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SALERNO FORMAZIONE

Master in Alta Formazione in Economia e Management dell’Arte dei Beni Culturali


Materiale didattico – Modulo n. 8

Gli eventi culturali


e la Pubblica Amministrazione

Le modalità di gestione del settore culturale nel nostro paese è foriera di uno
dei più grandi paradossi italiani: se da un lato abbiamo la fortuna di custodire un
patrimonio unico ed irriproducibile di storia, arte e cultura1, unico e vero valore
aggiunto rispetto agli altri paesi industriali, dall’altra abbiamo assistito per anni ad
una incapacità di tutelarlo e valorizzarlo adeguatamente, in quanto manifestazione
delle radici e dell’identità nazionali da un lato, e ricchezza e risorsa economica
dall’altro.

Arte e cultura sono sempre stati considerati nel nostro paese dei beni meritori,
cioè dei beni in sé, in virtù della loro capacità di contribuire al soddisfacimento di
bisogni, sebbene non primari, indispensabili per una corretta crescita intellettuale e il
raggiungimento di importanti fini sociali, come il miglioramento della qualità della
vita, l’aumento del benessere sociale, l’arricchimento intellettuale, valoriale e
estetico.

Il riconoscimento che dalla produzione e dal consumo dei beni culturali


derivano esternazioni positive ha da sempre giustificato l’affidamento alla mano
pubblica della gestione delle risorse culturali. Al di là della loro appartenenza
pubblica o privata, i beni culturali sono infatti di pertinenza pubblica2, cioè
dovrebbero essere a disposizione di tutti i cittadini, perché considerati come la

1
Secondo il censimento Istat, al 31 dicembre 1995 l’Italia può vantare 3790 musei e istituzioni similari, 29 siti
dichiarati dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità, contro i 25 della Francia, i 22 della Spagna, i 20 della Germania e i 18
del Regno Unito, per un patrimonio culturale che nel suo complesso può essere stimato in circa un milione di miliardi di
lire (Beatrice Fabbretti, “Lo “stato dell’arte”: consistenza e gestione dei beni culturali”, in Economia della Cultura, n. 3,
1999, pp. 359 – 368).
2
L’articolo 9 della Costituzione recita “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica. Tutela
il paesaggio e il patrimonio storico-artistico della Nazione”. Secondo l’articolo 98 del Decreto Legislativo n. 490 del 29
ottobre 1999, intitolato “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali”, “i beni
culturali indicati nell’art. 54 sono destinati al godimento pubblico”. L’articolo 54 rinvia a sua volta agli articoli 822 e
824 del Codice Civile e stabilisce che “i beni culturali appartenenti allo Stato, alle regioni, alle province e ai comuni
costituiscono il demanio storico, artistico, archivistico e bibliografico e sono assoggettati al regime proprio del demanio
pubblico”. Quindi, come sostiene Arcella (Stefano Arcella, La gestione dei Beni Culturali. Fruizione, valorizzazione e
promozione del patrimonio culturale italiano, Finanze e Lavoro, Napoli, 2000), è la demanialità di questi beni che
costituisce il titolo giuridico che fonda e legittima la loro fruizione pubblica.
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concretizzazione della cultura e dell’identità di una nazione, nonché come i segni più
tangibili del suo passato. Come tali, le istituzioni pubbliche sono chiamate a
presidiare e garantire la loro “intrinseca vocazione a una fruibilità universale”3. Allo
stesso tempo però l’agire pubblico in campo culturale è stato caratterizzato da una
costante tensione tra spinte centriste da un lato e federaliste dall’altro, conclusasi solo
agli inizi degli anni ’90, quando anche il settore in oggetto è stato coinvolto dal
processo di riforma della pubblica amministrazione. In particolare, la legge n. 59 del
1997, la cosiddetta Bassanini 1, prevedendo la ridistribuzione delle funzioni
amministrative fra lo Stato e gli Enti territoriali, ha attribuito estese competenze in
materia di gestione dei beni culturali agli Enti Locali, e in particolare ai Comuni e
alle Province.

In realtà è solo con il decreto legislativo 112 del 1998 che si è fatta maggiore
chiarezza in questo processo di ridefinizione delle competenze in materia e,
soprattutto, accanto alle tradizionali attività di tutela e gestione dei beni culturali, è
stata riconosciuta equa dignità e importanza alle attività di valorizzazione e
promozione, fino a quel momento rimaste in secondo piano.

È così che «l’intervento pubblico ha mutato prospettiva, transitando da


un’attività di tutela statica del bene a un intervento diretto a garantire al cittadino
ampia ed effettiva fruizione del valore culturale custodito dal bene»4.

Il decreto in questione assegna allo Stato in maniera esclusiva la funzione di


tutela, riconosciuto come il responsabile primario di “ogni attività diretta a
riconoscere, conservare e proteggere i beni culturali e ambientali”.

La funzione gestionale viene affidata agli Enti Locali, che hanno il compito di
svolgere “ogni attività diretta ad assicurare la fruizione dei beni culturali e ambientali,
concorrendo al perseguimento delle finalità di tutela e di valorizzazione”.

La valorizzazione, invece, va perseguita attraverso forme di cooperazione tra


Stato, Regioni e Enti Locali, chiamati a collaborare, nello specifico, per la
realizzazione di attività concernenti:

3
Anna Wiezemann, La comunicazione istituzionale nel settore artistico-culturale, in “Economia della Cultura”, n. 4,
2003, pp. 499-512
4
Anna Wizemann, La comunicazione per l’arte e la cultura, in Stefano Rolando (a cura di), “La comunicazione di
pubblica utilità 2”. Società, economia, cultura, , Milano, 2004, p. 401
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 Il miglioramento della conservazione fisica dei beni e della loro


sicurezza, integrità e valore.
 Il miglioramento dell’accesso ai beni e la diffusione della loro
conoscenza anche mediante riproduzioni, pubblicazioni e ogni altro
mezzo di comunicazione.
 L’organizzazione di studi, ricerche, iniziative scientifiche anche in
collaborazione con università ed istituzioni culturali e di ricerca.
 L’organizzazione di attività didattiche e divulgative anche in
collaborazione con altri soggetti pubblici e privati.
 L’organizzazione di eventi culturali connessi a particolari aspetti dei
beni o ad operazioni di recupero, restauro o ad acquisizione.
 L’organizzazione di itinerari culturali, individuati mediante la
connessione fra beni culturali e ambienti diversi, anche in collaborazione
con gli enti e organi competenti per il turismo.

Le funzioni di promozione, analogamente, devono essere attuate mediante


forme di cooperazione tra Stato, Regioni ed Enti Locali e comprendono attività
concernenti:

 Gli interventi di sostegno alle attività culturali mediante ausili finanziari,


la predisposizione di strutture e la loro gestione.
 L’organizzazione di iniziative dirette ad accrescere la conoscenza delle
attività culturali e a favorirne la migliore diffusione.
 L’equilibrato sviluppo delle attività culturali tra le diverse aree
territoriali.
 L’organizzazione di iniziative dirette a favorire l’integrazione delle
attività culturali con quelle relative alla istruzione scolastica e alla
formazione professionale.
 Lo sviluppo delle nuove espressioni culturali e artistiche e di quelle
meno note, anche in relazione all’impiego di tecnologie in evoluzione.

Distinguere in modo analitico queste funzioni significa riconoscerne la


specificità, e soprattutto, significa affermare formalmente che le organizzazioni
artistiche non possono limitarsi a difendere, conservare il proprio patrimonio e ad
aprirlo al pubblico, ma “devono essere soggetti propulsori della conoscenza collettiva
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di tali beni, stimolando l’interessamento del pubblico con iniziative sia di carattere
didattico sia di taglio più divulgativo” Si tratta di una vera e propria rivoluzione che
interessa le politiche culturali del nostro Paese, a lungo dominate da un’ottica
protezionista e conservatrice, che ha relegato di fatto i concetti di fruizione e
accessibilità ad un ruolo del tutto secondario. La valorizzazione e la promozione del
patrimonio storico e artistico divengono così riconosciute funzioni complementari in
vista della produzione dell’esperienza culturale e quindi in vista dell’effettiva
soddisfazione del diritto dei cittadini all’accesso a questi beni.

Lo scenario delineato dal legislatore è pertanto quello di una pubblica


amministrazione attiva, decentrata ed aperta anche in campo culturale, che non può
più limitarsi a salvaguardare l’esistente, ma che deve diventare soggetto promotore di
iniziative di diverso genere, volte a favorire l’avvicinamento tra cittadini e beni
culturali, facendo leva su ogni possibile mezzo di comunicazione e divulgazione. In
linea con la riforma della pubblica amministrazione descritta precedentemente, anche
in campo culturale, quindi, al cittadino è riconosciuta una posizione centrale, attorno
alla quale prende senso l’operato pubblico. Anche le organizzazioni culturali
pubbliche, per assolvere a questi nuovi doveri, dovranno uscire da quella culla di
autoreferenzialità che per anni ha caratterizzato il loro agire in campo di tutela e
conservazione dei beni culturali, per dare vita a flussi comunicativi, che andranno a
configurarsi come delle specificità all’interno del più ampio ambito della
comunicazione pubblica.

È il Comune l’ente locale su cui gravano le maggiori responsabilità in campo


culturale, soprattutto in merito al compito di favorire un avvicinamento reale tra
patrimonio artistico e cittadini, incentivando la fruizione di quell’immenso complesso
di beni culturali che contraddistingue il nostro Paese. Da un punto di vista giuridico,
infatti, la riforma Bassanini assegna al Comune, in quanto ente più vicino al
cittadino/utente, primarie competenze nel campo della gestione, della promozione e
della valorizzazione dei beni culturali, e il decreto legislativo n. 267 del 18 agosto
2001 lo riconosce come il soggetto che “rappresenta la propria comunità, ne cura gli
interessi e ne promuove lo sviluppo”. Del resto secondo la “Carta del rischio” del
patrimonio culturale, circa l’80% degli 8100 comuni italiani possiede almeno un bene
di notevole interesse artistico e oltre la metà dei beni di maggior rilievo si trova in
comuni che hanno meno di 15 mila abitanti.

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