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I.

FUNZIONE E UTILITÀ DI UN ISTITUTO CHE GARANTISCA


I PRIVATI NELLA FASE PRECONTRATTUALE.

1. Cenni di analisi economica.

1.1. Considerazioni preliminari.

L’analisi economica del diritto EAL, dal suo acronimo inglese, è un

importante strumento di comprensione del diritto. Diversi sono gli scopi a cui

si presta e tanto maggiore può essere il ricorso che può farne il giurista a

seconda dell’ordinamento giuridico che si accinge a studiare o ad applicare.

Per meglio comprendere quanto appena detto, converrà, portando

l’esempio di due ordinamenti giuridici, quali quello italiano e quello

statunitense, in quanto saranno appunto questi i protagonisti della nostra

indagine, spiegare in pratica il differente grado di utilità che presenta l’EAL

se applicata a uno o all’ altro dei sopra menzionati ordinamenti giuridici. Ci

sono ordinamenti che meglio ricalcano lo schema concettuale sotteso a tale

strumento di indagine.

Le ricette dell’EAL sembrano funzionare impeccabilmente all’interno del

modello istituzionale statunitense, basti considerare che in nessun altro paese

l’EAL ha vissuto uno sviluppo paragonabile; in particolare, la penetrazione a

livello giurisprudenziale dell’analisi economica del diritto risulta assente in

qualunque altro contesto.

6
Il common law, diffuso nella tradizione anglo-americana, in quanto

contrapposto al diritto di origine legislativa e come diritto fondato sulle

decisioni dei giudici, pare adattarsi meglio di ogni altro all’utilizzo delle

tecniche dell’EAL. In tale ordinamento il sistema giudiziario si compone di

pochi giudici, scelti senza le procedure del concorso pubblico, ma in base alla

loro precedente carriera di avvocati. Al contrario il giudice di civil law è una

figura istituzionale disegnata soprattutto per compiere operazioni

ermeneutiche di routine sui testi legislativi. Il giudice di common law rimane

invece un personaggio in grado di compiere decisioni istituzionali rilevanti

anche in presenza di testi legislativi da interpretare, e nel fare ciò nulla vieta

che egli faccia ricorso a considerazioni di carattere più spiccatamente

economico.

1.2. EAL e la tradizione di civil law.

Da quanto appena detto sembrerebbe che la fruibilità del ragionamento

economico applicato al diritto, da parte dei tecnici della materia, all’interno di

un sistema civilistico, sia alquanto limitata. L’approccio romanista classico è

un approccio eminentemente ermeneutico: il diritto è incorporato nei testi

legislativi e il compito del giurista è quello di interpretare questi testi. Al

giurista, all’interprete, non è dato di compiere scelte, queste sono già state

fatte dalla legislazione; il giurista opera scelte limitate fra i significati

possibili lasciati aperti dal testo ma, sempre, nel rispetto di criteri

7
interpretativi autoritativamente fissati. Il diritto diviene un problema

prevalentemente linguistico e la parola calata nel suo contesto storico sociale

diventa la chiave di lettura di regole già codificate in modo spesso tanto

indeterminato quanto incompleto.

L’approccio dell’EAL che guarda alle conseguenze delle regole e le

seleziona in base alla loro desiderabilità, che indirizza le scelte del giudice in

base a criteri di efficienza, difficilmente sembra “calzare” gli spazi lasciati

aperti dai nostri codici. Data questa antitesi fondamentale tra l’approccio

romanista tradizionale e quello di Law and Economics, ci si può quindi

chiedere se quest’ultimo abbia un senso nei sistemi codificati di civil law.

Se ci fermiamo a riflettere su quanto appena detto, possiamo renderci

conto di come, in realtà, la mancanza di legittimità del ragionamento

economico in sede di interpretazione sia solo apparente. Infatti, sebbene il

giudice romanista legittimi le sue scelte in quanto frutto dell’interpretazione

di scelte fatte da altre autorità, in sostanza qualsiasi testo viene in realtà

riempito, a colmare le lacune presenti tra gli enunciati, per loro struttura rari.1

In tal modo l’interprete crea, legittimandosi però con l’asserzione che si tratta

di interpretazioni. Del pari, le scelte legislative sono in realtà delle scelte

essenzialmente incomplete e indeterminate, che richiedono, per essere

amministrate, un’opera di completamento da parte del giurista.

1
Cooter R., Mattei U., Monateri P.G., Pardolesi R., Il mercato delle regole: analisi economica del diritto
civile, Bologna, il Mulino (1999).

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In questo modo si può vedere come l’EAL si adegua perfettamente a

questo tipo di interpretazione, permettendo al giurista di svelare la dimensione

economica “delle parole della legge”.

1.3. Il ragionamento economico come completamento al

ragionamento giuridico.

Molte e differenti sono le occasioni di riflessioni che accompagnano la

norma giuridica. Abbiamo già visto come per il giurista una norma giuridica,

una decisione giudiziaria o una dottrina possono essere scelte o preferite, non

in quanto “più giuste”, ma in quanto “più efficienti”. La giustizia, tradizionale

obiettivo del giurista, viene ad essere un criterio di scelta ed una guida per il

giurista ormai superata, se considerata in modo distaccato dall’ambiente

istituzionale che la circonda, sempre più influenzato e determinato da fattori

di tipo economico.2 L’EAL propone, a questo proposito, di affiancare al

criterio della giustizia quello dell’efficienza. L’EAL insegna al giurista a

considerare e valutare i costi sociali di ciascuna regola e di qualsiasi scelta

istituzionale; insegna a vedere chi sopporta questi costi, quali sono i soggetti

che ne traggono vantaggio e quelli a cui ne deriva un sacrificio. Una regola

efficiente è quella regola che consente di raggiungere un certo obiettivo

sociale ad un prezzo più basso di quanto non lo consentano le possibili

alternative.

2
Cooter R., Mattei U., Monasteri P.G., Pardolesi R.; op.cit. alla nota 1.

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L’economia offre al giurista un ulteriore metro di valutazione di una data

scelta istituzionale, in quanto questa, per essere una buona scelta, dovrà anche

consentire un’ottima allocazione dei costi e benefici che procura ai soggetti a

cui è destinata.

Quanto appena detto risulta essere avvalorato dalle osservazioni che si

possono fare nel considerare la situazione del soggetto cui è destinata la

norma nel momento in cui si trova ad interagire con essa. Il privato cittadino

infatti considera il diritto, non come un insieme di precetti accompagnati da

sanzioni, ma come un insieme di incentivi ad attuare o meno determinati

comportamenti.3 I precetti giuridici impongono in tal modo una serie di

prezzi impliciti per i comportamenti degli individui. Soltanto quando il prezzo

di un dato comportamento sia sufficientemente alto da rendere per il soggetto

più conveniente non intraprenderlo, il precetto verrà osservato. Come in

qualsiasi situazione di mercato, il soggetto avrà la possibilità di comparare il

prezzo della disubbidienza al precetto con i possibili usi alternativi di quelle

risorse. Sceglierà dunque se ubbidire, disubbidire, sfidare la regola in corte,

recarsi all’estero per svolgere lo stesso comportamento, o quant’altro.

In conclusione volendo dare una regola generale, il ruolo dell’analisi

economica del diritto sarà, non tanto quello di indicare al giurista la risposta

esatta ad un problema giuridico.

3
Cooter R., Mattei U., Monasteri P.G., Pardolesi R.; op.cit. alla nota 1.

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L’EAL non deve sostituirsi ai tradizionali schemi logici che guidano

l’opera del giurista, ma dovrà affiancarsi a questi al fine di consentire al

giurista di prendere una decisione che sia una risposta ad una organica

pluralità di quesiti circa la convenienza della norma in esame.

Quello che ci accingiamo a fare in questo lavoro è quindi di presentare nel

modo più completo possibile il contributo che il dibattito dei

“giureconomisti” ha portato alla risistemazione dogmatica della responsabilità

precontrattuale in Italia e negli Stati Uniti. Il nostro punto di partenza sarà,

però, un’analisi di tale istituto scissa dal background istituzionale che

caratterizza ogni stato, il quale verrà considerato come una delle tante

variabili che vanno considerate nell’analisi di un qualsiasi fenomeno

complesso. Questo al fine di far emergere con maggior evidenza gli schemi e

le logiche microeconomiche protagoniste nella fase antecedente alla stipula di

un contratto.

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2. Trattative commerciali e contratto.

Prima che un contratto sia concluso, le parti dello stesso intrattengono una

serie di rapporti negoziali volti alla definizione del contenuto del futuro

accordo. Durante questo periodo le parti possono decidere se effettuare, a

seconda di quanto confidino nella futura stipula del contratto, degli

investimenti funzionali alla prestazione oggetto del contratto da concludere,

capaci di incrementare per le parti l’utilità che la prestazione in questo

contenuta procurerà alle stesse. Possiamo pensare ad esempio alle trattative

per la concessione di un prestito; il richiedente, confidando nel fatto che il

prestito gli verrà concesso, potrebbe anticipare degli investimenti ed

intraprendere un’operazione commerciale che, soltanto in seguito, una volta

ottenuto il finanziamento, potrà portare a termine. Allo stesso tempo il

creditore, prima di concedere il prestito, impiegherà tempo e risorse per

scoprire la convenienza e il rischio implicito dell’operazione. Questi

investimenti avranno l’effetto di incrementare il valore della transazione, ma,

nel caso in cui le parti non giungano ad un accordo, rappresenteranno delle

perdite per la parte che li ha sostenuti. Se l’accordo viene raggiunto, vi

saranno contenute le condizioni alle quali il surplus generato dall’affidamento

delle parti verrà tra queste suddiviso ( la ripartizione dello stesso dipenderà

dalla distribuzione della forza contrattuale relativa). Se le trattative falliscono

e l’accordo non viene raggiunto la legge dovrà determinare chi sarà a

sopportare le spese sostenute durante le trattative.

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Nel corso di questo capitolo cercheremo di verificare se l’imposizione di

doveri precontrattuali, in deroga al principio della freedom of contract,

comporti un aumento o una diminuzione di efficienza, e quali effetti

redistributivi siano connessi all’uno o all’altro regime. Il nodo concettuale

che intendiamo sciogliere con la nostra analisi è in quale misura il

comportamento opportunistico della parte che nulla ha dato, nei confronti di

chi ha invece compiuto investimenti preliminari, debba essere sanzionato.

Cioè in che misura sia giusto risarcire l’affidamento della parte che ha

confidato senza sua colpa nella serietà dell’intento a contrarre della sua

controparte. Poiché siamo in ambito precontrattuale, il recesso dalle trattative

rimane pienamente legittimo e non comporta il sorgere di alcun obbligo per il

recedente, in particolare nessun obbligo a contrarre. Non si può però

escludere che dalla relazione sociale instauratasi con la negoziazione dei

termini contrattuali, le parti abbiano generato un rapporto giuridicamente

rilevante meritevole di tutela e considerazione da parte dell’ordinamento

giuridico.

La regola del ristoro dei danni da affidamento impone, a chi si ritiri dalle

trattative senza una buona ragione, di risarcire l’altra parte dei danni riportati

per aver confidato nel buon esito della negoziazione. In termini economici,

una simile affermazione richiede alcune precisazioni.

Innanzi tutto, l’interesse negativo viene a volte valutato dalle corti quale

comprensivo delle opportunità perdute.

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La rilevanza di quanto appena detto sta nel fatto che potranno verificarsi

più o meno consapevoli sovrapposizioni tra interesse negativo e interesse

positivo alla conclusione del contratto. Ogni volta che ci si trova in un regime

di concorrenza perfetta, l’analisi economica dei rimedi contrattuali postula

l’eguaglianza dell’interesse positivo e negativo.4 Nelle sue versioni più

rigorose, invece, l’EAL mantiene ferma la distinzione tra le spese che una

parte abbia sostenuto perché fiduciosa della futura stipula del contratto, da un

lato, e, dall’altro, le occasioni parallele perdute nel corso delle trattative

infruttuose. Solo alle prime spetta propriamente la definizione di interesse

negativo: tutto il resto si sovrappone all’idea di interesse positivo.5

Analogamente in un regime di danni da affidamento i danni risarcibili

concernono solo gli investimenti specifici e non riciclabili: si ha affidamento

solo quando le spese sostenute non possono avere altro utilizzo se non

all’interno del contratto da stipulare. In conclusione, i danni da affidamento

consistono nei sunk cost, risorse perse perché specificamente connesse alla

sola trattativa in questione.

Date queste premesse, cercheremo ora di ricostruire un modello

giureconomico che analizzi, in termini formali, quanto la regola della

responsabilità precontrattuale appena descritta risponda a canoni di efficienza.

4
Kornauser L.A. An introduction to the economic analysis of contract remedies, Colo. Law rev (1986).
5
Shavel S. Damage mesure for bresch of contract ,Bell Journal of Econ. (1980).

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In particolare, cercheremo di verificare se una tale regola consente di:

1) Indurre le parti ad uno scambio di informazioni efficiente; queste

saranno motivate a condividere con la propria controparte le

informazioni di cui dispongono e da cui può derivare una stipula più

consapevole.

2) Spingere le parti a scegliere un livello efficiente di investimenti

prenegoziali, piuttosto che indurre i contraenti a spendere troppo perché

troppo sicuri della possibilità di recuperare comunque le spese

precontrattuali sostenute.

3) Addivenire ad un tasso efficiente di recesso precontrattuale: una tale

regola, essendo un disincentivo a rompere le trattative, farà conservare

alle parti la possibilità di abbandonare l’affare in vista di guadagni

alternativi.

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3. Induce un tasso efficiente di recesso dalle trattative?

3.1. Il recesso efficiente.

Come abbiamo detto all’inizio del capitolo, uno degli scopi dell’analisi

economica del diritto è quello di suggerire al giurista soluzioni giuridiche o

applicazioni delle stesse in chiave efficientistica. L’EAL si preoccupa di

promuovere norme giuridiche che consentano un’ottima allocazione delle

risorse impiegate in un determinato affare. A tal proposito, molto sviluppata è

la letteratura in materia di inadempimento efficiente. Ampio spazio è dedicato

dalle riflessioni dei giureconomisti alla scelta della misura dei danni da

inadempimento, capace di produrre un tasso efficiente di fedeltà alla

promessa contrattuale.6 Se prendiamo in considerazione la teoria

dell’inadempimento efficiente, vedremo come questa potrà tornarci utile

anche parlando della fase precontrattuale e del recesso di una parte dalle

trattative per la stipula di un contratto.

Nella sua versione più classica la teoria dell’efficient beach spiega che una

misura risarcitoria troppo elevata avrebbe l’effetto di indurre le parti a tener

fede alla promessa data anche quando il mercato consentirebbe una più

efficiente allocazione delle risorse impiegate in un determinato affare. Allo

stesso tempo, sanzionare l’inadempimento in misura eccessivamente ridotta

avrebbe l’effetto di indurre i soggetti impegnati in un contratto a rompere la

promessa data in modo più frequente di quanto sia consigliabile secondo

6
Pardolesi R, L’analisi economica e la disciplina del rischio contrattuale, in Pol. Dir. Pag 368 ss., (1978).

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logica economica. L’analisi economica suggerisce una regola di diritto che

preveda una misura risarcitoria capace di indurre il promettente ad ignorare la

promessa data, solo quando il valore generato da un impiego alternativo sia

maggiore di quello generato dal precedente contratto. Tale regola prevede che

l’inadempiente sia costretto a risarcire per intero l’interesse positivo della

controparte. In questo modo, il promittente verrebbe meno alla parola data

soltanto nel caso in cui i proventi del nuovo affare siano tali da coprire le

perdite derivanti dall’obbligo di risarcire l’interesse positivo della controparte.

Quanto appena detto ritorna utile nell’affrontare il problema del recesso

dalle trattative. Tanto il volontario inadempimento di una promessa oggetto di

un contartto, quanto l’abbandono di una trattativa in corso producono una

perdita economica, intesa quale posta negativa in una valutazione paretiana

dell’operazione.7 Questo disvalore è costituito tanto dai costi transattivi,

quanto dalle spese precontarttuali di entrambe le parti. In assenza di una

sanzione, però, la parte recedente avverte soltanto la propria parte di perdita, e

soltanto di questa terrà conto nel valutare la possibilita di contrarre con un

altro soggetto ad altre condizioni. Al fine di garantire assetti allocativi

globalmente più efficienti, sarà quindi necessario che alla parte recedente

venga fatto carico anche delle perdite subite dalla sua controparte.

Perché sia possibile assimilare l’inadempimento (efficiente) di un contratto

già perfezionato al recesso (efficiente) da trattative mai concluse, sarà

7
Caruso D., La culpa in contraendo: l’esperieza statunitense e quella italiana, Milano, Giuffrè (1993).

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necessario poter uniformare tali due modelli distinti attorno ad un unico

modulo variabile.8

3.2. Recesso efficiente e danni precontrattuali.

Il modello che ci consente di non dover più distinguere fra precontratto e

contratto è il calcolo probabilistico. Se pensiamo all’evento, adempimento di

un contratto concluso, tale evento avrà due probabilità differenti di verificarsi,

a seconda che le parti abbiano già raggiunto un accordo, oppure stiano

negoziando i termini dello stesso. Se pensiamo ad un contratto concluso, non

è azzardato dire che questo abbia una probabilità pari a 1 di essere adempiuto.

Certo, l’inadempimento in senso tecnico resta sempre possibile, tuttavia un

regime che garantisca al contraente deluso il risarcimento dell’interesse

positivo, consente di raggiungere lo stesso spostamento economico

inizialmente contenuto nel contratto.9

All’altro capo dello spettro probabilistico, può collocarsi l’ipotesi di

negoziazioni così informali da non consentire il sorgere di qualsiasi

affidamento circa la futura conclusione dell’affare. In questo caso, infatti, la

probabilità che dalle trattative si arrivi poi all’esecuzione del contratto da

stipularsi può dirsi uguale a zero.

8
Caruso D., op.cit. alla nota 7.
9
Viene trascurato lo scarto economico esistente tra realizzazione spontanea e coatta delle prestazioni
contrattuali dovuta alla presenza di maggiori costi transattivi nella seconda ipotesi.

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