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La crisis de los museos. La globalización de la cultura.

Jean Claire

1. ¿Qué responsabilidad tiene el museo? ¿Por qué debe dar la bienvenida a todos, como si se le
hubiera otorgado el privilegio de comunicarse con sus visitantes por gracia divina, sin
necesidad de prepararse?

Il mancato studio dell’iconografia e della storia dell’arte (studio delle opere) impedisce al semplice
visitatore di comprendere cosa ha davanti. Egli però, mantiene comunque, nella visita di un museo,
l’ingenua convinzione che i quadri o le sculture che vi sono conservati gli parlino direttamente, che
comunichino con lui senza che egli debba sforzarsi di comprendere cosa rappresentano.

C’è poco interessamento verso i contenuti. Il mondo attuale va avanti e funziona senza contenuti.
Questo è il museo oggi: non ci si va più a cercare delle opere per trovare risposta ai misteri della vita
e della morte, ci si va per mettersi di fronte al vuoto.
(Le opere e la storia dell’arte vanno studiate)

2. Oggi il grande museo, sembra che si preoccupi soltanto di aumentare la “circolazione dei
flussi” e degli introiti che ne derivano.“Il museo è uno dei luoghi che trasmettono la più alta
idea dell’uomo”. Non è più vero: in uno Stato che, non considera più la storia e la teoria
dell’arte come una vera disciplina, trovano spazio gli approcci più strambi, e l’istituzione
museale, sottoposta a questa degradazione di valori, si riduce a essere un magazzino dove
attingere mercanzie.

Il museo d’arte era in un primo tempo un luogo di studio, e non la sala d’attesa di un vuoto
divertimento.

3. Negli Stati Uniti il museo è innanzitutto uno strumento di educazione, mette la conoscenza e
il sapere a disposizione di tutti. Ma un museo americano è anche un luogo di entertainment,
di divertimento e distrazione per il pubblico di massa. Ci si va per divertirsi, stupirsi,
meravigliarsi. In aggiunta alle esposizioni permanenti offre curiosità, un’architettura
grandiosa e spesso sbalorditiva, diorami illusionistici, film, ricostruzioni e period rooms. È
giusto usare il divertimento per far conoscere e ammirare l’arte dei musei?

Ci allontaniamo dall’idea del classico museo europeo, ma è giusto così. Il Museo sta crescendo,
lentamente, ma cresce, si evolve. Il museo cambia, come cambia la società.

4. Il museo aperto a tutti.


A cosa serve davvero oggi un museo?
5. C’è un problema contemporaneo intorno ai musei. O meglio intorno al loro utilizzo. Se
si tratta solo di “gestire i flussi” allo stesso modo con cui si regola un voltaggio, perché quando
si parla di un museo si accetta tutto e tutti? Perché se parliamo di scienza le cose non sono le
stesse? Quale scienziato fa entrare nei suoi laboratori così tanti profani? Per lo meno si
pretenderebbe che i rari intrusi a cui fosse concesso di entrare indossassero dei camici, delle
soprascarpe.

6. Conservare e far conoscere o ricavare introiti?


Le opere d’arte non sono prodotti industriali, sono oggetti dalla forte connotazione materiale,
fisica e individuale. La ragione di far parte di una collezione significa essere unici. Un’opera
d’arte non è un “prodotto”, poiché, contrariamente agli oggetti industriali, non può
precisamente essere “ri-prodotta”.

7. Opere d’arte.
Le opere d’arte non possono essere trattate come “pacchi di mercanzie”. La minaccia di morte
per l’arte sta nel considerarla come un bene di mercato, cioè un oggetto che ha un prezzo e
che rientra così in un circuito determinato da un valore commerciale.

Le opere d’arte appartengono al luogo dove sono nate, alle loro collezioni. non possono essere
trasferite, strappate dai loro paesi d’origine e deportate in altri luoghi. Se si fa questo, si sta
decontestualizzando l’opera e la si sta trattando come merce.

8. Il museo come buco nero.


Il museo di oggi è diventato, per restare in metafora, un buco nero. Tutto ci entra e niente ne
esce. Il museo ha risucchiato tutto, fagocitato tutto, monumenti e documenti, utensili e
strumenti, ha digerito tutto.

9. Deriva museologica.
Conservatori, storici specializzati, ricercatori, etnologi, sono stati progressivamente messi ai
margini, eliminati e sostituiti da amministratori, uomini di marketing, soprattutto
commerciali.

10. L’arte ci salva?.

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