Sei sulla pagina 1di 10

Quinto capitolo

La Democrazia in Spagna

5. Il Governo di Adolfo Suárez e la Ley para la


reforma política
L’idea di avviare un processo di democratizzazione nella Spagna
franchista sembrava realizzarsi con l’ascesa in campo di Adolfo
Suárez González, uomo onesto ma vicino ai principi del
Movimiento.
Agli occhi dei tradizionalisti doveva sembrare che Suárez
continuasse ciò che era stato iniziato dal regime franchista e portato
avanti dal governo Navarro ma in realtà le intenzioni erano ben
altre.
Infatti, una volta promosso il governo Suárez, si procedette a varare
una riforma politica che avesse l’obiettivo di stravolgere
l’ordinamento politico, promuovere la democrazia e ciò restituendo
la sovranità al popolo spagnolo, sottoporre a referendum una
riforma costituzionale ancora in costruzione ed infine celebrare,
entro il 30 giugno dell’anno successivo, le prime elezioni libere e
democratiche1.

1
Carmelo Adagio, Alfonso Botti, Storia della Spagna democratica: Da Franco
a Zapatero, p.52

1
Il meccanismo pensato per passare da un regime all’altro veniva
riassunto nello slogan «de la ley a la ley pasando por la ley»2.
Si trattava, pertanto, di smantellare il vecchio sistema politico dal
suo interno, cercando il consenso sia delle opposizioni che dello
stesso apparato franchista. Tutto ciò, quindi, senza arrivare ad un
radicale processo costituente di rottura che non desiderava né la
Corona, né la maggior parte dell’opinione pubblica.
Il tutto venne sigillato nel discorso pubblico alla nazione
pronunciato da Suárez: «Se la società spagnola aspira ad una
normalizzazione democratica, diamoci da fare per ottenerla. Se si è
iniziata la riforma politica in quanto necessità urgente,
acceleriamo i tempi con il realismo che la nostra epoca pretende. E
se incontriamo gravi problemi nella nostra vita quotidiana,
sforziamoci di trovare nuove soluzioni»3.
Nonostante la sua impreparazione retorica riuscì a prendere
posizione e, per eliminare ogni ostacolo politico al cambiamento
giuridico e sociale, concentrò la riforma in un’unica legge,
denominata la Ley para la reforma política (LRP): una legge avente
l’obiettivo di riformare il sistema spagnolo in una democrazia
paragonabile a quelle europee4.
La Ley che avrebbe reso possibile la convocazione di elezioni
generali e la trasformazione delle Cortes, venne discussa da

2
Dalla legge alla legge passando per la legge
3
Marco Laurenzano, Paese basco e libertà: Storia contemporanea di ETA, sez.
4
4
Carmelo Adagio, Alfonso Botti, Storia della Spagna democratica: Da Franco
a Zapatero, p.55

2
quest’ultime che, il 18 novembre, l’approvarono con 425 voti a
favore, 59 contrari e 13 astenuti5.
All’indomani dell’approvazione venne introdotto: il riconoscimento
del principio della sovranità popolare; potere legislativo alle Cortes
(composte di un congresso dei deputati e di un senato); suffragio
universale; durata del mandato parlamentare (quattro anni); e,
infine, stabiliva che la riforma costituzionale spettava al governo e
al congresso e che doveva essere sottoposta dal re a referendum6.
Così fu, in quanto il 15 dicembre il popolo spagnolo, in un clima di
scontri politici, si recava alle urne per esprimere la propria
preferenza e, nonostante l’invito all’astensione da parte delle
opposizioni, il risultato fu inequivocabile.

Elettori 22 644 290 Votanti 17 599 622


Favorevoli 16 573 180 Contrari 450 102
Schede bianche 523 457 Schede nulle 52 823
7

Come si può notare dalla tabella quasi il 95% degli spagnoli votanti
si espresse a favore della Ley para le reforma política, legittimando
in tal modo il percorso moderato e di «continuità formale»
intrapreso dal Governo di Suárez e il re Juan Carlos e, inoltre,
rendendo definitivamente credibile il cammino istituzionale verso la
democrazia, e quindi l’inizio della transizione spagnola.

5
Ibidem
6
Ibidem
7
Referendum del 15 dicembre 1976 sulla Ley para la reforma polìtica. – Fonte:
L. Aguiar de Luque, R. Blanco Canales, Constitución española, 1978-1988, 3
voll., Centro de Estudios Constitucionales, Madrid, 1988, I, p. 345

3
Conquistato questo primo traguardo la prossima mossa di Suárez fu
quella di approvare la partecipazione dei partiti alle prossime
elezioni politiche.
A tal fine era necessario, per prima cosa, che essi fossero conformi
con lo statuto, rispondere ai principi democratici e prendere le
distanze da qualsiasi mezzo che facesse della politica uno strumento
totalizzante nei confronti del cittadino e della società, tipico dei
regimi totalitari.
Pertanto rispondere ai principi democratici significava escludere,
inoltre, dal proprio statuto qualsiasi forma di violenza con il
coinvolgimento di terzi parti. E quindi significava non commettere
gli stessi errori e orrori del regime franchista.
Tutti i partiti vennero considerati conformi e in ordine al processo
democratico tranne quello comunista a causa dell’incompatibilità
del suo statuto con la legislazione entrata in vigore.
Basti pensare che il PCE aveva, per lungo tempo, operato
clandestinamente affianco delle Comisiones Obreras (CCOO) nella
lotta contro il regime antifranchista8.
La conformità democratica del PCE, per tale motivo, sarebbe stata
presa in considerazione nel momento in cui sarebbe stato disposto a
modificare lo statuto. Ciò si realizzò quando «nel gennaio 1977 un
comando armato, con tutta probabilità mosso dai servizi segreti,
aveva colpito a mitragliate otto avvocati e un impiegato di un
ufficio madrileno legato al PCE. Le ferree direttive del partito

8
Carmelo Adagio, Alfonso Botti, Storia della Spagna democratica: Da Franco
a Zapatero, p.58

4
impedirono qualsiasi reazione, mandando a monte l’intento di
provocare tensione nelle relazioni fra Governo e PCE»9.
In seguito a tale evento, denominato “strage di Atocha”, il 9 aprile
1977 Suárez proclamò la conformità democratica del PCE con la
sua successiva introduzione alla corsa per le elezioni politiche
ormai quasi vicine.

5.1 Le elezioni del 1977 e la Costituzione española


Alla vigilia delle elezioni la situazione si presentava molto confusa.
Il Partido Socialista Obrero Español (PSOE) iniziava i preparativi
per gareggiare alle elezioni, unendo le forze con il Partit dels
socialistes de Catalunya e Convergencia socialista 10, mentre il PCE
manteneva la sua idea di politica unitaria unendosi alle altre forze
progressiste11.
Se questa era la situazione di sinistra, invece, l’ala più moderata
scendeva in campo con l’Unión de Centro Democrático (UCD), una
fusione di ben quindici partiti voluta e idealizzata da Suárez12.
Per quanto riguarda le forze di destra si presentarono alle elezioni in
un’unica compagine (Fedaración de Partidos de Alianza Popular)

9
Marco Laurenzano, Paese basco e libertà: Storia contemporanea di ETA,
sez. 4
10
Carmelo Adagio, Alfonso Botti, Storia della Spagna democratica: Da
Franco a Zapatero, p.63
11
Marco Laurenzano, Paese basco e libertà: Storia contemporanea di ETA,
sez. 4
12
Ibidem

5
che, in onore della tradizione e della continuità ma adottando la via
democratica, era guidata dai vecchi ministri rimasti vicini alla
dittatura del Caudillo13.

Come si può vedere dalla tabella i risultati furono decisivi e, in


qualche maniera, sorprendenti: il partito più votato fu la UCD
(Unión de Centro Democrático) e, con più di sei milioni di voti, fu
incaricato di formare il governo, seguito dal PSOE con quasi cinque
milioni di voti.
All’indomani delle votazioni, il 2 agosto, «la Commissione elesse
nel suo seno una Ponencia15 composta da sette deputati – a ogni
effetto i padri diretti del testo – con l’incarico di redigere un
13
Ibidem
14
Fonte: Junta Electoral Central, Ministerio del Interior
15
Comitato, o commissione

6
avanprogetto di Costituzione: in tal modo si avviò formalmente il
processo costituente del 1978»16.
Il testo costituzionale, approvato dal plenum del Senato e dalle
Camere, il 6 dicembre venne sottoposto al referendum popolare: per
la terza volta in pochi anni gli spagnoli furono chiamati ad
esprimersi sul processo democratico in corso.

17

Quasi il 90% degli spagnoli votarono a favore della Costituzione, il


27 dicembre 1978, venne promulgata dal re ed entrò ufficialmente
in vigore lo stesso giorno, nel quale fu pubblicata sul Bollettino
ufficiale dello Stato in quattro lingue: castigliano, galiziano, basco e
catalano18.
La Carta, ancora oggi in vigore, è composta da 169 articoli, un
preambolo, dieci titoli, quattro disposizioni transitorie, una
derogatoria ed una finale19. L’introduzione è affidata al Preambolo
il quale recita le seguenti parole:
“La nazione spagnola, desiderando stabilire la giustizia, la
libertà e la sicurezza e promuovere il bene di quanti la

16
Roberto L. Blanco Valdés, Introduzione alla costituzione spagnola del 1978,
a cura di Miryam Iacometti, g. Giappichelli Editore, Torino, 2017, p. 34
17
Referendum costituzionale del 6 dicembre 1978. - Fonte: L. Aguiar de
Luque, R. Blanco Canales, Constitución española, p. 346
18
Roberto L. Blanco Valdés, Introduzione alla costituzione spagnola del 1978,
p. 35
19
Carmelo Adagio, Alfonso Botti, Storia della Spagna democratica: Da
Franco a Zapatero, p. 89

7
compongono, nell’uso della sua sovranità, proclama la sua volontà
di: Garantire la convivenza democratica nell’ambito della
Costituzione e delle leggi conformemente a un ordine economico e
sociale giusto; Consolidare uno Stato di diritto che assicuri la
supremazia della legge come espressione della volontà popolare;
Proteggere tutti gli spagnoli e i popoli della Spagna nell’esercizio
dei diritti umani, le loro culture e tradizioni, lingue e istituzioni;
Promuovere il progresso della cultura e dell’economia in modo da
assicurare a tutti una dignitosa qualità di vita; Realizzare una
società democratica progredita e collabora- re al rafforzamento di
relazioni pacifiche e ad un’efficace collaborazione fra tutti i popoli
della terra.”20
A seguire l’articolo 1 enuncia la sovranità popolare e la
democraticità dello Stato poiché i valori su cui esso si fonda sono:
la libertà, la giustizia, l’uguaglianza e il pluralismo politico21.
Mentre all’art. 2 viene designata la forma politica dello Stato che
rientra senza dubbio nella designazione di una monarchia
parlamentare22. Quest’ultima altro non è che la monarchia costretta
a un compromesso, frutto di una lunga transizione voluta e
desiderata da molti, con la democrazia e quindi essa non è altro che
la forma di Governo che ha permesso la compatibilità tra

20
Consultabile online nel documento ufficiale della costituzione spagonola, tr.
It., - Catálogo de Publicacione de la Administración General del Estado, p. 7
21
Ibidem
22
Luigi Primicerio, Le metamorfosi del ruolo del presidente del governo nel
sistema parlamentare, G. Giappichelli Editore, Torino, 2013, p. 7

8
successione ereditaria della carica di Capo dello Stato e principio
democratico23.
Per tale motivo all’art. 56, c. 1, Cost., viene designato il ruolo del
Re nei confronti dello Stato: «Il Re è il capo dello Stato, simbolo
della sua unità e stabilità, arbitra e modera il regolare
funzionamento delle istituzioni, è il più alto rappresentante dello
Stato nelle relazioni internazionali, specialmente con le nazioni
della sua comunità storica, ed esercita le funzioni attribuitegli
espressamente dalla Costituzione e dalle leggi»24.
Tuttavia il Re rappresenta per la Spagna solo una figura simbolica e
priva di responsabilità, in quanto egli esercita in piccola misura i
poteri attribuitegli dalla Costituzione e dalle leggi 25. Infatti l’art. 64
Cost. esplicita le testuali parole: «Gli atti del Re sono controfirmati
dal Presidente del Governo e, se del caso, dai ministri
competenti»26.
Quindi in finale possiamo dire che il Re si limita a dare la forma
giuridica, prevista dalla Costituzione, a decisioni politiche prese da
altri organi.
Per quanto riguarda il contenuto legislativo l’assemblea costituente
scelse di confermare quanto era già stato previsto dalla Ley para la
reforma política e quindi di ripristinare il bicameralismo imperfetto

23
Roberto L. Blanco Valdés, Introduzione alla costituzione spagnola del 1978,
p. 61
24
Ivi, p. 62
25
Ibidem
26
Ivi, p. 63

9
composto dal Congresso e dal Senato dei quali si può consultare la
loro potestà negli artt. 68 e 69 della Cost27.
Infine molto importante, oggetto di discussione anche e soprattutto
durante il regime franchista, è l’art. 16 poiché la Costituzione
professa la libertà religiosa negando a qualsiasi confessione la
possibilità di essere definita religione dello Stato28.
E proprio per quanto riguarda il rapporto tra Stato e religione, l’art.
16.3 afferma: «Nessuna confessione avrà carattere statale. I
pubblici poteri terranno conto delle convinzioni religiose della
società spagnola e manterranno le conseguenti relazioni di
cooperazione con la Chiesa cattolica e le altre confessioni»29.
La realizzazione di tale testo costituzionale fu reso possibile solo e
grazie ai movimenti di lotta e agli artefici della transizione
democratica che hanno contribuito a liberare la Spagna dalla
dittatura franchista. Ad oggi essa è il frutto di un lungo periodo
macchiato di errori e orrori ma che ha consentito, allo stesso tempo,
di realizzare un popolo libero ma soprattutto possessore dei propri
diritti.

27
Consultabile online nel documento ufficiale della costituzione spagonola, tr.
It., - Catálogo de Publicacione de la Administración General del Estado, pp.
23-24
28
Carmelo Adagio, Alfonso Botti, Storia della Spagna democratica: Da
Franco a Zapatero, p. 98
29
Consultabile online nel documento ufficiale della costituzione spagonola, tr.
It., - Catálogo de Publicacione de la Administración General del Estado, p. 11

10

Potrebbero piacerti anche