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Scritto da Renato Tassone

RACCOLTA DELLE FONDAMENTALI LEGGI


E TEOREMI PER IL CALCOLO
DELL’INTEGRALE

Matematica generale
Identità sui Logaritmi
Disuguaglianze
Identità Trinogometrica
Tavola delle Derivate
Studio di Funzione
Massimo e Minimo Relativo
Calcolo delle Derivate parziali prime e seconde
Matrice Hessiana
Punto Critico
Punto di Sella
Teorema ed esercizi sui moltiplicatori di Lagrange
Esercizi sui moltiplicatori di Lagrange
Esercizi sui moltiplicatori di Lagrange parte 2 (.pdf)
Argomenti Vari (.pdf)
Teorema fondamentale per il Calcolo dell’Integrale
Metodi di Integrazione
Tavola degli INTEGRALI più COMUNI
Tavola degli INTEGRALI di FUNZIONI RAZIONALI
Tavola degli INTEGRALI di FUNZIONI IRRAZIONALI
Tavola degli INTEGRALI di FUNZIONI ESPONENZIALI
Tavola degli INTEGRALI di FUNZIONI LOGARITMICHE
Tavola degli INTEGRALI di FUNZIONI TRINOGOMETRICHE
Tavola degli INTEGRALI di FUNZIONI IPERBOLICHE
Tavola degli INTEGRALI di FUNZIONI D’AREA
Tavola degli INTEGRALI di FUNZIONI D’ARCO
INTEGRALE IMPROPRIO
Tavola degli INTEGRALI DEFINITI

Somma di potenze di interi successivi


Equazioni Differenziali
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Identità sui logaritmi


In vari settori della matematica, in particolare nello studio delle funzioni speciali, si incontrano
svariate identità sui logaritmi.

Identità algebriche
Le identità più semplici

deriva da
deriva da

deriva da

Semplificazione di calcoli numerici

I logaritmi sono stati introdotti per semplificare i calcoli numerici. Per esempio si può ottenere il
prodotto di due numeri servendosi delle tavole dei logaritmi ed effettuando una somma.

deriva da

deriva da

deriva da

deriva da

Cancellazione con gli esponenziali (identità logaritmica)

La funzione esponenziale viene anche chiamata antilogaritmo; in effetti le applicazioni della


funzione logaritmo e della funzione esponenziale relative alla stessa base si annullano
reciprocamente.

deriva da
deriva da

Cambiamento della base


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Questa identità permette di calcolare i logaritmi in base qualunque su molte calcolatrici. Gran parte
delle calcolatrici hanno infatti tasti per il calcolo di ln e di log10, ma nessuno che permetta il calcolo
diretto di log2. Per ottenere il valore di un numero come log2(3), si può calcolare log10(3) / log10(2)
(o equivalentemente il calcolo di ln(3)/ln(2)).

Alla precedente formula se ne riconducono varie altre:

Identità utili al calcolo infinitesimale


Limiti

L'ultima identità viene spesso interpretata con l'affermazione che "i logaritmi crescono più
lentamente di una qualunque potenza (o radice) positiva della variabile x".

Derivata delle funzioni logaritmiche

Integrali di funzioni logaritmiche

Per rendere più mnemoniche le formule che seguono conviene introdurre la notazione:

dove è l'n-esimo numero armonico. Quindi si hanno le successive identità:


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Di conseguenza

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Disuguaglianza di Weitzenböck
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Teorema: disuguaglianza di Weitzenböck


Qualunque triangolo di lati a, b e c e superficie soddisfa la disuguaglianza di Weitzenböck:

L'uguaglianza è verificata se e solo se il triangolo è equilatero.

Teorema: disuguaglianza di Weitzenböck


Dimostrazione: disuguaglianza di Weitzenböck
Questa dimostrazione cerca di dimostrare la veridicità della disuguaglianza in modo diretto
utilizzando solo qualche nozione di trigonometria. Indichiamo con l'angolo opposto al lato c.
Dal teorema:

In accordo con due noti teoremi di trigonometria, possiamo esprimere il lato "c" e la superficie
del triangolo in funzione dei lati "a" e "b" e dell'angolo mediante le seguenti espressioni:

, vedi legge del coseno


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Sostituendo nella disuguaglianza otteniamo:

Sviluppando i conti in modo molto semplice:

Ricordando che e :

Ora, applicando la formula del coseno per una somma di angoli in modo inverso:

Sommando e sottraendo da si ottiene:

Siccome si tratta di una somma di due quantità sempre positive, ottengo che la disuguaglianza è
vera .

Identità trigonometrica
Questa pagina è dedicata alle identità trigonometriche, cioè ad uguaglianze riguardanti funzioni
trigonometriche che risultano vere per tutti i valori delle variabili che vi compaiono.

Queste identità sono utilizzate per semplificare molte espressioni contenenti funzioni
trigonometriche e per molti calcoli di integrali; anche molti integrali di funzioni non
trigonometriche possono essere calcolati con cambiamenti di variabile che utilizzano una funzione
trigonometrica e portano a decisive semplificazioni.

Notazioni: Per denotare la funzione inversa del seno talora si usa sin31(x); qui preferiamo usare
arcsin(x) e scrivere csc(x) per denotare la inversa moltiplicativa della funzione seno.
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Definizioni

Periodicità, simmetria e traslazioni


Queste formule si ricavano facilmente dalle definizioni sulla circonferenza trigonometrica.

Molti modelli fisici si basano sul fatto che qualsiasi combinazione lineare d'onde sinusoidali con lo
stesso periodo ma di differenti fasi è ancora un'onda sinusoidale dello stesso periodo, ma con una
nuova fase. Precisamente:

dove

Conseguenze del teorema di Pitagora


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Teoremi di addizione e sottrazione


Il modo piu veloce per dimostrare le prime due formule è utilizzare le formule di Eulero attraverso
la funzione cis. La formula per la tangente segue dalle prime due. Una dimostrazione geometrica
dell'identità per sin(x + y) è data alla fine di questa voce.

dove

Formula di duplicazione
Queste possono essere ottenute sostituendo x = y nei teoremi di addizione, e utilizzando il teorema
di Pitagora per le ultime due. Ancor meglio utilizzare la formula di De Moivre con n = 2.

Formule per gli angoli multipli


Se denotiamo Tn l' n-esimo polinomio di Chebyshev, allora
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Formula di De Moivre:

Il nucleo di Dirichlet Dn(x) è la funzione che si trova da entrambe la parti della seguente identità:

La convoluzione di ogni funzione a quadrato sommabile periodica di periodo 2< con il nucleo di
Dirichlet coincide con la somma troncata di ordine n della sua serie di Fourier.

Formule di riduzione della potenza


Dalla formula di duplicazione del coseno e dalla formula trigonometrica di Pitagora si ottiene

Formule di bisezione
Sostituendo x/2 al posto di x nelle formule di riduzione della potenza, e calcolando cos(x/2) e
sin(x/2) si ottiene.

Moltiplicare tan(x/2) per 2cos(x/2) / ( 2cos(x/2)) e sostituire sin(x/2) / cos(x/2) al posto di tan(x/2). Il
numeratore è sin(x), per la formula di duplicazione, e il denominatore è 2cos2(x/2) 3 1 + 1, che è
cos(x) + 1 per le formule di duplicazione. La seconda formula deriva dalla prima moltiplicata per
sin(x) / sin(x) e semplificata con il teorema di Pitagora.
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Posto segue:

e e

La sostituzione di t per tan(x/2), con il conseguente cambiamento di sin(x) con 2t/(1 + t2) e di cos(x)
con (1 3 t2)/(1 + t2) è spesso in grado di covertire funzioni razionali in sin(x) e cos(x) da integrare in
funzioni di t integrabili. (Vedi anche il successivo "punto di vista astratto".)

Prodotti espressi mediante somme


Queste formule possono essere provate sviluppando la loro parte destra e semplificando con le
formule di addizione.

Somme espresse mediante prodotti


Basta rimpiazzare x con (x + y) / 2 e y con (x – y) / 2 nelle espressioni dei prodotti mediante somme.

Funzioni trigonometriche inverse


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Funzione Gudermanniana
Questa funzione è collegata alle funzioni trigonometriche circolari e alle iperboliche senza ricorrere
ai numeri complessi -- vedi l'articolo per i dettagli.

Identità per angoli costanti


La seguente curiosa identità è stata appresa da Richard Feynman quando era ragazzino:

Si tratta di un caso particolare della seguente identità in cui compare una variabile:

Altre identità senza variabili:

La misura in gradi degli angoli risulta meno vantaggiosa di quella in radianti per una x con 21 a
denominatore:

I fattori 1, 2, 4, 5, 8, 10 inducono a pensare agli interi inferiori a 21/2 primi con 21. Gli ultimi
esempi sono le conseguenze di un risultato di base sui polinomi ciclotomici irribucibili: i coseni
sono le parti reali delle radici di questi polinomi; la somma degli zeri dà il valore della funzione di
Möbius valutata in 21; solo la metà delle radici sono presentate nella relazione precedente. Le due
identità che precedono quest'ultima nascono nello stesso modo relativamente ai casi 10 e 15,
rispettivamente.

La seguente identità senza variabili può essere utilizzata per calcolare < efficientemente:

oppure usando la formula di Eulero:

Calcoli
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Nel calcolo infinitesimale è essenziale che gli angoli argomenti di funzioni trigonometriche siano
misurati in radianti; se sono misurati in gradi o in altre unità di misura, allora le relazioni riportate
qui sotto risultano false. A partire dalle definizioni geometriche delle funzioni trigonometriche si
ricavano le loro derivate dopo aver stabiliti i due limiti che seguono.

(si verifica osservando la circonferenza trigonometrica e il teorema del confronto). Osserviamo che
se usassimo la regola di de L'Hôpital per stabilire questo limite creeremmo un circolo vizioso sul
piano logico, in quanto da questo limite si ricavano le derivate di seno e coseno necessarie per
applicare la suddetta regola.

(Si verifica usando l'identità tan(x/2) = (1 3 cos(x))/sin(x))

Avendo stabilito questi due limiti, si stabilisce che sinH = cos e cosH = 3sin. riconducendo la
derivazione alla sua definizione come limite di rapporto incrementale.

Se le funzioni seno e coseno sono definite dalle loro serie di Taylor, le loro derivate possono essere
ottenute derivando le serie di potenze termine a termine.

Le derivate delle altre funzioni trigonometriche sono ricavate dalle precedenti con le regole di
derivazione. Abbiamo quindi:

Le identità integrali possono essere trovate nella tavole di integrali.


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Dimostrazioni usando un'equazione differenziale
Si consideri l'equazione differenziale:

Utilizzando la formula di Eulero e il metodo di risoluzione delle equazioni differenziali lineari,


insieme al teorema di unicità e al teorema di esistenza possiamo definire seno e coseno nei modi
seguenti 1

cos(x) è l'unica soluzione della equazione

soggetta alle condizioni iniziali y(0) = 1; e

sin(x) è l'unica soluzione della equazione

sotto le conditioni iniziali and

Proviamo che

Introduciamo e troviamo le sue derivate prima e seconda:

allora sin(x) è una soluzione di possiamo dire che


; perciò

Quindi

Dunque possiamo dire che

Utilizziamo ancora le tecniche di risoluzione delle equazioni differentiali lineari e la formula di


Eulero la soluzione di deve essere una combinazione lineare di sin(x) e
cos(x), quindi

Si trova B ponendo 0 al posto di x

Per le condizioni iniziali , quindi


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Risolvendo per A abbiamo la derivata di T(x) e ponendo 0 al posto di x

Utilizando le condizioni iniziali e dato che

Sostituendo A e B nell'equazione originale di T(x)abbiamo

ma dato che T(x) è definita come abbiamo

C.V.D.

Usando queste definizioni di seno e coseno, si possono provare tutte le altre proprietà di seno e
coseno utilizzando le stesse tecniche.

Dimostrazioni geometriche
sin(x + y) = sin(x) cos(y) + cos(x) sin(y)

In questa figura l'angolo x è parte dell'angolo retto del triangolo ABC, e l'angolo y parte dell'angolo
retto del triangolo ACD. Si costruisce DG perpendicolare ad AB e si costruisce CE parallelo ad AB.

Angolo x = Angolo BAC = Angolo ACE = Angolo CDE.

EG = BC.
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cos(x + y) = cos(x) cos(y) - sin(x) sin(y)

Osservando la figura precedente:

Punti di vista astratti


Dato che la circonferenza è una curva algebrica di genere 0, ci si aspetta che le funzioni circolari
possano essere riducibili a funzioni razionali. In effetti è noto classicamente che usando
sistematicamente le formule di bisezione per la tangente si possono esprimere le funzioni seno e
coseno in termini di una nuova variabile t.

http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=Funzioni_razionali&action=edit

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Scritto da Renato Tassone

Tavola delle derivate


L'operazione primaria nel calcolo differenziale è il calcolo della derivata. Questa pagina costituisce
una tavola delle derivate delle principali funzioni.

Nel seguito f e g denotano funzioni generiche della variabile reale x, e c una costante. Le formule
che seguono permettono di derivare ogni funzione elementare.

Regole per la derivazione di funzioni generiche

Derivate di funzioni semplici e di polinomi


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Derivate di funzioni esponenziali e logaritmiche

Derivate di funzioni trigonometriche


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Derivate di funzioni iperboliche


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Studio di funzione
Lo studio di funzione si occupa di analizzare una funzione al fine di determinarne alcune
caratteristiche qualitative. Uno studio di funzione correttamente condotto permette di schizzare il
grafico della funzione.

Grafico di una funzione esempio, realizzato con Derive 5

Operazioni preliminari
Introduciamo dei concetti base per effettuare lo studio di funzione:

Determinazione dell' insieme di definizione

Per determinare l' insieme di definizione di una funzione assegnata in termini di funzioni
elementari, a meno di indicazioni esplicite, si deve individuare il sottoinsieme dei reali più esteso
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entro il quale l'espressione che la definisce non perda di senso. In particolare conviene porre
l'attenzione alle seguenti evenienze:

• Le funzioni fratte non esistono nei punti dove il denominatore si annulla


• Le funzioni sotto radice di esponente pari non esistono se il radicando è minore di zero
• La funzioni logaritmiche non esistono nei punti dove l'argomento è minore o uguale a zero

Simmetrie e periodicità

Si deve porre l'attenzione alle eventuali simmetrie e periodicità della funzione che, se individuate,
semplificano notevolmente lo studio della funzione.

Vedi Funzioni pari e dispari e Funzione periodica

Intersezioni con gli assi

Può essere utile a questo punto cominciare ad individuare alcuni punti del piano che stanno sul
grafico della funzione, in particolare si è soliti cercare le eventuali intersezioni con gli assi
cartesiani. Per determinarle si opererà come segue:

• intersezioni con l'asse x: sono i punti di coordinate dove è soluzione


dell'equazione . Si possono presentare diverse eventualità:
o l'equazione potrebbe non avere soluzioni, e in questo caso la funzione non ha
intersezione con l'asse x
o potrebbe avere una o più soluzioni, ma comunque un numero finito di soluzioni (e
quindi un numero finito di punti di intersezione)
o ma potrebbe anche averne infinite.
• intersezione con l'asse y: l'intersezione con l'asse y esiste solamente se lo 0 (zero)
appartiene al dominio della funzione, nel qual caso questa intersezione è unica per
definizione stessa di una funzione, e sarà il punto di coordinate .

Segno della funzione

Ci si chiede ora di studiare il segno della funzione, cioè ci si chiede quando la funzione è positiva
(sopra l'asse x) o negativa (al di sotto dell'asse x). In altre parole quali sono i valori della
appartenenti al dominio tali che sia soddisfatta la disequazione e quali invece siano tali
che sia soddisfatta la .

Può essere molto utile a questo punto annerire su un piano cartesiano tutte le zone in cui il grafico
della funzione non può passare, se ad esempio nell'intervallo la funzione risultasse positiva
si annerirà la zona del piano sotto l'asse x, dove x è compresa fra a e b.

Calcolo dei limiti di frontiera

Una volta stabilito il dominio e le particolari caratteristiche che può avere la funzione, si studia il
comportamento della funzione sulla frontiera del dominio. In particolare si andrà a calcolare i limiti
per x che tende a

• se il dominio è illimitato inferiormente


• se il dominio è illimitato superiormente
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• se è punto di accumulazione del dominio ma non è un suo punto interno. In alcuni
casi sarà necessario limitarsi a calcolare solo il limite destro o il limite sinistro.

Continuità / Discontinuità della funzione

Il calcolo dei limiti permette di verificare la continuità di una funzione o di valutarne le


discontinuità.

Individuazione degli asintoti

Con il calcolo dei limiti si è in grado di individuare anche l'esistenza di eventuali asintoti sia
verticali, orizzontali che obliqui:

• asintoto verticale: è la retta di equazione se

• asintoto orizzontale: è la retta di equazione se


• asintoto obliquo: è la retta di equazione se si verificano nell'ordine le
seguenti proprietà:

Da notare che potranno esserci:

• da zero a infiniti asintoti verticali


• da zero a due asintoti orizzontali
• da zero a due asintoti obliqui

Derivata prima

A questo punto si effettua il calcolo della derivata della funzione per studiarne la crescenza e
stabilire l'esistenza di eventuali punti stazionari. Tramite lo studio del segno della derivata si è in
grado di individuare eventuali punti di massimo o di minimo.

Ci si occuperà quindi di studiare il segno della funzione derivata in modo da individuare per quali
valori di x essa è positiva, negativa o nulla.

• dove è derivabile e , è crescente


• dove f è derivabile e , è decrescente
• dove è derivabile e , ha nel punto x
o un massimo relativo o un minimo relativo se il segno della derivata prima e dopo il
punto x (cioè in un suo intorno) è discorde,
o un punto di flesso se il segno della derivata è costante in un intorno di x.

Derivata seconda
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Per avere una maggiore precisione nello studio di una funzione si effettua inoltre lo studio della
derivata seconda in modo da valutare se esistono punti di flesso (punti dove la derivata seconda si
annulla) e intervalli di convessità.

Relazione con derivata seconda

se è derivabile in :

• Se allora è convessa in x
• Se allora è concava in x
• Se è un punto di flesso allora la

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Massimo e minimo relativo

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categoria.

In questo grafico sono evidenti un massimo e un minimo relativi


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Si consideri la generca funzione reale . Il punto x0 è detto massimo
(minimo) relativo (o locale) se, preso , con P piccolo a piacere, allora f(x0) > f(x1)
(f(x0) < f(x1) nel caso del minimo locale).

Dal punto di vista dello studio analitico, se la funzione ammette almeno la derivata seconda in un
punto, tale punto è di massimo (minimo) relativo se la derivata prima della funzione si annulla
(quindi x0 è un punto stazionario) e la derivata seconda è negativa (positiva). Nel caso anche la
derivata seconda sia nulla, sempre che la funzione nel punto abbia derivate di ordine sufficiente,
occorre vedere qual è la prima derivata che non si annulla. Se è di ordine dispari, il punto non è né
di massimo né di minimo relativo, ma è un flesso; se è di ordine pari, il punto è un massimo o un
minimo a seconda se il valore corrispondente è negativo o positivo.

Se esistono massimi o minimi assoluti devono necessariamente essere massimi o minimi relativi.

Nel caso di funzioni in più variabili il discorso fatto è analogo, ma ad annullarsi è il gradiente. E per
verificare se il punto è di massimo o minimo si verifica il segno del determinante della matrice
Hessiana che sarà negativo o positivo rispettivamente. Qualora il determinante della matrice
Hessiana sia nullo, allora il punto si dice punto di sella

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Derivata parziale
La derivata parziale di una funzione di più variabili rispetto a una xk di tali variabili è la derivata
della funzione nella sola variabile xk ottenuta dalla precedente fissando un valore per tutte le
variabili rimanenti.

Definizione
Come per la derivata ordinaria la derivata parziale è definita come limite.

Definizione: Derivata parziale


Sia aperto. Consideriamo una funzione di n variabili
. Si definisce derivata parziale di f in
rispetto alla variabile k-esima xk:

Definizione: Derivata parziale


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Il numeratore del limite è a volte chiamato rapporto incrementale di f nel punto x rispetto alla
variabile xk

Derivata direzionale

La derivata parziale è un caso particolare di derivata direzionale. Usando questo concetto si può
definire la derivata parziale come:

con , ovvero il versore k 3 esimo, cioè quel vettore che ha tutte le


componenti nulle tranne la k 3 esima.

Notazioni
La notazione più comune fa uso del simbolo simile alla usata nella notazione di Leibniz per la
derivata di funzioni di una variabile. Altre notazioni per indicare la derivata di rispetto alla
prima variabile ( ) sono:

L'ultima notazione fa uso dei cosiddetti multi indici.

Calcolo delle derivate parziali


Il calcolo delle derivate parziali può essere svolto tramite il calcolo di derivate ordinarie. Infatti

supponiamo di voler calcolare . Definiamo .


Allora:

È per questo che a parole si dice che la derivata parziale di f in x rispetto a xk è la derivata che si
ottiene considerando la funzione come funzione della sola xk e considerando costanti le rimanenti.

Derivate parziali in
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Consideriamo una funzione f con dominio in , insieme formato da tutte le coppie ordinate
con , e con valori in . Tale funzione in ogni punto del proprio
dominio può avere due derivate parziali:

• derivata parziale di f rispetto a x:

• derivata parziale di f rispetto a y:

Se entrambi i limiti esistono finiti, allora la funzione f si dice derivabile in . Il


vettore che ha per componenti e è detto gradiente della funzione in

Derivate parziali di ordine superiore


Le operazioni di derivazione si può cercare di applicarle anche alle funzioni ottenute come derivate
parziali di una data. si possono definire quindi derivate parziali di ordine superiore al primo.

Continuità delle derivate parziali


Se una funzione ha le derivate parziali prime continue nel suo dominio in , si dice
che è una funzione di classe (si legge funzione di classe C uno in ).

In generale per un qualsiasi intero positivo m se tutte le derivate parziali di ordine minore o uguale a
m della funzione sono continue nell'insieme di definizione D, si dice che la f è di classe .

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Matrice hessiana
In matematica la matrice hessiana di una funzione di n variabili è la matrice quadrata n × n delle
derivate parziali seconde della funzione.

Data la funzione reale di n variabili reali

se tutte le derivate parziali seconde di f esistono, allora si definisce matrice hessiana della f la
matrice , dove
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Questa matrice ha preso il nome dal matematico tedesco Ludwig Otto Hesse (1811-1874).

Derivate miste e simmetria dell'hessiana


Le derivate miste della f hanno le entrate fuori dalla diagonale principale nell'hessiana. Ma, in
generale, vale il seguente teorema:

questa uguaglianza si scrive anche come:

In termini formali: se le derivate seconde di f sono tutte continue in una regione W, allora l'hessiana
di f è una matrice simmetrica in ogni punto di W; vedi simmetria delle derivate seconde.

Punti critici e discriminante


Se il gradiente della funzione f è nullo in un punto x appartenente al dominio della funzione, allora f
in x ha un punto critico. Il determinante dell'hessiana in x è anche detto discriminante in x. Se
questo determinante è zero allora x è chiamato punto critico degenere della f. Negli altri punti viene
chiamato non degenere.

Test per la derivata seconda


Il seguente criterio può essere applicato in un punto critico non degenere x:

• se l'hessiana è definita positiva in x, allora f ha un minimo locale in x;

• se l'hessiana è definita negativa in x, allora f ha un massimo locale in x;

• se l'hessiana ha entrambi gli autovalori positivi e negativi allora x è un punto di sella per f
(questo è vero se x è degenere pari).

Altrimenti il test è inconclusivo. Nota che per hessiane semidefinite positive e semidefinite
negative il test è inconclusivo. Quindi, possiamo vedere di più dal punto di vista della teoria di
Morse.

Tenuto conto di quanto è stato appena detto, il test per le derivate seconde per funzioni di una e due
variabili sono semplici. In una variabile, l'hessiana contiene appena una derivata seconda:
Scritto da Renato Tassone
• se questa è positiva allora x è un minimo locale, se questa è negativo allora x è un massimo
locale;

• se questa è zero allora il test è inconclusivo.

In due variabili, può essere usato il discriminante, perché il determinante è il prodotto degli
autovalori:

• se questo è positivo allora gli autovalori sono entrambi positivi, o entrambi negativi;

• se questo è negativo allora i due autovalori hanno differente segno

• se questo è zero, allora il test della derivata seconda è inconclusivo;

Funzioni a valori vettoriali


Se f è invece una funzione a valori vettoriali, cioè se

allora il vettore delle derivate parziali seconde non è una matrice, ma un tensore di rango 3.

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Punto critico (matematica)

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Scritto da Renato Tassone

Le croci rosse rappresentano i punti stazionari della funzione. I punti verdi invece sono punti di
flesso non stazionari

Nell'analisi matematica si chiama punto critico o punto stazionario di una funzione derivabile
definita su un insieme aperto dei numeri reali a valori reali

un punto x in cui la derivata si annulla.

L'uso della parola "critico" è dovuto al fatto che nelle vicinanze di un punto che non è critico la
struttura topologica di una funzione è sempre la stessa: quella di una retta crescente o decrescente
(come si può vedere approssimando la funzione con la retta tangente) e la funzione è invertibile,
mentre nelle vicinanze un punto su cui la derivata è nulla si possono avere comportamenti "atipici"
con punti di massimo o minimo locale o di flesso.

Funzioni differenziabili
La nozione si estende per una generica funzione differenziabile

in questo caso si chiama punto critico un punto x del dominio A tale che il differenziale DF(x)
calcolato in x ha nucleo di dimensione non nulla.

Esempi

• Se un punto sarà critico se e solo se il gradiente vi si annulla. Il piano


tangente alla superficie individuata dal grafico di F in un punto critico è il piano orizzontale.
Se una curva di livello di F contiene un punto critico in tale punto la curva può non avere
una tangente ben definita.

• Se abbiamo una curva un punto critico è un valore di t tale che


. In tal caso nel punto può esserci una cuspide in cui non è ben definita una tangente
alla curva.

• Se abbiamo una superficie differenziabile nello spazio parametrizzata da una funzione


differenziabile un punto critico è un punto in cui la matrice jacobiana ha
rango minore di 2. In un punto critico la superficie non ha un piano tangente ben definito.

Funzioni olomorfe e meromorfe


Scritto da Renato Tassone
Un punto critico per una funzione olomorfa

è un punto z0 in cui la derivata complessa di f si annulla.

Nel caso di una funzione meromorfa sono considerati punti critici anche i poli.

Per una funzione olomorfa o meromorfa un punto critico è un punto in cui la funzione non definisce
una mappa conforme.

Campi vettoriali
Un punto critico per un campo vettoriale V su un insieme aperto di o su una varietà
differenziabile è un punto x dove il campo vettoriale è nullo.

Nelle vicinanze di un punto che non è critico il campo vettoriale è equivalente ad un campo
vettoriale costante, cioè esiste un intorno ed un cambiamento di coordinate continuo dell'intorno che
trasforma il campo vettoriale in un campo vettoriale costante (e non nullo).

Nell'intorno di un punto critico un campo vettoriale può avere diversi comportamenti che possono
essere classificati in un numero finito di casi a meno di cambiamenti di coordinate. La
classificazione dipende dalla dimensione dello spazio vettoriale (o della varietà) su cui è definito il
campo.

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Punto di sella
Questa voce è solo un abbozzo (stub). Se puoi, contribuisci adesso a migliorarla secondo le
convenzioni di Wikipedia. Per l'elenco completo degli stub di matematica, vedi la relativa
categoria.In analisi matematica, un punto di sella di una funzione reale di più variabili reali
è un punto critico P del dominio della f in cui la matrice hessiana risulti indefinita:
vale a dire non sia né una matrice semidefinita positiva, né una matrice semidefinita negativa. In
termini visivi (nel caso n = 2), esiste una sezione di f comprendente P per la quale tale punto è un
Scritto da Renato Tassone
minimo relativo, e un'altra sezione comprendente P per la quale tale punto è invece un massimo
relativo.

Esempio: sia

Nel punto abbiamo un punto stazionario dato che il gradiente è nullo: infatti

La forma quadratica della funzione è data dall'espressione sottostante

che è lo stesso di scrivere

cioè

per cui nel punto essa risulta essere

Si può ora verificare semplicemente (ad esempio tramite la matrice hessiana corrispondente) che la
forma quadratica non è né semidefinita positiva né semidefinita negativa, per cui risulta essere
indefinita, e quindi il punto (0,0) è un punto di sella.

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MOLTIPLICATORI DI LAGRANGE

Il metodo dei moltiplicatori di Lagrange e a ricondurre una funzione il cui insieme di


definizione è un insieme aperto a una funzione, detta lagrangiana, che è definita su un insieme
compatto. esso è applicabile a funzione da 2 o più variabili indipendenti e a una sola variabile
dipendente. Il metodo è anche detto metodo dei moltiplicatori o metodo di Lagrange.Esso è utile
perchè il Teorema di Weierstrass garantisce che una funziona continua e definita su un compatto,
possiede massimo e minimo assoluti. Tale teorema non vale per insiemi di definizione aperti. La
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continuità della funzione è la seconda ipotesi necessaria: la funzione iniziale deve essre continua.
Solitamente, le funzioni proposte negli esercizi sul metodo di Lagrange di livello universitario sono
polinomiali e dunque continue.Data la funzione f(x,y) vincolata su un insieme g(x,y), la funzione
ausiliaria z(x,y)=f(x,y)+ Y·g(x,y), con Y reale positivo. Anche la funzione vincolo g(x,y) è una
funzione definita su un insieme aperto più o meno esteso di quello di f(x,y).La funzione ausiliaria z
(o funzione lagrangiana L) è una funzione di tre variabili (x, y e Y) ed è pari alla somma della
funzione inziale per un multiplo del vincolo g(x,y). Il numero Y è chiamato "moltiplicatore di
Lagrange". Se il moltiplicatore è nullo: z(x,y)=f(x, y, Y), un vuoto cambiamento di lettere che ci
lascia nella situazione iniziale in cui non vale il teorema di Weierstrass.

Il primo passo del metodo consiste nello scrivere la funzione lagrangiana.

2)porre a zero le tre derivate funzionali. Si deriva la funzione lagrangiana (non f(x,y)) rispetto ad x,
ad y e Y e si eguagliano le derivate a zero. L'ultima derivata parziale è uguale al vincolo g(x,y). La
soluzione del sistema di 3 equazioni in 3 incognite fornisce le coordinate dei punti critici. Un punto
critico è un punto nel quale si annullano le derivate prime e può essere un massimo, un minimo o
una sella per una funzione a due variabili.3) si calcolano le derivate seconde e l'hessiano per ognuno
dei punti critici. Il determinante della matrice hessiana è un numero: se è minore di 0 abbiamo un
punto di sella, se è maggiore di 0 è necessario andare a considerare il segno della derivata seconda
rispetto a x (che è presente alla posizione [1,1] della matrice hessiana: se è maggiore di 0 abbiamo
un minimo, se è minore di 0 abbiamo un massimo. Infine se il determinante è uguale a 0 ricadiamo
nel caso di indeterminazione.Le derivate seconde sono quattro, quelle da calcolare tre poichè le
derivate miste sono uguali. Sono: derivata rispetto a x della derivata prima rispetto a x (viene
derivata una seconda volta), derivata rispetto a y della derivata prima rispetto a y, derivata rispetto a
y della derivata prima rispetto a x. quest'ultima, derivata mista, coincide con la derivata rispetto a x
della derivata prima rispetto a y. Le derivate seconde sono numeri e in parte ancora funzioni di x e
y. Si pongono nella matrice hessiana delle derivate seconde e si sostituiscono a x e y le coordinatwe
(numeri) del punto critico. Per ogni punto si è in grado di dire che estremo (punto critico) è:
massimo, minimo, sella.Per i casi di indeterminazione si ricorre allo studio del differenziale di
f(x,y) (non del lagrangiano) posto maggiore di zero. Lo studio del segno può essere spinto fino a
differenziale di qualunque ordine. Solitamente non si va oltre lo studio del differenziale terzo.

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ESERCIZI
Esercizio 27.1
Scritto da Renato Tassone
Data una funzione di due variabili f ( x, y ) dire chi sono gli insiemi di livello c, cioè gli insiemi
delle coppie tali che f ( x, y ) = c .
I) f ( x, y ) = x 2 + y
Dato c R , il relativo insieme di livello è descritto dalla seguente equazione:
x +y=c
2
y = x2 + c
che, come è noto, descrive una parabola con asse di simmetria l’asse y e vertice il punto (0, c ) .
II) f ( x, y ) = 2 x 2 + 3 y 2
Dato c R , il relativo insieme di livello è descritto dalla seguente equazione:
2x 2 + 3 y 2 = c
che, per c<0 rappresenta l’insieme vuoto, per c=0 rappresenta il singleton {(0,0 )} mentre, per c>0, è
l’equazione di un’ellisse. Si ha infatti:
x2 y2
2x + 3 y = c
2 2
+ =1
c c
2 3
c c c
che rappresenta un’ellisse di centro l’origine e vertici i punti: 0, , 0, , ,0 e
3 3 2
c
,0 .
2

III) f ( x, y ) = xy
Dato c R , il relativo insieme di livello è descritto dalla seguente equazione:
xy = c
che, come è noto, descrive una iperbole equilatera con asintoti gli assi x ed y.

Esercizio 27.2
Si studino i massimi ed i minimi relativi delle seguenti funzioni.
I) f ( x, y ) = x 2 xy + y 2 + 3x 2 y + 1
Sappiamo che condizione necessaria affinché un punto ( x0 , y 0 ) sia di massimo o di minimo relativo
è che in esso si annullino le derivate parziali prime della funzione f ( x, y ) . Calcoliamo allora le due
derivate parziali prime. Derivando la funzione rispetto ad x si ottiene:
f
= 2x y + 3 ;
x
derivando invece la funzione rispetto ad y si ottiene:
f
= x + 2y 2.
y
Risolvendo ora il seguente sistema
2x y + 3 = 0
x + 2y 2 = 0
4 1
si trova che le derivate parziali prime si annullano nel punto ( x0 , y 0 ) = , che potrebbe
3 3
pertanto essere un punto di massimo o di minimo relativo.
Per verificare ciò occorre calcolare le derivate parziali seconde:
f xx = 2 f xy = 1
Scritto da Renato Tassone
f yx = 1 f yy = 2
e quindi l’Hessiano della funzione così definito:
f xx f yy f xy f yx .
4 1
Poiché nel punto ( x0 , y 0 ) = , risulta:
3 3
f xx f yy f xy f yx = 4 1= 3 > 0
4 1
il punto ( x0 , y 0 ) = , è un punto di massimo oppure di minimo relativo e precisamente si
3 3
tratta di un punto di minimo relativo in quanto è f xx = 2 > 0 .

II) f ( x, y ) = x 3 + y 3 3 xy
Calcoliamo le due derivate parziali prime:
f
= 3x 2 3 y ;
x
f
= 3 y 2 3x .
y
Risolvendo ora il seguente sistema
3x 2 3 y = 0
3 y 2 3x = 0
si trova che le derivate parziali prime si annullano nei punti ( x1 , y1 ) = (0,0 ) ed ( x 2 , y 2 ) = (1,1) .
Calcoliamo le derivate parziali seconde:
f xx = 6 x f xy = 3
f yx = 3 f yy = 6 y
Se calcoliamo l’Hessiano della funzione nel punto ( x1 , y1 ) = (0,0 ) troviamo che:
f xx (0,0 ) f yy (0,0 ) f xy (0,0 ) f yx (0,0 ) = 0
e quindi su questo punto non possiamo dire nulla.
Calcolando invece l’Hessiano della funzione nel punto ( x 2 , y 2 ) = (1,1) troviamo che:
f xx (1,1) f yy (1,1) f xy (1,1) f yx (1,1) = 6 6 9 = 27 > 0
e quindi il punto ( x 2 , y 2 ) = (1,1) è un punto di massimo oppure di minimo relativo e precisamente si
tratta di un punto di minimo relativo in quanto è f xx (1,1) = 6 > 0 .
Studiare i massimi ed i minimi relativi della seguente funzione:
f ( x, y ) = e x
2
y2 x
III) .
Scritto da Renato Tassone

Esercizio 27.3
Data la funzione f ( x, y ) = x 2 + 2 y 2 + 1 si determinino, se esistono, il massimo ed il minimo della
{
funzione sull’insieme S = ( x, y ) : x 2 + y 2 1 . }
Poiché questa funzione è continua e l’insieme S è chiuso e limitato, per il teorema di Weirstrass essa
ammette massimo e minimo (si noti bene che stiamo parlando del massimo e del minimo della
funzione, cioè del massimo e del minimo dell’insieme imagine). Per determinare questi massimi e
minimi ricerchiamo i massimi e minimi relativi interni all’insieme S (cioè sui punti che
appartengono al cerchio di centro (0,0) e raggio 1, frontiera esclusa) mediante lo studio delle
derivate parziali e dell’Hessiano della funzione; e quindi i massimi e minimi sulla frontiera (cioè sui
punti della circonferenza di centro (0,0) e raggio 1), risolvendo un problema di massimi e minimi
vincolati.
Iniziamo con lo studio dei massimi e dei minimi relativi interni all’insieme S.
Data f ( x, y ) = x 2 + 2 y 2 + 1
calcoliamo le due derivate parziali prime:
f
= 2x
x
f
= 4y
y
e risolviamo il seguente sistema
2x = 0
4y = 0
si trova che le derivate parziali prime si annullano nel punto ( x0 , y 0 ) = (0,0 ) .
Calcoliamo le derivate parziali seconde:
f xx = 2 f xy = 0
f yx = 0 f yy = 4
Poiché l’Hessiano della funzione nel punto ( x0 , y 0 ) = (0,0 ) è
f xx (0,0 ) f yy (0,0 ) f xy (0,0 ) f yx (0,0 ) = 8 > 0
ed essendo inoltre f xx (1,1) = 2 > 0 possiamo concludere che il punto ( x0 , y 0 ) = (0,0 ) è un punto di
minimo relativo ed è f (0,0 ) = 1 .
Ricerchiamo ora i massimi ed i minimi relativi della funzione sulla frontiera di S, risolvendo quindi
un problema di massimi e minimi della funzione f ( x, y ) = x 2 + 2 y 2 + 1 con il vincolo x 2 + y 2 = 1 .
Per trovare i massimi ed i minimi vincolati si può procedere in due modi:
– esplicitando una delle due variabili del vincolo e sostituendola nella funzione; si deve studiare
così una funzione in una variabile;
– applicando il metodo dei moltiplicatori di Lagrange.
Procediamo dapprima per sostituzione.
Dal vincolo si ricava
x2 + y2 = 1 y2 = 1 x2
che sostituito nella espressione della funzione dà luogo ad una funzione di una variabile:
z = x2 + 2y2 +1 ( )
z = x2 + 2 1 x2 +1 z = x2 + 3 .
Ora dobbiamo studiare i massimi ed i minimi di questa funzione sull’intervallo [ 1,1] in quanto il
vincolo limita in questo modo il dominio di questa funzione. Questa funzione ammette un punto di
massimo relativo interno per x = 0 , che sostituito nella espressione del vincolo individua i seguenti
punti: ( x1 , y1 ) = (0,1) e ( x 2 , y 2 ) = (0, 1) . Poiché siamo interessati a trovare i massimi ed i minimi
della funzione, dobbiamo tenere conto anche degli estremi dell’intervallo [ 1,1] e quindi dobbiamo
considerare anche i punti: ( x3 , y 3 ) = ( 1,0 ) e ( x 4 , y 4 ) = (1,0 ) .
Scritto da Renato Tassone
Un modo alternativo per studiare i massimi ed i minimi di una funzione con un vincolo espresso da
una equazione è il metodo dei moltiplicatori di Lagrange. Precisamente si tratta di studiare i
massimi ed i minimi della funzione:
F ( x, y , ) = f ( x , y ) + ( x, y )
dove f ( x, y ) = x 2 + 2 y 2 + 1 e ( x, y ) = x 2 + y 2 1 .
Il metodo fornisce delle condizioni necessarie per i punti di massimo e di minimo in quanto vanno
ricercati nell’insieme dei punti che sono soluzione del seguente sistema:
F
=0
x 2x + 2 x = 0 x(1 + ) = 0
F
=0 4y + 2 y = 0 y (2 + ) = 0
y
F x + y 1= 0
2 2
x + y2 1 = 0
2

=0

Le soluzioni sono: ( x, y, ) = (0,1, 2 ) , ( x, y, ) = (0, 1, 2 ) , ( x, y, ) = ( 1,0, 1) e


( x, y, ) = (1,0, 1) ; esse individuano i seguenti quattro punti:
( x1 , y1 ) = (0,1) , ( x2 , y 2 ) = (0, 1) , ( x3 , y3 ) = ( 1,0) e ( x4 , y 4 ) = (1,0) .
Abbiamo individuato in questo modo cinque punti che sono “candidati” ad essere punti di massimo
e di minimo della funzione, cioè punti nei quali la funzione assume valore rispettivamente massimo
e minimo. Per decidere qual è il massimo e qual è il minimo della funzione dobbiamo calcolare il
valore della funzione in questi cinque punti. Risulta:
f ( x0 , y 0 ) = f (0,0 ) = 1 f ( x1 , y1 ) = f (0,1) = 3 f ( x 2 , y 2 ) = f (0, 1) = 3
f ( x3 , y3 ) = f ( 1,0 ) = 2 f ( x4 , y 4 ) = f (1,0 ) = 2
e quindi possiamo concludere che il minimo della funzione è 1 ed il punto di minimo è (0,0); il
valore massimo della funzione è 3 e ci sono due punti nei quali la funzione assume valore massimo,
rispettivamente i punti ( x1 , y1 ) = (0,1) e ( x 2 , y 2 ) = (0, 1) .
Data la funzione f ( x, y ) = 3x 2 + 2 y 2 + 4 x + 1 si determinino, se esistono, il massimo ed il
minimo della funzione sull’insieme S = { ( x, y ) : x + y = 1 } .

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Teorema fondamentale del calcolo integrale


Il Teorema fondamentale del calcolo stabilisce una importante connessione tra i concetti di
integrale e derivata per funzioni da in . In generale si usa il termine teorema fondamentale
del calcolo per indicare ciò che stabiliscono i seguenti due teoremi:

Primo teorema
Se è una funzione continua allora la "funzione integrale" definita come

è una funzione derivabile in [a,b] e si ha che per ogni .

Dimostrazione. Si consideri il rapporto incrementale di ; per la proprietà di additività


dell'integrale, si può scrivere:
Scritto da Renato Tassone

Dal teorema della media integrale risulta che esiste un punto interno all'intervallo
tale che vale la relazione

Abbiamo dunque

Se ora , (poichè ) e, in forza della continuità di si ha che

Possiamo quindi concludere che

ovvero la tesi.

Secondo Teorema
Se è una funzione continua e è una primitiva di f, ovvero
allora

Dimostrazione. Poniamo , dal teorema precedente abbiamo che


e d'altra parte sappiamo che , per la linearità della derivata

concludiamo che per ogni , dalle proprietà della derivata


concludiamo che esiste un tale che F(x) 3 G(x) = c, cioè

.
Scritto da Renato Tassone
La formula stabilita da questo teorema viene talvolta chiamata formula fondamentale del calcolo
integrale.

Conseguenze e applicazioni
Il teorema fondamentale del calcolo, oltre al suo valore teorico, ha una importantissima
applicazione pratica: consente di ricavare esattamente il valore degli integrali definiti di una
consistente quantità di funzioni.
Se vogliamo calcolare l' integrale definito di una funzione possiamo cercare una
funzione F che abbia f come derivata (cioè una primitiva di f) ed avvalerci della formula
fondamentale del calcolo per concludere che

e quindi ridurci a calcolare la funzione F sugli estremi di integrazione. Con questa formula
possiamo dire ad esempio che l'area compresa tra l'asse x, la parabola y = x2 e la retta x = 1 è

esattamente uguale a 1 / 3 poichè è una primitiva di x2 e ; se


avessimo usato solamente la definizione di integrale di Riemann avremmo dovuto approssimare
l'area racchiusa dal grafico della funzione mediante rettangoli "piccoli" e ci saremmo dovuti
accontentare di un valore approssimato.

Altri modi di vedere le cose


Approccio fisico

Supponiamo di avere un punto che si muove lungo una retta la cui posizione al tempo t è
individuata dalla funzione F(t). In tal caso la velocità istantanea v(t) in ogni momento sarà pari alla
derivata F'(t). Lo spazio percorso nell'intervallo di tempo che va da a a b sarà dato dalla differenza
tra le posizioni occupate negli istanti a e b cioè F(b) 3 F(a). D'altra parte lo spazio percorso sarà
anche uguale alla somma degli spazi percorsi in ogni istante. Se dividiamo l'intervallo di tempo in
intervallini molto piccoli

possiamo trattare il moto in ciascun intervallo di tempo come se la velocità fosse


apporssimativamente costante, quindi lo spazio percorso in ogni intervallo sarà uguale a

lo spazio percorso in tutto l'intervallo di tempo [a,b] sarà uguale alla somma degli spazi percorsi in
tutti gli intervalli di tempo cti cioè

e la somma al secondo membro tende a quando gli intervalli di tempo considerati


hanno lunghezze arbitrariamente piccole.
Scritto da Renato Tassone

Approccio geometrico

Consideriamo preliminarmente una funzione F che abbia derivata sempre positiva.

La derivata più essere vista geometricamente come coefficiente di dilatazione locale, cioè F'(x) è
quel fattore di cui vengono espansi (o contratti) dalla funzione F tutti i segmentini che sono vicini al
punto x: se chiamiamo l la lunghezza abbiamo che per ogni intervallino I vicino ad x si ha

Ora l'intervallo [a,b] verrà mandato dalla funzione F (che in questo caso è monotona crescente)
nell'intervallo [F(a),F(b)], la lunghezza dell'intervallo immagine è quindi F(b) 3 F(a). D'altra parte
possiamo calcolare questa lunghezza in quest'altro modo: dividiamo [a,b] in tanti piccoli intervalli
disgiunti I1,...,IN cosicchè la lunghezza complessiva dell'intervallo immagine sarà data dalla somma
delle lunghezze delle immagine degli intervallini in cui lo abbiamo suddiviso (sempre perchè F è
monotona):

consideriamo che la funzione F deforma ciascuno di questi intervallini di un fattore


approssimativamente uguale alla derivata di F calcolata in un punto interno all'intervallo:

quindi nel complesso abbiamo che

se prendiamo intervalli di lunghezza h arbitrariamente piccola l'espressione sulla destra converge


all'integrale

L'idea quindi è che il calcolo dell'integrale di F'(x) ci dice quanto spazio percorriamo andando a
sommare tutti i segmenti trasformati dalla funzione F, cioè la lunghezza complessiva dell'intervallo
trasformato da F.

Il discorso appena fatto vale per il caso in cui si ha F'(x) > 0 ovunque. Nel caso in cui abbiamo
ovunque F'(x) < 0 il discorso è simile con la differenza che l'orientamento degli intervalli viene
invertito.

Nel caso generale in cui F'(x) può cambiare di segno si riconduce ai precedenti considerando
separatamente gli intervalli in cui il segno della derivata rimane costante.

Somme telescopiche
Scritto da Renato Tassone

Se abbiamo una somma e riusciamo a trovare una sequenza A0,A1,...,AN tale che ak = Ak 3 Ak
31 allora la nostra somma si semplifica drasticamente:

cioè la somma si risuce alla differenza di Ak sugli "estremi". Questo tipo di somme che si possono
"accorciare" vengono chiamate somme telescopiche.
L'analogia con la formula fondamentale del calcolo

non è casuale.
Supponiamo di approssimare l'integrale della derivata mediante una somma finita di aree di

rettangolini di base lunga e altezza immaginando di aver diviso l'intervallo [a,b]

in n sottointervalli [xk,xk + 1] lunghi con x0 = a e xn = b. L'integrale approssimato sarà dato dalla


sommatoria

ora approssimiamo le derivate che compaiono nella sommatoria con i rapporti incrementali, dal

momento che rimpiazziamo queste quantità approssimate nella


sommatoria:

semplificando si ottiene

ed in conclusione, semplificando tutti gli addendi di segno opposto si ha

Dimostrazione alternativa
L'argomento appena presentato può essere usato (con piccoli ritocchi) per dimostrare la formula
fondamentale del calcolo nel seguente modo:
Scritto da Renato Tassone
consideriamo per ogni n un'approssimazione dell'integrale di Riemann di simile alla
precedente ma in cui calcoliamo su valori interni a ciascun intervallino [xk,xk + 1]:

in cui è dato dal teorema di Lagrange applicato a F nell'intervallo [xk,xk + 1], cioè
, allora - fatte le dovute semplificazioni - abbiamo

D'altra parte dalla definizione di integrale di Riemann l'intergale approssimato che abbiamo
considerato deve convergere (se è integrabile secondo Riemann) per all'integrale

e dunque è dimostrata la formula fondamentale del calcolo.

Generalizzazioni
Il teorema si può generalizzare in diverse direzioni.

Si possono considerare le estensioni della nozione di derivata in spazi euclidei a più dimensioni (il
concetto di funzione differenziabile e di derivata parziale) e l'integrazione su varietà e su domini
contenuti in spazi euclidei di dimensione maggiore di 1. Gli analoghi del teorema fondamentale del
calcolo in questo contesto sono il teorema di Green, il teorema di Stokes e il teorema della
divergenza.

Si può considerare anche la nozione di derivabilità e integrabilità sul piano complesso (vedi le
funzioni olomorfe e meromorfe), in questo caso gli analoghi del teorema fondamentale del calcolo
sono il teorema integrale di Cauchy e il teorema dei residui).

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Metodo di integrazione
Un metodo di integrazione è una procedura per il calcolo del valore di una precisa tipologia di
integrali. Per giungere alla soluzione è quasi sempre necessario utilizzare diversi metodi,
utilizzando in particolare le tavole di integrali; si ricordi che non tutti gli integrali sono risolvibili.

Forma logaritmica

Se un integrale si presenta nella seguente forma:


Scritto da Renato Tassone
ovvero il numeratore è la derivata del denominatore allora esso sarà uguale a .

Integrazione di funzioni razionali

Gli integrali che rientrano nella forma:

sono integrali di funzioni razionali. Esistono varie metologie per la risoluzione di tali integrali.

La prima cosa da analizzare sono il grano del numeratore e il grado del denominatore.

Grado numeratore maggiore del Grado denominatore


Nel caso in cui il grado del numeratore sia maggiore del grado del denominatore si effettua la
divisione tra polinomi ottenendo il quoziente Q(x) e il resto R(x):

f(x) = g(x)Q(x) + R(x)

dalla quale ricaviamo

con R(x) polinomio di grado inferiore al grado n del divisore g(x). Perciò possiamo scrivere:

Il calcolo di una funzione razionale con numeratore di grado maggiore a quello del denominatore si
può sempre ricondurre al calcolo integrale di un polinomio e di una funzione razionale con
numeratore di grado inferiore al denominatore.

Grado numeratore minore del Grado denominatore


Calcolo di:

In questo caso distinguiamo tre casi in base allo studio del discriminante :

• ammette due radici reali distinte x1 e x2 dunque x2 + b1x


+ b0 = (x 3 x1)(x 3 x2).

Esistono dunque costanti reali tali che:


Scritto da Renato Tassone

A,B si determinano in base alla condizione:

Questa è equivalente alla:

che ammette un'unica soluzione (A,B). Poichè il determinate della matrice dei coefficineti:

Determinate A,B (risolvendo il sistema), si calcola:

• ammette due radici reale coincidenti x1 = x2 = x0 dunque x2 +


2
b1x + b0 = (x 3 x0)

Esistono due costanti reali tali che:

A,B si determinano in bae alla condizione

questa è equivalente:

che ammette un'unica soluzione (A,B). poichè il determinate della matrice dei
coefficienti è :

Determinate A,B si calcola:


Scritto da Renato Tassone

• non ammette radici reali. E' sempre possibile determinare


A,B tali che: .

L'uguaglianza precedente è equivalente a:

Il calcolo dell'integrale:

Si esegue nel seguente modo:

Integrazione per parti

Se f e g sono derivabili in [a,b] si ha

(fg)' = f'g + fg'

ossia

fg' = (fg)' + f'g.

Prendendo l'integrale indefinito di entrambi i membri ed osservando che si


trova la formula di integrazione per parti:

Dimostrazione
Osserviamo per prima cosa che gli integrali esistono per la continuità delle funzioni f e g prese in
esame. La funzione f(x)g(x) è derivabile e la sua derivata è f'(x)g(x) + f(x)g'(x).

Prendendo l'integrale indefinito dell'uguaglianza precedente si ottiene:


Scritto da Renato Tassone
Ricordando che a meno di una costante additiva si ha

da cui si ottiene la regola di integrazione per parti

Integrazione per scomposizione

L'intregrazione per scomposizione si rifà alla proprietà di linearità dell'integrale. Infatti dovendo

calcolare è talvolta più semplice scrivere f(x) = f1(x) + f2(x) + ... + fn(x) e sfruttare
l'uguaglianza:

Integrazione per sostituzione

Nel calcolo infinitesimale la regola di sostituzione costituisce un importante strumento per la


determinazione di integrali indefiniti e di integrali definiti. Essa è equivalente alla regola di
derivazione della composizione di funzioni.

Supponiamo che f(x) sia una funzione integrabile, e d(t) una funzione differenziabile con continuità
definita sull'intervallo [a, b] e la cui immagine è contenuta nel dominio di f. Allora

Questa formula si ricorda meglio usando il formalismo di Leibniz: la relazione x = d(t) comporta
dx/dt = d'(t) e quindi la conseguenza formale dx = d'(t) dt, che è precisamente la sostituzione
richiesta per dx. In effetti la regola di sostituzione può considerarsi come un ottimo sostegno della
bontà del formalismo di Leibniz per gli integrali e le derivate.

La formula è usata per trasformare l'integrale di una funzione nell'integrale di un'altra nella
prospettiva che questo nuovo sia più facile da determinare. La formula può essere utilizzata al fine
di semplificare un integrale dato, sia "da sinistra verso destra" che "da destra verso sinistra".

Esempi
Consideriamo l' integrale

Usando la sostituzione x = t2 + 1, otteniamo dx = 2t dt e quindi


Scritto da Renato Tassone
Qui usiamo la regola di sostituzione "da destra a sinistra". Si noti come il limite inferiore t = 0 viene
trasformato in x = 02 + 1 = 1 e il limite superiore t = 2 in x = 22 + 1 = 5.

Per l'integrale

occorre usare la formula da sinistra a destra: serve la sostituzione x = sin(t), dx = cos(t) dt, in quanto
e(1-sin2(t)) = cos(t):

L'integrale risultante può essere calcolato effettuando una integrazione per parti.

Integrali indefiniti
La regola di sostituzione può essere usata anche per determinare vari integrali indefiniti. Si sceglie
una relazione tra x e t, che determina la relazione corrispondente tra i differenziali dx e dt e consente
la sostituzione. Se si riesce a determinare il nuovo integrale indefinito, occorre successivamente
effettuare la sostituzione opposta.

Similmente al nostro primo esempio precedente, applichiamo il metodo per determinare il seguente
integrale indefinito:

Si noti che sono stati sottoposti a trasformazione integrali indefiniti e che nell'ultimo passo abbiamo
invertito la sostituzione originale x = t2 + 1.

Regola di sostituzione per variabili multiple


Si può anche usare la sostituzione quando si integrano funzioni in diverse variabili. Qui la funzione
sostituzione (v1,...,vn) = d(u1,...,un) deve essere uno a uno e differenziabile con continuità, e i
differenziali si trasformano secondo la formula

dove det(Dd) denota il determinante della matrice jacobiana che contiene le derivate parziali di d.
Questa formula esprime il fatto che il valore assoluto del determinante dei vettori dati uguaglia il
volume del parallelepipedo formato.

Più precisamente, la formula del cambiamento di variabili è precisata nel seguente enunciato.

Teorema Siano U, V insiemi aperti in Rn e d : U f V una funzione differenziabile biiettiva con


derivate parziali continue. Allora per ogni funzione con valori reali f su V integrabile
Scritto da Renato Tassone

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Tavola degli integrali più comuni


In base al Primo teorema fondamentale del calcolo integrale, il calcolo di suddetti integrali tramite
identificazione della primitiva viene effettuato attraverso algoritmi atti a far sì che la derivata del
risultato coincida con la funzione integranda. Questa pagina contiene una tavola degli integrali più
comuni. Queste formule sono equivalenti a quelle presentate nella tavola delle derivate. Per altri
integrali vedi Indici per la matematica#Tavole di integrali.

Qui C denota una costante arbitraria di integrazione che ha senso specificare solo in relazione a una
specificazione del valore dell'integrale in qualche punto.

Regole per l'integrazione di funzioni generiche

Funzioni razionali

Logaritmi

Funzioni esponenziali
Scritto da Renato Tassone

Funzioni irrazionali

Funzioni trigonometriche

Funzioni iperboliche
Scritto da Renato Tassone

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Tavola degli integrali indefiniti di funzioni


razionali
Scritto da Renato Tassone

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Tavola degli integrali indefiniti di funzioni


irrazionali
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

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Questa pagina contiene una tavola di integrali indefiniti di funzioni irrazionali. Per altri integrali
vedi Tavole di Integrali.
Scritto da Renato Tassone
Scritto da Renato Tassone

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Tavola degli integrali indefiniti di funzioni


esponenziali
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

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.
Scritto da Renato Tassone

Tavola degli integrali indefiniti di funzioni


logaritmiche
Questa pagina contiene una tavola di integrali indefiniti di funzioni logaritmiche. Per altri
integrali vedi Indici per la matematica#Tavole di integrali.

In questa pagina si assume che x sia una variabile sull'insieme dei reali positivi.
Scritto da Renato Tassone

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.

Tavola degli integrali indefiniti di funzioni


trigonometriche
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Integrali di funzioni trigonometriche contenenti solo sin


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Integrali di funzioni trigonometriche contenenti solo cos


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Integrali di funzioni trigonometriche contenenti solo tan

Integrali di funzioni trigonometriche contenenti solo sec

Integrali di funzioni trigonometriche contenenti solo csc

Integrali di funzioni trigonometriche contenenti solo cot

Integrali di funzioni trigonometriche contenenti sin e cos


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Integrali di funzioni trigonometriche contenenti sin e tan


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Integrali di funzioni trigonometriche contenenti cos e tan

Integrali di funzioni trigonometriche contenenti sin e cot

Integrali di funzioni trigonometriche contenenti cos e cot

Integrali di funzioni trigonometriche contenenti tan e cot

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Tavola degli integrali indefiniti di funzioni


iperboliche

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Tavola degli integrali indefiniti di funzioni


d'area

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Tavola degli integrali indefiniti di funzioni


d'arco
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Integrale improprio
Integrazione su intervalli illimitati
Sia continua. Poniamo:
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Se il limite esiste finito si dice che la funzione f è integrabile in e che 'integrale

è convergente.

Se il limite vale si dice che l'integrale è divergente.

Altrimenti si dice che l'integrale non esiste. --- Sia continua. Poniamo:

Se il limite esiste finito si dice che la funzione f è integrabile in e che 'integrale

è convergente.

Se il limite vale si dice che l'integrale è divergente.

Altrimenti si dice che l'integrale non esiste. --- Sia continua. Poniamo,
sfruttando la proprietà dell'additività :

dove c è un punto qualunque

Se il limite esiste finito si dice che la funzione f è integrabile in e che 'integrale

è convergente.

Se il limite vale si dice che l'integrale è divergente.

Altrimenti si dice che l'integrale non esiste.

Criteri di integrabilità all'infinito


Siano f,g definite nell'intervallo . Riprendendo la teoria dei limiti possiamo definire due
criteri importanti:

Criterio del confronto

Se allora si può avere:

• se g è integrabile in allora anche f è integrabile in


• se f è divergente in allora anche g è divergente in

Criterio del confronto asintotico


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Se e per x tendente ad infinito, allora f è integrabile se e solo se g è
integrabile.

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Tavola degli integrali definiti


Esistono molte funzioni integrabili la cui primitiva non si può esprimere in forma chiusa, cioè con
una espressione costruita con funzioni note. Tuttavia alcuni integrali definiti di queste funzioni
possono essere espressi in forma chiusa. La prima sezione di questa pagina ne presenta alcuni
esempi di uso comune.

Alcuni integrali definiti con funzione integranda dipendente da parametri individuano funzioni di
tali parametri che presentano elevato interesse e che quindi conviene considerare come funzioni
speciali caratterizzate da un simbolo e un nume: le definizioni di alcune di queste funzioni
costituiscono la seconda sezione di questa pagina.

Integrali definiti più comuni

(integrale di Gauss) o (Integrale di


Eulero)

(h denota la funzione Gamma)

(integrale ellittico), denota la funzione Beta

(integrali di Fresnel)
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Funzioni speciali da integrali trigonometrici e iperbolici


Integral seno e variante:

Integral coseno e varianti:

Integral seno iperbolico:

Integral coseno iperbolico:

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Somma di potenze di interi successivi


Un problema enumerativo di grande interesse riguarda la valutazione delle somme delle potenze di
interi successivi

dove m ed n denotano numeri interi positivi. Si osserva che la precedente espressione definisce una
successione a due indici interi a valori interi positivi, cioè una funzione dell'insieme
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.

Si dimostra facilmente in vari modi che

Risulta abbastanza agevole anche trovare che

Queste due formule si dimostrano senza difficoltà per induzione.

Si osserva che la somma delle potenze m-esime dei primi n interi positivi è data da un polinomio di
grado m+1 nella n a coefficienti razionali. In effetti Carl Jacobi nel 1834 ha dimostrato che questa
proprietà vale per tutti gli interi positivi.

Si osserva anche che, soprattutto se n è elevato, la valutazione delle somme effettuata mediante il
calcolo di questi polinomi è molto più agevole della valutazione effettuata servendosi direttamente
della definizione.

È quindi utile conoscere le espressioni dei polinomi relativi ai successivi valori n degli esponenti.

Le espressioni per i successivi valori di n furono individuate da Johann Faulhaber e pubblicate nel
1631 e una espressione generale, conosciuta come formula di Faulhaber è stata dimostrata da
Jacobi.

In questa e altre formule intervengono i numeri di Bernoulli ed i polinomi di Bernoulli


.

La tavola delle espressioni polinomiali prosegue per n = 4, 5, ..., 10 nel seguente modo:
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Equazioni differenziali
Una equazione differenziale di ordine n ha la forma:
, oppure, esplicitando rispetto a yn, yn=f(x,y,y',.......yn-1) .
E' quindi una equazione nella quale compaiono la x, la funzione y della stessa variabile e le sue
derivate fino a quella dell'ordine ennesimo.Una funzione y(x) è soluzione dell'equazione se la
soddisfa, cioè se
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.
Le soluzioni prendono il nome di integrali .Questi ultimi possono essere di due tipi integrale
generale e integrale singolare.
Quello generale è costituito da una famiglia di curve del tipo
,
ciascuna delle quali, integrale particolare, si ottiene per arbitrari valori reali delle costanti.
L'integrale singolare invece non si ricava da quello generale. Per meglio chiarire quanto affermato
consideriamo il seguente esempio. L'equazione differenziale del primo ordine

ha la famiglia di curve (in questo caso rette)

come integrale generale e la funzione

per integrale singolare.


Ciò si può facilmente verificare determinando la derivata prima e sostituendo.
Esistono vari tipi di equazioni differenziali. Una prima classificazione può essere fatta in base
all'ordine.
Possono essere del primo, del secondo, del terzo ordine ecc. Quelle che verranno esaminate e delle
quali saranno svolti degli esempi sono :
equazioni a variabili separabili;
equazioni lineari;
equazioni omogenee;
equazione di Clairaut;
equazione di Bernoulli.

Equazioni a variabili separabili

Una equazione si dice a variabili separabili se può essere ricondotta alla forma
y'=f(x)g(y) (1)

Per la soluzione si esprime y' come e si effettuano i calcoli che seguono:


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moltiplicando ambo i membri per dx si ottiene:

dividendoli per g(y) si ha:

e integrando i due membri si perviene a:

Quest'ultimo è l'integrale generale dell'equazione (1).


Esempio.

+c

Questa soluzione se si tiene conto delle proprietà delle potenze si può scrivere

cioè

(integrale generale)

Equazioni lineari del primo ordine

Una equazione lineare del primo ordine è del tipo


(1)
Per risolverla si considera l'equazione

che prende il nome di omogenea associata .


Si determina poi l'integrale generale di quest'ultima che può essere scritto come
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La costante si assume come funzione di x e la y si considera come soluzione della (1) .


Cioè si sostituiscono nell'equazione (1) la funzione

e la sua derivata prima.


Questo metodo prende il nome di variazione della costante arbitraria.

Esempio
Ci proponiamo di risolvere l'equazione

(1)
A tal fine consideriamo l'omogenea associata

il suo integrale generale, calcolato col metodo delle variabili separabili, è

Ora consideriamo la costante come funzione di x e calcoliamo la derivata

Sostituendo nella (1) otteniamo

e semplificando

c(x)=x+k

Sostituendo nella (2) si ricava l'integrale generale della (1)

y=(x+k)x

Al variare di k questa equazione rappresenta una famiglia di parabole.


Si lascia come esercizio la verifica della soluzione.
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Equazioni lineari a coefficienti costanti

Tralasciando quelle del I ordine risolvibili come nel caso precedente, vogliamo esaminare l'
equazione del II ordine a coefficienti costanti
(1)
L'omogenea associata è
. (2)
Assumiamo la funzione

come soluzione. Sostituendo nella (2) la funzione y e le sue derivate prima e seconda otteniamo:

Quest'ultima prende il nome di equazione caratteristica . L' omogenea associata ha integrale


generale, a seconda
che si abbiano due soluzioni reali e distinte, coincidenti o complesse coniugate, una delle seguenti
funzioni rispettivamente:

soluzioni dell'equazione caratteristica.


Si dimostra che se y è l'integrale generale dell'omogenea associata e Y uno particolare della
completa, la soluzione generale della (1) si può scrivere come
y*=y+Y

L'integrale Y si determina in base alla funzione f(x). Con f(x)= ,Y dovrà essere del tipo
, se invece f(x) è un plinomio di grado m, Y sarà un polinomio di grado s= n+m-k dove n
rappresenta l'ordine dell'equazione differenziale e k l'indice massimo dei coefficienti diverso da
zero. Gli indici si contano nell'equazione dal secondo coefficiente di sinistra.
Nel nostro caso a ha indice 1 e b 2.
Esempio

In questo caso s=2+2-2=2


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Sostituendo nell'equazione completa si ottiene:


2a-3(2ax+b)+2(a +bx+c)=
Eseguendo i calcoli si determina:
2a +(-6a+2b)x+2a-3b+2c=
Per l' identità dei polinomi si può srivere il sistema

la cui soluzione è

Pertanto l'integrale particolare della completa è:

e quello generale

Equazioni omogenee

Una equazione si dice omogenea se può essere espressa nella forma:

(1)
Per risolverla si pone:

da cui
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.
Si calcola la derivata prima

e sostituendo nell'equazione (1) si ottiene

Si è così trasformato la (1) in una equazione lineare.


Esempio

(2)

Sostituendo nella (2) i valri di y' e y si ricava

Integrando ambo i membri ed eseguendo i calcoli si ottiene l'integrale generale

Nelle ultime due si è posto 2c=k.


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Equazione di Clairaut
L'equazione di Clairaut ha la forma:
(1)
Derivando ambo i membri rispetto alla x, si ottiene

Per la legge di annullamento del prodotto dovrà essere:

Da y''=0 si ottiene:

Quest'ultima si ricava sostituendo c al posto di y' nella (1) e rappresenta l'interale


generale.
Eliminando la c dal seguente sistema si ha l'integrale singolare, sempre da verificare.

La seconda equazione si è ottenuta derivando la prima rispetto a c.


Esempio

( integrale generale)

Equazione di Bernoulli

L'equazione di Bernoulli si presenta nella forma:

Dividendo termine a termine per si ottiene:


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Si pone , da cui , e .
Sostituendo nell'ultima equazione ed effettuando i calcoli, si ricava:

(equazione lineare)
Esempio

Procedendo come nella teoria e svolgendo i calcoli, si perviene alla seguente equazione
lineare:

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