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REUMATOLOGIA

(Can. A, Prof. Meliconi)


Laura Bambini e Giorgia Gribaudo

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Programma:
● Cenni di anatomia, istologia e fisiologia delle articolazioni;
● Segni e sintomi delle malattie articolari infiammatorie e non-infiammatorie;
● Artrite reumatoide;
● Spondiloartriti sieronegative;
● Cenni su artriti idiopatiche giovanili;
● Osteoartrosi;
● Artriti infettive;
● Artrite da microcristalli (gotta);
● Miopatie infiammatorie;
● Polimialgia reumatica e cenni sulle vasculiti.

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SEMEIOTICA
La reumatologia è una branca della Medicina Interna ma è anche confinante con altre branche quali
la nefrologia/urologia e l’ortopedia; la reumatologia si riferisce ai famosi “reumi” e si occupa delle
malattie delle articolazioni.
Ci sono in realtà due capitoli:
- Malattie articolari
- Malattie sistemiche reumatiche che entrano nel campo delle connettiviti/vasculiti
Circa il 20-30% delle visite dal mmg riguardano disturbi muscolo-scheletrici (la maggior parte di
scarsa/nulla rilevanza clinica).

Articolazioni:
I due capi ossei sono rivestiti da una cartilagine ialina e da
un film veramente sottilissimo di liquido sinoviale; possono
esserci strutture fibrocartilaginee (es menischi) ma quella
costante è la ialina.
C’è poi un manicotto di membrana sinoviale (sede della
maggior parte delle artriti) che si continua
omogeneamente all’esterno fino alla capsula articolare,
una struttura molto fibrosa che insieme ai legamenti e ai
tendini dei muscoli tiene in sede l’articolazione.
La zona di attacco del tendine all’osso viene definita entesi
(in generale attacco di una struttura fibrosa all’osso) ed è
stata molto studiata.
Le borse hanno una funzione puramente meccanica per l’assorbimento di pressione e urti e per
evitare lo sfregamento e ridurre l’attrito tra le varie strutture (ad esempio la borsa pre-patellare che si
infiammava e gonfiava nel “ginocchio della lavandaia”).

Malattie principalmente articolari:


- Forme infiammatorie (artriti):
1. da meccanismi immunologici: artrite reumatoide, spondiloartriti sieronegative, artriti
croniche giovanili
2. da agenti infettivi: (rare) artriti batteriche, virali, fungine
3. da microcristalli: (abbastanza numerose) gotta, condrocalcinosi
- Forme degenerative (osteoartrosi, 85% delle malattie reumatiche) o non-infiammatorie o
meccaniche: anche se le ultime evidenze riconoscono come base fisiopatologica un tipo di
infiammazione, sebbene diverso da quello alla base delle artriti.

Raccolta anamnesi – info da ottenere:


- Dati demografici
- Anamnesi familiare
- Anamnesi patologica remota e recente: specialmente per pazienti colpiti da malattie croniche
che come spesso accade si spostano tra vari centri
- Anamnesi farmacologica ed altri trattamenti: oltre alle eventuali allergie questi pz sono sempre
sotto una terapia di fondo, per la malattia e non per i sintomi, che magari è stata interrotta
perché non funzionava o aveva dato effetti collaterali, quindi è importante saperlo per non
dare terapie già sperimentate e poi abbandonate.
- Anamnesi occupazionale
- Sintomi della malattia
- Storia naturale della malattia
- Conseguenze della malattia: quelle che esulano dall’esame obiettivo

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Sintomi guida delle malattie reumatiche:
1. Dolore (99%): essendo comune a tutte le manifestazioni bisogna analizzarlo attentamente per
poter fare una anamnesi differenziale.
- Sede: può nascere in tutte le strutture dell’articolazione ad eccezione della cartilagine
(aneurale ed avascolare)
- Tempo: necessario il pattern durante i mesi, le settimane e spt nelle 24h
- Modo: modalità di insorgenza, fattori di induzione e regressione ed intensità
Le caratteristiche del dolore sono diverse in malattia:
- Infiammatoria: continuo, presente a riposo, accentuato nelle ultime ore della notte ed al
mattino. Dipende dal ritmo circadiano di cortisolo e citochine pro-infiammatorie, che hanno
andamento opposto con zenit rispettivamente intorno a mezzogiorno e intorno a mezzanotte,
per cui fisiologicamente nelle ore notturne c’è una condizione pro-infiammatoria, in quanto è il
momento in cui gli agenti infettivi hanno maggiore attività di attacco per via della nostra
condizione di “risparmio energetico” per cui le risorse vengono impiegate nella lotta ai
microrganismi).
- Meccanica: recede con il riposo e si accentua con il movimento dopo il riposo
(patognomonico).
2. Rigidità: che spesso si associa al dolore.
- Infiammatoria (stiffness): durata prolungata (>30-60 minuti per essere significativa o
patologica); anche questa è legata al ritmo circadiano del cortisolo e delle citochine
infiammatorie, per cui la rigidità aumenta al mattino.
- Meccanica (jelling): di breve durata (<30 minuti), di insorgenza che segue un periodo di
inattività e che migliora con l’esercizio.

Le malattie reumatologiche sono croniche ma hanno diverse tempistiche:

- Ad esempio l’attacco acuto di gotta dura poco: recede spontaneamente dopo alcuni giorni, ma
il paziente non potrebbe sopportare per più di un paio d’ore la sensazione dolorosa senza
l’intervento del personale sanitario.
- Artrite reumatoide: insorge l’attacco acuto (ad esempio dopo il parto in una donna affetta
succede spesso) e viene somministrato il metotrexate (farmaco più usato) che migliora la
situazione in acuto, poi succede un evento stressante e si ripresenta un peggioramento e così
via, e di volta la remissione avviene in maniera sempre meno efficace.
- Artrite reattiva: forma semi-acuta con una uretrite/cistite o una dissenteria (processo infettivo a
carico di VU o GI) che precede l’artrite.
- Osteoartrosi: sono pazienti che risentono tantissimo dei danni, in seguito ai quali il
peggioramento è irreversibile (i problemi si risolvono ad esempio con una protesi).

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La storia naturale delle malattie articolari porta verso il raggiungimento di un handicap, attraverso
prima una disfunzione dell’articolazione/i colpita/e, e poi una disabilità che è destinata a peggiorare
fino ad uno stato finale di dipendenza dagli altri che può avere ripercussioni anche sulla sfera della
psiche.

Esame obiettivo:
- Presenza di articolazioni alterate (in gran parte i dolori che
vengono presentati sono “artro-mialgici” aspecifici che non
comportano grandi conseguenze)
- Natura dell’alterazione: ricerca di segni di infiammazione in atto o di
danno osseo irreversibile (...)
- Distribuzione delle articolazioni alterate: bisogna valutare il
numero di articolazioni interessate (questo è importante perché molto
spesso i referti indicano una oligoartrite -da 2 a 4 colpite- che,
sebbene sia una diagnosi aspecifica, indirizza in una direzione
diagnostica perché generalmente la oligo si associa alla
spondiloartrosi e poli alla AR), se sono le grandi e/o le piccole,
periferiche e/o assiali, ad arti superiori e/o inferiori.
- Presenza di alterazioni di altri apparati utili per la diagnosi
(comunemente cute, possibilmente SNC, rene e raramente polmone): ad esempio la diarrea si
associa a artrite reattiva, la pericardite a AR, LES e ACG, la fibrosi polmonare a sclerodermia,
AR e consumo di metotrexate.

L’esame obiettivo reumatologico si compone delle seguenti fasi:


1. Ispezione:
- Gonfiore: fondamentale per sostenere la patologia
- Arrossamento: non necessariamente, in quanto comune in infiammazioni acute piuttosto che
in malattie croniche
- Deformità: termine da abolire come quello di “artrite deformante” in quanto sembra identificare
l’obiettività clinica come qualcosa di esteticamente sgradevole.
2. Palpazione:
- Dolorabilità: il dolore provocato alla palpazione (tenderness) è caratteristico di infiammazione
- Calore
- Tumefazione
3. Movimento: (limitato nell’infiammazione a causa del dolore)
- Attivo
- Passivo
- Contro resistenza
Vanno ricercati i segni di:
Infiammazione in atto:
- tumefazione
- dolorabilità alla pressione (non necessariamente collegata a segni visibili, per cui vanno
controllate alla palpazione TUTTE le articolazioni)
- perdita di funzione
- calore
- arrossamento (gli ultimi 3 rari)
Danno osseo irreversibile:
- deformazione
- tumefazione dura
- perdita di funzione
- dolore assente o lieve

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ARTRITE REUMATOIDE
L’artrite reumatoide è una malattia infiammatoria cronica che colpisce le articolazioni diartrodiali (con
membrana sinoviale), anche se può potenzialmente coinvolgere ogni distretto dell’organismo
(connettivite con interessamento di reni, polmoni, SNC, cuore…).
L’articolazione si compone di osso, cartilagine e membrana sinoviale: quest’ultima è quella colpita
dalla sinovite reumatoide ma, essendo l’AR una connettivite, può essere ubiquitaria.

Epidemiologia
- Prevalenza: 0,2-0,6% (media 0.4%) della popolazione Italiana, che arriva all’1% nei paesi
nordici
- Rapporto F/M: 4:1
- Età di esordio: qualsiasi con picco tra 40 e 60 anni
Una storia positiva di familiarità aumenta il rischio di sviluppare AR da 3 a 5 volte e la concordanza
tra i gemelli è alta, dimostrando l’implicazione di fattori genetici nella patogenesi della AR.
L’ereditabilità della AR è attualmente stimata ad un 40-60% per la forma sieropositiva, sul 20% per la
sieronegativa: non è una trasmissione in senso mendeliano ma solo una familiarità che si basa sulla
componente genetica riguardante il sistema immunitario, con la forma sieropositiva che è la più
autoimmune.
La componente genetica non può prescindere dal Complesso Maggiore di Istocompatibilità (MHC),
anche detto HLA (Human Leucocyte Antigen), un gruppo di geni polimorfici costituito da 30 unità
localizzato sul cromosoma 6. Le più conosciute codificano per :
- proteine espresse sulla membrana cellulare le quali espletano una funzione di riconoscimento
di alcuni agenti proteici da parte delle cellule del sistema immunitario
- importanti peptidi quali le frazioni del complemento e le proteine appartenenti alla famiglia del
TNF (Tumor Necrosis Factor o Fattore di Necrosi Tumorale)
Dunque sono geni che regolano sia la risposta innata che quella acquisita.
Esistono due principali classi di queste molecole e geni: la classe I (MHC-I) e la classe II (MHC-II).
Da anni si studia sui polimorfismi genici associati all’aumento di suscettibilità alla AR ed ognuno di
essi è associato ad un rischio differente: la variante HLADRB1 ad esempio possiede un odd ratio di
2.86, mentre tutti gli altri sono più bassi e si attestano intorno all’1.16, per cui il rischio che
conferiscono è minimo (probabilmente questo viene dato da un insieme di polimorfismi che agiscono
in concerto); in più ci sono polimorfismi protettivi (odd ratio <1).

Fisiopatologia:

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Schema abbastanza teorico che, partendo dalla presenza di geni che conferiscono suscettibilità
(shared epitope), unisce fattori ambientali, soprattutto il fumo (dimostrato senza dubbi), ma in
generale l’esposizione ricorrente a batteri endogeni/esogeni o altri agenti stimolanti l’immunità: negli
ultimi tempi per molte malattie ci si interessa al microbioma/microbiota (intestinale, cutaneo, orale,
bronchiale) per cui è importante capire il rapporto di causalità che potrebbe sussistere tra le
variazioni di questa popolazione e l’insorgenza della malattia.
Questi fattori ambientali comportano modificazioni epigenetiche, spt la citrullinazione delle proteine: è
stato identificato (da una decina di anni) un autoab specifico anti-CCP (ACPA), diretto contro peptidi
citrullinati (Arg -> Citrullina); molte proteine vengono citrullinate e vengono dunque usate per testare
la presenza di questo anticorpo.
Il fattore reumatoide è un anticorpo diretto verso il frammento Fc delle IgG, di classe variabilissima
ma viene dosato quello IgM (clinicamente più importante): FR e ACPA compaiono quasi sempre
prima di ogni manifestazione clinica di molte malattie autoimmuni (LES, AR sicuramente dimostrate).
In Scandinavia i centri trasfusionali tengono il siero di donatori anche di decenni prima: in uno studio
sono stati identificati i donatori a cui era poi venuto LES o AR ed è stato evidenziato che questi ab
iniziano ad essere positivi anche 10 anni prima ed aumentano per frequenza tra i pz e come titolo
nello stesso pz all’avvicinarsi dello sviluppo clinico della malattia.
Ipotesi two hits:
- primo evento per lo sviluppo dell’autoimmunità
- secondo che localizza il processo autoimmune nell’articolazione (banalmente si dice che un
danno all’articolazione abbia richiamato l’infiammazione e gli anticorpi lì).
Il pz inizia ad essere dolorante e gonfio nell’articolazione: si sviluppa la sinovite.

Nello sviluppo della AR sono state individuate 6 fasi:


1. genetica
2. fumo e fattori ambientali (ad esempio del microbiota intestinale)*
3. autoanticorpi (in circolo senza manifestazioni cliniche)
4. primi sintomi (vaghi)
5. artrite indifferenziata
6. AR
Noi possiamo iniziare a curare i pz dalla fase 4, ma nei paesi nordici si screenano le donatrici per
individuare precocemente gli ab di fase 3 e seguirle nel tempo.

*Fumo e artrite:
Il fumo provoca un aumento dell’enzima che determina la
citrullinazione ma anche produzione di molecole infiammatorie
che nell’insieme determinano una low-grade systemic
inflammation.

La sinovite reumatoide ha un’istologia molto caratteristica: la


sinovia normale è un sottile tessuto di rivestimento della cavità
articolare con un singolo strato di sinoviociti (a volte fenestrato)
con uno strato di connettivo sottostante con poche cellule, pochi
vasi e pochissimi linfatici.
Nella sinovite innanzitutto c’è una proliferazione basale unita ad
una circonvoluzione del vaso che porta le cellule infiammatorie
mononucleate a disporsi intorno al vaso e poi a cadere nella
cavità articolare, perché nel tessuto sinoviale ci sono poche
molecole di adesione che bloccano i neutrofili (a differenza delle
altre cellule immunitarie); segue una pluristratificazione lining
layer dei sinoviociti variabile.

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In un aggregato linfoide intorno a un vaso di una membrana con sinovite si osservano T linfociti
sparsi, B linfociti nella zona centrale e plasmacellule nella periferica; queste cellule formano la
“neolinfogenesi”, veri follicoli linfatici con anche centro germinativo che producono in loco gli
autoanticorpi.
Il coinvolgimento della componente cellulare dell’immunità nella patogenesi del danno è provata da:
- produzione di citochine: che testimonia l’attivazione dei linfociti T
- efficacia Rituximab anti-CD20: che dimostra il ruolo dei linfociti B colpiti da questo farmaco
Sta assumendo importanza l’anticorpo ACPA (che distingue forme siero+ o siero-), molto più
specifico del fattore reumatoide (che si ritrova anche in altre patologie/anziani) e che, oltre al
significato diagnostico, ha anche un ruolo prognostico sfavorevole, identificando un’alta attività di
malattia con maggior distruzione dell’articolazione e più alto rate di mortalità per tutte le cause (spt
cardiovascolari). La AR ACPA-negativa è una patologia più lieve sotto ogni punto di vista, per cui
sono due manifestazioni molto diverse: quando si parla di AR tendenzialmente è quella sieropositiva
(che è anche più frequente).

Quando la membrana ipertrofizza si trasforma nel panno sinoviale, una iperplasia villosa e
polarizzata, che va solo verso cartilagine e osso, mai verso la capsula.
I sinoviociti non sono cellule specifiche: sono per un 95% fibroblasti (sinoviociti b) e macrofagi (a) ed i
fibroblasti possono diventare aggressivi, quasi neoplastici, nell’invadere la cartilagine.
In artroscopia si vede l’iperplasia di colore rosso per via dei vasi in trasparenza che si sono
moltiplicati tantissimo: la parte superficiale della membrana è normale, quella interna inizia a
“mangiare” osso e cartilagine grazie anche all’opera degli osteoclasti che vengono stimolati da
citochine locali per la maturazione dei pre-osteoclasti.
Le progressive erosioni ossee e cartilaginee generano il danno osseo-cartilagineo, mentre
l’infiammazione peritendinea porta a tenosinovite (una delle primissime manifestazioni) .
Le citochine pro-infiammatorie (IL-1, IL-6, TNFa) hanno un ruolo molto importante, tanto che MoAb
diretti contro di esse erano stati approvati come terapia per l’AR.

Quadro clinico
- Manifestazioni articolari: generalmente è una poliartrite (> 5 articolazioni) simmetrica a
carattere progressivo ed erosivo (spt forma ACPA+).
Le localizzazioni più comuni sono le piccole articolazioni (mani e piedi): nelle mani quelle del
polso, le metacarpo-falagee e le inter-falangee prossimali, nel piede le metatarso-falangee
(frequentemente anche le interfalangee prossimali, oltre a ginocchia e caviglie). Generalmente
la colonna non è mai interessata, tranne la atlanto-epistrofea, la cui infiammazione può portare
ad un danno del legamento longitudinale inferiore che limita la flesso-estensione del dente
rischiando di schiacciare il MS con alterazioni ai 4 arti (parestesie fino alla tetraparesi);
l’anestesia totale determina una iperestensione del collo in sede di intubazione ed è
importante la valutazione preoperatoria del pz con AR che, se ha localizzazione della
patologia a questa articolazione, rischia la paralisi.
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- Fase di attività: dolore infiammatorio (spontaneo, continuo e accentuato al mattino) e rigidità
articolare uniti a debolezza e facile affaticabilità
- Fase avanzata (rara con le nuove tp): distruzione osteocartilaginea con progressivo aumento
della disabilità.
L’esordio clinico è molto più aspecifico:
- Tipico: poliarticolare simmetrico graduale
- Varianti: poliarticolare simmetrico acuto (è rarissimo e sembra una malattia pediatrica
autoinfiammatoria tipo morbo di Steel), monoarticolare (forma più comune delle artriti quindi
necessita di altre indagini per la DD), reumatismo palindromico (lievi episodi che recedono
spontaneamente e tornano dopo settimane/mesi ecc… e in un 20-30% evolvono verso la AR);
altre forme sviluppano da subito si sintomi sistemici con picchi febbrili e rash cutaneo toracico
tipo salmone, mentre meno rara è la polimialgia reumatica tipica dell’anziano che però inizia
ad essere resistente alle tp e diventa progressivamente AR ACPA-.
- Manifestazioni para-articolari:
Tenosinoviti: infiammazione della membrana nella guaina dei tendini che si presenta come un
cordone arrossato dolorabile con disabilità funzionale; la rottura del tendine è rara ma più
frequente nei tendini della mano, con le dita che non vanno più giù o su, e va identificata
velocemente per procedere subito con la chirurgia, perché se il muscolo diventa stabile in
posizione retratta il tendine non si può più riattaccare.
Borsiti: danno dolore locale con qualche irradiazione ma clinicamente sono poco importanti
(ad esempio la cisti di Backer è una pseudocisti formata da una borsa o da una estroflessione
della cavità articolare del ginocchio).
- Manifestazioni extra-articolari: astenia, debolezza, anoressia/calo ponderale…
Complicanze cardiovascolari: sono state una novità degli ultimi 15 anni perché si è scoperto
che tutte le infiammazioni croniche determinano aterosclerosi (studi su PCR al quartile
superiore della normalità avevano un rischio di malattie cv superiore agli altri a parità degli altri
parametri, fino a classificare la PCR alta come fattore predisponente alla stregua della
ipercolesterolemia); i pz con AR hanno una aumentata mortalità dovuta nell’85-90% ad
incidenti cv (ora infatti il reumatologo deve valutare e combattere questo fattore di rischio:
abbattendo la attività flogistica la mortalità diminuisce).
Manifestazioni associate all’AR: i noduli reumatoidi sono delle formazioni sottocutanee nelle
zone sottoposte a maggior pressione/sfregamento (tipicamente estensori della mano); sono
formate da tessuto granulomatoso che non comporta rischi se non quello della
ulcerazione/piccole ferite che possono infettarsi ed in un pz verosimilmente immunodepresso
possono dare ascessi e vanno tolti (anche solo x motivi estetici). Organi colpiti possono essere
fegato e polmone ma sono rari, il problema è che delle formazioni nel polmone entrano in dd
con patologie ad esempio neoplastiche ed espongono il pz a diagnostica invasiva come quella
bioptica.
Le vasculiti cutanee possono portare ad ulcere/necrosi (ma è molto raro) dolorose e lente a
chiudersi.
La fibrosi polmonare si vede con la HRTC (se si arriva a vederla con l’RX il pz è ad uno stadio
terminale).
L’amiloidosi renale (bilaterale-sistemica) è una alterazione che compare in soggetti che
soffrono da molti anni di malattia infiammatoria cronica; decorre asintomatica e di colpo si
arriva ad una IR irreversibile.
Interessamenti oculari spt episclerite sono poco frequenti.
Complicazioni della terapia: i farmaci sono rischiosi e trovare il bilanciamento tra effetti positivi
e negativi è difficile. Le categorie sono cortisone, FANS e immunosoppressori, tutti con sicuri
effetti collaterali in base alla dose totale (il cortisone in dose massicce dà il diabete…).
Il pz ha conseguenze di vario genere ma il più delle volte infettive; l’ipoplasia midollare da
metotrexate è rarissima mentre l’IR è più frequente.

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Associazione con altre malattie autoimmuni: “sindromi da overlap” (pochi anni fa un caso
notissimo di artrite reumatoide/sclerodermia che interessò l’attrice Anna Marchesini).

Laboratorio
Gli anti-ACPA e il FR vanno sempre ricercati (la frequenza di positività è circa uguale ma la
specificità è più alta nell’ACPA):
- ACPA +: 65-75%
- ACPA-: 25-35%
- FR+: 70-75%
- FR-: 25-30%
Gli indici di flogosi devono essere ripetuti nel tempo perché fluttuano nella storia naturale/terapia: la
dissociazione tra PCR e VES è tipica (nota e utile diagnosticamente) nel LES, in cui aumenta la VES
e la PCR è più o meno normale, mentre nelle altre patologie infiammatorie vanno di paripasso.
La ipergammaglobulinemia è più o meno presente in tutte le malattie infiammatorie, è utile nelle
monogammaglobulinemie in cui si vede il picco e può essere diagnostico, altrimenti è un parametro
aspecifico.
Il fibrinogeno secondo lui va abolito perché non è specifico della infiammazione quindi confonde.
Gli ANA possono essere positivi a basso titolo, spt se associazione con Sjegren (che ha una
positività al FR anche più alta dell’AR)
L’emocromo si fa a tutti ed è da monitorare nel tempo per tenere sotto controllo le conseguenze della
tp (anemia e spt leucopenia tali per cui oltre certi livelli va interrotta la tp o addirittura vanno dati
farmaci per alzare i GB); la trombocitosi è indice anche di andamento della malattia, che se va giù
porta giù anche le piastrine.

Imaging
Va assolutamente fatto se si studia l’apparato muscoloscheletrico l’esame di radiografia
convenzionale: nel tempo i bordi della rima articolare (data dall’affronto delle due cartilagini
articolari) mostrano lo spessore della cartilagine che progressivamente si riduce e diventa irregolare
per l’erosione (buchi pieni di panno sinoviale; l’RX si fa sempre bilaterale per il sospetto di una
malattia sistemica, e sempre anche alle mani, in quanto localizzazione privilegiata.
L’ecografia può essere fatta spesso e dà una immagine dei tessuti molli, tra cui la sinovia, che in un
individuo normale dovrebbe essere a malapena visibile e che aumenta di dimensioni con una
situazione zigrinata e con vari toni di grigio nella sinovia infiammata.
Ancora più importante è il power-doppler: più è vascolarizzata l’area e più c’è infiammazione, e più
è facile che quella articolazione vada incontro ad erosione (valore prognostico precoce rispetto
all’RX), inoltre più vicino è il panno all’osso più è vicina l’erosione, che è severa quando il vaso è
all’interno dell’erosione stessa.
La RM non si fa mai (solo nel dente dell’epistrofeo e nella spondiloartrite), la TC nemmeno perché
non dà nessuna informazione supplementare (a meno che non si sospetti il tumore all’osso perché
deve identificare in modo dettagliato l’erosione, ma costa di più ed espone il pz a più radiazioni).
Esame del liquido sinoviale: si fa pochissimo ma è utilissimo
- aspetto torbido e poco viscoso (normalmente il liquido è molto viscoso per azzerare l’attrito tra
le due cartilagini, ma gli enzimi infiammatori digeriscono l’acido ialuronico rendendolo più
liquido)
- aumento leucociti (5’000-50’000 cell/mmc contro i ca 1000 normali)
- 50-75% neutrofili (nella gotta invece si trovano i cristalli di urato monosodico e nell’artrite
settica i batteri)

Diagnosi
Nuovi criteri classificativi dell’AR (2010): necessari anche come criteri di inclusione nei trials e negli
studi epidemiologici e quindi più rigorosi dei criteri diagnostici, ma utili anche alla diagnosi

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tempestiva. Ovviamente devono essere applicati ad una popolazione con sintomatologia specifica: il
paziente deve almeno avere un’articolazione gonfia, che non deve essere spiegata dalle cose banali
come un trauma.

Poi si parte con 4 criteri clinici facilissimi:


1. Coinvolgimento articolare: le grandi articolazioni contano poco, le piccole articolazioni molto.
2. Durata dei sintomi: sotto le 6 settimane è facilissimo che ci siano delle artriti autolimitanti, che
poi se ne vanno non si sa perché sono venute ma arrivano.
3. Dati di laboratorio: c’è solo la VES e la PCR, normali o elevate = 0 - 1
4. Anticorpi: fattore reumatoide, anti-CCP.
Per avere una diagnosi sicura di artrite reumatoide bisogna raggiungere 6 punti nello score.
Il tipico rischio della medicina moderna che vuole fare le diagnosi precoci è quello dell’over diagnosis
e dell’over treating.

[Piccola parentesi sulla patogenesi delle patologie su base immunologica.


C’è tutta una serie di malattie infiammatorie croniche non strettamente autoimmuni, come ad
esempio le spondiloartriti, nelle quali c’è un’infiammazione generata e mantenuta da entrambi i
sistemi dell’immunità, le cellule dendritiche fanno da spola tra i due sistemi e le comunicazioni sono
mediate soprattutto da citochine, chemochine e fattori di crescita.
Ultimamente però, intermedia tra l’immunità innata e quella acquisita, è stata individuata la Trained
Immunity, che è un’immunità innata che si avvicina a quella adattativa. Nell’artrite, anche non
necessariamente reumatoide, l’immunità innata non è che quando viene stimolata va avanti da sola,
ci vuole qualcosa che la mantenga attivata.]

Storia naturale
La storia naturale dell’AR è fluttuante e non si parla di fluttuazioni di giornate, settimane o mesi, ma di
fluttuazioni di anni. Questo andamento è modificato adesso grazie al fatto che si cerca di fare la
diagnosi precoce, quindi queste fluttuazioni si hanno solo in AR vecchie pre-metotrexate.
Questi dati dimostrano che l’AR aveva anche una diminuita aspettativa di vita, dovuta principalmente
alle complicanze cardiovascolari.

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Prognosi
Nell’AR ci sono una serie di fattori prognostici negativi:
- sesso femminile (ma non è sempre detto);
- indici di flogosi elevati (VES, PCR) → nell’AR gli indici di flogosi seguono bene l’attività della
malattia;
- malattia poliarticolare;
- fattore reumatoide positivo;
- anti-CCP positivo;
- erosioni ossee;
- power-doppler positivo all’ecografia articolare → perchè se è positivo indica un’infiammazione
attiva (così come gli indici di flogosi elevati).

Terapia
E’ una terapia altamente specialistica e come tutte le terapie ha l’obiettivo di migliorare la
sintomatologia del paziente che in reumatologia significa essenzialmente ridurre o togliere il dolore.
Oltre a ridurre i sintomi però la terapia deve anche bloccare o rallentare l’evoluzione verso il danno
anatomico articolare che è alla base della disabilità.
Terapia sintomatica: è data da farmaci quali:
- paracetamolo;
- paracetamolo + codeina;
- tramadolo (Contramal) → è un oppiaceo minore ma nell’organismo viene metabolizzato a
oppiaceo maggiore (come tutti gli oppiacei minori);
- FANS tradizionali;
- inibitori della COX-2;
- steroidi (sistemici o intrarticolari) → il cortisone si usa per via sistemica soprattutto nelle
connettiviti e nel LES, si utilizza addirittura in bolo (1 g al giorno); se l’impegno è mono-
articolare invece si possono fare le infiltrazioni ovvero dare il farmaco soltanto nel punto
interessato (un pochino va in circolo lo stesso perché la sinovia è molto vascolarizzata)..
Sono farmaci che non curano, sono solo sintomatici (tranne gli ultimi due) e tolgono il dolore nel giro
di mezz’ora. Recentemente è anche stato liberalizzato l’uso degli oppiacei (vedi codeina e
tramadolo).
Terapia di fondo: è quella che deve agire sui meccanismi veri e propri della malattia:
- Sali d’oro → era proprio oro che si iniettava in circolo per l’AR negli anni ’60-70, non si
utilizzano più perchè davano moltissime reazioni allergiche;
- Idrossiclorochina/clorochina → ormai da una decina d’anni è il farmaco base di riferimento
nella terapia del LES;
- Salazopirina → è tornata ad essere utilizzata negli ultimi anni nelle forme più leggere di artrite
iniziale un po’ dubbia (etichettata come indifferenziata) che non si sa se evolverà in artrite
oppure no.
Questi ultimi due farmaci si usano molto perchè non sono dei veri e propri immunosoppressori e
sono quindi più gestibili: sono degli antimalarici che hanno azione anche sull’artrite.
Poi ci sono i DMARDs (Disease Modifying Anti Reumatic Drugs) ovvero gli immunosoppressori veri e
propri che devono modificare la malattia, che sono:
- Azatioprina → ma non fa niente e non si usa;
- Metotrexate → è IL farmaco àncora delle artriti, soprattutto dell’AR, è quello che si deve usare
e che si dà anche con i nuovi farmaci. È nato come chemioterapico ma in oncologia si usa ad
alti dosaggi per brevi periodi, mentre in reumatologia si usa per anni a bassi dosaggi.
- Leflunomide → è un farmaco apposito per l’AR ed è un cugino del metotrexate;
- Ciclosporina A → è il primo farmaco che è stato usato con efficacia per la prevenzione del
rigetto nei trapianti.

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Poi ci sono le terapie biologiche o biotecnologiche (sono proteine, anticorpi o recettori che hanno
affinità altissima per una sola molecola, quindi sono terapie estremamente mirate). Hanno un’unica
azione, mentre il metotrexate ne ha seimila. Sono stati inventati per l’AR e poi da lì sono esplosi e
vengono utilizzati anche in altri ambiti. Il primo messo in commercio nel ‘99 è stato l’anti-TNF, poi ne
sono stati sviluppati altri contro IL-1 (pochissimo efficace nell’AR) e contro IL-6 (molto efficace). C’è
anche un anticorpo contro le cellule B (Rituximab) che c’era già ed era usato nella terapia dei linfomi
e che oggi si usa anche nella terapia dell’artrite.
Adesso c’è una nuova famiglia di farmaci costituita da piccole molecole che inibiscono la trasduzione
del segnale, quindi entrano nelle cellule e bloccano una qualche molecola della catena di trasduzione
del segnale. Quindi mentre l’anti-TNF blocca solo le azioni del TNF, queste piccole molecole
(Barisitinib e Tofasitinib) invece bloccano varie vie perché le vie di trasduzione del segnale sono
abbastanza comuni! Quindi non bloccheranno solo il TNF, ma anche IL-6, GM-CSF e la via di JAK-
STAT, tutto con un solo farmaco. Essendo così ampia l’azione si pensa che magari non siano
tollerati (tanto è vero che è vietatissimo usare due monoclonali nella stessa terapia): infatti alcuni di
questi farmaci sono morti nelle prime fasi della sperimentazione perché erano incompatibili con la
vita, due sono arrivati in commercio. Hanno anche il vantaggio di essere pillole, mentre tutte le altre
terapie biologiche sono somministrate per via sottocutanea, e quindi godono di maggior favore anche
da parte del paziente. L’ultimo vantaggio è che tutti i farmaci biologici hanno una durata d’azione
lunghissima (il Rituximab addirittura lo si somministra ogni 6-12 mesi), questi invece hanno una
durata d’azione piuttosto breve per cui se si sospendono le pillole dopo due giorni torna tutto a posto
e ciò li rende molto più maneggevoli nell’ottica della safety del paziente.
L’iter terapeutico quindi solitamente è questo: si parte dal metotrexate, se dopo 3 mesi non funziona
in assenza di fattori di rischio si può aggiungere un altro DMARDs, se invece ci sono dei fattori di
rischio è meglio aggiungere un biologico, se non funziona nemmeno così si può sostituire il biologico
o passare alle nuove molecole.
Il paziente all’inizio va valutato circa ogni 3 mesi per ottenere il massimo della risposta nel più breve
tempo possibile.

ESEMPI DI DOMANDE DELL’ESAME:

RISPOSTE: 4 C, 5 C, 6 B, 7 B

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ARTRITI CRONICHE GIOVANILI (ACG)
Si tratta di un gruppo eterogeneo di malattie articolari infiammatorie con insorgenza sotto i 16 anni e
durata maggiore di 3 mesi.
In base al decorso nei primi 6 mesi si distinguono:
- AIG pauciarticolare (55-75%) → massimo 4 articolazioni;
- AIG poliarticolare (15-25%) → da 5 articolazioni in su;
- AIG sistemica o malattia di Still(10-20%).
Dano disturbi della crescita che possono essere localizzati, per inibizione dei nuclei di ossificazione
in prossimità di una sinovite, o sistemici nella forma sistemica o come effetto collaterale della terapia.

MALATTIA DI STILL
Insorge tra i 16 e i 35 anni con pari rapporto maschi e femmine e distribuzione mondiale.

Clinica
L’esordio è acuto con sintomi quali:
- febbre → intermittente (39-40 °C) resistente ai comuni antipiretici;
- rash cutaneo → fugace, associato alle puntate febbrili, con macule-maculopapule rosa
salmone spesso confluenti (spesso si formano in seguito a sfregamento = fenomeno di
Kobner);
- mialgie e artralgie;
- polisierositi;
- linfoadenopatia ed epatoplenomegalia.
Entro 3-12 mesi dall’esordio poi insorge una poliartrite simmetrica che nel 50% dei casi evolve in
poliartrite cronica erosiva e nel 50% invece va in remissione completa.

Diagnosi
Agli esami di laboratorio si evidenzia marcato aumento degli indici di flogosi, leucocitosi (15.000-
50.000/mm3), fattore reumatoide negativo, anticorpi antinucleo negativi.
La diagnosi richiede la presenza di tutti i seguenti criteri:
- febbre > 39 °C;
- artralgia o artrite;
- fattore reumatoide < 1:80;
- anticorpi antinucleo < 1:100;
sommati a due qualsiasi dei seguenti:
- leucociti > 15.000/mm3;
- rash cutaneo di Still;
- pleurite o pericardite;
- epatosplenomegalia o linfoadenopatia.

Terapia
Nella fase acuta si somministrano FANS e aspirina + steroidi a medio-alto dosaggio (prednisone 0,5-
1 mg/Kg/die).
Nella fase cronica invece si somministrano steroidi a basso dosaggio, salazopirina o
immunosoppressori (metotrexate).

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SPONDILOARTRITI SIERONEGATIVE
In questo caso il punto debole è l’entesi, si hanno quindi delle entesite ovvero infiammazioni del
punto di attacco di una qualsiasi struttura fibrosa all’osso. L’entesite non c’è nell’AR, mentre la
sinovite può esserci in entrambe le patologie.
Il nome dà molte informazioni:
- Spondilo = vertebre, quindi sono artriti che possono interessare le vertebre, cosa che non
succede con l’AR.
- Sono più di una infatti è al plurale.
- Sono sieronegative perché non hanno nè fattore reumatoide nè anti-CCP.

Patogenesi
La patogenesi è un’altra caratteristica fondamentale che differenzia totalmente queste patologie
dall’AR.
Prendendo ad esempio la colonna, prendiamo in considerazione l’unità vertebrale (data da disco +
unità superiore e inferiore di due vertebre adiacenti): il disco è dato da nucleo polposo e anulus
fibroso e ai bordi c’è l’entesi. Questa entesi si infiamma quando c’è interessamento della colonna e
dà luogo a infiammazione, ma la caratteristica fondamentale delle spondiloartriti sieronegative è
quella di avere oltre a infiammazione e forse anche erosione (come nell’AR), anche una
proliferazione ossea (sindesmofita) che compare lì accanto che non c’è nell’AR. Questa formazione
di osso ai lati fa sì che si formi un ponte osseo che unisce le due vertebre che diventano così un osso
solo: i pazienti con spondilite anchilosante arrivano addirittura ad
avere la colonna che è tutta un unico osso.
Questa immagine riporta tutte le modificazioni progressive dei corpi
vertebrali dalla normalità fino alla formazione del ponte osseo con
accanto il punteggio per fare uno score: compare prima l’erosione,
poi la sclerosi e poi lo squaring, un fenomeno per il quale il corpo
vertebrale perde la sua forma a rocchetto e assume una forma via
via più quadrata nella parte di sopra, mentre nella parte di sotto no
perché comincia a formarsi il sindesmofita finchè le due vertebre non
si attaccano.
In basso invece sono rappresentate le vie molecolari coinvolte nei
vari processi di danno: prima c’è la vertebra normale, poi cmoincia il
danno, poi c’è l’erosione ossea (data dagli osteoclasti che
producono catepsina K e metalloproteasi 1) e poi si formano i
sindesmofiti attraverso due vie (BMP e WNT).

Dal punto di vista molecolare il meccanismo patogenetico è molto semplice.


Tra i fattori di rischio ci sono il microbiota (che è fattore di rischio di tutto), lo stress meccanico e la
presenza dell’antigene HLA-B27: c’è una fortissima associazione tra la malattia (in particolare la
spondilite anchilosante) e questo antigene, la più forte associazione che ci sia in patologia umana.
Questi fattori tramite la produzione di IL-23 vanno a stimolare le cellule T le quali, a loro volta,
producono un set di citochine che è alla base del danno delle sieronegative: TNF che dà
l’infiammazione, IL-17 che contribuisce insieme al TNF a distruzione dell’osso, IL-22 che è più
direttamente responsabile della proliferazione ossea.
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Sulla base di questo meccanismo molecolare sono stati sviluppati due anticorpi monoclonali che
sono già in uso in terapia, soprattutto il primo:
- Secukinumab → si usa molto contro IL-17 e funziona bene nelle sieronegative (e anche nella
psoriasi) ma non funziona o funziona poco nell’AR, quindi è un farmaco specifico per le
sieronegative;
- Ustekinumab → agisce contro IL-23 ed è molto efficace nella psoriasi.

Clinica
Le spondiloartriti sieronegative possono avere un interessamento assiale (colonna) e uno periferico
(fondamentalmente gli arti).
L’interessamento assiale parte sempre da una sacro-ileite, ovvero una infiammazione
dell’articolazione sacro-iliaca (articolazione che non si muove), e dalla spondilite cioè quel processo
che avviene sulle vertebre analizzato in precedenza.
L’interessamento periferico nella maggior parte dei casi è rappresentato da una oligoartrite
asimmetrica (NB: se è oligo è asimmetrica per forza) soprattutto delle grandi articolazioni degli arti
inferiori ad esempio ginocchio+caviglia, 2 caviglie+ginocchio, oppure può anche essere una
monoartrite.
Il fattore reumatoide è assente per definizione, ma ovviamente non si sa mai, può anche esserci.
La malattia infiammatoria cronica intestinale associata è molto comune: ci sono 5 tipi di spondiloartriti
e una è associata proprio al morbo di Crohn o alla colite ulcerosa.
L’HLA-B27 è molto presente, la prevalenza di questo MHC di classe I è molto alta soprattutto nei
pazienti con interessamento della colonna. Il peso che ha HLA-B27 nell’ereditarietà della spondilite
anchilosante è il 23,3%, percentuale altissima, tutti gli altri geni di cui è riconosciuto un ruolo
nell’ereditarietà di alcune patologie hanno pesi ridicoli al confronto (< 0,5%). Tuttavia bisogna
ricordarsi che è molto più alto il numero dei soggetti B27-positivi senza malattia rispetto al numero di
quelli che ce l’hanno.

Questa mappa indica la prevalenza nella popolazione generale indigena di HLA-B27: nell’emisfero
boreale il range è altissimo (10-40%) e la percentuale man mano che si scende diminuisce fino ad
arrivare allo zero in Sud America, Sud Africa e Australia (ovviamente si parla di popolazioni
indigene).

Criteri classificativi
Ci sono dei criteri classificativi ASAS per definire che si tratta di una spondiloartrite assiale cioè con
interessamento della colonna: si applicano a soggetti con mal di schiena da più di 3 mesi, più giovani
di 45 anni (perchè è difficile fare diagnosi di spondilite anchilosante dopo i 45 anni).

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Quindi si parla di un soggetto che ha già una lombalgia infiammatoria. La lombalgia infiammatoria è
una patologia per cui il paziente arriva a svegliarsi di notte o al mattino per il mal di schiena. Se il mal
di schiena si presenta alla fine della giornata non è infiammatoria ma meccanica.
La lombalgia infiammatoria deriva dalla sacro-ileite quindi il dolore riguarda la zona bassa della
schiena ed è lateralizzato, tende ad irradiarsi verso il basso però generalmente non supera mai la
natica, ragione per cui si chiama “sciatica mozza”.
Per fare diagnosi occorrono tutte questi parametri:
- Sacro-ileite → l’unico modo per individuarla è l’imaging: l’RX va bene ma è molto tardiva
quando mostra qualcosa, quindi si usa la RM (il sospetto di sacro-ileite è l’unica indicazione
alla RM in reumatologia);
- Inflammatory back pain → ovvero la lombalgia infiammatoria;
- Artrite periferica;
- Entesite;
- Uveite;
- Dattilite;
- Psoriasi;
- Malattie infiammatorie croniche intestinali;
- Buona risposta agli antinfiammatori → ciò è tipico della lombalgia infiammatoria, mentre la
lombalgia meccanica risponde poco;
- Familiarità per spondiloartriti sieronegative;
- HLA-B27;
- PCR elevata.
Quindi si parte sempre da un soggetto giovane con mal di schiena da più di 3 mesi, poi si può partire
dalla sacro-ileite o dalla presenza di HLA-B27, il risultato alla fine è lo stesso.

Entità cliniche
- Spondilite anchilosante → è quella in cui c’è sempre (e spesso solo) l’interessamento della
colonna;
- Artrite psoriasica → c’è un’artrite sieronegativa e la psoriasi;
- Artrite reattiva → è un’artrite che si sviluppa in reazione ad una infezione batterica
generalmente delle vie urogenitali o dell’intestino che si è verificata generalmente qualche
settimana prima dell’artrite;
- Artriti enteropatiche → è l’artrite che si sviluppa in chi ha già il Crohn o la colite ulcerosa;
- Forme indifferenziate → sono quelle che non si riescono a classificare, che però col tempo
possono differenziarsi.

SPONDILITE ANCHILOSANTE
E’ una malattia infiammatoria cronica che colpisce elettivamente lo scheletro assiale.
L’interessamento assiale può esserci anche nelle altre spondiloartriti, ma non è mai presente al
100% come nella spondiloartrite anchilosante.

Epidemiologia
La prevalenza è circa 0.1-0.2% della popolazione (circa ¼ dell’AR).
È l’unica malattia reumatica in cui c’è una netta prevalenza maschile, con rapporto maschi:femmine
di 7:3 (fino a pochi anni fa era 9:1).
L’età di esordio è tipicamente 18-20 anni, con dolori alla schiena persistenti, è rara dopo i 45 anni: se
viene diagnosticata dopo i 45 anni solitamente si tratta di pazienti che l’hanno già iniziata da 20 anni,
non comincia dopo i 45.

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Clinica
Il quadro clinico è dominato da manifestazioni articolari della colonna associate a manifestazioni
extrascheletriche, di cui almeno una importante.
Manifestazioni articolari:
- Interessamento assiale → è sempre presente. Comincia con la sacro-ileite, che è la
caratteristica fondamentale e d’esordio della malattia, può essere monolaterale o basculante
(alternanante dx-sn), poi generalmente diventa bilaterale fisso. L’interessamento della colonna
è generalmente progressivo e ascendente;
NB: I “sindesmofiti” sono la proliferazione ossea che fa da ponte solo nella colonna; nelle altre
zone è più corretto parlare di entesofiti (es: speroni calcaneari).
- Entesiti → sono frequenti e sono dolorose: tra quelle che si riescono a valutare e identificare,
ovvero quelle più superficiali, la localizzazione classica è quella achillea (dietro, nel calcagno),
mono o bilaterale.
Poi ci sono quelle del legamento rotuleo, che dal polo inferiore della rotula va alla tuberosità
tibiale e che in realtà non è un legamento ma il prolungamento del tendine del quadricipite, nel
cui in mezzo si localizza la rotula come osso sesamoide.
Altre entesiti visibili sono tra sterno e clavicola e tra sterno e prima costa (perchè sterno,
clavicola e prima costa formano due articolazioni che costituiscono però un’unica massa
articolare).
Altre entesiti che possono essere sintomatiche ma che sono visibili solo con RX del bacino
sono ali iliache e ischio-pube, che presentano bordi frastagliati, con delle “berbe”, che sono
irregolarità dovute alla calcificazione dell’entesi di alcuni muscoli che si attaccano lì (a livello
del bacino i dorsali e a livello delle branche ischio-pubiche i posteriori della coscia).
- Interessamento periferico → è poco frequente. Il vero interessamento periferico è rarissimo,
può esserci invece interessamento semi-periferico, ovvero delle articolazioni più vicine alla
colonna: spalla (rara) e anca (⅓ dei casi), è facile vedere pazienti giovani con spondilite
anchilosante che già a 25 anni hanno due protesi d’anca.
Manifestazioni extra-scheletriche: a parte quelle dell’occhio le altre sono molto rare.
- Occhio (25%) → di solito c’è un’uveite anteriore acuta (la più pericolosa è la posteriore) che è
un’infiammazione dell’occhio interno generalmente monolaterale.
Esiste anche l’uveite come malattia puramente oftalmologica che è bilaterale e che però è
anche HLA-B27 positiva, pertanto gli oculisti spesso mandano i pazienti dal reumatologo nel
sospetto che abbiano una spondiloartrite;
- Cuore (5%) → si può avere aortite con insufficienza aortica o disturbi della conduzione;
- Polmoni (2%) → rarissimo, è una classica fibrosi polmonare apicale, che parte dall’apice,
mentre quelle idiopatiche o associate a malattie del connettivo tendono a partire dalle basi;
- Intestino → possono esserci malattie infiammatorie croniche intestinali (a cui la SA è
secondaria) o lesioni infiammatorie asintomatiche;
- Sintomi sistemici → febbre, astenia, malessere, anoressia.

Diagnosi
Sono fondamentali i sintomi iniziali: nel 75% dei casi la spondilite anchilosante esordisce con mal di
schiena, che rimane poi in tutta la malattia, con correlata rigidità. E’ un esordio insidioso e
progressivo in età giovanile, con questo dolore inizialmente unilaterale con irradiazione verso il
basso, poi bilaterale continuo. Il dolore deve durare da almeno 3 mesi, per qualsiasi patologia
reumatica sotto i 3 mesi non conta (per l’AR i criteri classificativi mettono le 6 settimane, ma perché
c’è uno sforzo sovrumano nel tentativo di fare diagnosi precoci).
All’esame obiettivo si possono fare dei test per evocare la dolorabilità sacro-iliaca, ma sono tutti
segni inutili perché sono tutti aspecifici, non servono per individuare il dolore delle sacroiliache. I test
di evocazione del dolore sono aspecifici, poichè il dolore non sempre viene evocato dalla pressione.
Altre due prove, con l’individuo sdraiato, prevedono:

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- una di spingere sulle spine iliache antero-superiori verso l’esterno e verso il basso, per
determinare la compressione sulle sacro-iliache;
- l’altra di esercitare una flessione da un lato ed un’estensione dall’altro che tenta di determinare
una minima rotazione delle sacro-iliache, che
non risulta possibile.
Ciò che è davvero utile è lo Schober Test che serve
per vedere se la flessione della colonna è diminuita:
fa vedere che una distanza di 10 cm in posizione
eretta, con la flessione massima della colonna deve
allungarsi a 15 cm nel giovane normale; se la
flessione si arresta prima, quindi la lunghezza è
minore di 15 cm, significa che la colonna si piega
meno, perché c’è un blocco anatomico o un blocco
antalgico.

Le immagini RM di solito si fanno in sequenza di stiro-


soppressione del grasso, per cui in bianco si vede solo quello
che è liquido, mentre con le altre sequenze si vede in bianco
anche il grasso. Con questa tecnica ciò che si vede in bianco è
il famoso edema osseo, che poi non è un vero edema ma
un’alterazione dell’osso spugnoso.
In realtà solo 1/3 della sacroileite individuabile alla RM evolve
nella forma radiografica, pertanto bisogna fare attenzione a
non fare delle diagnosi affrettate.

In conclusione quindi la diagnosi definitiva si fa in presenza di


lombalgia infiammatoria (e rigidità), in associazione a (non esiste EO positivo in questi pazienti)
evidenza di sacro-ileite o, più tardivamente, di sindesmofiti a livello radiografico. Se tutto ciò si ha in
presenza di HLA-B27 positivo in paziente maschio giovane la diagnosi è certa.

Storia naturale
È altamente variabile, ma l’espressione completa, ovvero l’ossificazione di tutta la colonna
(sindesmofiti), si ha fortunatamente solo nel 20-30% dei casi; è una condizione invalidante, perchè
non si muove più la schiena in nessun senso e spesso neanche le anche. Questo a livello delle
sacro-iliache può comportare una riduzione del dolore, perché la parte infiammatoria è teoricamente
superata e c’è la parte anchilotica. In molti casi rimangono tutta la vita sacro-ileiti, che vanno curate
per il dolore, però se negli anni, con l’evoluzione, si ha fusione delle due estremità, sacro e ileo,
scompare l’articolazione sacroiliaca, quindi va via il dolore che deriva dall’infiammazione e da un
punto di vista funzionale essendo un’articolazione di per sè poco mobile le conseguenze sono
minime. Sono massime invece nella fusione delle vertebre: si accentua la rigidità e compaiono delle
deformità, perchè si accentua moltissimo la cifosi dorsale, quindi il paziente guarda davanti a sé per
terra perché non può estendere il collo (si definisce “l’uomo che non guarda il cielo”), per guardare in
avanti deve flettere le ginocchia e spostarsi all’indietro.
Inoltre aumenta il rischio di complicanze:
- Fratture vertebrali → perchè come conseguenza di un’infiammazione l’articolazione ha perso
elasticità ed è diventata anche osteoporotica (perché l’infiammazione dà anche osteoporosi);
- Spondilodiscite NON batterica (quella batterica è di pertinenza ortopedica);
- Stenosi del canale midollare con sindrome della cauda equina.

In fase tardiva, l’individuo diventa flesso, piegato in avanti. Un metodo grezzo per valutare la
progressione del danno anatomico è il test muro-occipite: mettendosi in piedi con i talloni contro il

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muro una persona sana riesce a toccare con la nuca la parete, il paziente con spondilite anchilosante
invece non ci riesce e progressivamente se ne allontana sempre di più. La distanza muro-occipite dà
l’idea della gravità della progressione anatomica, più che della condizione infiammatoria.
Sempre in fase tardiva alla radiologia sono scomparse le sacro-iliache, in compenso si può vedere la
formazione di ponti tra le vertebre con osteoporosi diffusa, parziale ossificazione o degenerazione dei
dischi, che da trasparenti diventano più biancastri per calcificazione. Oltre alla formazione di
sindesmofiti c’è anche una calcificazione del legamento longitudinale anteriore, che tiene insieme
tutta la colonna e contribuisce alla rigidità della colonna.

Terapia
Fisiokinesiterapia → la fisioterapia in realtà non funziona mai, la kinesi invece è importantissima: è
la riabilitazione, ovvero gli esercizi che il paziente deve fare mattina e sera che vanno insegnati da un
bravo fisioterapista, per cercare di mantenere al massimo la mobilità della colonna.
Terapia sintomatica: è data da analgesici minori, FANS e inibitori della COX-2 che sono molto
efficaci per il dolore, tanto è vero che vengono anche utilizzati come test nelle situazioni di
indecisione; i corticosteroidi non servono, sono stati effettuati dei tentativi di infiltrazioni eco-guidate
delle sacro-iliache ma non con grande successo.
Terapia di fondo: era stata proposta una terapia con bisfosfonati, che è la tipica terapia
dell’osteoporosi, era stato ottenuto qualcosa di positivo ma è stata abbandonata perché si è visto che
gli anti-TNF hanno risultati prodigiosi dal punto di vista sintomatico (quando furono immessi in terapia
pazienti che non dormivano da anni per il dolore riuscivano a dormire già il giorno stesso
dell’infusione e potevano riprendere attività abbandonate da tempo come giocare a tennis, far le
regate, etc.).
Si sa che hanno un effetto positivo sintomatico anche maggiore che nell’AR, però immediatamente
sono venuti dei dubbi sul loro valore prognostico a distanza: nell’AR gli anti-TNF rallentano il danno
osseo erosivo, qui però il danno osseo è produttivo quindi era prevedibile che non facessero gran
chè su questo. Infatti i primi studi a lungo termine (sono studi lentissimi), hanno dimostrato che non
c’era nè nell’uomo nè nell’animale un rallentamento della progressione dei sindesmofiti.
Adesso si dice che questi risultati negativi sono stati ottenuti perché i pazienti che hanno il follow up
più lungo sono quelli che hanno iniziato il farmaco subito, quando era appena entrato in commercio,
che quindi erano pazienti più gravi che avevano già un’evoluzione avanzata della malattia. Secondo
queste critiche se somministrati nelle fase iniziali gli anti-TNF potrebbero essere in grado di bloccare
la malattia. Ma se l’anti-TNF nell’AR blocca le erosioni è possibile che blocchi anche il processo
opposto? Il prof è scettico.
Oggi poi è arrivato un farmaco molto interessante che è l’anti-IL17 che ormai ha sostituito quasi
completamente gli anti-TNF nella pratica clinica.

ARTRITE PSORIASICA
E’ un’artrite infiammatoria associata alla psoriasi di cui esistono diverse varianti cliniche.
Insieme alla spondilite anchilosante sono le due principali spondiloartriti sieronegative, tutte le altre
sono molto meno presenti.
È una diagnosi molto facile perché basata semplicemente sulla associazione di artrite sieronegativa
e psoriasi, ma dal punto di vista clinico non è facile perché è la più variabile e incasinata di tutte le
artriti, andando da forme minime quasi non trattabili a forme molto severe e invalidanti.
Il rapporto maschi:femmine è di 1:1. L’età d’esordio è quella solita, forse un po’ più giovani (con picco
30-40).

Patogenesi
Il processo patologico parte da cellule fisiologicamente presenti a livello delle entesi in grado di
essere stimolate da IL-23, citochina la cui produzione viene stimolata da uno stress biomeccanico
(trauma), e che poi stimola i Th-17 e delle altre cellule simili che si dividono in tipo 1, 2, 17 come i Th,

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e le tipo 17 agiscono come i Th-17 producendo IL-17 e IL-22. Soprattutto la IL-22 stimola gli
osteoblasti e ciò spiega la produzione di osso.
[Nella spondilite anchilosante facendo una colonscopia in un soggetto senza sintomi di MICI nella
maggior parte dei casi si trova una colite macroscopica asintomatica o almeno una colite istologica
minima, quindi c’è sempre un coinvolgimento intestinale.]

C’è un rapporto con la cute ovvero la psoriasi che è una delle più comuni malattie cutanee in forma
eritemato-desquamativa, spesso con localizzazione anche nelle unghie (o a volte solo nelle unghie).
È molto comune, la prevalenza è sul 2-3% della popolazione generale e si pensa che massimo 1/3
dei pazienti con psoriasi possa presentare nel giro di qualche giorno una qualche forma di artrite
psoriasica (quindi 1%, quasi il doppio dell’AR).
La psoriasi precede l’artrite nel 75% dei casi, l’esordio è sincrono nel 15% dei casi, oppure è l’artrite
a precedere la psoriasi nel 10% dei casi, e in questo caso per far diagnosi di AP si può vedere se la
psoriasi ce l’hanno i parenti perché è una malattia che va a famiglie.

La psoriasi può essere guttata: presenta un fondo eritematoso con ipercheratosi sopra che si può
desquamare e saltare via perché la psoriasi provoca anche prurito e quindi il paziente tende a
grattarsi nelle aree in cui arriva.
Altre zone interessate sono soprattutto le superfici estensorie (ginocchia e gomiti), la zona sternale e
periombelicale, la piega delle natiche, il dorso, il solcoretro-auricolare o il condotto uditivo esterno,
infine il cuoio capelluto. Quest’ultima manifestazione è molto frequente, e anzi possono esserci casi
in cui c’è solo quella per cui si vede una righina rossa, posteriormente al bordo della zona con i
capelli, che dà luogo alla formazione di una forfora più pesante di quella normale.
Nelle unghie ci può essere onicopatia dovuta a ipercheratosi, ovvero unghie che tendono a sfaldarsi
in strati. Possono esserci anche solchi longitudinali che prendono tutta l’unghia o incavature a
capocchia di spillo (pitting) nelle unghie di mani e piedi che è facilissimo confondere con la micosi.

Varianti cliniche (classificazione di Moll e Wright)


Era una divisione istantanea (del 1973), cioè in quel momento quei 200 pazienti avevano queste
manifestazioni, ma adesso seguendo i pazienti in follow up si vede che possono passare anche
dall’una all’altra:
- Oligoartrtite asimmetrica (75%) → solitamente degli arti inferiori, è la più comune di tutte;
- Classica (5-10%) → con interessamento predominante delle interfalangee distali (IFD),
classico dell’AP perché non c’è nell’AR;
- Mutilante (1-2%) → lisa le ossa in modo bestiale;
- Poliartrtite simmetrica (15-20%) → sembra un’artrite reumatoide, quindi è AR con psoriasi o è
AP con fattore reumatoide? Questa distinzione è molto accademica perchè tanto la terapia è
la stessa;
- Spondilite (5-10%) → ci può essere interessamento della colonna, ma non così frequente
come nella spondilite anchilosante.
[Le biopsie sinoviali non sono mai diagnostiche, a parte in rari casi come quello di TBC articolare
oppure di sinovite nodulare pigmentosa perché si fa diagnosi con le cellule giganti; in tutti gli altri casi
non serve per la diagnosi ma per vedere la gravità della sinovite: ad esempio se in un paziente con
monoartrite misteriosa si vedono linfociti B e T converrà dosare il fattore reumatoide.]

Oligoartrite asimmetrica (75%)


La cosa importante è che può essere colpito tutto, però due
caratteristiche molto comuni sono l’entesite e la dattilite.
La dattilite è un edema infiammatorio delle parti, si ha un dito che si
gonfia tutto, non solo l’interfalangea, ma proprio tutto il dito che diventa
più grande e diventa a salsicciotto. E’ un fenomeno che si può ritrovare

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in tutte le spondiloartrtiti ma molto di più nell’AP. Il gonfiore è dato dall’edema sottocutaneo
ovviamente sennò non sarebbe così uniforme, ma sotto c’è anche una tenosinovite del muscolo
flessore delle dita.
L’entesopatia achillea si riconosce benissimo perchè sta proprio nella zona bassa e si vede bene
anche in laterale, se lo si tocca il paziente ha un male bestia.
Alla radiologia la monoartrite spesso è tipica dell’artrite psoriasica, spesso delle dita nella IFD. C’è
erosione ma c’è anche la proliferazione ossea, che non c’è nell’AR, che in questo caso però non
prende il nome di sindesmofiti ma di entesofiti. Sono sanissime le IFP.
Si può anche vedere uno sperone a livello plantare. Lì c’è la fascia plantare (aponeurosi plantare) e
c’è la zona di attacco in cui comincia l’erosione e in cui poi si forma l’osso (dentro l’aponeurosi
plantare).
Nell’AP c’è deformità delle dita della mano, che non c’è in AR.

Classica (5-10%)
Nella forma classica si ha un interessamento predominante delle interfalangee distali con associata
onicopatia.

Mutilante (1-2%)
Nella forma mutilante sono scomparse metà della falange intermedia e gran parte della distale, c’è
una lisi notevole e proliferazioni ossee laterali. Le ossa sono talmente rotte che il dito diventa più
corto e se le si allunga manualmente quando le si lascia tornano indietro (dita “a cannocchiale”).

Poliartrite simmetrica (15-20%)


La poliartrite simmetrica è simile all’artrite reumatoide, si dice che l’AP è generalmente meno severa
dell’AR ed è tuttora vero perché all’interno di essa ci sono molti casi molto leggeri.
Entra in DD anche con l’artrite reumatoide ma l’estensione e la gravità sono minori e sono
interessate le IFD, cosa che non accade mai nell’AR.

Spondilite (5-10%)
La spondilite entra in DD con la spondilite anchilosante, ma c’è minore estensione e gravità
dell’interessamento della colonna che tende inoltre ad essere irregolare (come è irregolare tutta la
AP) quindi con sacro-ileite e sindesmofiti monolaterali.

Diagnosi (se sine psoriasi)


Se non c’è la psoriasi ma il paziente presenta oligoartrite asimmetrica, interessamento delle IFD,
spondilite asimmetrica, dattilite e/o entesiti, negatività per il fattore reumatoide, erosione e
proliferazione ossea all’RX, basta un’anamnesi positiva di psoriasi in parenti di primo grado (a volte ci
si accontenta di un nonno o un cugino).

Terapia
E’ identica a quella dell’AR, tranne che per i sali d’oro che anzi peggiorano la psoriasi. Ci sono poi
altre terapie biologiche come gli anti-IL-17 e altri che bloccano sia IL-12 che IL-23.

ARTRITI REATTIVE
Sono artriti infiammatorie che si sviluppano a breve distanza da un’infezione, generalmente enterica
o urinaria. Tra queste rientra anche la Sindrome di Reiter (che non si chiama più così come anche la
granulomatosi di Wegener perchè erano due nazisti) che oltre all’artrite e all’uretrite presenta anche
la congiuntivite.
Colpisce principalmente i giovani, maschi e femmine in egual misura (un po’ di più i maschi per le
uroartriti). L’età di esordio ha un picco tra i 20 e i 40 anni.

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I germi in causa per le uroartriti sono Clamidia trachomatis e Ureaplasma urealyticum. Se si trovano
gli anticorpi nel siero ma la clamidia nelle urine non c’è non ha senso dare gli antibiotici perchè ormai
è passata.
Per le enteroartriti invece i germi interessati sono Yersinia enterocolitica e pseudotuberculosis,
Salmonella, Shigella e Campylobacter.

Clinica
Presenta tutte caratteristiche delle spondiloartriti, a parte il primum movens che è l’uretrite.
I principali sinomi saranno quindi:
- Uretrite;
- Congiuntivite;
- Balanite → infiammazione del glande;
- Cheratoderma blenorragico → la blenorragia (lo scolo) è una malattia sessuale trasmessa da
Neisseria gonorreae, ma in questo caso la blenorragia non c’entra niente questa con il germe,
perchè non è infettiva ma data da una manifestazione che c’è simile anche in mani e piedi che
è il cheratoderma (variante della psoriasi);
- Ulcere orali → è una manifestazione reumatologica molto importante che ci può essere in
questi casi, criterio fondamentale per la classificazione del morbo di Paget (è una vasculite);
- Onicolisi → psoriasi delle unghie;
- Low back pain (lombalgia infiammatoria);
- Entesiti;
- Dattiliti .
È una mono/oligoartrite periferica asimmetrica che coinvolge:
- gli arti inferiori nel 70-80% dei casi (ginocchio, tibiotarsica, MTF);
- gli arti superiori nel 50% dei casi (spalla, gomito, polsi);
- le piccole articolazioni meno frequentemente;
- sintomatologia classica;
- può esserci spondilite.
È l’unica forma di artrite che nella maggior parte dei casi è transitoria e guarisce da sola, anche se a
volte può tornare con episodi acuti e nel 25% dei casi cronicizza con evoluzione verso erosioni
articolari e sindesmofiti.

ARTRITI ENTEROPATICHE
Sono artriti infiammatorie che si associano a patologie intestinali.
Sono oligoartriti asimmetriche e/o spondiliti che generalmente prendono le grandi articolazioni degli
arti inferiori.
Possono essere associate a:
- IBD (morbo di Crohn, colite ulcerosa);
- Morbo celiaco → molto comune, ma dà raramente interessamento articolare;
- Enteriti infettive → dovrebbero dare la forma reattiva;
- Malattia di Whipple → è rarissima;
- Intervento di bypass intestinale → non si fa praticamente più, si faceva per portare al
dimagrimento i super obesi ma è gravato da complicanze molto importanti.

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ARTRITI INFETTIVE
Sono artriti causate dalla localizzazione dei microrganismi nelle strutture articolari.
Possono essere:
- Artriti batteriche → rare, si vedono dopo un qualsiasi intervento che può aver avuto una
contaminazione batterica;
- Artriti virali → vanno e vengono senza tanti problemi, sono date principalmente da Parvovirus
B19, Rubella virus, HBV e HCV;
- Artriti fungine e parassitarie → rarissime, si vedono solo in soggetti estremamente defedati ad
esempio in dialisi all’ultimo stadio, con AIDS conclamato, in chemioterapia o trapiantati.

ARTRITI BATTERICHE
Possono essere determinate da moltissimi batteri ma nel 90% dei casi è determinata da S. Aureus.
In questa immagine si vedono tutte le possibili origini di un’infezione dentro l’articolazione: può
provenire dal sangue (setticemia), da un’osteomielite, da una borsite olecranica che si infiamma e
diventa un ascesso, oppure da un trauma con ferita lacerocontusa che fa entrare materiale esterno.
Ma la più importante è quella iatrogena da infiltrazione, cosa che può succedere perché si tratta di
pazienti che fanno spesso delle infiltrazioni e sono immunosoppressi.

Clinica
Nella maggior parte dei casi è monoarticolare, ma può essere anche oligoarticolare. Le condizioni
predisponenti sono preesistenti artropatie, patologie croniche e immunodepressione.
Sintomi e segni sono quelli sistemici di infezione: febbre alta, fiacca, nausea, sudorazione profusa,
linfonodi ingrossati, dolore.
Inoltre ci sono segni e sintomi della localizzazione dell’infezione nell’articolazione: ginocchio gonfio,
caldo e rosso oppure spalla calda e rossa, gonfia nell’unico punto in cui una spalla può gonfiarsi (non
di lato perchè c’è il deltoide e non dietro perchè c’è la scapola, quindi solo davanti).
È la classica artrite acuta quindi se si va a prelevare il liquido questo sarà pienissimo di GB che al
98% sono neutrofili.

Diagnosi
Per prima cosa si può fare l’esame del liquido sinoviale: il liquido sarà torbido o purulento con
conta elevate di leucociti di cui neutrofili al 98% (l’unica alternativa è che sia un attacco di gotta).
Poi si possono fare gli esami ematochimici e colturali che evidenzieranno leucocitosi neutrofila,
indici di flogosi elevati ed emocoltura talvolta positiva.
Infine si possono fare indagini colturali e strumentali alla ricerca di foci extra-articolari.

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Terapia
Si somministra una terapia antibiotica sistemica ev ad ampio spettro, previo lavaggio artroscopico
dell’articolazione. e parte tp antibiotica per via sistemica ev. La terapia deve partire subito, dura 1-2
mesi e appena possibile deve essere mirata sull’antibiogramma.

MALATTIA DI LYME (da slide)


E’ una zoonosi caratterizzata da impegno sistemico plurifasico.
E’ provocata dalle Borrelie (famiglia delle spirochete) e si trasmette tramite le puntura di zecche.
La patogenesi è data da danno microbico diretto e danni immunologici indiretti.

Clinica
Si articola in 3 fasi successive:
● Prima fase → entro 4 settimane dalla puntura, caratterizzata da:
- eritema migrante → è una macula di molti cm di diametro con area esterna rosso scuro
e area centrale più chiara con cute indurita; è una lesione patognomonica di questa
patologia e si trova preferibilmente in cosce, inguine, ascelle, per 4 settimane circa
persiste migrando poi è sostituito da chiazzette rosse di 2-3 cm di diametro;
- sintomi generali → febbre con brivido, malessere, astenia, epatosplenomegalia,
linfoadenomegalia, mialgie e artralgie, emicrania, faringodinia, tosse non produttiva;
● Seconda fase → dopo settimane o mesi dall’esordio, presenta impegno neurologico
(polineuropatia periferica ed encefalopatia e malattia demielinizzante) e/o cardiaco (blocchi
AV, miocardite, pericardite, insufficienza cardiaca rara);
● Terza fase → da qualche mese a 2 anni dall’esordio, presenta impegno articolare
caratterizzato da:
- mialgie migranti (20%);
- artriti oligoarticolari intermittenti (50%);
- artriti croniche (20%);
- asintomatiche (10%).

Diagnosi
Si fa con la ricerca di anticorpi specifici anti-borrelia (IgM in fase acuta e IgG in fase tardiva).
La prognosi è buona, solo nel 10% dei casi presenta esiti articolari e la mortalità è rara per problemi
cardiaci.

Terapia
E’ una terapia antibiotica con cefalosporine o tetracicline.

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OSTEOARTROSI (o osteoartrite)
E’ una malattia articolare conseguente ad una perdita di integrità della cartilagine in associazione ad
una correlata modificazione del tessuto osseo subcondrale e delle strutture articolari adiacenti
(sinovia, capsula, legamenti, menischi).
Non è una infezione cronica nel senso classico della parola, ma è una perdita di integrità della
cartilagine con modificazione del tessuto osseo e delle strutture articolari adiacenti. È un quadro
progressivo e che si instaura lentamente.
La parte coinvolta è l’unità osteocondrale che è formata da cartilagine e osso subcondrale,
impossibili da distinguere sia a livello istologico che a livello funzionale.

La normale funzione articolare dipende da:


- Geometria dei capi articolari;
- Caratteristiche biomeccaniche della matrice extracellulare → prevalentemente è la matrice
extracellulare cartilaginea che genera il meccanismo di alterazione e di danno;
- Anatomia dell’apparato capsulo-legamentoso.
Qualsiasi alterazione a carico di ciascuno di questi elementi è in grado di innescare il processo
artrosico.
Nei fattori di rischio rientrano:
- suscettibilità generalizzata → data da ereditarietà in persone che non hanno traumi e che
presentano alterazioni che compaiono dai 50-60 anni in avanti (sono la maggioranza), età,
obesità (importante per aspetti sia biomeccanici che molecolari), sesso (nelle forme non
dipendenti da traumi sono favorite le donne), ipermobilità articolare (tipica dei ginnasti
olimpionici), fumo;
- fattori meccanici localizzati → dismorfismi articolari, patologie articolari pre-esistenti, attività
sportive e professionali che espongono a traumi o uso eccessivo di certe articolazioni
(classico di chi fa sport agonistico); la cosa fondamentale è sempre il trauma, che deve
coinvolgere l’articolazione.

Patogenesi
L’artrosi sembra una cosa banale, era considerata il normale invecchiamento delle articolazioni ma
non è così, si tratta di accentuazioni di meccanismi e di vie molecolari fisiologiche: quindi mentre
nelle artriti c’è un’infiammazione della sinovia o dell’entesi che prima non c’era, qui non è così infatti
non c’è una cura dell’osteoartrosi, non c’è un farmaco che funzioni perchè sono stati tutti bloccati in
studio per effetti collaterali.
Ci sono 3 strati di cartilagine: superiore, intermedio e profondo. Col tempo la cartilagine superficiale
si rovina perchè si creano delle fissurazioni e si perdono dei frammenti di cartilagine; la struttura
cellulare cambia perché i condrociti, che di solito proliferano pochissimo, tentano di proliferare. Poi
avviene la classica duplicazione del tide-mark, processo ancora abbastanza misterioso; il tide-mark è
una zona in cui sembra che si accumulino i detriti cellulari.
Inoltre nel post-traumatico compare l’edema osseo che si vede solo con la RM, istologicamente è
molto difficile ottenere dei dati perché è difficile da individuare il punto giusto in cui fare la biopsia, a
meno di fare una risonanza subito prima della formazione dell’edema di modo che una volta
formatosi grazie al confronto delle due RM si riesca a capire dove andare a cercare. Oltre all’edema
c’è anche proliferazione vasale. Nell’osso subcondrale si ha poi la formazione di micro crack nelle
trabecole ossee con formazione ossea, necrosi degli osteociti e anche altro.
Viene coinvolta anche la sinovia. Ci sono tanti studi sul ruolo della sinovia, perché si pensa che se
essa fosse così importante la patologia sarebbe simile all’AR ma non lo è: gli episodi di sinovite ci
sono nel 50%. Poi c’è la proliferazione vasale che parte dall’osso subcondrale e tende a sostituire la
cartilagine calcifica e ialina; c’è anche qui un quadro generale di neoangiogenesi che però è un
quadro molto complicato: i condrociti cambiano fenotipo e diventano cellule che danneggiano la
cartilagine perché producono degli enzimi (citochine proinfiammatorie e metalloproteasi) che

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distruggono la matrice extracellulare (data da varie proteine tra cui collagene di tipo II e aggrecano).
Nel frattempo altre citochine proinfiammatorie vengono su dal midollo osseo tramite quei micro-
cracks dell’osso subcondrale. Il passaggio di molecole da queste piccole crepe avviene in realtà
anche fisiologicamente perché la cartilagine essendo avascolarizzata deve prendere il nutrimento in
questo modo.

Artrosi d’anca
Nella prima immagine è rappresentata la situazione normale:
il collagene II forma delle piccole onde che vanno su giù
perchè ha una funzione elastica; dentro invece c’è
l’aggrecano che ha la funzione di trattenere acqua (la
cartilagine si comporta come una spugna); più sopra ci sono i
condrociti ed in mezzo il tide-mark. Alla radiografia si vede
per bene la rima articolare, cioè la grossa fessura tra i due
capi articolari.
Nella seconda immagine (lesione iniziale) la cartilagine
comincia già a danneggiarsi, le fissurazioni si approfondano e
le parti superiori si possono già staccare. Questa è una
alterazione che di solito è localizzata soltanto in certi punti: il
classico sito colpito nell’anca è la parte superiore mentre il
resto della cartilagine è normale (idem nel ginocchio). A
questo punto radiograficamente non si vede ancora nulla.
Nella terza immagine (lesione avanzata) la situazione
peggiora: i frammenti cominciano a staccarsi massivamente,
si ha la duplicazione del tide-mark e inizia la sclerosi
dell’osso subcondrale con netta riduzione della rima
articolare; è delineata anche una sinovite
d’accompagnamento e iniziano a formarsi dei prolungamenti
della capsula dell’articolazione, come se aumentasse l’area
di contatto della capsula sull’osso: potrebbe essere un
meccanismo secondario per rendere più stabile
un’articolazione che ha perso cartilagine e quindi sta
diventando più instabile.
Nella quarta immagine (lesione terminale) c’è il denudamento
della testa del femore, rimane pochissima cartilagine ormai,
l’osso subcondrale è molto poco aumentato e rimangono
delle cavità che si chiamano pseudocisti subcondrali (o
geoidi) che non si sa se siano una conseguenza della
formazione di microcracks ma fanno sì che sia spinto in
queste cavità dell’osso del liquido o addirittura del tessuto
cartilagineo. Alla radiografia si vedono bene questi veri e
propri buchi nell’osso, c’è un’altra teoria dice che sono zone
che prima erano occupate dall’edema osseo. Scompare tutta
la rima articolare e ci sono anche degli osteofiti.
Nel ginocchio il dolore è più forte per cui si arriva alla protesi prima che il materiale cartilagineo
scompaia del tutto come nella fase terminale dell’artrosi dell’anca.

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Alterazioni anatomiche
La cartilagine subisce due modificazioni diverse a seconda della sede:
- Lesione regressiva (nella zona centrale sottoposta a carico) → viene persa la levigatezza e
ridotto lo spessore fino ad arrivare ad ulcerazioni focali che si concludono con la denudazione
dell’osso subcondrale;
- Lesione produttiva (nelle zone periferiche non sottoposte a carico) → si ha quindi
neoproduzione di cartilagine e successiva ossificazione con formazione di osteofiti. La
proliferazione cartilaginea non è possibile vederla (se non con la RM che però non serve per
l’artrosi per cui di solito non si fa).
L’ossificazione avviene con il meccanismo dell’ossificazione encondrale, che è quello della crescita
delle ossa lunghe, infatti nell’osteoartrosi c’è una modificazione funzionale del condrocita che cresce,
si modifica, si calcifica, poi arrivano gli osteoblasti e si forma l’osso, esattamente come succedeva
nella zona di accrescimento epifisaria.
A livello dell’osso subcondrale invece si ha:
- Edema osseo → che si manifesta alla RM come un alterato segnale nell’osso subcondrale
spugnoso;
- Sclerosi → aumento di spessore delle trabecole e dell’osso compatto nelle zone sottoposte a
carico;
- Pseudocisti o geoidi → da microfratture dell’osso subcondrale con successiva penetrazione di
liquido sinoviale;
- Osteofiti → da proliferazione ossea nelle zone non sottoposte a carico.
La membrana sinoviale può dare delle sinoviti mai molto spiccate. E’ ovvio che ci sia sinovite perché
in un’articolazione artrosica è molto facile avere un versamento, se si toglie il liquido con
un’artrocentesi ed esso è limpido lo si considera non infiammatorio e si fa diagnosi di artrosi piuttosto
che di artrite.
La capsula articolare può andare incontro a ispessimento e fibrosi (probabilmente per un
meccanismo compensatorio come spiegato precedentemente).

Classificazione
L’osteoartrosi può essere primitiva o secondari. Le cause della secondaria (a parte quelle
metaboliche) sono sempre cause biomeccaniche:
- Cause anatomiche → displasie e dismorfismi;
- Cause metaboliche → acromegalia, emocromatosi;
- Cause traumatiche → fratture dell’articolazione, traumi cronici occupazionali, lesioni menisco-
legamentose;
- Cause infiammatorie → artriti infiammatorie o artriti settiche.

Epidemiologia
L’osteoartrosi si definisce di solito sulla base dell’immagine radiografica perché deve esserci una
riduzione della rima, ma l’elemento patognomonico per fare diagnosi di artrosi è l’osteofita.
Ci sono tanti casi di artrosi che sono asintomatici (50%), facendo la lastra si vede l’osteofita ma il
paziente non ha sintomi.
E’ stato fatto uno studio in un paesino toscano (che coincide con i dati europei) sulla prevalena
dell’artrosi sintomatica nella popolazione generale di età > 65 anni con i criteri clinici ACR, i dati
ottenuti sono questi:
- Coxartrosi 7,7%
- Artrosi della mano 14,9%
- Gonartrosi 29,9%
Ciò significa che circa il 60% ha la forma solo radiografica non sintomatica, quindi facendo studi sulla
popolazione italiana si pensa che i pazienti affetti da osteoartrosi periferica sintomatica siano 5
milioni (quelli che vanno in ospedale sono circa 500.000 però).

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Sintomatologia
Il dolore non è il classico dolore infiammatorio ma è un dolore meccanico che ha la caratteristica
fondamentale di essere risvegliato dalla ripresa del movimento: appena il paziente riprende a
camminare dopo il riposo ha dolore per 10-15 minuti massimo, poi si scioglie e va avanti tranquillo.
Può esserci anche una componente infiammatoria e allora si avrà dolore a riposo con contrattura
muscolare, ma va a periodi.
Anche la rigidità dopo inattività (jelling) è meno intensa di quella delle artriti ed è di breve durata (< 30
minuti).
C’è una limitazione funzionale progressiva e c’è una componente tipica solo del ginocchio che è la
sensazione di instabilità (il paziente dice “il ginocchio mi va via”), dovuta ad alterazione dei
propriocettori dentro il ginocchio che danno l’impressione di cadere.

Storia naturale
L’esordio generalmente è lento ed insidioso. Il più delle volte sono sintomi secondari a un trauma, chi
ha l’osteoartrosi da qualche parte non deve mai subire un trauma in quella articolazione perché
sennò la situazione peggiora e resta peggiorata.
La progressione può essere lenta e graduale, lenta con riacutizzazioni o rapida nel giro di mesi
(rara).
Alcuni quadri clinici particolari sono:
- OA rapidamente progressiva → che porta a distruzione in breve tempo;
- OA generalizzata → è la poliarticolare, prende mani, ginocchia, anche, schiena, tutto;
- OA mani/ginocchia in donne obese → è una tipica forma idiopatica come la generalizzata
perché non è possibile avere un trauma che schiaccia tutte le articolazioni;
- OA infiammatoria/erosiva → che è tipica solo delle mani.

Esami di imaging
L’esame radiologico serve per fare diagnosi e determinare la severità dell’OA, per valutare la
progressione e per fare diagnosi delle complicanze.
Il quadro radiologico è dato da:
- riduzione della rima articolare, data dalla perdita di tessuto cartilagineo;
- sclerosi subcondrale, data dall’ispessimento riparativo dell’osso;
- osteofitosi marginale, data dalla proliferazione ossea-cartilaginea;
- pseudocisti o geodi, date dalla formazione di microfratture nell’osso subcondrale.
Nel ginocchio ci sono 3 compartimenti: femoro-tibiale laterale, femoro-tibiale mediale e femoro-
rotuleo, possono essere coinvolti solo alcuni o tutti e tre. Generalmente la situazione è speculare e
sono interessati o i due mediali o i due laterali.
L’ecografia articolare con power doppler si usa solo per motivi di ricerca per vedere se e quanto è
infiammata l’articolazione, ma non cambia niente per il paziente.
La RM si usa molto nelle fasi inizialissime in cui si è alla ricerca della fase early della malattia: non si
sa se questa fase early cominci quando il paziente ha male oppure anche prima, in certi casi il
paziente magari ha male ma ha il ginocchio perfetto. Con l’RM con certe metodiche si studia anche il
danno cartilagineo, le alterazioni biochimiche della cartilagine e l’edema osseo (che se non c’è stato
trauma non dovrebbe esserci). Si vede in corrispondenza dell’area interessata una lesione della
cartilagine con edema osseo sotto (chiamato anche osteite ovvero infiammazione dell’osso
trabecolare).

Esami di laboratorio
L’esame di laboratorio solitamente è nullo, per cui generalmente non lo si fa o lo si fa perché lo si
vuole trovare negativo per fattore reumatoide, indici di flogosi, antinucleo. Bisogna tenere conto però

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del fatto che di solito gli artrosici sono anziani quindi possono avere quella lieve positività aspecifica
di fattore reumatoide e anticorpi antinucleo: non bisogna farsi trarre in inganno.
L’analisi del liquido sinoviale di solito rivela un carattere non infiammatorio.

Localizzazioni frequenti
Localizzazioni frequenti sono:
- Ginocchia;
- Anche;
- Rachide cervicale, perchè sottoposto a intenso movimento;
- Rachide lombare perchè sottoposto a grosso carico;
- Mani, in particolare le interfalangee distali (questa è la seconda patologia che ha
interessamento di queste), le interfalangee prossimali, la base del pollice ma non la prima
metacarpofalangea ma la trapezio-metacarpale (TMC) che è la localizzazione più dolorosa
dell’artrosi della mano.
Localizzazioni rare invece sono:
- Metacarpofalangee;
- Polso, rarissimo, si vede solo in seguito a trauma;
- Gomito;
- Spalle.

OA della mano
Per prevalenza e incidenza dell’osteoartrosi della mano ci sono diversi dati che però più o meno
coincidono, considerano tutti una popolazione dai 60 anni in su. In italia ci sono circa 1,5-2 milioni di
pazienti con artrosi sintomatica della mano.

L’OA della mano spesso ha una predisposizione genetica e può essere associata ad artrosi del
ginocchio nelle donne obese.
Nella forma infiammatoria erosiva si formano lesioni centrali ad ali di gabbiano e a dente di sega.
Questa forma è caratterizzata da vere e proprie infiammazioni oltre che dalle erosioni, quindi si
vedono articolazioni gonfie e dolenti alla palpazione.
Sono da tenere presente degli ingrossamenti determinati da osteofiti nelle
interfalangee distali, che si chiamano noduli di Heberden, e nelle
prossimali, che si chiamano noduli di Bouchard. In questi ultimi c’è un
allargamento classico di tutta l’articolazione mentre in quelli di Heberden
ci sono solo due piccole cornine che si formano lateralmente ma vanno
verso l’alto dorsalmente. Di solito questa forma ha evoluzione in pochi
anni con fasi di riacutizzazione e successiva stabilizzazione con
deformità.
L’artrosi della trapezio-metacarpale ha un’evoluzione progressiva ed
insidiosa fino ad arrivare al quadro conclamato in cui la mano è quadrata

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perché c’è una protuberanza della base del pollice (rizoartrosi del pollice) per sublussazione verso
l’esterno del primo metacarpo.
Queste sono lesioni sintomatiche che possono tutte andare incontro a chirurgia in cui si taglia via
quel pezzo di osso e lo si sostituisce magari con una protesi.
La forma erosiva della mano entra in DD con l’AR e con l’AP per l’interessamento delle interfalangee
distali il che crea problemi in quei pazienti che oltre all’artrosi hanno anche la psoriasi.

OA del ginocchio
Questi sono i 3 compartimenti del ginocchio: quello con
maggiore interessamento dell’osteoartrosi è solitamente
quello mediale (75%) perché tutti abbiamo già un piccolo
varismo fisiologico. Si può correggere facenda un’osteotomia,
segando un angolo di osso e rimettendo in asse la gamba.
L’OA del ginocchio colpisce di solito uomini giovani ed è
monolaterale post trauma, oppure donne obese in età media
avanzata ed è bilaterale ed indipendente da un trauma.
Il femoro-rotuleo è quello che dà i primi sintomi quali difficoltà
a scendere le scale e a camminare in discesa, questo perchè
per non cadere in avanti noi contraiamo tutti i muscoli delle
cosce e andando ad appiattire la rotula contro i condili e quindi lo sfregamento è maggiore (ammesso
che abbia un senso parlare di sfregamento). Fa male anche l’accovacciarsi, si fa fatica in particolare
a rialzarsi perché non c’è forza nelle ginocchia anche perché l’artrosi del ginocchio comporta nel
tempo una ipotrofia del quadricipite della coscia (altre volte è l’ipotrofia del quadricipite che fa venire
l’artrosi).
Ci può essere una tumefazione dura, modesto versamento articolare e l’evoluzione di solito è lenta
con riacutizzazioni periodiche.

OA dell’anca
Nella maggior parte dei casi (60%) colpisce il
compartimento superolaterale dell’articolazione
coxo-femorale. Il dolore dell’artrosi dell’anca è
localizzato nell’inguine e dietro alla natica, si irradia
per la coscia molto frequentemente. In alcuni casi
rari prende il ginocchio e in altri casi ancora più rari
prende solo il ginocchio quindi ci sono pazienti con
male al ginocchio che hanno il ginocchio perfetto
ma hanno artrosi dell’anca.
Il movimento colpito per primo è la rotazione ovvero il gesto di accavallare le gambe, poi è intaccata
l’adduzione e abduzione e infine la flessoestensione.
Di solito c’è un’evoluzione progressiva che arriva sino all’intervento chirurgico.

Terapia
In tutte le malattie ma soprattutto in quelle in cui non c’è terapia bisogna educare il paziente ovvero
dirgli di non darsi martellate sul ginocchio, non stare accovacciato dalla mattina alla sera.
Poi c’è il controllo dei sintomi per il quale bisogna utilizzare degli antidolorifici E NON degli
antinfiammatori, quindi bisogna introdurre gli oppiacei (tramadolo).
Infine bisognerà cercare di minimizzare la disabilità funzionale.
Si possono fare infiltrazioni di steroidi perché il cortisone ha effetto antidolorifico perché va a togliere
quel po’ di infiammazione.
Poi si possono fare iniezioni intra-articolari di acido ialuronico (condroprotettore): si fa perché non
c’è nient’altro che si possa fare, ma non si sa se sia davvero efficace.

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C’è il problema del dolore cronico che è un problema molto grosso: il dolore cronico è di per se
stesso una malattia perché rimarrebbe anche se si potesse eliminare la causa iniziale. E’ cronico
proprio perchè si instaura un meccanismo neurologico di automantenimento (sensibilizzazione
periferica e centrale), quindi bisogna curare il dolore indipendentemente dalla causa per cui sono nati
tutti i centri di terapia del dolore in cui una delle cose consigliate è l’agopuntura, a volte funziona altre
no.
La fisioterapia non serve a un tubo.
La kinesiterapia invece è utile: sono esercizi riabilitativi in movimento in acqua perché in acqua c’è
una riduzione del peso del corpo.
Le cure termali fanno benissimo ma solo se il paziente vuole farle perchè gli piacciono (effetto
placebo).
La terapia chirurgica esiste solo per ginocchio e anca.

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MIOPATIE
Le miopatie NON sono le miositi, che fanno parte delle connettiviti e sono infiammazioni del muscolo
caratterizzate soprattutto da debolezza muscolare e astenia, e non dal dolore come le miopatie, nelle
miositi il dolore c’è solo nel 50% dei casi mentre la debolezza è il sintomo chiave.
Le artromialgie (così chiamate perchè a volte è difficile riuscire a distinguere tra dolore articolare e
dei muscoli intorno), sono molto diffuse e possono essere dovute a vari fattori:
- Malattie reumatiche → fasi prodromiche dei reumatismi infiammatori cronici e delle connettiviti,
sindrome fibromialgica, polimialgia reumatica;
- Infezioni → virali, setticemia, brucellosi, malattia di Lyme, vaccinazioni, anche solo la banale
influenza che dà dolori vari in giro per il corpo;
- Farmaci → statine, estroprogestinici, rebound della terapia steroidea se sospesa di colpo;
- Disturbi psichici → ansia, depressione, reumatismo psicogeno;
- Sindromi paraneoplastiche;
- Altro → ipotiroidismo, insufficienza renale, Parkinson, ipokaliemia.

POLIMIALGIA REUMATICA
E’ una sindrome caratterizzata da intenso dolore muscolare e rigidità ai cingoli scapolare e pelvico ed
al tronco. Non è rara. C’è una frequente associazione con l’arterite gigantocellulare o arterite
temporale di Horton.
L’incidenza è rarissima sotto i 50 anni, tra i 50 e i 60 è 20/100.000 e tra i 70 e gli 80 è 112/100.000.
La prevalenza è maggiore nella razza bianca e nelle popolazioni del Nord. Il rapporto
femmine:maschi è di 2-3:1.
I sintomi guida sono dolore e rigidità, i pazienti possono avere comparsa improvvisa di questa
malattia di notte e la mattina non riuscire ad alzarsi dal letto e doversi quindi rotolare di fianco,
cascare dal letto e poi provare ad alzarsi. Possono esserci anche manifestazioni articolari alle mani e
sintomi sistemici.
L’esordio sia del dolore che della rigidità può essere improvviso (ore) o progressivo (giorni o
settimane). Colpisce il cingolo scapolare (70-95%), il cingolo pelvico (50-70%) e il collo, con
irradiazione distale a braccia e gambe. Nella manifestazione classica è bilaterale, intenso, continuo,
anche notturno ed esacerbato dal movimento.
Le manifestazioni articolari prendono generalmente le mani con artriti non erosive e autolimitantesi.
Spesso c’è la sindrome del tunnel carpale perché c’è edema del canale che va a schiacciare. Si
gonfia tutto il dorso della mano e in parte anche le dita ed è un edema improntabile (RS 3PE =
Remitting Sieronegative Simmetric Sinovitis with Pitting Edema).
I sintomi sistemici ci sono in 1/3 dei pazienti e sono: febbre, anoressia, perdita di peso, astenia,
apatia e depressione, dunque i tipici sintomi di un’infiammazione sistemica in atto.
È malattia con ves elevatissima > 100, elevata PCR, altri indici fibrinogeno non chiedetelo, ferritina
chissene frega.

Diagnosi
Gli esami di laboratorio evidenziano indici di flogosi molto aumentati: la VES è quasi sempre > 30, a
volte > 100 (normale nel 7-20% dei casi alla diagnosi). La PCR è probabilmente ancora più sensibile.
Gli enzimi muscolari sono nella norma perchè non c’è patologia muscolare.
Tutti gli anticorpi classici sono negativi, ferma restando quella lieve positività dovuta all’età anziana.
Tardivamente possono manifestarsi anche anemia normocromica ipocromica, leucocitosi, piastrinosi
quali manifestazioni midollari dell’infiammazione.
C’è un aumento della concentrazione sierica di IL-6 che è la citochina che stimola il fegato a produrre
proteine della fase acuta tra cui la PCR.
A volte c’è un’elevazione misteriosa della fosfatasi alcalina che sottende una mini patologia epatica
colestatica secondaria alla malattia.
Con le biopsie è stato dimostrato che c’è un pochino di infiammazione della sinovia.

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Con la RM invece è stata dimostrata la presenza di borsiti nelle spalle, tra i processi spinosi (che
spiegano i dolori del collo e della schiena), di fatto però queste piccole infiammazioni non giustificano
questi valori così alti di VES e PCR che non sono quindi spiegabili.
Di solito non si fa né ecografia, nè RM nè RX perché il quadro è già chiarissimo dalla clinica e dal
laboratorio.
Ci si può basare su alcuni criteri diagnostici:
- Età > 50 anni;
- Dolore bilaterale e rigidità mattutina per almeno 1 mese ed interessante almeno 2 aree tra:
collo o dorso, spalle o parte prossimale delle braccia, anche o parte prossimale delle cosce;
- VES > 40 alla 1° ora (anche se in realtà oggi si pensa sia meglio usare la PCR);
- Pronta risposta alla terapia steroidea.

Terapia
Di solito si inizia con il cortisone, che va tenuto per mesi e mesi, perchè sennò dopo 2-3 settimane
dalla sospensione torna la malattia. Gli effetti collaterali però sono piuttosto importanti per cui si
stanno cercando alternative, come l’anticorpo monoclonale anti IL-6 che però è costosissimo rispetto
al cortisone.
Se non si riesce a ridurre il cortisone perchè la malattia torna, siccome va ridotto per forza si può
aggiungere il Metotrexate. L’Infliximab si è dimostrato utile ma solo nell’arterite di Horton.

MIOPATIE INFIAMMATORIE IDIOPATICHE


Sono un gruppo di malattie infiammatorie croniche, ad eziologia ignota e patogenesi immunitaria, a
carico prevalentemente della muscolatura striata e talvolta della cute.
L’incidenza è di 1-9 nuovi casi per milione per anni, la prevalenza oscilla sui 2-10/100.000. E’ favorito
il sesso femminile e colpiscono in qualsiasi età con picco in età infantile e tra 40 e 60 anni.
Sono rarissime.

Polimiosite (PM) e polidermatomiosite (PDM)


Possono comparire in corso di altre connettiviti (PDM associata ad altre connettiviti) e c’è un caso
molto importante in cui queste dermatomiositi sono una manifestazione paraneoplastica (PDM
associata a neoplasia) quindi bisogna sempre cercare in questi pazienti un qualche tumore.

Quadro clinico
Ci sono manifestazioni muscolari, cutanee e interessamento di altri organi.
Manifestazioni muscolari: la caratteristica principale è la debolezza muscolare. Essa è ad esordio
lento e progressivo, simmetrica, colpisce la muscolatura prossimale più di quella distale.
[NB: di solito il dolore dei muscoli prossimali (cosce e braccia) è verosimilmente su base miopatica,
mentre il dolore dei muscoli distali (gambe e avambracci) è verosimilmente su base neurologica.]
I muscoli oculomotori non quasi mai interessati, mentre lo sono soprattutto quelli degli arti e dei
cingoli e un po’ meno quelli della deglutizione, della fonazione e della masticazione.
Il dolore e tensione muscolare c’è solo nel 50% dei casi. Ne sono segni obiettivi la riduzione della
forza muscolare, la dolorabilità alla palpazione (essendo infiammatoria) e la presenza di contrattura
ed atrofia muscolare.
Manifestazioni cutanee: sono quelle della dermatomiosite.
C’è rash cutaneo che può manifestarsi con:
- papule di Gottron (70-80%) → vengono sulle nocche delle dita (superficie estensoria delle
metacarpofalangee) e sulle interfalangee prossimali e distali in forma desquamativa, sulla
superficie estensoria di ginocchia, gomito, polso e malleolo mediale. Sono tipicamente
disposte a losanga nella zona del dorso della mano; sono patognomoniche;
- rash eritematoso → può prendere tutto il corpo, il paziente sembra un pellerossa, non è a
farfalla e prende il solco naso-labiale (è quindi facile la DD con LES);

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- rash eliotropo (30-60%) → è l’eritema intorno all’occhio su palpebra superiore e inferiore.
Molto spesso è solo sulla palpebra superiore quindi bisogna dire al paziente di chiudere gli
occhi per valutare; è caratteristico ma non patognomonico.
Altri alterazioni cutanee possono essere:
- mano del meccanico → è la cosa più importante, è legata al lavarsi troppo frequentemente le
mani e al freddo: si formano delle fissurazioni nei polpastrelli con ipercheratosi (erano tipiche
dei meccanici che lavoravano a mani nude con oli e detergenti);
- fenomeno di Raynaud;
- vasculite cutanea → ulcerazioni peri-ungueali e necrosi cutanea;
- calcinosi.
Interessamento di altri organi: gli altri organi interessati possono essere:
- articolazioni → artralgie (frequenti) o artriti (rare);
- polmoni → alveolite diffusa, interstiziopatia, polmonite da aspirazione;
- cuore → blocchi AV, miocardite;
- esofago → disfagia;
- rene → insufficienza renale da glomerulonefrite.

Diagnosi
Per prima cosa bisogna fare gli esami di laboratorio in cui risulterà:
- enzimi muscolari elevati (CPK) → sensibile e specifica, aumenta prima dei sintomi, utile anche
perchè valutare la risposta terapeutica perchè si normalizza prima della scomparsa dei
sintomi; altri enzimi muscolari meno importanti sono aldolasi, mioglobina, transaminasi e LDH;
- indici di flogosi (VES e PCR) → possono essere normali o aumentati e non correlano con
l’attività della malattia;
- autoanticorpi (90%) → gli antinucleo sono positivi (40-80%) e in più nel 30-40% ci sono gli
anticorpi miosite-specifici (MSA): i pazienti con miosite sono pochi e per di più ci sono tante
sottoclassi ognuna con il suo anticorpo. Possono essere diretti contro componenti cellulari,
antigeni intracellulari, proteine della sintesi proteica (il più comune è anti-Jo-1, presente in 18-
20% dei pazienti).
Poi è importante l’elettromiografia che mostra le alterazioni del muscolo, la RM per capire dove fare
la biopsia muscolare (generalmente sulla zona anteriore o laterale delle cosce). Bisogna fare una
biopsia piuttosto grande perchè sennò si rischia di trovare del tessuto indenne, su muscoli con
malattia attiva e non atrofici, a cielo aperto.
Per la diagnosi ci si può basare su alcuni criteri diagnostici che sono riportati di seguito:

Il pattern EMG caratteristico e la positività della biopsia sono fondamentali.

Prognosi
La sopravvivenza è circa 85-90% a 5 anni. Le possibili cause di morte sono neoplasia, interstiziopatia
polmonare, infezioni molto gravi che portano a multi organ failure.
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Nel 20% dei casi si ha disabilità a 5 anni e nel 20-40% dei casi i pazienti sviluppano effetti collaterali
alla terapia.

Terapia
La terapia di prima linea sono gli steroidi, mentre in seconda linea si possono usare immunoglobuline
ev, immunosoppressori, anticorpi anti-TNF/IL-6/CD-20.
A ciò si aggiunge la terapia riabilitativa.

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VASCULITI
Le vasculiti si classificano in base al tipo di vaso colpito:

ARTERITE GIGANTOCELLULARE
E’ una patologia cronica caratterizzata da interessamento delle arterie di grande e medio calibro, in
particolare i rami cranici delle arterie originate dall’arco aortico
L’arterite di Horton dà interessamento delle arterie temporali, dell’aorta e delle arterie oftalmiche. C’è
una frequente associazione con la polimialgia reumatica.

Epidemiologia
E’ rarissima sotto i 50 aa, l’incidenza aumenta con l’età:
- 1 caso su 133 all’anno (polimialgia);
- 1 caso su 5618 all’anno (ACG);
- Aumenta periodicamente (infezioni virali?).
La prevalenza è maggiore nelle popolazioni del Nord e il rapporto femmine:maschi è di 2:1.

Quadro clinico
La sintomatologia è data da:
- Cefalea → interessa i ⅔ dei pazienti, ha esordio progressivo e talvolta improvviso, è spesso
un sintomo di esordio. Colpisce ‘area occipitale e/o temporale ma può essere anche diffuso, è
solitamente intenso e continuo ma talvolta riferito come tensione diffusa;
- Disturbi visivi (25-50%) → si tratta di un’emergenza terapeutica;
- Segni obiettivi di arterite temporale e/o frontale → le arterie sono ispessite, tese e dolenti, la
pulsazione ridotta o assente, interessamento diffuso o nodulare, raramente eritematosa;
- Sintomi sistemici (50%) → febbre (39-40 °C), anoressia e perdita di peso, astenia;
- Altri sintomi da vasculite di a. extra-craniche → dolore e claudicatio alla masticazione, perdita
del gusto e claudicatio della lingua, difficoltà alla deglutizione, dolore al cavo orale e al collo;
- Disturbi neurologici (30%) → neuropatie, TIA e/o ictus, sordità, depressione e confusione;
- Sintomi da interessamento altre arterie → principalmente aneurisma e dissezione dell’aorta
toracica, è un evento tardivo ed è 17 volte più frequente rispetto alla popolazione generale;
- Manifestazioni muscolo-scheletriche → dolore e rigidità tipo polimialgia reumatica (40%) e
artrite periferica non erosiva e pitting edema di mani e polsi (20%).

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Diagnosi
Agli esami di laboratorio si evidenzia VES > 30 o normale alla diagnosi nel 22,5% dei casi. La PCR
anche in questo caso è più sensibile.
Come esami strumentali si può fare biopsia dell’arteria temporale, eco-doppler, angiografia, angio-
RM, angio-TC e PET che mostra un aumento del’uptake di fluorodeossiglucosio nelle pareti di aorta,
succlavia, carotide, iliaca e femorale.

Terapia
Il gold standard sono i corticosteroidi in particolare prednisolone 20-40 mg al giorno per 8 settimane,
se è coinvolto anche l’occhio 40-80 mg al giorno per lo stesso periodo di tempo. Per prevenire la
cecità (rischio 12%) gli steroidi andrebbero prescritti subito al minimo sospetto di arterite di Horton.
In caso di resistenza o intolleranza agli steroidi si possono aggiungere metotrexato o ciclofosfamide.

ARTERITE DI TAKAYASU
E’ una patologia cronica molto rara che comporta flogosi dei grandi vasi con prevalente
interessamento dell’aorta, delle sue principali diramazioni e delle arterie polmonari.
Può essere indagata con angio-TC, angio-RM e PET che servono poi anche per il follow-up.
L’ecografia con color doppler è utile invece per valutare l’attività di malattia.
Il gold standard terapeutico è lo steroide, come suoi risparmiatori ci sono farmaci quali leflunomide,
inibitori del TNF e Tocilizumab.

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SINDROME FIBROMIALGICA
E’ una sindrome di sofferenza muscolo-scheletrica diffusa caratterizzata da dolore diffuso e presenza
di punti di dolorabilità (tender points) in assenza di alterazioni laboratoristiche e strumentali.
Il rapporto femmine:maschi è di 8-9:1 e l’incidenza è massima tra i 35 e i
55 anni.

Clinica
Il dolore esordisce talvolta come localizzato ma poi diventa diffuso (“ho
male ovunque”), di intensità variabile, persistenze con fluttuazioni
periodiche e influenzato più da fattori ambientali che da terapia.
I tender points (nell’immagine) sono punti circoscritti di dolorabilità
sconosciuti al paziente non dolenti spontaneamente, il dolore è evocato
da una digitopressione corrispondente a 4 Kg (che a volte provoca anche
fenomeno neurovegetativi quali piloerezione o sudorazione fredda). Sono
stati identificati 9 paia di tender points a fini classificativi.

Diagnosi
I criteri diagnostici sono:
- dolore diffuso da almeno 3 mesi;
- presenza di almeno 11 su 18 tender points;
- assenza di alterazioni laboratoristiche e strumentali.

Terapia
Consiste in supporto psicologico, tecniche di rilassamento muscolare, esercizio fisico aerobico e
terapia farmacologica con miorilassanti, antidepressivi e/o ansiolitici, antidolorifici.

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GOTTA
La gotta è una malattia caratterizzata da un disordine metabolico (iperuricemia) e dalla deposizione
di cristalli di urato monosodico nei tessuti responsabili delle lesioni acute e croniche.
Colpisce prevalentemente gli uomini sopra i 65 anni di età.

Storia naturale:
- Iperuricemia asintomatica: condizione metabolica
asintomatica favorente la gotta, caratterizzata da
uricemia >7 mg/dl nell’uomo e > 6 mg/dl nella donna
(studi indagano la correlazione con il consumo di carne)
- Attacchi di artrite acuta: la patogenesi è a carico di quei
fattori coinvolti nella precipitazione dei cristalli di urato
monosodico, che causano aumento della
concentrazione dei soluti (iperuricemia) e ridotta
capacità dei tessuti di inibire la cristallizzazione
(età/sesso, predisposizione familiare, alterazioni
GAG/PG/collagene, traumi/microtraumi, variazioni
pH/temperatura)
- Intervalli “intercritici”
- Gotta cronica tofacea con poliartrite e nefropatia

Quadro clinico:
Sintomi e segni di infiammazione acuta:
- dolore molto violento ad insorgenza acuta (ore)
- tumefazione articolare e peri-articolare
- rossore cutaneo e desquamazione alla fine dell’attacco
- generalmente monoarticolare (metatarso-falangea dell’alluce nel 60-80% dei casi)
- risoluzione entro 2 settimane (generalmente 4-5 giorni).

Laboratorio:
Esami ematochimici:
- globuli bianchi: leucocitosi neutrofila
- indici di flogosi: elevati
- alterazioni metaboliche: iperuricemia, dislipidemia, iperglicemia
Esame del liquido sinoviale:
- conta leucocitaria: 10.000-50.000/mm3 con PMN > 90%
- cristalli di U.M.S.: microscopio a luce polarizzata

Terapia:
Dell’attacco acuto:
- FANS
- Colchicina
- Steroidi
Prevenzione delle recidive:
- correzione abitudini di vita e alimentari
- trattamento farmacologico dell’iperuricemia (allopurinolo e flebuxostat)

Gotta cronica:
Il quadro clinico è caratterizzato da borsiti (del gomito), poliartrite erosiva, tofi, con l’aggiunta di un
interessamento renale che si esprime con nefropatia uratica e litiasi renale.

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