune e, infine, il vissuto costantemente proiettato
sul tema “dolore” nell’attesa angosciante di una nuova crisi.
Uno studio qualitativo spagnolo è stato condotto con lo scopo di esplorare il vissuto delle pa-
zienti affette da emicrania [Palacios-Ceña et al. 2017]; tra i risultati emersi si richiamano il senso
di vergogna e di frustrazione, la considerazione della malattia emicranica come patologia “invi-
sibile”, la rassegnazione e la necessità di modificare abitudini di vita.
Trattando il tema dell’impatto dell’emicrania sulla dimensione relazionale, merita uno spazio
di approfondimento il rapporto di coppia. Spesso la mancata consapevolezza “sociale” della
patologia è madre dell’incomprensione da parte del proprio compagno.
Gli effetti della malattia sul rapporto di coppia sono chiaramente in funzione della “forza” del
legame: in una coppia connotata da una relazione equilibrata e matura, da reciproco rispetto e
complicità, le problematiche di salute contribuiscono in genere a consolidare il rapporto men-
tre situazioni di precarietà lasciano emergere, nel momento in cui è necessario accettare cam-
biamenti fisici ed emotivi e accudire, tutte le fragilità. Sono stati condotti alcuni studi, in ambito
oncologico, che hanno evidenziato come il rischio di separazione e divorzio sia più elevato se
ad ammalarsi è la donna.
Molte problematiche partono dalla crisi dell’intimità che è un aspetto ancora poco indagato
in relazione all’emicrania. Uno studio condotto dall’Università di Pavia e pubblicato sul Journal
of Sexual Medicine [Nappi et al. 2012] ha rilevato la ricorrenza nel campione, composto da
donne con grado severo di emicrania e con frequente storia di abuso di farmaci analgesici, di
oggettivi problemi sessuali associati a calo del desiderio sessuale: 9 donne su 10 riferivano una
vita sessuale inferiore agli standard definiti di normalità; quasi 3 su 10 si confessavano stressate
CAPITOLO 2 | Quando ad ammalarsi è una donna 23
per questo disagio e il 20% dichiarava un calo della libido. I fattori chiamati in causa dagli au-
tori dello studio sono molteplici: la vulnerabilità al dolore cronico che può essere causa anche
di dolore sessuale; lo stato depressivo e/o ansioso che spesso si presenta in comorbilità con
l’emicrania (per effetto diretto o farmaco-mediato, poiché gli psicofarmaci possono alterare la
sessualità femminile); gli stessi farmaci analgesici che possono annoverare tra gli effetti collate-
rali anche problemi della funzione sessuale.
SINTESI
L’emicrania coinvolge non solo gli aspetti fisici ma anche quelli emozionali,
cognitivi, comportamentali e relazionali, danneggiando la qualità della vita
e impoverendo le relazioni affettive e sociali
Introduzione
L’emicrania è una condizione patologica molto diffusa che ha un impatto rilevante sulla qualità
della vita degli individui che ne soffrono. I dati disponibili stimano che circa il 12% degli adulti
in tutto il mondo sviluppa qualche forma di emicrania nel corso della vita [Steiner et al. 2014;
GBD 2015 Disease and Injury Incidence and Prevalence Collaborators 2016]. L’emicrania viene
generalmente classificata in:
• emicrania episodica (da 4 a 14 giorni di emicrania al mese);
• emicrania cronica (≥15 giorni di emicrania al mese).
Le donne sono i soggetti maggiormente colpiti dall’emicrania; si pensi che in Italia 6 milioni
di persone soffrono di emicrania e, di queste, 4 milioni sono donne. Inoltre, considerando la
pluralità dei costi associati alla gestione della malattia, l’emicrania ha un peso rilevante anche
in termini socio-economici. L’impatto economico della malattia [Tarricone 2006] consiste in:
• costi diretti (farmaci, visite mediche, test diagnostici, ricoveri ospedalieri);
• perdite di produttività (giorni di assenza dal lavoro, minori prestazioni sul lavoro, opportu-
nità di carriera perse).
In base alle evidenze disponibili, emerge che l’emicrania, sia nella sua forma episodica sia in
quella cronica, è una malattia con alti costi sociali che rappresenta un “bisogno insoddisfatto”
di salute pubblica che richiede particolare attenzione. Per l’Italia, uno studio ha riportato un
costo diretto medio annuo per la gestione di un paziente affetto da emicrania cronica di €
2648 [Bloudek et al. 2012], mentre un altro studio ha riportato un costo diretto annuale totale
per paziente con emicrania cronica di € 2250, di cui circa il 94% a carico del Servizio Sanitario
Nazionale e il rimanente a carico del paziente stesso [Berra et al. 2015]. Solo pochi studi hanno
riportato dati sulle perdite di produttività. Pertanto, una valutazione economica focalizzata
sull’Italia sarebbe in grado di aggiornare e migliorare le evidenze attuali sull’impatto di questa
condizione patologica.
Questo capitolo presenta la metodologia e i risultati di uno studio coordinato dal CERGAS
(Centro di Ricerche sulla Gestione dell’Assistenza Sanitaria e Sociale) SDA Bocconi di Milano,
con l’obiettivo di stimare l’impatto economico e sociale dell’emicrania in Italia, con particolare
attenzione alle differenze tra uomini e donne. Inoltre, la ricerca ha valutato la qualità della vita
e le preferenze delle persone affette da emicrania verso le caratteristiche di un trattamento
ideale. In particolare, gli obiettivi dello studio sono:
28 EMICRANIA: UNA MALATTIA DI GENERE
Tabella 3.1 – Sintesi delle caratteristiche degli studi relativi alla qualità di vita dei pazienti emicranici
Figura 3.1 – Riepilogo dell’utilizzo di risorse sanitarie relativo ai diversi studi (EC = emicrania
cronica, EE = emicrania episodica)
Nessuna
Differenza di genere
differenza di genere
a avevano più
icrania episodic
Le donne con em ma ci pre scritti (tasso di
lizzare far
probabilità di uti ina zio ne di farmaci
8), o una comb
prevalenza = 1,2 scr izi on e (tasso di
USA soggetti a pre
prescritti e non ag li uomini. Le donn
e con
[Bezov et al. 2010] = 1,2 0) ris pe tto in più
pre va len za ato 1,2 8 vo lte
EE dica hanno riport
Survey emicrania episo eff ett ua to un a visita al Pronto
aver
la probabilità di agli uomini
l di testa, rispetto
Soccorso per il ma
r
ata maggiore pe
lle visite è risult
USA La frequenza de ni (13 66 /10 00 0 vs
agli uomi
[Burch et al. 2015] le donne rispetto persona)
276/10 000 anni-
EC, EE
Studio retrospettivo to
) hanno utilizza
USA Le donne (46,2% ve
ine co mp lem entari o alternati
[Rhee ed Harris 2017] più medic mi ni (40,2%)
rispe tto ag li uo
EC, EE
Survey
di probabilità
USA o il 69% in più
Le donne avevan ris pe tto agli uomini
[Wu et al. 2015] di usare tri pta ni
EC, EE
Studio retrospettivo
+ –
Donne Uomini
I 4 studi hanno evidenziato un utilizzo di risorse sanitarie maggiore per il genere femminile
CAPITOLO 3 | Quando il genere fa la differenza 31
Cinque studi, tutti condotti tramite survey, hanno valutato il tempo lavorativo perso dai pazien-
ti affetti da emicrania. La figura 3.2 riporta il riepilogo dei dati ricavati dagli studi. Il 43% dei
dati ha riportato maggiori perdite di produttività per le donne (evidenziate in rosso), la stessa
percentuale di dati ha riportato maggiori perdite produttive per gli uomini (evidenziati in blu),
mentre un solo studio (14% dei dati) non ha evidenziato differenze di genere in questo conte-
sto (in verde).
Figura 3.2 – Riepilogo dei dati sulle perdite di produttività per i diversi studi (EC = emicrania cronica,
EE = emicrania episodica)
Nessuna
Differenza di genere
differenza di genere
o perso erano
tempo lavorativ
Le frequenze di co n em icr ania cronica
pazienti
più elevate nei icr an ia episodica
USA con em
rispetto a quelli do nn e ris petto
[Manack et al. (RR = 1,36) e ne
lle
2010] = 1,06)
agli uomini (RR
EC, EE
pe r gli uomini,
Italia rsi (3 mesi): 9,4
GG lavorativi pe
[D’Amico et al. 6,8 per le donne
2017]
EC stico
rsi GG lavoro dome
GG lavorativi pe persi (3 mesi):
Lituania (3 mesi): 4,2 per gli uomi
ni,
[Rastenytė et al. ni,
2,9 per gli uomi 4,5 per le donne
2017] 2,3 per le donne
EC, EE
stico Differenze 9 Paesi europei
rsi GG lavoro dome non significativ
e [Steiner et al.
GG lavorativi pe persi (3 mesi): te 2014]
(3 mesi): ni, riguardo le giorna
Etiopia ni, 2,2 per gli uomi lavorative perse EC, EE
[Zebenigus et al. 4,9 per gli uomi 6,1 per le donne
2017] 1,9 per le donne
EC, EE
Donne Uomini
Quattro studi (due basati su survey, uno su dati retrospettivi e uno su dati di letteratura) hanno
identificato i costi per la gestione dei pazienti affetti da emicrania, cronica ed episodica. Le per-
dite di produttività sono risultate maggiori per il genere maschile (in blu), mentre i costi diretti,
sanitari e non sanitari, sono risultati maggiori per il genere femminile (in rosso) (figura 3.3).
Figura 3.3 – Riepilogo dei dati di costo per i diversi studi (EC = emicrania cronica, EE = emicrania
episodica)
Nessuna
Differenza di genere
differenza di genere
ari
Costi diretti sanit
€ 773,
(3 mesi): uomini
ttività donne € 1184
Perdite di produ
Italia (3 mesi): sanitari
Costi diretti non
[D’Amico et al. uomini € 3113, (3 mesi): uomini
€ 0,
2017] donne € 1293 donne € 154
EC
Survey
nto
ficato al trattame
approccio strati
Costo annuale - gia de i sin tom i):
sità e tipolo
USA (basato su inten nne $ 547;
[Furiak e Bansal uomini $ 515, do 1572
2011] ard : uo mi ni $ 1464, donne $
approccio stand
EC, EE
Dati di letteratura
r il trattamento
per paziente pe )
Germania Il costo annuale o ne lle donne (€ 69,46
risultato più alt
[Jacob e Kostev dell’emicrania è ni (€ 54 ,69 )
2017] rispetto agli uomi
EC, EE
Studio retrospettivo ttività:
Perdite di produ 80,08/settimana
USA 3/s ett im ana (cronici), $
uomini $ 27 6,9
7/s ett im an a (cronici),
e $ 136,8
[Serrano et al. 2013] (episodici); donn na (ep iso dic i)
EC, EE $ 46,93/settima
Survey
+ $
+
€
€
Donne Uomini
Dall’analisi della letteratura è emerso che le evidenze che riportano differenze di genere nell’u-
tilizzo di risorse sanitarie da parte di pazienti emicranici sono piuttosto limitate. Tuttavia, le
donne, rispetto agli uomini, hanno mostrato in generale un maggior consumo di risorse sani-
tarie (ad esempio farmaci, trattamenti complementari, visite e accessi al Pronto Soccorso). Si
stima che in un anno in Europa i costi diretti sanitari e non sanitari per paziente cronico siano
di circa € 3100 per gli uomini e di circa € 5400 per le donne [D’Amico et al. 2017]. Negli Stati
Uniti, il costo annuale per la sola terapia standard è risultato di circa $ 1500 per gli uomini e di
circa $ 1600 per le donne [Furiak e Bansal 2011].
Le perdite di produttività interessano entrambi i sessi con costi più elevati per i pazienti con emi-
crania cronica rispetto a quelli con emicrania episodica. La letteratura riporta un numero mag-
giore di giornate lavorative retribuite perse per gli uomini (2,9-9,4 giorni vs 1,9-6,8 giorni) e un
numero maggiore di giornate di lavoro domestico perse per le donne (4,5-6,1 giorni vs 2,2-4,2
giorni), considerando gli ultimi 3 mesi. Di conseguenza, le perdite di produttività sono risultate
maggiori per il genere maschile rispetto al genere femminile, anche tenuto conto del fatto che
gli uomini hanno riportato redditi mediamente più alti rispetto alle donne (stipendio giornalie-
ro medio € 203 vs € 99, da uno studio italiano [D’Amico et al. 2017]). In un anno in Europa si
stimano perdite di produttività per paziente cronico pari a circa € 12 500 per gli uomini e a circa
€ 5200 per le donne [D’Amico et al. 2017]. Negli Stati Uniti le perdite di produttività medie per
paziente cronico sono paragonabili ai valori europei (circa $ 14 400 per gli uomini e $ 7100 per
le donne) [Serrano et al. 2013].
La valutazione della qualità di vita è stata effettuata in diversi Paesi, soprattutto europei, attra-
verso diversi strumenti, come questionari generici (SF-12, SF-36), metodi diretti di elicitazione
(TTO - metodo delle alternative temporali), questionario specifico sul dolore (DOLOTest) o in
ambito pediatrico (PedsQL). Le donne hanno mostrato in generale una valutazione peggiore
degli aspetti emotivi e fisici rispetto agli uomini.
Nel complesso questa revisione della letteratura ha evidenziato un maggiore impatto socio-
economico dell’emicrania per le donne. Tuttavia, l’analisi indica che le evidenze sono limitate
e che gli studi riportano risultati molto eterogenei; pertanto, non è possibile trarre conclusioni
sintetiche e quantitative su quali possano essere i fattori che incidono sui pazienti affetti da
emicrania, valutando le differenze di genere.
34 EMICRANIA: UNA MALATTIA DI GENERE
Il calcolo dei costi diretti a carico dei pazienti (OOP) ha tenuto conto delle spese per effettuare
visite ed esami, compresi i costi di trasporto e per i pasti fuori casa, i costi per i farmaci non
dispensati dal Servizio Sanitario Nazionale (SSN), per i trattamenti non medici e per l’assistenza
formale (a pagamento) (tabella 3.2). Il costo medio di trasporto riportato dai rispondenti è stato
applicato alle visite specialistiche, alle visite effettuate presso il medico di medicina generale e
presso il Pronto Soccorso. Poiché l’analisi si è focalizzata sui pazienti, sono stati esclusi i
costi per visite, esami e altre prestazioni sanitarie totalmente a carico dell’SSN e sono
CAPITOLO 3 | Quando il genere fa la differenza 35
state incluse invece le perdite di produttività. Queste sono state valutate secondo l’approc-
cio del capitale umano [Tarricone 2006]. Ogni ora lavorativa persa è stata valutata in base al
reddito orario medio associato alla categoria professionale considerata. Si è assunta per i ricoveri
una durata media di 5,1 giorni (degenza media per cefalea – adulti, dati SDO Ministero 2016;
http://www.salute.gov.it), per ognuno dei quali sono state conteggiate 8 ore lavorative perse.
economici (ad esempio stipendi, salari) attribuibili a quei professionisti che, nel mercato,
prestano attività simili (ad esempio infermiere, badante). Per ogni giornata di assistenza
informale ricevuta dai pazienti sono state conteggiate 8 ore di assistenza ricevuta.
Allo scopo di valutare la qualità della vita delle persone affette da emicrania, i questionari Mi-
graine Specific Quality of Life Questionnaire (MSQ v. 2.1) ed EuroQol 5D 5L sono stati sommini-
strati allo stesso campione di pazienti.
La somma dei punteggi delle prime 7 domande corrisponde al punteggio grezzo della dimen-
sione RR; la somma dei punteggi delle domande 8-11 corrisponde al punteggio grezzo della di-
mensione RP; mentre la somma dei punteggi delle ultime 3 domande corrisponde al punteggio
grezzo della dimensione EF. I punteggi delle 3 dimensioni sono poi ricodificati nella scala 0-100,
dove i punteggi più alti indicano una migliore qualità di vita.
Esiste, infine, un algoritmo che consente il calcolo di un punteggio finale (coefficiente di utilità
u, compreso tra 0 e 1) basandosi sull’attribuzione di pesi per ciascuna risposta. A un punteggio
maggiore corrisponde un migliore stato di salute.
Risultati
Questionario socio-economico
I partecipanti avevano un’età media di 42 anni (range 18-77) ed erano per il 70% donne. È
emersa una differenza statisticamente significativa nell’età tra i due generi, con gli uomini più
anziani rispetto alle donne (45 anni vs 41 anni). La distribuzione per area geografica è risultata
la seguente: 47% Nord, 16% Centro e 36% Sud e Isole. La maggior parte dei rispondenti ha
riportato di aver conseguito il diploma di scuola secondaria superiore (54%), il 19% ha una
laurea di secondo livello/laurea quadriennale (vecchio ordinamento), il 13% una laurea di pri-
mo livello, l’8% una licenza di scuola media inferiore e il 6% un master o dottorato.
I rispondenti lavoratori hanno riportato nella maggior parte dei casi (76%) di avere un lavoro a
tempo pieno; le fasce di reddito annuo erano equamente distribuite sul totale dei risponden-
ti. Solo l’8% dei rispondenti lavoratori ha preferito non dichiarare la fascia di reddito. Sono
emerse differenze statisticamente significative tra i generi per i redditi dichiarati, con redditi
inferiori per le donne. Le caratteristiche socio-demografiche del campione sono riepilogate
nella tabella 3.3.
Tabella 3.3 – Caratteristiche socio-demografiche del campione di rispondenti (su fondo giallo le
significatività statistiche)
I sintomi collegati all’emicrania sono riportati nella figura 3.4. Le donne hanno riportato una
frequenza significativamente maggiore di dolore da moderato a grave, di aggravamento dei
sintomi causato da attività fisica, di nausea/vomito e di fastidio alla luce/rumori.
Gli intervistati hanno riportato di avere emicrania con aura nel 42% dei casi, senza differenze
significative tra uomini e donne, e un numero medio di attacchi al mese pari a 7,2 (range 4-30),
anche in questo caso senza mostrare differenze significative tra i due generi. Il 76% dei sogget-
ti ha riportato di avere da 4 a 8 attacchi al mese, il 19% da 9 a 15 e il restante 5% un numero
di attacchi al mese superiore a 15. Non sono emerse differenze statisticamente significative tra
uomini e donne rispetto a queste categorie.
I sintomi che precedono o si associano all’attacco sono riportati nella figura 3.5.
La maggior parte dei rispondenti (45%) riceve assistenza informale da parte di un coniuge o
convivente o partner quando soffre di emicrania, il 37% dei soggetti non riceve alcun aiuto,
CAPITOLO 3 | Quando il genere fa la differenza 41
Figura 3.4 – Sintomi collegati all’emicrania (le differenze statisticamente significative sono indicate
da *)
Donne Uomini
73%
70% 69%
63%
59%
56% 57%
54% 52%
41%
27% 29%
* * * a grave
*
Figura 3.5 – Sintomi che precedono o si associano all’attacco di emicrania
Altri sintomi 3%
32% Fotofobia
Deformazione 5%
degli oggetti
Disturbi 7%
della parola 23% Fonofobia
Parestesia 9%
(addormentamento
di braccia/gambe)
19% Scotomi
Emianopsia 10% scintillanti
(oscuramento di
metà campo visivo)
Fotopsia 11% 14% Vomito
(visione di lampi)
42 EMICRANIA: UNA MALATTIA DI GENERE
mentre i rimanenti ricevono aiuto nella maggior parte dei casi da genitori (11%) o figli (4%).
Queste persone forniscono assistenza in media per 4 giorni al mese (range 0,5-30), con fre-
quenza maggiore per gli uomini (5,2 gg vs 3,9). Le forme di assistenza informale ricevuta sono
riepilogate nella figura 3.6.
30% Supporto
psicologico
Gestione 24%
del dolore
Il 13% degli intervistati (stessa percentuale negli uomini e nelle donne), ha riportato di essersi
rivolto negli ultimi 3 mesi a collaboratori/collaboratrici a pagamento per avere aiuto domestico
(ad esempio baby sitter, colf, badante), spendendo mediamente € 452 (range € 0-3000, me-
diana € 250).
Il 92% dei rispondenti ha effettuato negli ultimi 3 mesi almeno una visita. Gli uomini hanno
evidenziato una frequenza più elevata di visite dal medico di medicina generale (1,5 vs 1,1) e
visite specialistiche rispetto alle donne (0,52 vs 0,38).
CAPITOLO 3 | Quando il genere fa la differenza 43
Il 25% dei partecipanti ha dichiarato di aver effettuato degli esami negli ultimi 3 mesi. Sono
emerse differenze statisticamente significative sulla numerosità degli esami tra uomini e donne
per radiografia del cranio (uomini 0,17; donne 0,11) e angio-TAC (uomini 0,09; donne 0,03).
Il numero medio di esami negli ultimi 3 mesi, calcolati solo sui soggetti che li hanno effettuati,
è risultato:
• 1,1 radiografie del cranio (12% dei soggetti);
• 1,2 elettroencefalogrammi (11% dei soggetti);
• 1,1 TAC (12% dei soggetti);
CAPITOLO 3 | Quando il genere fa la differenza 45
Per effettuare un esame o una visita i soggetti hanno perso nella maggior parte dei casi da 1 a
4 ore (92%), tenendo conto anche del tempo totale di viaggio. Il 2% dei rispondenti ha perso
un’intera giornata. Non sono emerse differenze statisticamente significative tra uomini e don-
ne in questo contesto.
Considerando il sottoinsieme di pazienti che si è sottoposto a esami o visite negli ultimi 3 mesi
(54%), la spesa media per effettuare un esame o una visita è risultata di € 66 (€ 0-500), con-
siderando il costo del ticket o l’intero importo se effettuato/a privatamente; per il trasporto (ad
esempio autobus, tram, metro, treno, taxi, parcheggio, carburante, pedaggio) i rispondenti
hanno speso mediamente € 12 (€ 0-140) per visita/esame, mentre per i pasti fuori casa la spe-
sa è stata mediamente di € 8 (€ 0-150) per visita/esame (le analisi tengono conto anche delle
spese per un eventuale accompagnatore). Il costo medio per una visita o esame sostenuta/o
dagli uomini è risultato significativamente superiore rispetto alle donne (€ 80 vs € 58).
Negli ultimi 3 mesi, a causa dell’emicrania, gli intervistati hanno sostenuto delle spese per ac-
quistare farmaci non dispensati dall’SSN e per effettuare trattamenti non medici. La spesa me-
dia per i farmaci sostenuta dagli uomini è risultata superiore rispetto a quella sostenuta dalle
donne (€ 61 vs € 45). Un’altra differenza significativa tra generi è emersa rispetto alle spese
per rilassamento progressivo (uomini € 4,8 vs donne € 1,9) (figura 3.7).
Le spese medie calcolate solo sui soggetti che hanno acquistato farmaci o effettuato prestazio-
ni sono risultate:
• € 54 per farmaci non dispensati dall’SSN (93% dei soggetti);
• € 100 per agopuntura (3% dei soggetti);
• € 77 per yoga (5% dei soggetti);
• € 124 per ginnastica posturale (12% dei soggetti);
• € 129 per osteopatia (8% dei soggetti);
• € 67 per rilassamento progressivo (4% dei soggetti);
• € 51 per medicina omeopatica (19% dei soggetti);
• € 35 per biofeedback (1% dei soggetti);
46 EMICRANIA: UNA MALATTIA DI GENERE
Figura 3.7 – Spese OOP medie sostenute per farmaci e trattamenti negli ultimi 3 mesi (le differenze
statisticamente significative sono indicate da *)
Donne Uomini
€ 61
€ 45
€ 26,5
€ 15,8
€ 13,7
€ 13,1
€ 13
€ 10,5
€ 9,4
€9
€ 4,8
€ 3,6
€ 3,6
€ 3,7
€ 2,2
€ 1,9
€4
€3
€2
i
c e
le
ia
ia
ivo
ra
po e
ac
es
nn ervi ich
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Yo
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vo
on
ipo
as
en
iti
pa
sti
an
gn
eo
Ge
Gi
sa
m
co
Om
las
Ri
*
• € 77 per tecniche di gestione dello stress (4% dei soggetti);
• € 137 per tecniche di manipolazione cervicale (13% dei soggetti);
• € 78 per tecniche cognitivo-comportamentali (2% dei soggetti).
Negli ultimi 3 mesi, a causa dell’emicrania, i soggetti hanno perso mediamente 3,9 (range
0-90) giornate di lavoro (professionale o casalingo) per dolore o malessere e 6,1 (range 0-90)
giornate di attività legate alla vita privata e sociale (ad esempio, uscite con amici, hobby, sport,
attività familiari, ecc.); per 11,7 (range 0-90) giorni hanno svolto lavoro (professionale o casa-
lingo) mentre provavano dolore o malessere (presenteismo). Le donne hanno riportato valori
medi più elevati per questi indicatori rispetto agli uomini (figura 3.8).
Sintesi – costi diretti. Complessivamente, negli ultimi 3 mesi i pazienti hanno sostenuto co-
sti diretti (OOP) per € 202 880, che corrispondono a un costo medio per paziente di € 334
(€ 0-7900). Tale costo è risultato significativamente superiore per gli uomini rispetto alle donne
CAPITOLO 3 | Quando il genere fa la differenza 47
Figura 3.8 – Giornate di produttività perse negli ultimi 3 mesi (le differenze statisticamente
significative sono indicate da *)
Donne Uomini
12,9
8,9
6,6
5
4,2
3,4
*
(€ 456 vs € 283; p = 0,003). I costi diretti relativi agli ultimi 3 mesi sono risultati pari a € 273
per i pazienti con un numero di attacchi di emicrania al mese da 4 a 8; i pazienti con 9-15 attac-
chi al mese hanno riportato costi diretti per € 520, mentre i pazienti con più di 15 attacchi al
mese hanno evidenziato un costo diretto medio di € 550. Considerando un numero di attacchi
al mese maggiore o uguale a 9, gli uomini hanno riportato costi diretti più alti e significativi
rispetto alle donne. La figura 3.9 riporta i costi per genere con il dettaglio in base al numero di
attacchi di emicrania al mese.
Perdite di produttività. Negli ultimi 3 mesi, i pazienti hanno perso in media 2,3 ore per effet-
tuare una visita o un esame, per complessive 6,1 ore per paziente. Per i ricoveri, mediamente
ogni soggetto ha perso 1,5 ore, mentre per dolore o malessere ogni soggetto ha perso media-
mente 31,5 ore lavorative.
Complessivamente, negli ultimi 3 mesi, la perdita di produttività media per paziente è risultata
di € 381 (€ 0-5801), con un impatto maggiore e statisticamente significativo per gli uomini
48 EMICRANIA: UNA MALATTIA DI GENERE
Figura 3.9 – Costi diretti medi per paziente sostenuti negli ultimi 3 mesi (le differenze
statisticamente significative sono indicate da *)
€ 456
€
€ 283
€
Uomini Donne
*
€ 1116
€ 894
€ 280 € 314
€ 255
€ 203
* *
Costi per genere con il dettaglio in base al numero di attacchi di emicrania al mese
(€ 552 vs € 309, p<0,0001). Le perdite di produttività relative agli ultimi 3 mesi sono risultate
pari a € 313 per i pazienti con un numero di attacchi di emicrania al mese da 4 a 8; i pazienti
con 9-15 attacchi al mese hanno riportato perdite di produttività pari a € 571, mentre i pazien-
ti con più di 15 attacchi al mese hanno evidenziato perdite di produttività medie di € 690. La
figura 3.10 riporta il dettaglio per le diverse sotto-popolazioni.
CAPITOLO 3 | Quando il genere fa la differenza 49
Figura 3.10 – Perdite di produttività medie per paziente negli ultimi 3 mesi (le differenze
statisticamente significative sono indicate da *)
€ 552
€ 309
Uomini Donne
* € 1473
€ 733
€ 482
€ 413
€ 275
€ 212
* *
Perdite di produttività per genere con il dettaglio in base al numero di attacchi di emicrania al mese
Il costo medio di assistenza informale per paziente calcolato sul periodo di 3 mesi è risultato di
€ 373 (€ 0-5953). Tale costo è risultato significativamente superiore per gli uomini rispetto alle
donne (€ 507 vs € 316; p = 0,0004). La figura 3.11 riporta il dettaglio per le sotto-popolazioni
considerate.
50 EMICRANIA: UNA MALATTIA DI GENERE
Figura 3.11 – Costo medio per assistenza informale per paziente negli ultimi 3 mesi (le differenze
statisticamente significative sono indicate da *)
€ 507
€ 316
Uomini Donne
* € 1025
€ 558
€ 372 € 401
€ 333
€ 299
*
Costo per assistenza informale per genere con il dettaglio
in base al numero di attacchi di emicrania al mese
punteggi delle due scale RR e RP con valori inferiori (RR: 46,8 vs 53,6; p<0,0001; RP: 60,2 vs
64,1; p = 0,024), evidenziando cioè una qualità di vita peggiore (figura 3.12).
La figura 3.13 riporta il dettaglio per le tre scale per le sotto-popolazioni considerate. La figura
mostra una qualità di vita peggiore per le donne per la scala RR, indipendentemente dal nu-
mero di attacchi al mese. Per le scale RP ed EF la qualità di vita delle donne è risultata migliore
rispetto agli uomini per un numero di attacchi al mese superiore a 15, ma le differenze non
sono risultate significative.
Il coefficiente di utilità u medio calcolato per i rispondenti tramite la somministrazione del que-
stionario EuroQol è risultato di 0,72. Considerando i punteggi della scala visuale, il punteggio
medio è risultato di 68 su 100. Non si sono evidenziate differenze statisticamente significative
Figura 3.12 – Punteggi delle scale del questionario MSQ (le differenze statisticamente significative
sono indicate da *)
Donne Uomini
64,1 63
60,2
59,2
53,6
46,8
RR RP EF
(interruzione delle (limitazione delle (effetti sulla
attività quotidiane) attività quotidiane) sfera emotiva)
* *
Questionario MSQ
52 EMICRANIA: UNA MALATTIA DI GENERE
Figura 3.13 – Punteggi delle tre scale del questionario MSQ (le differenze statisticamente
significative sono indicate da *)
Donne Uomini
56,4
48,7 48,4
40,7 40,5 38,6
* *
Questionario MSQ-RR (interruzione delle attività quotidiane)
66,8
61,7 60,1
54,7 55,3
48,7
*
Questionario MSQ-RP (limitazione delle attività quotidiane)
65,3
60,7 59,7
54,2 52,6
48,5
in questi due punteggi tra uomini e donne, nemmeno considerando la classificazione per
numero di attacchi. Tuttavia le analisi hanno confermato una qualità di vita migliore per le
donne rispetto agli uomini nella popolazione con un numero di attacchi al mese maggiore di
15 (figura 3.14).
Donne Uomini
0,78
0,75
0,65
0,62
0,53
0,49
Questionario EuroQol
Analisi economica. L’analisi sui costi diretti ha evidenziato che la distribuzione dei costi è in-
centrata su valori tra € 0 e 500 (mediana € 71). La distribuzione mostra che la maggior parte
dei soggetti (84%) ha sostenuto spese fino a € 500 negli ultimi 3 mesi (figura 3.15).
La tabella 3.6 riporta i costi OOP, i costi per assistenza informale e le perdite di produttività per
le diverse categorie di individui. Le analisi univariate hanno evidenziato differenze statistica-
mente significative tra i gruppi relativamente a:
• diversi livelli di istruzione (più elevato è il titolo di studio e maggiore è il costo diretto soste-
nuto);
54 EMICRANIA: UNA MALATTIA DI GENERE
Figura 3.15 – Distribuzione dei costi diretti relativa agli ultimi 3 mesi
84% Percentuale
di pazienti
$
80%
€ € 60%
40%
20%
• genere (gli uomini sostengono costi diretti più alti rispetto alle donne);
• numero di attacchi al mese (più elevato è il numero di attacchi e più elevati sono i costi
sostenuti);
• reddito annuale (più elevato è il reddito e maggiore è il costo sostenuto);
• qualità di vita (migliore è la qualità della vita e minore è il costo sostenuto).
Le analisi condotte sulle perdite di produttività hanno confermato le conclusioni relative all’a-
nalisi sui costi diretti. Non sono emerse differenze significative tra le aree geografiche per nes-
suna delle tre tipologie di costi.
CAPITOLO 3 | Quando il genere fa la differenza 55
Tabella 3.6 – Riepilogo delle tre tipologie di costi per le diverse categorie considerate
Questi risultati sono stati ulteriormente indagati attraverso un modello di regressione multiva-
riata che ha evidenziato che il costo diretto (OOP) è associato in modo statisticamente significa-
tivo alle seguenti variabili (tabella 3.7):
56 EMICRANIA: UNA MALATTIA DI GENERE
Tabella 3.7 – Analisi di regressione multivariata sulla variabile “costo diretto” (i coefficienti indicano
la variazione del costo diretto in corrispondenza della variazione di un’unità dei diversi parametri)
Pertanto, l’analisi multivariata ha evidenziato che il genere femminile è associato a costi diretti
(OOP) minori, anche dopo aver controllato, per una serie di variabili demografiche (età, reddi-
to, livello di istruzione, area geografica), qualità di vita e tipo di emicrania.
professionale sull’utilizzo delle evidenze scientifiche più recenti, mentre altri criteri (ad esempio
la tipologia di somministrazione) possono avere un’importanza diversa da paziente a paziente,
in base alle preferenze individuali. Rilevare queste preferenze è essenziale per informare le
politiche sanitarie, soprattutto quelle centrate sui pazienti affetti da condizioni croniche che
richiedono l’impegno dei pazienti stessi per la loro gestione, con importanti conseguenze a
lungo termine sulla loro vita personale e sociale.
Una ricerca sistematica in letteratura è stata effettuata con l’obiettivo di ricavare le evidenze
disponibili riguardo alle preferenze dei pazienti verso le caratteristiche principali dei trattamenti
per l’emicrania.
La query di ricerca ha portato alla selezione di 259 studi: di questi, 14 contenevano informazio-
ni riguardo le preferenze dei pazienti [Dahlöf 2001, Dowson et al. 2005, Gonzalez et al. 2012,
Gonzalez et al. 2013, Hamelsky et al. 2005, Katsarava et al. 2011, Leinisch-Dahlke et al. 2004,
Lenert 2003, Lipton et al. 2002, Manandhar et al. 2015, Matías-Guiu et al. 2012, Mitsikostas
et al. 2017, Peres et al. 2007, Smelt et al. 2014] misurate sulla base di questionari più o meno
strutturati per capire quali caratteristiche di un trattamento essi ritenessero prioritarie. La po-
polazione considerata era per la maggior parte composta da pazienti con emicrania, senza
distinzione in base alla tipologia (cronica o episodica).
La figura 3.16 riporta le caratteristiche di un trattamento ritenute più rilevanti dai pazienti af-
fetti da emicrania, insieme alla distribuzione tra gli studi.
Figura 3.16 – Distribuzione delle caratteristiche del trattamento considerate nei diversi studi
pubblicati
32% Risoluzione
Costo 3% dei sintomi
(in generale
o specifici
Ritorno 11%
alle attività
quotidiane 30% Efficacia
(rapidità
Formulazione 11% dell’effetto,
nessuna ricaduta,
ritardo dell’attacco,
Eventi 14% persistenza
avversi dell’effetto)
58 EMICRANIA: UNA MALATTIA DI GENERE
Dopo aver raccolto le evidenze disponibili nella letteratura internazionale, si è proceduto con
l’organizzazione di due focus group per valutare le caratteristiche di un ipotetico trattamento
che i pazienti ritengono più rilevanti nel contesto nazionale.
Il focus group si svolge come un’intervista di gruppo guidata da un moderatore che, seguendo
una traccia più o meno strutturata, propone degli stimoli ai partecipanti [Krueger 1994]. L’idea
che sta alla base di questo metodo è che le considerazioni o le valutazioni espresse da ciascuno
dei partecipanti suscitano reazioni, commenti e riflessioni da parte degli altri, attivando una
discussione spontanea e intensa che porta alla condivisione di ulteriori e più approfondite con-
siderazioni.
Ogni focus group ha avuto una durata di due ore e ha coinvolto 8 pazienti. La discussione è ini-
ziata presentando gli obiettivi dello studio e successivamente ogni partecipante ha raccontato
la propria esperienza riguardo la patologia. In un secondo step, è stato chiesto ai partecipanti
di esprimersi liberamente sulle caratteristiche più importanti relative a un trattamento ideale.
In un terzo step è stato condiviso con i partecipanti l’elenco delle caratteristiche (attributi) dei
trattamenti ricavati dalla ricerca in letteratura e riepilogati nel box 3.2.
In entrambi i focus group si è chiesto ai partecipanti di ordinare in base alle proprie preferenze
le caratteristiche di un trattamento (dalla più importante alla meno importante).
Box 3.2 – Elenco delle caratteristiche dei trattamenti ricavati dalla ricerca
in letteratura
Efficacia del trattamento
• Efficacia in generale
• Rapido sollievo dai sintomi in generale
• Permanenza del sollievo dai sintomi in generale
• Maggiore durata dell’effetto
• Riduzione delle recidive
• Ritardo nella ricomparsa dei sintomi
• Ricomparsa dei sintomi entro 24 ore
Segue
CAPITOLO 3 | Quando il genere fa la differenza 59
Eventi avversi
• Sicurezza del trattamento in generale
• Alcuni o nessun evento avverso
• Evitare eventi avversi di tipo cardiaco
• Evitare eventi avversi di tipo neurologico
• Nessun evento avverso a lungo termine
• Nessun mal di testa come effetto collaterale della terapia (effetto rebound)
Limitazioni di attività
• Nessuna limitazione nella capacità di effettuare le attività quotidiane
• Nessuna limitazione nella capacità di lavorare o di partecipare ad attività sociali
• Possibilità di riprendere le attività professionali o accademiche
• Possibilità di riprendere le attività sociali e familiari
• Ritorno più rapido alle normali attività
Formulazione
• Nessuna iniezione
• Assunzione di un numero limitato di dosi
• Orosolubile senza la somministrazione di acqua
• Via di somministrazione
• Tipo di trattamento
Le 5 caratteristiche ritenute più importanti dai partecipanti ai due focus group sono risultate
nell’ordine:
1. velocità nell’effetto (efficacia-velocità);
2. riduzione dell’intensità dei sintomi (efficacia-potenza);
3. durata dell’effetto (efficacia-durata);
4. eventi avversi limitati o assenti;
5. costo limitato a carico del paziente.
Una seconda valutazione ha avuto lo scopo di quantificare i livelli di variazione di questi attri-
buti. Dopo la discussione, i partecipanti hanno riportato che l’efficacia, in termini di velocità nel
raggiungere l’effetto, dovrebbe avvenire idealmente entro 30 minuti dalla somministrazione
del farmaco. Tempi dai 30 ai 90 minuti sono accettabili, mentre tempi oltre le 3 ore risultano
eccessivi.
Riguardo l’efficacia del trattamento in termini di intensità della riduzione dei sintomi, livelli
accettabili sono risultati attorno al 50%, con valori ideali di riduzione dei sintomi pari almeno
al 90%.
I pazienti ritengono che l’efficacia del trattamento debba durare idealmente tutta la giornata,
o almeno per 8 ore, considerando la giornata lavorativa. Inoltre, la preferenza dei pazienti è
rivolta a trattamenti con limitati eventi avversi.
Per quanto riguarda il costo a carico dei pazienti per l’acquisto di un trattamento ideale, i pa-
zienti trovano accettabile un costo pari a € 50 mensili, ma sarebbero disposti a sopportare un
costo fino a € 200-300 mensili pur di avere la risoluzione di tutti i sintomi legati all’emicrania.
Conclusioni
L’emicrania è una patologia dai costi rilevanti. Influenza negativamente la qualità di vita dei
pazienti, soprattutto se donne, e dei loro familiari. L’emicrania è una patologia di genere, so-
cialmente disabilitante con evidenze ancora scarse e frammentate.
I dati a livello internazionale stimano un costo annuo complessivo per paziente (costi diretti e
perdite di produttività) equivalente a circa € 11 300 [D’Amico et al. 2017], più alto rispetto a
CAPITOLO 3 | Quando il genere fa la differenza 61
quello per la gestione di pazienti con diabete (circa € 8300 [Marcellusi et al. 2016]) o di pazien-
ti con insufficienza renale cronica (range € 7000-9600 [Turchetti et al. 2017]).
I pazienti spendono di tasca propria € 464 per farmaci o trattamenti non coperti dall’SSN. Le
donne riportano in generale costi inferiori rispetto agli uomini (costo per prestazioni sanitarie
€ 924 vs € 1520; perdite di produttività € 1236 vs € 2208; assistenza formale € 208 vs € 296;
assistenza informale € 1264 vs € 2028) (figura 3.17).
Dall’indagine è emerso che il 63% dei pazienti riceve assistenza informale dai familiari, in me-
dia per 4 giorni al mese, con una maggior frequenza per gli uomini, mentre una minoranza di
pazienti (13%) si rivolge a collaboratori o collaboratrici a pagamento per avere aiuto dome-
stico. Gli uomini, che hanno mediamente redditi più elevati rispetto alle donne, spendono di
più per visite/esami e per farmaci. Nel complesso i costi diretti sostenuti dagli uomini sono più
elevati rispetto a quelli sostenuti dalle donne, in contrasto con quanto riportato in letteratura.
Le donne, che riportano una qualità di vita peggiore rispetto agli uomini, perdono un numero
maggiore di giornate lavorative e di giornate di attività sociali rispetto agli uomini per dolore o
malessere causati dall’emicrania. Al contempo, le donne tendono maggiormente a recarsi al
lavoro in condizioni di malessere rispetto agli uomini (presenteismo). Tuttavia, avendo le donne
un reddito mediamente più basso rispetto agli uomini, riportano una perdita di produttività
minore.
I costi diretti e le perdite di produttività sono influenzati principalmente dal reddito annuo e
dalla qualità della vita: all’aumentare del reddito aumentano i costi diretti e le perdite di pro-
62 EMICRANIA: UNA MALATTIA DI GENERE
€ 7000
€ 6000 € 1520
€ 5000
€ 2208
€ 4000
€ 924
€ 3000
€ 1236
€ 296
€ 2000 € 2028
€ 208
€ 1000 € 1264
Uomini Donne
duttività, mentre all’aumentare della qualità della vita i costi diretti e le perdite di produttività
diminuiscono.
L’analisi si è focalizzata sui pazienti e non ha tenuto conto delle spese per visite, esami
e trattamenti a carico dell’SSN. Anche le perdite di produttività lavorativa avvenute
durante le giornate di “presenteismo” sono state escluse dall’analisi. Per questi motivi,
il costo totale di gestione di questa tipologia di pazienti è sicuramente sottostimato.
A oggi non esiste un trattamento risolutivo per l’emicrania. Quando ai pazienti è stato chie-
sto di esplicitare le caratteristiche più importanti che un trattamento ideale dovrebbe avere è
emerso che la velocità nell’effetto, la riduzione dell’intensità dei sintomi, la durata dell’effetto,
CAPITOLO 3 | Quando il genere fa la differenza 63
la presenza di eventi avversi e il costo a carico del paziente sono gli attributi ritenuti maggior-
mente rilevanti. Questi dati sono coerenti con quanto emerso dalla letteratura internazionale
che ha evidenziato i più importanti 5 attributi nel 79% degli studi.
I risultati della nostra indagine possono contribuire a indirizzare le strategie di ricerca e sviluppo
dell’industria farmaceutica verso trattamenti non solo efficaci clinicamente ma rispondenti ai
bisogni espressi dai pazienti. Inoltre le evidenze emerse sul costo della patologia e quelle sul
differente impatto che essa produce sulle donne possono supportare lo sviluppo di politiche
sanitarie e socio-sanitarie differenziate rispetto al genere, con l’obiettivo cioè di colmare il gap
esistente in una logica di equità redistributiva.
Negli ultimi anni il Servizio Sanitario Nazionale ha intrapreso un percorso di sviluppo verso la
“sanità del valore”. Ha cioè riconosciuto la necessità di allargare la prospettiva e di considerare,
come misure di performance non solo gli indicatori tradizionali di salute (ad esempio aspetta-
tiva di vita) ma anche quelli che descrivono più pienamente il benessere della popolazione. Si
può essere tecnicamente in buona salute ma non sentirsi bene. Il paziente è un individuo che
interpreta nella società diversi ruoli e spesso tutti contemporaneamente. È cittadino/a, genito-
re, lavoratore o lavoratrice e ciò che veramente conta per “sentirsi bene” è raggiungere uno
stato di benessere bilanciato nelle varie sfere sociali dell’essere. Verso questa visione più ampia
di “salute” si sta muovendo l’SSN cercando di promuovere, allocando le risorse scarse a dispo-
sizione, politiche e programmi sanitari che possano produrre “valore” per la società nel suo
complesso. È sicuramente un obiettivo ambizioso e iniziative come questa descritta in questo
libro ne testimoniano la fattibilità perché producono ciò di cui veramente abbiamo bisogno per
raggiungere l’obiettivo: le evidenze. È fondamentale sviluppare evidenze che mettano al cen-
tro il paziente, in tutte le sue sfaccettature, esaltandone le differenze, anche di genere, perché
riconoscerle, per disegnare politiche adeguate, è la vera forza di un sistema sanitario moderno
e costo-efficace.
64 EMICRANIA: UNA MALATTIA DI GENERE
SINTESI
Gli uomini, che hanno redditi più elevati rispetto alle donne:
• sostengono spese più elevate per prestazioni sanitarie e non sanitarie
• riportano maggiori perdite di produttività
policy implications: a population-based study Steiner TJ, Stovner LJ, Katsarava Z, et al. (2014).
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CAPITOLO 4
CONCLUSIONI
CAPITOLO 4 | Conclusioni 69
L’attenzione alle differenze di genere appare un approccio essenziale non solo per le malattie
cronico-degenerative o infettive ma anche per l’emicrania, una patologia diffusa che, come
descritto nel presente libro bianco, coinvolge non solo gli aspetti fisici ma anche quelli emozio-
nali, cognitivi, comportamentali e relazionali, nuocendo alla qualità della vita e impoverendo le
relazioni affettive e sociali.
Da quanto riportato, le donne con emicrania si scontrano con una qualità di vita peggiore
rispetto agli uomini che soffrono della stessa patologia. Per dolore o malessere causato dall’e-
micrania, le donne, rispetto agli uomini, perdono un numero maggiore di giornate lavorative,
di giornate di attività sociale e di cura della famiglia, oltre a recarsi più spesso al lavoro in
condizioni di malessere. Il quadro che emerge dalla ricerca scientifica, da quella economica e
dall’esperienza delle associazioni di pazienti e delle associazioni che seguono con particolare
interesse la salute del mondo femminile in Italia, è che oggi manca una consapevolezza sociale
sulla malattia e sulle sue implicazioni: le pazienti percepiscono l’emicrania come una patologia
“invisibile”.
Alla luce di quanto detto sarà fondamentale creare una “cultura dell’emicrania”, una consape-
volezza sociale che possa eliminare eventuali stigmi e che possa portare alla luce questa proble-
matica soprattutto in un’ottica di genere. Ad esempio, il Medico di Medicina Generale (MMG)
rappresenta il primo referente per chi soffre di emicrania e un MMG correttamente formato e
informato potrà rassicurare il paziente (più spesso la paziente) sul fatto che la condizione di cui
soffre è reale e curabile indirizzandolo/a al contempo verso strutture e specialisti esperti nella
gestione della patologia. Inoltre, la forte caratterizzazione di genere e la preponderante preva-
lenza nelle pazienti in età fertile pongono in prima linea anche figure professionali tradizional-
mente coinvolte con l’universo femminile e la maternità. Purtroppo, però, la diversa organiz-
zazione dei Servizi Sanitari Regionali pone ai pazienti un evidente problema di identificazione
del corretto percorso nell’ambito della medicina specialistica. Occorre assicurare al paziente,
in relazione alla forma e allo stato di malattia, all’età, al genere, alle condizioni e ai fattori che
interferiscono e modulano la sintomatologia, un sistema di cure con criteri espliciti in linea con
gli standard europei e con il progresso delle conoscenze medico-scientifiche.
a curarsi di meno e nel contempo, a causa del loro ruolo nell’ambito della famiglia e della so-
cietà, necessitano maggiormente di assistenza familiare informale e formale per gestire la loro
patologia.
È quindi necessario identificare strategie che possano consentire un miglioramento della quali-
tà di vita soprattutto delle donne, ma ovviamente anche degli uomini affetti da questa patolo-
gia che ha importanti riflessi sociali e presenta dei rilevanti costi diretti e indiretti per il Servizio
Sanitario Nazionale.
L’istituendo Osservatorio sulla Medicina di Genere, che in base all’articolo 3 del ddl 3/2018
dovrebbe far capo al Centro di Riferimento per la Medicina di Genere dell’Istituto Superiore di
Sanità, potrà fornire un contributo importante nel profilare il “fenomeno emicrania” sulla base
di dati scientifici solidi e indicare i percorsi clinico-assistenziali più adatti e appropriati.
Finito di stampare nel mese di ottobre 2018
da Ti Printing srl
Via delle Case Rosse 23, 00131 Roma