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Matematica generale
Identità sui Logaritmi
Disuguaglianze
Identità Trinogometrica
Tavola delle Derivate
Studio di Funzione
Massimo e Minimo Relativo
Calcolo delle Derivate parziali prime e seconde
Matrice Hessiana
Punto Critico
Punto di Sella
Teorema ed esercizi sui moltiplicatori di Lagrange
Esercizi sui moltiplicatori di Lagrange
Esercizi sui moltiplicatori di Lagrange parte 2 (.pdf)
Argomenti Vari (.pdf)
Teorema fondamentale per il Calcolo dell’Integrale
Metodi di Integrazione
Tavola degli INTEGRALI più COMUNI
Tavola degli INTEGRALI di FUNZIONI RAZIONALI
Tavola degli INTEGRALI di FUNZIONI IRRAZIONALI
Tavola degli INTEGRALI di FUNZIONI ESPONENZIALI
Tavola degli INTEGRALI di FUNZIONI LOGARITMICHE
Tavola degli INTEGRALI di FUNZIONI TRINOGOMETRICHE
Tavola degli INTEGRALI di FUNZIONI IPERBOLICHE
Tavola degli INTEGRALI di FUNZIONI D’AREA
Tavola degli INTEGRALI di FUNZIONI D’ARCO
INTEGRALE IMPROPRIO
Tavola degli INTEGRALI DEFINITI
Identità algebriche
Le identità più semplici
deriva da
deriva da
deriva da
I logaritmi sono stati introdotti per semplificare i calcoli numerici. Per esempio si può ottenere il
prodotto di due numeri servendosi delle tavole dei logaritmi ed effettuando una somma.
deriva da
deriva da
deriva da
deriva da
deriva da
deriva da
L'ultima identità viene spesso interpretata con l'affermazione che "i logaritmi crescono più
lentamente di una qualunque potenza (o radice) positiva della variabile x".
Per rendere più mnemoniche le formule che seguono conviene introdurre la notazione:
Di conseguenza
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Disuguaglianza di Weitzenböck
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
In accordo con due noti teoremi di trigonometria, possiamo esprimere il lato "c" e la superficie
del triangolo in funzione dei lati "a" e "b" e dell'angolo mediante le seguenti espressioni:
Ricordando che e :
Ora, applicando la formula del coseno per una somma di angoli in modo inverso:
Siccome si tratta di una somma di due quantità sempre positive, ottengo che la disuguaglianza è
vera .
Identità trigonometrica
Questa pagina è dedicata alle identità trigonometriche, cioè ad uguaglianze riguardanti funzioni
trigonometriche che risultano vere per tutti i valori delle variabili che vi compaiono.
Queste identità sono utilizzate per semplificare molte espressioni contenenti funzioni
trigonometriche e per molti calcoli di integrali; anche molti integrali di funzioni non
trigonometriche possono essere calcolati con cambiamenti di variabile che utilizzano una funzione
trigonometrica e portano a decisive semplificazioni.
Notazioni: Per denotare la funzione inversa del seno talora si usa sin31(x); qui preferiamo usare
arcsin(x) e scrivere csc(x) per denotare la inversa moltiplicativa della funzione seno.
Scritto da Renato Tassone
Definizioni
Molti modelli fisici si basano sul fatto che qualsiasi combinazione lineare d'onde sinusoidali con lo
stesso periodo ma di differenti fasi è ancora un'onda sinusoidale dello stesso periodo, ma con una
nuova fase. Precisamente:
dove
dove
Formula di duplicazione
Queste possono essere ottenute sostituendo x = y nei teoremi di addizione, e utilizzando il teorema
di Pitagora per le ultime due. Ancor meglio utilizzare la formula di De Moivre con n = 2.
Formula di De Moivre:
Il nucleo di Dirichlet Dn(x) è la funzione che si trova da entrambe la parti della seguente identità:
La convoluzione di ogni funzione a quadrato sommabile periodica di periodo 2< con il nucleo di
Dirichlet coincide con la somma troncata di ordine n della sua serie di Fourier.
Formule di bisezione
Sostituendo x/2 al posto di x nelle formule di riduzione della potenza, e calcolando cos(x/2) e
sin(x/2) si ottiene.
Moltiplicare tan(x/2) per 2cos(x/2) / ( 2cos(x/2)) e sostituire sin(x/2) / cos(x/2) al posto di tan(x/2). Il
numeratore è sin(x), per la formula di duplicazione, e il denominatore è 2cos2(x/2) 3 1 + 1, che è
cos(x) + 1 per le formule di duplicazione. La seconda formula deriva dalla prima moltiplicata per
sin(x) / sin(x) e semplificata con il teorema di Pitagora.
Scritto da Renato Tassone
Posto segue:
e e
La sostituzione di t per tan(x/2), con il conseguente cambiamento di sin(x) con 2t/(1 + t2) e di cos(x)
con (1 3 t2)/(1 + t2) è spesso in grado di covertire funzioni razionali in sin(x) e cos(x) da integrare in
funzioni di t integrabili. (Vedi anche il successivo "punto di vista astratto".)
Si tratta di un caso particolare della seguente identità in cui compare una variabile:
La misura in gradi degli angoli risulta meno vantaggiosa di quella in radianti per una x con 21 a
denominatore:
I fattori 1, 2, 4, 5, 8, 10 inducono a pensare agli interi inferiori a 21/2 primi con 21. Gli ultimi
esempi sono le conseguenze di un risultato di base sui polinomi ciclotomici irribucibili: i coseni
sono le parti reali delle radici di questi polinomi; la somma degli zeri dà il valore della funzione di
Möbius valutata in 21; solo la metà delle radici sono presentate nella relazione precedente. Le due
identità che precedono quest'ultima nascono nello stesso modo relativamente ai casi 10 e 15,
rispettivamente.
La seguente identità senza variabili può essere utilizzata per calcolare < efficientemente:
Calcoli
Scritto da Renato Tassone
Nel calcolo infinitesimale è essenziale che gli angoli argomenti di funzioni trigonometriche siano
misurati in radianti; se sono misurati in gradi o in altre unità di misura, allora le relazioni riportate
qui sotto risultano false. A partire dalle definizioni geometriche delle funzioni trigonometriche si
ricavano le loro derivate dopo aver stabiliti i due limiti che seguono.
(si verifica osservando la circonferenza trigonometrica e il teorema del confronto). Osserviamo che
se usassimo la regola di de L'Hôpital per stabilire questo limite creeremmo un circolo vizioso sul
piano logico, in quanto da questo limite si ricavano le derivate di seno e coseno necessarie per
applicare la suddetta regola.
Avendo stabilito questi due limiti, si stabilisce che sinH = cos e cosH = 3sin. riconducendo la
derivazione alla sua definizione come limite di rapporto incrementale.
Se le funzioni seno e coseno sono definite dalle loro serie di Taylor, le loro derivate possono essere
ottenute derivando le serie di potenze termine a termine.
Le derivate delle altre funzioni trigonometriche sono ricavate dalle precedenti con le regole di
derivazione. Abbiamo quindi:
Proviamo che
Quindi
C.V.D.
Usando queste definizioni di seno e coseno, si possono provare tutte le altre proprietà di seno e
coseno utilizzando le stesse tecniche.
Dimostrazioni geometriche
sin(x + y) = sin(x) cos(y) + cos(x) sin(y)
In questa figura l'angolo x è parte dell'angolo retto del triangolo ABC, e l'angolo y parte dell'angolo
retto del triangolo ACD. Si costruisce DG perpendicolare ad AB e si costruisce CE parallelo ad AB.
EG = BC.
Scritto da Renato Tassone
http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=Funzioni_razionali&action=edit
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Scritto da Renato Tassone
Nel seguito f e g denotano funzioni generiche della variabile reale x, e c una costante. Le formule
che seguono permettono di derivare ogni funzione elementare.
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Studio di funzione
Lo studio di funzione si occupa di analizzare una funzione al fine di determinarne alcune
caratteristiche qualitative. Uno studio di funzione correttamente condotto permette di schizzare il
grafico della funzione.
Operazioni preliminari
Introduciamo dei concetti base per effettuare lo studio di funzione:
Per determinare l' insieme di definizione di una funzione assegnata in termini di funzioni
elementari, a meno di indicazioni esplicite, si deve individuare il sottoinsieme dei reali più esteso
Scritto da Renato Tassone
entro il quale l'espressione che la definisce non perda di senso. In particolare conviene porre
l'attenzione alle seguenti evenienze:
Simmetrie e periodicità
Si deve porre l'attenzione alle eventuali simmetrie e periodicità della funzione che, se individuate,
semplificano notevolmente lo studio della funzione.
Può essere utile a questo punto cominciare ad individuare alcuni punti del piano che stanno sul
grafico della funzione, in particolare si è soliti cercare le eventuali intersezioni con gli assi
cartesiani. Per determinarle si opererà come segue:
Ci si chiede ora di studiare il segno della funzione, cioè ci si chiede quando la funzione è positiva
(sopra l'asse x) o negativa (al di sotto dell'asse x). In altre parole quali sono i valori della
appartenenti al dominio tali che sia soddisfatta la disequazione e quali invece siano tali
che sia soddisfatta la .
Può essere molto utile a questo punto annerire su un piano cartesiano tutte le zone in cui il grafico
della funzione non può passare, se ad esempio nell'intervallo la funzione risultasse positiva
si annerirà la zona del piano sotto l'asse x, dove x è compresa fra a e b.
Una volta stabilito il dominio e le particolari caratteristiche che può avere la funzione, si studia il
comportamento della funzione sulla frontiera del dominio. In particolare si andrà a calcolare i limiti
per x che tende a
Con il calcolo dei limiti si è in grado di individuare anche l'esistenza di eventuali asintoti sia
verticali, orizzontali che obliqui:
Derivata prima
A questo punto si effettua il calcolo della derivata della funzione per studiarne la crescenza e
stabilire l'esistenza di eventuali punti stazionari. Tramite lo studio del segno della derivata si è in
grado di individuare eventuali punti di massimo o di minimo.
Ci si occuperà quindi di studiare il segno della funzione derivata in modo da individuare per quali
valori di x essa è positiva, negativa o nulla.
Derivata seconda
Scritto da Renato Tassone
Per avere una maggiore precisione nello studio di una funzione si effettua inoltre lo studio della
derivata seconda in modo da valutare se esistono punti di flesso (punti dove la derivata seconda si
annulla) e intervalli di convessità.
se è derivabile in :
• Se allora è convessa in x
• Se allora è concava in x
• Se è un punto di flesso allora la
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Dal punto di vista dello studio analitico, se la funzione ammette almeno la derivata seconda in un
punto, tale punto è di massimo (minimo) relativo se la derivata prima della funzione si annulla
(quindi x0 è un punto stazionario) e la derivata seconda è negativa (positiva). Nel caso anche la
derivata seconda sia nulla, sempre che la funzione nel punto abbia derivate di ordine sufficiente,
occorre vedere qual è la prima derivata che non si annulla. Se è di ordine dispari, il punto non è né
di massimo né di minimo relativo, ma è un flesso; se è di ordine pari, il punto è un massimo o un
minimo a seconda se il valore corrispondente è negativo o positivo.
Se esistono massimi o minimi assoluti devono necessariamente essere massimi o minimi relativi.
Nel caso di funzioni in più variabili il discorso fatto è analogo, ma ad annullarsi è il gradiente. E per
verificare se il punto è di massimo o minimo si verifica il segno del determinante della matrice
Hessiana che sarà negativo o positivo rispettivamente. Qualora il determinante della matrice
Hessiana sia nullo, allora il punto si dice punto di sella
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Derivata parziale
La derivata parziale di una funzione di più variabili rispetto a una xk di tali variabili è la derivata
della funzione nella sola variabile xk ottenuta dalla precedente fissando un valore per tutte le
variabili rimanenti.
Definizione
Come per la derivata ordinaria la derivata parziale è definita come limite.
Derivata direzionale
La derivata parziale è un caso particolare di derivata direzionale. Usando questo concetto si può
definire la derivata parziale come:
Notazioni
La notazione più comune fa uso del simbolo simile alla usata nella notazione di Leibniz per la
derivata di funzioni di una variabile. Altre notazioni per indicare la derivata di rispetto alla
prima variabile ( ) sono:
È per questo che a parole si dice che la derivata parziale di f in x rispetto a xk è la derivata che si
ottiene considerando la funzione come funzione della sola xk e considerando costanti le rimanenti.
Derivate parziali in
Scritto da Renato Tassone
Consideriamo una funzione f con dominio in , insieme formato da tutte le coppie ordinate
con , e con valori in . Tale funzione in ogni punto del proprio
dominio può avere due derivate parziali:
In generale per un qualsiasi intero positivo m se tutte le derivate parziali di ordine minore o uguale a
m della funzione sono continue nell'insieme di definizione D, si dice che la f è di classe .
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Matrice hessiana
In matematica la matrice hessiana di una funzione di n variabili è la matrice quadrata n × n delle
derivate parziali seconde della funzione.
se tutte le derivate parziali seconde di f esistono, allora si definisce matrice hessiana della f la
matrice , dove
Scritto da Renato Tassone
Questa matrice ha preso il nome dal matematico tedesco Ludwig Otto Hesse (1811-1874).
In termini formali: se le derivate seconde di f sono tutte continue in una regione W, allora l'hessiana
di f è una matrice simmetrica in ogni punto di W; vedi simmetria delle derivate seconde.
• se l'hessiana ha entrambi gli autovalori positivi e negativi allora x è un punto di sella per f
(questo è vero se x è degenere pari).
Altrimenti il test è inconclusivo. Nota che per hessiane semidefinite positive e semidefinite
negative il test è inconclusivo. Quindi, possiamo vedere di più dal punto di vista della teoria di
Morse.
Tenuto conto di quanto è stato appena detto, il test per le derivate seconde per funzioni di una e due
variabili sono semplici. In una variabile, l'hessiana contiene appena una derivata seconda:
Scritto da Renato Tassone
• se questa è positiva allora x è un minimo locale, se questa è negativo allora x è un massimo
locale;
In due variabili, può essere usato il discriminante, perché il determinante è il prodotto degli
autovalori:
• se questo è positivo allora gli autovalori sono entrambi positivi, o entrambi negativi;
allora il vettore delle derivate parziali seconde non è una matrice, ma un tensore di rango 3.
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Scritto da Renato Tassone
Le croci rosse rappresentano i punti stazionari della funzione. I punti verdi invece sono punti di
flesso non stazionari
Nell'analisi matematica si chiama punto critico o punto stazionario di una funzione derivabile
definita su un insieme aperto dei numeri reali a valori reali
L'uso della parola "critico" è dovuto al fatto che nelle vicinanze di un punto che non è critico la
struttura topologica di una funzione è sempre la stessa: quella di una retta crescente o decrescente
(come si può vedere approssimando la funzione con la retta tangente) e la funzione è invertibile,
mentre nelle vicinanze un punto su cui la derivata è nulla si possono avere comportamenti "atipici"
con punti di massimo o minimo locale o di flesso.
Funzioni differenziabili
La nozione si estende per una generica funzione differenziabile
in questo caso si chiama punto critico un punto x del dominio A tale che il differenziale DF(x)
calcolato in x ha nucleo di dimensione non nulla.
Esempi
Nel caso di una funzione meromorfa sono considerati punti critici anche i poli.
Per una funzione olomorfa o meromorfa un punto critico è un punto in cui la funzione non definisce
una mappa conforme.
Campi vettoriali
Un punto critico per un campo vettoriale V su un insieme aperto di o su una varietà
differenziabile è un punto x dove il campo vettoriale è nullo.
Nelle vicinanze di un punto che non è critico il campo vettoriale è equivalente ad un campo
vettoriale costante, cioè esiste un intorno ed un cambiamento di coordinate continuo dell'intorno che
trasforma il campo vettoriale in un campo vettoriale costante (e non nullo).
Nell'intorno di un punto critico un campo vettoriale può avere diversi comportamenti che possono
essere classificati in un numero finito di casi a meno di cambiamenti di coordinate. La
classificazione dipende dalla dimensione dello spazio vettoriale (o della varietà) su cui è definito il
campo.
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Punto di sella
Questa voce è solo un abbozzo (stub). Se puoi, contribuisci adesso a migliorarla secondo le
convenzioni di Wikipedia. Per l'elenco completo degli stub di matematica, vedi la relativa
categoria.In analisi matematica, un punto di sella di una funzione reale di più variabili reali
è un punto critico P del dominio della f in cui la matrice hessiana risulti indefinita:
vale a dire non sia né una matrice semidefinita positiva, né una matrice semidefinita negativa. In
termini visivi (nel caso n = 2), esiste una sezione di f comprendente P per la quale tale punto è un
Scritto da Renato Tassone
minimo relativo, e un'altra sezione comprendente P per la quale tale punto è invece un massimo
relativo.
Esempio: sia
Nel punto abbiamo un punto stazionario dato che il gradiente è nullo: infatti
cioè
Si può ora verificare semplicemente (ad esempio tramite la matrice hessiana corrispondente) che la
forma quadratica non è né semidefinita positiva né semidefinita negativa, per cui risulta essere
indefinita, e quindi il punto (0,0) è un punto di sella.
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MOLTIPLICATORI DI LAGRANGE
2)porre a zero le tre derivate funzionali. Si deriva la funzione lagrangiana (non f(x,y)) rispetto ad x,
ad y e Y e si eguagliano le derivate a zero. L'ultima derivata parziale è uguale al vincolo g(x,y). La
soluzione del sistema di 3 equazioni in 3 incognite fornisce le coordinate dei punti critici. Un punto
critico è un punto nel quale si annullano le derivate prime e può essere un massimo, un minimo o
una sella per una funzione a due variabili.3) si calcolano le derivate seconde e l'hessiano per ognuno
dei punti critici. Il determinante della matrice hessiana è un numero: se è minore di 0 abbiamo un
punto di sella, se è maggiore di 0 è necessario andare a considerare il segno della derivata seconda
rispetto a x (che è presente alla posizione [1,1] della matrice hessiana: se è maggiore di 0 abbiamo
un minimo, se è minore di 0 abbiamo un massimo. Infine se il determinante è uguale a 0 ricadiamo
nel caso di indeterminazione.Le derivate seconde sono quattro, quelle da calcolare tre poichè le
derivate miste sono uguali. Sono: derivata rispetto a x della derivata prima rispetto a x (viene
derivata una seconda volta), derivata rispetto a y della derivata prima rispetto a y, derivata rispetto a
y della derivata prima rispetto a x. quest'ultima, derivata mista, coincide con la derivata rispetto a x
della derivata prima rispetto a y. Le derivate seconde sono numeri e in parte ancora funzioni di x e
y. Si pongono nella matrice hessiana delle derivate seconde e si sostituiscono a x e y le coordinatwe
(numeri) del punto critico. Per ogni punto si è in grado di dire che estremo (punto critico) è:
massimo, minimo, sella.Per i casi di indeterminazione si ricorre allo studio del differenziale di
f(x,y) (non del lagrangiano) posto maggiore di zero. Lo studio del segno può essere spinto fino a
differenziale di qualunque ordine. Solitamente non si va oltre lo studio del differenziale terzo.
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ESERCIZI
Esercizio 27.1
Scritto da Renato Tassone
Data una funzione di due variabili f ( x, y ) dire chi sono gli insiemi di livello c, cioè gli insiemi
delle coppie tali che f ( x, y ) = c .
I) f ( x, y ) = x 2 + y
Dato c R , il relativo insieme di livello è descritto dalla seguente equazione:
x +y=c
2
y = x2 + c
che, come è noto, descrive una parabola con asse di simmetria l’asse y e vertice il punto (0, c ) .
II) f ( x, y ) = 2 x 2 + 3 y 2
Dato c R , il relativo insieme di livello è descritto dalla seguente equazione:
2x 2 + 3 y 2 = c
che, per c<0 rappresenta l’insieme vuoto, per c=0 rappresenta il singleton {(0,0 )} mentre, per c>0, è
l’equazione di un’ellisse. Si ha infatti:
x2 y2
2x + 3 y = c
2 2
+ =1
c c
2 3
c c c
che rappresenta un’ellisse di centro l’origine e vertici i punti: 0, , 0, , ,0 e
3 3 2
c
,0 .
2
III) f ( x, y ) = xy
Dato c R , il relativo insieme di livello è descritto dalla seguente equazione:
xy = c
che, come è noto, descrive una iperbole equilatera con asintoti gli assi x ed y.
Esercizio 27.2
Si studino i massimi ed i minimi relativi delle seguenti funzioni.
I) f ( x, y ) = x 2 xy + y 2 + 3x 2 y + 1
Sappiamo che condizione necessaria affinché un punto ( x0 , y 0 ) sia di massimo o di minimo relativo
è che in esso si annullino le derivate parziali prime della funzione f ( x, y ) . Calcoliamo allora le due
derivate parziali prime. Derivando la funzione rispetto ad x si ottiene:
f
= 2x y + 3 ;
x
derivando invece la funzione rispetto ad y si ottiene:
f
= x + 2y 2.
y
Risolvendo ora il seguente sistema
2x y + 3 = 0
x + 2y 2 = 0
4 1
si trova che le derivate parziali prime si annullano nel punto ( x0 , y 0 ) = , che potrebbe
3 3
pertanto essere un punto di massimo o di minimo relativo.
Per verificare ciò occorre calcolare le derivate parziali seconde:
f xx = 2 f xy = 1
Scritto da Renato Tassone
f yx = 1 f yy = 2
e quindi l’Hessiano della funzione così definito:
f xx f yy f xy f yx .
4 1
Poiché nel punto ( x0 , y 0 ) = , risulta:
3 3
f xx f yy f xy f yx = 4 1= 3 > 0
4 1
il punto ( x0 , y 0 ) = , è un punto di massimo oppure di minimo relativo e precisamente si
3 3
tratta di un punto di minimo relativo in quanto è f xx = 2 > 0 .
II) f ( x, y ) = x 3 + y 3 3 xy
Calcoliamo le due derivate parziali prime:
f
= 3x 2 3 y ;
x
f
= 3 y 2 3x .
y
Risolvendo ora il seguente sistema
3x 2 3 y = 0
3 y 2 3x = 0
si trova che le derivate parziali prime si annullano nei punti ( x1 , y1 ) = (0,0 ) ed ( x 2 , y 2 ) = (1,1) .
Calcoliamo le derivate parziali seconde:
f xx = 6 x f xy = 3
f yx = 3 f yy = 6 y
Se calcoliamo l’Hessiano della funzione nel punto ( x1 , y1 ) = (0,0 ) troviamo che:
f xx (0,0 ) f yy (0,0 ) f xy (0,0 ) f yx (0,0 ) = 0
e quindi su questo punto non possiamo dire nulla.
Calcolando invece l’Hessiano della funzione nel punto ( x 2 , y 2 ) = (1,1) troviamo che:
f xx (1,1) f yy (1,1) f xy (1,1) f yx (1,1) = 6 6 9 = 27 > 0
e quindi il punto ( x 2 , y 2 ) = (1,1) è un punto di massimo oppure di minimo relativo e precisamente si
tratta di un punto di minimo relativo in quanto è f xx (1,1) = 6 > 0 .
Studiare i massimi ed i minimi relativi della seguente funzione:
f ( x, y ) = e x
2
y2 x
III) .
Scritto da Renato Tassone
Esercizio 27.3
Data la funzione f ( x, y ) = x 2 + 2 y 2 + 1 si determinino, se esistono, il massimo ed il minimo della
{
funzione sull’insieme S = ( x, y ) : x 2 + y 2 1 . }
Poiché questa funzione è continua e l’insieme S è chiuso e limitato, per il teorema di Weirstrass essa
ammette massimo e minimo (si noti bene che stiamo parlando del massimo e del minimo della
funzione, cioè del massimo e del minimo dell’insieme imagine). Per determinare questi massimi e
minimi ricerchiamo i massimi e minimi relativi interni all’insieme S (cioè sui punti che
appartengono al cerchio di centro (0,0) e raggio 1, frontiera esclusa) mediante lo studio delle
derivate parziali e dell’Hessiano della funzione; e quindi i massimi e minimi sulla frontiera (cioè sui
punti della circonferenza di centro (0,0) e raggio 1), risolvendo un problema di massimi e minimi
vincolati.
Iniziamo con lo studio dei massimi e dei minimi relativi interni all’insieme S.
Data f ( x, y ) = x 2 + 2 y 2 + 1
calcoliamo le due derivate parziali prime:
f
= 2x
x
f
= 4y
y
e risolviamo il seguente sistema
2x = 0
4y = 0
si trova che le derivate parziali prime si annullano nel punto ( x0 , y 0 ) = (0,0 ) .
Calcoliamo le derivate parziali seconde:
f xx = 2 f xy = 0
f yx = 0 f yy = 4
Poiché l’Hessiano della funzione nel punto ( x0 , y 0 ) = (0,0 ) è
f xx (0,0 ) f yy (0,0 ) f xy (0,0 ) f yx (0,0 ) = 8 > 0
ed essendo inoltre f xx (1,1) = 2 > 0 possiamo concludere che il punto ( x0 , y 0 ) = (0,0 ) è un punto di
minimo relativo ed è f (0,0 ) = 1 .
Ricerchiamo ora i massimi ed i minimi relativi della funzione sulla frontiera di S, risolvendo quindi
un problema di massimi e minimi della funzione f ( x, y ) = x 2 + 2 y 2 + 1 con il vincolo x 2 + y 2 = 1 .
Per trovare i massimi ed i minimi vincolati si può procedere in due modi:
– esplicitando una delle due variabili del vincolo e sostituendola nella funzione; si deve studiare
così una funzione in una variabile;
– applicando il metodo dei moltiplicatori di Lagrange.
Procediamo dapprima per sostituzione.
Dal vincolo si ricava
x2 + y2 = 1 y2 = 1 x2
che sostituito nella espressione della funzione dà luogo ad una funzione di una variabile:
z = x2 + 2y2 +1 ( )
z = x2 + 2 1 x2 +1 z = x2 + 3 .
Ora dobbiamo studiare i massimi ed i minimi di questa funzione sull’intervallo [ 1,1] in quanto il
vincolo limita in questo modo il dominio di questa funzione. Questa funzione ammette un punto di
massimo relativo interno per x = 0 , che sostituito nella espressione del vincolo individua i seguenti
punti: ( x1 , y1 ) = (0,1) e ( x 2 , y 2 ) = (0, 1) . Poiché siamo interessati a trovare i massimi ed i minimi
della funzione, dobbiamo tenere conto anche degli estremi dell’intervallo [ 1,1] e quindi dobbiamo
considerare anche i punti: ( x3 , y 3 ) = ( 1,0 ) e ( x 4 , y 4 ) = (1,0 ) .
Scritto da Renato Tassone
Un modo alternativo per studiare i massimi ed i minimi di una funzione con un vincolo espresso da
una equazione è il metodo dei moltiplicatori di Lagrange. Precisamente si tratta di studiare i
massimi ed i minimi della funzione:
F ( x, y , ) = f ( x , y ) + ( x, y )
dove f ( x, y ) = x 2 + 2 y 2 + 1 e ( x, y ) = x 2 + y 2 1 .
Il metodo fornisce delle condizioni necessarie per i punti di massimo e di minimo in quanto vanno
ricercati nell’insieme dei punti che sono soluzione del seguente sistema:
F
=0
x 2x + 2 x = 0 x(1 + ) = 0
F
=0 4y + 2 y = 0 y (2 + ) = 0
y
F x + y 1= 0
2 2
x + y2 1 = 0
2
=0
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Primo teorema
Se è una funzione continua allora la "funzione integrale" definita come
Dal teorema della media integrale risulta che esiste un punto interno all'intervallo
tale che vale la relazione
Abbiamo dunque
ovvero la tesi.
Secondo Teorema
Se è una funzione continua e è una primitiva di f, ovvero
allora
.
Scritto da Renato Tassone
La formula stabilita da questo teorema viene talvolta chiamata formula fondamentale del calcolo
integrale.
Conseguenze e applicazioni
Il teorema fondamentale del calcolo, oltre al suo valore teorico, ha una importantissima
applicazione pratica: consente di ricavare esattamente il valore degli integrali definiti di una
consistente quantità di funzioni.
Se vogliamo calcolare l' integrale definito di una funzione possiamo cercare una
funzione F che abbia f come derivata (cioè una primitiva di f) ed avvalerci della formula
fondamentale del calcolo per concludere che
e quindi ridurci a calcolare la funzione F sugli estremi di integrazione. Con questa formula
possiamo dire ad esempio che l'area compresa tra l'asse x, la parabola y = x2 e la retta x = 1 è
Supponiamo di avere un punto che si muove lungo una retta la cui posizione al tempo t è
individuata dalla funzione F(t). In tal caso la velocità istantanea v(t) in ogni momento sarà pari alla
derivata F'(t). Lo spazio percorso nell'intervallo di tempo che va da a a b sarà dato dalla differenza
tra le posizioni occupate negli istanti a e b cioè F(b) 3 F(a). D'altra parte lo spazio percorso sarà
anche uguale alla somma degli spazi percorsi in ogni istante. Se dividiamo l'intervallo di tempo in
intervallini molto piccoli
lo spazio percorso in tutto l'intervallo di tempo [a,b] sarà uguale alla somma degli spazi percorsi in
tutti gli intervalli di tempo cti cioè
Approccio geometrico
La derivata più essere vista geometricamente come coefficiente di dilatazione locale, cioè F'(x) è
quel fattore di cui vengono espansi (o contratti) dalla funzione F tutti i segmentini che sono vicini al
punto x: se chiamiamo l la lunghezza abbiamo che per ogni intervallino I vicino ad x si ha
Ora l'intervallo [a,b] verrà mandato dalla funzione F (che in questo caso è monotona crescente)
nell'intervallo [F(a),F(b)], la lunghezza dell'intervallo immagine è quindi F(b) 3 F(a). D'altra parte
possiamo calcolare questa lunghezza in quest'altro modo: dividiamo [a,b] in tanti piccoli intervalli
disgiunti I1,...,IN cosicchè la lunghezza complessiva dell'intervallo immagine sarà data dalla somma
delle lunghezze delle immagine degli intervallini in cui lo abbiamo suddiviso (sempre perchè F è
monotona):
L'idea quindi è che il calcolo dell'integrale di F'(x) ci dice quanto spazio percorriamo andando a
sommare tutti i segmenti trasformati dalla funzione F, cioè la lunghezza complessiva dell'intervallo
trasformato da F.
Il discorso appena fatto vale per il caso in cui si ha F'(x) > 0 ovunque. Nel caso in cui abbiamo
ovunque F'(x) < 0 il discorso è simile con la differenza che l'orientamento degli intervalli viene
invertito.
Nel caso generale in cui F'(x) può cambiare di segno si riconduce ai precedenti considerando
separatamente gli intervalli in cui il segno della derivata rimane costante.
Somme telescopiche
Scritto da Renato Tassone
Se abbiamo una somma e riusciamo a trovare una sequenza A0,A1,...,AN tale che ak = Ak 3 Ak
31 allora la nostra somma si semplifica drasticamente:
cioè la somma si risuce alla differenza di Ak sugli "estremi". Questo tipo di somme che si possono
"accorciare" vengono chiamate somme telescopiche.
L'analogia con la formula fondamentale del calcolo
non è casuale.
Supponiamo di approssimare l'integrale della derivata mediante una somma finita di aree di
ora approssimiamo le derivate che compaiono nella sommatoria con i rapporti incrementali, dal
semplificando si ottiene
Dimostrazione alternativa
L'argomento appena presentato può essere usato (con piccoli ritocchi) per dimostrare la formula
fondamentale del calcolo nel seguente modo:
Scritto da Renato Tassone
consideriamo per ogni n un'approssimazione dell'integrale di Riemann di simile alla
precedente ma in cui calcoliamo su valori interni a ciascun intervallino [xk,xk + 1]:
in cui è dato dal teorema di Lagrange applicato a F nell'intervallo [xk,xk + 1], cioè
, allora - fatte le dovute semplificazioni - abbiamo
D'altra parte dalla definizione di integrale di Riemann l'intergale approssimato che abbiamo
considerato deve convergere (se è integrabile secondo Riemann) per all'integrale
Generalizzazioni
Il teorema si può generalizzare in diverse direzioni.
Si possono considerare le estensioni della nozione di derivata in spazi euclidei a più dimensioni (il
concetto di funzione differenziabile e di derivata parziale) e l'integrazione su varietà e su domini
contenuti in spazi euclidei di dimensione maggiore di 1. Gli analoghi del teorema fondamentale del
calcolo in questo contesto sono il teorema di Green, il teorema di Stokes e il teorema della
divergenza.
Si può considerare anche la nozione di derivabilità e integrabilità sul piano complesso (vedi le
funzioni olomorfe e meromorfe), in questo caso gli analoghi del teorema fondamentale del calcolo
sono il teorema integrale di Cauchy e il teorema dei residui).
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Metodo di integrazione
Un metodo di integrazione è una procedura per il calcolo del valore di una precisa tipologia di
integrali. Per giungere alla soluzione è quasi sempre necessario utilizzare diversi metodi,
utilizzando in particolare le tavole di integrali; si ricordi che non tutti gli integrali sono risolvibili.
Forma logaritmica
sono integrali di funzioni razionali. Esistono varie metologie per la risoluzione di tali integrali.
La prima cosa da analizzare sono il grano del numeratore e il grado del denominatore.
con R(x) polinomio di grado inferiore al grado n del divisore g(x). Perciò possiamo scrivere:
Il calcolo di una funzione razionale con numeratore di grado maggiore a quello del denominatore si
può sempre ricondurre al calcolo integrale di un polinomio e di una funzione razionale con
numeratore di grado inferiore al denominatore.
In questo caso distinguiamo tre casi in base allo studio del discriminante :
che ammette un'unica soluzione (A,B). Poichè il determinate della matrice dei coefficineti:
questa è equivalente:
che ammette un'unica soluzione (A,B). poichè il determinate della matrice dei
coefficienti è :
Il calcolo dell'integrale:
ossia
Dimostrazione
Osserviamo per prima cosa che gli integrali esistono per la continuità delle funzioni f e g prese in
esame. La funzione f(x)g(x) è derivabile e la sua derivata è f'(x)g(x) + f(x)g'(x).
L'intregrazione per scomposizione si rifà alla proprietà di linearità dell'integrale. Infatti dovendo
calcolare è talvolta più semplice scrivere f(x) = f1(x) + f2(x) + ... + fn(x) e sfruttare
l'uguaglianza:
Supponiamo che f(x) sia una funzione integrabile, e d(t) una funzione differenziabile con continuità
definita sull'intervallo [a, b] e la cui immagine è contenuta nel dominio di f. Allora
Questa formula si ricorda meglio usando il formalismo di Leibniz: la relazione x = d(t) comporta
dx/dt = d'(t) e quindi la conseguenza formale dx = d'(t) dt, che è precisamente la sostituzione
richiesta per dx. In effetti la regola di sostituzione può considerarsi come un ottimo sostegno della
bontà del formalismo di Leibniz per gli integrali e le derivate.
La formula è usata per trasformare l'integrale di una funzione nell'integrale di un'altra nella
prospettiva che questo nuovo sia più facile da determinare. La formula può essere utilizzata al fine
di semplificare un integrale dato, sia "da sinistra verso destra" che "da destra verso sinistra".
Esempi
Consideriamo l' integrale
Per l'integrale
occorre usare la formula da sinistra a destra: serve la sostituzione x = sin(t), dx = cos(t) dt, in quanto
e(1-sin2(t)) = cos(t):
L'integrale risultante può essere calcolato effettuando una integrazione per parti.
Integrali indefiniti
La regola di sostituzione può essere usata anche per determinare vari integrali indefiniti. Si sceglie
una relazione tra x e t, che determina la relazione corrispondente tra i differenziali dx e dt e consente
la sostituzione. Se si riesce a determinare il nuovo integrale indefinito, occorre successivamente
effettuare la sostituzione opposta.
Similmente al nostro primo esempio precedente, applichiamo il metodo per determinare il seguente
integrale indefinito:
Si noti che sono stati sottoposti a trasformazione integrali indefiniti e che nell'ultimo passo abbiamo
invertito la sostituzione originale x = t2 + 1.
dove det(Dd) denota il determinante della matrice jacobiana che contiene le derivate parziali di d.
Questa formula esprime il fatto che il valore assoluto del determinante dei vettori dati uguaglia il
volume del parallelepipedo formato.
Più precisamente, la formula del cambiamento di variabili è precisata nel seguente enunciato.
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Qui C denota una costante arbitraria di integrazione che ha senso specificare solo in relazione a una
specificazione del valore dell'integrale in qualche punto.
Funzioni razionali
Logaritmi
Funzioni esponenziali
Scritto da Renato Tassone
Funzioni irrazionali
Funzioni trigonometriche
Funzioni iperboliche
Scritto da Renato Tassone
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Questa pagina contiene una tavola di integrali indefiniti di funzioni irrazionali. Per altri integrali
vedi Tavole di Integrali.
Scritto da Renato Tassone
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In questa pagina si assume che x sia una variabile sull'insieme dei reali positivi.
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Integrale improprio
Integrazione su intervalli illimitati
Sia continua. Poniamo:
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Se il limite esiste finito si dice che la funzione f è integrabile in e che 'integrale
è convergente.
Altrimenti si dice che l'integrale non esiste. --- Sia continua. Poniamo:
è convergente.
Altrimenti si dice che l'integrale non esiste. --- Sia continua. Poniamo,
sfruttando la proprietà dell'additività :
è convergente.
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Alcuni integrali definiti con funzione integranda dipendente da parametri individuano funzioni di
tali parametri che presentano elevato interesse e che quindi conviene considerare come funzioni
speciali caratterizzate da un simbolo e un nume: le definizioni di alcune di queste funzioni
costituiscono la seconda sezione di questa pagina.
(integrali di Fresnel)
Scritto da Renato Tassone
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dove m ed n denotano numeri interi positivi. Si osserva che la precedente espressione definisce una
successione a due indici interi a valori interi positivi, cioè una funzione dell'insieme
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.
Si osserva che la somma delle potenze m-esime dei primi n interi positivi è data da un polinomio di
grado m+1 nella n a coefficienti razionali. In effetti Carl Jacobi nel 1834 ha dimostrato che questa
proprietà vale per tutti gli interi positivi.
Si osserva anche che, soprattutto se n è elevato, la valutazione delle somme effettuata mediante il
calcolo di questi polinomi è molto più agevole della valutazione effettuata servendosi direttamente
della definizione.
È quindi utile conoscere le espressioni dei polinomi relativi ai successivi valori n degli esponenti.
Le espressioni per i successivi valori di n furono individuate da Johann Faulhaber e pubblicate nel
1631 e una espressione generale, conosciuta come formula di Faulhaber è stata dimostrata da
Jacobi.
La tavola delle espressioni polinomiali prosegue per n = 4, 5, ..., 10 nel seguente modo:
Scritto da Renato Tassone
Equazioni differenziali
Una equazione differenziale di ordine n ha la forma:
, oppure, esplicitando rispetto a yn, yn=f(x,y,y',.......yn-1) .
E' quindi una equazione nella quale compaiono la x, la funzione y della stessa variabile e le sue
derivate fino a quella dell'ordine ennesimo.Una funzione y(x) è soluzione dell'equazione se la
soddisfa, cioè se
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.
Le soluzioni prendono il nome di integrali .Questi ultimi possono essere di due tipi integrale
generale e integrale singolare.
Quello generale è costituito da una famiglia di curve del tipo
,
ciascuna delle quali, integrale particolare, si ottiene per arbitrari valori reali delle costanti.
L'integrale singolare invece non si ricava da quello generale. Per meglio chiarire quanto affermato
consideriamo il seguente esempio. L'equazione differenziale del primo ordine
Una equazione si dice a variabili separabili se può essere ricondotta alla forma
y'=f(x)g(y) (1)
+c
Questa soluzione se si tiene conto delle proprietà delle potenze si può scrivere
cioè
(integrale generale)
Esempio
Ci proponiamo di risolvere l'equazione
(1)
A tal fine consideriamo l'omogenea associata
e semplificando
c(x)=x+k
y=(x+k)x
Tralasciando quelle del I ordine risolvibili come nel caso precedente, vogliamo esaminare l'
equazione del II ordine a coefficienti costanti
(1)
L'omogenea associata è
. (2)
Assumiamo la funzione
come soluzione. Sostituendo nella (2) la funzione y e le sue derivate prima e seconda otteniamo:
L'integrale Y si determina in base alla funzione f(x). Con f(x)= ,Y dovrà essere del tipo
, se invece f(x) è un plinomio di grado m, Y sarà un polinomio di grado s= n+m-k dove n
rappresenta l'ordine dell'equazione differenziale e k l'indice massimo dei coefficienti diverso da
zero. Gli indici si contano nell'equazione dal secondo coefficiente di sinistra.
Nel nostro caso a ha indice 1 e b 2.
Esempio
la cui soluzione è
e quello generale
Equazioni omogenee
(1)
Per risolverla si pone:
da cui
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.
Si calcola la derivata prima
(2)
Equazione di Clairaut
L'equazione di Clairaut ha la forma:
(1)
Derivando ambo i membri rispetto alla x, si ottiene
Da y''=0 si ottiene:
( integrale generale)
Equazione di Bernoulli
Si pone , da cui , e .
Sostituendo nell'ultima equazione ed effettuando i calcoli, si ricava:
(equazione lineare)
Esempio
Procedendo come nella teoria e svolgendo i calcoli, si perviene alla seguente equazione
lineare: