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Concentrarsi per Colludere: un’analisi sui

vincoli di capacità di breve periodo, fusioni e


posizioni dominanti singole o collettive.
Carlo Capuano∗ †
Università degli Studi di Napoli FEDERICO II
Aprile 2005.
Versione preliminare

Abstract
In questo articolo si vuole prop orre un’analisi degli effetti anticomp eti-
tivi derivanti da un pro cesso di concentrazione (fusione o acquisizione)
in un mercato in cui esistano vincoli di capacità e ritardi nel suo adegua-
mento. Riprendendo il contributo di Grillo e Magnani (2004), si eviden-
zierà il ruolo centrale del grado di reversibilità delle variabili strutturali
nella definizione della condotta delle imprese, e, nello sp ecifico si esamine-
ranno contestualmente i rischi di p osizioni dominanti singole o collettive,
di breve e/o di lungo p erio do. La nostra analisi dimostrerà che non esiste
un trade off tra obiettivi regolamentari di breve e di lungo periodo ma
evidenzierà come escludendo ulteriori asimmetrie derivanti dalla concen-
trazione, tale operazione risulterà profittevole di per sè solo se strumento
per implementare equilibri collusivi, prima non sostenibili.

JEL Codes: L1, L41, L50.


Keywords: posizioni dominanti, fusioni, regolamentazione, vincoli di
capacità.

∗ Dipartimento di Teoria e Storia dell’Economia Pubblica, Complesso Universitario di

M onte S.A ng elo, V ia C intia, N a p oli, 8 01 26; in dirizzo e-m ail: ca rlo .capu an o@ u nina .it
† U n ringraziam ento dovero so ad A lfredo del M onte e a M ich ele G rillo p er suggerim enti e

commenti in fasi diverse del lavoro. Ogni errore resta a carico dell’autore.

1
1 Introduzione.
Con riferimento a mercati caratterizzati da vincoli di capacità, in questo arti-
colo ci proponiamo di valutare l’effetto di operazioni di concentrazione (fusione
o acquisizione) sul rischio di posizioni dominanti (singole o collettive), propo-
nendo un approccio che consideri contestualmente obiettivi regolamentari di
breve periodo, quando non tutte le variabili strutturali sono reversibili, ed obi-
ettivi regolamentari di lungo periodo, quando ogni variabile risulta endogena al
mercato. Nello specifico, proprio il grado di reversibilità di medio o lungo peri-
odo delle posizioni relative in termini di capacità produttiva sarà centrale nella
valutazione degli esiti competitivi dell’operazione di concentrazione analizzata.
Il presente lavoro nasce come commento all’articolo di Grillo e Magnani
(2004) nel quale si fa esplicito riferimento ad un mercato in cui la distribuzione
delle capacità produttive é in partenza simmetrica e si osservi il processo di con-
centrazione di alcune concorrenti. In un simile contesto la distribuzione della
capacità post fusione risulta determinante per inferire il tipo di concorrenza
implementato nel mercato e per prevedere l’insorgere di posizioni dominanti.
Infatti, senza precedenti eccessi di capacità istallata, la concentrazione permet-
te solo all’entità nata dalla fusione di aumentare il livello di produzione. Le
concorrenti, ancora vincolate, si troveranno a subire una posizione dominante
singola della neonata che ottiene profitti e quote di mercato a loro superiori.
Gli effetti di breve periodo in termini di benessere sono univocamente negativi1 .
Se la variabile capacità istallata non é rapidamente modificabile, oppure lo é
in modo troppo oneroso, ovvero - utilizzando la definizione data da Grillo e
Magnani (2004) - ha un basso grado di reversibilità, allora non si ricostituisce la
condizione di simmetria e la posizione dominante singola é atta a perdurare. Uti-
lizzando uno schema logico che fa riferimento all’orizzonte temporale, si può in
altro modo affermare che se il breve periodo é sufficientemente ”lungo” l’impatto
della creatasi posizione dominante diviene socialmente rilevante e richiede un
intervento di opposizione da parte della preposta autorità di regolamentazione
preventiva.
Nello stesso contesto, il nostro articolo si interroga su quale sia l’impatto della
medesima concentrazione in termini di rischio di posizioni dominanti collettive
e se vi sia un trade off, in termini di regolamentazione preventiva, tra obiettivi
che definiremmo di breve periodo, ovvero incentrati sulla performance immedi-
atamente post fusione, ed obiettivi di lungo periodo, ovvero volti a valutare solo
gli effetti di quelle posizioni che definiremmo durevoli o atte a perdurare.
All’uopo, si evidenzierà come in termini di sostenibilità della collusione tacita
quale equilibrio di Nash perfetto nei sottogiochi (SPE), se é vero che la mag-
giore concentrazione del mercato rende più alto il rischio di posizioni dominanti
collettive, é altrettanto vero che contestualmente la condizione di asimmetria
vede proprio la nuova entità meno propensa a colludere, con implicazioni nor-
mative apparentemente non univoche. Si caratterizzeranno, infatti, contesti in
1 A meno di guadagni di efficienza o sinergie derivanti dall’operazione di concentrazione, i

maggiori profitti della sola impresa nata dalla fusione non compensano la riduzione dei profitti
delle concorrenti e il minor surplus del consumatore derivanti.

2
cui proprio la concentrazione riduce il rischio di posizioni dominanti collettive.
Il presente contributo e quello citato di Grillo e Magnani (2004) si completano
nella ricerca di un precetto di politica industriale che nasca da un’analisi rigorosa
di quale sia l’orizzonte temporale rilevante ai fini regolamentari. Nel nostro
caso ci si sofferma sul lungo periodo e su una definizione di posizione dominante
inerente alla sua capacità di perdurare e di consolidarsi, capacità a nostro avviso
alla base dell’indipendenza nell’operare richiesta dal legislatore.
Nel caso preso in considerazione da Grillo e Magnani (2004), la distinzione tra
breve e lungo periodo sembrerebbe troppo arbitraria per rappresentare un chiaro
riferimento normativo: solo abbandonando il ”tempo logico” proprio dell’analisi
quantitativa per abbracciare la misurazione del ”tempo storico” che scandisce
gli eventi umani, che la valutazione di una posizione dominante, e dei rela-
tivi effetti anticompetitivi, può essere condotta con riferimento ad un tempo
certo, potenzialmente anche prolungato, rappresentato inequivocabilmente da
quello immediatamente successivo alla fusione. Dal confronto dei risultati di
Grillo e Magnani (2004) con i nostri, si evidenzierà una comune preoccupazione
concorrenziale che partendo da punti di vista solo apparentemente diversi si
concretizza per poi fondersi nelle seguenti proposizioni. Se il breve periodo é
sufficientemente lungo si rafforza la possibilità che si determini una posizione
dominante singola, a fronte di una contestuale riduzione del rischio di successive
posizioni dominanti collettive; se il breve periodo é davvero breve, allora tanto
più probabile sarà il perdurare di posizioni dominanti collettive. Il confronto
tra i due diversi approcci, e questo é forse l’apporto più rilevante di questo
nostro contributo, evidenzia come la valutazione di un fattore strutturale quale
il grado di reversibilità di vincoli apparentemente di breve periodo, divenga
cruciale nell’analisi della condotta e della performance del contesto soggetto a
regolamentazione preventiva.

L’analisi proposta è articolata nel modo seguente. Il paragrafo (2) richiama


la letteratura teorica inerente agli effetti anticompetitivi, unilaterali e coordi-
nati, alla base di posizioni dominanti in mercati caratterizzati da vincoli o ec-
cessi di capacità produttiva. Si proporranno contestualmente alcuni riferimenti
alla prassi regolamentare comunitaria in termini di merger regulation. Di se-
guito, nel paragrafo (3) presenteremo le peculiarità strutturali del contesto da
noi analizzato anticipando, quindi, i principali risultati dell’articolo. Il paragrafo
(4) propone il nostro modello teorico in riferimento ai diversi equilibri di Nash
statici successivi al processo di concentrazione. Il paragrafo (5) analizzerà come
la presenza di vincoli di capacità influnzi la sostenibilità di equilibri collusivi nei
contesti pre e post fusione. Mentre nel paragrafo (6) si valuterà espressamente
come vari tale sostenibilità passando dal contesto meno concentrato al più con-
centrato. Nel paragrafo (7) valuteremo l’endogeneità di per sè del processo di
concentrazione la quale troverà ragion d’essere o proprio nell’implementazione
di equilibri collusivi (7.1) o in possibili guadagni di efficienza (7.2). Le nostre
conclusioni sono rimandate al paragrafo (8).

3
2 Vincoli (o eccessi) di capacità.
Prima di addentrarci nelle specificità del modello analitico proposto é, a nostro
avviso, importante ripercorrere quale sia stato nella letteratura teorica e nella
prassi regolamentare il ruolo che vincoli e/o eccessi di capacità hanno avuto
in riferimento a decisioni inerenti l’approvazione di proposte di concentrazione.
Una fusione, infatti, in un mercato in cui tutte le imprese sono soggette ad
identici vincoli di capacità crea una distribuzione asimmetrica delle stesse per
la quale é solo l’impresa nata dall’operazione di concentrazione a godere di un
eccesso di capacità produttiva già istallata. Tale vantaggio competitivo può
essere alla base di successive posizioni dominanti singole o collettive2 .
Quando consideriamo il rischio di posizioni dominanti singole abbiamo subito
in mente un contesto in cui un’impresa, che definiremmo appunto dominante,
opera alla stregua di uno Stackelberg leader nei confronti dei competitori, as-
similabile a Stackelberg followers o semplicemente price takers. La presenza di
capacità istallata in eccesso é condizione necessaria affinché l’impresa dominante
possa aumentare la sua quota di mercato a discapito delle concorrenti e il per-
durare di tale performance dipende unicamente dal grado di reversibilità di una
struttura che vede le concorrenti vincolate.
Nel caso di posizioni dominanti collettive risulta rilevante l’aspetto strategico
inerente al processo di sostenibilità di equilibri collusivi taciti. In particolare,
la deviazione da simili equilibri necessita, almeno per il deviante, della capacità
di incrementare rapidamente la quantità prodotta. Se questo non é possibile,
l’incentivo a deviare risulterebbe scemare ed apparentemente la collusione più
facile da sostenere. Sembrerebbe ragionevole, quindi , l’assunzione che la pre-
senza di vincoli (eccessi) di capacità produttiva rappresenti un collusive plus
(minus) factor. Tale impostazione, coerente con i casi di single dominance, é
spesso richiamata in diverse decisioni comunitarie da parte della Merger Task
Force (MTF) della Commissione Europea3 . Un simile approccio sottovaluta,
però, un secondo canale attraverso il quale proprio la presenza di vincoli (o ec-
cessi) di capacità possa influenzare la sostenibilità di equilibri collusivi taciti:
la sostenibilità di simili equilibri, infatti, richiede l’esistenza di un meccanismo
di punizione credibile. Coerentemente con il paradigma teorico dei supergiochi
alla Friedman (1971), nel caso più semplice la punizione di deviazioni da ac-
cordi collusivi si sviluppa attraverso un processo detto di Nash Reversion che
richiede che le imprese aumentino la produzione immessa nel mercato al fine di
implementare l’equilibrio non cooperativo del modello statico di riferimento. Ne
consegue che tale punizione é implementabile e, quindi, credibile solo se le im-
2 Con il Regolamento (EEC) N. 4064 del 1989, e succesive modifiche, la Commissione

Europea ha identificato la regolamentazione (approvazione preventiva) dei processi di concen-


trazione quale strumento potente e necessario per ridurre il rischio di conseguenti posizioni
dominanti singole, altrimenti sanzionabili solo ex post quali abusi, ex Articolo 82 dei Trattati
di Roma (1957) e successive modifiche.
3 Si fa riferimento al Caso Glaverbel/PPG, No IV/M.1230 del 07/08/1998, al Caso

BP Amoco/Castrol , No COMP/M.1891 del 18/05/2000, al Caso Castrol/Carless/JV ,


No Comp/M.1597 del 14/10/1999, al Caso AGFA-Gevaert/Sterling , No IV/M.1432 del
15/04/1999 o al Caso Kodak/Imation, N.IV/M.1298 del 23/10/1998.

4
prese coinvolte sono in possesso di un eccesso di capacità produttiva. Nel caso
contrario le deviazioni unilaterali, mai punite o in ritardo, divengono sicura-
mente più profittevoli e la collusione meno sostenibile4 . Questo secondo canale,
apparentemente contraddittorio con il primo, supporta l’idea che la presenza
di vincoli (eccessi) di capacità rappresenti un fattore che aumenta (riduce) il
rischio di abuso di posizioni dominanti collettive5 .
La presenza di vincoli di capacità influenza, quindi, la sostenibilità di equi-
libri collusivi (taciti) attraverso due canali tra loro non concordi. Se é vero che
un’impresa con vincoli di capacità é impossibilitata nel porre in atto politiche
di prezzo eccessivamente aggressive che richiederebbero una maggiore domanda
servita é anche vero che lo stesso vincolo limita la possibilità di un aumento della
produzione, anche quando finalizzato a punire eventuali deviazioni dall’equilibrio
collusivo. L’effetto totale é di per sé ambiguo6 . Partendo, però, da una dis-
tribuzione simmetrica della capacità produttiva, come mostrato da Davidson e
Deneckere (1984) e (1990), Lambson (1994) e (1996), e da Compte et al. (2002),
in diversi contesti strutturali e strategici, se una sola delle concorrenti aumenta
la sua capacià produttiva, pur rimanendo limitato il potere di punizioni delle
rivali, risulta aumentata la fattibilità e quindi la profittabilità di politiche di
deviazione. In modo non ambiguo il contesto asimmetrico é a minor rischio di
collusione. In particolare, Compte et al. (2002) generalizzando poi il risultato
ad n imprese, mostrano come nel caso di un duopolio che opera in un mer-
cato inelastico, il fattore di sconto critico, necessario per sostenere la collusione
tacita quale equilibrio di Nash perfetto nei sottogiochi, sia per ogni impresa di-
rettamente proporzionale alla sua frazione di capacità istallata rispetto a quella
aggregata dell’industria: una distribuzione simmetrica delle capacità istallata
riduce il fattore di sconto minimo osservato nel mercato.

3 Distribuzione simmetrica della capacità pro-


duttiva.
Il modello teorico proposto vuole valutare l’effetto in termini di posizioni domi-
nanti ad opera di una o più imprese di un operazione di concentrazione (fusione
o acquisizione) in un mercato in cui le concorrenti risultino vincolate almeno nel
breve periodo. In particolare, si fa riferimento al caso in cui l’adeguamento della
capacità produttiva sia a titolo oneroso e la quantità addizionale sia disponibile
con almeno un periodo di ritardo.
4 Si ricordi in particolare il Caso Nestle/Perrier, N. IV/M.190. 22.07.1992, in cui proprio

una ripartizione delle fonti idriche quali capacità produttiva (ovvero degli eccessi di capac-
ità) impedì in prima battuta l’approvazione della proposta acquisizione. Tale ripartizione fu
interpretata funzionale a permette ad ogni impresa di punire eventuali future deviazioni da
accordi collusivi, e quindi rendere la collusione tacita essa stessa sostenibile.
5 Inoltre, l’attenzione in termini di vincoli od eccessi di capacità produttiva, deve essere riv-

olta anche alle imprese non dominanti, ovvero non coinvolte nell’accordo collusivo: la sosteni-
bilità di strategie aggressive, in risposta ad un cartello, presuppone infatti la capacità per le
imprese marginali di aumentare perentoriamente i loro livelli produttivi.
6 Cfr. Abreu (1986), Brock e Scheinkman (1985), Lambson (1987).

5
Tale scenario vuole interpretare quello ipotizzato da Grillo e Magnani (2004),
in cui si assume una concentrazione in un mercato precedentemente caratteriz-
zato da una distribuzione simmetrica delle capacità istallate, pari alla quantità
prodotta in un equilibrio di Cournot-Nash. La proposta concentrazione crea una
situazione immediata di asimmetria in cui la nuova impresa si trova ad avere una
capacità produttiva doppia rispetto alle restanti n-2 concorrenti7 e nel periodo
successivo sarà la sola in grado di incrementare la produzione rispetto ai livelli
pre-fusione. Si dimostra facilmente come l’equilibrio di Nash Statico, relativo
al periodo successivo la fusione, veda la nuova impresa godere di una quota di
mercato e di profitti superiori a quelli delle singole concorrenti. In questo con-
testo, interpretando Grillo e Magnani (2004), a seguito della concentrazione si
verrebbe a creare una posizione dominante da parte della nuova impresa (single
dominance), posizione che giustificherebbe la mancata autorizzazione alla fu-
sione da parte della preposta autorità di regolamentazione preventiva. La nostra
analisi si interroga se sia sufficiente tale risultato, di breve periodo, per affer-
mare che la fusione in contesti caratterizzati da vincoli di capacità simmetrici
crei posizioni dominanti. La nostra risposta parte dal valutare la sostenibilità
di tale posizione dominante nel lungo periodo, per poi esplorare come proprio
la costituita asimmetria nelle capacità produttive incida sulla sostenibilità di
equilibri collusivi taciti (collective dominance). Secondo noi, infatti, il grado
di indipendenza a cui fa riferimento il legislatore europeo quando definisce una
posizione dominante deve essere inteso come la capacità che ha una tale po-
sizione dominante di perdurare e di consolidarsi, ovvero l’incapacità da parte
dei concorrenti di limitarla. La Commissione Europea, infatti, ha dato una
prima definizione di posizione dominante nel caso Continental Can8 , confer-
mata e consolidata nelle successive sentenze della Corte di Giustizia sui casi
United Brands9 e Hoffman-La Roche10 : non una performance superiore alle
concorrenti é di per sé un abuso, ma la disponibilità di un’ampia libertà di
comportamento che permetta di agire prevalentemente senza tener conto dei
concorrenti. Dove, il prevalentemente non può che presupporre una pluralità
di decisioni, ovvero di più momenti competitivi. Estendendo, allora, l’analisi
al lungo periodo risulta immediato come a meno di equilibri collusivi, la po-
sizione dominante di breve periodo non sia sostenibile nel lungo periodo poiché
le imprese vincolate con investimenti specifici potranno sempre incrementare la
capacità produttiva, ridefinendo una posizione di simmetria. Anche l’idea che
proprio l’eccesso di capacità della nuova impresa possa divenire uno strumento
per scoraggiare tali investimenti, o addirittura per punire il comportamento
di una concorrente che voglia sottrarsi ad una strategia condivisa di riduzione
dell’output, sposterebbe la nostra attenzione verso un’analisi degli incentivi di
deviazioni unilaterali, analisi propria degli equilibri collusivi. In termini di col-
7 Infatti, somma le capacità produttive delle imprese che hanno dato origine alla fusione.
8 Decisione della Commissione del 9 dicembre 1971, caso IV/26811, Continental Can Com-
pany, Gazzetta ufficiale n. L 007 del 08/01/1972, p.25.
9 Corte di Giustizia, caso 27/76, United Brands v. Commissione, in Raccolta 1978, p.207.
1 0 Corte di Giustizia, caso 85/76, Soc. Hoffman-La roche A.G. v. Commissione, in raccolta

1979, pp.461ss.

6
lective dominance, quindi, il punto cruciale diviene la valutazione se il rischio
di posizioni dominanti collettive aumenti o diminuisca a seguito della fusione.
Con riferimento al paradigma dei supergiochi la risposta a questo ultimo in-
terrogativo richiede la verifica di come il fattore di sconto critico, necessario a
sostenere la collusione tacita quale equilibrio di Nash perfetto nei sottogiochi,
vari a seguito proprio della fusione.
L’analisi qui proposta, ci porterà ad affermare come la raggiunta asimmetria
nelle capacità produttive possa divenire addirittura un collusive minus factor.
La spiegazione dipende da due concause derivanti proprio dal vincolo di capa-
cità. La prima deriva dal fatto che l’avvenuta asimmetria nelle capacità crea
incentivi asimmetrici verso deviazioni unilaterali dall’equilibrio collusivo: per
l’impresa nata dalla fusione sarà non solo immediatamente possibile ma anche
maggiormente profittevole una deviazione. La seconda concausa risiede nel fatto
che ipotizzare un ritardo nell’adeguamento della capacità, indipendentemente
dal suo costo, rende più profittevole una deviazione: infatti, l’implementazione
dell’equilibrio di Cournot Nash simmetrico quale punishment non sarà immedi-
ato. La deviazione é profittevole per due periodi almeno! Inoltre, in modo alter-
nativo é possibile misurare il grado di reversibilità della creatasi distribuzione
asimmetrica delle capacità produttive, attraverso il numero di periodi neces-
sario affinché la decisione di istallare nuova capacità divenga operativa. In una
simile ottica, si mostrerà un trade off tra obiettivi regolamentari di breve e di
lungo periodo. Infatti, se é vero che la deviazione da equilibri collusivi é tanto
più profittevole quanto maggiore é tale ritardo, riducendo il rischio di posizioni
dominanti collettive, é altrettanto vero che proprio il ritardo nell’adeguamento
delle capacità produttive rende più oneroso per la società il prolungarsi della
posizione dominante singola di breve periodo.
In generale, si assiste dopo la fusione ad un incremento dei profitti di devi-
azione per l’impresa appena formatasi: il suo fattore di sconto potrà risultare
maggiore di quello pre-fusione e quindi la collusione sarà più difficile da sostenere.

I risultati precedentemente esposti devono essere, però, almeno riletti se non


ridimensionati alla luce dell’analisi sulla profittabilità ex-ante del processo di
fusione. Infatti, quando si cerca di endogenizzare la scelta di fusione, risulta
chiaro come tale operazione sia profittevole se permette di implementare la
collusione, quando prima la stessa non fosse stata sostenibile. Diversamente, i
profitti attesi post fusione sono sempre minori di quelli pre fusione ottenuti dalle
imprese che hanno dato luogo alla concentrazione. La conseguenza é che ogni
volta che una fusione é proposta, il rischio di collusione é prossimo a uno! A meno
di guadagni di efficienza o sinergie, la fusione che sempre crea una posizione
dominante singola di breve periodo trova la sua profittabilità e, quindi, la sua
ragion d’essere in posizioni dominanti collettive di lungo periodo. Scompare,
quindi, qualsiasi trade-off in termini di regolamentazione preventiva tra obiettivi
di breve e obiettivi di lungo periodo.

7
4 Il modello analitico.
4.1 Benchmark: assenza di vincoli di capacità.
Si ipotizzi un mercato in cui n > 3 imprese competano nella produzione e
vendita di un bene omogeneo caratterizzato dalla seguente funzione inversa di
domanda n
X
P (Q) = 1 − Q dove Q= qi (1)
i=1

Le imprese sono simmetriche e caratterizzate da una tecnologia a rendimenti


di scala costanti e costi unitari normalizzati a zero. La variabile di controllo é
per tutte le imprese la quantità prodotta, qi . L’equilibrio di Nash statico é
quello tipico alla Cournot. Nel caso si estenda ad infinito l’orizzonte temporale,
si assuma che le imprese colludano solo se risulti sostenibile quale equilibrio
di Nash perfetto nei sottogiochi (SPE) attraverso l’implemenazione di trigger
strategies e Cournot Nash Reversion quale meccanismo di punizione.

4.2 Equilibrio di Nash statico.


L’equilibrio statico é quello tipico di Cournot Nash con n imprese. Le quantità
prodotte sono inversamente correlate alla numerosità del mercato.
1
∀i, qiCN (n) =
1+n
da cui
µ ¶2
CN n CN 1 CN 1
Q (n) = , P (n) = , Π (n) =
1+n 1+n 1+n

4.3 La collusione tacita quale equilibrio di Nash perfetto


nei sottogiochi (SPE).
Secondo il paradigma dei supergiochi (Friedman, 1971) possiamo caratterizzare
la collusività di un particolare contesto attraverso il fattore di sconto minimo
necessario a sostenere la collusione tacita quale equilibrio di Nash perfetto nei
Sottogiochi (SPE). Al fine di derivare il vincolo incentivo-compatibile (IC) re-
lativo alla profittabilità di deviazioni unilaterali da equilibri collusivi, dobbi-
amo calcolare il livello di profitti di collusione e di deviazione, mentre quelli di
punizione saranno quelli di Cournot-Nash propri dell’equilibrio statico. Avremo,
quindi,
1 n+1
∀i, qiColl (n) = e q Dev (n) =
2n 4n
da cui
2
1 1 (n + 1)
ΠColl
i (n) = e Π Dev
(n) =
4n 16 n2

8
La collusione tacita é, quindi, sostenibile quale equilibrio di Nash perfetto
nei sottogiochi quando il vincolo 2 é soddisfatto.

ΠColl (n) ΠCN (n)


≥ ΠDev (n) + δ (2)
1−δ 1−δ
³ ´2
1 2 1
4n 1 (n + 1) 1+n
≥ 2
+δ (3)
1−δ 16 n 1−δ
Dalla 3 deriviamo il fattore di sconto critico 5.

ΠDev (n) − ΠColl (n)


δ ∗ (n) = (4)
ΠDev (n) − ΠCN (n)
(n + 1)2
= 2 (5)
(n + 1) + 4n

Vale, quindi, la seguente proposizione.

Proposition 1 Senza vincoli di capacità, una concentrazione riducendo il nu-


mero delle imprese riduce il fattore di sconto critico e rende più probabile la
collusione.

Proof. La dimostrazione é immediata derivando la 5 rispetto al numero di


imprese operanti n.

∂δ ∗ (n) 4 (n + 1) (n − 1)
= >0
∂n (6n + n2 + 1)2

Inoltre vale la seguente considerazione.

Proposition 2 Senza vincoli di capacità, la fusione é profittevole se


a seguito del la ridotta concentrazione si passi da un contesto al la Cournot
con n imprese ad uno col lusivo con n-1 imprese.

Proof. Vogliamo qui dimostrare che non solo la collusione post-fusione é


condizione necessaria alla profittabilità dell’operazione di concentrazione, ma
imprese che già colludono non hanno mai interesse alla fusione. La prima parte
della proposizione fa riferimento al fatto che i profitti aggregati di 2 imprese
che competono alla Cournot con altre n − 2 imprese simmetriche sono maggiori
di quelli ottenuti dalla nuova entità nata dalla fusione in un contesto in cui la
competizione resta alla Cournot tra n − 1 imprese.

2ΠCN (n) > ΠCN (n − 1) (6)


µ ¶2 µ ¶2
1 1
2 > (7)
n+1 n

9
dove la 7 é sicuramente verificata per n > 3. Nel caso in cui la collusione sia
sostenibile solo nel contesto post fusione, allora la fusione risulta profittevole di
per sé.

2ΠCN (n) < ΠColl (n − 1) (8)


µ ¶2 µ ¶
1 1
2 < (9)
n+1 4(n − 1)
dove la 9 é verificata per n > 3. Ma questo non é più vero se la collusione era
sostenibile anche prima della fusione.

2ΠColl (n) > ΠColl (n − 1) (10)


µ ¶ µ ¶
1 1
2 > (11)
4n 4(n − 1)
dove la 10 é vera per n > 2.

Ne consegue che in un contesto senza vincoli di capacità l’operazione di


concentrazione é da considerarsi non solo quale strumento per implementare
equilibri collusivi ma conferma ex-post che il nuovo contesto rende tale equilibrio
sostenibile. Altrimenti non si assisterebbe a nessuna fusione!

4.4 Vincoli di capacità.


Assumiamo che la capacità istallata (di partenza) Ki sia pari alla quantità
prodotta nel caso di equilibrio statico pre-fusione.

Ki = q CN (n) (12)

Come mostrato dalla figura 1, le funzioni di reazione sono troncate o ad


angolo. Il cambio di pendenza si ha nel punto in cui diventa stringente il vincolo
di capacità.
Assumiamo, ancora, che istallare capacità sia oneroso (costo unitario pari
a k > 0) e che tale investimento sia non osservabile11 . Infine, ipotizziamo un
ritardo tra il momento di decisione di istallare capacità addizionale e il momento
in cui sia operativa.

4.5 Pre-fusione.
4.5.1 Deviazione da equilibrio collusivo.
Proposition 3 Il fattore di sconto critico necessario per sostenere la collusione
tacita quale SPE é, ceteris paribus, direttamente correlato con i profitti di devi-
azione.
1 1 In caso contrario, nessuna deviazione dall’equilibrio collusivio che preveda un aumento

della capacità produttiva risulterebbe profittevole. La collusione sarebbe sempre sostenibile,


δ → 0!!

10
qi

qiCN(n)

Q-iiCN(n)
Q-i

Figura 1: Funzioni di reazione vincolate ed equilibrio di Nash simmetrico. In


blu (più scuro) la funzione di reazione dell’impresa i-esima, in rosso (più chiaro)
la funzione di reazione aggregata delle altre n-1 imprese.

Proof. Partendo dal vincolo incentivo-compatibile derivato al punto 2

ΠColl δΠNash
≥ ΠDev +
1−δ 1−δ
se i profitti di deviazione diminuiscono, restando invariati i profitti di collusione
e di Nash, il vincolo diviene sempre meno stringente. In termini di fattore di
sconto critico avremo
ΠDev − ΠColl
δ ∗ (n) = Dev (13)
Π − ΠCN
da cui
¡ Dev ¢ ¡ ¢
∂δ ∗ Π − ΠCN − ΠDev − ΠColl
= 2
∂ΠDev (ΠDev − ΠCN )
ΠColl − ΠCN
= 2 ≥0
(ΠDev − ΠCN )

Proposition 4 La collusione é più facile da sostenere in presenza di vincoli di


capacità e costi per la sua espansione.

Proof. La presenza di vincoli di capacità incide prima di tutto sulla capacità


di deviare da equilibri collusivi, incrementando la produzione. Tale deviazione

11
diviene più onerosa, ovvero meno profittevole, proprio per la necessità di istallare
capacità addizionale. Analiticamente, il problema del deviante é il seguente.
· ¸
n−1
M AX ΠDev (n, k) = 1− − q Dev q Dev − I(q Dev , k)
2n
½ Dev
£ 0 ¤ se q ≤ q CN (n)
sub I(q Dev , k) =
k q Dev − q CN (n) altrimenti

Abbiamo ipotizzato che se la decisione deve precedere di un periodo l’utilizzo


della capacità addizionale, il costo relativo é sopportato nel primo periodo di
suo utilizzo. Tale assunzione, che non considera l’eventuale effetto di una capi-
talizzazione dell’investimento, rende più semplice la trattazione algebrica senza
inficiare sui risultati ottenuti12 .
Se consideriamo l’assenza di vincoli di capacità, I(q Dev , k) = 0, la condizione
del primo ordine é la seguente

∂ΠDev n−1
= 1− − 2q Dev = 0
∂q Dev 2n
n+1 1
→ q Dev = > = q CN (n)
4n n+1
Deviare richiedere la produzione di una capacità non inferiore a quella pro-
pria dell’equilibrio di Cournot Nash con n imprese. La soluzione del problema
libero non soddisfa il vincolo di capacità per cui i profitti di deviazione non po-
tranno che essere non superiori a quelli calcolati nel caso di assenza di vincoli.
A questo punto é immediato come, data la proposizione 1, anche la proposizione
2 sia dimostrata13 .

Si dimostra facilmente come la quantità di deviazione quale soluzione del


problema vincolato sarà la seguente.
(
1 (n−1)2
Dev n+1 se k > 12 n(n+1)
q = n+1 k
(14)
4n − 2 altrimenti

Una spiegazione immediata della soluzione 14 può essere ricavata analizzando


le figure 2 e 3 che rappresentano l’equilibrio di Nash ottenuto quale intersezione
delle funzioni di reazione vincolate. La figura 2, in particolare, mostra come
adeguare la capacità produttiva porti ad una traslazione verso gli assi della fun-
zione di reazione. Infatti, il costo marginale di un’unità di produzione aggiuntiva
1 2 Anticipare l’investimento è tanto più oneroso tanto più le imprese scontano il futuro,

ovvero tanto meno le imprese sono pazienti: l’effetto sarebbe quello di rendere ancora meno
conveniente la deviazione abbassando ulteriormente il fattore di sconto critico. Tale variazione
è minore per le imprese più propense a colludere, ovvero che già considerano non profittevoli
deviazioni unilaterali.
1 3 Si noti bene che le imprese concorrenti seppur vincolate non devono aspettare un periodo

aggiuntivo per punire il deviante : sono immediatamente in grado di implementare l’equilibrio


statico di Cournot Nash!

12
qi

qiDev

qiDev(./k)

qiCN

qiColl

Q-iColl Q-iCN(n)
Q-i

Figura 2: Traslazione delle funzioni di reazione a causa dell’istallazione di capac-


ità addizionale e deviazione dall’equilibrio collusivo: anche se oneroso conviene
istallare capacità addizionale.

oltre il vincolo di capacità deve considerare il costo unitario dell’investimento


relativo14 . Tale traslazione in casi limite é così marcata da rendere non più
conveniente istallare ulteriore capacità produttiva. Questo é il caso illustrato
nella figura 3.
Per bassi valori del costo di istallazione della capacità produttiva, ovvero
traslazioni contenute come nel caso della figura 2, l’investimento sarà comunque
conveniente. In casi, invece, come quello illustrato nella figura 3, la miglior
deviazione risulta giocare la quantità propria dell’equilibrio di Cournot Nash e
non istallare capacità addizionale.
n+1 k 1 1 (n − 1)2
q Dev = − > q CN (n) = ⇔k< (15)
4n 2 n+1 2 (n + 1) n
In generale, per k > 0, i profitti di deviazione sono sempre non superiori a
quelli relativi al caso di assenza di vincoli di capacità, questo perché derivati
producendo una quantità di deviazione minore di quella suggerita nel problema
non vincolato.
E’ cruciale ora notare come poiché la punizione di eventuali deviazioni preveda
il ritorno all’equilibrio di Nash, nessun investimento in capacità produttiva
risulti necessario. Tenendo conto delle proposizioni 3 e 4 possiamo affermare
la seguente proposizione.
1 4 Nel caso delle funzioni di reazione, il costo unitario è parte dell’intercetta e non del

coefficiente angolare.

13
qi

qiDev

qiDev(./k)

qiColl

Q-iColl Q-iCN(n)
Q-i

Figura 3: Traslazione delle funzioni di reazione a causa dell’istallazione di ca-


pacità addizionale e deviazione dall’equilibrio collusivo: caso limite in cui non
conviene istallare capacità produttiva.

Proposition 5 Il fattore di sconto critico é monotono rispetto al costo unitario


di istallazione di capacità addizionale.

Proof. La dimostrazione di quest’ultima proposizione si ottiene differen-


ziando parzialmente il fattore di sconto critico δ rispetto al costo unitario di
istallazione di capacità addizionale k.

dδ(n, k) ∂δ(.) ∂Πdev (.) ∂δ(.) ∂ΠColl (.) ∂δ(.) ∂ΠNash (.)
= + + =
dk ∂Πdev (.) ∂k ∂ΠColl (.) ∂k ∂ΠN ash (.) ∂k
∂δ(.) ∂Πdev (.)
= ≤0 (16)
∂Πdev (.) ∂k

questo perché

∂ΠColl (.) ∂ΠNash (.)


= =0
∂k ∂k
∂δ(.) ∂Πdev (.)
≥ 0 e ≤0
∂Πdev (.) ∂k

Data la 16, se valutiamo i profitti di deviazione nei due casi estremi, assenza
di vincoli vs impossibilità assoluta di adeguamento della capacità produttiva,

14
δ

(n + 1)2
(n + 1)2 + 4n

δ(κ)

1
2

Figura 4: Fattore di sconto critico nel contesto simmetrico pre-fusione.

avremo gli estremi del codominio della funzione profitti di deviazione rispetto
al costo unitario di adeguamento della capacità, Πdev (n, k).
" "
dev 1 n2 + 1 1 (n + 1)2
Π (n, k > 0) ∈ , (17)
2 n (n + 1)2 16 n2
Sostituendo tali estremi, 17, nella funzione del fattore di sconto 12, otteniamo
gli estremi (ordinamento invertito) del campo di definizione di quest’ultimo15 .
" "
2
1 (n + 1)
δ(n, k > 0) ∈ , (18)
2 (n + 1)2 + 4n
Come mostrato dalla figura 4, il fattore di sconto risulta decrescente in k
ed é sempre non superiore a quello calcolato nel caso di assenza di vincoli di
capacità.

1 5 Si noti come nel caso non vi sia possibilità di adeguare la capacità produttiva il fattore di

sconto risulti costante e, quindi, indipendente dal numero di imprese operanti nel mercato.

15
4.6 Post-fusione.
Dopo l’operazione di concentrazione le imprese divengono n−1. Indichiamo con
F l’impresa nata dalla fusione, e i = 1, 2, ..., n − 2 le concorrenti. Le capacità
istallate sono, ora, asimmetriche.
1 2
∀i 6= F, ki = < kF =
n+1 n+1
Vale ancora l’ipotesi che la capacità istallata sia utilizzabile con un periodo
di ritardo.

4.6.1 Equilibrio Statico.


Le n−2 imprese i, che non hanno partecipato alla fusione, non possono produrre
più della loro capacità istallata nel periodo precedente la fusione. Senza vincoli
di capacità si passerebbe ad un equilibrio alla Cournot con n − 1 imprese in cui
tutte le imprese producono di più rispetto al caso di un equilibrio alla Cournot
con n imprese. Ma questo é impossibile per le imprese i.
1 1 1
q CN (n) = < q CN (n − 1) = =
n+1 (n − 1) + 1 n
Varrà in questo caso la seguente proposizione.

Proposition 6 Nel caso di fusione, la distribuzione asimmetrica delle capacità


istallate post concentrazione è la causa di una distribuzione asimmetrica dei
profitti che favorisce la nuova entità e penalizza le concorrenti, i consumatori e
il benessere collettivo.

Proof. Deriviamo l’equilibrio di Nash del gioco statico. Assumiamo che in


equilibrio le imprese i producano la quantità massima a loro possibile.
1 n−2
qi∗ = q CN (n) = ⇒ Q∗−F = (n − 2)qi∗ =
n+1 n+1
L’impresa F si comporterà da monopolista sulla domanda residuale.
µ ¶
n−2
ΠF = 1− − qF qF
n+1
∂ΠF n−2
= 1− − 2qF = 0
∂qF n+1
3 2
qF∗ = < KF = = 2q CN (n)
2 (n + 1) (n + 1)
n o
1 3
Verifichiamo quindi, se quello descritto, qi∗ = n+1 , qF∗ = 2(n+1) , sia un
1
equilibrio di Nash ovvero ci domandiamo se nel problema vincolato qi∗ = n+1
3
sia la miglior risposta dell’impresa i a qF∗ = 2(n+1) .

16
Le imprese i risolvono il seguente problema.
µ ¶
∗ 3
M AX Πi ( qi , Q−i−F | qF ) = 1 − qi − Q−i−F − qi
qi 2 (n + 1)
da cui
∂Πi 3
= 1 − 2qi − Q−i−F − =0
∂qi 2 (n + 1)
dove, posto
Q−i−F = (n − 3) qi
avremo
2n − 1 1
qi = > q CN (n) = = Ki
(n + 1) (n − 1) n+1
e quindi, data la stretta concavità dei profitti dell’impresa i, la soluzione sarà
· ¸
2n − 1 1 1 3
qi∗ = min , = <
(n + 1) (n − 1) n + 1 n+1 2 (n + 1)

Le imprese i vorrebbero produrre una quantità n superiore ma il vincoloo di


∗ 1 ∗ 3
capacità risulta stringente. L’equilibrio di Nash qi = n+1 , qF = 2(n+1) é,
quindi, derivato dall’intersezione di funzioni di reazione vincolate. In termini di
profitti avremo
3 9
Π∗i = < Π∗F = (19)
2(n + 2)2 4(n + 2)2
Inoltre, la quantità prodotta in aggregato é minore di quella del contesto pre
fusione.

Q∗ = qF∗ + Q∗−F
3 n−2
= +
2 (n + 1) n + 1
2n − 1 2n
= < = QCN (n)
2 (n + 1) 2 (n + 1)

Ne consegue che la perdita sociale netta (DWL) risulterà aumentata a seguito


della concentrazione16 .
La figura 5 mostra come l’equilibrio di Nash sia determinato graficamente
dall’intersezione di funzioni di reazione troncate o ad angolo.
La situazione post fusione é, quindi, asimmetrica con la presenza di un’impresa
temporaneamente in posizione dominante (single dominance). Tale situazione
é relativa alla performance ed in parte anche nella condotta che almeno nel
periodo successivo alla fusione, vede l’impresa F comportarsi da monopolista
1 6 Il problema di massimizzazione del benessere sociale, misurato dalla somma di profitti

e surplus del consumatore, ammette le stesse soluzioni del problema di minimizzazione della
perdita sociale netta (dualità). In modello con imprese simmetriche e caratterizzate da rendi-
menti di scala costanti la perdità sociale netta è inversamente correlata alla quantità totale
prodotta.

17
qF

Q-F(qF)

2
n +1

1
n +1

3
2(n + 1)

qF(Q-F)

n −2 Q-F
n+1

Figura 5: Equilibrio di Nash nel caso asimmetrico post-concentrazione.

rispetto alla sua domanda residuale. E’ importante notare come, nemmeno in


questo caso l’operazione di concentrazione sia giustificata per sé, ovvero non si
evinca alcuna sua profittabilità. Infatti,

Proposition 7 I profitti statici post fusione dell’impresa nata dalla fusione non
sono sempre superiori a quelli ottenuti dalle imprese che hanno dato luogo alla
concentrazione nel contesto pre-fusione.

Proof. Vogliamo verifica se

Π∗F > 2ΠCN (n) (20)


µ ¶2
9 1
> 2 (21)
4(n + 2)2 n+1

ma la 21 é verificata solo per n > 15.


Si intravede, quindi, uno scenario in cui forse solo la collusione post-fusione
garantisca la profittabilità dell’operazione di concentrazione.

5 Equilibrio collusivo quale SPE.


Il primo obiettivo della nostra analisi é quello di valutare se ”in ogni caso” tale
configurazione di mercato, di breve periodo, si configuri come una posizione
dominante sostenibile dell’impresa F, ovvero se sia consistente la conclusione
che il nuovo leader agisca in modo ”indipendente” dai concorrenti.
Se non ci limitiamo al periodo successivo alla fusione, appena possibile le
rivali vorranno istallare capacità addizionale che permetta loro di incrementare

18
il valore atteso dei profitti futuri. Escludendo il caso limite in cui il costo
di adeguamento della capacità produttiva sia talmente proibitivo da superare
l’incremento attualizzato dei profitti futuri17 , solo equilibri post-fusione di tipo
collusivo giustificherebbero il persistere dell’asimmetria nella distribuzione delle
capacità produttive. Ipotizziamo che l’equilibrio collusivo preveda che ogni im-
presa produca una frazione identica dell’output di monopolio e che la punizione
sia un Cournot Nash Reversion per sempre. Deviare, così come punire, com-
porta un adeguamento a titolo oneroso della capacità produttiva.

(Impresa F) L’impresa F si trova con una capacità istallata superiore a


quella delle rivali. Una sua deviazione risulta profittevole due periodi poiché se
essa non deve istallare capacità aggiuntiva per punire deviazioni altrui, lo stesso
non vale per le concorrenti. Nel periodo successivo alla deviazione, infatti, queste
potranno al massimo produrre la quantità propria dell’equilibrio di Cournot
Nash con n imprese e solo con un periodo di ritardo produrre la quantità ottima
nel nuovo contesto con n − 1 imprese. L’incentivo IC per l’impresa F diviene il
seguente.
ΠColl (n − 1) δ 2 ΠCN (n − 1)
≥ Πdev
F + δΠ ∗
F + (22)
1−δ 1−δ
dove Π∗F sono i profitti dell’equilibrio di Nash statico post-fusione indicati al
punto 19.
Soffermiamoci, quindi, sul primo periodo di deviazione.

µ ¶
n−2
M AX Πdev
F = 1− − qF qF
qF 2(n − 1)
∂ΠF n−2 1 n
= 1− − 2qF = 0 ⇔ qF =
∂qF 2n − 2 4 (n − 1)
1 n 2
ma < solo se n < 6
4 (n − 1) n+1
Se abbiamo meno di 6 imprese non é necessario per l’impresa F istallare
capacità produttiva al fine di deviare da equilibri collusivi18 e nel caso in cui i
1 7 Il vincolo che ex-post spiega la convenienza ad istallare o meno capacità addizionale è il

seguente.
h i X∞ h i
k qiCN (n − 1) − qiCN (n) < δt ΠCN
i (n − 1) − ΠCN
i (n − 1/ki = qiCN (n))
t=0

Se tale vincolo non fosse soddisfatto, e ciò dipenderebbe anche da una rilevante impazienza
delle imprese, allora la condizione asimmetrica si consoliderebbe quale equilibrio di lungo
periodo e sicuramente avremmo una posizione dominante. Dall’altro canto se è vero che tanto
più pazienti sono le imprese tanto meno stringente risulta tale vincolo, è anche vero che una
maggiore pazienza rende più probabile la sostenibilità di equilibri collusivi!
1 8 Il vincolo 22 diviene

· ¸ · ¸2 · ¸2 · ¸2
1 1 1 n 3 δ2 1
≥ +δ + (23)
1−δ 4 (n − 1) 4n−1 2(n + 2) 1−δ n

19
costi d’istallazione siano talmente proibitivi, k → ∞+ , da non rendere conve-
niente per le imprese i adeguare la capacità produttiva, la posizione dominante
singola non sarebbe più temporanea, ma atta a perdurare. Il vincolo 22 diviene

ΠColl (n − 1) δΠ∗F
≥ Πdev
F + (24)
1−δ 1−δ
· ¸ · ¸2 · ¸2
1 1 1 n δ 3
≥ + (25)
1 − δ 4 (n − 1) 4n−1 1 − δ 2(n + 2)

da cui
¯ (n + 2)2 (n − 2)2
¯
δ F (n − 1, k → ∞+ )¯ = (26)
n<6 (n2 − 4n + 6) (8n + n2 − 6)

Nel caso n > 6 e k → ∞+ ,il vincolo 22 diviene

ΠColl (n − 1) e dev δΠ∗F


≥ Π F + (27)
1−δ 1−δ
· ¸ " # · ¸2
2
1 1 n + 4 − 3n δ 3
≥ 2 + 1 − δ 2(n + 2) (28)
1 − δ 4 (n − 1) (n − 1) (n + 1)

dove
¡ ¢
e dev
Π F = ΠF q dev = 2q CN (n); qi = q coll (n − 1)
· ¸2
n2 + 4 − 3n 1 n
= 2 ≤ 4n−1 = Πdev
F , ∀n > 6
(n − 1) (n + 1)

Anche in questo caso, seppur meno profittevole, la posizione dominante sin-


gola è atta a perdurare. Inoltre, il vincolo 28 è sicuramente meno stringente del
vincolo 25 e quindi caratterizzato da un fattore di sconto critico non superiore
al 26. ¯ ¯
¯ ¯
δ F (n − 1, k → ∞+ )¯ ≥ δ F (n − 1, k → ∞+ )¯
n<6 n≥6

Ora dobbiamo analizzare quando per l’impresa F la deviazione risulti meno


profittevole in assoluto. Questo é il caso in cui i costi d’istallazione sono tali
da rendere sì profittevole l’istallazione di capacità addizionale per punire la
deviazione ma non l’istallazione di capacità addizionale per deviare. Nel caso
con n ≥ 6, il vincolo 22 diviene
· ¸ " # · ¸2 · ¸2
1 1 n2 + 4 − 3n 3 δ2 1
≥ 2 + δ 2(n + 2) + (29)
1 − δ 4 (n − 1) (n − 1) (n + 1) 1 − δ n

In questo caso il vincolo 29 è meno stringente del 28 e, di conseguenza, anche


del 25. Il fattore di sconto necessario sarà, quindi, non superiore del 26.

20
Tabella 1. Vincoli di capacità asimmetrici: profitti di deviazione e fattore di sconto
critico1 9 dell’impresa F .

Caso Asimmetrico Assenza Vincoli


Post Fusione Vincoli Irreversibili
dev 1 n2 1 n2 +1
ΠF (n, k) 16 (n−1)2 2 (n+1)2 n
n2 (n+2)2 (n−2)2
δ F (., k) (n−1)2 (n2 −4n+6)(8n+n2 −6)

Sicuramente nel caso n < 6, al ridursi del costo d’istallazione non possiamo
che avere una riduzione dei profitti considerati nel secondo termine del vincolo
22, rendendo lo stesso meno stringente richiedendo un fattore di sconto inferiore
(non crescente in k)20 .
∂δ F (k)
≤0
∂k n<6
Ne consegue che
" "
¯ (n + 2)2 (n − 2)2 n2
F ¯
δ (n − 1, k)¯ ∈ ;
n<6 (n2 − 4n + 6) (8n + n2 − 6) (n − 1)2

(Impresa i) Analizziamo ora la scelta di deviare da equilibri collusivi


post-fusione ad opera delle imprese i. Il loro vincolo IC é il seguente.

ΠColl (n − 1) δΠCN (n − 1)
≥ Πdev
i + (30)
1−δ 1−δ
dove
µ ¶
n−2
Πdev
i = 1− − qi qi
2(n − 1)
∂Πi n−2 1 n
= 1− − 2qi = 0 ⇔ qi =
∂qi 2n − 2 4 (n − 1)
1 n 1
ma qi = > = qiCN (n), ∀n
4 (n − 1) n+1

Nel caso delle imprese i, sia la deviazione sia la punizione di deviazioni altrui
richiedono di istallare capacità produttiva. Poiché la capacità addizionale per
deviare é sufficiente per sostenere il successivo periodo di punizione, vale anche
per le imprese i la proposizione 3: il fattore di sconto necessario per sostenere la
1 9 Gli
estremi considerati valgono nel caso n < 6. Altrimenti il fattore di sconto
soddisfa i vincoli IC in modo non stringente.
2 0 Nel caso in cui n ≥ 6, una riduzione di k può avere un effetto duplice sul vincolo 22:

potremo avere sia un’aumento dei profitti di deviazione che i profitti di Nash Reversion. Non
è più assicurata la monotonicità del fattore di sconto.

21
collusione quale SPE é una funzione non decrescente dei profitti di deviazione e
quindi non crescente del costo unitario k.

∂δ i (k)
≤0 (31)
∂k
Analizziamo di nuovo i casi estremi. Quando non vi siano vincoli di capacità,
il vincolo 30 diviene
· ¸ · ¸2 · ¸2
1 1 1 n δ 1
≥ + (32)
1 − δ 4 (n − 1) 4n−1 1−δ n
da cui
n2
δ i (n − 1) = 2 (33)
(n − 2)
Nel caso opposto in cui non sia possibile istallare capacità né per deviare né
per affrontare il periodo successivo di Nash Reversion21 , il vincolo 30 diviene
· ¸ " ¡ ¢ # · ¸
1 1 1 n2 − n + 2 δ 3
≥ + (36)
1 − δ 4 (n − 1) 2 (n + 1)2 (n − 1) 1 − δ 2(n + 2)2
da cui
2
(n + 2) (3n − 1)
δ i (n − 1, k → ∞+ ) = (37)
(n2 − 7n − n4 − 11)
e quindi
" #
2
n2 (n + 2) (3n − 1)
δ i (n − 1, k) ∈ 2 , (n2 − 7n − n4 − 11) , (38)
(n − 2)

Vale, quindi, la seguente proposizione.


Proposition 8 Anche nel contesto post fusione vincoli di capacità rendono più
facile l’insorgere di equilibri collusivi.
Proof. La dimostrazione é analoga a quella del Proposizione 5: l’idea di base
é che come nel caso pre-fusione, deviare necessita investimenti che ne riducono
la profittabilità.
2 1 Esiste un caso intermedio in cui l’impresa i ha convenienza ad istallare almeno la capacità

necessaria per implementare l’equilibrio di Cournot Nash con n − 1 imprese.

1 1 n2 − 2n + 2
qidev = qCN (n − 1) = ⇒ Πdev
i =
n 2 (n − 1) n2
Il vincolo IC diviene
· ¸ " ¡ 2 ¢# · ¸
1 1 1 n −n+2 δ 3
≥ + (34)
1−δ 4 (n − 1) 2 (n)2 (n − 1) 1 − δ 2(n + 2)2
da cui
2¡ ¢
1 (n + 2) n2 − 2n + 4
δ i (n − 1, .) = (35)
2 n4 + 5n2 + 4n + 8

22
6 Rischio di posizioni dominanti collettive.
L’aver verificato che nello scenario post-fusione la presenza di vincoli di capacità
riduca il fattore di sconto critico per sostenere la collusione quale equilibrio
perfetto nei sottogiochi (SPE), non é sufficiente per evidenziare il ruolo che la
concentrazione ha in tale meccanismo. Infatti, a noi é richiesto di verificare se la
fusione aumenti tale rischio. Secondo la struttura del nostro modello la risposta
risiede nel verificare se il fattore di sconto calcolato per ogni arbitrario k, si
riduca a seguito della fusione. Cruciale sarà il confronto tra un collusive plus
factor rappresentato dall’aumentata concentrazione e un collusive minus factor
rappresentato dalla ridotta simmetria tra le imprese.
Sfruttando la monotonicità del fattore di sconto rispetto al costo di adegua-
mento della capacità produttiva, partiamo considerando i casi estremi. Il primo
considera l’assenza di vincoli di capacità produttiva. Come già verificato al
punto 4, a seguito della fusione abbiamo una riduzione del fattore di sconto, e
quindi un innalzamento del rischio di posizioni dominanti collettive.
2 2
(n + 1) (n)
δ(n) = 2 > 2 = δ(n − 1)
(n + 1) + 4n (n − 2)
Il secondo estremo, riguarda il caso in cui i vincoli di capacità siano irre-
versibili. Nel caso pre fusione il fattore di sconto critico è pari a 12 . Nel caso
post-fusione per quanto riguarda la generica impresa i sarà ancora uguale a 12 .
Per quanto riguarda l’impresa F nel caso n ≤ 6, il vincolo di capacità non é
rilevante per cui il fattore di sconto critico é pari a quello calcolato al punto 26.

(n + 2)2 (n − 2)2 1
δ F (n ≤ 6, k) = 2 2
> = δ i (n, k)
(n − 4n + 6) (8n + n − 6) 2
altrimenti, n > 6, δ F risulta decrescente in n ed in k, ma sempre superiore
a 12 .
Poichè il fattore di sconto dell’impresa F è sempre maggiore di quello delle
concorrenti i vincolate, proprio il suo fattore di sconto δ F sarà quello di riferi-
mento per determinare il grado di collusività del mercato.

Tabella 2. Fattore di sconto critico nei casi pre e post fusione.

Assenza Vincoli
Vincoli Irreversibili
Caso Simmetrico (n+1)2
(n+1)2 +4n
1/2
Pre Fusione
Caso Asimmetrico22 (n)2 (n+2)2 (n−2)2 1
(n−2)2 (n2 −4n+6)(8n+n2 −6) > 2
Post Fusione

2 2 Gli estremi considerati valgono nel caso n < 6. Altrimenti il fattore di sconto soddisfa i

vincoli IC in modo non stringente. Ciò non avviene per δ = 1/2.

23
δ
(n + 1)2
(n + 1)2 + 4n

δ(κ) pre-usione

δ(κ) post-usione

1
2

Intervallo A Intervallo B

Figura 6: Confronto tra fattori di sconto critici nei casi pre concentrazione (in
blu) e post concentrazione (in rosso).

Come meglio evidenziato dalla tabella 2 e dalla figura 6, se consideriamo


il caso di assenza di vincoli di capacità, allora il contesto post fusione richiede
un fattore di sconto critico più basso poiché é aumentata la concentrazione (in-
tervallo A). D’altro canto, se consideriamo il caso opposto, ovvero quando sia
impossibile o non convenga adeguare la capacità produttiva, allora il fattore di
sconto necessario per sostenere la collusione post fusione é maggiore rispetto a
quello calcolato nel contesto pre fusione: il rischio di posizioni dominanti col-
lettive si riduce (intervallo B). Avendo mostrato come entrambi i fattori critici
risultino non crescenti in k, se ne deduce che esisterà valori di k minori di uno
soglia, e
k, per i quali il contesto post fusione risulti a maggior rischio di collusione
e valori di k maggiori di quello soglia per i quali vale il contrario, cioé il contesto
post fusione risulta quello a maggior rischio collusivo. Possiamo, quindi, affer-
mare che non esista una relazione univoca tra rischio di posizioni dominanti col-
lettive, concentrazione e vincoli di capacità. In particolare, quando adeguare
la capacità produttiva é troppo oneroso il contesto post fusione é il
meno collusivo (intervallo B) e la spiegazione intuitiva risiede nel fatto che nel
caso sia proibitivo istallare capacità addizionale, le imprese con capacità asim-
metriche sono caratterizzate da fattori di sconto asimmetrici: l’impresa F dopo
la fusione può ottenere di più dalla deviazione delle concorrenti e quindi sarà
caratterizzata da un fattore di sconto più alto che diviene quello critico23 .24
2 3 Riconsiderare una diversa suddivisione dell’output di collusione in modo da ridurre il

fattore di sconto critico per l’impresa F ha l’effetto di aumentare quello relativo alla generica
impresa i. Comunque, avremmo fattori di sconto superiori a 1/2!
2 4 Diverso é il caso in cui l’operazione di concentrazione si esplicita attraverso l’acquisizione

24
6.1 Ritardi nell’adeguamento della capacità istallata.
Un modo alternativo per valutare il grado di reversibilità della condizione asim-
metrica realizzatasi a seguito della fusione consiste nel misurare il numero di
periodo T ≥ 1, necessari affinché una decisione di istallare capacità addizionale
divenga operativa. Il vincolo 22 viene modificato nel modo seguente.
XT
ΠColl (n − 1) δ T +1 ΠCN (n − 1)
≥ Πdev
F + δ x Π∗F + (39)
1−δ x=1
1−δ

Vale, quindi, la seguente proposizione.


Proposition 9 Il fattore di sconto critico necessario per sostenere la collusione
quale equilibrio di Nash perfetto nei sottogiochi é, ceteris paribus, positivamente
correlato con il lasso di tempo T necessario affinché le imprese rendano operativa
la decisione di istallare capacità produttiva addizionale.
Proof. Poiché
Π∗F > ΠCN (n − 1)
0
allora ∀T > T 00 ∈ N
0 00 00
T 0 T
X δT +1
ΠCN (n − 1) X x ∗ δT +1
ΠCN (n − 1)
x
δ Π∗F + > δ ΠF + (40)
x=1
1−δ x=1
1−δ

e quindi il secondo termine del vincolo 39 risulta crescente in T. Ne con-


segue che il fattore di sconto critico necessario a rendere stringente il vincolo 40
risulterà a sua volta crescente in T.

Se la reversibilità é misurata attraverso la variabile T , é immediato come il


rischio di posizioni dominanti collettive si riduca nel contesto post fusione tanto
più risulta persistente la posizione dominante singola di breve periodo. Con
riferimento alla figura 6, al crescere di T si osserverebbe una traslazione verso
l’alto della curva relativa al fattore di sconto critico post fusione per ogni val-
ore di k. L’effetto finale é quello di ridurre il valore della soglia e
k e aumentare
l’ampiezza dell’intervallo B per il quale il contesto post fusione é il meno collu-
sivo. Nello stesso intervallo si assisterà ad una posizione dominante singola che
perdurerà almeno T periodi!

7 Endogenizzare la scelta di fusione.


7.1 Concentrarsi per colludere.
L’ultima sezione di questo articolo é rivolta ad analizzare come in un gioco
ripetuto la fusione da parte di imprese possa essere considerata endogena al
della concorrente ”meno paziente” o di un’impresa maverick. Si ritrovano riferimenti specifici
nel Caso Akzo Nobel/Hoechst Roussel Vet , No COMP/M.1681 del 22/11/1999, nel Caso
Gencor/Lonhro, No IV/M.619. del 24/04/1996 o nel Caso Airtours/First Choice, No/M.1524
del 22/07/1999.

25
modello stesso ovvero in prima istanza la concentrazione proposta deve essere
di per sé profittevole. Vale, quindi, la seguente proposizione.

Proposition 10 In un mercato caratterizzato da vincoli di capacità, due im-


prese hanno convenienza a fondersi se il contesto post fusione rende finalmente
sostenibile la collusione tacita quale equilibrio di Nash perfetto nei sottogiochi.

Proof. Partiamo analizzando la profittabilità della fusione. Nel caso di


mercati sufficientemente concentrati, n < 15, la fusione non risulta di per sé
profittevole se si mantiene una competizione alla Cournot prima e dopo la fu-
sione. Infatti, poiché

2ΠCN (n) > ΠF > ΠCN (n − 1)

allora
2ΠCN (n) ΠF ΠCN (n − 1)
∀δ ∈ [0, 1[ , > > ΠF + δ (41)
1−δ 1−δ 1−δ
dove la 41 confronta il valore atteso dei profitti alla Cournot pre-fusione con
quelli alla Cournot post fusione. Inoltre, é facile dimostrare che se l’equilibrio
precedente era già collusivo nemmeno il permanere della collusione giustifica
l’operazione di concentrazione.

2ΠColl (n) ΠColl (n − 1)


∀δ ∈ [0, 1[ , > (42)
1−δ 1−δ
Il punto rilevante é quello di mostrare come nel caso in cui la fusione permetta
di implementare equilibri collusivi prima non sostenibili, allora essa di per sé
risulti profittevole. Il vincolo incentivo compatibile diviene il seguente.

2ΠCN (n) ΠColl (n − 1)


≥ (43)
1−δ 1−δ
quando però,
ΠColl (n) δΠCN (n)
< ΠDev (n) + (44)
1−δ 1−δ
ΠColl (n − 1) δΠCN (n − 1)
> ΠDev (n − 1) + (45)
1−δ 1−δ

ΠCN (n − 1) < 2ΠCN (n) < 2ΠColl (n) (46)


2ΠCN (n) < ΠColl (n − 1) (47)

Ma abbiamo già verificato che solo per valori di k minori di uno soglia, e k, il
contesto post fusione risulta a maggior rischio di collusione rispetto a quello pre
fusione. Ne consegue che quanto meno oneroso é dotarsi di capacità produttiva
tanto più probabile sarà la profittabilità di un operazione di concentrazione.
Quest’ultima sempre supportata dall’implementazione di un equilibrio collusivo
prima non sostenibile.

26
7.2 Guadagni di efficienza e sinergie.
Una giustificazione alternativa per la profittabilità di una fusione è rappresentata
dall’emergere di guadagni di efficienza a seguito della concentrazione. La trat-
tazione formale di fusioni che generano simili economie, infatti, é stato oggetto
di moltissimi contributi in letteratura25 26 , spesso rivolti a dimostrare come un
aumento del potere di mercato nel contesto successivo alla fusione possa accom-
pagnarsi ad un aumento significativo del surplus del consumatore attraverso
una rilevante riduzione dei costi di produzione27 . La letteratura mostra come
addirittura in casi limite si possa verificare una riduzione di costo assimilabile
a quella dovuta ad un’innovazione drastica alla Arrow28 : il costo marginale
dell’impresa nata dalla fusione può abbassarsi a tal punto che il prezzo di mo-
nopolio su di esso calcolato risulti minore del costo marginale delle concorrenti.
Pur in presenza della costituzione di un monopolio post fusione, il prezzo al
consumatore risulterà più basso rispetto al livello precedente la fusione. In gene-
rale, non é da escludere che la cosiddetta efficiency defence, mitighi le perdite
in termini di benessere derivanti dall’abuso di una posizione dominante singola
o collettiva. In tale ottica, almeno in campo comunitario, ci si potrebbe as-
pettare che proprio l’ efficiency defence sia valutata quale elemento a favore
delle operazioni di concentrazione29 .

Seppur una trattazione rigorosa delle sinergie e dei guadagni di efficienza


scaturenti da processi di concentrazione sarà centrale in un possibile sviluppo
del presente lavoro30 . vogliamo qui anticipare quale possa essere il loro effetto
sulla sostenibilità di breve e di lungo periodo delle diverse forme di posizioni
dominanti fino a qui analizzate. Infatti, nel caso di un guadagno di efficienza
misurabile come una riduzione del costo unitario di produzione é possibile che
2 5 Obbligato il riferimento ai contributi di. Farrell e Shapiro (1990) e (2000).
2 6 Per ulteriori approfondimenti si rimanda a Ravencraft and Sherer (1987), “Merger, Sell-off
and Economic Efficiency”, Washington DC, the Brookings Institute; Salop (1987), “Sympo-
sium on Mergers and Antitrust”, Journal of Economic Perspectives1: 3-12; Fisher (1987),
“Horizontal Mergers: Triage and Treatment” Journal of Economic Perspectives1: 23-40.
2 7 Riduzioni di costo possono derivare da una programmazione e/o pianificazione ottimale

di produzione ed impianti, nonchè dalla riduzione di alcuni investimenti strategici, quali per
esempio quelli pubblicitari o di ricerca e sviluppo.
2 8 Cfr. Arrow, K. J., 1962, ”Economic Welfare and the Allocation of Resources for Inven-

tion”, in Richard R. Nelson (ed.), The Rate and Direction of Inventive Activity: Economic
and Social Factors, National Bureau of Economic Research, Conference Series, Princeton:
Princeton University Press, pp. 609-625.
2 9 Un simile approccio sarebbe almeno coerente con le deroghe concesse dall’Articolo 81

comma 3 in riferimento a più generali accordi espliciti tra concorrenti, accordi che pur creando
potere di mercato e riducendo la competitività del mercato, risultino però efficienti in un’ottica
di medio o lungo periodo. In realtà, tali argomenti non hanno finora trovato considerazione
all’interno delle analisi della Merger Task Force se non rovesciandone la valenza competitiva.
Emblematico è il Caso No. 91/619/EEC, Aérospatiale-Alenia/de Havilland, dell’ottobre1991,
dove l’impresa nata dalla proposta fusione sarebbe stata in grado di servire diversi segmenti
della domanda (richiesta di velivoli, piccoli, medi e grandi) con un abbattimento notevole
dei costi fissi e di ricerca. La MTF ha considerato la maggior competitività nella sua unica
accezione di elemento anti-competitivo in grado di danneggiare le imprese concorrenti.
3 0 Da qui ancor di più la natura di working paper!

27
la fusione divenga sostenibile di per sé, senza il bisogno di implementate succes-
sivamente equilibri collusivi.
e CN (n − 1) ≥ 2ΠColl (n) > 2ΠCN (n)
Π (48)

dove con Π e CN (n − 1) indichiamo i profitti dell’impresa nata dalla fusione nel


caso di significativi guadagni di efficienza.

La distribuzione di quote di mercato e profitti sarà ancor più asimmetrica,


a favore dell’impresa nata dalla concentrazione, intensificando la sua posizione
dominante singola di breve periodo. Per quanto riguarda, invece, il rischio di
posizioni dominanti collettive, data la distribuzione asimmetrica delle capacità
istallate, un’impresa più efficiente otterrà profitti superiori sia nella fase di de-
viazione, sia nella fase di implementazione dell’equilibrio di Cournot Nash quale
successiva punizione. Ne consegue che la nuova entità sarà caratterizzata da
un fattore di sconto critico più alto rispetto al caso in cui la concentrazione
non infici sulla struttura di costo. La probabilità che la collusione tacita sia
implementata quale equilibrio di Nash perfetto nei sottogiochi, quindi, si riduce
per ogni valore di k. Si evidenzia in questo caso trade off tra obiettivi di breve
periodo e obiettivi di lungo periodo. Come mostrato dalla tabella 3, nel caso di
guadagni significativi in termini di efficienza il rischio di posizione dominante
collettiva diviene non rilevante mentre, risulta allarmante il costituirsi di una
posizione dominante singola, in casi estremi atta a perdurare31 .

.
~ ~
k≤k k>k
GUADAGNI NON Collective
Single Dominance
SIGNIFICATIVI Dominance nel LP: NESSUNA FUSIONE
nel BP
IN EFFICIENZA necessaria!!

meno probabile
GUADAGNI Single Dominance nel BP
Single Dominance Collective
SIGNIFICATIVI
nel BP Dominance nel LP e probabile anche nel LP
IN EFFICIENZA

Tabella 3. Confronti tra rischio di posizioni dominanti singole e collettive nel breve
periodo e nel lungo periodo.

3 1 Questo avverrà non solo nel caso di riduzioni di costo ”drastiche” ma anche nel caso in

cui sia eccessivamente oneroso istallare capacità addizionale. Cfr. nota 17.

28
8 Conclusioni.
In quest’articolo abbiamo voluto considerare contestualmente il rischio di in-
sorgere di posizioni dominanti singole o collettive, a seguito di operazioni di
concentrazione in mercati caratterizzati da vincoli di capacità. In particolare,
si è voluto evidenziare come il grado di reversivibilità della variabile vincolata,
incidendo sulla condotta delle imprese, risulti determinante per discriminare il
tipo di performance del mercato: il perdurare o consolidarsi di posizioni domi-
inanti singole, naturale conseguenza di breve periodo della concentrazione, o il
crearsi di posizioni dominanti collettive di lungo periodo.
In prima istanza abbiamo mostrato come nel periodo successivo alla fusione
l’impresa nata dalla concentrazione sia l’unica a non essere vincolata. Ciò gli
permette di comportarsi da monopolista sulla domanda residuale servita dalle
concorrenti. Ne consegue una distribuzione asimmetrica delle quote di mer-
cato e dei profitti con effetti univocamente negativi anche in termini di be-
nessere sociale. Il perdurare di tale posizione dominante singola dipende in
modo strutturale dal lasso di tempo necessario alle concorrenti per rendere ope-
rativi investimento di capacità addizionale. Lo stesso lasso di tempo, misura
della reversibilità del contesto, incide significativamente sulla sostenibilità della
collusione quale equilibrio di Nash perfetto nei sottogiochi (atto a perdurare
nel lungo periodo). Si è dimostrato, infatti, come quanto più vincolato risulti
il contesto competitivo (più oneroso l’investimento in capacità addizionale e/o
maggiore il ritardo di un suo utilizzo) tanto minore sia il rischio dell’insorgere
di posizioni dominati collettive.
Sembrerebbe emergere un trade off tra obiettivi regolamentari di breve e
di lungo periodo. Infatti, se il breve periodo è abbastanza ”lungo”, il perdu-
rare della posizione dominante singola diviene significativa a fronte di un mi-
nor rischio di esiti collusivi. Se il breve periodo è abbastanza ”breve” allora
non si può escludere che il contesto post fusione renda più facile da sostenere
equilibri collusivi. Il presente trade off deve essere, però, ridefinito alla luce
dell’analisi sulla profittabilità della concentrazione. Endogenizzando, infatti,
tale variabile strategica è emerso come a meno di significativi guadagni di ef-
ficienza, che rendono però alto il rischio di monopolizzazione del mercato, la
proposta operazione di concentrazione è profittabile di per sé solo se permette
di implementare equlibri collusivi quando non lo fossero nel contesto pre fusione.
L’imperativo ”concentrarsi per colludere” riassume, quindi, le conclusioni della
nostra analisi.

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31

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