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Il libro tratta della rigenerazione circolare human-centred di Matera.

MATERA, CITTÀ DEL SISTEMA


La bellezza è la caratteristica generale del paesaggio storico di Matera,
ECOLOGICO UOMO/SOCIETÀ/NATURA

MATERA, CITTÀ DEL SISTEMA ECOLOGICO UOMO/SOCIETÀ/NATURA:


IL RUOLO DELLA CULTURA PER LA RIGENERAZIONE DEL SISTEMA URBANO/TERRITORIALE
interpretato come un sistema dinamico complesso che comprende la cit-
tà antica, la nuova città e il territorio. Intorno alla bellezza (forse anche
“dolente”) si articolano i diversi contributi del volume. Come conservarla IL RUOLO DELLA CULTURA PER LA RIGENERAZIONE
facendola diventare motore di nuovo sviluppo? La tesi generale è che tale
rigenerazione va inquadrata nella prospettiva dell’“economia circolare” DEL SISTEMA URBANO/TERRITORIALE
che è un’economia in cui tutti i valori economici co-esistono e co-evolvono
con i valori ecologici e con quelli sociali/umani.
a cura di
Nella rigenerazione human-centred le persone e la cultura sono al centro
della rigenerazione circolare della città, Capitale Europea della Cultura Luigi Fusco Girard, Claudia Trillo e Martina Bosone
nel 2019. La cultura plasma il modo in cui la gente vive, lavora, produce,
consuma, trasforma, si relaziona con gli altri e con la natura determinando
scelte e comportamenti. È la lente attraverso la quale trasformare ogni
sito, anche quelli abbandonati e in degrado, in un sistema vivente.
Il punto di partenza della suddetta strategia di rigenerazione è
l’identificazione del “valore intrinseco” del sistema urbano materano.
Esso va inteso come il significato essenziale, il valore intangibile che
rappresenta il fondamento di altri valori, che ha plasmato la struttura
organizzativa costruita nel corso di molti secoli. Oggi, questo “valore
intrinseco” può offrire una direzione coerente ed efficace per lo sviluppo
circolare human-centred del sistema materano, facendo così di Matera un
caso esemplare con riferimento al paradigma dell’economia circolare.
MATERA, CITTÀ DEL SISTEMA
ECOLOGICO UOMO/SOCIETÀ/NATURA:
IL RUOLO DELLA CULTURA PER LA RIGENERAZIONE
DEL SISTEMA URBANO/TERRITORIALE
GIANNINI EDITORE
Via Cisterna dell’olio 6b
80134 Napoli
editore@gianninispa.it

Copyright @ 2019 Giannini Editore


ISBN 13: 978-88-6906-120-2
e-Book della versione cartacea 978-88-7431-961-9

Questa pubblicazione è stata finanziata dal Comune di Matera e dal MiBACT.

Il libro riflette i risultati del convegno internazionale “Matera, città del sistema ecologico uomo/società/natura: il
ruolo della cultura per la rigenerazione del sistema urbano/territoriale” / “Matera, city of the man/society/nature
ecological system: the role of culture for the regeneration of the urban/territorial system” organizzato da ICOMOS
- ISCEC (Comitato Scientifico sull’Economia della Conservazione (International / Italian Scientific Committee on
Economics of Conservation).

Comitato scientifico: Luigi Fusco Girard (Presidente ISCEC-ICOMOS), Pietro Laureano (Presidente ICOMOS
Italia).
PRESENTAZIONE

Giampaolo D’Andrea
Assessore ai Beni, Attività e Produzioni Culturali, Economia della Conoscenza, della città di Matera

Tra i numerosi appuntamenti di valenza scientifica e culturale che hanno carat-


terizzato la straordinaria stagione di Matera Capitale Europea della Cultura 2019,
quello promosso nell’immediata vigilia, l’11 e 12 dicembre del 2018, in coincidenza
con il 25° dell’inclusione della città nella speciale “Lista” dell’UNESCO, si è distinto
particolarmente, oltre che per il tema prescelto, per la qualità degli approfondimen-
ti e la ricchezza degli apporti. Le pagine che seguono, che raccolgono i contributi
presentati nel corso del Convegno, danno conto del valore della riflessione proposta,
dell’efficace individuazione dei nessi e dei profili interpretativi, dello sforzo encomia-
bile di riportare a sintesi il lungo confronto, sviluppatosi, sin dal dopoguerra, sugli
obiettivi e le caratteristiche delle ipotesi rigenerative, nonché sulle regole e le moda-
lità di realizzazione.
Non è casuale, proprio in apertura, il riferimento agli approcci metodologici ed
alle problematiche che hanno animato l’“Anno Europeo del patrimonio 2018”. Tra
essi, soprattutto l’indicazione, da parte della International Scientific Committee on Economi-
cs of Conservation dell’ICOMOS, di tre elementi fondamentali della cultura europea
e del modello di sviluppo sostenibile: “bellezza, economia ed equità”. Luigi Fusco Girard
(che della Commissione è il Presidente) ed Antonia Gravagnuolo li evidenziano op-
portunamente anche come perno della “prospettiva teorica del riutilizzo e della rigenerazione
del patrimonio culturale circolare proposta come modello di sviluppo sostenibile a più lungo termine
dopo Matera ECoC 2019”.
A Pietro Laureano non poteva non toccare il compito di ricordare che, alla base
del riconoscimento Unesco del 1993, ci fu proprio l’apprezzamento per quei “meandri
di percorsi, rupi e caverne che compongono il suo inaspettato paesaggio” e per “l’ecosistema geniale
basato sull’architettura passiva delle caverne, la raccolta e l’uso parsimonioso dell’acqua, il modo
di vivere comunitario”. Tutti elementi, per altro, evocabili ancor oggi nella ricerca di
“modelli alternativi alle società affluenti e distruttive delle risorse locali”, basati su “una più stretta
integrazione tra natura e cultura”.
La città di Matera, una delle più antiche quanto a continuità di presenza umana
negli stessi luoghi, è caratterizzata, come altre località dell’area mediterranea, dalla
persistenza di un importante agglomerato abitativo trogloditico (secondo la definizione
di Erodoto), scavato nella roccia di tufo. Attorno ad esso, nel corso dei secoli, è venuta
prendendo forma una dimensione urbana più ampia, effetto di successivi ulteriori
sviluppi, rispetto ai quali il nucleo primordiale ha mantenuto la natura (ed a lungo
anche la funzione) di elemento centrale e fondativo, proprio a garanzia di quella
continuità.
Questa sua “dualità” si è conservata nel tempo, nella continua ricerca di un equi-

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Presentazione

librio, di una sintesi tra antico e nuovo, tra tradizione ed innovazione, poli dialettici
persino intercambiabili, non in contrapposizione statica, ma in relazione dinamica.
Ed è stata, al tempo stesso, causa ed effetto della sua storia e del suo sviluppo urbano.
La prima Legge speciale (n.619 del 1952), con lo svuotamento dei Sassi, volle met-
tere la parola fine su una condizione di vita che, per secoli, non era stata percepita
come molto lontana da quelle allora riscontrabili un po’ dappertutto, in Italia ed in
Europa, anche in realtà più prospere, nelle aree più interne e nelle periferie dei grandi
agglomerati urbani. Essa rappresentava la presa presa d’atto (tardiva) della inattuali-
tà di una condizione umana che, nonostante il senso di incertezza che accompagna
sempre le scelte di discontinuità radicale, non poteva non alimentare un’alternativa,
anche nella prospettiva del riscatto contadino, attraverso l’assegnazione in proprietà
di nuove terre da coltivare e di abitazioni degne di questo nome, all’interno di nuovi
rioni appositamente costruiti, dotati di tutti i servizi.
In verità già nel settembre 1902 al Presidente del Consiglio Zanardelli, il primo
dell’Italia unita a visitare Matera, furono consegnati da parte dei rappresentanti dei
Comizi agrari e dalla Commissione municipale due Memorandum, nel primo dei quali si
denunciava che “cinque sesti della popolazione materana abitano in tuguri scavati nella nuda
roccia , addossati, sovrapposti gli uni agli altri, in cui i contadini non vivono ma a mo’ di vermi
brulicano...nella promiscuità innominabile di uomini e bestie” e nel secondo veniva richiamato
“il dovere altamente umano e civile, di provvedere ormai al risanamento della Città in cui una parte
della popolazione agricola vive in immonde caverne”. Lo statista bresciano, vivamente im-
pressionato, non aveva potuto fare a meno di prevedere, nel disegno di legge speciale
per la Basilicata presentato di lì a poco al Parlamento (approvato dopo la sua morte e
divenuto legge il 31 marzo 1904, con il n.140) alcune disposizioni volte a consentire
i primi interventi di risanamento, che riguardarono i “due profondi valloni , il Caveoso e
il Barisano, che raccolgono non solo le acque di scolo dei terreni sovrastanti, ma anche le materie di
rifiuto delle abitazioni” (così la Relazione al Parlamento del Ministro dei Lavori pubblici, il
lucano Emanuele Gianturco, del febbraio 1907).
Fu tuttavia con il secondo dopoguerra che esplose lo scandalo. Prima attraverso le
pagine del Cristo di Carlo Levi (1943), che fecero subito il giro del mondo, come para-
digma della miseria e della arretratezza, poi, nella campagna elettorale del 1948, con
l’impietosa denuncia del leader comunista Togliatti, ed ancora, proprio settant’anni
fa, con la visita del Presidente del Consiglio De Gasperi e la conseguente iniziativa
legislativa.
Questa certamente, “mobilitando le migliori energie della cultura urbanistica e architettonica
del tempo per fornire una risposta alle esigenze degli abitanti che non potevano più essere soddisfatte
nelle grotte” ‒ afferma Cettina Lenza ‒ fu all’origine “dell’altra città, la città borghese svilup-
patasi nel Piano Regolatore di Luigi Piccinato e soprattutto la città contemporanea”.
In effetti, in quegli anni, Matera guadagnò un posto importante nella conside-
razione nazionale ed internazionale, soprattutto per l’inedito scenario che si apriva
con il reinsediamento degli abitanti trasferiti dai Sassi nei nuovi rioni, concepiti e
costruiti anche con l’obiettivo di offrire una diversa prospettiva di vita ai braccianti
agricoli, che l’assegnazione di tre ettari di terra, secondo le disposizioni della Legge

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Giampaolo D’Andrea

stralcio (la n. 841 del 21 ottobre 1950), trasformava in coltivatori diretti. Anche grazie
alla presenza di Adriano Olivetti (presidente dell’Istituto nazionale di urbanistica, ma
soprattutto commissario dell’UNRRA-Casas), sociologi, antropologi ed economisti
guardarono con vivo interesse all’esperimento che, anche con il sostegno dell’Am-
ministrazione USA, si stava ponendo in essere, superando riserve e scetticismi ini-
ziali. Mentre urbanisti ed architetti raccoglievano di buon grado la sfida legata alla
realizzazione di sette nuovi borghi e rioni in aree esterne, ma contigue, rispetto alla
espansione conosciuta fino a quel momento dalla città.
Solo in un secondo momento si sarebbe cominciato a riconsiderare il tema del
futuro dei Sassi, attraverso un dibattito oscillante tra lo svuotamento radicale, la mu-
sealizzazione ed il ritorno acritico all’insediamento contadino, mentre l’abbandono
rischiava di compromettere qualsiasi successiva destinazione.
Finché la legge n.1403 del 15 dicembre 1971 (che modificava la legge n. 126 del
1967, relativa al risanamento e alla tutela storico-artistica) e la legge n. 771 dell’11
novembre 1986 (che introduceva nuove norme per la conservazione ed il recupero
storico artistico dei Sassi e la salvaguardia dell’altipiano murgico) stimolarono nuovi
approcci e rafforzarono la consapevolezza della necessità di tracciare un percorso
realistico condivisibile, aprendo la strada rispettivamente al Concorso Internazionale
per la realizzazione di un progetto organico di recupero ed al concreto avvio degli
interventi.
Sforzi destinati a trovare, dal 1993 in poi, proprio nella sfida UNESCO un cam-
po di verifica particolarmente impegnativo, che impresse una svolta determinante e
conclusiva anche al dibattito che, dopo una lunga stagione di vivace confronto, aveva
ripreso a porsi l’obiettivo di indicare finalmente una strada percorribile per il recu-
pero degli antichi rioni, all’interno del nuovo assetto urbano della città, almeno per
sottrarli ad un destino di degrado irreversibile, che cominciava a profilarsi in quegli
anni.
Anche perché − ammonisce ancora Luigi Fusco Girard con Francesca Nocca
− “una volta attivati i processi di declino, si innescano circuiti viziosi che, dal livello ambientale,
influenzano, ad esempio, quello sociale e poi quello economico (e così via), accelerando il processo
di degrado stesso”. Mentre proprio “la conservazione e la valorizzazione di questo paesaggio
caratterizzato da una particolare bellezza diventa il fondamento di una nuova strategia di rigene-
razione della vitalità e dello sviluppo del ‘sistema’ Matera”, naturalmente alla condizione di
riuscire a “mettere creativamente in relazione simbiotica bellezza ed economia”. Con l’obiettivo
“di ridurre contemporaneamente le condizioni di povertà/disuguaglianza, di preservare la vitalità
degli ecosistemi naturali e di garantire una crescita economica inclusiva” (Martina Bosone, Luigi
Fusco Girard).
In questa prospettiva può essere riletto e recuperato, almeno nelle sue espressioni
migliori, il confronto sviluppatosi a partire dalla fine dell’Ottocento, a patto di farne
oggetto, come correttamente suggerisce Angela Colonna, forte della sua esperienza
alla guida dell’Osservatorio previsto dalla Legge n. 77 del 2006 (Misure speciali per
i siti italiani UNESCO), di “una narrazione consapevole e orientata, che relativizza le narra-
zioni/storiografie prendendo coscienza delle associazioni tra narrazioni e contesti che le hanno pro-

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Presentazione

dotte”. La stessa cautela si rivela, per altro, utile anche con riferimento ai più recenti
sviluppi, compresi quelli originati dal dibattito sul Piano di Gestione del 2014 e dalla
stessa messa a punto del dossier di candidatura a Capitale Europea della Cultura.
Rosa Anna Genovese evidenzia il positivo contributo del Comitato Italiano ICO-
MOS e della Fondazione Zétema, con l’attivazione di “processi di partecipazione collettiva
della popolazione materana [...] risultati fondamentali per la rinascita della città”. Mentre Tere-
sa Colletta richiama il valore documentario degli apparati cartografici ed iconografi-
ci, e soprattutto delle specifiche collezioni di immagini e vedute messe a disposizione.
E’ stato subito chiaro, per altro, che la riproposta centralità dei Sassi, postulasse
uno sguardo rivolto al futuro, non al passato. Non c’era spazio per ripiegamenti
nostalgici, né per suggestioni antropologico-letterarie; occorreva attualizzare in for-
me nuove i valori antichi, magari anche nel quadro degli obiettivi generali definiti
dall’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile e dal Global Report on Culture for Sustainable
Urban Development dell’UNESCO, “per i quali bellezza e paesaggio si incrociano in nome di
un diritto collettivo di un ambiente urbano umanizzato e per rispondere ad una nuova ‘domanda di
paesaggio’, come espressione di identità in grado di stabilire un senso di appartenenza e di coesione
fra gli abitanti” (ancora Cettina Lenza).
In questa prospettiva è necessario adottare strategie di recupero adeguate, che
tengano conto che ciascuna unità si sviluppa “con parti fuori terra in elevato o in pianta, in
questo caso per lo più in continuità con spazi scavati all’interno della roccia stessa, creando un amal-
gama di ambienti che dal punto di vista del recupero sono difficili da poter considerare e trattare in
maniera singola” (Ileana Corbi, Ottavia Corbi). Naturalmente non si potrà prescindere
da un’attenta valutazione dei fattori di rischio e di vulnerabilità (Alessandro Baratta,
Ileana Corbi, Ottavia Corbi), facendo anche tesoro delle esperienze che vengono
evocate, confrontate e ricostruite nei contributi di Maria Rita Pinto e Serena Viola
ed assumendo “il sistema insediativo come incubatore di creatività e innovazione, contesto in cui
sapere esperto e comunità negoziano un progetto di futuro”.
Con lo sguardo rivolto anche agli elementi identitari comuni tra Puglia e Basilica-
ta, Piergiuseppe Pontrandolfi individua nel “tratturo regio Melfi-Castellaneta la infrastrut-
tura portante di un progetto di valorizzazione turistica del territorio che privilegi il turismo lento ed il
turismo culturale, immaginando un percorso di conoscenza che attraversa longitudinalmente l’intero
comprensorio”, oltre i confini di province e regioni.
La complessa problematica relativa al rapporto tra strategie di recupero e di con-
servazione ed economie circolari trova spazio in un gruppo di contributi che eviden-
ziano, anche da diverse angolature, spunti ed indirizzi utilissimi ai fini della messa a
punto di strumenti di verifica della sostenibilità degli interventi “rigenerativi” propo-
sti o programmati.
Prendendo spunto da esperienze compiute nel recupero dei Quartieri spagnoli di
Napoli, attraverso un approccio multimetodologico, Raffaella Amistà e Maria Cer-
reta indicano nei processi di rigenerazione culture-led “il contesto di riflessione per attivare
strategie contestualizzate ed eco-innovative, in cui interagiscono diverse tipologie di attori (pubblici,
privati e sociali)”.
Il cambiamento del “valore sociale complesso” del patrimonio può essere mo-

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Giampaolo D’Andrea

nitorato, come suggerisce Anna Onesti, attraverso “una serie di criteri di valutazione in
relazione alla capacità del progetto di attuare sistemi energetici sostenibili e circolari, di stoccaggio
idrico, di usare materiali tradizionali locali, biomateriali o materiali riutilizzati, di ridurre rifiuti da
costruzione e demolizione, di preservare gli ecosistemi e arrestare/invertire la perdita di biodiversità,
facendo uso delle competenze locali e delle conoscenze intangibili, della tradizione”.
Partendo dalla considerazione che “gli ecosistemi urbani, intesi come interazione di com-
ponenti naturali, sociali e costruite, sono costituiti dalla simultanea interrelazione di processi umani
ed ecologici” (Pasquale De Toro, Silvia Iodice), viene delineata una proposta di “città a
scala umana, ossia la città che valorizza l’identità locale, la sua memoria, il suo patrimonio cultu-
rale e paesaggistico, gli spazi pubblici, la cooperazione tra cittadini” (Mariarosaria Angrisano,
Antonia Gravagnuolo).
È Martina Bosone a ricordare che il “valore intrinseco” di Matera risiede proprio
“nella particolare relazione tra terra, assetto fisico-spaziale ed abitanti, manifestatasi nel tempo come
capacità organizzativa, autopoietica e adattiva della società materana” e che “la cultura del riciclo/
riuso rappresenta una costante nell’evoluzione storica di questo sistema insediativo”.
Quanto al fronte delicato dei rapporti economici connessi ai processi di valorizza-
zione del patrimonio culturale, da Stefano Gizzi viene la raccomandazione di pun-
tare su “un’economia umanizzata, in cui l’uomo è al centro dei discorsi e delle attività economiche
correlate al mondo dei beni culturali e alla loro conservazione”.
Christer Gustafsson, richiamando la nuova Carta di Venezia e gli European Quality
Principles for EU-funded Interventions with Potential Impact upon Cultural Heritage (ICOMOS,
2019), individua il punto di partenza nello “sviluppo di una moderna strategia di conserva-
zione integrata, caratterizzata da salvaguardia e tutela, conservazione e restauro”.
Il riuso adattivo del patrimonio culturale connesso ad una trasformazione socioe-
conomica nella prospettiva del modello di economia circolare è il tema affrontato da
Christian Ost. Sottolineando che “il patrimonio culturale rappresenta una risorsa ricca di va-
lori, che permette la creazione di altri valori in un contesto di tempo e spazio”, evidenzia “i vincoli
particolari e specifici” delle strategie di conservazione ispirate dall’approccio circolare.
Molto interessante risulta l’approccio metodologico proposto da Albert Gerhards
a proposito del riuso adattivo delle chiese, con riferimento ad esperienze concreta-
mente realizzate soprattutto in Germania, con l’ipotesi di “spazi ibridi”‒ nei quali
mettere in collegamento memoria di una tradizione spirituale/religiosa e ricerca di
senso della società contemporanea ‒ naturalmente “coerenti con il valore intrinseco di que-
sti spazi sacri, e non in conflitto con esso”.
Mi è capitato di sottolineare altre volte che, se vogliamo scongiurare il rischio di
stravolgimenti, che è stato ed è sempre dietro l’angolo, dobbiamo saper ritrovare e
ricostruire negli antichi rioni una pluralità di presenze e di funzioni, coerenti con il
disegno complessivo da perseguire.
Quanto prima, potremo ancor più apprezzare la tensione ideale, la competenza
e la passione degli studiosi che si sono cimentati con le complesse problematiche
della rigenerazione urbana, con lo sguardo rivolto allo straordinario patrimonio sto-
rico-culturale della nostra città.
Grazie anche al prodotto di notevole valore che ci hanno lasciato in dono, la

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Presentazione

memoria della nostra civiltà millenaria potrà riproporsi nella continuità di vita del
presente, proiettandosi verso il futuro con nuove destinazioni d’uso, senza cancellare
le tracce del passato, ma senza esaurirsi in esse.

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INTRODUZIONI
THE HUMAN-CENTRED CITY DEVELOPMENT AND THE CIRCULAR
REGENERATION

Luigi Fusco Girard

1. Setting the scene


1.1 This book is about the circular human-centred regeneration of the Historic
Urban Landscape (UNESCO, 2011) of Matera.
HUL of Matera is interpreted as a complex dynamic system which includes the
ancient city, the new one with new peripheries, and the territory.
The human-centred paradigm was already proposed in the New Urban Agenda
of UN Habitat in 2016. But it has been strongly stressed by the European Union in
the last time.
During the European Year of Culture 2018, ISCEC, the International Committee
on Economics of Conservation of ICOMOS, has been engaged as an official member
of the EYCH2018 Stakeholders Committee. Specific proposals have been offered re-
garding the role of heritage assets as the entry point to implement the circular economy
model in cities.
Together with the National ICOMOS Committee of Italy, ISCEC organized an
International Conference in Matera in December 2018, to celebrate the 25th year of
UNESCO inscription of Matera Landscape in the World List and to better specify its
proposals for the EYCH18. The goal was to discuss, to harvest and to propose some
new ideas about a possible regeneration strategy of Matera in the perspective of the
circular economy: a “circular human-centred regeneration” (Fusco Girard et al., 2018) strate-
gy, grounded on the intrinsic value of the Matera landscape.
The book gathers the papers of participants. Most of these participants were mem-
bers of ISCEC. Some of them were also involved in a EU Horizon 2020 Research on
the re-use of heritage assets in the perspective of the circular economy (CLIC Project).
Many cities, and in particular many metropolitan cities in North Europe, are today
implementing the model of the “circular city”, as the reflection of circular economy into
the physical space/territory. Matera has a very long tradition in this direction, which
could become useful also for other cities, in particular for medium-little size cities.
The general thesis is that the “circular economy” is an economy of relationships in
which all economic values co-exist and co-evolve with ecological values and with so-
cial/human ones, thus allowing the implementation of a human-centred strategy (see
the chapters of Fusco Girard, Nocca and Fusco Girard, Bosone).
It offers also a way of thinking, a relational rationality.
Human-centred development strategy assumes − as its main goal − the dignity
of the human person and therefore the pursuit/implementation of its rights (health/

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The Human-Centred City Development and the Circular Regeneration

well-being, work, housing, services, quality of life, etc.) interpreted in a relational per-
spective, in order to achieve the human being flourishing. All technological innovations
should be human-centred.
In particular, all innovative technologies such as IoT (Internet of Things), AI (Ar-
tificial Intelligence), robotization, new bio-materials, etc., should be oriented towards
the above general goal.

1.2 In spatial terms, the human-centred strategy requires a human scale of proj-
ects in planning.
People and culture are at the centre of the circular human regeneration.
Projects should be able to transform abandoned and neglected heritage sites into at-
tractive places for people and also for creative and innovative activities, embracing the new
circular economy development paradigm.
The human-centred projects are grounded on culture: people and places can flourish
through culture. Culture shapes the way people live, work, produce, consume, transform...
It shapes the way the human being relates themselves to others and to nature. Culture
shapes the vision of life/world of the society because it is the lens through which the world
is interpreted. Preferences, needs, rights, which produces choices and behaviours, are in
relationship with culture.
Culture can be co-evolutive with the natural eco-system or in conflict with it.
The humanization project takes on the human scale in urban development: the physical
spatial structure of the historical centres of cities/districts/sites offers an example of this
human scale.
In particular, “places” are central “poles” in the human-centred city: the human scale of
the city is implemented through a multipolar production of “places”, as spaces in which a
particular set of values/meanings are concentrated and recognized. A well-known example
of places are squares.
The “square” is the unique expression of the European ‘relational space’. The square
(for example the Italian “piazza”) represents the expression of public and private interests
balance: the implementation in the space of human rights in a relational dimension. In the
city history, squares are central public places which oriented the dynamic evolution of cities
over centuries. They reflect the ‘spirit’ of cities. Historic “squares” are the central public
spaces which can be identified as the best project of the human beings in the relational
dimension.
The ‘square’ is the place of mixed functions: commercial, civil, cultural, productive,
religious. Its attractive capacity is enhanced by the co-existence of conflictual opposites: an-
cient/new architectures, man-made/natural capitals, material/spiritual values, etc. Thus,
the square becomes the ideal space from which the human-centred regeneration can be
implemented, re-building the sense and meaning of ‘being together’ in a community.
Beauty is the general characteristic of historical landscapes and places. Beauty can be
considered as an entry point for implementing the “human scale” of urban development.
Beauty is a regenerative force and energy able to generate positive economic, so-
cio-cultural and environmental impacts.

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Luigi Fusco Girard

Beauty “opens” to a relationship with others and with ecosystems, towards less con-
flictual and more cooperative attitudes contributing to inclusion, reducing fragmentation,
social atomization and fostering collaboration (see the chapters of Fusco Girard and Noc-
ca; Onesti).

1.3 In the above perspective of the circular human-centred economy, the heri-
tage/landscape regeneration becomes a multiplier of values, in analogy/imitation
of natural systems, where every living organism not only consumes resources/energy
for its life and development, but in turn, being related to other living organisms,
contributes to nourishing their life, providing a flow of services. In conclusion, in the
circular human-centred regeneration, each site should be transformed into a living
system.
The general condition is that each activity should be integrated into a systemic
perspective with other activities, through symbiotic relationships/exchanges. The
starting point of the above regeneration strategy is the identification of the “intrinsic
value” of the city system.
This intrinsic value offers a vision and a direction for the urban development
strategy. In the book many values of the Matera Historic Urban Landscape are exam-
ined by different authors. The “intrinsic value”, linked to the very long history of
Matera, is proposed as the general value which could orient choices in the regenera-
tion human-culture led strategy. The “intrinsic value” of the Matera landscape is the es-
sential meaning of heritage assets, the intangible value which represents the ground
for other values, which has shaped the built asset/spaces during many centuries and
regenerate them together with other social, cultural, symbolic, art ones etc. This “in-
trinsic value” has attributed to the cultural heritage its authentic vitality during the
time and also its capacity to promote the accumulation of multiple relationships. It
can offer today a coherent and effective direction for the circular human-centred city
development of the Matera system.

2. The circular economy and the complex notion of value: the “intrinsic value”
The circular economy is inspired, learns and mimic the circular functioning
of natural ecosystems, characterized by multiple interdependencies. The Circular
Economy pursues instrumental values together with the conservation of the “intrin-
sic values”. It is oriented to the co-evolution between the current economy and the
nature economy. The current economy is the economy of use values and market
values. The nature economy is the economy founded on ecology and the “intrinsic
values” of natural ecosystems. In the circular economy the notion of value is a com-
plex and systemic one: economic, social and ecological value.
The notion of complex value in the circular economy expresses the “relational
value” that generates and regenerates connections, in a dynamic reciprocal process.
The intrinsic value is able to re-generate itself and also, for this reason, to gen-
erate other instrumental and use values (as social, environmental, economic ones).

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The Human-Centred City Development and the Circular Regeneration

Reflecting the specific, unique, irreproducible character and meanings/signifi-


cance/identity and the beauty of a place, it determines a sense of “connection” be-
tween different subjects and between community and manmade capital (landscapes
or monuments). There is a “circular” relationship among them.
This “intrinsic value” certainly expresses the “spirit of places” (Norberg-Schulz,
1980), being connected to the permanence of tangible and intangible elements over
the long time and to cooperative behaviour.
The role of “intrinsic value” is essentially to help not only to identify a coherent
(with its history) functional regeneration for certain cultural heritage/site, but above
all to orient local development, both in its tangible and intangible components, thus
combining the conservation of roots with a dynamic and innovative development.
This value reflects the essential structure capacity of a system, as the condition for struc-
turing other components end/or sub-systems to reduce entropy, and to increase order.
In other words, the intrinsic value of a living system expresses the re-generative
systemic capacity, which is the condition of the generative capacity (of external ef-
fects) and also of the resilience.
Bio-ecological systems are characterized by “intrinsic value”: this is a value in it-
self that reflects its auto-poietic, self-production and self-organization capacity (Faber
et al., 1995; Turner, 1993; de Groot et al., 2012; Ehrlich and Roughgarden, 1987).
The natural resource “earth”, for example, has an intrinsic value, that is different
from any use and instrumental values. It is independent from man existence and
dependent only on its autopoietic potential.
It means, on the one hand, to recognize that the phenomenon of value does not
arise only from the relationships between a resource and the human beings.
In other terms, this value is not something exclusively subjective, linked to the dy-
namic relationship between human beings and nature, to the relationships between a
subject and an object/resource. It is something that also “exists in itself ”, regardless
of the utility for the human being, and therefore from aims and intentions of men.
Existing before the presence of man, it could be recognized as an “objective” value.
The heteropoietic aspect is linked to the use values by the human beings.
In conclusion, the circular economy approach gives rise to a notion of value that
is intrinsically “complex”: it is an ecological, social and economic value.

3. Towards the “intrinsic value” of the cultural landscape of Matera


system for the human-centred strategy
The above can be extended − within certain limits − from natural ecosystems
also to cultural/ landscape/heritage assets, also if the cultural assets are not a capital
characterized by a bio-ecological vitality in the strict sense.
In Matera this “order structure” reflects ancient circular organization processes,
similar to bio-ecological system functioning (see the chapter of Fusco Girard and
Nocca). This intrinsic value, or this organization structure, is the soul of the city, which
generated its specific profile/identity and its specific landscape during many centu-

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Luigi Fusco Girard

ries. It should be updated, conserved and should orient the human-centred regener-
ation of the city/territory system.
The intrinsic value is the essential significance of an asset/space/site which was
(and will be able) to remain in the urban system as a vital permanence in the con-
tinuous dynamic changing context.
It is an order structure for the city dynamic, able to orient the city development
towards a specific direction.

References
CLIC (Circular models Leveraging Investments in Cultural heritage adaptive reuse),
Horizon2020 project, grant agreement n. 776758, www.clicproject.eu
Groot R., Brander L., van der Ploeg S., Costanza R., Bernard F., Braat L., Christie
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itage Centre, Resolution 36C/23, www.whc.unesco.org/uploads /activities/docu-
ments/activity-638-98.pdf

17
THE EUROPEAN YEAR OF CULTURAL HERITAGE 2018 AND MATERA
EUROPEAN CAPITAL OF CULTURE: TOWARDS THE INTEGRATION
OF BEAUTY, ECONOMY AND FAIRNESS

Luigi Fusco Girard, Antonia Gravagnuolo

1. The ISCEC perspective for the EYCH 2018: integrating beauty, econo-
my and fairness
ISCEC – International Scientific Committee on Economics of Conservation of ICOMOS
(www.iscec-icomos.org) actively participated in the Stakeholders’ Committee for the
European Year of Cultural Heritage 2018 (EYCH, 20181) during a series of coordination
meetings that contributed to identify the strategies and contents of the Year. The key
message of ISCEC for the EYCH 2018 is related to the integration of three funda-
mental elements of European culture and sustainable development model:
- beauty, understood as an attribute of our natural and cultural sites that conveys
unique identity to “places”;
- economy, intended as the generation and distribution of economic value generated
through useful productive activities for communities’ prosperity;
- fairness, that relates to ensuring equal access to resources (natural, cultural, finan-
cial…), opportunities and human rights to present and future generations.
The emerging circular economy model is exactly directed towards this sustainable
development perspective, since it focuses on cooperative and symbiotic models for
the conservation of material resources in the long-term, on economic growth and
jobs creation, on reduction of pollutants and emissions for enhanced human health,
nature regeneration also through nature-based solutions in cities. Circular solutions
can regenerate beauty and integrity of places, cities and landscapes, overcoming
environmental and social fragmentation and enhancing fairness, to conserve beauty
and ecological diversity as a resource for economic growth and wellbeing.
Beauty, economy and fairness could become more and more reciprocally integrated
adopting the new circular economic model. The integration of beauty, economy and
fairness has the potential to drive a new European development model based on the
circularization of processes: exploiting synergies in the business/financing sector, in
the social, cultural and institutional dimension through innovative public-private-civic
partnerships.
Circular economy is able to implement this reciprocal integration between beauty,

1
  European Parliament (2017) DECISION (EU) 2017/864 OF THE EUROPEAN PARLIAMENT AND OF
THE COUNCIL of 17 May 2017 on a European Year of Cultural Heritage (2018), Official Journal of the Euro-
pean Union.

19
The european year of Cultural Heritage 2018 and Matera European Capital of Culture:
towards the integration of beauty, economy and fairness

economy and fairness because it conserves the quality of the natural/cultural environ-
ment. In the same time, it produces new jobs and economic wealth.
Beauty determines an “attractive force field” which stimulates the localization of
new economic activities and an increase of the existing ones. In few words, beau-
ty generates economic wealth and new employment, which practically reduces ex-
isting social inequalities providing life opportunities and healthy places to live “for
all”. Beauty, in the same time, modifies the relationships between the human beings,
because it opens the mindset and contributes to move towards the human scale of
sustainable development. The unique beauty of European cultural landscapes and
cultural heritage is correlated to enhanced wellbeing and human health.
In the perspective of the circular economy, cultural heritage can produce new
wealth both directly, through new use values which meet demand and supply, both
indirectly, through relational values, which get the foundation of symbiotic processes
and in turn generate added economic, social and environmental values. In this way,
cultural heritage can contribute to subvert the negative environmental and social
dynamics which affect our times, by stimulating synergies and symbioses, in front of
the loss of relationships, and by regenerating cultural diversity, common memories
and identity, in front of globalization process.
Local communities are fundamental in cultural heritage valorisation, as they con-
tribute both to understand and to share its complex values, reinforcing their percep-
tion and enhancing the real availability to pay for conservation.

2. Beyond Matera European Capital of Culture 2019: towards a regenera-


tive development model in the longer term
Matera has achieved significant results as European Capital of Culture 2019, enhanc-
ing cultural and creative activities linked to the unique cultural heritage of the city
and its surroundings, engaging with local population by fostering civic pride and
community bonds. The large events and resources available for the ECoC need to
become the seed of a cultural regeneration that goes far beyond the aims of the year.
Linking with the post-EYCH 2018 “Framework for Action on Cultural heritage” (European
Commission, 2019), the follow up of Matera 2019 should be structured in two com-
plementary lines of action for heritage-led and culture-led longer-term sustainable
development:
- the advancement of scientific research on the multidimensional impacts of cultural
heritage and landscape conservation and regeneration;
- the cultural commitment towards a renewed civic culture and civic responsibility.
Thus, the ISCEC interpretation concerns in particular the following main ele-
ments:
1. Landscape beauty as driver of human health, wellbeing/well-living and of eco-
nomic shared prosperity, in a perspective which goes “beyond tourism”;
2. Heritage conservation/regeneration in the perspective of the circular economy:
implementation of innovative circular business, financing and governance models;

20
Luigi Fusco Girard, Antonia Gravagnuolo

3. Civil culture and civic responsibility as the necessary condition to achieve sustain-
able development.
These are key conditions to conserve, safeguard, regenerate and valorise cultur-
al and natural heritage and make it a driver of sustainable development strategies.
Through knowledge production and a renewed civil culture, new business opportu-
nities can be exploited in the perspective of the civil economy / sharing economy /
circular economy. New circular financing models can be experimented, particularly
in the field of impact financing, as well as new circular governance models, based on
the notion of “heritage as commons” (e.g. the Italian experimentations of municipal
civic agreements for commons management) (Fusco Girard and Gravagnuolo, 2017;
Gravagnuolo et al., 2018).
This is particularly linked to the “Innovation” objective of the EYCH 2018.
The recently established European Partnership on Culture & Cultural Heritage in the Ur-
ban Agenda for the EU could give an impulse for innovation in the field of cultural and
natural heritage conservation, regeneration and valorisation, to support the transi-
tion towards a circular economy model through heritage regeneration.
Many new researches are needed. The Horizon 2020 “CLIC” research project
(www.clicproject.eu) has proposed a Task Force on “Circular models for cultural heri-
tage adaptive reuse in cities and regions” to analyse and improve knowledge together
with other Horizon 2020 research projects (www.clicproject.eu/taskforce).
Matera should become a good practice in this field, linking with its unique circu-
lar model generated over centuries (Fusco Girard et al., 2019).

3. Landscape beauty as driver of human wellbeing, well-living and health


To achieve the innovation objectives posed by the EYCH 2018 for the years to
come, it is worth to explore the correlations between landscape beauty and human health,
generating evidence base through applied research of the great and complex benefits
arising from landscape regeneration: enhancement of physical and mental health of
people, enhancement of personal and community wellbeing, promotion of well-liv-
ing, as the Italian model of “human development”.
Growing consensus exists on the finding that participating in cultural activities
has a positive impact on human health, by reducing costs for the community and
increasing the perception of wellbeing (Sacco and Teti, 2017). Similarly, landscape
beauty has a positive impact on human mental and physical health, by enhancing the
relationships between people and places, people and stones, people and environment.
Although the linkages between landscape beauty and human health have not
yet been widely investigated, positive correlations can be found. For example, these
relationships can be explored starting from UNESCO World Heritage Sites that are
unique cultural landscapes providing many services and benefits to local communi-
ties. The research can be enlarged to other territories to test the assumptions through
data collection and analysis, producing empirical evidence of the impacts of landscape
beauty on human well-being and health.

21
The european year of Cultural Heritage 2018 and Matera European Capital of Culture:
towards the integration of beauty, economy and fairness

4. Heritage regeneration in the perspective of the circular economy: inno-


vative circular business, financing and governance models
“The characteristics of cultural heritage and landscape pose significant challenges for its gover-
nance” (Rojas, 2016; Pereira Roders, 2016). But there are some contradictions. “The
sites recognized as cultural heritage are increasing; the costs for functional maintenance/reuse/re-
generation are growing, while public resources available are becoming scarcer, and private actors are
increasingly focused on the short time for payback (European Commission, 2014, 2015). “The
consequence is that there is a growing risk that the decay of heritage increases year by year, because
lack of funding support” (Fusco Girard and Gravagnuolo, 2017).
Cultural heritage is an example of hybrid resource between market and public
institutions, general interest and specific interest, collective and personal dimension.
Cultural landscape is a hybrid between nature and culture. The perspective of cul-
tural heritage as a “common good” opens new innovative forms of business, financ-
ing and governance, more effective to conserve/valorise cultural heritage together
with social and natural environment, applying the subsidiarity principle in the gov-
ernance of common goods.
Cultural heritage management as “common good” (Council of Europe, 2005)
can be promoted through an aesthetic “care community”: a sense, meanings, values
community that recognises the intimate qualities of heritage and contributes to eco-
nomic, inclusive, resilient development. Without financing channels, the decay of
European heritage and landscape will increase, until its irreversible loss.
Innovation is here interpreted in the perspective of the circular economy. Com-
mons and circular economy are interrelated: the circular economy offers a co-evo-
lutive perspective in conservation / management of the heritage, imitating nature
auto-poietic processes.
The closure of the cycles and short circuits of proximity are a key factor of circu-
larization in cities and regions. “Closing the loops” (Ellen MacArthur Foundation, 2012)
in a circular economy refers not only to the research of multi-functionality and si-
multaneously of the maximum flexibility, but also to the identification of forms of
selective demolition, reduction of waste transport costs, recovery of all unused/un-
der-used spaces and their transformation into places of circular economy: co-working,
co-housing, commons management, therefore in proximity spaces; maximization of
complex social value in the long term; attention to the impacts of requalification with
only tourist function that does not keep the intrinsic characteristics of the heritage in
the long time; attention to the recovery of the relationship between tourism and the
recovery of waste products (closure of production-consumption-waste cycles).
“The circular economy ‒ (that allows the conservation of use-values for an indefinite period
through the regeneration of resources) ‒ generates economic benefits in terms of increase of produc-
tivity, social benefits in terms of employment and minor costs of access to goods, also thanks to social
enterprise, and ecological benefits in terms of reduction of greenhouse gases and resource consump-
tion” (Fusco Girard and Gravagnuolo, 2017).
Cultural heritage and landscape regeneration is a way to implement a circular
economy model in cities and regions, also reducing land consumption. As stated in

22
Luigi Fusco Girard, Antonia Gravagnuolo

Fusco Girard and Gravagnuolo (2017), it realizes in practice many circuits of the
theoretical circular model:
- reduction of materials use - reducing the need of new land and buildings;
- reuse and shared use of existing goods with new functions;
- maintenance of existing goods (buildings, cultural landscape) ensuring longer life;
- energy recovery – valorising the embodied energy and using renewable energy
sources;
- re-creation of value through the use of parts of existing (ancient, historical) build-
ings (refurbishing / remanufacturing;
- recovering of water resources.

5. Civil culture and civic responsibility as necessary condition to achieve


sustainable development
Culture has a central role in the achievement of sustainable development: without
a culture of responsibility, the Goals of the UN 2030 Agenda for Sustainable Development
(UN, 2015) remain unattained.
The major challenges of sustainability, from issues of climate change to pover-
ty alleviation, from improving productivity to social inclusion, are interdependent.
These challenges call for and require strong commitment from the Scientific and
Academic Institutions. “Science becomes the very heart of sustainable development strategies”,
the UNESCO Director-General recently pointed out. This requires the develop-
ment of approaches, methods and technical tools that are the result of new scientific
knowledge, which push for reconfiguration of didactic paths, scientific research and
the same vocational training.
“The challenge of sustainability is won or lost in the city” has been repeatedly noted.
Indeed, the New Urban Agenda agreed in Quito (UN, 2017) suggests a series of indi-
cations to achieve sustainable development in the concrete space of cities. This New
Urban Agenda, while reaffirming the call to the category of responsibility, introduces
the idea of civic responsibility (§ 156), after emphasizing the central role of culture
(§ 124).
The regeneration of the city certainly requires technical and technological inno-
vations. But it also requires the regeneration of the “civic culture” of its inhabitants.
How can we think of building a society/city where we work together, live together,
cooperate to achieve common goals if there is no civic education? If you do not
promote diffusion of ideas on building active citizenship, attention to the common
good, self-organization, subsidiarity... If there is no shared direction, common sense?
A fruitful collaboration between schools and also universities and society/city/
territory is need. It relates to virtuous circularity between the so-called “ivory tower”
and the city, for forming conscious, aware, free and responsible citizenship, thus citi-
zens capable of critical judgment.
To implement this vision, the times after Matera 2019 ECoC and post-EYCH
2018 should become an ongoing, comprehensive laboratory, experimenting in vivo a

23
The european year of Cultural Heritage 2018 and Matera European Capital of Culture:
towards the integration of beauty, economy and fairness

hybrid approach, in which cultural heritage becomes engine of community relation-


ships. This approach sees cultural landscapes as place of synergies between artists,
architects, firms, enterprises, third sector associations, financing bodies, institutions
with the objective of producing both aesthetic and social values. Cultural heritage
becomes driver of new forms of communication between culture and community,
regenerating both the material culture, giving it new life and social bonds, rebuilding
a climate of trust and cooperation in cities and communities.

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25
MATERA, CITTÀ DEL SISTEMA ECOLOGICO UOMO/SOCIETÀ/
NATURA: IL RUOLO DELLA CULTURA PER LA RIGENERAZIONE
DEL SISTEMA URBANO/TERRITORIALE

Luigi Fusco Girard, Claudia Trillo

1. Matera, Capitale Europea della Cultura: il contesto generale


Il tema di “Matera, Capitale Europea della Cultura”, si colloca in un contesto
particolare italiano ed europeo. La scena generale oggi esistente è stata ed è tuttora
oggetto di numerose interpretazioni, riflessioni, analisi.
L’esperienza europea delle Città Capitali della Cultura ha riguardato ormai da
più decenni molte città: ha moltiplicato la discussione sugli impatti nelle diverse
dimensioni, ha promosso valutazioni ex post sui benefici netti rapportati agli inve-
stimenti iniziali, ha suggerito migliori approcci e soluzioni, ecc.
Come la cultura può diventare motore di sviluppo locale? Con quali approcci,
strumenti ed a quali condizioni?
In effetti, la cultura rappresenta la creazione umana per eccellenza. È il modo
con il quale l’essere umano si rapporta all’altro, al mondo ed alla natura. La natu-
ra fornisce le risorse che servono al funzionamento del sistema socio-economico,
nonché tutti i servizi che consentono la vita. La cultura dà forma al modo con cui
si vive, si lavora, si trasforma, si produce, si consuma.
La cultura (rappresentata dai valori, dalle idee, dalla produzione artistica, scien-
tifica, normativa, ecc.) è la prospettiva con la quale l’uomo interpreta il mondo e
le proprie aspirazioni, preferenze, bisogni, diritti, obiettivi da cui discendono scelte
e comportamenti concreti. La stessa percezione di benessere ovvero di malessere è
correlata alla cultura corrente.
La cultura corrente può essere assonante rispetto alla dinamica evolutiva dei
sistemi naturali, ovvero può essere in conflitto con essa. Per esempio, la cultura
dell’“usa e getta” rappresenta una prospettiva tutt’altro che co-evolutiva tra siste-
ma socio-economico e sistema naturale.
La celebrazione di Matera Capitale Europea della Cultura significa dunque ce-
lebrare e valorizzare un approccio human-centred allo sviluppo locale. Al centro non
ci sono le imprese ma le persone, gli abitanti, i cittadini e la loro cultura.
Cultura ed umanizzazione sono affatto interdipendenti: l’uno rinvia all’altro e
viceversa.

2. Il volume nel contesto generale


2.1 Il volume, attraverso i capitoli redatti dai diversi autori, offre non solo una

27
Matera, città del sistema ecologico uomo/società/natura: il ruolo della cultura per la rigenerazione del sistema urbano/territoriale

lettura critica del sistema Matera, ma vorrebbe anche offrire qualche possibile pro-
posta, esplicitando delle tesi, o almeno qualche direzione di azione più concreta di
sviluppo soprattutto (ma non solo) sul piano culturale, che è quello fondamentale su
cui si muove l’ICOMOS.
Questo appare come un tempo nel quale occorre ri-costruire. Non si tratta di
ricostruire infrastrutture, ma di rigenerare vitalità e speranza, in un contesto di cre-
scente “crisi di sistema”, di crisi di fiducia, o meglio di crisi da mancanza di senso
condiviso, di un orizzonte di significato verso cui muoversi... Questo dovrebbe essere
il tempo di scelte responsabili e non dettate dall’emozione. Da esse dipende la co-
struzione (o meno) di un futuro desiderabile per noi e per i nostri figli ed anche per
la casa comune Terra. E quanto sopra dipende dal modo di pensare, dalla mentalità:
dalla cultura corrente.
Questa è l’epoca delle innovazioni tecnologiche: tecnologie innovative come
l’intelligenza artificiale, la robotizzazione, la digitalizzazione collegata con l’Inter-
net delle cose, avranno un fortissimo impatto non solo sul lavoro, sull’economia, ma
anche sugli stili di vita, sulla mentalità stessa delle persone, sul modo di ragionare,
di relazionarsi rispetto agli altri e rispetto alla natura. Ci si deve domandare se esse
promuovono o meno uno “sviluppo umano integrale e sostenibile”, un miglioramento del
benessere/qualità della vita... Cioè se promuovono un processo di umanizzazione della
realtà. Ovvero se non ci conducono all’esatto contrario, alla sua negazione.
Invero, da diversi anni ormai il modello di sviluppo locale ha preso il nome della
smart city. Si tratta di un modello che si presta a molte diverse interpretazioni, che van-
no dalla città intelligente alla città imprenditoriale, alla città attrattiva ecc. Ma il filo
rosso che collega tutte queste definizioni è rappresentato dalle innovazioni tecnologi-
che, soprattutto digitali: è la città piena di sensori, schermi, software, fotocamere, che
raccolgono una quantità incredibile di dati che grazie all’Internet delle Cose produce a
sua volta tanti nuovi dati. Questi, con l’Intelligenza Artificiale, si possono elaborare per
meglio gestire i servizi, dai trasporti alle infrastrutture sanitarie, scolastiche, ecc.
La città smart è insomma la città nella quale le innovazioni tecnologiche determi-
nano le forme dell’abitare, del vivere, lavorare, stare insieme nel tempo libero, ecc.
In un certo senso, la città smart è espressione del neoliberismo economico e tecno-
logico, con la sua straordinaria fiducia nelle capacità delle innovazioni tecnologiche
nel far fronte ai problemi della nostra società.
Ma oggi questo neoliberismo sta mostrando tutti i suoi limiti.
Se si crede alle previsioni dell’IPCC sul cambiamento climatico, ci sono solo 11
anni per evitare processi irreversibili. Ciò mette fortemente in discussione il benesse-
re e la qualità della vita delle giovani e delle future generazioni e richiede l’adozione
immediata di strategie di medio-lungo termine.
Inoltre la critica si riferisce alla indifferenza rispetto alla crescita delle disugua-
glianze sociali tra chi è incluso e chi è al margine ovvero è escluso dai processi di
generazione e distribuzione della ricchezza; alla indifferenza rispetto alla partecipa-
zione democratica alle scelte strategiche, ai tanti diritti proclamati retoricamente e
non garantiti concretamente...

28
Luigi Fusco Girard, Claudia Trillo

2.2 Questa dell’umanizzazione si configura dunque come una questione (non solo
culturale) fondamentale dei nostri tempi. Occorre promuovere la convinzione che
l’innovazione tecnologica, di per se stessa ambivalente come tutte le cose dell’uomo,
ci può portare al bene ma anche al male. Essa non possiede cioè un valore in sé e
per se stessa, ma un valore strumentale nei confronti della realizzazione del bene
comune, (ovvero della realizzazione di un bene per tutti). Occorre che l’innovazione
tecnologica sia orientata in questo senso, verso la realizzazione della dignità di ogni
persona, come recitava già la Carta dei Diritti dell’Uomo del 1948 (United Nations,
1948) nonché la nostra Carta Costituzionale.
Quale progetto strategico sul piano (innanzitutto) culturale da proporre nel dialo-
go /confronto con la città/società? Quale approccio?
La valorizzazione/gestione del patrimonio/paesaggio culturale come “bene co-
mune” rappresenta un importante punto di ingresso verso la scala umana dello svi-
luppo. Il rapporto tra spazi pubblici e spazi privati nella città storica esprime una
creativa mediazione tra interessi particolari e bene comune/interesse generale, al
contrario di quanto avviene nelle nuove periferie con case torri e grattacieli standar-
dizzati, omologanti, privi di identità, di capacità di stimolare la creazione di comu-
nità.
Il patrimonio culturale conservato/gestito come “bene comune” può configurarsi
come una “infrastrutturazione connettiva” che aiuta a superare la cultura centrata
sull’Ego, invece che sul Noi, capace di ri-generare relazioni che diventano legami: tra
memoria e futuro, tra tempo breve e tempo lungo, tra “valori intrinseci” e “valori
strumentali”, tra tradizione ed innovazione, tra abitanti e luoghi, tra capitale manu-
fatto e capitale naturale, tra creatività e responsabilità.
Questo cambiamento di paradigma verso l’umano rappresenta la sfida della Nuo-
va Agenda Urbana delle Nazioni Unite.

2.3 Una ulteriore riflessione sul cammino dell’“umanizzazione” riguarda il tema


dell’economia. L’economia attuale dimostra che è sempre più incapace di ridurre le
disuguaglianze sociali, le tante marginalità, nel senso che produce ricchezza sempre più
per pochi, e marginalità per un numero crescente di soggetti; è incapace di ridurre gli
impatti negativi sugli ecosistemi naturali. Inoltre è divoratrice di risorse naturali, con
conseguenti sprechi/sottoutilizzi o sovra-utilizzi. L’organizzazione della produzione di
ricchezza economica non promuove relazioni né comunità. Essa consuma le relazioni,
riducendole a quelle del solo scambio mercantile, contribuendo alla frammentazione
sociale ed all’isolamento/solitudine di ciascuno nei confronti degli altri.
Occorre muoversi nella direzione di trovare delle risposte e delle nuove proposte
a quanto sopra, nella organizzazione dei processi di produzione del valore. Ciò co-
stituisce la tematica di riflessione/proposta dell’ISCEC-ICOMOS, ad intra e ad extra.
Occorre sottolineare che la stessa crisi ecologica dovuta soprattutto al cambia-
mento climatico trova le sue radici nell’economia corrente, tutta fondata sul petrolio,
sull’iperconsumo e sullo spreco di risorse naturali. C’è una generale sottovalutazione
(in politica, nella società, nel mondo della produzione, ma anche nell’opinione pub-

29
Matera, città del sistema ecologico uomo/società/natura: il ruolo della cultura per la rigenerazione del sistema urbano/territoriale

blica) dei rischi che quanto sopra comporta, ed in particolare del rischio che la crisi
possa trasformarsi in vera e propria irreversibile catastrofe.
Non c’è affatto la percezione che il tempo delle scelte è ormai molto ridotto a
pochi anni. Non si tratta di essere pessimisti ovvero ottimisti e di conoscere sul se-
rio quanto sta succedendo nell’ecosistema complessivo da cui dipendiamo. E della
responsabilità che quanto sopra comporta nelle scelte di oggi da parte di ciascuno
(come soggetti privati, pubblici, sociali), soprattutto di quelle che si riferiscono alla
produzione, distribuzione e recupero del valore.

3. La bellezza come filo conduttore del testo


Il filo conduttore che è comune, e che comunque si presenta con maggiore fre-
quenza nei diversi contributi nel volume, è rappresentato dalla “bellezza”.
La bellezza del paesaggio di Matera è costituita dalla bellezza del suo sito naturale
e storico, nonché dalla bellezza della produzione artistica: dalle sue chiese rupestri
(S.M. de Idris, S. Lucia alle Malve, Madonna delle Virtù, ecc.) alle sculture e pitture
incorporate nelle molteplici architetture civili e religiose.
È la bellezza affatto particolare, che riflette ed evoca una storia antica, fatta anche
di sofferenza e di povertà, come già rilevava Carlo Levi, a proposito della “anima”
di Matera.
Si può fare riferimento a questa prospettiva particolare, fondata non solo sulla
qualità dello spazio fisico e del territorio, ma vista in una prospettiva a molte di-
mensioni, che comprende quella economica, quella sociale/culturale e quella am-
bientale. Essa è un punto di ingresso attraverso il quale promuovere una strategia di
sviluppo “umano” e “sostenibile”.
Questa bellezza connota invero, con diverse combinazioni, tutto il territorio e ne
esprime la particolare identità, facendo la differenza con altre aree geografiche nella
competizione regionale ed internazionale.
Nel testo si mette a fuoco, direttamente ed indirettamente, un aspetto particolare,
e cioè il rapporto tra bellezza, utilità economica e dimensione sociale, essendo la
maggior parte degli autori dei diversi contributi componenti dell’ISCEC.

3.1 La capacità generativa della bellezza tra valori intrinseci e valori


strumentali
È ben noto che la bellezza produce (ovvero “è generatrice di”) valori econo-
mici, ed insieme sociali, culturali, ambientali, estetici e civili.). La bellezza può
diventare essa stessa un fattore dello sviluppo anche economico di un sito. Il turi-
smo, per esempio, trasforma i valori estetici di un sito in valori economici. Questa
“capacità generativa” della bellezza è alla base della “strategia per la città bella”,
già sperimentata a Parigi nello scorso secolo e poi rielaborata Ottawa, Vancouver,
Barcellona ecc.
Zeleny rilevava che essa comunica un senso di completezza che deriva dalla per-

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Luigi Fusco Girard, Claudia Trillo

cezione che alcuni attributi/criteri sono soddisfatti al massimo livello (Zeleny e Huf-
ford, 1992).
La bellezza nasce come riflesso non tanto di proporzioni geometriche, quanto
piuttosto di componenti sistemiche e dinamiche: è collegata a processi ri-generativi. Ri-
conoscevano che la bellezza è il riflesso di una struttura organizzativa dove le singole
componenti si integrano reciprocamente (circolarmente), come nei sistemi viventi
(Turner, 1993; Zeleny e Hufford, 1992; Maturana e Varela, 2001; Costanza, 1991;
Costanza et al., 2014).
Quanto sopra significa riconnettere la bellezza ai “valori intrinseci” che riflettono
l’armonia ecosistemica, nel senso di riconoscere che essa riflette la capacità autopoie-
tica degli ecosistemi
Questa interpretazione della bellezza si riallaccia al sistema di rapporti tra strut-
ture fisiche e la vita che in tale contesto si svolge: cioè anche in rapporto ad una
dimensione umana/sociale.
Già alla fine del ’500 il Botero aveva sottolineato questa “capacità generativa” della
bellezza delle città, definendola come una “virtù attrattiva”: “…la bellezza delle città…
delle piazze, dei palagi …contribuisce alla grandezza della città…” (Botero, 1588).
La bellezza è percezione che ogni elemento è interconnesso con tutti gli altri de-
terminando un senso di unità/unitarietà tra tutte le parti e l’insieme: tra antico e
nuovo, tra manufatto e natura, tra elementi tangibili ed altri intangibili. La bellezza
si vede, ma anche si ascolta, si sente con l’olfatto. Non è mero abbellimento (effimero
e decorativo) della realtà, ma è la risultante della varietà e della pluralità di elementi
dinamici tra loro interrelati che danno vita ed energia ad un ambiente/sito.
La bellezza produce valori sociali ed economici perché crea occupazione, ma
anche rapporti interpersonali, riduzione del senso di isolamento, senso di comunità,
capitale sociale ed attrae la localizzazione di attività, stimola il potenziamento di
quelle già esistenti e scoraggia la loro delocalizzazione, contribuendo allo sviluppo
sociale, nonché a costruire la “buona vita” della comunità, offrendo una apertura
relazionale (e non conflittuale) tra soggetti: stimolando un senso di co-appartenenza,
di collaborazione, co-evoluzione.
La bellezza non è qualcosa di “inutile”, ovvero un “lusso” da “rinviare” a tempi
migliori, per esempio a quando ci sarà maggiore ricchezza, come suggeriva l’ap-
proccio di molti economisti, a partire da Maynard Keynes allorquando scriveva che
“almeno per altri cento anni dobbiamo pretendere da noi stessi, e da chiunque altro, che il brutto è
bello ed il bello è brutto, perché il brutto è utile, mentre il bello non lo è” (Keynes, 1936).
Infatti essa aumenta la produttività del capitale manufatto, come già sottolineava Gal-
braith negli anni ’70 (Galbraith, 1974), allorquando parlava della “via italiana allo sviluppo”.
Ma essa non va intesa come qualcosa di utile solo in senso meramente mercantile.

3.2 Come conservare la bellezza?


Come conservare nel tempo e nello spazio la bellezza? Ed innanzitutto: quale
rapporto tra economia e bellezza?

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Matera, città del sistema ecologico uomo/società/natura: il ruolo della cultura per la rigenerazione del sistema urbano/territoriale

L’economia “tradizionale” è stata fonte di elevata entropia (Georgescu Roegen,


1971; 1976). Basta pensare alle tante montagne di discariche (legali ed illegali) di
rifiuti che danneggiano il paesaggio; ovvero alle speculazioni immobiliari, all’edilizia
abusiva nelle aree di riconosciuta qualità paesaggistica ecc.
Questo rapporto conflittuale nasce dal dualismo tra “valori intrinseci” e “valori
strumentali” del paesaggio/patrimonio culturale.
L’economia corrente trascura che il fondamento dei “valori economici” è proprio
nei “valori intrinseci”.
Il modello offerto dall’economia della natura, ovvero l’“economia circolare”, vie-
ne qui proposta come l’economia del XXI secolo, come il nuovo modo di produrre
valore in una Terra abitata da 9 miliardi persone. Essa valorizza il paesaggio e nello
stesso tempo genera prosperità economica. Occorre un modello alternativo, cioè un
modello di economia circolare, che si ispiri ai processi auto-organizzativi naturali. La
qualità del paesaggio, cioè la sua bellezza, dipende dalla densità dei processi circolari,
che evitano sprechi, non usi o sottoutilizzi, e quindi deposito di rifiuti/scarti ecc.
In definitiva, l’economia circolare (introdotta dalle Nazioni Unite nell’Agenda
2030 con l’obiettivo 12) si configura come una economia co-evolutiva, che cioè non
confligge con l’economia della natura, e quindi con la sua bellezza.
In conclusione, la grande sfida della rigenerazione del sistema città/territorio si ritiene
sia fondata adottando questo punto di ingresso alla realizzazione del modello circolare.
La attuazione del modello di economia circolare nello spazio concreto delle città
rappresenta la prospettiva a cui riferirsi oggi, se si intende promuovere piste operative
capaci di far fronte alla sfida della umanizzazione.
Come detto sopra, il modello circolare offre una nuova visione per orientare le
strategie e le azioni: economia circolare come economia delle relazioni, delle siner-
gie, delle simbiosi, della cooperazione. Ci sono numerose buone pratiche di econo-
mia circolare che dimostrano che cooperare conviene da un punto di vista economi-
co, sociale e ambientale.
Ma a quali condizioni?
L’economia circolare è legata alla gestione dei beni comuni. Nella nostra società,
caratterizzata da forte frammentazione, i beni comuni, attraverso una loro gestione
decentralizzata, possono generare/rigenerare relazioni, produrre minore de-coesione,
reti e “reti di reti”, che possono servire da “collante”, cioè da “infrastruttura connettiva”, ca-
pace di “tenere più unita” la società (oggi altamente frammentata), creando e rigeneran-
do legami e relazioni (Fusco Girard, 2018). Considerando che il patrimonio culturale
rappresentato per esempio dai centri storici è caratterizzato da una scala umana che
riflette la cultura europea della dignità della persona e dei diritti umani realizzati in una
prospettiva relazionale/sistemica, quanto sopra significa contribuire con una prospet-
tiva particolare anche alla sfida dell’umanizzazione. La rigenerazione del patrimonio
culturale/paesaggistico si configura insomma come un originale punto di ingresso alla
attuazione della economia/città circolare, che fa la differenza con l’approccio asiatico
(fondato sulla ecologia industriale) e quello americano (fondato sulle innovazioni tecno-
logiche) e recupera nel contempo lo “spirito” stesso della cultura europea.

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Luigi Fusco Girard, Claudia Trillo

3.3 Struttura e contenuti del volume


Il volume nasce dall’intento di capitalizzare la produzione di conoscenza resa
possibile attraverso il Convegno Internazionale “Matera, città del sistema ecologico uomo/
società/natura: il ruolo della cultura per la rigenerazione del sistema urbano/territoriale” e di ren-
derla trasmissibile oltre l’orizzonte temporale del convegno, attraverso un’ulteriore
riflessione critica degli autori.
Il volume consolida il concetto che Matera non è soltanto un luogo eccezionale
da visitare, un sightseeing turistico iscritto nel patrimonio dell’UNESCO, un modello
di “eco-città”. Matera, per la sua capacità di proporsi quale modello di resilienza
rispetto agli shock che ne hanno caratterizzato il declino e la successiva rinascita, per
la sua straordinaria efficienza nel declinare limitatezza dei mezzi a disposizione e ap-
propriatezza delle soluzioni ideate, è anche un modello, cioè qualcosa di replicabile
altrove, al fine di direzionare gli sforzi verso gli Obiettivi di Agenda 2030.
Il volume si articola in quattro sezioni:
1. Matera: da “vergogna nazionale” a paradigma di rinascita;
2. Conservazione integrata del Patrimonio culturale e naturale, strategie e tecnolo-
gie innovative;
3. Patrimonio e sostenibilità: conservazione integrata ed economia circolare;
4. Una prospettiva internazionale.
La progressiva apertura verso una generalizzazione del caso Matera nella dire-
zione del paradigma dell’economia circolare ribadisce la tesi che la città dei Sassi è
considerata un punto di riferimento per una proposta, piuttosto che un semplice, sia
pur eccezionale, sito. La tesi è che la bellezza di Matera nasce dalla materializzazione
di un raffinato equilibrio tra produzione e consumo. Matera può essere considerata
un caso paradigmatico di sviluppo sostenibile “circolare”, utile ad ispirare l’azione di
decisori politici di altre città, purché intenzionati ad accettarne le regole e ad abban-
donare la logica dello spreco.
Apre la raccolta di scritti, nonché la prima sezione, il testo Matera: caduta e rinascita,
orrore e bellezza, successo e destino, di Pietro Laureano, Presidente di ICOMOS Italia,
autore del Rapporto per l’iscrizione dei Sassi di Matera nella “Lista del Patrimonio
dell’umanità  UNESCO. Il contributo condensa un sapere ampio e non scontato,
inquadrando il ruolo di Matera in relazione a grandi temi: il paesaggio come teatro
della civiltà umana, la morfologia urbana come espressione materiale di matrici inse-
diative sociali e di scelte ecologiche, lo scontro ideologico tra progresso inteso come
sfruttamento razionale delle risorse VS capacità di adattamento alle sfide ambientali
ed economico-sociali. All’interno di questa riflessione, Laureano posiziona chiara-
mente Matera con un paio di passi-chiave, spiegando in modo chiaro perchè Matera
non è “soltanto” un luogo bello e una perla iscritta nella “Lista” dell’UNESCO, ma è
anche un paradigma culturale che contiene in nuce una vision per il futuro.
Matera era un modello di sviluppo in contrasto con l’approccio produttivistico e
come tale rappresentava una minaccia. Ma il mondo dovrebbe guardare al “modello
Matera” con attenzione.
Matera può indicare una strada, può (di)mostrare come la resilienza di un am-

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Matera, città del sistema ecologico uomo/società/natura: il ruolo della cultura per la rigenerazione del sistema urbano/territoriale

biente fisico e di una comunità possa fondarsi su un paradigma di sviluppo non ne-
cessariamente improntato alla logica del consumo bensì basato sulla circolarità dei
meccanismi di produzione.
L’idea di “bellezza necessaria”, ovvero di qualità intrinseca sia alla funzionalità delle
cose che al modo di organizzarle da parte delle strutture sociali che le vivono, risulta
perfettamente materializzata nella forma fisica, nel paesaggio di Matera: “La bellezza
nelle società tradizionali è una qualità intrinseca alla funzionalità e alle concezioni condivise. Fonda-
ta sull’uso di materiali locali e canoni precisi è una bellezza necessaria, connaturata al mantenimento
dell’ecosistema complessivo e intrinseca all’assetto sociale in cui arte e lavoro, produzione e svago, vita
e spirito non sono disgiunti”.
La lettura del testo di Pietro Laureano lascia più convinti che l’estetica non sia
un argomento di discussione da salotto ma un imperativo e che la bellezza possa ef-
fettivamente essere strumentale a favorire la convergenza di obiettivi di sostenibilità
ambientale e socio-economica in un’ottica di produzione circolare.
Il contributo di Luigi Fusco Girard e Francesca Nocca La rigenerazione della città di
Matera nella prospettiva dell’economia circolare, che rinforza la tesi che il paesaggio di Mate-
ra riflette una secolare coevoluzione tra uomo/natura/cultura, reiterando il concetto
di circolarità quale matrice concettuale e metodologica del riuso sostenibile. Come
fermare, o rallentare, o invertire i processi di declino? Come affrontare l’entropia
sempre più accelerata?
La conservazione e valorizzazione del paesaggio caratterizzato da una particolare
bellezza diventa il fondamento di una nuova strategia di rigenerazione della vitalità
e dello sviluppo del “sistema Matera” evitando di ripercorrere una prospettiva di
sviluppo fondata solo sulla rendita urbana, come spesso è avvenuto nel Mezzogiorno.
Il contributo successivo Nuovo umanesimo e rigenerazione urbana: l’ economia civile tra
l’economia della Scuola francescana e l’economia circolare per la città prospera ed inclusiva di Mar-
tina Bosone e Luigi Fusco Girard si pone in continuità con questa visione di uno svi-
luppo human-centred, analizzando il fondamento storico che, partendo dal medioevo
con l’economia della scuola Francescana, ha segnato profondamente il pensiero di
economisti del XVIII secolo come Genovesi, portando all’elaborazione dei princìpi
fondamentali dell’Economia Civile, fino ad arrivare a costituire un elemento impre-
scindibile per tutte le recenti strategie di sviluppo emanate a livello internazionale.
L’Umanesimo ha rappresentato nella storia europea una vera e propria rivoluzio-
ne culturale: esso rappresenta una prospettiva che, evocando la nozione di umanità,
fa riferimento ad una serie di valori che rappresentano le basi per un progetto di
umanizzazione che esalti la fiducia nella intelligenza critica dell’essere umano, ma
anche nella sua intelligenza emotiva.
Il progetto di umanizzazione viene collegato alla prosperità economica, allo svi-
luppo inclusivo, ma anche al riconoscimento della priorità della persona sull’econo-
mia, alla capacità di lavorare insieme, cioè di cooperare, ed alla conservazione delle
condizioni ambientali.
Il trasferimento dei principi teorici in pratiche di azione sul territorio è oggetto
del contributo successivo, I Sassi di Matera: cambio di paradigma e gestione del patrimonio,

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Luigi Fusco Girard, Claudia Trillo

di Angela Colonna, titolare della Cattedra UNESCO in “Mediterranean Cultural


Landscape and Communities of Knowledge” presso l’Università degli Studi della
Basilicata nonché redattrice con Domenico Fiore del Piano di Gestione 2014-2019
“I Sassi e il Parco delle chiese rupestri di Matera patrimonio dell’umanità”. In questo scritto
abbiamo l’opportunità di ripercorrere l’impalcatura concettuale, dai “paradigmi” ai
“modelli” e da questi alle “narrazioni”, sottesa all’elaborazione del piano di gestione.
La modalità di predisposizione del piano e il piano stesso rimandano ad un approccio
chiaramente collaborativo e di co-produzione tra gli attori territoriali preposti ad at-
tivare politiche ed azioni, coerentemente con una logica partecipativa e di riscoperta
del senso identitario del luogo.
La vera sfida è di natura semantica: come ridare significato a forme svuotate dell’o-
riginaria funzione? “La modernità delle nuove infrastrutture a rete del Novecento modifica radical-
mente il sistema di funzionamento dei Sassi, come per altro avviene nello stesso periodo in tutti i centri
storici delle città. La forma dell’insediamento perde così il nesso con il suo funzionamento, come un
orologio a pendolo in cui venga sostituito il meccanismo con i pesi, con uno a pile, con l’esito di una
forma che non ha più la sua necessità come forma del corrispondente meccanismo di funzionamento”.
Il ri-uso come racconto di una nuova storia, co-prodotta con gli attori del cambia-
mento, è la strada per innescare una dinamica culturalmente sostenibile del riutilizzo
del patrimonio costruito, fondata sulla circolarità, allorquando la matrice insediativa
è ridotta a crisalide. I nuovi e diversi usi trovano una loro giustificazione nella rielabo-
razione semantica dei significati attuata attraverso la narrazione, proponendo diverse
interpretazioni corrispondenti ad altrettante identità di Matera: da “monumento” a
paradigma di futuro possibile attraverso il consolidamento dei saperi collettivi.
Il testo che segue, Matera unicum iconografico alla fine del Cinquecento di Teresa Colletta,
Professoressa di Storia della Città, esprime bene la correlazione tra bellezza, materia,
e l’importante ruolo culturale di Matera nella storia. La rappresentazione cartografica
ed iconografica quale modalità di interpretazione di una visione del mondo piuttosto
che immagine fedele della realtà si ripropone come chiave di decodifica di una serie
di splendide immagini, che ripercorrono i fasti di Matera e le vicissitudini della storia.
Esse risultano condensate nel concetto di patrimonio intangibile attraverso la memoria
degli eventi che oggi testimoniano, piuttosto che evocare, le ragioni e le radici della
bellezza di Matera. Nel campo dell’iconografia e cartografia urbana fin dagli ’90 sono
state portate all’attenzione degli studiosi specifiche collezioni di immagini e vedute. Tra
queste “scoperte” va annoverata la Raccolta del frate agostiniano Angelo Rocca: un
insieme di ben 78 immagini riguardanti le cinque province del regno meridionale negli
anni del viceregno spagnolo di Napoli e Sicilia alla fine del Cinquecento.
Chiude questa prima sezione il contributo Paesaggi urbani del Novecento: i borghi e i
quartieri di Matera tra diritto all’abitare e diritto alla bellezza, di Cettina Lenza, Professoressa
di Storia dell’Architettura. Vicenda ben nota nella cultura architettonica e urbanistica
italiana, purtroppo meno nota a livello internazionale, la ricollocazione della popola-
zione dei Sassi nei borghi di nuova costruzione rappresenta un tassello imprescindibile
per completare la riflessione su Matera come unico sistema urbano/territoriale (in co-
erenza con l’approccio della Agenda 2030 e della Nuova Agenda Urbana).

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Matera, città del sistema ecologico uomo/società/natura: il ruolo della cultura per la rigenerazione del sistema urbano/territoriale

Il testo di Lenza offre un’interpretazione del dibattito e delle scelte avvenute negli
anni successivi alla decisione di ricollocare la popolazione dei Sassi, alla luce del pa-
radigma urbanistico organicista ed in particolare del concetto di comunità e vicinato.
Il dibattito articolatosi attorno alla costruzione ed alla produzione di nuovi modelli
abitativi a cavallo tra tradizione e modernità viene letto attraverso la lente urbani-
stica-comunità di Adriano Olivetti, riconducendo pertanto la dialettica del dibattito
urbanistico nell’alveo del tema della sostenibilità sociale.
Tale approccio è affatto rilevante anche con riferimento alla categoria di Historic
Urban Landscape introdotta dalla Raccomandazione adottata dalla Conferenza generale
dell’UNESCO nel 2011. Come osserva Lenza, “tra i vantaggi offerti da tale categoria, (...)
rientra la possibilità di andare oltre i meri aspetti percettivi, per tenere conto tanto di elementi visibili
quanto celati (infrastrutture) o addirittura mentali (dimensioni associative), e di fattori sia materiali
che immateriali. Soprattutto, a differenza delle categorie di tutela, che legano i monumenti e gli am-
bienti a una fase, originaria o privilegiata, del loro sviluppo, o anche a più fasi, comunque concluse,
l’HUL, considerando il paesaggio urbano come organismo vivente, e dunque suscettibile di continui
mutamenti, sostituisce a un concetto statico di conservazione una più flessibile azione di controllo e
gestione capace di stabilire i gradi di modificazione compatibili con i valori accertati”.
Si propone dunque una lettura sistemica che consente di enucleare i valori an-
cora riconoscibili dei borghi e quartieri nella loro complessiva entità di sottoinsiemi
urbani. L’ipotesi è quella di una interpretazione in termini di paesaggio che possa
anche raccogliere la sfida della bellezza, nel senso di qualità dello spazio fisico, come
strumento per conciliare l’individuo e la comunità con il proprio ambiente di vita e
“punto di ingresso attraverso il quale promuovere una strategia di sviluppo umano e sostenibile”, al
fine di orientare mirate politiche di rigenerazione.
La sezione “Matera: da ‘vergogna nazionale’ a paradigma di rinascita” è seguita
dalla sezione “Conservazione integrata del Patrimonio culturale e naturale, strategie
e tecnologie innovative”, una raccolta di contributi che abbracciano strategie e stru-
menti per l’attuazione della conservazione integrata del patrimonio.
Apre la seconda sezione il contributo di Rosa Anna Genovese, Professore di Re-
stauro e Conservazione del Patrimonio Architettonico dell’Università degli Studi di
Napoli ‘Federico II’, Membro dell’ICOMOS Academy e Coordinatore dei Comitati
Scientifici Nazionali CSN ICOMOS Italia, col tema Dai ‘Cento anni per i Sassi di Ma-
tera’ alla città storica come polo di integrazione sociale e culturale.
Il saggio, prendendo in esame i contributi scientifici raccolti nel volume Cento anni
per i Sassi di Matera 1902/2002, si riferisce a Matera come esempio di rigenerazione
culturale e paesaggistica, in grado di mettere in moto nuovi processi di partecipazio-
ne con i quali costruire futuro.
Il Comitato Italiano ICOMOS e la Fondazione Zétema hanno attivato, attraver-
so la promozione di numerosi eventi culturali, processi di partecipazione collettiva
della popolazione materana, i quali sono risultati fondamentali per la rinascita della
città e lo sono tuttora per la sua valorizzazione.
Vengono anche qui descritti gli apporti culturali più recenti forniti dai Comita-
ti Scientifici Italiani, creati dal 2011 in ambito ICOMOS, nonché dai Congressi,

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Luigi Fusco Girard, Claudia Trillo

nazionali ed internazionali, promossi sulle ‘Strategie di conservazione integrata del


patrimonio culturale’. Gli obiettivi sono stati quelli di superare l’emergenza attraver-
so la ‘cultura della prevenzione’ dai rischi che incombono sul patrimonio culturale,
di accrescere il senso di appartenenza ai nostri territori, di sviluppare nuovi profili
professionali nell’ambito della conservazione e del restauro, integrando la storia, la
cultura e l’architettura del luogo (esprit du lieu) e salvaguardandone l’identità per ritro-
vare uno spirito unitario, basato su valori condivisi, come indicato da Papa Francesco
nella Sua Lettera Enciclica ‘Laudato Sì’: “E’ la cultura non solo intesa come i monumenti
del passato ma specialmente nel suo senso vivo, dinamico e partecipativo, che non si può escludere nel
momento in cui si ripensa la relazione dell’essere umano con l’ambiente”.
In tale ottica ‒ sottolinea Rosa Anna Genovese ‒ è possibile interpretare il sistema
Matera attraverso nuove strategie che si basano sul modello dell’economia circo-
lare ed, in particolare, sulla strategia operativa del riuso adattativo del patrimonio
culturale, sviluppando una ‘tecnica umanistica’ e l’umanizzazione dell’intelligenza
artificiale.
Il contributo Matera 2019. Patrimonio naturale e culturale: prevenzione dai fattori di rischio
di Sandro Baratta, Ileana Corbi ed Ottavia Corbi, Professori di Scienza delle Co-
struzioni, tratta una problematica molto frequente per i centri storici italiani, ovvero
come affrontare il rischio sismico. Gli autori propongono di articolare l’approccio
in una prima fase finalizzata alla formulazione di un quadro d’insieme, di carattere
speditivo. Nella prospettiva di una rivalorizzazione della città di Matera si profila
il ritorno degli abitanti nei Sassi e quindi sorge la necessità di procedere ad una
valutazione di insieme della idoneità delle fabbriche che, trovandosi esposte ad un
ambiente sismico, vanno preventivamente sottoposte nel complesso ad una valuta-
zione di vulnerabilità, a prescindere dagli interventi di consolidamento che potranno
eventualmente adottarsi in futuro (ma possibilmente evitarsi).
Nell’ottica dell’approccio circolare e dunque del riuso del patrimonio, tali analisi
sono cruciali, perchè supportano la scelte decisionali nella fase strategica, piuttosto
che rimandare la soluzione di problemi a fasi troppo avanzate per poter eventual-
mente individuare valide alternative.
Il contributo successivo, Matera 2019 Patrimonio naturale e culturale: modellazione mec-
canica dell’impatto del costruito storico sul territorio, di Ileana Corbi e Ottavia Corbi, illustra
i vantaggi di un approccio che consenta di effettuare delle preliminari valutazioni
sull’influenza di parti del tessuto urbano storico sull’ambiente mediante l’utilizzo di
adeguati e “maneggevoli” codici di calcolo. I benefici del metodo operativo proposto
sono considerevoli e, fornendo uno strumento previsionale, si inseriscono perfetta-
mente nelle nuove direttive internazionali sul recupero dei centri storici che (nell’otti-
ca dell’intervento di minimo impatto) pongono come priorità per la progettazione di
un qualsiasi tipo di adeguamento strutturale e sismico la necessità di salvaguardare il
valore storico e la autenticità di luoghi e manufatti di valore storico.
Con il contributo La valorizzazione del patrimonio culturale rurale. Elementi identitari per
nuove geografie territoriali tra Puglia e Basilicata, di Piergiuseppe Pontrandolfi, Professore di
Urbanistica e Pianificazione Territoriale, si amplia l’ambito geografico di riferimento

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Matera, città del sistema ecologico uomo/società/natura: il ruolo della cultura per la rigenerazione del sistema urbano/territoriale

a partire dalla considerazione che “la città dei Sassi si trova al centro di un unicum territoriale
e geografico definibile come sistema orografico bradanico delle Murge e delle Gravine Appulo Lucane,
con i Comuni di Massafra, Mottola, Castellaneta, Laterza, Ginosa, Gravina in Puglia, Altamura
ed i Comuni delle Valli del Basentello e del Bradano, fino a Melfi, Venosa e Lavello situate a nord
della Regione Basilicata”.
Il problema dello spopolamento e dell’abbandono delle aree interne del territorio
compreso tra Puglia e Basilicata apre una riflessione sul rischio di perdere territori ca-
ratterizzati da rilevanti risorse naturali e da spiccati e peculiari caratteri paesaggistici.
Pontrandolfi sottolinea l’importanza di creare reti di luoghi, dunque di considera-
re Matera come parte di un “territorio di progetto” che includa anche le cosiddette
aree interne periferiche ed ultraperiferiche. Oltre ad attivare nuove microeconomie
in luoghi altrimenti poco accessibili, il vantaggio di questo approccio al progetto
locale è quello di consolidare reti identitarie, fondato sul coinvolgimento degli attori
economici ed istituzionali, condizione imprescindibile affinché le politiche di valoriz-
zazione siano efficaci. Il nesso tra patrimonio tangibile e intangibile è evidente, dal
momento che “la struttura di connessione fisica è in grado di ancorarsi anche a fattori immateriali
quali gli elementi della cultura locale e dell’identità del territorio, alle aziende di produzione che
dovranno essere pronte a promuovere sistemi di rete a supporto del turismo nelle aree rurali. In tal
senso, l’attraversamento lento dei territori consente di riaccendere le relazioni tra le persone, ma anche
tra le persone ed i territori di residenza o di visita, tra i territori e gli elementi identitari storici a volte
perduti; relazioni importanti perché fattori di crescita sociale, economica e culturale duraturi”. Il
contributo contiene anche una proposta specifica che, a partire dal recupero e dalla
tutela attiva di una parte del patrimonio architettonico ed infrastrutturale rurale pre-
sente, individua nel tratturo regio Melfi-Castellaneta la infrastruttura portante di un
progetto di valorizzazione turistica del territorio che valorizzi elementi periferici del
territorio oltre che le centralità.
Gli ultimi due contributi della seconda sezione elaborano ulteriormente il tema
della correlazione tra rigenerazione, cultura e co-creazione tra gli attori del territo-
rio, attraverso casi studio che corrispondono ad altrettante esperienze di ricerca-azio-
ne in cui le autrici hanno avuto modo di verificare la validità delle tesi.
Il contributo Processi di rigenerazione urbana culture-led: un approccio multimetodologico per
i Quartieri Spagnoli, Napoli di Raffaella Amistà e Maria Cerreta, esperte in valutazio-
ni integrate per il patrimonio culturale e ambientale, offre spunti operativi e innovati-
vi nelle modalità di attivare strategie endogene di sviluppo territoriale, a partire dalla
sperimentazione che le autrici hanno elaborato per un quartiere in transizione della
città di Napoli, promuovendo la realizzazione di azioni per il cambiamento. Attivare
processi di rigenerazione urbana improntati rispettosi della cultura del luogo signi-
fica fare riferimento anche alla rete di tutti gli attori locali, sia pubblici che privati.
Attraverso il percorso metodologico strutturato per il caso di studio in esame, le au-
trici evidenziano le potenzialità di un approccio integrato per l’attivazione di scenari
sostenibili di sviluppo, suscettibili di positive interazioni con le logiche proprie dell’e-
conomia circolare.
Il contributo Cultura materiale e produzione artistica per la rigenerazione dell’ambiente co-

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Luigi Fusco Girard, Claudia Trillo

struito. La strategia di sviluppo promossa dal progetto Artists in Architecture, Creative EU di Maria
Rita Pinto e Serena Viola, Professoresse di Tecnologia dell’Architettura, esplora le
potenzialità del progetto d’arte come attivatore di processi endogeni di cambiamen-
to, attraverso una disamina di casi internazionali e infine discutendo un progetto
attuato intervenendo su alcuni immobili caratterizzati da valori tangibili e intangibili.
L’idea della “bellezza necessaria” ritorna nelle considerazioni finali delle autrici, laddo-
ve osservano che: “la bellezza è profondamente radicata nel contesto preso in esame, dall’agire
delle maestranze che hanno operato e operano nei sistemi insediativi: progettisti, capimastri, costrutto-
ri. Sono i modi di insediarsi sul territorio, di modificare lo spazio, di scegliere i materiali e lavorarli,
di disegnare il fluire delle aree e realizzare le soluzioni tecniche, che ne determinano le qualità. Le
condizioni e tempi di fruizione da parte della comunità, al contempo, segnano profondamente i luo-
ghi: le modificazioni indotte all’ambiente naturale, le trasformazioni operate sui sistemi antropizzati
segnano questo rapporto”.
La terza sezione, “Patrimonio e sostenibilità: conservazione integrata ed econo-
mia circolare”, si apre con il contributo Wellbeing, creativity, social inclusion. Circular rela-
tionships between art, people, place di Anna Onesti, Funzionario Architetto presso il Parco
Archeologico di Pompei, che si concentra sull’esperienza di Matera quale Capitale
Europea della Cultura, considerandolo un progetto pilota di riattivazione del patri-
monio culturale diffuso attraverso un complesso sistematico di attività culturali e arti-
stiche, finalizzate a rendere esplicito e rigenerativo il suo “valore sociale complesso”.
Il contributo suggerisce di avviare un processo di monitoraggio degli impatti generati
dal progetto Matera Capitale Europea della Cultura valutando, nel tempo ed a più
riprese, la variazione del valore sociale complesso del patrimonio culturale, al fine di
analizzare nel medio e lungo termine gli esiti del processo attivato.
La valutazione degli impatti delle iniziative ECoC (Città Europee della Cultura)
rappresenta un tema-chiave di questo volume, in quanto il paradigma della circola-
rità richiede un apprezzamento delle correlazioni tra diversi settori e cicli, piuttosto
che una focalizzazione sulla ristretta cerchia degli obiettivi specifici di progetto. Dun-
que, la riflessione su quale sia l’approccio appropriato a valutare le iniziative ECoC
assume una valenza ampia nel campo dell’economia dei beni culturali. Si tratta di
capire difatti quali siano le connessioni e le correlazioni tra gli effetti generati dagli
interventi sul patrimonio culturale sul sistema socio-economico ed ambientale gene-
rale. La scelta di assumere come cornice l’Agenda 2030 ed in particolare l’obiettivo 12,
legato alla circolarizzazione dei meccanismi di produzione e consumo, come matrici
per configurare la logica dell’argomento valutativo, richiede uno sforzo significativo
al valutatore, che deve ricostruire le catene logiche delle correlazioni la cui entità sarà
misurata mediante quantificazione degli indicatori.
Il contributo Obiettivi e indicatori per lo sviluppo urbano sostenibile: una proposta per Matera
di Pasquale De Toro e Silvia Iodice, esperti in valutazioni urbanistiche, propone di
applicare una griglia di valutazione del perseguimento dei 17 obiettivi di Agenda 2030
a Matera, al fine di monitorare ed apprezzare l’impatto delle azioni intraprese in
particolare attraverso il riconoscimento di Capitale Europea della Cultura. Gli autori
suggeriscono di interrogarsi “su quelli che sono stati gli effetti del percorso culturale attivato e

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Matera, città del sistema ecologico uomo/società/natura: il ruolo della cultura per la rigenerazione del sistema urbano/territoriale

quali nuove visioni, strategie e azioni possono essere necessarie nel prossimo futuro, tenendo conto di
idonei indicatori di monitoraggio che facciano riferimento agli SDGs proposti dalle Nazioni Unite
per delineare un percorso di rigenerazione e sviluppo urbano sempre più sostenibile e partecipato”. La
necessità di monitoraggio e valutazione discende dalla dinamicità degli ecosistemi
urbani, e difatti sebbene “la città di Matera si configuri come un perfetto esempio di ecosistema
urbano in cui si sono evoluti diversi cicli vitali” [...], “tuttavia gli ecosistemi urbani, nella maggior
parte dei casi, si configurano come delle fonti di vulnerabilità causate dal disequilibrio nella gestione
delle risorse e dalla presenza di flussi metabolici di tipo lineare, che determinano la formazione di
rifiuti ed emissioni non più immessi nuovamente nel sistema. Per questa ragione è necessario garantire
un’azione di controllo e quantificazione dei suddetti flussi attraverso la selezione di opportuni indi-
catori”. Il tema degli indicatori per il perseguimento degli obiettivi di sostenibilità (e
di circolarità) ad una scala ampia, che consenta di catturare le dinamiche e le ester-
nalità sul contesto generale delle azioni specifiche sul patrimonio, viene qui riportato
all’Agenda 2030, e si ricollega alla riflessione di Christian Ost sulla valutazione degli
impatti in chiave di economia circolare, inclusa nella terza parte di questo volume.
Il contributo “Closing the loop”: un modello circolare per la rigenerazione del sistema inse-
diativo di Matera di Martina Bosone, esperta in valutazione integrata del patrimonio,
innesta il concetto di circolarità all’interno di una più ampia cornice che include
diffusione della conoscenza e bene comune. In tal senso, “il recupero del sistema complesso
Matera va oltre una proposta legata solo ad un rilancio turistico- culturale, all’insediamento di atti-
vità creative e di industrie innovative o alla promozione di imprese sociali e solidali, ma trova il suo
fondamento nella connessione tra tutti questi elementi attraverso la ‘rigenerazione delle infrastrutture
connettive’ di cui è innervata la comunità, che sono il vero collante tra tutte le dimensioni del sistema
e il motore che regola le intensità delle connessioni e degli scambi tra queste”. Partecipazione
e coinvolgimento delle comunità giocano un ruolo chiave al pari della cultura nel
consentire l’attivazione di scambi di conoscenza, alla base del recupero sostenibile.
Il contributo L’approccio del Paesaggio Storico Urbano nella prospettiva dell’economia cir-
colare per il riuso adattivo del patrimonio culturale di Maria Rosaria Angrisano e Antonia
Gravagnuolo, esperte in valutazione integrata del patrimonio, ricuce insieme le te-
matiche della circolarità quale paradigma per l’attuazione dello sviluppo sostenibile,
del Paesaggio Storico Urbano quale nuovo bene comune e del riuso del patrimonio cul-
turale, proponendo le strategie individuate nell’ambito del progetto europeo “CLIC”
come possibile riferimento. La motivazione di inserisce perfettamente all’interno di
Agenda 2030: “date le urgenti sfide poste dal cambiamento climatico, e le opportunità che l’economia
circolare è in grado di offrire anche nel settore della conservazione del patrimonio culturale, è necessa-
rio un impegno crescente per individuare modelli di successo e formulare e raccomandazioni specifiche
per implementare modelli circolari nel riuso adattivo e, più in generale, nella gestione dell’enorme
patrimonio culturale esistente, a beneficio delle presenti e delle future generazioni”.
La quarta sezione si apre con il testo European Quality Principles for cultural heritage
interventions and conservation 3.0 di Christer Gustafsson, Professore ordinario di Con-
servazione presso l’Università di Uppsala, segretario generale dell’ISCEC (Comitato
Scientifico Internazionale sull’Economia della Conservazione) e membro della Task
Force dell’ICOMOS sugli SDGs. Il suo contributo analizza i Principi di Qualità Europei

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Luigi Fusco Girard, Claudia Trillo

Proposti per gli Interventi Finanziati dall’UE con Potenziale Impatto sul Patrimonio Culturale (Eu-
ropean Quality Principles for EU-funded Interventions with Potential Impact upon Cultural Heritage)
(ICOMOS, 2019) nella prospettiva dello sviluppo sostenibile e dell’economia circolare,
a partire da una strategia di conservazione integrata ed orientata ad uno sviluppo so-
stenibile e inclusivo, guidato dall’innovazione secondo i principi dell’economia circo-
lare. In questo contesto, si fa riferimento al progetto di ricerca Horizon 2020 “CLIC”
(Circular models Leveraging Investments in Cultural heritage adaptive reuse) che ha
l’obiettivo di analizzare approcci operativi di riuso adattivo del patrimonio culturale
secondo la logica dell’economia circolare (www.clicproject.eu).
Il rapporto tra attività culturali e servizi ad esse connesse porta alla definizione di
un approccio più sistematico per l’elaborazione di strategie basate su dati empirici e
su processi decisionali partecipati che favoriscano l’inclusione e la trasparenza.
Per quanto riguarda le scelte delle nuove funzioni da scegliere per i progetti di
riuso adattivo si sottolinea come il documento dell’ICOMOS attribuisca particolare
importanza alla compatibilità tra gli interventi, le caratteristiche del sito e le esigenze
della comunità locale che si prende cura del suo patrimonio.
Per l’attuazione e il monitoraggio di tali principi è necessario un approccio opera-
tivo supportato da strumenti di valutazione. Questo è quanto proposto dal contributo
Towards multi-criteria analysis for circular economy in adaptive reuse of cultural heritage di Chri-
stian Ost, già Rettore della Business School di Brussels e già Presidente dell’ISCEC,
noto esperto in campo internazionale di Economia del Patrimonio. Viene proposto
un approccio per la valutazione della circolarità del patrimonio, a partire dal model-
lo di valutazione della sostenibilità basato sui quattro pilastri della cultura, società,
economia ed ambiente. Con l’inserimento del patrimonio culturale all’interno del
complesso e olistico sistema tendente a perseguire la sostenibilità, la valutazione del
riuso/rigenerazione adattiva si colloca a sua volta in un contesto di valori molto più
ampio, indicando una prospettiva di integrazione degli indicatori per la valutazio-
ne degli interventi sul patrimonio culturale all’interno di una cornice più ampia di
quella ristretta al monitoraggio dei meri obiettivi di progetto. Le conclusioni del volu-
me riflettono sull’attuale sistema di indicatori proposto dalla Commissione Europea
a supporto della valutazione degli impatti delle iniziative sulle Città Europee della
Cultura, discutendo sul fatto che si può correre il rischio che al sistema di indicatori
elaborato per valutare gli impatti relativi agli obiettivi progettuali sfuggano proprio
gli aspetti fondamentali a comprendere gli impatti degli obiettivi dell’economia cir-
colare.
Il contributo successivo di Albert Gerhards Venticinque anni di dibattito sul riuso adat-
tivo delle chiese in Germania: riflessioni e prospettiv affronta il tema del riuso adattivo di una
particolare tipologia di risorse culturali e cioè delle chiese ancora officiate e quelle
dismesse, con riferimento ad esperienze concretamente realizzate. Nel testo si esami-
nano le diverse funzioni attribuite al patrimonio religioso rappresentato dalle chiese,
in un contesto generale (quello tedesco) che vede una crescente sovrabbondanza di
chiese rispetto alla popolazione ed alle vocazioni, ed una sempre più ridotta dispo-
nibilità finanziaria per sopportare i costi (crescenti) di manutenzione e di gestione.

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Matera, città del sistema ecologico uomo/società/natura: il ruolo della cultura per la rigenerazione del sistema urbano/territoriale

Si offre una ricca serie di esperienze pratiche da cui si possono trarre suggerimenti
operativi circa i criteri per la identificazione dei valori di uso più coerenti. Si sotto-
linea come, a parte usi non collegati con il culto (residenziali, terziari, produttivi,
ecc.) si possono identificare delle combinazioni di funzioni tra loro eterogenee, che
introducono il criterio degli “spazi ibridi”, nei quali cioè si mette in collegamento la
memoria di una tradizione spirituale/religiosa con la ricerca di senso della società
contemporanea. Si insiste sul fatto che comunque si dovrebbero rintracciare solu-
zioni rispettose dello “spirito dei luoghi”, ovvero del “valore intrinseco” degli edifici.
Questi due criteri ‒ “ibridazione” e “coerenza” con il “valore intrinseco” ‒ sono
trasferibili dal riuso adattivo del patrimonio religioso al riuso/rigenerazione di altre
tipologie di assetti culturali.
L’ultimo contributo è Questioni di economia dei beni culturali con un accenno al caso di Ma-
tera di Stefano Gizzi, esperto in restauro e gestione dei beni culturali, inquadra il tema
del finanziamento degli interventi di valorizzazione del patrimonio all’interno di una
ampia prospettiva internazionale. Gizzi sottolinea la necessità di stringenti modalità
di controllo del modello di sviluppo delle città d’arte in presenza di flussi notevoli
e improvvisi di finanziamenti, in quanto a volte, paradossalmente, essi “rischiano di
stravolgerne i connotati specifici. Alto è il pericolo che si venga a generare una nuova Disneyland,
come globalizzazione dei costumi e dei consumi e come omologazione che conduce alla perdita di una
identità culturale. È paradossale che alcuni siti abbiano conservato la propria genuinità fin quando i
flussi economici non sono giunti in maniera massiccia”. Con in contributo di Gizzi si conclude
la terza parte e la raccolta di scritti.
Nel complesso, il volume si presta ad una lettura di tipo ipertestuale, offrendo al
lettore diverse modalità di approccio, dal filosofico all’operativo. Resta l’impalcatura
concettuale di riferimento, che esprime nel titolo del convegno “Matera, città del siste-
ma ecologico uomo/società/natura: il ruolo della cultura per la rigenerazione del sistema urbano/
territoriale” la volontà di offrire attraverso l’esempio di Matera una nuova prospettiva
rappresentata dalla rigenerazione economica circolare attraverso la cultura.
Il capitolo conclusivo riconduce la pluralità di visioni in una sintesi teorico-ope-
rativa che mira ad offrire stimoli di ulteriore riflessione e domande aperte, più che
risposte al lettore, e al contempo suggerisce ulteriori spunti di ricerca operativa appli-
cabili, in particolare, nella pratica valutativa degli impatti generati dagli interventi sul
sistema rappresentato dal patrimonio culturale urbano/territoriale.

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MATERA: DA “VERGOGNA NAZIONALE”
A PARADIGMA DI RINASCITA
MATERA: CADUTA E RINASCITA, ORRORE E BELLEZZA, SUCCESSO
E DESTINO

Pietro Laureano

L’amnesia e il riemergere di un’idea, l’abbandono e la rigenerazione di una cit-


tà, Matera, l’apparire nel contemporaneo di un mondo primordiale, negato dall’af-
fermazione della società opulenta, eppure eterno presente nello scrigno segreto del
nostro più profondo pensiero. Qui il rimosso si svela prepotentemente rievocato dai
meandri di percorsi, rupi e caverne che compongono il suo inaspettato paesaggio,
specchio dell’io negato. È accaduto sotto i nostri occhi, nell’arco di una vita: dal pe-
riodo dell’esodo e dello spopolamento dei Sassi di Matera negli anni ‘50, con la scon-
fitta delle tradizioni e il trionfo della modernità, al riscatto dell’iscrizione UNESCO
del 1993 e il progressivo recupero urbano, fino a Capitale Europea della Cultura
2019. Tre decenni fa, quando le città italiane nella "Lista del Patrimonio dell’Uma-
nità" si contavano sulle dita delle mani e i Sassi erano il simbolo della vergogna e
della miseria, pochi lo avrebbero immaginato. L’idea-forza elaborata per il rapporto
di iscrizione UNESCO ricostruisce l’ecosistema geniale di Matera basato sull’archi-
tettura passiva delle caverne, la raccolta e l’uso parsimonioso dell’acqua, il modo
di vivere comunitario che dal passato lontano indica modelli alternativi alle società
affluenti e distruttive delle risorse locali. La nuova narrazione ricrea radici e identi-
tà e innesca un progetto di affermazione internazionale promuovendo il recupero
urbano e il benessere. Oggi la crisi globale, climatica, ambientale ed economica, e i
drammi sociali della povertà, le migrazioni e la distruzione delle diversità culturali
e biologiche rendono sempre più evidente i limiti dello sviluppo che ha determinato
distruzione dell’ambiente, estremi metereologici e collasso degli ecosistemi. Il ricorso
al pensiero e le realizzazioni dei popoli tradizionali e il modello di Matera contribu-
iscono al cambiamento di paradigma necessario per attuare la riconversione a un
esistere basato sulla integrazione natura e cultura.

1. Modello per un futuro remoto


“Il passato è davanti a noi perché lo conosciamo mentre il futuro è dietro le spalle in quanto ci è
ignoto”. Questo spiegano i Khoisan, antico popolo di cacciatori, raccoglitori dell’A-
frica meridionale. Essi accolgono con umorismo l’esortazione degli Occidentali di
avanzare spediti verso il futuro: “Come si può essere più ingenui, dicono, ci invitate a un pro-
gresso cieco mentre ciò che vediamo con chiarezza sono la nostra memoria e sapere”. Il passato, per
questo popolo, è guida ed esperienza per ogni azione. Essi vivono un sacro eterno
presente in armonia con la natura e in simbiosi con tutti gli esseri. La concezione è
in estremo contrasto con l’idea occidentale di un progredire ininterrotto rincorrendo
un futuro basato sul predominio tecnologico e la continua espansione. Emanuele

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Matera: caduta e rinascita, orrore e bellezza, successo e destino

Severino spiega come la modernità si fondi sulla riduzione meccanicista del mondo
e sull’idea di un tempo lineare, regno della tecnica, mentre i popoli nativi vivono
all’interno di un tempo ciclico in simbiosi con la natura (Severino, 1982, p. 236).
Così l’approccio filosofico dell’orientamento scientifico moderno consiste nella riso-
luzione dei problemi frazionandoli nelle più piccole componenti. È il riduzionismo
e meccanicismo scientifico che si è dimostrato di grande efficacia, sia a livello dei
risultati singoli e immediati sia a livello globale, realizzando la continua accelera-
zione del dominio e dei successi della tecnica a partire soprattutto dalla rivoluzione
industriale. Ma il mondo non è un insieme di fattori separati l’uno dall’altro: è frutto
di complesse relazioni. Non tenere conto delle conseguenze di ogni azione nei pro-
cessi di interazione naturali e sociali, in cui tutto è collegato nell’ecosfera del pianeta,
risulta inefficiente nel lungo periodo rispetto allo stesso singolo problema e distruttivo
rispetto agli equilibri generali. Il modo di pensare delle comunità tradizionali è un
rovesciamento di questo approccio e costituisce una lezione utile oggi nella ricerca di
nuovi paradigmi, pensieri trasversali, direzioni alternative. Questi possono derivare
proprio da quei luoghi e comunità che, considerati arretrati e messe ai margini dalla
modernità, sono il retaggio di esperienze antiche e portatrici di un pensiero olistico.
L’umanità è progredita in tutto il pianeta in un arco temporale lunghissimo so-
pravvivendo a situazioni difficili, catastrofi e modificazioni climatiche. Dobbiamo
ammettere che la grandissima parte delle acquisizioni su cui si basa la nostra attuale
esistenza è frutto di risultati conseguiti da società tradizionali e, in gran parte, nella
preistoria. È in questo periodo che fu realizzata la diffusione umana in tutto il piane-
ta, la selezione delle piante commestibili e medicinali, l’arte, la musica, le categorie
simboliche, le conoscenze ambientali, la scrittura, e anche sorprendenti soluzioni
adattate tra cui gli sci, gli occhiali da sole, la navigazione. Circa un milione di fa anni
fa gruppi di ominidi intagliarono nella pietra i primi perfezionati strumenti a caratte-
re bifacciale. 400 mila anni fa si diffuse l’uso del fuoco. Da 400 mila anni, secondo gli
studi genetici, a 200 mila, secondo i ritrovamenti, emerge la nostra specie chiamata
Homo Sapiens. Appaiono così le categorie simboliche, la decorazione, l’ornamento,
l’universo dei segni, la doppia articolazione del linguaggio, l’arte delle caverne. È la
nascita della cultura con la diffusione e trasmissione conoscitiva attraverso le genera-
zioni. Dai graffiti preistorici, alla stampa e l’elettricità fino alla completa interconnes-
sione contemporanea la storia umana è un continuo cammino verso la connessione
e la comunicazione. La famiglia, le prime forme di alleanza tra clan e comunità, il
vicinato, fino alla città, sono state le strutture sociali su cui si è basato questo pro-
cesso. L’arte, la spiritualità e il simbolo ne furono i custodi. La visione ipogeica cioè
dall’interno verso l’esterno, la capacità di sintesi sottrattiva dove il meno è meglio, la
sensibilità alle piante e agli animali, l’intuizione artistica e simbolica, il rispetto sacro
dei luoghi, il pensiero nomade, la percezione allargata, costituiscono l’eredità in tutte
le culture di questa impresa straordinaria.
Con la condivisione culturale la storia si accelera in modo vertiginoso attraverso
l’agricoltura, le prime città, la rivoluzione scientifica e tecnologica fino alla attuale
invasività globale e le modificazioni climatiche dovute all’azione umana. Il percor-

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Pietro Laureano

so, confrontato alla lunga storia del pianeta, è rapidissimo. Paragonando infatti i
4,6 miliardi della esistenza della Terra ad un anno solare, se il pianeta si fosse for-
mato il primo gennaio, gli avvenimenti presi in considerazione sarebbero avvenuti
il 31 dicembre alle 11 di notte. Gli ultimi 2 mila anni, corrispondenti alla nostra
era, sarebbero concentrati solo nei venti secondi prima della mezzanotte. La civil-
tà contemporanea, in soli 12.000 anni dalla prima sedentarizzazione e produzione,
origine della concentrazione ed esplosione urbana attuale, è arrivata a distruggere
gran parte delle specie e mettere in pericolo l’esistenza stessa della vita sul pianeta. Il
tumultuoso sviluppo, realizzatosi soprattutto a partire dalla era industriale e accele-
ratosi negli ultimi 70 anni ha sfruttato e consumato le risorse naturali. Quelle fossili,
petrolifere e minerarie e quelle biologiche con le distruzioni della flora e della fauna.
Il processo è giustificato dalla concezione meccanicista del mondo operata attraverso
il predominio della tecnologia e l’esautorazione di esperienze e pensieri alternativi.
Le più grandi trasformazioni trionfano proprio nei luoghi cardine della vita uma-
na, la città e l’architettura. La modernità richiede una forma urbana che non frappo-
ne ostacoli al consumo e al movimento, che occupa l’ambiente, non mettendo confini
alla sua espansione e divorando risorse da tutto il pianeta. Impone un sistema di
spazi regolari, gerarchici, scanditi da assi viari ortogonali prolungati su un territorio
indifferenziato connesso non da relazioni di familiarità e significato ma dalle grandi
reti di energia, di alimentazione e di mobilità. Con l’apporto dei grattacieli e dell’im-
mancabile centro di consumo firmato da un archistar questo modello trionfa oggi in
Asia e in gran parte del pianeta, dove ormai oltre la metà della popolazione è urba-
na, concentrata in agglomerazioni anche di 20 milioni di abitanti che non possiamo
più chiamare città. Lo spazio privato subisce lo stesso processo: cementificato, di-
pendente dalle grandi reti di approvvigionamento, meccanizzato, amorfo, spigoloso.
Gli individui, privi delle molteplici dimensioni del vivere, perdono la memoria della
forma originaria e con essa il rapporto con il proprio stesso io, l’identità personale
e collettiva, il corpo e il paesaggio. Solo nei luoghi, i paesi e le città storiche possia-
mo rintracciare la persistenza di un modello diverso che tramanda opzioni messe
ai margini dallo sviluppo ma oggi sempre più attuali: un’idea di esistenza che ha le
sue ragioni non nel consumismo ma nella sopravvivenza. È il modello delle società a
piccola scala, comunità autopoietiche che, nonostante il confronto soverchiante con
la modernità e il dramma dell’oblio, esprimono tenacia e resilienza come mostrano
le straordinarie vicende di Matera.

2. L’ecosistema urbano, specchio del cielo stellato, sintesi di Terra e Cosmo


La scarsità delle risorse, la necessità di farne un uso appropriato e collettivo, l’e-
conomia della terra e dell’energia, la produzione e gestione dell’acqua sono alla base
della realizzazione di Matera (Laureano, 1993). Le condizioni climatiche locali han-
no un andamento alterno e catastrofico, con precipitazioni concentrate in pochi mesi
dell’anno e stagioni aride, e impongono una gestione accurata dell’acqua non pre-
sente allo stato libero. La città dei Sassi di Matera non è posta nel fondo del Canyon

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Matera: caduta e rinascita, orrore e bellezza, successo e destino

della Gravina come dovremmo aspettarci se fosse questo a fornire la risorsa idrica,
ma in alto, lungo l’altopiano e i suoi pendi scoscesi. È infatti dal cielo che proviene
l’acqua dei labirintici complessi trogloditi. Sull’altipiano scavati nella roccia calcarea
sono ancora visibili i primi villaggi del Neolitico circondati da fossati organizzati con
canalette e cisterne dalla perfetta forma a campana, filtri e tumuli di pietra che, cap-
tando il vento, condensano l’umidità. Le acque delle colline retrostanti si riversano
lungo la linea tra il piano e il burrone. Questa area, fondamentale per l’intercettazio-
ne e l’incanalamento verso il basso, diventa il portale di ingresso dell’insediamento
rupestre e luogo simbolico, soglia del baratro. Qui, sugli spalti del mondo sotterra-
neo, al margine del regno ignoto dell’oltretomba le culture megalitiche, i Micenei,
i Pelasgi, le antiche genti di Pantalica, realizzavano l’Anaktoron, il tempio granaio:
meta del corteo, luogo di raccolta del dono e di celebrazione della unione sacra. Per
creare un ipogeo sul piano si scava in verticale dall’alto verso il basso, realizzando
un ambiente a fossa, scoperto verso l’alto e circondato da muri di roccia. Funge da
cava di pietra e impluvio per le piogge, forma l’atrio su cui si affacciano le camere
scolpite orizzontalmente nelle pareti verticali, diviene il cortile delle abitazioni e il
primo opificio rupestre. È il vicinato a pozzo, l’archetipo della casa a corte in mura-
tura. La corte rupestre ha sempre un lato in ombra, permette la vita all’aria aperta
pur restando protetta e nascosta alla vista. Le camere laterali ipogee sono ambienti
climatizzati, freschi d’estate e caldi d’inverno, utili al ricovero degli animali e alla con-
servazione degli alimenti. Dalle grotte si raggiungono altri ambienti a pozzo simili
collegati tramite i percorsi sotterranei. Il modello è tipico del Nordafrica dai tempi
dei Garamanti, i trogloditi descritti da Erodoto (Le Storie, IV, 31), di cui abbiamo
esempi a Matmatà in Tunisia e Gadames in Libia. È diffuso nei deserti dal Sahara
fino alle pianure aride cinesi ed è all’origine della casa a corte in muratura degli Egi-
zi, i Sumeri, il mondo classico e islamico. A Matera questo tipo di strutture ipogee
sono state realizzate sulla linea del piano, lungo tutto il Corso ai margini dei Sassi e
sono visibili ancora in parte in piazza Vittorio Veneto e nel vicinato a pozzo perfetta-
mente conservato di rione Malve.
La progressione dell’abitato segue il flusso naturale delle acque che da inghiottitoi
e doline naturali sul piano si riversano lungo i pendii del Canyon della Gravina dove
l’abitato si estende dall’alto verso il basso fino a quando lo permette il banco di roccia
tenera. Le sponde scoscese offrono il taglio verticale già pronto e si possono realiz-
zare le grotte scavando solo in orizzontale. Sfruttando gli spalti e i gradoni naturali,
si realizzano negli strati del calcare tenero più piani di grotte che si aprono su aie e
giardini collegati da un’intricata trama di percorsi, scale, canalette e cisterne. Duran-
te le piogge violente i terrazzamenti proteggono i pendii dall’erosione e convogliano
per gravità le acque. Nella stagione secca le cavità aspirano l’umidità atmosferica che
si condensa nella cisterna terminale degli ipogei. Lo scavo è effettuato con una incli-
nazione precisa per permettere al sole in inverno quando è più basso a mezzogiorno
di penetrare fino in fondo dove è sempre scolpita una nicchia fornita di ripiani. È un
orologio stagionale basato sul percorso del sole. Nella stagione calda il sole più vicino
allo zenit colpisce solo gli ingressi delle grotte lasciandole fresche e umide. Il vapore,

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Pietro Laureano

riscaldato dai raggi del sole, a contatto con la superficie fredda della pietra condensa
nella cisterna nel fondo della cavità. Il processo ha una funzione pratica, garantendo
climatizzazione costante e apporti idrici, e un significato simbolico. L’unione del sole
con la Terra crea il miracolo dell’acqua e della vita.
Sviluppando le originarie tecniche preistoriche viene creato nei Sassi di Matera
un sistema di habitat adattato, un’oasi di pietra che rende vivibile una zona brulla e
arida e costituisce un modello di riciclo e di sostenibilità (Laureano, 1995). Dalle due
doline più importanti sul ciglio dell’altipiano partono due drenaggi principali chia-
mati grabiglioni che forniscono terreno coltivabile e humus attraverso la raccolta dei
liquami. Essi drenano due grandi alvei del Canyon sui quali si formano i comparti
urbani chiamati Sasso Caveoso e Sasso Barisano. Al centro è la Civita, l’acropoli for-
tificata, l’ultima rocca in caso di pericolo, su cui nel XIII sec. è edificata la Cattedrale.
Le architetture di Matera si sovrappongono a più livelli sulle pareti del Canyon. Nel
Sasso Barisano e intorno la rupe della Civita sembra di vedere una città medievale,
con il suo campanile sommitale, o una montagna di torri incantate scolpite nel pae-
saggio di pietra e dirupi (Figura 1).

Figura 1 ‒ Matera: la Civita e il Sasso Barisano.

Ma ogni piano di stradine, abitazioni e tetti che compongono questa caotica fac-
ciata verticale ha nel retro la parete rocciosa entro cui si aprono un dedalo di ambien-
ti scavati, il corpo nascosto dell’entità primordiale. Questo aspetto è direttamente
visibile nel Sasso Caveoso dove, forse per la peggiore esposizione, l’evoluzione archi-
tettonica ha avuto nel tempo uno sviluppo minore e le aperture delle grotte non sono

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Matera: caduta e rinascita, orrore e bellezza, successo e destino

nascoste dalla facciata costruita e si aprono a vista sui terrazzamenti e stradine che
sono i tetti e i giardini pensili delle case sottostanti (Figura 2).

Figura 2 ‒ Matera: il Sasso Caveoso.

Nei Sassi la parte esteriore, solare, è solo l’aspetto superficiale di un volto segreto,
cavernoso, oscuro, immateriale e impercettibile. Ed è questa dimensione invisibile
che conta. Dalla roccia estratta scavando le grotte sono ricavati i conci di tufo di
calcare tenero di cui sono fatti gli ambienti costruiti. Camere a volta a botte, i lamioni,
prolungano all’esterno le due grotte terminali di un insieme di più aperture chiuden-
do a ferro di cavallo la radura terrazzata e determinando uno spazio protetto (Figura
3). Quello che era l’orto irrigato e l’aia pastorale davanti alle grotte si trasforma nella
corte, luogo delle attività della famiglia allargata e di scambio comunitario e sociale:
il vicinato (Figura 4). Qui una grande cisterna comune raccoglie le acque che pro-
vengono ora dai tetti delle architetture costruite e il gradone sovrastante si trasforma
in giardino pensile (Figura 5).

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Pietro Laureano

Figura 3 ‒ Dalla grotta alla architettura. Figura 4 ‒ L’origine del vicinato.

Figura 5 ‒ L’evoluzione urbana.

Le linee di scorrimento idrico divengono le scale e i percorsi del complesso ur-


bano. La forma e la trama viaria assecondano la struttura e le asperità del terreno
seguendo le linee di gravità per le necessità di raccolta e di gestione dell’acqua. I
percorsi sono omnidirezionali per controllare l’insolazione. Gli usi dei luoghi sono
nomadi per adattarsi alle mutazioni stagionali del clima. Così i cammini sono seg-
mentati in svolte, sorprese, ostacoli e luoghi di sosta inattesi trasformando lo scopo

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Matera: caduta e rinascita, orrore e bellezza, successo e destino

di arrivare da qualche parte nel godere di un percorso. La città non favorisce un


attraversamento rapido ma asseconda il fermarsi, l’imbattersi in qualcuno, il lasciarsi
coinvolgere nei rapporti sociali e di vicinato. Ne risulta una struttura spaziale allo
stesso tempo organica e geometricamente rigorosa. Una geometria non ortogonale e
regolare ma caotica e frammentata, non pianificata ma autoprodotta, non euclidea
ma frattale. Semplici regole, iscritte nella natura e coscienza di ognuno, ripetendosi
costantemente determinano risultati sublimi. Con l’applicazione pigra, lenta, costan-
te e tenace dello stesso processo si attua l’intensificazione senza perdita di varietà e
complessità. Si conciliano la cuspide e la curva, la regolarità e la sinuosità, il minerale
e il biologico. È una geometria organica, la stessa preposta alla crescita di una foglia,
lo sviluppo di una conchiglia alla formazione dei fiocchi di neve, i cristalli, fino alle
galassie. La città è come un organismo i cui singoli e semplici processi costituiscono
un tutto che dà un risultato maggiore delle singole componenti: lo scavo per realizza-
re ambienti sotterranei climatizzati per la vita e la produzione genera materiale per la
costruzione; la comunità e la produzione pastorale e alimentare fornisce scarti utiliz-
zati per la creazione di humus; i terrazzamenti, le aie e i tetti delle case grotta e abita-
zioni attraverso i giardini pensili contribuiscono al microclima interno e alla gestione
complessiva dei flussi di energia e il riciclo dei materiali (Figura 6) (Laureano, 2001).
Il sistema armonioso e geniale di raccolta delle acque, protezione dei suoli abi-
tazioni mimetiche e climatiche originato nella preistoria rimane pressoché lo stesso
per millenni. Nel medioevo è rivitalizzato da popolazioni che si riconoscono in questi
luoghi recando tradizioni e concezioni formate da gruppi berbero musulmani, ebrei
e albanesi. I monaci cenobiti e anacoreti scelgono Matera e le rupi delle Murge e
delle Gravine come loro sede eleggendo le grotte a paradiso nel deserto e parago-
nando Matera alla Gerusalemme Celeste. Gli eremi, le parrocchie, i casali agricoli
collocati nei punti di controllo delle opere idrauliche sono i poli del processo di cre-
scita urbana. Ai margini dell’altopiano dove sono le grandi cisterne e le fosse, i silos
rupestri per lo stoccaggio dei grani, si localizzano le botteghe e i laboratori artigiani.
Lo svolgimento verticale della città permette l’utilizzo della gravità per la distribu-
zione delle acque e protegge dai venti che spazzano l’altopiano. Matera si abbellisce
di centinaia di chiese rupestri scavate nella roccia e decorate di magnifici affreschi
bizantini o edificate sul piano con facciate monumentali scolpite nel tufo secondo gli
stili del periodo di costruzione, medievale, classico o barocco.
Dall’epoca Medievale abbondano le descrizioni piene di ammirazione e apprez-
zamenti estetici per questo sorprendente organismo urbano. Nel XII sec Matera è
citata come magnifica e splendida dal geografo musulmano El Idrisi che compilò
per il re normanno Ruggero di Sicilia la famosa descrizione della Terra. La visione
degli alvei abitati dei Sassi citati come Sasso Barisano e Sasso Caveoso già nelle
cronache angioine del XIII sec ha ispirato poeti e scrittori. Nel Quattrocento e nel
Cinquecento un nuovo sistema di porte e di fortificazioni munisce la Civita e la città
che si abbellisce di chiese, complessi monumentali e residenziali e Matera è cantata
come “città ideale” dall’utopista Tommaso Stigliani (1573-1651) (Aloè, 2011). In una
raffigurazione del XVI sec. conservata alla Biblioteca Angelica di Roma Matera è

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Pietro Laureano

rappresentata in un’inusuale planimetria dall’alto che la mostra come una fenditura


al cui centro campeggia una scritta: “le grotte stanno intorno a guisa di teatro” (Laureano,
1993, p. 187). Matera è orrido fossile e scena del mondo, alveo di pietra e grembo
materno, baratro e vulva.

Figura 6 ‒ L’Ecosistema Matera.

Nel 1595 il cronista Eustachio Verricelli descrive la città come dotata di un’aria
salubre e abitata da uomini ingegnosi. È tanta la quantità di conci cavati che, nelle
grotte, si ricavano camere, cantine, stalle, cisterne, fosse per tenere il grano e persino i
pollai per le galline. Poiché la città non è posta in terreno pianeggiante le chiese dove
sono seppelliti i morti, sono costruite al di sopra delle grotte dove alcuni abitano.
Così, dice Verricelli, “in Matera i morti stanno sopra i vivi” (Moliterni et al., 1987). A notte
tutti gli abitanti della città mettono fuori i loro lumi dalle case e dai palazzi e, allo
spettatore che guarda dal piano, i Sassi, in basso, sembrano illuminarsi come un cielo
stellato. Così, conclude l’autore, a Matera, come i morti sono sopra i vivi, il cielo e le
stelle si possono vedere al di sotto dei piedi degli uomini e non sulla loro testa. È una
immagine dei Sassi come città meraviglia, specchio e rovescio delle categorie consue-
te. Ripresa da scrittori e poeti risale a un tempo molto lontano, fa parte di una tra-
dizione letteraria di stupore ed ammirazione precedente a Verricelli stesso. Matera,
madre e matrice, sintesi di Terra e Cosmo, unendo i principi femminili delle cavità
sotterrane a quelli solari e maschili del cielo, gestisce, su modello del ciclo dell’acqua,
l’uso e riuso delle risorse nell’eterno rinnovarsi della vita.

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Matera: caduta e rinascita, orrore e bellezza, successo e destino

3. L’oblio e l’esodo

L’epoca contemporanea ribalta l’immagine di Matera di città armoniosa e ge-


niale, che diventa impensabile, ed è rovesciata nel suo contrario. Non si tratta di una
semplice dimenticanza, siamo difronte a una vera negazione e rimozione patologica.
Al pari delle vicende drammatiche di tante popolazioni native, come gli Stati Preco-
lombiani in Mesoamerica, le Prime Nazioni Americane e gli Aborigeni Australiani,
l’incontro con la modernità è un evento traumatico, uno shock culturale profondo
che annienta valori ancestrali senza i quali questi ecosistemi, armoniosi e tenaci, ma
fragili, sono costretti a soccombere. A Matera la rottura è favorita da un lungo perio-
do di crisi nella struttura sociale produttiva e nella gestione dell’ecosistema iniziato
con la prima rivoluzione industriale e culminato nei difficili momenti del secondo do-
poguerra. Con la industrializzazione europea e la colonizzazione di interi continenti
si attua una nuova distribuzione del lavoro a scala mondiale. Il predominio dell’In-
ghilterra nel commercio delle lane e lo sfruttamento della colonia australiana per la
materia prima, annienta il sistema agro pastorale dell’Italia meridionale determinan-
do la scomparsa della civiltà della transumanza e la distruzione, di economie mille-
narie. L’agonia del mondo contadino determina la fine della centralità economica
dei luoghi ipogei fondamentali per le lavorazioni casearie e laniere e si incominciano
ad intaccare quei princìpi di regolamentazione del territorio basati sul drenaggio,
controllo e ripartizione delle acque che avevano da sempre posto precise leggi alla
urbanizzazione determinandone i tipi, le forme e i limiti. Nel corso del Settecento e
dell’Ottocento le sedi del potere economico e religioso abbandonano i pendii rupestri
del Canyon della Gravina per edificare conventi e edifici amministrativi sul piano
lungo il margine del vallone distruggendo o occultando le fortificazioni cinquecente-
sche e occupando la parte della città dove avevano sede le attività commerciali e i si-
stemi di stoccaggio dei grani e delle acque. Così progressivamente i “foggiali” − fosse
per il grano − le fulloniche, le cisterne, i vicinati a corte ipogea ed i giardini del piano
vengono seppelliti dai riempimenti e sotterrati dalle strade e dai palazzi della nuova
fisionomia urbana. Tale dinamica è perfettamente leggibile negli ipogei sottostanti
l’attuale Piazza Vittorio Veneto. Qui nel 1991, il rinvenimento durante i lavori di ri-
facimento stradale, dell’enorme straordinaria cisterna chiamata il palombaro lungo,
è stata vissuta dalla città come una scoperta. L’enorme ipogeo, risultato della riunifi-
cazione nel ‘700 ed ‘800 di sistemi d’acqua più arcaici, soltanto un secolo prima era
ancora perfettamente in uso ma era stato completamente dimenticato. Fa parte di un
complesso che comprende torri e fortificazioni della fine del ‘500, i granai, gli opifici
medievali e i vicinati a corte di retaggio preistorico, infossati della sepoltura fisica e
del tramonto dello spirito.
Lo stravolgimento completo della trama antica dei Sassi di Matera avviene nel
1936 con i progetti di realizzazione viaria del governo fascista. I due torrentelli dei
“grabiglioni” che drenano i grandi alvei nei quali sono organizzati i Sassi, il Barisano
ed il Caveoso, sono interrati e lastricati. Da sistema di convogliamento dell’esubero
idrico e di smaltimento delle acque usate divengono due strade rotabili collegate tra
di loro per formare una via di circonvallazione che unisce i Sassi. L’intervento di

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Pietro Laureano

viabilità è una vera operazione di sventramento che attua penetranti estranee all’or-
ganizzazione tradizionale del tessuto urbano fatta di scalette e di passaggi sotterranei
percorribili a piedi o a dorso d’asino. Il margine della rupe della Civita sul Canyon
della Gravina viene tagliato sezionando grotte, cisterne, abitati rupestri e vicinati e
interrompendo i sentieri di collegamento con l’altopiano delle Murge antistante. Sul
piano la distruzione definitiva della rete capillare di raccolta idrica antica determina
una dipendenza completa dai metodi di approvvigionamento moderni che, costan-
temente carenti, lasciano gli abitanti in condizione di assoluto disservizio. Così, dal-
la parte del piano e da quella del pendio, i Sassi risultano separati rispettivamente
dall’altipiano e dalla valle della Gravina, l’insieme naturale a cui erano sempre stati
strettamente connessi, determinando il collasso dell’ecosistema millenario.
Il conflitto mondiale e le difficili condizioni del dopoguerra, con l’esodo dall’en-
troterra e le campagne, accentuano la densità e la promiscuità abitativa dei Sassi che,
con circa 17.000 abitanti, costituivano ancora la quasi totalità della città di Matera.
I vicinati, le case a corte, gli stessi palazzi di prestigio si frantumano in più unità
dove ogni famiglia è ridotta a vivere in quella che era solo una cellula di un siste-
ma polifunzionale e integrato. Divengono abitazioni le grotte deposito, le cavità per
gli animali, gli orti e le stesse cisterne. La trasformazione in ambienti domestici di
quest’ultime elimina il simbolo stesso della genialità storica dei Sassi. Si perde anche
la memoria della loro forma e funzione e diviene illeggibile il sistema di gestione delle
risorse su cui è fondata la trama urbana. Queste condizioni spiegano la definizione
dei Sassi come “vergogna nazionale” che portò al loro svuotamento per motivi igienici e
sanitari. Niente giustifica tuttavia l’estensione dell’operazione a tutto il tessuto di cir-
ca 3000 abitazioni di cui solo una metà era stata censita come malsana (Mazzarone,
1956; I.N.U. e UNRRA ‒ CASAS, 1973). Lo svuotamento operato con la legge del
1952 non tenne conto delle stesse indicazioni degli esperti (Tentori, 2001) e riguardò
non solo le case grotta, ma anche edifici in buone condizioni, palazzi monumentali e
complessi riadattabili con la semplice introduzione di servizi efficienti. È la necessità
di creare una nuova economia basata sulla edilizia a motivare un intervento così
massiccio. I finanziamenti pubblici per riallocare gli abitanti dei Sassi permettono
la costruzione dei celebri quartieri modello decentrati verso la campagna (Restucci,
1991). Tra questi e il centro settecentesco limitrofo ai Sassi si determina una fascia
dotata delle urbanizzazioni e di grande valore fondiario. Area che diventerà la città
di Matera di cui i quartieri costituiranno la periferia. Negli anni seguenti anche questi
ultimi, pure frutto delle più avanzate proposte architettoniche e urbanistiche, e fon-
dati sulla utopia illuminata di Adriano Olivetti (Olivetti, 1946) furono abbandonati
a riprova della non responsabilità delle condizioni abitative dei Sassi nella dinamica
migratoria. Così Negli anni ‘50 e 60’ i Sassi di Matera sono completamente spopolati
e le case grotte e il sistema di habitat trogloditico furono dichiarati inabitabili mu-
rando gli accessi alle abitazioni e i percorsi. L’intera comunità con la sua identità e il
suo passato, fu decretata inadeguata e posta ai margini della storia. Era estranea ai
modi, i tempi e le necessità dello sviluppo maschera del volto truce dell’emigrazione
e della speculazione edilizia. Matera costituiva un modello scandaloso perché, basata

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Matera: caduta e rinascita, orrore e bellezza, successo e destino

sul risparmio delle risorse, il continuo riciclo e autoproduzione, una minaccia per la
società dei consumi che prevedeva nel Sud politiche del mattone e abbandono delle
campagne per fornire mano d’opera alle fabbriche del Nord.
Dopo l’esodo urbano i Sassi rimangono vuoti, un corpo fossile senza la vita, una
divinità preistorica abbarbicata sulle rupi scoscese, una sfinge pietrificata dai mille
occhi di cieche grotte che evoca sentimenti contrastanti: meraviglia, orrore e interro-
gativi. L’antica Matera diviene una città proibita. Luogo di incursione per coraggiose
scorribande giovanili, terra di spedizioni degli esploratori domenicali, spazio appar-
tato per scappate romantiche. L’assenza di areazione delle abitazioni, la distruzione
della rete di distribuzione delle acque e la mancata manutenzione determinano il
rapido degrado. Senza custodia nulla impedisce anche la depredazione di pregevoli
affreschi rupestri e l’uso degli ambienti abbandonati da parte della criminalità.
Negli anni ‘80 matura la volontà di recupero ma il dibattito oscilla tra l’ingenuo
estetismo nostalgico di un mondo perduto e proposte di risanamento basate sulla
volontà di adeguare e modernizzare quelli che erano considerati miseri quartieri
dismessi. Così i Sassi di Matera rischiavano o la museificazione, condannandoli al
deperimento per l’impossibilità di gestione, o un riuso realizzato tramite omologa-
zioni distruttive e la progettazione di affacci, sventramenti e nuove volumetrie. Nel
1986 è varata la legge di “Conservazione e recupero” dei Sassi di Matera (Legge 11
novembre 1986, n.771)1 che affida al Comune il ruolo e le risorse per affrontare il
risanamento dando la possibilità a operatori pubblici e privati di ottenere ambiti nei
Sassi e un contributo agli oneri di restauro. Si ritiene che la promozione del ritorno
degli abitanti sia possibile solo cancellando dai Sassi il marchio dell’arretratezza e
introducendo le modernizzazioni, i rinnovi e le omologazioni che soli possano ren-
derli città. In mancanza di una definizione dei valori specifici dei Sassi queste azioni
cancellano proprio quegli elementi fragili, ma significativi dell’impegno dell’uomo
nell’edificazione dell’ecosistema, distruggendo quegli aspetti di diversità che rendono
i Sassi unici e quindi attrattivi rispetto alla città moderna.
L’unica soluzione possibile era il ritorno degli abitanti con interventi di restauro
compatibili con la preservazione dei valori (Laureano, 2000). Ma da un lato la gran
parte dei cittadini di Matera non voleva riabitare i Sassi, ferita ancora aperta per il
marchio subito della vergogna e l’imposizione di nuovi modelli, dall’altro per stabili-
re corretti codici di salvaguardia era necessario prima interpretare i luoghi e stabilir-
ne i valori e significati. Occorreva quindi compiere una nuova lettura e farla vivere
nella memoria, negli interessi e le passioni dei cittadini; sostenere le associazioni, gli
appassionati e gli intellettuali già operanti in questa direzione con un’iniziativa che
stimolasse la volontà e l’orgoglio della comunità; diffondere questa immagine come
elemento di promozione e di riscatto culturale ed economico. Tutto questo è stato
ottenuto con l’iscrizione nella "Lista del Patrimonio Mondiale" UNESCO realizza-
ta nel 1993 come primo sito del Sud dell’Italia. Il riconoscimento dette impulso in
Italia a nuove candidature, a livello internazionale all’apprezzamento delle località

1
  www.gazzettaufficiale.it/atto/serie_generale/caricaDettaglioAtto/originario?atto.dataPubblicazioneGazzet-
ta=1986-11-24&atto.codiceRedazionale=086U0771&elenco30giorni=false

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Pietro Laureano

popolari e non auliche e, sul piano teorico, alla evoluzione effettuata dall’UNESCO
della concezione del patrimonio dal monumento al paesaggio e alle conoscenze e le
persone che l’hanno prodotto.

4. Matera e la nuova visione UNESCO del paesaggio


La Convenzione del Patrimonio Mondiale UNESCO del 1972 nacque a seguito
della grande mobilitazione internazionale derivata dall’emergenza di salvare i templi
della Nubia in Egitto tra cui quelli di Ramesse II ad Abu Simbel e quello di Iside
sull’isola di File. I templi di Ramesse II dal 1964 al 1968 furono smontati e ricollocati
600 m più in alto e i complessi di File dal 1972 al 1980 furono traslocati nell’isola di
Agilkia per proteggerli dalla inondazione delle acque provocate dalla realizzazione
della diga che ha creato il lago Nasser sul Nilo. La straordinaria operazione frutto
della mobilitazione e concorso internazionale ha salvato queste opere meravigliose,
tuttavia oggi, con la diversa consapevolezza ambientale acquisita, cercheremmo piut-
tosto di opporci alla costruzione della diga che ha sommerso il paesaggio storico della
Nubia, provocato l’esodo di popolazioni e causato danni irreparabili all’ecosistema
del Nilo e a tutto il Mediterraneo. La vicenda esemplifica perché l’UNESCO dalle
origini della Convenzione costantemente la rinnova e introduce nuove indicazioni
varando apposite dichiarazioni, come quella di Nara sull’autenticità del 1994 (ICO-
MOS, 1994) e quella sul paesaggio di Firenze del 2012 (UNESCO e ITKI, 2012), e
proponendo nuove convenzioni come quella sul Patrimonio Culturale Immateriale
del 2003 (UNESCO, 2003).
Alle sue origini la Convenzione del Patrimonio Mondiale era fondata sull’ambi-
zione di universalismo, sulla separazione tra beni naturali e culturali, favoriva l’au-
tenticità, l’eccellenza e la visione monumentale. Questi principi, riflesso delle conce-
zioni, e anche della cultura euro centrica, del periodo in cui è stata varata sono oggi
sostituiti da altri concetti:
- il multiculturalismo e la diversità;
- la visione olistica;
- i processi di gestione, prioritari rispetto a interventi di museificazione;
- la perpetuazione dei saperi e dei processi di produzione del bene;
- l’eliminazione di gerarchie di valore tra monumenti aulici ed espressioni popolari.
Così dalla visione del bene culturale come prodotto del genio individuale, privi-
legiando il monumento, si è passati a considerare l’intorno circostante e l’intera città
come valore collettivo fino a incorporare nel patrimonio le tematiche ambientali e il
concetto di paesaggio.
Le prime iscrizioni italiane dopo il varo della convenzione nel 1972 risalgono alla
fine anni ‘70: la Val Camonica nel 1979; Santa Maria alle Grazie con L’ultima Cena
di Leonardo a Milano e Roma nel 1980; Firenze nel 1982; Pisa e Venezia nel 1987;
San Gimignano nel 1990. l’Italia era quindi sotto rappresentata e il Sud innanzi tut-
to. Erano assenti completamente i beni non aulici di tradizione popolare e i paesaggi
culturali, problematiche che l’ICOMOS e l’UNESCO andavano elaborando per

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Matera: caduta e rinascita, orrore e bellezza, successo e destino

fare della “Lista”non l’insieme dei monumenti isolati, ma un elenco rappresentativo


del patrimonio storico e paesaggistico delle culture umane in tutte le loro varietà e
manifestazioni, anche le più apparentemente povere e meno preziose. La candida-
tura dei Sassi di Matera si inseriva in questa problematica innovativa e, ai tempi,
provocatoria. Dal punto di vista dei criteri adottati le iscrizioni internazionali degli
anni ‘80 riguardavano capolavori del genio umano, e genericamente antichi monu-
menti, centri storici, siti archeologici che rappresentavano le più spettacolari imprese
dell’umanità. La concezione era talmente radicata che proposte innovative venivano
rifiutate. In quegli anni l’Inghilterra presentò la nomination del Lake District, zona
caratterizzata dalla sua importanza sociale, economica, culturale e ambientale. Il
sito era stato, infatti, apprezzato e abitato da personalità come William Wordworth
e John Ruskin. Nonostante ciò, queste qualità non furono considerate sufficienti a
giustificare l’ingresso nel “World Heritage”. I siti rifiutati e nuovi modi di presentare
le candidature portarono a riflessioni e discussioni fino a modificare la stessa teoria e
i criteri d’iscrizione. Un esempio di questa evoluzione è il Pont du Gard a Nimes in
Francia. Nella visione monumentale fu iscritto come esempio eminente di architet-
tura e arte romana. Con l’interesse per strutture funzionali è stato riclassificato come
un ponte. Recentemente, con l’attenzione al paesaggio come sistema di adduzione
d’acqua della città di Nimes, cioè come un acquedotto. Allo stesso modo nella cate-
goria del paesaggio sono state iscritte opere lineari formate da canali e acquedotti che
strutturano vasti insiemi territoriali, come è il caso della iscrizione dei Qanat in Iran
e dell’acquedotto di Padre Tembleque in Messico.
Per esaminare il superamento della visione monumentale il Comitato per il Patri-
monio Mondiale nominò un gruppo di lavoro. Il risultato fu la definizione del con-
cetto di paesaggio culturale, adottata nel 1992 (United Nations, 1992) e inserita nelle
linee guida operative nel 1994, dove si definirono i paesaggi culturali come “l’azione
combinata della natura e dell’uomo” (UNESCO, 1972), così come precisato dall’articolo I
della Convenzione. “Essi sono rappresentativi della evoluzione della società e degli insediamenti
umani nel corso del tempo sotto l’influenza delle restrizioni fisiche e/o delle opportunità presentate
dall’ambiente naturale e da successive pressioni sociali, economiche e culturali sia interne sia esterne”
(Linee Guida per l’applicazione della Convenzione, par. 47 e par. 6, Annesso 3).
A questa evoluzione ha contribuito l’iscrizione di Matera primo sito italiano del
Sud d’Italia nella “Lista” UNESCO scelto anche come migliore pratica di sosteni-
bilità. Così Matera oltre all’incremento delle iscrizioni italiane e allo sviluppo della
teoria del patrimonio ha avuto un effetto su molte iscrizioni mediterranee e mondiali.
La candidatura si inseriva nelle problematiche innovative dell’ambiente, il cambia-
mento climatico e la lotta alla desertificazione, tuttavia poiché nel 1993 la concezione
era nuova e le linee guida su questo argomento non erano state ancora approvate, i
Sassi di Matera non furono inclusi nella categoria del paesaggio.
I primi paesaggi culturali inseriti ufficialmente nella“Lista” UNESCO nel 1993
furono alcuni siti già iscritti, in genere, come patrimonio naturale, dei quali si rivide
la denominazione alla luce delle loro caratteristiche culturali. È il caso del Tongarino
National Park, una montagna sacra in Nuova Zelanda, originariamente iscritta come

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Pietro Laureano

patrimonio naturale nel 1990 e nel 1993 ridefinita patrimonio culturale. Un caso
simile fu il Uluru-Kata Tjuta National Park in Australia, già patrimonio naturale dal
1987 e paesaggio culturale dal 1993 grazie alla valutazione che l’interazione con gli
aborigeni che abitarono in questa zona da millenni conferisce al sito il particolare
significato di paesaggio culturale.
In Italia come paesaggi culturali furono iscritti Le Cinque terre e la Costiera
Amalfitana nel 1997 e il Parco del Cilento nel 1998. La candidatura del Cilento ha
avuto un valore innovativo proponendo un’area lasciata ai margini dallo sviluppo
e inserendo siti archeologici di grande valore come Paestum e Velia nel contesto
paesaggistico e territoriale. Tuttavia l’UICN rifiutò il Cilento come bene naturale
perché a quella data prevaleva l’idea che portatori di questo valore fossero solo i
siti caratterizzati dalla natura selvaggia e non, come argomentato nella candidatura,
dall’integrazione millenaria con l’attività umana. È ormai diffusa la consapevolezza
che molti luoghi naturali della "Lista del Patrimonio Mondiale" abbiano raggiunto
l’attuale aspetto e valore proprio in seguito a trasformazioni dovute alle comunità e
oggi l’UICN ha completamente ribaltato la sua convinzione.
Molti beni naturali sono associati dalla popolazione a valori immateriali e signi-
ficati sacri. Anche siti iscritti come architetture e città sono parte integrante del pro-
cesso di costruzione del paesaggio e, se al riconoscimento come luoghi culturali dei
siti naturali si aggiungono i paesaggi urbani, il numero degli ormai oltre100 pae-
saggi culturali riconosciuti ufficialmente nella “Lista del Patrimonio dell’Umanità”
dovrebbe essere ben maggiore. Si delinea una diversa concezione del bene culturale
in cui le conoscenze e le risorse naturali costituiscono un tutt’uno nel continuo pro-
cesso di costruzione dell’ambiente. La natura diventa una risorsa grazie alla cono-
scenza. L’umanità è parte della natura. Accumulando e trasmettendo la conoscenza
interpretiamo e modelliamo la natura e noi stessi, e realizziamo il paesaggio che è,
al tempo stesso, causa e conseguenza del vivere sociale. Tutti i popoli hanno una
propria nozione di questo processo ma proprio per la varietà delle culture e ambienti
è difficile dare una definizione unica di paesaggio. Inoltre al termine è attribuito
spesso un significato fuorviante nell’uso comune. Nella consuetudine si confonde il
concetto di paesaggio con quello di panorama cioè la visione d’insieme o dall’alto
che trasmette una immagine tipica, uno stereotipo estetico, da cartolina postale, della
natura e dei luoghi. Invece nella stessa parola paesaggio è inserita l’idea di “paese” e
di “comunità” concetti fondamentali per la comprensione del suo significato. Nella
parola inglese landscape, land nel suo significato etimologico non è un ambito geo-
grafico ma sociale ed amministrativo e lo stesso è per paese e pays rispettivamente
nell’italiano paesaggio e il francese paysage. La Convenzione Europea del Paesaggio del
2000 (Council of Europe, 2000) lo designa come “una determinata parte di territorio, così
com’è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e
dalle loro interrelazioni”. Pone così l’accento su due aspetti fondamentali: il paesaggio
come percezione e come costruzione. Il primo aspetto, quello percettivo, non va
inteso come riduzione del paesaggio al “paesaggismo” pittorico ma come accentua-
zione dei momenti di interpretazione e d’identità di cui le rappresentazioni artistiche

61
Matera: caduta e rinascita, orrore e bellezza, successo e destino

costituiscono una componente. I dipinti come le altre opere culturali o espressioni


popolari fanno parte del processo di creazione d’identità che richiede rappresenta-
zioni, interpretazioni e condivisione di categorie simboliche. I differenti aspetti sono
indissolubili: il paesaggio non è quello pensato o rappresentato, è quello dei luoghi,
eppure il paesaggio della mente e quello reale necessitano l’uno e dell’altro. Il pae-
saggio è quindi un processo e possiamo darne una definizione come la relazione tra
comunità e ambiente che determina uno specifico assetto e carattere del territorio,
frutto della interazione di natura e cultura, espressa in processi e regole di gestione e
trasformazione, nel senso d’identità, usi e rappresentazioni.
Ogni paesaggio è frutto di una cultura che lo realizza intervenendo sulla natura,
anche semplicemente attribuendole un significato, determinando così il proprio uni-
verso sociale, produttivo o simbolico. L’idea, anche se espressa in modo differente
secondo la specifica cultura, si ritrova in tutte le società. Ci sono quindi tante con-
cezioni e definizioni di paesaggio. In Cina il Fengh Shuy, Sotoyama in Giappone, Hima
nel mondo arabo-musulmano, Agdal nelle comunità agropastorali del Maghreb, Vie
del Sogno degli aborigeni australiani e Taboo in Africa sono termini specifici di diverse
culture tutti riferibili al concetto di paesaggio.

5. Estetica e destino scolpiti nella pietra e incisi nella comunità


Nel ricostruire i templi di Abu Simbel fu realizzata una camera ipogea artificiale
e mantenuto l’originale orientamento astronomico, in modo da consentire, con il
solo sfalsamento di un giorno, che due volte l’anno, il 22 febbraio e il 22 ottobre, un
raggio di sole illuminasse nella camera terminale del tempio le statue delle quattro di-
vinità: Ptah, Amon, Ramesse II e Ra. L’estrema attenzione a questi aspetti nei lavori
diretti da Pietro Gazzola, uno dei redattori della Carta di Venezia del 1964 e fondatore
dell’ICOMOS, evidenzia la consapevolezza dei progettisti della necessità di preser-
vare le relazioni del complesso con il suo intorno circostante e il suo spirito. Il monu-
mento non può essere separato dalla sua matrice naturale rocciosa e il suo significato
è direttamente collegato a dimensioni allargate che dal mondo sotterraneo si spingo-
no a quello astrale comprendendo dimensioni simboliche. La dialettica tra opposti:
terra/cielo, luce/tenebra, esteriore/interiore, caratterizza il paesaggio troglodita fin
dalle sue origini. Proprio sui ripari sotto roccia e nelle profondità delle caverne furo-
no realizzate le prime rappresentazioni dell’umanità per lanciare un messaggio che
stimolando la percezione, i sensi e le categorie cognitive potesse arrivare fino al cielo.
Di questi dipinti paleolitici delle grotte di Altamira e di Lascaux Pablo Picasso disse
che la capacità artistica dell’umanità aveva espresso i suoi livelli massimi, mai più
raggiunti. Il giudizio di Picasso è confermato dalla odierna riflessione antropologica
che non vede più il Paleolitico come uno stadio arretrato di conoscenza, superato da
successive evoluzioni, ma un livello raffinato e avanzato che aveva anticipato impor-
tanti acquisizioni ritenute in genere successive: arte, sedentarizzazione, conoscenza
dell’ambiente, simbolismo, organizzazione comunitaria, gestione della flora e della
fauna.

62
Pietro Laureano

Nella storia dell’umanità si susseguono forme sociali e rivoluzioni tecnologiche.


Secondo il vecchio schema interpretativo questo processo viene generalmente ascrit-
to a pressioni di tipo ecologico e/o innovazioni scientifiche che hanno un andamento
evolutivo di tipo lineare, da stadi più arretrati a società sempre più complesse.
Secondo il vecchio paradigma si ritiene che:
- alla fine dell’ultima era glaciale pressioni di tipo ecologico causarono in Oriente
e Asia anteriore la transizione dei cacciatori raccoglitori a una cultura sedentaria
dotata di una produzione di tipo agricolo;
- la vita dei cacciatori raccoglitori fosse caratterizzata dall’insicurezza economica
e che quindi la coltivazione risultasse un reale progresso che doveva logicamente
sfociare nell’agricoltura;
- si sia verificato un passaggio evolutivo dal nomadismo alla sedentarizzazione alla
città e allo stato;
- la costruzione di opere idrauliche e gli impegni nell’irrigazione abbiano imposto
strutture centralizzate e sistemi burocratici complessi dando impulso a società
elaborate e alla civiltà. Questi sistemi divengono forma sociale dominante e sono
riconosciuti come i motori di civiltà d’innovazione tecnologica e progresso;
- forme sociali di nomadismo o piccole comunità completamente estranee o an-
tagoniste al modello evolutivo classico sono considerate marginali nelle grandi
vicende storiche e culturali;
- queste comunità sono viste come immutabili e residuali, prive di specializzazione
economica e stratificazione sociale, dotate al massimo di capacità artistiche ed
artigianali e di un sistema simbolico elaborato che resta inspiegato in rapporto
alla presunta povertà tecnologica e assenza di complessità;
Queste acquisizioni sono oggi messe in discussione dalla riflessione speculativa e
dalla verifica archeologica rovesciando il paradigma interpretativo.
Si dimostra infatti che:
- la vita dei cacciatori raccoglitori era molto più agevole di quella dei raccoglitori;
- questi ultimi avevano sviluppato forme di vita sedentaria molto prima della nasci-
ta dell’agricoltura;
- la stessa vita agricola è stata dovuta non ad improvvise acquisizioni tecnologiche,
che erano già presenti, ma ad una scelta obbligata per continuare a mantenere
posizioni e ad utilizzare investimenti già realizzati;
- le comunità a piccola scala mostrano complessità di conoscenze oggi fondamen-
tali per affrontare le sfide globali.

Nel nuovo paradigma le forme sociali non si sono sviluppate come stadi evolutivi
temporali, ma esiste una continua persistenza e coesistenza di: caccia, caccia-raccol-
ta ed orticultura, agricoltura e anche modelli alternativi. Così tutte le società sono
contemporanee e tutte le culture sono attuali. Proprio le comunità considerate mar-
ginali nello schema evolutivo risultano portatrici di esperienze e innovazione tecno-
logica che determinano nuove forme sociali. Civiltà si sono perpetuate in situazioni
estreme mettendo in pratica metodi accurati di gestione appropriata delle risorse,

63
Matera: caduta e rinascita, orrore e bellezza, successo e destino

comportamenti e forme di sussistenza differenziate, assimilando competenze e vi-


sioni del mondo, come l’integrazione degli stili di vita da cacciatori-raccoglitori con
una esistenza da coltivatori. Alla periferia dei grandi imperi queste comunità hanno
elaborato e diffuso sapere e conoscenza locale e sono state centri d’innovazione tec-
nologica sociale e spirituale. Presidiando situazioni difficili hanno realizzato reti di
scambio e comunicazioni, e veicolato conoscenze e culture. Sfuggendo agli impera-
tivi dispotici hanno facilitato la diffusione di nuove idee e delle innovazioni tecnolo-
giche. Il modello sociale è caratterizzato dall’assimilazione e dalla simbiosi, l’uso di
conoscenze e forme sociali diversificate per realizzare un sistema complesso basato
sulla cooperazione, la messa in comune delle pratiche, il forte adattamento locale.
L’elevata capacità artigianale, soluzioni tecniche appropriate e i saperi sono trasmessi
e perpetuati tramite una complessità simbolica e spirituale che determina una co-
smo-visione concretizzata nel paesaggio. Ogni aspetto dell’attività e della cognizione
umana ‒ la spiritualità, il rito, la produzione, la vita e la morte ‒ formano un tutto co-
eso in un continuo rinnovarsi ciclico. Il tempo, come sostengono le filosofie e i pensie-
ri tradizionali, confermati dalla teoria fisica contemporanea, è un’illusione. I concetti
di arte e di bellezza sono fondamentali ma devono essere valutati e usati con molta
cautela. La bellezza nelle società tradizionali è una qualità intrinseca alla funziona-
lità e alle concezioni condivise. Fondata sull’uso di materiali locali e canoni precisi è
una bellezza necessaria, connaturata al mantenimento dell’ecosistema complessivo e
intrinseca all’assetto sociale in cui arte e lavoro, produzione e svago, vita e spirito non
sono disgiunti. Nella società contemporanea, dove tutto è specializzazione, si fram-
mentano gli spazi in zone deputate alle varie attività, si riduce la città a funzioni, si se-
para l’orto produttivo dal giardino contemplativo e la bellezza è confinata in ambiti,
momenti e strutture dedicate e diventa fortemente soggettiva. Ma anche così, affidata
a specialisti, studiosi e, al peggio, a mercanti, non possiamo separarla dal significato
e dall’etica. Goldsmith spiega come il nostro senso estetico sia strettamente collegato
alle sensazioni e l’intuizione. Si è affinato attraverso l’evoluzione e l’adattamento che
ci fa vedere bello e gradevole ciò che è utile e sano (Goldsmith, 1997, p.48). Troviamo
belle le forme e le proporzioni della natura e i prodotti umani che sono in armonia
con il mondo. Quindi non potremmo considerare bello un paesaggio che, seppure
intatto, sappiamo nocivo perché inquinato da residui tossici industriali o radiazioni
atomiche. Ogni percezione è elaborata nel nostro cervello e diviene immagine con
l’apporto di innumerevoli fattori che tutti contribuiscono a determinare il nostro giu-
dizio. Il significato e l’etica, la storia e la visione del mondo entrano sempre nella
valutazione estetica. Così si spiegano le contrastanti impressioni suscitate da Matera.
Descritta, prima dell’iscrizione UNESCO, come i gironi dell’inferno è oggi da tutti
ammirata per la sua immediata e incontestabile bellezza. Entrambi gli aspetti vivono
nel carattere di Matera e l’attuale percezione è frutto della narrazione e i risultati che
questa ha prodotto permeando, anche inconsapevolmente, il sentire collettivo.
Tanti luoghi possono fregiarsi di essere stati i primi insediamenti al mondo e alcu-
ni sono più antichi di Matera. Ma quello che rende unica Matera nella storia di città
scavate nella roccia è che è ancora e di nuovo abitata. Simbolo di caduta e rinascita,

64
Pietro Laureano

di resilienza, comunità e cultura. A partire dagli anni '90, gli abitanti di Matera sono
tornati riuscendo a conciliare l’habitat e le conoscenze antiche con le innovazioni
necessarie agli standard di vita attuale. Più volte nella storia Matera ha superato
shock e catastrofi e oggi le tecniche tradizionali − la raccolta d’acqua; la protezione
dei suoli; l’abitare in gotta; l’architettura naturale; la geotermia passiva; il tipo di
struttura urbana − sono un modello nel mondo intero per le più avanzate ricerche
di bioarchitettura, città sostenibile ed economia verde. Matera rovescia il paradigma
della storia come progresso costante e lineare con direzione univoca. Sancisce il ri-
conoscimento della diversità delle culture e direzioni tecnologiche. Dimostra come
villaggi e città storiche abbiano capacità di resilienza e le loro radici antiche indicano
modelli alternativi possibili basati sulla cultura come motore di benessere in linea con
gli obiettivi delle Nazioni Unite per il 2030.
A Matera la costruzione mentale e fisica del paesaggio è fusione di umanità e na-
tura, anche nei loro aspetti più contraddittori e truci. La forma urbana di Matera è il
risultato della vita sociale e comunitaria; della solidarietà, il dono e l’incontro che si
realizzano nel vicinato celebrato negli studi di antropologia (Tentori, 1956). Ma an-
che di fatiche, trepidazioni e sofferenze. Matera ci mostra scavati nei suoi mille volti
di pietra l’essenza nascosta delle vicende umane: la bellezza del paesaggio e anche il
vuoto di distruzione, prevaricazione e sfruttamento che accompagna ogni produzio-
ne e realizzazione; il dono benevolo e l’imposta crudele della natura; il lato visibile e
quello oscuro delle cose. Il mondo magico e l’habitat preistorico dei meandri caver-
nosi si fondono con le cripte e campanili della spiritualità religiosa. Quello che vedia-
mo in superficie è il risultato di processi sotterranei. Dalle caverne si traggono terre
e piante dalle proprietà portentose rinnovando e perpetuando antiche conoscenze
e modi di sentire. Ovunque la vita non sarebbe possibile senza fattori e simbiosi
nascosti che avvengono nel suolo e il sottosuolo. I primi organismi terrestri sono sot-
terranei, quei microscopici funghi che permettono alla vegetazione di sopravvivere
alimentandola attraverso le radici. Le piante, uniche a produrre gli alimenti per tutti
attraverso l’energia del sole, con le connessioni delle radici e gli scambi nel suolo si
passano informazioni e alimenti. È la prima e più grande rete mai realizzata. Gli
alberi nelle foreste si prendono carico di nutrire tramite le radici altre piante in dif-
ficoltà. La morte e il decadimento di organismi vegetali e animali crea l’humus per
tutti gli altri esseri. I boschi veicolando sole, acqua, ossigeno e nutrienti, collegano il
mondo sotterraneo al cielo così Matera, foresta di pietra, dalla rete ipogea si ramifica
in superficie per condensare l’umidità, conservare l’acqua e connettere la natura con
la cultura. Dallo scavo si trae il materiale per le parti in elevato. I massi accumulati
captano il vapore atmosferico. Come l’acqua tutto è localmente prodotto e riutilizza-
to e le risorse non sono sostanze ma cicli continuamente rinnovati (Figura 7).

65
Matera: caduta e rinascita, orrore e bellezza, successo e destino

Figura 7 ‒ Matera: cicli di sostenibilità.

La forma urbana e la comunità, la produzione e lo svago, l’orto e il giardino,


il giorno e la notte, la vita e la morte, sono parte di un continuo stesso processo.
Per questo Matera ci affascina e attanaglia nello stesso tempo, è fusione di opposti:
vuoto/pieno, esteriore/interiore, terra/cielo, luce/tenebra, essere/nulla. Quando la
osserviamo, dai uno dei suoi affacci sul paesaggio, vediamo il passato davanti a noi,
la gloria e il fato delle civiltà, il collasso incombente e la speranza, il tramontare e
sorgere delle idee. Matera non è stata inserita nella “Lista”dell'UNESCO perché ne
ho redatto il dossier e non è diventata Capitale Europea della Cultura 2019 per lo
straordinario impegno degli operatori che vi hanno lavorato. Ha conseguito i risul-
tati raggiunti perché questo è il suo destino: scritto nelle rupi, registrato nella forma
urbana e trasmesso dagli echi del paesaggio rupestre. Nuove interpretazioni, prima o
poi, lo svelano in modo che tutto possa ancora apparire. Matera, orrido primordiale
e grembo amorevole, dea Kalì cinta da mille scheletri di pietra e madre benevola,
corpo fossile e carne palpitante colpisce, interroga e stimola le nostre percezioni più
antiche e profonde con indicazioni e moniti incisi nella pietra e scolpiti nei cuori della
comunità.

«Io sono quello che è, ciò che è stato e quello che sarà: nessuno può squarciare il mio velo».
(Iscrizione nel tempio di Iside a File, Egitto).

66
Pietro Laureano

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Matera: caduta e rinascita, orrore e bellezza, successo e destino

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Motta C., Padula M. (a cura di) (1987), Cronica de la città di Matera 1595-1596 /
Eustachio Verricelli. BMG, Matera.

68
Indice

Presentazione
Giampaolo D’Andrea 5

INTRODUZIONI
The Human-Centred City Development and the Circular
Regeneration
Luigi Fusco Girard 13

The European Year of Cultural Heritage 2018 and Matera


European Capital of Culture: towards the integration of beauty,
economy and fairness 19
Luigi Fusco Girard, Antonia Gravagnuolo

Matera, città del sistema ecologico uomo/società/natura: il ruolo


della cultura per la rigenerazione del sistema urbano/territoriale
Luigi Fusco Girard, Claudia Trillo 27

MATERA: DA “VERGOGNA NAZIONALE” A PARADIGMA DI RINASCITA


Matera: caduta e rinascita, orrore e bellezza, successo e destino
Pietro Laureano 47

La rigenerazione del “Sistema Matera” nella prospettiva


dell’economia circolare
Luigi Fusco Girard, Francesca Nocca 69

Nuovo umanesimo e rigenerazione urbana: l’economia civile tra


l’economia della Scuola francescana e l’economia circolare per la
città prospera e inclusiva
Martina Bosone, Luigi Fusco Girard 101

I Sassi di Matera: cambio di paradigma e gestione del patrimonio


Angela Colonna 111

Matera unicum iconografico alla fine del Cinquecento


Teresa Colletta 121
Paesaggi urbani del Novecento: i borghi e i quartieri di Matera
tra diritto all’abitare e diritto alla bellezza
Cettina Lenza 139

CONSERVAZIONE INTEGRATA DEL PATRIMONIO CULTURALE


E NATURALE, STRATEGIE E TECNOLOGIE INNOVATIVE
Dai ‘Cento anni per i Sassi di Matera’ alla città storica come polo
di integrazione sociale e culturale
Rosa Anna Genovese 165

Matera 2019. Patrimonio naturale e culturale: modellazione


meccanica dell’impatto del costruito storico sul territorio
Alessandro Baratta, Ileana Corbi, Ottavia Corbi 181

Matera 2019. Patrimonio Naturale e Culturale: modellazione


meccanica dell’impatto del costruito storico sul territorio
Ileana Corbi, Ottavia Corbi 195

La valorizzazione del patrimonio culturale rurale. Elementi


identitari per nuove geografie territoriali tra Puglia e Basilicata
Piergiuseppe Pontrandolfi 205

Processi di rigenerazione urbana culture-led: un approccio


multimetodologico per i quartieri spagnoli, Napoli
Raffaella Amistà, Maria Cerreta 221

Cultura materiale e produzione artistica per la rigenerazione


dell’ambiente costruito. La strategia di sviluppo promossa dal
progetto Artists in Architecture, Creative EU
Maria Rita Pinto, Serena Viola 243

PATRIMONIO E SOSTENIBILITÀ:
CONSERVAZIONE INTEGRATA ED ECONOMIA CIRCOLARE
Wellbeing, creativity, social inclusion. Circular relationships
between art, people, place
Anna Onesti 259

Obiettivi e indicatori per lo sviluppo urbano sostenibile: una


proposta per Matera
Pasquale De Toro, Silvia Iodice 279
«Closing the loop»: un modello circolare per la rigenerazione del
sistema insediativo di Matera
Martina Bosone 303

L’approccio del Paesaggio Storico Urbano nella prospettiva


dell’economia circolare per il riuso adattivo del patrimonio
culturale
Maria Rosaria Angrisano, Antonia Gravagnuolo 321

UNA PROSPETTIVA INTERNAZIONALE


European Quality Principles for Cultural Heritage Interventions
and Conservation 3.0
Christer Gustafsson 335

Towards multi-criteria analysis for circular economy in adaptive


reuse of cultural heritage
Christian Ost 345

Venticinque anni di dibattito sul riuso adattivo delle chiese in


Germania: riflessioni e prospettive
Albert Gerhards 355

Questioni di economia dei beni culturali con un accenno al caso


di Matera
Stefano Gizzi 371

Conclusioni
Luigi Fusco Girard, Claudia Trillo 381
Biografie dei curatori
Luigi Fusco Girard è Professore Emerito presso l’Università di Napoli Federico II e Coordinato-
re Scientifico del progetto di ricerca europeo Horizon 2020 CLIC – Circular models Leveraging
Investments in Cultural heritage adaptive reuse. Professore Straordinario presso l’Università Pe-
gaso, Professore Associato presso il CNR-IRISS (Istituto di Ricerca su Innovazione e Servizi per lo
Sviluppo) dal 2010. Direttore del Laboratory of Research on Creative and Sustainable City (Lead
Partner World Urban Campaign) e Direttore del UN-Habitat Thematic HUB on Urban Regener-
ation. Presidente ISCEC-ICOMOS (International/Italian Scientific Committee on Economics of
Conservation), Vice Presidente Vicario ICOMOS Italia e Vice Presidente Nazionale del Centro
Studi di Estimo ed Economia Territoriale (CeSET, Firenze). Presidente del Consiglio Scientifico
del Centro Interdipartimentale di Ricerca in Urbanistica “Alberto Calza Bini” dell’Università degli
Studi di Napoli Federico II, di cui fino al 2016 è stato il Direttore. Ha ricoperto il ruolo di coor-
dinatore scientifico per diversi progetti di ricerca europei e nazionali e attualmente ricopre ruoli
di rilievo in organismi scientifici nazionali e internazionali. È direttore della rivista scientifica BDC
– Bollettino del Centro Calza Bini e membro di comitati scientifici di varie riviste di profilo internazionale.
È stato Keynote Speaker per numerose conferenze internazionali e coordinatore scientifico di nu-
merosi convegni internazionali. Autore di più di 200 pubblicazioni sui temi della valutazione per
la conservazione integrata del patrimonio culturale e paesaggistico, strategie e strumenti per lo
sviluppo urbano sostenibile e la rigenerazione del patrimonio culturale e del paesaggio nella pro-
spettiva dell’economia circolare, in particolare nelle città storiche, metropolitane e portuali.

Claudia Trillo è Reader in architettura presso l’Università di Salford, nel Regno Unito. Dottore
di ricerca in progettazione urbana dal 2001, ha insegnato presso università europee e statunitensi
e ha svolto attività professionale nel campo della valutazione e della progettazione in Italia dal
1997 al 2015. I suoi attuali interessi di ricerca sono focalizzati sul perseguimento dello sviluppo
sostenibile attraverso il progetto dei luoghi fisici e a partire dal corretto apprezzamento dei va-
lori esistenti e di progetto, in particolare di quelli sociali e culturali. Claudia Trillo è convinta che
il patrimonio culturale possa fungere da attivatore e catalizzatore di innovazione e di sviluppo
locale, all’interno delle strategie di valorizzazione del capitale culturale dei luoghi. Attualmente
coordina un progetto finanziato dal Newton Fund che affronta il tema delle tecnologie digitali per
la valorizzazione dell’architettura tradizionale, in partnership con l’Università di Philadelphia in
Giordania, e sta completando un progetto finanziato dall’Art and Humanities Research Council
su analoga tematica in partnership con il National Institute of Technology di Surat, in India.

Martina Bosone è Dottore di Ricerca in “Tecnologie sostenibili, recupero e rappresentazione


dell’architettura e dell’ambiente”, presso il Dipartimento di Architettura dell’Università degli
Studi di Napoli Federico II. Dal 2018 è assegnista di ricerca al CNR – IRISS (Istituto di Ricerca
su Innovazione e Servizi per lo Sviluppo) nel progetto di ricerca europeo Horizon 2020 “CLIC –
Circular models Leveraging Investments in Cultural heritage adaptive reuse” (2017-2020). È stata
componente di diversi progetti di ricerca sui temi del riuso adattivo e della rigenerazione del patrimo-
nio culturale e paesaggistico nella prospettiva dell’economia circolare, con particolare riferimento
agli approcci, ai processi e agli strumenti partecipativi per la gestione dei beni comuni. È Membro
ICOMOS Italia e Membro ICOMOS Emerging Professionals Working Group; Membro del Comi-
tato Scientifico internazionale sull’Economia della Conservazione (ISCEC); Socio dell’Associazio-
ne Analisti Ambientali (AAA); Socio della Società Italiana della Tecnologia dell’Architettura (SIT-
dA); Membro dell’organizzazione internazionale FRH (Future for Religious Heritage). Collabora
alle attività di ricerca del Laboratory of Research on Creative and Sustainable Cities e dell’UN-Ha-
bitat Thematic Hub on Urban Regeneration. Dal 2017 è membro dell’Editorial staff della rivista
“BDC – Bollettino del Centro Calza Bini” (eISSN 2284-4732, rivista di Classe A in ambito ASN).
È autrice di articoli in riviste scientifiche nazionali e internazionali, contributi in volume, contributi in atti di
convegno, rapporti di progetto e rapporti di ricerca nonché relatrice in conferenze internazionali e nazionali.
Biografie degli autori
Raffaella Amistà, architetto, laureata in Architettura presso l’Università degli Studi di Napoli Federi-
co II, sviluppa la sua attività di ricerca nell’ambito della rigenerazione urbana e dell’innovazione sociale,
percorso intrapreso con la sua tesi di laurea e approfondito attraverso la partecipazione a workshop,
progetti di ricerca ed esperienze didattiche.

Mariarosaria Angrisano, ricercatrice in metodi di valutazione per l’estimo ed economia ambientale


presso l’Università Telematica Pegaso. Architetto, specializzata nella valutazione di piani e progetti
urbani e territoriali. Nel 2015 ha conseguito il titolo di Dottore di Ricerca in Metodi di valutazione per
la conservazione integrata, recupero, gestione e manutenzione del patrimonio architettonico, urbano
e ambientale” presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II. I suoi interessi di ricerca includono
l’Heritage Impact Assessment, rigenerazione urbana heritage-led, sviluppo locale sostenibile ed economia
circolare, modelli di città circolare, anche attraverso l’analisi delle nanotecnologie per la realizzazione
di materiali innovativi per l’architettura.

Alessandro Baratta, è laureato in Ingegneria civile (sez. Trasporti) nel 1969. Nel 1974 è stato inca-
ricato di “Scienza delle Costruzioni” presso la Facoltà di Architettura di Napoli. Dal 1980 è Ordina-
rio della stessa disciplina presso la Facoltà di Architettura. Ha promosso la ricerca scientifica a livello
nazionale e internazionale come Membro del Centro di competenza in Monitoraggio del Rischio
Ambientale- Sezione “Rischio Sismico”. Già Vice-Presidente dell’Associazione Europea di Controllo
Strutturale (ACS) e membro del Panel Europeo sul Controllo Strutturale. E’ membro della Commis-
sione di consulenza del CNR per la normativa tecnica. Ha svolto intensa attività di ricerca e dissemi-
nazione scientifica. Ha curato la organizzazione di convegni e workshop sui medesimi temi. E’ stato ed
è membro di numerosi comitati scientifici in Congressi nazionali ed internazionali. Ha partecipato ad
oltre 150 congressi, in Italia e all’ estero. E’ autore o coautore di oltre 300 pubblicazioni scientifiche. E’
autore o coautore di libri scientifici e didattici, sia a distribuzione nazionale che internazionale.

Maria Cerreta, architetto, dottore di ricerca in “Metodi di valutazione per la conservazione integrata
del patrimonio architettonico, urbano e ambientale”, è professore associato di Estimo e Valutazione
(SSD ICAR/22) presso il Dipartimento di Architettura (DiARC) dell’Università di Napoli Federico II,
Coordinatore del Corso di Master di secondo livello in “Pianificazione e Progettazione Sostenibile delle
Aree Portuali” e Direttore del Corso di Perfezionamento in “Mercato Immobiliare e Rigenerazione
Urbana (MIRU)”. Svolge attività di ricerca nei campi dell’estimo e delle valutazioni multidimensionali
in contesti decisionali ibridi, collaborativi e interattivi, propri della progettazione urbana e della piani-
ficazione territoriale, sviluppando di Sistemi Adattivi di Supporto alle Decisioni per la valorizzazione
del patrimonio culturale e paesaggistico, per la rigenerazione urbana e le trasformazioni spaziali, anche
con l’ausilio di Sistemi di Informazione Geografica (GIS), integrando metodi e strumenti specifici per
le valutazioni economiche, multi-criterio e multi-gruppo. È stata coordinatore scientifico e membro di
gruppi di ricerca di progetti, accordi e convenzioni di ricerca nazionali e internazionali, ed è attual-
mente coinvolta nel progetto di ricerca europeo Horizon 2020 “REsource Management in Peri-urban
Areas: Going Beyond Urban Metabolism” (REPAIR), coordinato dall’Università TU Delft. Relatore
invitato a conferenze nazionali e internazionali, e presso Università italiane e straniere, è membro del
Comitato Scientifico Internazionale per l’Economia della Conservazione ISCEC-ICOMOS e membro
del Consiglio Direttivo dell’Istituto Nazionale di Urbanistica Sezione Campania (INU). È Co-Direttore
della rivista “BDC - Bollettino del Centro Calza Bini” (eISSN 2284-4732, rivista scientifica di Classe A
in ambito ASN); Componente del Comitato di Redazione della rivista “Aestimum” (eISSN 1724-2118,
rivista indicizzata Scopus); Componente del Comitato Scientifico della rivista TRIA (ISSN 2281-4574,
rivista scientifica di Classe A in ambito ASN); Componente del Comitato Scientifico della rivista “Hou-
sing Policies and Urban Economics” (HoPUE) (eISSN 2282-0671).

Teresa Colletta, architetto, specializzato in Restauro dei monumenti, professore di storia urbanistica
e membro del Consiglio scientifico del Centro Interdipartimentale “Alberto Calza Bini” dell’Università
di Napoli “Federico II”. Membro esperto onorario dell’ICOMOS International Scientific Committee
on historic cities (CIVVIH) e Presidente del CIVVIH Mediterranean cities. Dal 1998 ad oggi, quale
esperto ICOMOS, è corrispondente per le “Missions Evaluation Reports” e per i “Desk Work” per la W.H.L.
dell’UNESCO. È autore di più di 160 pubblicazioni. Tra le più recenti: Città portuali del Mediterraneo. Le
colonie di mercanti stranieri tra Medioevo ed Età moderna (a cura di) (2012); Città storiche e turismo culturale (2013);
The role of the integrated conservation of cultural heritage for a creative, resilient and sustainable city (ed. by) (2013);
Per un turismo culturale qualificato. La segnaletica urbana e l’innovazione tecnologica (con O. Niglio) (2016). Festività
carnevalizie, Patrimonio culturale immateriale e città storiche (a cura di) (2018).

Angela Colonna, ricercatrice di Storia dell’Architettura e del Paesaggio, responsabile della Cattedra UNE-
SCO in Mediterranean Cultural Landscapes and Communities of Knowledge dell’Università degli Studi della
Basilicata. Ha redatto, con D. Fiore, il Piano di Gestione del sito UNESCO dei Sassi di Matera (2014). Tra le
pubblicazioni: Genealogia del presente e storiografia dell’architettura, Calebasse 2015; Vincenzo Corazza e gli anni
Trenta a Matera. Architetture e piani di un progettista delle istituzioni, Libria 2019 (con D. Fiore e E. Vadini).

Ileana Corbi, Ileana Corbi si è laureata con lode nel 1994 all’Università degli studi di Napoli “Fede-
rico II”. Vincitrice dal 1995 di numerose borse di studio e contratti presso università ed enti di ricerca
italiani, ha svolto attività di tutoraggio tesi e dottorati di ricerca, esami e corsi di insegnamento. Nel
2004 ha conseguito il titolo di Dottore di Ricerca in Rischio Sismico all’Università di Napoli “Fede-
rico II” sulla modellazione sismica mediante processi stocastici, successivamente ha svolto una borsa
di studio post-dottorato con assegno in Scienza delle Costruzioni per lo studio del comportamento di
strutture in muratura come archi e pannelli murari. Dal 2006 è Ricercatore Universitario per il settore
ICAR/08-Scienza delle Costruzioni presso il Dipartimento di Strutture per l’Ingegneria e l’Architettura
dell’Università di Napoli “Federico II” e ricercatore confermato dal 2009. Afferisce anche al Centro
Interdipartimentale “Calza Bini” dal 2009. Dal 2011 al 2015 membro del collegio docenti del Dotto-
rato in Rischio Sismico, dal 2018 membro del Dottorato di ricerca in “Ingegneria per l’Innovazione
e lo Sviluppo Sostenibile” dell’Università della Basilicata. Dal 2016 socio ICOMOS e membro del
comitato tecnico-scientifico internazionale ISCARSAH. Socio ASCE dal 2016 come membro di co-
mitati tecnico scientifici, socio IASS dal 2017. Dal 2006 insegna in corsi, monodisciplinari ed integrati,
inerenti la Scienza delle Costruzioni presso l’Università di Napoli, oltre a svolgere seminari e corsi di
approfondimento per professionisti. E’ autore e coautore di circa 70 lavori scientifici pubblicati su riviste
scientifiche, libri ed atti di convegni nazionali ed internazionali. Ha collaborato nell’ambito di progetti
di ricerca nazionali, finanziati da CNR, GNDT, GNDC, MURST, Protezione Civile, Regione Campa-
nia, Regione Molise e Regione Veneto, ed internazionali finanziati dalla Comunità Europea, quali l’Eu-
ropean Network su “Structural Assessment, Monitoring and Control” (S.A.M.CO.) e l’International
Project “Comparison of Vibration Control in Civil Engineering Using Passive and Active Dampers”
(CO.VI.CO.C.E.P.A.D.). La propria attività di ricerca teorica e sperimentale è incentrata sui temi fon-
damentali della Scienza delle Costruzioni quali: comportamento di solidi e strutture, stabilità dei pendii,
modelli per la distribuzione delle tensioni nel suolo di fondazione, interazione degli stress tra suolo e
struttura, dinamica e controllo strutturale, progettazione ed ottimizzazione di isolatori sismici, sviluppo
di modelli stocastici per l’ingegneria sismica, pericolosità, vulnerabilità e rischio sismico, statica degli
edifici in muratura, recupero strutturale del patrimonio monumentale, analisi sperimentali e numeriche
su pannelli e archi murari, analisi di strutture in muratura rinforzate con materiali compositi, ricerca
sperimentale in condizioni dinamiche su modelli rigidi con vincoli unilaterali.

Ottavia Corbi, è Professore di Scienza delle Costruzioni dal 2002 presso il Dipartimento di Strutture
della Università degli Studi di Napoli Federico II, con abilitazione di I fascia, dove ha tenuto, a partire
dal 2000, oltre settanta corsi istituzionali nell’ambito della Scienza delle Costruzioni, tra cui, oltre ai
corsi fondamentali, i corsi di Consolidamento Strutturale, Comportamento dei Materiali, Cantieri delle
Strutture, Ponti e Viadotti, Stabilità strutturale e dinamica delle costruzioni murarie. Autrice di oltre
due centinaia di pubblicazioni scientifiche pubblicate in eminenti riviste, volumi e atti di conferenze
nazionali ed internazionali, con oltre un migliaio di citazioni nelle banche dati scientifiche Scopus
e ISIweb. Autrice di sette volumi accademici editi da Liguori Editore e Fredericiana Editrice su una
varietà di argomenti scientifici, che includono la meccanica generale dei solidi e delle strutture sino al
controllo strutturale delle vibrazioni dinamiche delle costruzioni. Coordinatrice della collana editoriale
di Ingegneria Strutturale, edita da Liguori Editore. Editrice di oltre una decina di monografie interna-
zionali, pubblicate con accademici di rilievo internazionale, su tematiche della meccanica strutturale.
Keynote Lecturer in oltre una decina di conferenze internazionali sui temi dei materiali avanzati smart,
della modellazione ed analisi strutture in muratura, delle tecniche classiche ed innovative di consoli-
damento delle costruzioni, della ottimizzazione strutturale, dei materiali compositi. Editore associato
delle riviste scientifiche internazionali SCI di Advances in Civil Engineering, Transactions on Systems
and Control, and Transactions on Applied and Theoretical Mechanics, e membro dei comitati scien-
tifici di altre cinque riviste internazionali SCI. Coordinatrice del comitato scientifico per le CNR-DT
213/2012, “Linee-Guida per la Valutazione della Sicurezza Statica dei Ponti Esistenti in Muratura”,
con il prof. Baratta, all’interno della “Commissione per la Formulazione e Analisi delle Norme Tecni-
che delle Costruzioni” del Consiglio Nazionale delle Ricerche, e membro di altri comitati scientifici del
CNR per le Linee-Guida, tra cui quelli inerenti tematiche correlate ai materiali fibrorinforzati per il
consolidamento strutturale, e al progetto di interventi con compositi a matrice cementizia. Membro del
comitato scientifico di gruppi di ricerca internazionali, tra cui lnternational Council of Monuments and
Sites, di consulenza scientifica per l’UNESCO, e la American Society of Civil Engineering.

Pasquale De Toro, professore associato di Estimo e Valutazione (SSD ICAR/22) presso il Dipar-
timento di Architettura dell’Università di Napoli Federico II, ricopre il ruolo di Direttore del Centro
Interdipartimentale di Ricerca in Urbanistica “Alberto Calza Bini”. Svolge attività di ricerca nel settore
dell’elaborazione di Sistemi di Supporto alla Decisione in campo architettonico, urbano e ambientale,
e in particolare nell’integrazione tra metodi e strumenti di valutazione economica e multi-criterio. Si
occupa inoltre dell’elaborazione di approcci integrati di valutazione multidimensionale con l’ausilio di
Sistemi Informativi Geografici (GIS) per il supporto alla decisione a scala urbana e territoriale (meta-
bolismo urbano, mercato immobiliare, interazione città-aree portuali, servizi ecosistemici, ecc.). È stato
componente di diversi progetti di ricerca e responsabile scientifico di progetti, accordi e convenzioni
di ricerca a livello nazionale e internazionale. Relatore invitato a convegni (nazionali e internaziona-
li) presso Università italiane e straniere. È socio ordinario del Centro Studi di Estimo ed Economia
Territoriale (Ce.S.E.T.), socio della Società Italiana di Estimo e Valutazione (SIEV), componente del
Consiglio Direttivo Nazionale dell’Associazione Analisti Ambientali (AAA), dell’ICOMOS Italiana,
del Comitato Scientifico Internazionale per l’Economia della Conservazione (ISCEC-ICOMOS) e del
Consiglio Direttivo dell’INU–Sezione Campania. Direttore della rivista “Le Valutazioni Ambientali”
(eISSN 2611-5336); Co-Direttore della rivista “BDC - Bollettino del Centro Calza Bini” (eISSN 2284-
4732, rivista scientifica di Classe A in ambito ASN); Componente del Comitato di Redazione della ri-
vista “Aestimum” (eISSN 1724-2118, rivista indicizzata Scopus); Componente del Comitato Scientifico
della rivista TRIA (ISSN 2281-4574, rivista scientifica di Classe A in ambito ASN); Componente del
Comitato Scientifico della rivista “Housing Policies and Urban Economics” (HoPUE) (eISSN 2282-
0671).

Rosa Anna Genovese, Professore Associato, abilitata come Professore Ordinario di Restauro (ICAR
19), dell’Università degli Studi di Napoli ‘Federico II’- DiARC; Coordinatore scientifico, dal 1976 al
2005, delle attività didattiche, culturali e di ricerca, della Scuola di Specializzazione in Restauro dei monu-
menti dell’Università di Napoli ‘Federico II’. Membro dell’ICOMOS Academy dal 2009. Membro Esperto
dei Comitati Scientifici Internazionali ICOMOS: Theory and Philosophy of Conservation and Restoration of
Cultural Property (TheoPhilos), e Cultural Routes (CIIC). Membro del Comitato Esecutivo Internazionale
ICOMOS (1999-2005) e Segretario Generale del Comitato Italiano ICOMOS (1981-2007). Coordina-
tore dei Comitati Scientifici Italiani (CSN) ICOMOS. Autrice di circa centottanta pubblicazioni a stam-
pa sulla Conservazione integrata, il Restauro, la Tutela e la Valorizzazione del Patrimonio culturale. E’
stata promotrice, coordinatore scientifico e relatore di innumerevoli Congressi scientifici e di Simposi,
nazionali ed internazionali, dei quali ha spesso curato la pubblicazione degli Atti (circa quaranta Vo-
lumi). Redattore capo della Rivista Restauro dal 1979 al 2004. Redattore per l’Italia della Rivista inter-
nazionale ICOMOS information (1985-1990). Vincitrice nel 2000 del Premio nazionale Capri–San Michele
(sezione Arte) per il Volume Gaetano Genovese e il suo tempo. Direttore di numerosi cantieri di Restauro
architettonico, tra il 1980 ed il 1991, nell’équipe del prof. Roberto Di Stefano ed a titolo personale.

Albert Gerhards, è un teologo cattolico tedesco, sacerdote e scienziato liturgico. Dopo essersi diplo-
mato al liceo umanistico comunale di Viersen, Gerhards ha studiato filosofia e teologia all’Università
di Innsbruck e alla Gregoriana a Roma dal 1970 al 1977. Dopo l’ordinazione a Roma nel 1976, ha
completato la licenza in teologia dogmatica e ha conseguito il dottorato dal 1977 al 1982 presso la
Facoltà di teologia cattolica di Treviri con Balthasar Fischer con una tesi sul greco “Gregoriosanaphora:
un contributo alla storia della preghiera eucaristica”. Dopo aver lavorato come assistente scientifico a Fischer
dal 1979 al 1981 e aver lavorato come cappellano a Sant’Elena (Mönchengladbach-Rheindahlen), è
stato incaricato nel 1984 come professore di scienze liturgiche presso la Facoltà di teologia cattolica
dell’Università di Bochum. Dal 1985 al 1996, ha guidato il gruppo di lavoro per l’architettura della
chiesa e l’arte sacra della commissione liturgica della Conferenza episcopale tedesca ed è membro del
gruppo di lavoro ecumenico di teologi protestanti e cattolici dal 1989. Dal 1989 è professore ordinario
di scienze liturgiche presso la Rheinische Friedrich-Wilhelms-Universität di Bonn, dove ha ricoperto
anche l’incarico di decano dal 1996 al 1998. Dal 1998 al 2002 è stato portavoce del gruppo di lavoro dei
docenti di liturgia cattolica nell’area di lingua tedesca e dal 1991 al 2001 consigliere della Commissione
Liturgica della Conferenza episcopale tedesca. Dal 2003 è anche membro del comitato consultivo scien-
tifico del Convegni Liturgici Internazionali des Monastero di Bose (Italia), vice portavoce del Centro
per la religione e la società di Bonn (ZERG), consigliere della sottocommissione DBK per le relazioni
religiose con l’ebraismo (dal 2006), membro della Comitato consultivo di “Art and Church” (dal 2007) e
membro del comitato scientifico della rivista “Arts sacrés” (dal 2009). I suoi principali interessi di ricerca
riguardano le aree della storia, della teologia e della pratica della liturgia (compresa la preghiera euca-
ristica), Ecumenismo, musica sacra, arte e chiesa, nonché del dialogo interreligioso. Negli ultimi anni la
sua ricerca si è concentrata anche sull’educazione sacrale, sull’estetica liturgica e sul riuso adattivo del
patrimonio religioso.

Stefano Gizzi, Laureato in Restauro dei Monumenti nel 1977, ha conseguito nel 1982 la specializza-
zione post-lauream in «Restauro dei Monumenti» e nel 1993 quella in «Restauro archeologico» presso la
Scuola Archeologica Italiana di Atene. Dirigente architetto del MiBACT dal 2002, ha svolto funzioni
dirigenziali come Soprintendente in Sardegna, Campania, Calabria, Marche (rivestendo di quest’ul-
tima Regione anche l’interim di Direttore Regionale nel 2014) e Umbria. Prima Segretario Regionale
MiBACT in Abruzzo (luglio 2016‒settembre 2017), Segretario Generale poi, dal maggio 2018 ad aprile
2019, ha diretto ad interim la Soprintendenza del Lazio meridionale e della Provincia di Rieti. Direttore
di importanti restauri tra cui quelli sul complesso archeologico di Villa Adriana a Tivoli (Roma), sulla
Villa di Nerone ad Anzio e sulla chiesa di San Bernardino a Urbino. RUP per la ricostruzione di tre
chiese di Amatrice e del grande progetto di Capodimonte. Membro del Consiglio direttivo di ICOMOS
Italia. È stato professore a contratto presso le Università di L’Aquila, Sassari, Viterbo, Ravenna, Napoli,
e lo è attualmente presso il Politecnico di Bari. È stato invitato a tenere conferenze e lezioni di storia
dell’architettura e di restauro presso le Università di Granada e Valladolid (Spagna), Puebla, Cuerna-
vaca e Città del Messico (Messico), Firenze, L’Aquila e Palermo e presso il Servei del Patrimoni Arquitectònic
Local de la Diputació de Barcelona. Ha tenuto, nel 2006, la lezione inaugurale presso il Master de Restaura-
ción Arquitectónica dell’Università degli Studi di Valladolid (Spagna). Ha dato atto del suo interesse per
le tematiche del restauro e della storia dell’architettura in oltre 250 pubblicazioni.

Antonia Gravagnuolo, Ricercatrice presso il CNR IRISS – Istituto di Ricerca su Innovazione e Ser-
vizi per lo Sviluppo. Co-coordinatrice del progetto di ricerca europeo Horizon 2020 “CLIC – Circular
models Leveraging Investments in Cultural heritage adaptive reuse” e responsabile scientifico per la
valutazione degli impatti multidimensionali del riuso adattivo dei beni culturali nella prospettiva dell’e-
conomia circolare. Architetto specializzato nella valutazione di piani e progetti urbani e territoriali. Nel
2015 ha conseguito il titolo di Dottore di Ricerca in “Metodi di valutazione per la conservazione inte-
grata, recupero, gestione e manutenzione del patrimonio architettonico, urbano e ambientale” presso
l’Università degli Studi di Napoli Federico II.

Christer Gustafsson, Ph.D. è Professore Ordinario in Conservazione presso il Dipartimento di Sto-


ria dell’Arte della Uppsala University (Svezia). Dal 2005 al 2012 è stato direttore dei Musei Regionali
e del Patrimonio di Halland. Professore Onorario alla Nanjing University (China), visiting professor
alla Università di Milano IULM, membro del Consiglio di Facoltà della IPMI International Business
School (Jakarta), al Politecnico di Torino e all’Università degli Studi di Torino. Membro dell’Advisory
Committee dell’ICOMOS; Segretario Generale del Comitato Scientifico Internazionale per l’Econo-
mia della Conservazione (ISCEC-ICOMOS); Vice Presidente del gruppo di esperti per l’European
Heritage Label (nominato dalla Commissione europea) che prende decisioni per la versione europea
della Lista Mondiale dei Siti UNESCO. È stato responsabile di diversi grandi progetti di conservazione
in Europa, tra cui uno nella regione del Mar Baltico è stato nominato come miglior progetto al mondo
all’UN World Summit di Johannesburg nel 2002. Oggi è presidente per e occupato con l’istituzione
dell’Accademia del Patrimonio Mondiale in Cina. Membro della Task Force ICOMOS, un gruppo di
esperti internazionali (ICOMOS, UCGL e IUCN) con lo scopo di costituire un processo coordinato ed
effettivo di sostegno per la localizzazione e il monitoraggio degli Obiettivi di Sostenibilità delle Nazioni
Unite e della Nuova Agenda Urbana dell’UN-Habitat e per integrare le questioni relative al patrimonio
culturale nei prossimi Obiettivi di Sostenibilità (Agenda 2045). Premiato con Medaglia d’oro dal Mini-
stro della Cultura polacco nel 1999. Presidente del Consiglio di Amministrazione per ‘Good and Green’
(Regno Unito). È stato Project Leader dell’Halland Model International 1996-2004. Membro del Con-
siglio di Amministrazione di Direttori per i Beni Culturali senza frontiere. È stato membro del gruppo di
esperti della Commissione europea per un’Agenda Europea per Ricerca e Innovazione sul Patrimonio
Culturale (“Getting Heritage to Work for Europe”). La sua ricerca interdisciplinare si sta concentrando
sulle sfide e le opportunità di portata transfrontaliera per il patrimonio culturale come motore per una
crescita sostenibile e per uno sviluppo regionale/urbano basato sull’innovazione. Al momento è impe-
gnato nel progetto di ricerca europeo Horizon 2020 “CLIC ‒ Circular Models Leveraging Investments
in Cultural Heritage Adaptive Reuse”, nella ricerca sui “Fields of Creative Powers” e nel progetto di
ricerca europeo Horizon 2020 “RURITAGE ‒ Heritage for Rural Regeneration”.

Silvia Iodice, Dottore di Ricerca in Architettura (Doctor Europaeus), area tematica: Urbanistica e
Valutazione, presso il Dipartimento di Architettura dell’Università degli studi di Napoli Federico II, con
una tesi dal titolo: “Urban Metabolism and Construction & Demolition Waste. Life Cycle Assessment
as a tool to support the territorial regeneration”. I principali interessi di ricerca riguardano la Life Cycle
Assessment ed i metodi di valutazione del metabolismo urbano e dei servizi ecosistemici. Altri temi com-
prendono l’Analisi Multi-Criterio integrata ai Sistemi Informativi Geografici, con utilizzo di indicatori
ecologici, economici e sociali per la valorizzazione del patrimonio culturale e naturale.

Pietro Laureano (www.laureano.it, www.ipogea.org), consulente Unesco per le zone aride, la gestione
dell’acqua, la civiltà islamica e gli ecosistemi in pericolo. Coordina per l’UNESCO, la UE e la società
no profit da lui fondata IPOGEA progetti sul paesaggio e di restauro degli ecosistemi con tecniche tra-
dizionali in tutto il mondo. Tra le sue visioni, realizzazioni e interventi le oasi nel Sahara e in Arabia,
Lalibela in Etiopia, Petra in Giordania, Shibam in Yemen e l’iscrizione UNESCO di Matera che ha in-
nescato l’enorme successo di questa città fino alla vittoria di Capitale Europea 2019. Ha insegnato nelle
Università di Algeri, Firenze e Bari. Attualmente è professore a contratto di Conoscenze tradizionali e
Innovazione nel Master Futuro Vegetale dell’Università di Firenze.

Cettina Lenza (Salerno 1954), architetto, è professore ordinario di Storia dell’Architettura presso
l’Università della Campania “Luigi Vanvitelli”. Autrice di numerosi articoli, saggi, contributi in volume
e monografie, indirizza i suoi prevalenti interessi di studio sull’architettura di età contemporanea e su
questioni metodologiche e critiche. Tra i progetti di ricerca, si segnala il ruolo di coordinatore nazionale
del PRIN 2008 I complessi manicomiali in Italia. Atlante del patrimonio storico-architettonico ai fini della conoscenza e
della valorizzazione. Annovera diverse affiliazioni a società scientifiche. Attualmente è membro del Consi-
glio direttivo di ICOMOS Italia e coordinatore del Comitato Scientifico sul Patrimonio del XX secolo.

Francesca Nocca, nel Novembre 2010 si laurea con lode in Architettura presso l’Università degli
Studi di Napoli Federico II dove, nel 2017, consegue anche il titolo di Dottore di ricerca in Architettura
(curriculum in pianificazione, urbanistica e valutazione). Dal 2018 al 2020 svolge attività di ricerca
come titolare di assegno di ricerca presso il Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi
di Napoli Federico II, nell’ambito del Progetto PRIN 2015 dal titolo “Le città metropolitane: strategie
economico territoriali, vincoli finanziari e rigenerazione circolare”. Da Febbraio 2020 è docente a con-
tratto di Estimo, presso il Dipartimento Di Architettura dell’Università degli Studi di Napoli Federico
II. Attualmente è socia del Centro Studi di Estimo ed Economia Territoriale (Ce.S.E.T.), nonché socia
dell’Associazione Analisti Ambientali (AAA) e dell’ICOMOS.

Anna Onesti, architetto e PhD in “Metodi di Valutazione per la Conservazione Integrata, Recupero,
Manutenzione e Gestione del Patrimonio Architettonico, Urbano ed Ambientale”. È Funzionario Archi-
tetto presso il Parco Archeologico di Pompei, dove è Responsabile dell’Area Tutela Patrimonio Culturale e
dell’Ufficio Tutela Beni Paesaggistici. È anche Tutor Scientifico per le Attività di Alternanza Scuola-Lavo-
ro. Dal 2016 è membro del ICOMOS Italia (International Council On Monuments and Sites).

Christian Ost, è un economista con una vasta esperienza nella gestione delle istituzioni educative,
nella teoria del ciclo economico e nell’economia del patrimonio. Ha conseguito un dottorato di ricerca
in economia presso l’Università Cattolica di Lovanio, un master in economia presso l’Università di
Georgetown e un certificato in studi europei presso l’Università di Ginevra. È professore di economia
ed ex preside (Rettore Onorario) della ICHEC Brussels Management School, docente ospite presso
l’Université catholique de Louvain, la Katholiek Universiteit Leuven (Centro Internazionale Raymond
Lemaire per la Conservazione), l’Ecole Supérieure d’Architecture Paris-Belleville e la Burgundy School
of Business di Dijon. Per quanto riguarda la sua competenza in economia del patrimonio culturale,
è stato coautore, insieme a Raymond Lemaire, del rapporto del 1984 alla Commissione Europea per
l’Economia del Patrimonio Culturale Costruito; visiting lecturer presso l’ICCROM e molte altre isti-
tuzioni in tutto il mondo; membro del Comitato Economico Internazionale dell’ICOMOS, che ha
presieduto dal 2000 al 2005; guest scholar in residence presso il Getty Conservation Institute di Los
Angeles nel 2008-2009, conducendo una ricerca sull’Economia del Patrimonio nelle Città Storiche.
Inoltre è membro del Comitato Scientifico Consultivo, Global Heritage Funds, Palo Alto, USA. Ha
partecipato a numerosi simposi, congressi, conferenze internazionali ed è stato invitato come docente
ospite in numerose Università di tutto il mondo. Esperto per la Banca Mondiale, UNESCO, Consiglio
d’Europa, Commissione Economica.

Maria Rita Pinto, architetto, PhD in Recupero edilizio ed ambientale, Professore Ordinario di Tecnologia
dell’Architettura, presso il Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi di Napoli Federico II.
Svolge attività di ricerca sui temi dell’innovazione tecnologica per il riuso e la manutenzione program-
mata dell’ambiente costruito. E’ coordinatore scientifico del progetto Creative Europe, Artists in Archi-
tecture (Call for Proposals EACEA 32/2017 and EACEA 35/2017) ed autrice di monografie e articoli
scientifici su riviste internazionali.

Piergiuseppe Pontrandolfi, architetto, è professore associato di Tecnica e Pianificazione Urbanistica


presso il DiCEM (Dipartimento delle Culture Europee del Mediterraneo) dell’Università degli Studi
della Basilicata a Matera. Svolge attività di ricerca sulle politiche urbane e territoriali e sulle nuove
forme e strumenti di governo del territorio. Componente di gruppi di ricerca nell’ambito di progetti eu-
ropei sui temi dello sviluppo locale e della pianificazione territoriale. Ha scritto saggi ed articoli su riviste
italiane ed internazionali di settore, oltre ad essere autore di alcune pubblicazioni. E’ stato Assessore
all’Urbanistica del Comune di Potenza. Dal 2003 al 2006 è stato coordinatore del Master universitario
di secondo livello promosso dalla Università della Basilicata su “Nuovi strumenti di governo e gestione
del territorio”. Curatore per l’editore Librìa della collana “Territorio e Cultura di Piano”.

Serena Viola, architetto, PhD in Recupero edilizio ed ambientale, Professore Associato di Tecnologia dell’Ar-
chitettura, presso il Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi di Napoli Federico II. Svolge
attività di ricerca sui temi delle tecnologie per la manutenzione e il recupero dell’ambiente costruito.
Negli anni 2018 – 2020, con il ruolo di Project Manager, ha collaborato al progetto Creative Europe,
Artists in Architecture (Call for Proposals EACEA 32/2017 and EACEA 35/2017). E’ autrice di articoli
scientifici e monografie sui temi dell’innovazione tecnologica nel recupero dei sistemi insediativi an-
tichi. Integrata del patrimonio culturale e paesaggistico, strategie e strumenti per lo sviluppo urbano
sostenibile e la rigenerazione del patrimonio culturale e del paesaggio nella prospettiva dell’economia
circolare, in particolare nelle città storiche, metropolitane e portuali.
Il libro tratta della rigenerazione circolare human-centred di Matera. MATERA, CITTÀ DEL SISTEMA
La bellezza è la caratteristica generale del paesaggio storico di Matera,
ECOLOGICO UOMO/SOCIETÀ/NATURA

MATERA, CITTÀ DEL SISTEMA ECOLOGICO UOMO/SOCIETÀ/NATURA:


IL RUOLO DELLA CULTURA PER LA RIGENERAZIONE DEL SISTEMA URBANO/TERRITORIALE
interpretato come un sistema dinamico complesso che comprende la cit-
tà antica, la nuova città e il territorio. Intorno alla bellezza (forse anche
“dolente”) si articolano i diversi contributi del volume. Come conservarla IL RUOLO DELLA CULTURA PER LA RIGENERAZIONE
facendola diventare motore di nuovo sviluppo? La tesi generale è che tale
rigenerazione va inquadrata nella prospettiva dell’“economia circolare” DEL SISTEMA URBANO/TERRITORIALE
che è un’economia in cui tutti i valori economici co-esistono e co-evolvono
con i valori ecologici e con quelli sociali/umani.
a cura di
Nella rigenerazione human-centred le persone e la cultura sono al centro
della rigenerazione circolare della città, Capitale Europea della Cultura Luigi Fusco Girard, Claudia Trillo e Martina Bosone
nel 2019. La cultura plasma il modo in cui la gente vive, lavora, produce,
consuma, trasforma, si relaziona con gli altri e con la natura determinando
scelte e comportamenti. È la lente attraverso la quale trasformare ogni
sito, anche quelli abbandonati e in degrado, in un sistema vivente.
Il punto di partenza della suddetta strategia di rigenerazione è
l’identificazione del “valore intrinseco” del sistema urbano materano.
Esso va inteso come il significato essenziale, il valore intangibile che
rappresenta il fondamento di altri valori, che ha plasmato la struttura
organizzativa costruita nel corso di molti secoli. Oggi, questo “valore
intrinseco” può offrire una direzione coerente ed efficace per lo sviluppo
circolare human-centred del sistema materano, facendo così di Matera un
caso esemplare con riferimento al paradigma dell’economia circolare.

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