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∗
Questo contributo è la rielaborazione di una parte di uno studio più ampio dedi-
cato al tempo nel pensiero antico, risultato vincitore del “Premio Antonello Frajese
2007” conferito il 22 novembre 2007 dalla Facoltà di Filosofia (“Sapienza” – Università
di Roma). Al Prof. E. Spinelli va il mio più vivo ringraziamento per le indispensabili
indicazioni di cui ho tenuto conto nell’elaborazione di questo saggio. Ringrazio, inoltre, i
Proff. M. Erler, P.-M. Morel e il Dr. J. Warren per aver letto una prima stesura di questo
contributo e avermi fornito utili suggerimenti.
ELENCHOS
XXIX (2008) fasc. 1
BIBLIOPOLIS
92 FRANCESCO VERDE
1
Conto, tuttavia, di tornare sulla struttura fisica del tempo epicureo in un prossimo
contributo.
2
J. WARREN, Epicureans and the Present Past, «Phronesis», LI (2006) pp. 362-87.
3
Cfr. in proposito P.-M. MOREL, Les ambiguïtés de la conception épicurienne du temps,
«Revue philosophique de la France et de l’Étranger», CXCII (2002) pp. 195-211. Questo
interessante e perspicuo contributo rileva le ambiguità della nozione epicurea di tempo. Le
tre maggiori difficoltà individuate da Morel riguardano: (1) il carattere “oggettivo”/esterno
o “soggettivo”/intimo del tempo; (2) la conoscenza sensibile e/o razionale del tempo; (3)
l’unità del tempo, il cui carattere problematico dipende dalle sue differenti modalità di
comprensione, sensibile e razionale. Morel, chiarendo che sarebbe illusorio avere la prete-
sa di risolvere integralmente la questione, ritiene che tali difficoltà possano trovare una
risoluzione plausibile grazie alla teoria linguistica epicurea e sulla base della natura ac-
cidentale e secondaria del tempo legato agli eventi interni o esterni. In proposito D.
KONSTAN, Lucrezio e la psicologia epicurea, Milano 2007, p. 164 nota 18, usa l’espressione
“senso del tempo” in quanto crede che gli Epicurei fossero interessati alla percezione sog-
gettiva del tempo.
4
Per un primo orientamento cfr. A. LEVI, Il concetto di tempo nelle filosofie d’età elleni-
stica, «Rivista critica di storia della filosofia», VI (1951) pp. 209-16; A. BARIGAZZI, Il
concetto di tempo nella fisica atomistica, in Epicurea in memoriam Hectoris Bignone, Genova
1959, pp. 29-59; P.E. ARIOTTI, The Concept of Time in Later Antiquity, «International
Philosophical Quarterly», XII (1972) pp. 526-52; R. CANTARELLA-G. ARRIGHETTI, Il
libro ‘Sul tempo’ (PHerc 1413) dell’opera di Epicuro ‘Sulla natura’, «Cronache Ercolanesi», II
REBUS AB IPSIS CONSEQUITUR SENSUS. IL TEMPO IN EPICURO 93
(1972) pp. 5-46, partic. pp. 8-12; G. BERNS, Time and Nature in Lucretius’ ‘De rerum natura’,
«Hermes», CIV (1976) pp. 477-92; R. SORABJI, Time, Creation and the Continuum. Theories
in Antiquity and the Early Middle Ages, London 1983, partic. pp. 371-7; M.L. SILVESTRE,
Democrito e Epicuro. Il senso di una polemica, Napoli 1985, pp. 97-108 (alle pp. 107-8 la stu-
diosa rileva l’originalità della trattazione epicurea del tempo a differenza delle altre dot-
trine atomistiche che Epicuro avrebbe ripreso quasi integralmente da Democrito); utili
indicazioni anche in C. BAILEY, Epicurus. The Extant Remains, Oxford 1926, pp. 241-4; E.
BIGNONE, Epicuro. Opere, frammenti, testimonianze sulla sua vita, Roma 1964, pp. 104-5; J.
BOLLACK-M. BOLLACK-H. WISMANN, La lettre d’Épicure, Paris 1971, pp. 231-3; M.
CONCHE, Épicure. Lettres et Maximes, Paris 1987, pp. 170-6 e A. MACÉ, La vitesse de la pen-
sée. Sur la pensée épicurienne de la co-affection, «Les Cahiers Philøsophiques de Strasbourg»,
XV (2003) pp. 119-65, partic. pp. 152-7; per i testi e il relativo commento cfr. A.A.
LONG-D.N. SEDLEY, The Hellenistic Philosophers, Cambridge 1987, I, pp. 32-7 e II, pp. 25-
30 e S. LUCIANI, L’éclair immobile dans le plaine, philosophie et poétique du temps chez Lucrèce,
Louvain 2000.
5
Il caso più manifesto è il dibattito fra gli Stoici antichi e gli Accademici per cui
si rinvia ad A.M. IOPPOLO, Opinione e scienza. Il dibattito tra Stoici e Accademici nel III e nel II
secolo a.C., Napoli 1986; a tal proposito tornano utili le indicazioni di ID., Lo stoicismo anti-
co, «Paradigmi. Rivista di critica filosofica», XXI (2003) pp. 299-311, per cui gli esiti
più interessanti della ricerca storico-filosofica sull’ellenismo «sono scaturiti soprattutto
dall’attenzione che gli studiosi hanno prestato alla novità che caratterizza le filosofie
dell’età ellenistica […]: le scuole filosofiche ellenistiche non elaborano dottrine separa-
tamente le une dalle altre, ma discutono e polemizzano tra loro, talora in maniera anche
aspra, determinando una interazione e una continua evoluzione delle proprie dottrine»
(p. 306). Cfr. in riferimento al nostro tema già H. USENER, Epicurea, Lipsiae 1887 (rist.
Stuttgart 1966), p. 379, dove l’A. presenta la nozione epicurea di tempo in relazione ai
probabili dibattiti polemici con Senocrate e Stratone di Lampsaco.
94 FRANCESCO VERDE
scienza della natura6 (si pensi alla trattazione platonica del Timeo e a
quella più tecnica dei capitoli 10-4 nel IV libro della Fisica di Aristo-
tele), Epicuro dedica all’analisi di tale concetto i paragrafi 72 e 73
dell’Epistola a Erodoto, che conviene riportare per esteso:
6
Tale connessione è messa a tema da G.J. WHITROW, The Natural Philosophy of
Time, London-Edinburgh 1961.
7
EPIC. ep. Hrdt. 72. Pur tenendo conto dell’edizione più recente (M. MARCOVICH,
Diogenis Laertii Vitae Philosophorum, Stutgardiae et Lipsiae 1999, pp. 733-64), la tradu-
zione dell’Epistola a Erodoto è stata condotta sull’edizione di P. VON DER MÜHLL, Epicuri
Epistulae tres et Ratae Sententiae a Laertio Diogene servatae. Accedit Gnomologium Epicureum
Vaticanum, Lipsiae 1922, pp. 5-27. Dove non espressamente indicato la traduzione è da
considerarsi mia.
8
EPIC. ep. Hrdt. 73.
REBUS AB IPSIS CONSEQUITUR SENSUS. IL TEMPO IN EPICURO 95
9
Cfr. ivi, 54.
10
Sulle probabili influenze dello “scetticismo” atomistico riconducibile soprattut-
to ai discepoli di Democrito (in particolare Metrodoro di Chio e Nausifane) mi limito a
rinviare oltre a M. ISNARDI PARENTE, I democritei e l’antiscetticismo di Epicuro, in ID., Filoso-
fia e scienza nel pensiero ellenistico, Napoli 1991, pp. 149-69 e P.M. HUBY, Epicurus’ Attitu-
de to Democritus, «Phronesis», XXIII (1978) pp. 80-6, anche a J. WARREN, Epicurus and
Democritean Ethics: An Archaeology of ‘Ataraxia’, Cambridge 2002, pp. 193-200, partic. p.
197 e la nota 16 per ulteriori rinvii, che crede che le argomentazioni lucreziane contro lo
scetticismo (IV 469 sgg.) testimonierebbero l’avversione di Epicuro nei confronti
dell’intera tradizione democritea (Metrodoro, Anassarco, Nausifane); più in generale cfr.
M. GIGANTE, Scetticismo e Epicureismo. Per l’avviamento di un discorso storiografico, Napoli
1981 e anche F. DECLEVA CAIZZI, Pirrone e Democrito. Gli atomi: un “mito”?, «Elenchos», V
(1984) pp. 5-23.
11
67 A 7 D.-K.; cfr. anche 67 A 32; 68 A 49; B 9; B 11; B 125 D.-K. Per il commen-
to delle testimonianze e dei frammenti cfr. il volume di F. JÜRSS-R. MÜLLER-H.
GÜNTHER SCHMIDT, Griechische Atomisten. Texte und Kommentare zum materialistischen
Denken der Antike, Leipzig 1973, e l’edizione di C.C.W. TAYLOR, The Atomists: Leucippus
and Democritus, Toronto 1999. In proposito cfr. T. GANSON, Democritus against Reducing
Sensible Qualities, «Ancient Philosophy», XIX (1999) pp. 201-15, e il recente contributo
di R. PASNAU, Democritus and Secundary Qualities, «Archiv für Geschichte der Philoso-
phie», LXXXIX (2007) pp. 99-121 che critica l’identità/scambiabilità fra le qualità de-
mocritee e le qualità secondarie delle scienze sperimentali del XVII secolo: le qualità di
Democrito, infatti, sono esclusivamente per convenzione.
96 FRANCESCO VERDE
12
Sulla natura degli accidenti nel pensiero epicureo e sul fatto che gli accidenti
non siano meno reali di ciò cui sono relativi cfr. l’importante testimonianza dell’epicureo
POLISTR. de contem. XXIII-XXVI Indelli, verosimilmente una “risposta” agli attacchi da
parte scettica, su cui ci si limita a rinviare oltre che all’edizione di G. INDELLI, Polistrato.
Sul disprezzo delle opinioni popolari, Napoli 1978, pp. 138-40 e 178-82, anche a M. ISNARDI
PARENTE, L’epicureo Polistrato e le categorie, «La Parola del Passato», XXVI (1971) pp. 280-
9 e G. STRIKER, The Ten Tropes of Aenesidemus, in M.F. BURNYEAT (ed.), The Skeptical Tra-
dition, Berkeley-Los Angeles-London 1983, pp. 95-115. Il passo, pur avendo come fine
privilegiato questioni etiche, è utile anche da un punto di vista gnoseologico non solo per
apprendere il particolare uso di categorie accademiche da parte epicurea ma soprattutto
perché testimonia come Polistrato, da buon epicureo, intenda escludere, in base al ricorso
all’esperienza, la pretesa degli avversari di attribuire la non esistenza ai concetti relativi.
Cfr. infra, nota 41.
REBUS AB IPSIS CONSEQUITUR SENSUS. IL TEMPO IN EPICURO 97
13
P.-M. MOREL, Les ambiguïtés de la conception épicurienne du temps, cit., p. 203.
14
Cfr. DIOG. LAERT. X 33, che sottolinea come il carattere distintivo della prolessi
rispetto all’“a-razionalità” della sensazione sia la memoria.
15
Credo che l’espressione di Epicuro «[le] prolessi che vediamo in noi stessi» sia
una precisazione di non poco conto, soprattutto in un compendio di fisiologia dove ogni
98 FRANCESCO VERDE
termine viene, per così dire, misurato e centellinato. In effetti, tutte le prolessi sono dentro
di noi, sebbene la loro origine sia esterna; a tal proposito occorre rilevare che il tempo, co-
me si legge in ep. Hrdt. 73, è legato non solo agli eventi esterni ma anche a quelli interni,
quali le affezioni e la loro assenza, benché per le affezioni valga il medesimo discorso del-
le prolessi: anche l’origine delle affezioni, infatti, è esterna. Con ciò, tuttavia, non si inten-
de sostenere una doppia tipologia di prolessi, ma solo richiamare l’attenzione su quella
che sembra essere una opportuna specificazione da parte di Epicuro; d’altronde, è signifi-
cativo che tale espressione compaia qui e non altrove. A ogni modo, trattandosi di un
punto estremamente delicato, la questione rimane aperta. Su questi aspetti così come sul-
lo status e l’attività della prolessi cfr. P.-M. MOREL, Method and Evidence: on Epicurean Pre-
conception, «Proceedings of the Boston Area Colloquium in Ancient Philosophy», XXIII
(2007) pp. 25-48 e la successiva discussione di D. KONSTAN, Commentary on Morel, «ivi»,
pp. 49-55.
16
Il che non elimina del tutto l’ambiguità della teoria epicurea messa in luce da
Morel. Resta fermo che qualora non si trovasse una risposta plausibile alla giusta obiezio-
ne di Morel, le attuali conoscenze circa la gnoseologia epicurea andrebbero senz’altro rivi-
ste e magari aggiornate: è assurdo, infatti, che Epicuro cada in una contraddizione così
palese nel dire che del tempo non abbiamo prolessi eppure siamo in grado di esprimerne
verbalmente la durata. Inoltre Morel rileva le ragioni, ampiamente condivisibili,
dell’assenza di una definizione (e dunque di prolessi) di tempo: «L’absence de définition
et de prolepse n’est donc pas l’expression d’une situation d’échec, et cela pour deux raisons:
parce qu’il est dans la nature du temps de ne pas avoir d’unité substantielle, mais aussi
parce que cette absence ne remet pas en cause la fonction pragmatique du mot qui dési-
gne la chose» (Les ambiguïtés de la conception épicurienne du temps, cit., p. 210). Sul concetto di
prolessi in Epicuro si rimanda almeno ad A.A. LONG, Aisthesis, Prolepsis and Linguistic
Theory in Epicurus, «Bulletin of the Institute of Classical Studies», XVIII (1971) pp. 114-
33; A. MANUWALD, Die Prolepsislehre Epikurs (“Habelts Dissertationsdrucke, Reihe
Klassische Philosophie”, XV), Bonn 1972; cfr. anche E. ASMIS, Epicurus’ Scientific Method,
Ithaca-London 1984, partic. pp. 61-80; D. GLIDDEN, Epicurean Prolepsis, «Oxford Studies
in Ancient Philosophy», III (1985) pp. 175-217 (non sembrerebbe, tuttavia, condivisibi-
le la ragione dell’assenza di prolessi proposta da Glidden alle pp. 210-1: «There cannot
then be a prolepsis of time, because time as such represents a cognitive creation as opposed
to a persistent condition regularly experienced in nature»); molto equilibrate le indicazioni
di J. HAMMERSTAEDT, Il ruolo della PROLHYIS epicurea, in G. GIANNANTONI-M.
GIGANTE (a cura di), Epicureismo greco e romano, Atti del Congresso Internazionale (Napoli
19-26 maggio 1993), Napoli 1996, pp. 221-37.
REBUS AB IPSIS CONSEQUITUR SENSUS. IL TEMPO IN EPICURO 99
19
Per la descrizione della metodologia semiotica epicurea cfr. EPIC. ep. Hrdt. 58-9;
ep. Pyth. 85-8; DIOG. LAERT. X 32, e PHILOD. de sign. XXXIV 29-XXXVI 17 De Lacy; sul
metodo dell’analogia fondato sulla oJmoiovth" (somiglianza) e non sulla mera ajnaskeuhv
(rimozione) cfr. de sign. XI 32-XII 31 De Lacy. Cfr. inoltre D. SEDLEY, On Signs, in J. BARNES-
J. BRUNSCHWIG-M. BURNYEAT-M. SCHOFIELD (eds), Science and Speculation, Cambridge
1982, pp. 239-72; G. MANETTI, Le teorie del segno nell’antichità classica, Milano 1987, pp.
161-200; J. BARNES, Epicurean Signs, «Oxford Studies in Ancient Philosophy», suppl.
(1988) pp. 91-134; A.A. LONG, Reply to Jonathan Barnes, ‘Epicurean Sign’, «ivi», pp. 135-
44; E. ASMIS, Epicurus’ Scientific Method, cit., partic. pp. 175-211; ID., Epicurean Semiotics,
in G. MANETTI (ed.), Knowledge through Signs. Ancient Semiotic Theories and Practices, Bolo-
gna 1996, pp. 155-85; J. ALLEN, Epicurean Inferences. The Evidence of Philodemus ‘De Signis’,
in J. GENTZLER (ed.), Method in Ancient Philosophy, Oxford 1998, pp. 306-49; ID., Inference
from Signs. Ancient Debates about the Nature of Evidence, Oxford 2001, partic. pp. 195-241; G.
MANETTI, Philodemus’ ‘De Signis’: An Important Ancient Semiotic Debate, «Semiotica. Journal of
the International Association for Semiotic Studies», CXXXVIII (2002) pp. 279-97.
20
Cfr. EPIC. ep. Pyth. 87; 97 e 104. Si considerino anche le indicazioni di D.
SEDLEY, The Inferential Foundations of Epicurean Ethics, in G. GIANNANTONI-M. GIGANTE
(a cura di), Epicureismo cit., pp. 313-39, partic. pp. 313-6 che rileva come le argomenta-
zioni dell’Epistola a Erodoto seguano uno schema esplicativo di carattere inferenziale rav-
visabile anche nella parte etica del sistema.
REBUS AB IPSIS CONSEQUITUR SENSUS. IL TEMPO IN EPICURO 101
21
Cfr. LUCR. I 334-90 e SEXT. EMP. adv. math. VII 211-6 = 247 Us. e VIII 329-31 =
272 Us. Sulla metodologia epicurea della convalida inferenziale cfr. poi D.J. FURLEY,
Knowledge of Atoms and Void in Epicureanism, in J.P. ANTON-G.L. KUSTAS (eds), Essays in
Ancient Greek Philosophy, Albany (N.Y.) 1971, pp. 607-19; M.F. BURNYEAT, The Origins
of Non-Deductive Inference, in J. BARNES-J. BRUNSCHWIG-M. BURNYEAT-M. SCHOFIELD
(eds), Science and Speculation, cit., pp. 193-238; J.P. DUMONT, Confirmation and Disconfirma-
tion, ivi, pp. 273-303; E. ASMIS, Epicurus’ Scientific Method, cit., partic. pp. 141-71 e ora A.
GIGANDET, La connaissance: principe et méthode, in A. GIGANDET-P.-M. MOREL (éds.), Lire
Épicure et les épicuriens, Paris 2007, pp. 73-98, partic. pp. 90-8.
22
Il medesimo processo analogico vale anche per l’esistenza degli atomi. Gli atomi
come il vuoto sono realtà non evidenti; l’evidenza sensibile non smentisce l’esistenza di
“elementi” insecabili e inalterabili, infatti, se questi non esistessero, al momento della
distruzione dell’aggregato atomico, nulla persisterebbe e il tutto non potrebbe essere né
eterno (come invece si legge ai paragrafi iniziali dell’Epistola a Erodoto (38-9) dove viene
enunciato il “principio di conservazione”) né esistente come invece testimonia la sensa-
zione (cfr. anche LUCR. II 751-4 e più in generale I 503-634). In merito cfr. ancora le uti-
li indicazioni di D.J. FURLEY, Knowledge of Atoms and Void in Epicureanism, cit. e di G.
BETEGH, Epicurus’ Argument for Atomism, «Oxford Studies in Ancient Philosophy», XXX
(2006) pp. 261-84. Epicuro, inoltre, si serve dello stesso metodo anche nel caso dei mi-
nimi atomici (ep. Hrdt. 58-9) che infatti vengono inferiti dai minimi sensibili.
23
Cfr. anche PHerc. 1413, 5 V (= 37, 20 Arr.).
24
EPIC. ep. Hrdt. 37; cfr. ancora DIOG. LAERT. X 31.
25
L’invito epicureo (già ascrivibile a Metrodoro di Lampsaco) a considerare positi-
vamente il linguaggio ordinario è probabilmente in diretta polemica con i “dialettici”
che per i loro argomenti capziosi ed eristici si servivano di parole il cui senso oltrepassava
il significato ordinario; in proposito G. GIANNANTONI, La polemica antimegarica nel
XXVIII libro ‘Della Natura’ di Epicuro, «Cronache Ercolanesi», XIII (1983) pp. 15-9; E.
SPINELLI, Metrodoro contro i dialettici?, «ivi», XVI (1986) pp. 29-43; A. TEPEDINO
GUERRA, Il contributo di Metrodoro di Lampsaco alla formazione della teoria epicurea del linguag-
gio, «ivi», XX (1990) pp. 17-25 e ID., Metrodoro ‘Contro i Dialettici’?, «ivi», XXII (1992)
pp. 119-22.
102 FRANCESCO VERDE
26
Sull’importanza della correttezza dei mezzi espressivi risultano significative le
indicazioni proposte da A. D’ANGELO, Epicuro. Peri; crovnou (PHerc. 1413): nuove letture,
in I. ANDORLINI-G. BASTIANINI-M. MANFREDI-G. MENCI (a cura di), Atti del XXII
Congresso Internazionale di Papirologia (Firenze 23-29 agosto 1998), Firenze 2001, I, pp.
321-9, partic. pp. 327-8. Sulla teoria linguistica epicurea in relazione alla prolessi cfr. le
proposte di A.A. LONG, Aisthesis, Prolepsis and Linguistic Theory in Epicurus, cit., contestate
poi da D.K. GLIDDEN, Epicurean Semantics, in SUZHTHSIS. Studi sull’epicureismo greco e
romano offerti a Marcello Gigante, Napoli 1983, pp. 185-226.
27
Sembrerebbe qui piuttosto significativa l’influenza di Prassifane di Mitilene,
probabile maestro di Epicuro (DIOG. LAERT. X 13), che non solo dava importanza allo eu\
gravfein ma invitava a non creare nuove parole a danno della chiarezza espositiva. In me-
rito cfr. M. CAPASSO, Prassifane, Epicuro e Filodemo. A proposito di Diog. Laert. X 13 e Philod.
‘Poem.’ V IX 10-X 1, «Elenchos», V (1984) pp. 391-415, e G. MILANESE, ‘Lucida carmina’.
Comunicazione e scrittura da Epicuro a Lucrezio, Milano 1989, pp. 42-54. Il libro XXVIII del
Peri; fuvsew" è una particolare testimonianza della “filosofia del linguaggio” epicurea
dove si riscontra ancora il rifiuto delle novità linguistiche (in particolare 17, I-II = 31, 11-
12 Arr.); in proposito cfr. D. SEDLEY, Epicurus. On Nature Book XXVIII, «Cronache Ercola-
nesi», III (1973) pp. 5-83, partic. pp. 17-34 e G. LEONE, Rileggendo il XXVIII libro ‘Della
natura’ di Epicuro: riflessioni e proposte, «ivi», XXXIII (2003) pp. 159-64. Sulla terminologia
epicurea tornano utili le indicazioni di K. KLEVE, Zur epikureischen Terminologie, «Symbo-
lae Osloenses», XXXVIII (1963) pp. 25-31.
28
Sul rapporto fra tempo e misura torna utile il riferimento al PHerc. 1413, 7 II (=
37, 25 Arr.), 9 I (= 37, 31 Arr.) e 9 V (= 37, 35 Arr.).
REBUS AB IPSIS CONSEQUITUR SENSUS. IL TEMPO IN EPICURO 103
29
Ma cfr. i caveat dell’ormai classico studio di D.J. FURLEY, Lucretius and the Stoics,
«Bullettin of the Institute of Classical Studies», XIII (1966) pp. 13-33. Per un primo
orientamento sulla nozione stoica di tempo cfr. V. GOLDSCHMIDT, Le système stoïcien et
l’idée de temps, Paris 1989, e R. SALLES, On the Individuation of Time and Events in Orthodox
Stoicism, in Metaphysics, Soul and Ethics in Ancient Thought, Oxford 2005, pp. 95-116.
30
Più in particolare cfr. PLOT. enn. III 7 [45] 7, 17-27; per il commento cfr. W.
BEIERWALTES, Plotin. Über Ewigkeit und Zeit (Enneade III 7), Frankfurt a.M. 1981, partic.
p. 215 e più in generale F. FERRARI-M. VEGETTI (a cura di), L’eternità e il tempo (Enneade
III 7), Milano 1991, partic. pp. 144-6. Sull’influenza dell’epistemologia epicurea su Plo-
tino (partic. in enn. V 5 [32]) cfr. L.P. GERSON, Plotinus and Epicurean Epistemology, in D.R.
GORDON-D.B. SUITS (eds), Epicurus: His Continuing Influence and Contemporary Relevance,
Rochester 2003, pp. 69-80; più in generale cfr. M. TORTORELLI GHIDINI, L’ambigua pre-
senza di Epicuro in Plotino, in G. GIANNANTONI-M. GIGANTE (a cura di), Epicureismo cit.,
pp. 987-97.
31
A tal proposito D. PULIGA, CRONOS e QANATOS in Epicuro, «Elenchos», II
(1983) pp. 235-60, partic. p. 247 ravvisa nell’espressione kai; ga;r tou'to poiou'siv tine"
dell’Epistola a Erodoto (72) un riferimento abbastanza esplicito ad Aristotele.
32
È nota, infatti, l’avversione epicurea nei confronti della definizione in diretta po-
lemica anti-aristotelica; non è quindi corretto attribuire a Epicuro una “definizione” di
tempo, come a ragione osserva P.-M. MOREL, Les ambiguïtés de la conception épicurienne du
temps, cit., p. 208 e nota 1, per gli ulteriori rinvii bibliografici; del resto, l’espressione “ac-
cidente di accidenti” attribuita all’epicureo Demetrio Lacone non deve essere considerata
stricto sensu tanto una definizione quanto un’interpretazione del concetto epicureo di
tempo. Cfr. infra, nota 59.
33
Il confronto fra la nozione epicurea di tempo e quella di Stratone di Lampsaco è
un tema di forte interesse; sulla base di SIMPL. coroll. de temp. in Aristot. phys. 789, 33 Diels
104 FRANCESCO VERDE
(= fr. 76 Wehrli) non si esclude che Stratone abbia in mente proprio la nozione epicurea
di tempo secondo la quale è necessario commisurare il tempo in base al giorno e alla not-
te cui, solitamente, lo connettiamo. La possibile relazione fra la posizione di Stratone e
quella epicurea era già stata messa in rilievo da E.G. SCHMIDT, Straton-Zitate bei Damas-
kios, «Museum Helveticum», XIX (1962) pp. 218-22, partic. pp. 221-2 (in merito alla
natura del tempo che si evince dal par. 62 dell’Epistola a Erodoto) e da E. MONTANARI,
Una polemica fisica in Epicuro, «Prometheus», V (1979) pp. 124-36 (circa la velocità degli
atomi di cui si tratta al paragrafo 60).
34
Cfr. SEXT. EMP. pyrrh. hyp. III 137 e adv. math. X 238-47; 181 (= p. 352 Us.) e
219 (= 294 Us.). Cfr. anche AET. I 22, 5 (318, 19-21 Diels).
35
R. BRAGUE, Pour en finir avec “le temps image mobile de l’éternité” (Platon, ‘Timée’, 37
d), in Du temps chez Platon et Aristote, Paris 1982, pp. 11-71.
36
PLAT. Tim. 37 C-38 C.
37
ARISTOT. phys. D 11. 219 b 1-2; tra la ricca bibliografia in merito ci si limita a
segnalare, oltre i “classici” P.F. CONEN, Die Zeittheorie des Aristoteles, München 1964;
J.M. DUBOIS, Le temps et l’instant selon Aristote, Paris 1967, e V. GOLDSCHMIDT, Temps
physique et temps tragique chez Aristote. Commentaire sur le Quatrième livre de la ‘Physique’ (10-
14) et sur la ‘Poetique’, Paris 1982, i titoli più recenti: E. CAVAGNARO, Aristotele e il tempo.
Analisi di ‘Physica’, IV 10-14, Bologna 2002; U. COOPE, Time for Aristotle, Oxford 2005 e
L. RUGGIU, Tempo della fisica e tempo dell’uomo. Parmenide, Aristotele, Agostino, Venezia
2007, partic. pp. 65-227.
38
SEXT. EMP. adv. math. X 177.
REBUS AB IPSIS CONSEQUITUR SENSUS. IL TEMPO IN EPICURO 105
«Ma fare e subire non può alcuna cosa senza corpo, né offrire/luogo
può alcuna cosa, tranne lo spazio vuoto e libero./Dunque, oltre il
vuoto e i corpi, non si può lasciare nel novero/delle cose nessuna ter-
za natura esistente per se stessa,/né tale che cada in alcun tempo sot-
to i nostri sensi,/né tale che qualcuno possa giungervi col ragionare
della mente./Infatti tutte le cose che hanno un nome, o le troverai
proprietà/di queste due cose o vedrai che sono loro acciden-
ti./Proprietà è ciò che in nessun caso si può disgiungere/e separare
senza un distacco distruttore: tale è la pesantezza/per i sassi, il calore
per il fuoco, la liquidità per l’acqua,/la tangibilità per tutti i corpi,
l’intangibilità per il vuoto./Al contrario, servitù, povertà e ricchez-
za,/libertà, guerra, concordia, e tutte le altre cose di cui/l’arrivo e la
partenza lasciano incolume la natura della cosa,/siamo soliti chiamar-
le, come è naturale, accidenti./Anche il tempo non esiste per sé, ma
dalle cose stesse/deriva il senso di ciò che si è svolto nel tempo,/poi
di ciò che è presente, infine di ciò che segue più tardi./E bisogna ri-
conoscere che nessuno avverte il tempo per sé,/separato dal movi-
mento e dalla placida quiete delle cose./Ancora, quando dicono che
“il ratto della Tindaride” e “il soggiogamento delle genti troiane in
guerra” esistono, bisogna badare/che per avventura non ci costringa-
no a riconoscere che queste cose/esistano per sé, poiché quelle genera-
zioni di uomini, di cui queste/ furono accidenti, le tolse via, irrevo-
cabile, l’età già passata./Giacché qualunque cosa si sarà compiuta,
potrà essere detta/accidente, in un caso †…†, in un altro delle re-
gioni stesse./Infine, se non fosse esistita la materia delle cose,/né il
luogo e lo spazio in cui tutte le cose si svolgono,/giammai il fuoco
dell’amore, suscitato dalla bellezza della Tindaride,/divampando pro-
fondo nel frigio petto di Alessandro,/avrebbe acceso le famose batta-
glie della crudele guerra,/né di nascosto ai Troiani il ligneo cavallo
avrebbe/incendiato Pergamo col notturno parto dei Greci;/sì che tu
106 FRANCESCO VERDE
puoi ben vedere che gli avvenimenti, tutti, senza/eccezione, non sus-
sistono per sé, né esistono così come i corpi,/né si può dire che siano
allo stesso modo in cui sussiste il vuoto;/ma piuttosto sono tali che
giustamente puoi chiamarli accidenti/dei corpi e del luogo in cui
tutte le cose si svolgono» 39.
39
LUCR. I 443-82 (trad. Giancotti).
40
Per il commento puntuale del testo lucreziano cfr. G. NECK, Das Problem der
Zeit im Epikureismus, Diss., Heidelberg 1964, e per l’interpretazione del tempo descritto
da Lucrezio come legato al movimento e al divenire cfr. J. BOLLACK-M. BOLLACK, Temps,
comme devenir (Lucrèce I 464-482), in SUZHTHSIS cit., pp. 309-27; cfr. anche le utili osser-
vazioni di S. LUCIANI, L’éclair immobile dans le plaine, philosophie et poétique du temps chez Lu-
crèce, cit.
41
Come già ricordato (cfr. supra, nota 12) l’epicureo Polistrato distingueva i kata;
th;n ijdivan fuvsin legovmena dai prov" ti, servendosi della distinzione categoriale propria
dell’Accademia fra kaq∆ auJtov e prov" ti già, tuttavia, ravvisabile in Platone (soph. 255 C-
D); non si può escludere, dunque, che questo schema categoriale attribuibile a Senocrate
(fr. 95 Isnardi Parente) e in forma più complessa a Ermodoro (fr. 7 I. P.) abbia influenzato
le dottrine del Giardino e sia plausibilmente ravvisabile dietro il per se lucreziano. Per un
primo orientamento cfr. H.J. KRÄMER, Platonismus und hellenistische Philosophie, Berlin-
New York 1971, pp. 75-96, e M. ISNARDI PARENTE, Studi sull’Accademia platonica antica,
Firenze 1979, pp. 71-132.
REBUS AB IPSIS CONSEQUITUR SENSUS. IL TEMPO IN EPICURO 107
42
G. VERBEKE, Le statut ontologique du temps selon quelques penseurs grecs, in ‘Zetesis’.
Album amicorum E. de Stryker, Antwerpen-Utrecht 1973, pp. 188-205 mette bene in luce
come l’accidente in Epicuro abbia sempre carattere “corporeo” proprio perché la sua esi-
stenza è costantemente connessa al corpo cui è legato.
43
Cfr. EPIC. ep. Hrdt. 40. Cfr. pure ARISTOT. an. post. A 4. 73 a 34-b 4 dove Aristo-
tele descrive i due modi per cui si può dire che una proprietà appartiene “per sé” a una
cosa. Sulla distinzione lucreziana fra coniuncta ed eventa risultano ancora significative le
indicazioni di C. GIUSSANI, Studi lucreziani, Torino 1896, pp. 27-38 e di C. PASCAL, Stu-
dii critici sul poema di Lucrezio, Roma-Milano 1903, pp. 16-27.
44
In proposito cfr. senz’altro D. SEDLEY, Epicurean Anti-Reductionism, in J. BARNES-
M. MIGNUCCI (eds), Matter and Metaphysics. Fourth Symposium Hellenisticum, Napoli 1988,
pp. 295-327, partic. pp. 303-16. Sebbene – come a ragione sottolinea M. CONCHE, Épicu-
re. Lettres et Maximes, cit., p. 164 – Epicuro affermi al paragrafo 70 dell’Epistola a Erodoto
di usare l’espressione sumptwvmata secondo l’accezione comune (perseguendo, quindi, la
metodologia linguistica giustificata all’inizio dell’epistola ai paragrafi 37-8), sembra
innegabile la provenienza aristotelica di tale terminologia (il che vale ovviamente anche
per i sumbebhkovta). A tal proposito è lo stesso M. CONCHE, ivi, p. 169, considerando il
passo di ARISTOT. phys. B 8. 198 b 37-199 a 3, a esporre la differenza concettuale fra il
suvmptwma aristotelico e quello epicureo. Cfr. le utili osservazioni di J.-F. BALAUDÉ (éd.),
Livre X, in M.-O. GOULET-CAZÉ (éd.), Diogène Laërce. Vie et doctrines des philosophes illustres,
Paris 1999, pp. 1196-7, che confermano il retroterra genuinamente aristotelico.
108 FRANCESCO VERDE
facts about the past certainly exist: it is, after all, a fact that the Greeks conquered the Tro-
jans. But they can hardly exist as attributes of per se entities, since the per se entities in
question – Agamemnon, Helen etc. – themselves no longer exist. It follows that facts
about the past must themselves exist as per se entities».
50
Cfr. in proposito almeno A. RONCONI, Appunti di estetica epicurea, in Miscellanea
di studi alessandrini in memoria di Augusto Rostagni, Torino 1963, pp. 7-25; C.J. CLASSEN,
Poetry and Rethoric in Lucretius, «Transactions of the American Philological Association»,
XCIX (1968) pp. 77-118; P.H. SCHRIJVERS, Horror ac divina voluptas. Études sur la poétique
et la poésie de Lucrece, Amsterdam 1970; A. GRILLI, Lucrezio tra poesia e filosofia, «Annali
del Liceo classico G. Garibaldi di Palermo», XIV-XVI (1977-79) pp. 197-216, ed E.
ASMIS, Rhetoric and Reason in Lucretius, «American Journal of Philology», CIV (1983) pp.
36-66. Più in generale e per gli ulteriori rinvii bibliografici ci si limita a rinviare al vo-
lume collettaneo curato da D. OBBINK (ed.), Philodemus and Poetry: Poetic Theory and Prac-
tice in Lucretius, Philodemus, and Horace, New York 1995 (acutamente discusso ed esami-
nato da G. ARRIGHETTI, Gli epicurei, la poesia e Lucrezio, «Athenaeum», LXXXVI (1998)
pp. 13-33) e al recente G. ARRIGHETTI, Gli epicurei: la riflessione sulla letteratura, la biogra-
fia, in Poesia, poetiche e storia nella riflessione dei Greci. Studi, Pisa 2006, pp. 315-459, partic.
pp. 315-95.
51
Probabilmente non è azzardato credere che nella negazione di necessità a un
evento passato risieda una critica forse già epicurea al kurieuvwn lovgo" di Diodoro Crono (ri-
portato da EPICTET. dissert. II 19, 1-5 = S.S.R. II F 24); sulla relazione fra Diodoro ed Epicuro
cfr. l’utile e dettagliato D. SEDLEY, Diodorus Cronus and Hellenistic Philosophy, «Proceedings
of the Cambridge Philological Society», CCIII (1977) pp. 74-120; N. DENYER, The Ato-
mism of Diodorus Cronus, «Prudentia», XIII (1981) pp. 33-45, e ID., Time and Modality in Dio-
dorus Cronus, «Theoria», XLVII (1981) pp. 31-53; J. VUILLEMIN, Nécessité ou contingence:
l’aporie de Diodore et les systèmes philosophiques, Paris 1984, partic. pp. 61-89 e 206-8.
52
Cfr. in merito l’utile osservazione di A. GIGANDET, Les principes de la physique, in
A. GIGANDET-P.-M. MOREL (éds.), Lire Épicure et les épicuriens, cit., pp. 49-71, secondo la
quale «le temps […] ne possède pas plus de réalité en soi que les événements auxquels il
est inhérent» (p. 57).
110 FRANCESCO VERDE
53
LUCR. I 469-70.
54
Cfr. J. WARREN, Epicureans and the Present Past, cit., partic. pp. 372-7.
55
Occorre segnalare che la lettura “non presentista” di Warren non è “anti-
presentista”; essa deve essere considerata semplicemente un’interpretazione che non ri-
chiede un riferimento al presente.
56
In proposito cfr. ancora le condivisibili indicazioni di K. WELLESLEY, Lucretius I.
469-470, cit., che è del parere che con terris e regionibus ipsis il poeta intenda significare
tutta la terra e i luoghi specifici dove sono accaduti gli eventi; sui vari tentativi di riem-
pimento della lacuna del v. 469 si rinvia alle utili indicazioni di F. GIANCOTTI, Lucrezio.
La natura, Milano 2000, pp. 430-1; E. FLORES, Titus Lucretius Carus. De rerum natura cit., p.
REBUS AB IPSIS CONSEQUITUR SENSUS. IL TEMPO IN EPICURO 111
«quando noi diciamo che voi pensate il tempo che non viene pensa-
to, il tempo in quanto accidente di un certo tipo di rappresentazio-
ne...» 67
NOOUMENOS in Epicuro, pap. herc. 1413, «La Parola del Passato», XXXI (1976) pp. 168-75.
67
PHerc. 1413, 6 I (= 37, 23 Arr. e trad.).
68
PHerc. 1413, 10 VIII (= 37, 44 Arr. e trad.).
69
Cfr. SEXT. EMP. adv. math. X 181; anche nel PHerc. 1413 (9, I 1-4 = 37, 31 Arr.)
Epicuro afferma che il tempo sia «rappresentazione che misura ogni movimento»
(fantas[iv-][a t]iv" ejstin oJ crovno" [ki]n≥hvsew" pavsh" ka[ta]metrhtikhv); cfr. F. CAUJOLLE-
ZASLAWSKY, Le temps épicurienne est-il atomique?, «Les Études philosophiques», III (1980)
pp. 285-306, partic. pp. 295-8 e P.-M. MOREL, Les ambiguïtés de la conception épicurienne du
temps, cit., pp. 201-4.
REBUS AB IPSIS CONSEQUITUR SENSUS. IL TEMPO IN EPICURO 115
70
Di diverso avviso R. CANTARELLA-G. ARRIGHETTI, Il libro ‘Sul tempo’ cit., p. 42.
71
Cfr. SEXT. EMP. adv. math. X 219.
72
PHerc. 1413, 11 II (= 37, 47 Arr.).
73
Nella terminologia tecnica epicurea il prefisso ejpiv sembra indicare quasi sem-
pre l’“applicazione” al materiale percepito; sul significato del prefisso ejpiv in Epicuro cfr.
in modo paradigmatico H. WIDMANN, Beiträge zur Syntax Epikurs, Stuttgart-Berlin
1935, pp. 210-3.
116 FRANCESCO VERDE
74
D. PULIGA, CRONOS e QANATOS in Epicuro, cit., p. 251 nota 41, dissente dalla
duplicità concettuale relativa alla nozione di tempo proposta da M. ISNARDI PARENTE,
CRONOS EPINOOUMENOS cit., alla luce del PHerc. 1413.
75
Condivisibile a questo riguardo la puntualizzazione di G. BERNS, Time and Nature
in Lucretius’ ‘De rerum natura’, cit., p. 477: «The two distinguishable aspects of time are: 1) its
dependence on motion and rest of things, and 2) its dependence on human perception».
REBUS AB IPSIS CONSEQUITUR SENSUS. IL TEMPO IN EPICURO 117
76
La questione è chiaramente collegata all’anti-determinismo epicureo per cui si
rimanda per un primo inquadramento almeno a D. SEDLEY, Epicurus’ Refutation of Deter-
minism, in SUZHTHSIS cit., pp. 11-51; D.J. FURLEY, Two Studies in the Greek Atomists,
Study I: Indivisible Magnitudes, Study II: Aristotle and Epicurus on Voluntary Action, Prince-
ton-New Jersey 1967, partic. pp. 159-237 e soprattutto al recente studio di F.G. MASI,
Epicuro e la filosofia della mente. Il XXV libro dell’opera ‘Sulla Natura’, Sankt Augustin 2006,
per le varie implicazioni e difficoltà teoriche. Sull’argomento cfr. anche le indicazioni di
F. FERRARI, La falsità delle asserzioni relative al futuro: un argomento epicureo contro la mantica in
Plut. ‘Pyth. orac’ 10, in M. ERLER-R. BEES (Hrsgg.), Epikureismus in der späten Republik und
der Kaiserzeit (Akten der 2. Tagung der Karl-und-Gertud-Abel-Stiftung vom 30. Sep-
tember-3. Oktober 1998 in Würzburg), Stuttgart 2000, pp. 149-63, che considera di
matrice epicurea l’argomentazione di Boeto contro la verità delle asserzioni relative al
futuro riportata da Plutarco (pyth. orac. 10, 398 F-399 A) e ancora J. WARREN, Epicureans
and the Present Past, cit., partic. pp. 377-84.