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3. Laborintus
p. 69-141
Texte intégral
3.7 Mitopoiesi
122 A questo punto sarà chiaro che lo scopo (e il significato)
ultimo cui tende idealmente Laborintus (e tutto il
Triperuno) è un’azione concreta nel mondo che, in questa
prima opera, si manifesta come volontà e processo
mitopoietico. Si rilegga il v. 28 della sez. 4: «daremo al
mondo il giusto aspetto». L’azione rivoluzionaria è proprio
quella di riplasmare il mondo esistente, come un demiurgo
dà forma a una materia già data. Si tratta anche di dar forma
a un nuovo paradigma in grado di spiegare la complessità
della realtà (e i riferimenti a Cusano, Bacone e Spinoza
servono proprio a questo), per poi poterla ricreare. La via
tentata da Laborintus è quella di interpretare il mondo per
cambiarlo: «i filosofi hanno soltanto diversamente
interpretato il mondo; si tratta di trasformarlo».124
123 Il processo di trasformazione del mondo passa anche
attraverso un momento di critica e risistemazione della
cultura125 (con procedimenti simili a quelli usati per il
linguaggio). Il primo istituto culturale che Sanguineti mina
alle basi è quello del mito e della sua simbologia. Scrive
Roland Barthes in Mythologies:
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dell’ideologia
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reale storico, definito […] dal modo in cui gli uomini lo
hanno prodotto o utilizzato;Fermere il mito restituisce
un’immagine naturale di questo reale. […] il mito si
costituisce attraverso la dispersione della qualità storica
delle cose: le cose vi perdono il ricordo della loro
fabbricazione. […] Il mito non nega le cose, anzi, la sua
funzione è di parlarne; semplicemente le purifica, le fa
innocenti, le istituisce come natura e come eternità, dà loro
una chiarezza che non è quella della spiegazione, ma quella
della constatazione: se io constato l’imperialità francese
senza spiegarla, mi ci vuole ben poco per trovarla naturale,
qualcosa che va da sé: ed eccomi rassicurato. Passando dalla
storia alla natura, il mito fa un’economia: abolisce la
complessità degli atti umani, dà loro la semplicità delle
essenze, sopprime ogni dialettica, ogni spinta a risalire, al di
là del visibile immediato, organizza un mondo senza
contraddizioni perché senza profondità, un mondo
dispiegato nell’evidenza, istituisce una chiarezza felice: le
cose sembrano significare da sole.126
Notes
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1. Cfr. de
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B ,nous
Il dramma barocco
vous invitons tedesco, Einaudi,
à consulter Torino 1971.
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(mise à jour le 25 juin 2018).
2. I ., Parigi, capitale del XIX secolo, cit., p. 427.
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3. Ivi, p. 413.
Fermer
4. E. R , op. cit., p. 234.
5. Ivi, p. 230.
28. Per cui rimando, ancora una volta, al puntuale commento di Risso.
35. Richiama il verso finale della sez. 21: «oh sono chiuso! sono
chiuso!...»
38. K. M
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(mise à jour le 25 juin 2018).
39. Ivi, p. 201.
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40. E. S , relazione al congresso di Palermo del 4 ottobre
1963, si può leggere in R. B , A.Fermer
G (a c. di), Gruppo ’63.
Critica e teoria, Feltrinelli, Milano 1976, p. 272.
44. Ibidem.
60. Ibidem.
Fermer
68. A. Z , I Novissimi, in «Comunità», XVI, 99, 1962, pp. 89-91,
ora in Id., Scritti sulla letteratura, a c. di G. M. V , II, Mondadori,
Milano 2001, pp. 24-29.
96. Ivi, p. 42. È della stessa opinione Risso nel più volte citato
commento a Laborintus, dove sostiene che il «mondo sensibile» ha una
forte connotazione marxiana (p. 217). De Martino scrive: « il mondo
sensibile – il mondo come diremmo noi oggi, della percezione quotidiana
– è inteso da Marx come l’insieme dell’attività sensibile vivente degli
uomini che lo formano, nella successione delle generazioni il mondo
dato, il mondo nel quale veniamo a trovarci, è l’appaesamento risultante
dall’attività sensibile nella sua storia, l’indice di comportamenti possibili
che rimanda a concreti capitali operativi e, al tempo stesso, lo sfondo
domestico su cui si staglia con vario risalto il particolarissimo capitolo
operativo che richiede, qui e ora, di essere continuato con la nostra
iniziativa. Ma è anche un mondo di ‘limiti’, di percorsi nell’esteriorità e di
corpi resistenti, che dettano le condizioni al potere o al non-potere
utilizzare, anche qui secondo un nesso che, attraverso la nostra biografia
personale, la educazione ricevuta, e le abilità acquisite ci ricollega alla
società vivente, alla catena delle generazioni, infine alla intera storia
dell’uomo e dell’universo. […] quest’attività sensibile, sedimenta negli
oggetti utilizzabili, questa odologia vivente della utilizzazione racchiusa
nel mondo dei corpi esterni e delle loro proprietà non concerne soltanto
gli oggetti fabbricati dall’uomo, i prodotti dell’industria umana, poiché
anche la cosiddetta ‘natura vergine’ e anche gli astri del cielo, e in genere
tutto il percepibile ‘naturale’ o ‘artificiale’ che sia vive per entro un
legame sociale, sedimentandosi nella catena delle generazioni; un legame
intessuto di sforzi di vario adattamento utilizzante, di memorie di ciò che
se ne può temere o ottenere, e di comportamenti conformi» (E. D
M , La fine del mondo, Einaudi, Torino 1977. Per le influenze
dirette del pensiero di De Martino in Laborintus cfr. ancora il lavoro
della Baccarani.
98. Si legga questo passaggio da Mauss: «la “persona” è più che un fatto
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il
prodotto di una evoluzione particolare del diritto romano». M. M ,
Teoria generale della magia, Einaudi,FermerTorino 1965, p. 369.
99. E. R , op. cit., p. 238.
107. F. B , op. cit., pp. 48-49. Cfr. il più volte citato libro di
Loreto per delle considerazioni di questo tipo estese a tutta la
neoavanguardia.
110. Ibidem.
111. Ibidem.
118. Ibidem.
125. Che Sanguineti in quegli anni attua anche attraverso altre strade:
dall’attività di critico militante, all’opera di ricanonizzazione della poesia
del Novecento nella sua antologia einaudiana. Per questo cfr. 1.2.
127. G. S , op. cit., p. 28. Sica mostra come per Barthes – riassumo - il
mito si edifica sulla base di una catena semiologica preesistente (il
linguaggio-oggetto o materiale mitico), in modo tale che l’entità bipolare
del sistema linguistico, cioè il segno, assuma, all’interno del sistema
mitologico, un ruolo significante: quello che nel sistema semiologico di
grado prima era l’elemento ultimo, cioè il segno, diventa al grado
successivo, al grado secondo, l’elemento primo, il significante, di questo
nuovo sistema semiologico. In termini lacaniani, si tratterebbe dei
successivi processi di spostamenti metaforici che l’ordine linguistico-
simbolico attua del tutto arbitrariamente a partire da un segno iniziale
vuoto. Ogni lingua, ciò che per Lacan è già un ordine metaforico, cioè
storia, è catturato, secondo Barthes, dal mito, sottoposta alla produzione
di una lingua seconda o mitologia e, insomma, ogni unità linguistica è
condannata alla mistificazione, cioè, al ruolo di produttrice di ideologie.
In questo processo formale, tradotto graficamente come passaggio da un
segno (che diventa appunto significante) al SEGNO, o segno mitico, si
configura, per Sanguineti, la formatività propriamente letteraria, il
passaggio dalla cronaca alla elaborazione letteraria. Se Barthes, dunque,
postulando, a partire dall’identificazione di base tra letteratura e
mitologia, il carattere strutturalmente mistificatorio della letteratura in
quanto produttrice, per definizione, di ideologia (qui usato nell’accezione
deteriore intesa da Marx), inevitabilmente perviene a posizioni
nichilistiche per cui destino dell’arte è, irreversibilmente, la sua morte,
Sanguineti ribalta i termini della problematica. Il processo mitologico, e
quindi inevitabilmente ideologico, proprio della formatività letteraria
viene assunto da Sanguineti su un versante neutrale, spogliato della
connotazione negativa di cui l’aveva riempito Barthes: letteratura
ideologica, e cioè elaborazione di grado secondo, è letteratura tout court,
letteratura positivamente intesa come espressione di ideologie, di
concezioni del mondo.
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Cfr. ivi. des cookies et collecte des informations personnelles vous concernant.
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129. Cfr. E. R , op. cit., p.(mise
274. à jour le 25 juin 2018).
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130. R. B , Edoardo Sanguineti visto da Roland Barthes, in
Album Sanguineti, cit., p. 19.
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