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TEMA 1

Sociolinguistica e Dialettologia: concetti fondamentali

1. Definizione della Sociolinguistica e della Dialettologia


2. Alcuni concetti basilari
2.1. Concetti linguistici
2.2. Concetti sociologici
3. Campi di applicazione della SL
4. Contatto di lingue

BIBLIOGRAFIA1

a) Sociolinguistica:

*BERRETTA, Monica (1988): "Linguistica delle varietà", in: HOLTUS, Günter - METZELIN, Michael, SCHMITT,
Christian (cur.) (1988): Lexicon der Romanistischen Linguistik. Band IV. Italienisch. Korsisch, Sardisch
Italiano, Corso, Sardo. Tübingen: Niemeyer, pp. 762-774.
*BERRUTO, Gaetano (1988): "Sociolinguistica", in: HOLTUS, Günter - METZELIN, Michael, SCHMITT, Christian
(cur.) (1988): Lexicon der Romanistischen Linguistik. Band IV. Italienisch. Korsisch, Sardisch Italiano,
Corso, Sardo. Tübingen: Niemeyer, pp. 220-230.
BERRUTO, Gaetano (2005): Prima lezione di sociolinguistica. Roma-Bari: Laterza.
*WEINRICH, Uriel (1953): Languages in contact. The Hague: Mouton. [trad. esp.: Lenguas en contacto. De-
scubrimientos y problemas. Caracas: Universidad Central de Venezuela, s.a., trad. della 6ª ed. inglese
del 1968; ed. ital.: Lingue in contatto. Torino: Boringhieri, 1974; trad. catalana: Llengües en contacte.
Alzira: Bromera, 1996].

b) Dialettologia:

ALINEI, Mario (1981): “Dialetto: un concetto rinascimentale fiorentino. Storia e analisi”, Quaderni di Seman-
tica, vol. 2, pp. 147-173.
Atlante Linguistico Italiano. Red. di L. MASSOBRIO. Materiali raccolti da U. Pellis & al. Roma: Istituto Poligra-
fico e Zecca dello Stato, 1995-.
BENINCÀ, Paola (1996): Piccola storia ragionata della dialettologia italiana. Padova: Unipress (versione
precedente: “Linguistica e dialettologia italiana”, in: LEPSCHY, Giulio C. (cur.), Storia della linguistica. Bo-
logna: Il Mulino, 1994, pp. III, 525-644).
JABERG, Karl - JUD, Jakob (1928-40): Sprach- und Sachatlas Italiens und der Südschweiz. Zofingen: Rin-
gier u.C. [selezione in: JABERG, Karl - JUD, Jakob (1987): AIS. Atlante linguistico ed etnografico dell’Italia
e della Svizzera italiana. A cura di G. Sanga. Milano: Unicopli.]

1
La Bibliografia specifica di ogni tema deve essere considerata complementare di quella generale offerta
prima, in questo stesso documento. Con l'asterisco si vogliono indicare i riferimenti ritenuti più rilevanti.
TEMA 1. SOCIOLINGUISTICA E DIALETTOLOGIA: CONCETTI FONDAMENTALI

1. DEFINIZIONE DELLA SOCIOLINGUISTICA E DELLA DIALETTOLOGIA

Si tratta di due discipline linguistiche che hanno oggetti di studio diversi e momenti di na-
scita e percorsi particolari. Infatti, la Dialettologia (DL) nasce nell’Ottocento e ha in Italia un im-
portante rappresentante e uno dei suoi fondatori, il goriziano Graziadio Isaia Ascoli. Il suo pre-
coce sviluppo si spiega in buona parte per la ricchezza linguistica che allora — e che ancora
oggi è in parte viva — c’era nelle regioni italiane. L’interesse per i dialetti italiani non è mai sce-
mato. La Sociolinguistica (SL), invece, è nata negli Stati Uniti negli anni ’60 del ventesimo seco-
lo e ha attecchito subito in Italia, un paese nel quale ha trovato un ambiente favorevole (società
in veloce trasformazione, dinamiche linguistiche molto complesse, nascita di nuovi mass media,
ecc.) e validi studiosi, tra cui spiccano in primo luogo Tullio De Mauro e più tardi Gaetano Berru-
to.

Diamo ora una definizione per ogni concetto:

La Sociolinguistica […] si occupa dei rapporti fra lingua e società, e quindi dei fat-
ti e dei valori sociali connessi alla lingua e ai suoi usi; il carattere essenziale sta nel
vedere i sistemi linguistici inseriti nella vita della società. Tratta quindi sia della cor-
relazione tra fenomeni linguistici e determinati fattori sociali, sia dell’influenza che
la società e i fatti sociali hanno riguardo ai fatti linguistici e delle conseguenze che
tale influenza produce, sia della funzione sociale che la lingua ha e delle azioni so-
ciali che attraverso essa si svolgono. (Berruto 2014: 3)

DIALETTOLOGIA
Lo studio dei dialetti, in prospettiva diacronica o sincronica. La dialettologia tradi-
zionale usa i metodi della geografia linguistica per stabilire la diffusione di certi fe-
nomeni linguistici nei dialetti presenti in un’area. (F. Casadei, Dizionario di linguisti-
ca. Bologna: il Mulino, 2001, s.v.)

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TEMA 1. SOCIOLINGUISTICA E DIALETTOLOGIA: CONCETTI FONDAMENTALI

2. ALCUNI CONCETTI BASILARI2

3.1. CONCETTI LINGUISTICI

3.1.1. VARIAZIONE LINGUISTICA, VARIETÀ DI LINGUA, VARIABILE

Variazione: Il manifestarsi sotto diverse forme di uno stesso elemento linguistico o


di vari di essi.

Varietà di lingua: Insieme di tratti omogenei di una lingua co-occorrenti in un certo


gruppo di parlanti, in una certa situazione o in un certo luogo.

L’importanza accordata dalla SL è il fattore che determina una visione della lingua molto
diversa da quella che ha la Linguistica teorica:

• Per la SL la lingua è un insieme di varietà. 3

• Per la Linguistica4 la lingua è un insieme di elementi linguistici comuni a tutte le varietà.

In sincronia la lingua si manifesta sotto varietà determinate da 3-4 dimensioni, ognuna del-
le quali risponde a certi parametri:5

1. Diatopica: origine e distribuzione geografica dei parlanti.


2. Diastratica: caratteristiche sociali e culturali dei parlanti.
3. Diafasica: circostanze della comunicazione.
4. Diamesica: mezzo, canale.6

Tali dimensioni non si presentano in modo indipendente, ma interagiscono in ogni varietà


di lingua. Per esempio, nel linguaggio giovanile, oltre alla fondamentale dimensione diastratica
è importante quella diatopica è quella diafasica. D’altra parte, tra di esse c’è generalmente una
gerarchia, che varia da lingua a lingua. In Italia, ad esempio potremmo stabilire una gerarchia
di questo genere:

1. diatopia 2. diastratia 3. diafasia

2
Perlopiù le definizioni offerte sono prese da Berruto (1995) e Berruto (2014), con adattamenti e integra-
zioni.
3
Quello che H. Weinrich denomina diasistema.
4
Anche se non tutte le correnti e le teorie della Linguistica hanno un’idea della lingua così rigida, perché
ognuna di esse accorda alla variazione linguistica un peso diverso.
5
Lasciamo da parte la dimensione diacronica, cioè quella definita dal tempo, che non è oggetto di studio
della SL e la DL bensì della Storia della lingua e della Grammatica storica.
6
Oggi lo status di questa quarta dimensione è messa in discussione da alcuni linguisti.

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TEMA 1. SOCIOLINGUISTICA E DIALETTOLOGIA: CONCETTI FONDAMENTALI

Per la DL è essenziale la prima, per la SL sono fondamentali 2 e 3:

a) Tra le caratteristiche di tipo sociale che la determinano la variazione diastratica ci so-


no le seguenti:

a. classe sociale
b. gruppo sociale
c. gruppo etnico
d. sesso
e. età

Per riferirsi alle varietà diastratiche alcuni usano il termine socioletto, e quando riguarda
un unico individuo si parla di idioletto.

b) Per quanto riguarda la variazione diafasica si devono distinguere due tipi di varietà
fondamentali:

a. Registri (alcuni parlano di stili): i fattori che servono a definire i registri sono
quelli che riguardano il contesto in cui si trovano i parlanti, come il grado di
formalità della situazione, il loro ruolo nella comunicazione, ecc.
b. Sottocodici (alcuni parlano di linguaggi settoriali, lingue speciali o tecnoletti):
siamo davanti a un sottocodice quando il fattore più caratteristico della varietà
è l’argomento, la sfera d’attività, l’ambito tematico, ecc.

Variabile: Insieme di realizzazioni diverse di una stessa unità linguistica.

Variante: Ognuna delle realizzazioni di una variabile.

È possibile distinguere due tipi di variabili:

a) Variabili libere (sono rare): non dipendono da nessun elemento contestuale. Per esem-
pio, le varianti devono/debbono7 o perso/perduto.8 In realtà, come indicato nelle note, ci
sono quasi sempre delle differenze tra di loro.
b) Variabile dipendente: sono quelle che obbediscono al contesto sociale o linguistico. Per
esempio, le varianti di dativo plurale gli/loro/ci:9 la prima è la più abituale, anche se se-
condo la norma più ristretta dell’italiano standard è marcata in diafasia (registri medio-

7
In realtà c’è una differenza di tipo statistico, dato che la seconda variante è molto meno usata.
8
Ma ci sono espressioni in cui è obbligatoria una delle due forme: Alla ricerca del tempo perduto (M.
Proust), a tempo perso.
9
Di questo tipo ne esistono molte altre in italiano: questo, questa / ‘sto, ‘sta…; distinzioni fonetiche come
quella tra /s/ e /z/; o perfino lessicali: incazzarsi / arrabbiarsi / adirarsi, ecc.

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bassi); la seconda è marcata in senso contrario, vale a dire è meno abituale (solo in re-
gistri alti) ma adatta alla norma; la terza è marcata in senso regionale o dialettale.10

3.1.2. ISOGLOSSA

È questo un termine prettamente dialettologico e tra i più importanti, perché permette di


stabilire confini tra i diversi dialetti e lingue.

linea [tracciata su una carta geografica] che divide due aree in cui il medesimo trat-
to [=variabile] abbia valori distinti (Loporcaro, 2009: 10).

Il gruppo più importante di isoglosse del territorio italiano è quello che dà luogo alla ben no-
ta linea La Spezia-Rimini, che divide non solo i dialetti settentrionali dagli altri ma anche la
Romània orientale da quella occidentale (vedi il Tema 2 per questa e per altre linee).

3.1.3. CONTINUUM LINGUISTICO

Una definizione generale di questo concetto, originario della Sociologia ma facilmente ap-
plicabile alla Linguistica Generale, è quella che segue:

Insieme carente di compartimentazioni rigide e ben separate al suo interno, che


appare invece costituito da una serie senza interruzioni di elementi varianti.

Si tratta di una nozione utilissima in molte discipline, tra cui la SL e la DL, le cui unità di
studio non possiedono un carattere discreto ma continuo.
Il continuum, in SL e DL, fa riferimento al carattere dello spazio in cui avviene la variazione,
che non è diviso in scompartimenti stagni e non ha dunque dei confini precisi. Ciò non vuol dire
che la lingua sia un tutto diffuso, sfumato, giacché c’è una scalarità, ci sono cioè degli adden-
samenti dei tratti che determinano le diverse varietà. Nella Figura 1 si vede uno spazio in cui i
fenomeni si presentano in caselle indipendenti tra di loro (appartengono cioè a categorie discre-
te), mentre nella Figura 2 ci sono spazi di contatto tra le diverse categorie (categorie continue).

Fig. 1 Fig. 2

10
Nella lingua dei secoli passati troviamo molti esempi di forme che si alternano nella lingua letteraria
(poetica) e in altre varietà: cuore/core, Spagna/Ispagna, ecc.

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Nella serie di esempi che segue si osserva una progressione nel continuum di realizzazioni
in italiano di una stessa frase (con manifestazioni di varietà diatopica, diafasica e diastratica)
(Berruto 2012: 34):

1. Non sono affatto a conoscenza di che cosa sia stato detto loro
2. Non sono affatto a conoscenza di che cosa abbiano detto loro
3. Non so affatto che cosa abbiano detto loro
4. Non so affatto che cosa abbian detto loro
5. Non so affatto che cosa han detto loro
6. Non so mica che cosa gli han detto
7. Non so mica cosa gli han detto
8. So mica cosa gli han detto
9. So mica cosa ci han detto
10. So mica cosa che ci han deto

Questo invece è un gruppo di esempi che mostrano la gradualità in area abruzzese (varie-
tà diatopica) (Telmon 1993: 119):

1. ho mangiato troppo ora sono sazio e devo prendere...


2. ho mangiato troppo adesso sono abboffato e devo pigliare...
3. sono mangiato troppo mo sso’ abbottato e ho da pigliare...
4. sso’ magnato troppo mo sso’ abbottato e tengo a piglià...
5. sto magnato troppo mo sto abbottato e tengo a piglià...
6. sto magnate troppe mo sto abbottate e teng a piglià...
7. sto magnète troppe mo sto abottète e teng a piglià...
8. stenghë magnètë mo stènghë abbottètë e teng a piglià...

3.1.4. COMUNITÀ LINGUISTICA

Si tratta in realtà di un concetto di tipo sociologico, ma che va trattato qui perché in diretto
rapporto con quello di repertorio linguistico, che sarebbe il versante linguistico della comunità
linguistica. È questo un concetto controverso in buona parte perché nella definizione interven-
gono criteri molto eterogenei:

• Geografici (sociali e politici): luogo comune, unità politica...


• Linguistici: lingua comune, repertorio comune...
• Psicologici: stesso atteggiamento, percezione di appartenenza allo stesso gruppo, con-
divisione di una norma...
Secondo Berruto (2012: 11) i criteri si possono classificare in due gruppi: criteri oggettivi
(preferiti dai linguisti: entità geopolitica definita, lingua/lingue concrete) e criteri soggettivi (prefe-
riti dai sociologi e antropologi: atteggiamenti, sentimenti di appartenenza e autoidentificazione).

Perciò è preferibile limitarsi a una definizione poco impegnativa, che eviti confusioni con al-
tri concetti come quello di gruppo sociale. Con una definizione di questo tipo sarà possibile ap-
plicare il termine a più situazioni possibili:

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Insieme di persone, di estensione indeterminata, che condividono un qualche gra-


do di padronanza e di esposizione a uno stesso insieme di varietà di lingua e che
siano unite da qualche forma di aggregazione socio-politica.

A partire da questa definizione potremmo parlare di insiemi piuttosto grandi e anche di


realtà locali, ad esempio, sia di comunità linguistica italiana che di comunità linguistica veneta,
albanese, ecc., e perfino un piccolo paese.

3.1.5. REPERTORIO LINGUISTICO

Strettamente legato al concetto precedente, è però meno problematico.


Insieme delle risorse linguistiche [=varietà linguistiche] di una comunità linguistica,
corrispondente a una o più lingue.

È importante sottolineare che:

• un repertorio può essere composto da varietà di una o più lingue;


• l’insieme delle varietà di un repertorio non è lineare ma gerarchico, perché si stabilisco-
no tra di esse rapporti piuttosto complessi.

Uno dei centri d’interesse della Sociologia del Linguaggio è appunto lo studio dei rapporti
tra le varietà nel repertorio linguistico. Dal nostro punto di vista, invece, la SL studierà le caratte-
ristiche linguistiche di ogni varietà.

Ø Questo concetto verrà sviluppato, in riferimento all’Italia, nel tema successivo (Tema 2).

3.1.6. DIALETTO

Esistono almeno due concezioni del termine dialetto:

a) “Varietà linguistica non standardizzata, tendenzialmente ristretta all’uso orale entro una
comunità locale ed esclusa dagli impieghi formali ed istituzionali” (Loporcaro 2009: 3).
b) “Varietà geografiche di una lingua, risultati dalla differenziazione areale di questa dopo
la sua diffusione” (Berruto 2014: 76).

Nel primo caso ci troviamo davanti a sistemi linguistici indipendenti (quindi lingue diverse),
che hanno la stessa origine della lingua ma che presentano una situazione di dipendenza da
essa. Alle caratteristiche indicate nella definizione bisogna aggiungere la presenza di una lin-
gua tetto, un sistema di prestigio e di riferimento per i dialetti di questo tipo (che per i dialetti
italiani è ovviamente l’italiano). Questi dialetti vengono chiamati dialetti primari (Loporcaro,
2009: 5).

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TEMA 1. SOCIOLINGUISTICA E DIALETTOLOGIA: CONCETTI FONDAMENTALI

Nel secondo caso si parla di dialetti secondari (Loporcaro, 2009: 5) e ci muoviamo


nell’ambito di una stessa lingua.
La Dialettologia italiana adopera il termine dialetto nel senso indicato nel primo gruppo,
mentre la Dialettologia di altre lingue (come per lo spagnolo e il catalano) lo fa nel secondo.
I dialetti italiani saranno descritti nel Tema 3.
In Italia esistono anche dialetti del secondo tipo, che – dal momento in cui la denominazio-
ne di dialetto è già ‘occupata’ – ricevono il nome di italiani regionali.

3.2. CONCETTI SOCIOLOGICI

3.2.1. DOMINIO
Costellazione di situazioni sociali riferite ad una medesima sfera di esperienza e di
attività, con la presenza comune di determinati ruoli, scopi e norme che organizza-
no e definiscono un ambito specifico della vita sociale degli individui.

Alcuni esempi tipici di dominio sono: la famiglia, il vicinato, il lavoro, la scuola, ecc.

Il concetto di dominio è importante in Italia tra l’altro per determinare le zone d’uso
dell’italiano e del dialetto. Un esempio ormai classico, riportato in alcuni manuali, è quello dei
domini in una comunità linguistica concreta, quella di Cuneo, per la quale si offre un paragone
tra la situazione dell'inizio del secolo XX e quella degli anni ’80 dello stesso secolo. È facile os-
servare come l’italiano (l’italiano regionale, non l’italiano standard) ha guadagnato molto terre-
no, confinando il dialetto a pochi domini, legati all’ambito familiare, all’agricoltura, ecc.

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TEMA 1. SOCIOLINGUISTICA E DIALETTOLOGIA: CONCETTI FONDAMENTALI

Il concetto di dominio risulta determinante per la definizione di certi tipi di varietà, soprat-
tutto diafasiche (i cosiddetti sottocodici, di cui si parlerà brevemente nel Tema 5) e anche per
analizzare i rapporti tra le diverse varietà in comunità plurilingui.

3.2.2. RETE SOCIALE

Insieme di legami che vi sono fra una persona di riferimento (EGO) e tutte le per-
sone con cui questa si trova ad avere rapporti (frequenti o occasionali).

L’idea di rete (o reticolo) sociale è una delle acquisizioni più recenti della SL e ormai, gra-
zie al mondo digitale, è diventato molto popolare la sua denominazione inglese (social network),
che è qualcosa di diverso. È un concetto preso dall’Antropologia sociale che mette in evidenza
un meccanismo importante in SL. Ha inoltre un grande vantaggio, perché costituisce un’entità
intermedia tra lo strato sociale e l’individuo ed è diverso dal gruppo sociale. D’altra parte serve
a superare il concetto di classe sociale, che è oggi poco operativo nelle nostre società occiden-
tali.
La rete sociale ha una struttura radiale, con un centro e segmenti ogni volta vieppiù perife-
rici:

• Ego: il centro intorno al quale gira tutta la rete.


• Zona confidenziale (emozionale): costituita da parenti e amici stretti.
• Zona utilitaristica (effettiva): costituita da amici che si hanno per motivi pratici.
• Zona nominale: ci sono persone conosciute ma poco importanti per affettività o utilità.
• Zona allargata: persone parzialmente conosciute con cui si hanno rapporti occasionali.

Le proprietà che caratterizzano una rete sociali sono la densità e la molteplicità. Il primo si
riferisce alla quantità di rapporti effettivi dei membri della rete rispetto al numero totale di rap-
porti possibili (nella Figura 1, 8 su 15 possibili). Il secondo si riferisce alla quantità di rapporti
multipli dentro una rete sociale (per esempio A e EGO possono essere frequentatori dello stes-

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TEMA 1. SOCIOLINGUISTICA E DIALETTOLOGIA: CONCETTI FONDAMENTALI

so bar e anche direttore e cliente di un ufficio postale): nella figura 2 ci sono tre di questi rappor-
ti.

Figura 1 Figura 2

La rete della Figura 1 è una rete molto densa

Il concetto è utile, tra l’altro, per poter spiegare fenomeni come:

• la diffusione delle innovazioni linguistiche e la tendenza alla conservazione: reti a ma-


glie strette (dense e molteplici) tendono a essere conservative, reti a maglie larghe (po-
co dense e poco multipli) tendono a essere innovative;
• la lealtà linguistica11: reti strette la favoriscono, reti larghe invece permettono atteggia-
menti più liberi.
• la scelta di lingua in situazioni di plurilinguismo: la rete socialeè l’unico elemento che
permette di spiegare perché due parlanti identici per quanto riguarda le altre variabili
sociali (strato, istruzione, sesso, età, professione) possono avere due comportamenti
linguistici diversi per quanto riguarda la scelta di lingua.

3.2.3. CLASSE GENERAZIONALE (ETÀ)

È la prima di una serie di variabili demografiche, a cui appartengono anche il luogo d'ori-
gine e il sesso.12 Si chiamano così perché sono inerenti all’individuo, non sono una scelta.
L'età è una variabile veramente importante. I parlanti possono essere divisi per fasce di
età: i vecchi, i giovani, i bambini, ecc. Il linguaggio che ha suscitato maggiore interesse da parte
della SL – in particolare in Italia – è quello dei giovani, il gruppo di persone compreso tra gli 11
e i 19 anni circa, cioè il cosiddetto ‘linguaggio dei giovani’ o ‘linguaggio giovanile’.

11
Cioè l’attaccamento alle proprie tradizioni linguistiche.
12
Non tratteremo quest’ultima perché poco rilevante nella variazione linguistica italiana; ci sono però auto-
ri che credono possa influire nella scelta tra italiano e dialetto (gli uomini sarebbero più inclini alla dialetto-
fonia, le donne verso l’italiano e in particolare verso le varietà più vicine allo standard).

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3.2.4. ATTEGGIAMENTO

Opinioni dei parlanti su sé stessi e sugli altri in fatto di lingue, giudizi espliciti ed impli-
citi al riguardo, disposizione favorevole o sfavorevole verso di esse.

È quindi un fattore di tipo psicologico perché dipende interamente dalla mente dei parlanti
stessi. Quando gli atteggiamenti sono basati su credenze generalizzate in una comunità lingui-
stica parliamo allora di pregiudizi, che spesso non hanno una base reale ma immaginaria. Così
in molti pensano che il tedesco è una lingua ‘dura’ pur essendoci poesie sublimi in questa lin-
gua o composizioni liriche come i lied, che l’italiano è una lingua musicale, anche se risulta
obiettivamente meno adatta dell’inglese per generi quali il rap, che sia impossibile imparare il
cinese, pur non avendoci provato mai, che alcuni dialetti italiani o alcune varietà di italiano sono
più belle, più brutte, più goffe, più asciutte di altre, ecc.

3.2.5. STATUS E FUNZIONE

Status: capacità di un sistema linguistico, dal punto di vista pratico, legale, econo-
mico, politico, sociale, ecc., all’interno di una comunità di riferimento.
Funzione: ciò che si fa davvero con la lingua sul piano legale, culturale, economi-
co, politico, sociale, in una data comunità.

La funzione è in realtà un aspetto più effettivo dello status, giacché di fronte ad esso, che
è una potenzialità, funzione suppone sempre una situazione de facto. Alcuni esempi di funzioni
sono: funzione ufficiale, funzione educativa, funzione di lingua internazionale, ecc.
I parametri che determinano lo status di una lingua sono:

1) Area di diffusione di una lingua o varietà: non si definisce in termini di km2 ma come
numero di paesi in cui si parla una lingua, quantità di regioni dentro uno stato, ecc.
2) Sistemi sociali e istituzionali di riferimento: nazioni, organismi internazionali, altre istitu-
zioni, ecc.
3) Statuto giuridico e legale: ci sono molteplici situazioni possibili, tra cui quelle di lingua
ufficiale (unica), lingua ufficiale paritaria, lingua regionale, lingua di minoranza, lingua
promossa, lingua perseguitata...
4) Numero e tipi di parlanti: bisogna distinguere tra nativi / non nativi, parlanti di lingua
madre / di L2 / come LS (lingua straniera).
5) Caratteristiche socio-culturali dei parlanti: livello di istruzione, professioni, etnia, ecc.
6) Domini d’uso: quanti sono (la maggioranza o solo pochi), quali (vita pubblica, ambiti pri-
vati, ecc.).

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TEMA 1. SOCIOLINGUISTICA E DIALETTOLOGIA: CONCETTI FONDAMENTALI

7) Grado di elaborazione: esistenza di una grafia, se è atta per l’elaborazione di testi sem-
plici o complessi...
8) Grado di standardizzazione: esistenza di modelli (letterari o altri) e opere di riferimento
(grammatiche, dizionari...).
9) Vitalità: continuità nella tradizione e trasmissione della lingua da una generazione a
quelle successive.13

Le caratteristiche 1-3 sono di tipo sociopolitico, le 4-6 sociodemografico, le 7-9 di tipo lin-
guistico.

4. CAMPI DI APPLICAZIONE DELLA SL

Nei pochi decenni della sua esistenza la SL ha fissato la propria attenzione su svariati temi
e campi. In ogni tradizione linguistica, in funzione della propria storia e di altre circostanze parti-
colari, l’attenzione dei sociolinguisti si è rivolta di preferenza verso certi temi. Nella tradizione
italiana possiamo segnalare, tra gli altri, i seguenti (seguiamo i suggerimenti di Berruto
nell’articolo “Sociolinguistica” nell’Enciclopedia dell’italiano, Simone 2010):

• il rapporto fra la lingua nazionale e i dialetti;


• le dinamiche linguistiche connesse ai mutamenti sociali;
• l’articolazione dell’italiano in varietà secondo diversi fattori di variazione;
• i cambiamenti nella lingua italiana dovuti alla rapida diffusione dei nuovi mezzi di comu-
nicazione;
• il rimescolamento delle classi sociali e il condizionamento della collocazione sociale
(per gruppo di appartenenza, età, sesso, ecc.) dei parlanti sui loro usi e comportamenti
linguistici;
• il ruolo della lingua nell’educazione scolastica e la discriminazione attraverso la lingua;
• la funzione del linguaggio nel regolare l’interazione e nel costruire rapporti sociali;
• le sorti delle minoranze linguistiche;
• i problemi linguistici e sociali della recente immigrazione.

5. CONTATTO DI LINGUE

Nel mondo ci sono numerosi luoghi in cui convivono due o più lingue: nono è un’eccezione,
ma quasi la norma. In Europa ci sono praticamente solo due paesi strettamente monolingui: il
portogallo e l’Albania. Quando le lingue compresenti sono due parliamo di bilinguismo, se so-
no più di due diciamo multilinguismo; d’altra parte, il termine plurilinguismo comprende le
due situazioni precedenti.

13
Nel Tema 2 verranno offerti dati concreti sull’uso e la vitalità della lingua italiana e dei dialetti italiani.

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TEMA 1. SOCIOLINGUISTICA E DIALETTOLOGIA: CONCETTI FONDAMENTALI

Il primo termine (bilinguismo) è alquanto ambiguo ed è stato usato per far riferimento a si-
tuazioni molto diverse che solo hanno in comune la presenza di due lingue, ma il rapporto tra di
esse può obbedire a parametri molto disparati

• Secondo il rapporto che si stabilisce tra le lingue in contatto:

- Presenza simultanea di due lingue, nelle stesse condizioni: è il bilinguismo socia-


le.

- Presenza simultanea di due lingue, con una distribuzione diversa, cioè con la do-
minanza di una lingua sull’altra o sulle altre: in questo caso si parla di solito di di-
glossia (si veda più avanti), a cui si possono aggiungere altre denominazioni (dila-
lìa, bidialettismo), come vedremo dopo.

• Secondo la prospettiva di chi usa le lingue, che può essere individuale o sociale:
- Bilinguismo individuale: è quello del parlante bilingue, nel quale si devono verifi-
care non solo la conoscenza di due lingue ma anche altre condizioni:

o Indipendenza tra i due codici, cioè non interferenza.

o Alternanza (senza sforzo) tra le due lingue.


o Capacità di esprimere le stesse cose nelle due lingue, e quindi capacità di
traduzione fluida tra le due lingue.

- Bilinguismo sociale: è quello che si ha nella società in cui si parlano due lingue.
In esse si possono avere una delle seguenti situazioni:

o B. bicomunitario: si ha quando le due lingue sono parlate da gruppi diffe-


renziati, come ad esempio l’italiano e il tedesco nell’Alto Adige o fiammin-
go, francese e tedesco in Belgio.

o B. monocomunitario: succede se tutti (o quasi tutti) i parlanti sono bilin-


gui. Esempi: francese o franco-provenzale e italiano nella Valle d’Aosta
oppure maltese e inglese a Malta.

Il termine diglossìa ebbe una prima formulazione teorica in uno scritto di Charles A. Fer-
guson nel 1959 e faceva riferimento non a la compresenza di due lingue ma di due varietà del-
la stessa lingua, nella fattispecie le due varietà di greco moderno14 che convivevano nella Gre-
cia contemporanea, una alta (chiamata katharévusa) e una bassa (dhimotikí). La sua è quindi
una concezione diversa e più rigida rispetto a quella che sarà più usuale dopo, vale a dire l’uso
socialmente differenziato di due lingue diverse, non necessariamente imparentate genetica-
mente, per cui si oppone al bilinguismo sociale in questi termini:

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A cui affiancava altri tre casi: arabo classico ed egiziano, tedesco e svizzero tedesco in Svizzera, fran-
cese e creolo di Haiti.

STUDI LINGUISTICI IN LINGUA ITALIANA 1. A.A. 2019-2020. PROF. CESÁREO CALVO RIGUAL -–PROF.SSA GIULIANA MITIDIERI
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TEMA 1. SOCIOLINGUISTICA E DIALETTOLOGIA: CONCETTI FONDAMENTALI

bilinguismo diglossia
(due lingue non differenziate
~ (due lingue o varietà differenzia-
sociolinguisticamente) te sociolinguisticamente)

In una tipica situazione di diglossia troviamo due lingue (A e B) di cui A è la lingua imparata
generalmente in contesto scolastico e utilizzata per gli usi o i domini alti, ufficiali, scritti, colti,
mentre B è la lingua della socializzazione primaria, della conversazione quotidiana. Sono molti
gli esempi di situazioni di diglossia, a cominciare dalla situazione italiana (rapporto tra italiano e
dialetti italiani), ma non quella di oggi bensì quella precedente l’Unità o forse anteriore alla Pri-
ma Guerra Mondiale

Gaetano Berruto (1995, 2015) offre un'utile classificazione dei rapporti tra le lingue, con
particolare riferimento alla situazione italiana ma con esempi di molti altri luoghi del mondo. È
particolarmente interessante perché non perde di vista la specificità italiana, caratterizzata da
un aspetto non previsto in modelli precedenti: la presenza generalizzata di una varietà in origine
alta (l’italiano) non solo nello scritto e nella lingua alta ma anche nell’uso parlato comune laddo-
ve fino a poco tempo fa si adoperava solo il dialetto. Distingue quindi quattro situazioni. Le due
prime (bilinguismo sociale e diglossia) sono già state trattate. Le altre due (dilalìa e bidialetti-
smo) si rendono necessarie secondo Berruto per descrivere efficacemente la situazione socio-
linguistica dell’Italia odierna.

La dilalìa descrive una situazione simile alla diglossia, però con una differenza significati-
va: gli ambiti d’uso della lingua e del dialetto non sono separati nettamente, perché condividono
almeno uno. È la situazione tipica di quasi tutta l’Italia dialettale (ivi compresi il Friuli e la Sarde-
gna), in cui sono presenti nell’uso parlato dei suoi abitanti sia il dialetto sia l’italiano.
L’evoluzione da una situazione di diglossia vero quella di dilalìa è dovuta al profondo mutamen-
to delle dinamiche sociali nella storia contemporanea dell’Italia che ha portato a un’estensione
capillare della conoscenza e dell’uso dell’italiano, accanto a quello dei dialetti.

L’ultima delle situazioni di contatto di lingue esistenti in Italia è il bidialettismo (chiamato


anche dialettia sociale o polidialettismo). In questo caso non abbiamo due lingue diverse, ma
due varietà di una stessa lingua (A’ e B’), di cui A’ è la varietà standard e B’ una varietà geogra-
fica o sociale (bassa). B’ ha queste caratteristiche:
- Non è standardizzata.
- Non ha una tradizione di impiego letterario.
- Non è soggetta a tentativi di promozione come varietà A’ alternativa.
- È socialmente marcata.

Tale situazione si ha in Italia in Toscana e nella città di Roma.

Berruto (2015: 90) riassume le caratteristiche delle situazioni di contatto in questa tabella:

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TEMA 1. SOCIOLINGUISTICA E DIALETTOLOGIA: CONCETTI FONDAMENTALI

Per una definizione e una distinzione più particolareggiata di questi quattro concetti si rin-
via a Berruto (1995: 242-250 e 2015: 85-90).

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