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EDILIZIA
STORICA 1
Atti del Convegno di Studi
Castelli in Guerra
Dai contesti medievali alle fortificazioni del primo conflitto mondiale
a cura di
Annamaria Azzolini
11 Introduzione
Annamaria Azzolini
63 Dai castelli medievali ai forti moderni: la difesa del territorio nelle valli Giudicarie
Matteo Rapanà
77 Vie di comunicazione e linee di confine. Il controllo del territorio sul Garda settentrionale
Cinzia D’Agostino
151 Ossana, castello di San Michele. Testimonianze di cultura materiale dall’Alto Medioevo
alla Grande Guerra
Giorgia Gentilini
275 Per una lettura dell’evoluzione architettonica del castello-rocca di Rovereto nella
successione delle sue destinazioni funzionali
Giorgio Michelotti
Castelli e forti: esempi a nord e sud delle Alpi
301 Castelli, rocche e residenze nobiliari d’area tirolese durante la Prima Guerra Mondiale:
persistenze militari, utilità logistiche e destini post-bellici
Walter Landi
325 Fortificazioni e fortezze dal medioevo alla Grande Guerra nel Bellunese
e nell’Alto Trevigiano: un sapere geografico
Fernando Fiorino
Archivi e memoria
379 I castelli tirolesi nella pianificazione militare ottocentesca
Nicola Fontana
405 Paesaggi della memoria e memorie del paesaggio: la Grande Guerra degli architetti
e degli ingegneri
Massimiliano Savorra
441 Il castello di Rovereto da caserma a luogo della memoria. Forza, fragilità, conflitti
di una complessa costruzione culturale
Fabrizio Rasera
Abbreviazioni
Altre abbreviazioni
Abt. Abteilung (= sezione)
Arch. Archivio
cit. Citato
Fasz. Faszikel (= fascicolo)
KS Kartensammlung (= raccolta cartografica)
Kt. Karton (= scatola)
Ms. Manoscritto
N.d.C. Nota del Curatore
NFA Neue Feldakten (= nuovi faldoni)
Sc. Scatola
s.d. Senza data
La Chiusa di Serravalle-Chizzola.
Uso e riuso di un sistema fortificato
Annamaria Azzolini*
«Erano questi ripari fiancheggiati da Torri, e Castella, dentro alle quali 171
dimoravano i Soldati, che guardavano le angustie di quei passi. Chiamaronsi tali
fabbriche Clausure (…).
L’immagine che lo storico roveretano restituisce in poche righe tratte dalla sua “Idea della
storia della Vallagarina” è quella di un territorio che, ancora sul finire del XVIII secolo,
appariva profondamente caratterizzato dalla presenza di strutture fortificate.
«Torri, e Castella» situati in punti strategici, laddove la natura dei luoghi diviene essa stessa
parte integrante della fortificazione. Non sono i castelli che popolano l’immaginario
collettivo, ma complessi molto strutturati che appaiono spesso sgraziati tanto sono arditi
nel loro articolarsi, progettati proprio per seguire la morfologia del territorio, adattarsi alle
sue asperità, giungendo a fondersi con il paesaggio stesso. Le chiuse: presidi, punti di
controllo, barriere talvolta invalicabili, capaci di suscitare forti emozioni, anche in epoca
post medievale, tanto nei viaggiatori quanto nei cartografi che ne tracciano i contorni,
ponendo particolare attenzione proprio sulle strutture di contenzione2.
* In più occasioni nel corso degli anni ho avuto modo di illustrare gli esiti delle mie ricerche sulla chiusa di
Serravalle-Chizzola; per il convegno il tema è stato ripreso ed approfondito in particolar modo per quanto
concerne le trasformazioni apportate all’intero sistema fortificato in età moderna. Per la trattazione approfondita
sugli aspetti medievali della chiusa rinvio a: A. Azzolini, “Castrum Clusolae”. Il castello di Chizzola nella Bassa
Vallagarina. Analisi morfologica, materiali e tecniche costruttive, tesi di laurea specialistica, Università degli studi
di Padova, Facoltà di lettere e filosofia, relatore prof. G.P. Brogiolo, a.a. 2010-2011; G. P. Brogiolo, A. Azzolini,
Fortificazioni e chiuse nella Val d’Adige, in: APSAT 6. Castra, castelli e domus murate. Corpus dei siti fortificati
trentini tra tardo antico e basso medioevo. Saggi, a cura di E. Possenti, G. Gentilini, W. Landi, M. Cunaccia,
SAP Società Archeologica, Mantova 2013, pp. 41-60; A. Azzolini, Castrum Clusolae: un castello e il suo sistema
di chiusa. Morfologia, Materiali e tecniche costruttive, in: VIII Congresso Nazionale di Archeologia Medievale, a
cura di F. Sogliani, B. Gargiulo, E. Annunziata, V. Vitale, vol. 1, All’Insegna del Giglio, Firenze 2018, pp. 120-
124.
In questa sede desidero ringraziare Morena Dallemule, Pietro Dalprà, Nicola Fontana, Luca Gabrielli, Tommaso
Mariotti.
1
C. Baroni di Cavalcabò, Idea della storia e delle consuetudini antiche della Valle Lagarina ed in particolare del
Roveretano / di un socio dell’imp. reg. Accademia degli Agiati, [s.n.], Rovereto 1777, p. 167.
2
Per una panoramica esaustiva sulla rappresentazione delle chiuse situate lungo il corso del fiume Adige, oltre
alla bibliografia già citata nella nota di apertura, si veda: A. Azzolini, La chiusa della Pietra: un sistema di difesa
nel territorio “Lagarino”, in: I cavalieri dell’Imperatore. Tornei battaglie e castelli, a cura di F. Marzatico, J. Ram-
harter, catalogo della mostra, Castello del Buonconsiglio, Trento 2012, pp. 259-267; A. Azzolini, Castel Pietra.
Storia di un castello, di una chiusa, di pareti affrescate, Nozze Azzolini – Gobbi, Algarotti, Trento 2019. Sull’ico-
nografia delle strutture fortificate del territorio trentino si rimanda a: A. Azzolini, C. A. Postinger, S. Ferrari, L’ico-
172
Castelli del Tirolo storico
E sul loro compito, sulla capacità di connaturare il territorio come spazio fortificato si impone
una riflessione. Il contributo indaga il ruolo di una struttura di chiusa, quella di Serravalle-
Chizzola, la cui centralità, confermata dalle fonti di epoca medievale, non venne messa in
discussione nemmeno in età moderna, quando all’affacciarsi del primo conflitto mondiale,
fu necessario ripensare la difesa del territorio.
nografia dei castelli del Trentino, in: Possenti, Gentilini, Landi, Cunaccia, APSAT 6, cit., pp. 119-146.
3
Il dato toponomastico si registra già nel 1240 quando nella documentazione compare il sito de la Clozola; nelle
fonti successive si assiste ad una variazione costante del toponimo che assume agli inizi del Quattrocento la
forma pressoché attuale: ad Cloçolam (1289), terra della Cloçola (1340), in villa Cluzzole (1384), in villa Chizzole
(1385), de villa Chizzolae (1410). Cfr.: A. Giammarinaro, Commento al foglio XIII “I nomi locali del roveretano”,
Atlante toponomastico della Venezia Tridentina, Istituto di glottologia dell’Università, Firenze 1952, p. 22; Azzolini,
Castrum Clusolae: un castello, cit., p. 121.
La chiusa definita Clausoria Tridentina in un documento trecentesco, perduto e noto
attraverso rimandi archivistici4, appare costituita in sinistra Adige dal castello di
Serravalle, sul versante opposto dal castello di Chizzola e dal sovrastante castel S.
Giorgio o Sajori.
L’area che fu interessata da frequentazione almeno dall’età romana5, va considerata in
relazione alla viabilità antica ed inserita in un sistema più ampio di controllo del territorio
che avveniva attraverso una “cintura” di castelli, localizzati sulle pendici del Baldo6.
Oggi risulta difficile, in questo tratto della valle, percepire il paesaggio antico profondamente
modificato con la rettifica del fiume e la costruzione di opere imponenti per la
regimentazione delle acque7; a ciò si aggiunga la realizzazione della cosiddetta strada
imperiale, scavata nella roccia verso il 1850, un nuovo tracciato che ha in parte obliterato
i camminamenti storici. In epoca antica, la presenza del corso d’acqua, aveva infatti
determinato la necessità di impostare i tracciati viari ad una quota elevata rispetto al
fondovalle, spesso interessato da esondazioni; di queste stesse vie attualmente si
173
conserva il dato toponomastico e nell’ uso comune sono dette appunto strade romane. Si
tratta di percorsi, in parte rintracciati nei survey condotti in occasione del censimento delle
strutture castellane dell’area, che conducono agli edifici superstiti della chiusa8.
4
S. Meneghini, Serravalle, Chizzola, S. Margherita. Tre paesi un destino, “I Quattro Vicariati”, 65 (1989), p. 85.
5
Le prime attestazioni sono riferibili all’età del bronzo recente e del ferro, ma decisamente più rappresentativa
è la documentazione archeologica riferibile all’età romana. Cfr.: S. Zamboni, La documentazione archeologica,
in: Dizionario Toponomastico Trentino. I nomi locali di Ala Avio, a cura di L. Flöss, Provincia autonoma di Trento,
Trento - Servizio beni librari e archivistici, Trento 1999, pp. 31-33.
6
La catena del Baldo si pone qui come nodo di comunicazione tra la pianura veronese, le Alpi tridentine, la val-
lata dell’Adige e il bacino gardesano. Non è quindi casuale la concentrazione di castelli nell’area: Dosso Mag-
giore, Terodoi, Zengulo e Castione nel territorio di Brentonico; Sajori o San Giorgio, Chizzola e Serravalle nel
comune di Ala, Pènede a Nago-Torbole, sull’altro versante Albano, Gardumo, Gresta, Grumo e Nomesino. Cfr.:
Brogiolo, Azzolini, Fortificazioni, cit., p. 55.
7
F. Menna, L’ Adige e la pianificazione, in: L’Adige. Il fiume gli uomini la storia, a cura di E. Turri, S. Ruffo, Cierre,
Verona 1992, p. 135.
8
Nel corso del 2012 la scrivente al fine di predisporre le schede del corpus dei siti fortificati, realizzate nell’ambito
del progetto provinciale A.P.S.A.T. (Ambiente e Paesaggi dei Siti d’Altura Trentini), ha condotto un’indagine sul
territorio interessato dai castelli della chiusa di Serravalle-Chizzola. In tale occasione è stato possibile rintracciare
alcuni percorsi antichi. Per un approfondimento si veda: A. Azzolini, Castello di Serravalle. Scheda, in: APSAT
5. Castra, castelli e domus murate. Corpus dei siti fortificati trentini tra tardo antico e basso medioevo. Schede
2, a cura di E. Possenti, G. Gentilini, W. Landi, M. Cunaccia, SAP Società Archeologica, Mantova 2013, pp. 17-
19; Ead., Castel Sajori - Castel S. Giorgio. Scheda, in: Ivi, pp. 20-25; Ead., Castello di Chizzola. Scheda, in: Ivi,
pp. 26-30.
9
ASTn, APV, Sez. Lat. c.37, n. 16.
C. Ausserer, Regesti castrobarcensi dall’archivio dei conti Trapp, Fonti di storia trentina. Documenti e regesti,
10
11
B. Bonelli, Notizie istorico-critiche intorno al B. M. Adalpreto vescovo e comprotettore della Chiesa di Trento,
II, Monauni, Trento 1761, p. 667.
12
Azzolini, “Castrum Clusolae”, cit., p. 212, con bibliografia precedente.
13
Meneghini, Serravalle, cit., p. 85; A. Gorfer, I castelli del Trentino. Guida, vol. 4, Arti Grafiche Saturnia, Trento
1994, p. 808.
14
Per un approfondimento sull’importante attività di Mathias Burglechner (1573-1642), funzionario del governo
dell’arciducato dell’Alta Austria di Innsbruck, autore di diverse opere di storia e di corografia regionale del Tirolo,
si veda: W. Beimrohr, Mathias Burglechner: funzionario, storico e cartografo, “Studi Trentini. Storia”, 95 (2016),
1, pp. 171-192.
175
Quest’ultima torre appare inserita nel piccolo borgo dove si riconosce la chiesa ed il suo
campanile (un’area attualmente identificata dal toponimo castèl); sul fiume compare un
punto di attraversamento, sottolineato dalla presenza della zattera- traghetto e dalla fune
tesa, che collega costa a costa (fig. 3).
Le recenti indagini hanno permesso di individuare il sito dove si conservano parte delle
strutture pertinenti al castello superiore15. La torre a pianta quadrata – con lati di circa 6,30
m – si presenta fortemente rimaneggiata in epoca moderna, tanto che se ne conserva il
solo basamento (fig. 4), ma nonostante gli interventi massivi attuati nel corso della
rifortificazione dell’area, è stato possibile individuare porzioni di muratura pertinenti ad una
prima cinta di forma elittica, situata in posizione elevata rispetto al fossato che la circonda
e di un secondo possibile circuito murario, ad essa collegato.
La seconda cinta è documentabile per un tratto di circa 20 m: si divide in due tronconi
paralleli, con muratura, legata in malta di calce, dello spessore di circa 0,75 m, che crea
un camminamento largo poco meno di un metro.
Le evidenze superstiti del castello di Serravalle, ed in modo particolare i tratti murari del
camminamento, trovano una corrispondenza stringente con quanto viene documentato
nella carta dell’Almagià, un elemento questo di grande suggestione, soprattutto se si tiene
conto delle modalità di rappresentazione proprie della cartografia storica16.
Sull’altro versante, collocato in altura su un estremo crinale che si affaccia sopra l’abitato
della Villetta, è situato Castel Sajori o San Giorgio17, la fortificazione della chiusa con il più
15
Localizzazione del sito: IGM (Tavoletta: Ala. N. foglio: 36. Sigla quadrante: III N.O.). Coordinate Gauss-Boaga
X: 1656448,6; y: 5075449,9.
Sull’immagine dei castelli nella cartografia storica e sulle modalità delle loro rappresentazioni, si veda: Azzolini,
16
contrazione Sajori. Cfr. Meneghini, Serravalle, cit., p. 88. Sarebbe invece da ritenersi un toponimico, derivato
dai Sejano di Arco, il nome del castello nell’interpretazione di Luigina Chiusole. Cfr. L. Chiusole, Castel Sajori
(S. Giorgio), Centro culturale, Isera 1960, pp. 13-14.
18
R. Zotti, Storia della Vallagarina, I, (1862), ristampa anastatica, Forni, Bologna 1969, p. 98.
19
A. Vedovello, Il testamento di Guglielmo il Grande del 1319, in: Una dinastia allo specchio: il mecenatismo
dei Castelbarco nel territorio di Avio e nella città di Verona, a cura di E. Napione, M. Peghini, La Grafica Mori,
Rovereto 2005, p. 159.
20
A. Zieger, Un urbario dei Castelbarco di Rovione, Monauni, Trento 1928 (Fonti di storia trentina. Documenti
e regesti).
21
R. Brown, a cura di, Itinerario di Marin Sanuto per la terraferma veneziana nell’anno MCCCCLXXXIII, Tipo-
grafia del Seminario, Padova 1847, p. 94.
22
ASTn, APV, Sez. Lat., c. 33, n. 11.
23
Gorfer, I castelli, cit., p. 699.
Fig. 5. I ruderi di Castel San Giorgio, versante occidentale, visti dal sottostante “Zèngio de le Af”.
Del castello oggi si conserva solo un tratto di muratura, coronata da merli alla ghibellina
(fig. 5), situata ad ovest sul limite estremo del dosso e un fondotorre, riadattato in occasione
della rifortificazione moderna dell’intero sito. L’indagine compiuta nel 2012 – nell’ambito
del già citato progetto A.P.S.A.T. – aveva permesso alla scrivente di rintracciare l’area oc-
cupata dalla fortezza antica, che doveva estendersi per non più di 1800 mq.
Un perimetro murato racchiudeva due grandi settori dall’articolazione molto semplice: a
nord-est doveva trovarsi il mastio, mentre a sud-est erano presenti tre vani distinti, uno dei
quali interpretato come ambiente di rappresentanza, per l’esistenza di una grande apertura
con modanatura trilobata. I paramenti conservati in alzato hanno portato all’individuazione
di due momenti distinti della vita del castello, con fasi di tamponamento, sopraelevazione
e rafforzamento delle murature, interventi questi che forse sono da mettere in relazione
ad una mutata funzione del sito stesso24.
L’analisi delle strutture ha consentito inoltre di mettere in luce un elemento di particolare
interesse, localizzato sul paramento interno, nel tratto occidentale della muratura, in uno
degli ambienti individuati: si tratta di una sorta di “nicchia” intonacata, che si imposta ad
una quota di circa 1.80 m dal piano pavimentale antico, e che potrebbe essere messa in
relazione alla presenza di un edificio di culto interno alla fortificazione25.
Cardine dell’intero sistema di chiusa deve essere considerato il castello di Chizzola, quel
Castrum Clusolae che le fonti documentarie menzionano in un momento tardo rispetto
all’incastellamento della bassa Val di Lagaro. è di fatto nominato per la prima volta nel
1270, quando avviene la divisione dei beni tra i cinque figli di Azzone di Castelbarco; la
quarta parte è costituita dal «Castrum S. Jorii, et Castrum Clusolae, et Sosinallum cum
omnibus suis habitantibus et redditibus; item Castrum Serravallis cum toto eo, quod pertinet
24
Per l’analisi dell’alzato delle strutture murarie superstiti, si rimanda a: Azzolini, “Castrum Clusolae”, cit., pp.
198-207.
25
Gorfer, I castelli, cit., p. 686.
ad dictum Castrum (…)»26, ovvero da tutti gli edifici fortificati del complesso della chiusa,
con le relative pertinenze.
Entrati in possesso di questo castrum, i Castelbarco controllano tutti i castelli della chiusa,
e non è un caso che agli inizi del Trecento Guglielmo il Grande, quale podestà di Verona,
acquisisca il controllo dello sbarramento di Ceraino, e successivamente, ottenuti i diritti e
le pertinenze sui castelli della Pietra e di Beseno, governi anche la chiusa di Calliano27.
Nel già citato testamento di Guglielmo, stilato in una prima versione il 28 giugno 1316 e in
una seconda il 13 agosto 1319, è menzionato il «castrum seu turrim Chizzolle» a riprova
che il castello era stato riconfermato tra i possessi castrobarcensi28.
Alla morte di Guglielmo, nel 1357, il feudo di Chizzola passa ai suoi figli e, qualche
decennio più tardi, tutti gli edifici della chiusa vengono tenuti dal nipote Azzone Francesco.
La natura dei rapporti tra il potente casato lagarino e la Serenissima appare chiara qualche
anno più tardi, quando tutti i beni castrobarcensi passano alla Repubblica di Venezia: il ca-
stello di Chizzola viene occupato ed i veneziani lo presidiano. Del castello si ha poi notizia in
178
un documento di carattere civile, ossia un atto con cui Guglielmo di Betta di Tierno si aggiudica
– ad un’asta di beni castrobarcensi situati nella Bassa Vallagarina, tenuta dalla Serenissima
nel 1434 – un lotto comprendente «i muri ossia la torre inabitata che è sopra Chizzola29.
Castelli del Tirolo storico
Nel 1487 il capitano Roberto da Sanseverino, ammassa il suo esercito alla chiusa di
Serravalle-Chizzola, ma non è noto un coinvolgimento diretto del complesso castellare
nella guerra roveretana30. Un successivo ripristino del sistema avvenne nel 1508, quando
Giorgio Emo, inviato dal senato veneto, fece fortificare tutti i castelli di chiusa, a partire da
quella veronese, fino a Serravalle e Chizzola; un presidio che ebbe vita breve, dato che
l’anno seguente le truppe di Massimiliano I lo conquistarono.
Il castello di Chizzola, in questo momento sembra aver perso il ruolo di fortificazione, tanto
che le fonti, ed in particolare un nuovo documento prodotto sempre a seguito degli affari
di Guglielmo di Betta, restituiscono l’immagine di un sito su cui vanno ad impostarsi abita-
zioni e spazi a carattere rurale31; un degrado che, ancora una volta, la “Memoria de tutti i
castelli” sottolinea: «uno castello in la Chizuola nominato il Castello alla Chizuola ruinato»32.
Così l’unica fonte iconografica ad oggi nota della fortificazione, realizzata da Johanna von
Isser Grossrubatscher nei primi decenni dell’Ottocento, fissa con l’abile “punta d’argento”,
un aspro paesaggio montuoso solcato dai ruderi della chiusa, in cui è ancora possibile
riconoscere il lungo murazzo del castello di Chizzola che arriva a lambire il borgo della
Villetta (fig. 6).
Dall’immagine si coglie un altro dettaglio interessante, che purtroppo ora non trova riscontro
sul territorio, ma di cui si ha notizia nel noto e più volte citato testamento di Guglielmo il
Grande: al di sotto dello sperone roccioso, laddove prende avvio il “murazzo”, sono
tratteggiati due elementi che ricordano nelle forme delle torri, decisamente non imponenti
se rapportate alle strutture superstiti del castello, ma certamente ancora ben presenti tanto
da attirare l’attenzione dell’abile illustratrice.
26
Baroni di Cavalcabò, Idea della storia, cit., doc. n. 61, p. 259.
27
Azzolini, Castrum Clusolae: un castello, cit., pp. 120-121, con bibliografia precedente.
28
Vedovello, Il testamento, cit., p. 159.
29
Ms. 92 (dd. 19 novembre 1434), Archivio storico, BCRov. Nel documento si chiarisce che Guglielmo di Betta
si aggiudica tutte le decime, compreso il diritto, della Villa di Chizzola, unitamente a tutti i beni che la Serenissima
possedeva a Chizzola, compresa la muraglia e la torre che stava sopra l’abitato.
30
Azzolini, Castrum Clusolae: un castello, cit., p. 123.
31
Ms. 468 (dd. 15 marzo 1510), Archivio storico, BCRov. Cfr.: Azzolini, “Castrum Clusolae”, cit., p. 24.
La medesima situazione è documentata anche nelle fonti settecentesche, in particolare negli estimi riferibili a
Chizzola, che descrivono il sito come un’ area agricola posta su più livelli, sassosa e difficile da coltivare; una
presenza quella dei terrazzamenti, oggi scomparsi, restituita in maniera chiara dall’immagine lidar. Si veda:
Azzolini, Castrum Clusolae: un castello, cit., p. 121.
32
ASTn, APV, Sez. Lat., c. 33, n. 11.
179
L’articolazione del complesso vede una grande struttura “a recinto” che occupa una
superficie di circa 2.400 mq, con una pianta sostanzialmente rettangolare, di cui si conserva
in elevato solo un tratto del perimetro con orientamento nord-nord/ovest; al di sopra del
castello sono localizzate due torri, collegate tra loro da un tratto di muratura. Alcuni elementi
strutturali della chiusa sono in parte inglobati negli edifici del borgo sottostante, nucleo
satellite della fortificazione attraverso cui doveva avvenire il transito, una volta superato il
punto di controllo nel presidio superiore33.
Oggi il castello di Chizzola si presenta in avanzato stato ruderale, a cui si aggiunge una
densa rinaturalizzazione del sito, un elemento questo che ha in parte obliterato le murature
supersiti, tanto che la lettura degli alzati si è resa possibile solo con la produzione di
fotopiani ottenuti dalla fusioni di immagini storiche con le attuali (fig. 7). L’indagine sul
costruito è stata condizionata inoltre da molti elementi di criticità, primo fra tutti la mancanza
delle quote reali dei piani di calpestio e degli elevati. Tuttavia la campionatura delle
murature, dei litotipi, delle tecniche costruttive, l’analisi di tutti gli elementi architettonici
significativi e la ricerca di confronti con strutture fortificate morfologicamente simili, ha
permesso alla scrivente di individuare quattro macro fasi costruttive.
Periodo I, XI secolo [?]: all’impianto primigenio risale la muratura della parte bassa della
cinta realizzata con pietre di raccolta, grossolanamente spaccate e poste in opera a corsi
sub-orizzontali con zeppe in materiale lapideo. Una tecnica utilizzata anche per costruire
le due torri poste immediatamente al di sopra del castello. Si trattava di una struttura
essenziale, con un impianto generale del sito caratterizzato dalla presenza di un “recinto”
controllato da un castello superiore con funzione di presidio territoriale, sorto probabilmente
per volontà di un funzionario regio34.
33
Sulla conformazione del borgo, sugli elementi individuati, sul possibile collegamento con il castello superiore
e la viabilità si veda: Azzolini, “Castrum Clusolae”, cit., pp. 235-244.
34
W. Landi, L’incastellamento di fronte al diritto feudale. Il caso dell’episcopato di Trento fra XII e XIII secolo,
“Geschichte und Region/Storia e Regione”, 24 (2015), pp. 97-155.
Fig. 7. Castello di Chizzola. Fotopiano del prospetto nord-ovest, fronte esterno.
Periodo II, ante primo quarto del XIII secolo: a questa fase risale il sopraelevamento della
cinta, come dimostrerebbe l’esistenza di una grande discontinuità che segue la muratura
lungo tutto il pendio nel tratto nord-ovest. Per la nuova costruzione vengono impiegati
ciottoli di fiume e detrito di falda, ma rimane immutata la tecnica di posa in opera.
Periodo III, primo quarto del XIII secolo: a questo momento è da far risalire un cambio
importante nella fisionomia del castello. Sul tratto di cinta (nord-nord/ovest), ancora oggi
conservato, viene inserito in rottura un grande portale ad arco a tutto sesto con cardini in
pietra, realizzato in rosso ammonitico nella variante del bianco, una tipologia architettonica
questa che trova puntuali riscontri in ambito trentino, databili agli inizi del XIII secolo.
Al medesimo momento costruttivo risale la realizzazione della torre che si imposta al di
sopra del portale, e che propone angolate e stipiti nelle feritoie, approntati sempre in rosso
ammonitico. Nell’angolata destra della torre, permane la traccia di un merlo, una chiara
evidenza di una successiva fase di innalzamento del paramento.
Periodo IV, ultimo quarto del XIII secolo: è un momento importante per la vicenda
costruttiva del castello, probabilmente da mettere in relazione con l’acquisizione della
fortificazione da parte dei Castelbarco. Avviene un ripensamento dell’intera articolazione
del sito, e compaiono caratteri residenziali, leggibili sulle strutture conservate. La cortina
perimetrale viene nuovamente innalzata e dotata di merli a coda di rondine; sul prospetto
interno in appoggio al paramento, vengono realizzati una serie di ambienti, su più livelli,
tra loro comunicanti. Alcuni di questi vani vengono intonacati e all’arriccio si sovrappone
un finimento, liscio di color bianco, che presenta una stilatura dei giunti ad imitazione della
muratura sottostante. è possibile che in questo periodo vengano realizzati una serie di
edifici, che vanno ad impostarsi all’interno del recinto; tracce presenti sui prospetti murari,
lascerebbero intuire l’esistenza di altri annessi con funzioni di sevizio35. Sulla base dei soli
elementi individuati è stato possibile formulare un’ ipotesi ricostruttiva del complesso (fig.
8), che tuttavia non tiene conto della possibile presenza di strutture perdute – come quelle
riportate nel disegno ottocentesco – o tuttora obliterate dallo strato di terra riportata per la
realizzazione dei terrazzamenti agricoli.
Su questo sito permangono ancora molti punti oscuri, e tra i tanti rimane da chiarire il ruolo
della fortificazione in epoca precedente l’incastellamento che interessa il territorio trentino.
Considerata la frequentazione antica dell’area e la singolare morfologia dei luoghi, non
sarebbe ardito pensare all’esistenza precoce di un sistema di sbarramento, riorganizzato
nel Basso Medioevo, un’ipotesi suggestiva sostenuta dalle evidenze emerse in altri contesti
di chiusa36, che solo un’indagine archeologica mirata potrebbe avvalorare.
181
Fig. 8. Il castello di Chizzola, così come doveva apparire sul finire del XIII secolo. Ipotesi ricostruttiva.
Per l’analisi dei prospetti, dei materiali, delle tecniche costruttive adottate al castello di Chizzola si rimanda a:
35
Tra il 1866 e gli anni immediatamente precedenti lo scoppio del primo conflitto mondiale,
Castelli del Tirolo storico
l’area su cui sorgeva l’antica chiusa fu inserita – a più riprese – nei progetti di rifortificazione
predisposti dall’autorità militare asburgica, a riprova che quei territori strategici avevano
mantenuto inalterata la loro valenza difensiva/offensiva.
La nuova pianificazione voluta dallo Stato Maggiore prevedeva due ipotesi alternative,
portate avanti in momenti diversi, ovvero la realizzazione di uno sbarramento posto
trasversalmente alla valle dell’Adige, una sorta di “tagliata” che doveva costituire un forte
permanente, oppure l’approntamento di opere campali, organizzate in capisaldi con campi
trincerati, postazioni per l’artiglieria e la fanteria. Opere queste, che per le ridotte
disponibilità finanziarie dell’impero e il continuo mutare degli obiettivi prioritari, non furono
mai realizzate o, come si vedrà, lo furono solo in modo parziale38.
Nel maggio del 1911 il Capo di Stato Maggiore Franz Conrad von Hötzendorf, in accordo
con il Ministero della guerra aveva impartito, al comando del 14° Corpo d’armata, l’ordine
di predisporre dei progetti per una vasto territorio, tra cui figurava l’area di Serravalle e la
Villetta di Chizzola39.
dans le monde méditerranéen au Moyen Âge, a cura di J. M. Poisson, École Française de Rome, Casa de Ve-
lázquez, Roma 1992, pp. 201-210. Sulla chiusa di Salorno e sulla possibile origine tardo antica, si rimanda a: W.
Landi, Haderburg. Il castello di Salorno, Schnell & Steiner, Regensburg 2010.
37
Dal “Promemoria dei lavori eseguiti dalla 1^Armata”, 3 dicembre 1915. I.S.C.A.G., faldone 505, cartella 3.
38
Tra il 1880 e il 1884 una commissione, composta dai colonnelli Mossig, Jesser e Bolfras, voluta dal
feldmaresciallo Franz Thun-Hohenstein aveva individuato un terrazzamento posto sopra la Villetta di Chizzola, un
colle situato a nord-est di Serravalle, e un altro a nord dell’abitato di S. Cecilia dove realizzare delle fortezze con
azione di tiro sul rovescio; tuttavia il progetto venne abbandonato tenuto conto dell’asperità dei luoghi da una parte
troppo esposti all’azione del fuoco nemico, dall’altra soggetti alla minaccia del distacco delle rocce soprastanti. Il
tema della pianificazione della fortificazione austriaca nel Tirolo meridionale nelle fasi che precedettero il primo
conflitto mondiale è stato ampliamento ed esaustivamente illustrato da Nicola Fontana al cui volume si rimanda:
N. Fontana, La regione fortezza. Il sistema fortificato del Tirolo: pianificazione, cantieri e militarizzazione del territorio
da Francesco I alla Grande Guerra, Osiride, Rovereto 2016. Si confronti anche il paragrafo Castelli e pianificazione
militare asburgica tra Ottocento e Novecento, nel contributo di Fontana in questo stesso volume. Per un
approfondimento sulla militarizzazione dell’area di Serravalle-Chizzola nelle fasi immediatamente precedenti il
conflitto e, a guerra avviata, si consulti il lavoro di Tiziano Bertè, Guerra di mine sul Monte Zugna «Trincerone»,
Osiride, Rovereto 2013. Per le dinamiche storico-militari, e un censimento delle opere campali ancora rintracciabili
nell’area, in particolare nei settori settentrionale (Serravalle, Zugna, S. Margherita) e occidentale (S. Lucia, Villetta,
Sajori, Cornalè, Vignola, Pilcante) si rinvia al lavoro inedito di Francesca Bertè, Narrare il paesaggio fortificato
alense: la riscoperta delle sue tracce documentarie e materiali, Premio “Luigi Delpero”, 3a edizione (2016),
consultabile presso l’Archivio storico della Biblioteca comunale di Ala.
39
Fontana, La regione fortezza, cit., pp. 268-269.
183
Da una nota inviata da Conrad al Ministero, nell’ottobre dello stesso anno, contenente
un sollecito per l’assegnazione di finanziamenti, si apprende che i lavori di costruzione
delle opere fortificate a Serravalle e alla Villetta non erano ancora stati avviati40.
Difatto il progetto per la realizzazione dello sbarramento di Villetta – che avrebbe implicato
l’acquisto del terreno sul quale insisteva il castello e le abitazioni situate nelle sue
immediate vicinanze a fronte di un ingente esborso di denaro – fu abbandonato, con
inevitabili ripercussioni e ritardi sul piano di fortificazione generale del settore Adige-
Vallarsa41.
Agli inizi del 1912 la costruzione dello «sbarramento della valle dell’Adige in quanto barriera
di sicurezza per le operazioni offensive in direzione delle Venezie»42 fu ritenuta prioritaria
e in quest’ottica fu proposto un nuovo piano che prevedeva l’edificazione dei forti Cornalè
e Santa Cecilia in destra Adige, Serravalle e Coni Zugna, sull’altro versante. Tuttavia solo
qualche mese più tardi l’assetto fortificato previsto, subì una nuova variante, come
risulterebbe nello Schizze mit den Bauverbotsrajonen der Etsch-Arsa Sperren43 (fig. 9),
40
Ibidem, nota 266.
41
Ivi, p. 403.
42
Ivi, p. 261.
43
ÖStA, KA, fondo K.u.k. Geniedirektion Riva, Kt. 52 “Etsch-Arsasperre”.
184
Castelli del Tirolo storico
Fig. 10. “Abschnitt Etschtal”, Sezione della Valle dell’Adige. Ottobre 1914.
una mappa predisposta dalla K.u.K. Geniedirektion di Riva, datata agosto 1912, dove
risulta essere già stata superata l’idea di un forte a Santa Cecilia, nelle cui vicinanze era
previsto solo un blocco stradale, ma veniva ancora proposta la realizzazione delle altre tre
fortificazioni permanenti.
Ancora una volta la previsione dei costi, stimati in 16 milioni di corone per il solo
sbarramento Adige-Vallarsa, confermarono l’insostenibilità dei progetti, e ciò portò ad un
ulteriore revisione del piano di fortificazione dell’area. Nel gennaio del 1913 Conrad, tornato
ai vertici dello Stato Maggiore, manifestava la necessità di intervenire a Serravalle con la
realizzazione di un caposaldo.
La prevista costruzione di un forte sullo Zugna e di uno sul Monte Vignola, situato sull’altro
versante, quali fortificazioni preposte al controllo della Bassa Vallagarina, aveva infatti
evidenziato la necessità di realizzare una serie di postazioni che potessero controllare
efficacemente quei tratti della valle rimasti “scoperti” dalla sorveglianza delle due opere
permanenti. Per tal motivo l’esercito austro-ungarico stava costruendo numerose casematte,
opere queste progettate per resistere ai colpi delle granate di medio calibro e destinate ad
ospitare un corpo di guardia, ed in particolare se ne era prevista la realizzazione di quattro,
situate nell’intervallo tra la cima del monte Zugna e il crinale che scende verso Serravalle44.
Per un continuo altalenarsi tra revisioni e ripensamenti sui progetti di fortificazione di
quest’area, solo due tra le previste casematte furono effettivamente costruite: la prima fu
realizzata a monte del sito medievale di Serravalle, in località Fonda, a quota 696 m,
44
Bertè, Guerra di mine, cit. pp. 27-28.
mentre la seconda fu posizionata
proprio sul sedime del castello.
La concretezza di questi interventi,
oltre che dalle evidenze materiali an-
cora oggi ben riscontrabili, trova ri-
spondenza da quanto emerge in una
serie di documenti conservati nel
fondo denominato Tiroler Sperren,
nel Kriegsarchiv dell’Archivio di Stato
(Österreichisches Staatsarchiv) di
Vienna45.
Nell’ottobre del 1914 il genio
militare austriaco predispone un
disegno, allegato alle istruzioni della
185
sezione della valle dell’Adige, in cui
delinea le fortificazioni necessarie a
proteggere i confini sud dell’impero
45
Sulla consistenza di questo fondo archivistico e sui materiali in esso conservati si veda: Inventario del Fondo
“Tiroler Sperren” (Österreichisches Staatsarchiv Wien) Kriegsarchiv (1859-1920), a cura di N. Fontana, M.
Saltori, Provincia autonoma di Trento, Soprintendenza per i beni librari e archivistici, in collaborazione con il
Museo Storico Italiano della Guerra di Rovereto, Trento 2004.
46
ÖStA, KA, fondo K.u.k. Geniedirektion Riva, Kt. 52, c.16.
47
Ibidem.
186
Castelli del Tirolo storico
48
Ibidem.
Il territorio di Serravalle rientra in una nuova fase di progettazione nei primi mesi del 1915,
quando viene predisposto un piano di fortificazione per Nieder Serravalle, una zona situata
poco più a nord dell’abitato, che è possibile identificare con l’ area dei “Fortini”, grazie alla
sovrapposizione della cartografia attuale alla mappa storica (fig. 14). In questa tavola, datata
16 gennaio 1915, è riportata una visione zenitale del campo trincerato localizzato nei pressi
di Serravalle (fig. 15), le cui componenti vengono individuate grazie alla presenza di una le-
genda posta a tergo del documento: lo sviluppo del muro di contenimento viene indicato
con il segno “X”, mentre una linea nera continua – che traccia sulla pianta forme rettangolari
– individua le linee di fanteria o i camminamenti, chiamati «Verbindungsgraben» e che co-
stituiscono una sorta di corridoio di accesso alle varie postazioni del campo. Nel presidio vi
sono infatti altri elementi propri dei campi trincerati, quali alloggi con dormitori per gli ufficiali
e per le truppe, le cucine, le latrine, la cisterna, stazioni telefoniche, telegrafiche e di segna-
lazione; viene inoltre evidenziata la presenza di reparti e di gruppi di «Landtorpedo»49.
Questo caposaldo è da considerarsi come un ulteriore espansione dell’area fortificata di età
187
moderna di Serravalle che, apparentemente, non ha un legame diretto con la fortificazione
medievale, ma che va comunque considerata in un’ottica di ripensamento generale della
difesa del territorio, e quindi di riconferma della sua valenza strategica, un’importanza che
Fig. 14. L’elaborazione, ottenuta sovrapponendo la mappa austriaca con la cartografia attuale (IGM 1:25.000), permette
di identificare Nieder Serravalle con l’area dei Fortini.
49
ÖStA, KA, fondo K.u.K. Geniedirektion Riva, Kt. 52,c.82. Si ringrazia in questa sede Tommaso Mariotti per la
lettura e l’interpretazione del documento.
188
Castelli del Tirolo storico
Dopo l’entrata in guerra dell’Italia, il 4 giugno 1915, le truppe di fanteria italiana della brigata
Mantova, occupata Ala, si attestano alla stretta di Serravalle e Chizzola; il giorno successivo
alcune compagnie dei battaglioni alpini Verona e Vicenza occupano la Zugna Torta50.
A Serravalle, alla Villetta di Chizzola, alla cosidetta regione Fortini, i soldati italiani sostarono
alcuni mesi dedicandosi alla costruzione di una forte linea di difesa in particolare a sbar-
ramento del fondo Val Lagarina, lungo la dorsale Monte Altissimo di Nago-Vignola in destra
Adige (linea Sajori-Piazzina), e verso la parte sommitale del Monte Zugna sulla sinistra
orografica (linea Coni Zugna-Serravalle). Si trattò di una fase – collocabile all’incirca tra
giugno e dicembre del 1915 – caratterizzata da un intensa attività costruttiva, volta alla
realizzazione di opere campali, quali casematte, ricoveri, depositi, cisterne, postazioni,
osservatori, camminamenti, trincee, strade e tutto ciò che poteva sostenere la militarizza-
Per una panoramica sulle divisioni italiane stanziate nell’area di Serravalle-Chizzola: S. Meneghini, Serravalle,
50
Chizzola, S. Margherita. Tre paesi un destino, “I Quattro Vicariati e le zone limitrofe”, 64 (1988), pp. 128-146.
zione del territorio. In alcuni particolari casi l’azione si era concentrata sulla riconversione
di spazi fortificati, già utilizzati dagli austriaci ed abbandonati, un dato che emerge a chiare
lettere da una serie di comunicazioni ufficiali. Così il 5 agosto 1915, il capitano del 5° Reg-
gimento Genio minatori, 1ª Compagnia – il cui nome posto in calce alla relazione risulta il-
leggibile – scriveva da S. Margherita al Comando del Genio del Settore Baldo Lessini ad
Ala51, illustrando i lavori che erano necessari nell’area di Serravalle, affinchè i caposaldi
lasciati dagli austriaci, potessero essere opportunamente riadattati a loro uso; una comu-
nicazione che permette altresì di monitorare il grado di avanzamento delle opere fortificate
pianificate dagli avversari, e non ancora completate:
«In seguito a ricognizione eseguita ai ridotti situati a Est di Serravalle a quota 700 circa
[696], questo comando riferisce quanto segue riguardo alle condizioni in cui essi si
trovano e fa proposta di eseguirvi gli opportuni lavori di miglioramento e completamento.
a) Ridotto n°1. (Il primo che si trova percorrendo la mulattiera che dalla trincea alta
porta a Coni Zugna). Si propone innanzi tutto il miglioramento della mulattiera onde 189
renderla più comodamente praticabile. Il ridotto è costituito da uno scavo in roccia
centrale di pianta rettangolare tra cui si irradiano tre camminamenti che portano ad
«L’11 agosto 1915, il nome del Settore “Baldo-Lessini”, fu sostituito con quello di Settore “Val Lagarina” con al
51
comando il gen. Armando Ricci Armani». Si veda: O. Menegùs, La prima guerra mondiale sul Monte Baldo,
Tipoffset Moschini, Rovereto 1989, p. 33.
52
I.S.C.A.G., cartella 505, contenitore 3 (1915). Il documento è siglato: «Il Comandante della compagnia»,
segue firma illeggibile [N.d.A.].
Questi resoconti, tra l’altro molto numerosi perché scritti con cadenza quindicinale,
restituiscono in maniera precisa l’avanzamento dei lavori per l’approntamento delle opere
campali, ma nell’esposizione manca l’attenzione per l’elemento paesaggio, e più in
generale, per il contesto dei siti fortificati che vengono occupati.
Al contrario nelle relazioni introduttive allegate ai progetti di fortificazione dell’imperial-regia
direzione del Genio, “lo scenario” riportato alle voci «Lage» e «Gelände beschreiben»
rappresenta un elemento conoscitivo imprescindibile nell’ottica della pianificazione
territoriale e probante per le finalità di questo studio, laddove la descrizione delle
preesistenze ha consentito di rintracciare il castello medievale, ormai “inglobato” nelle
strutture moderne.
Un approccio al contesto sostanzialmente diverso quello messo in campo dalle due forze
avversarie, dove si può rilevare che quello austro-ungarico, esplicato in un momento
pianificatorio, si concentra sullo studio del territorio cogliendone tutti i dettagli, anche in
virtù di una lunga tradizione progettuale, mentre quello italiano è legato all’azione bellica,
190
con tempi e finalità diverse.
Gli “anelli mancanti” sono tuttavia documentabili attraverso la fotografia storica che, nel
caso specifico di Serravalle, permette di cogliere alcune fasi operative, compiute dai soldati
Castelli del Tirolo storico
italiani, che interessarono il Doss della Tor, dove esistevano ancora i ruderi della torre del
castello superiore, abbattuti dagli austriaci per «evitare l’inquadramento da parte delle
artiglierie avversarie»53.
Immagini straordinarie che illustrano la trasformazione di un sito, la “nascita” di una
fortificazione moderna creata con ciò che era rimasto di quella medievale, reimpiegando
e adattando l’antico al nuovo (figg. 16-17).
Sono opere comunque altamente invasive, ferite che segnano profondamente il territorio.
Così in un’immagine, sapientemente costruita, l’intervento distruttivo dell’uomo sembra
trovare un equilibrio nell’azione della natura: in primo piano il paesaggio appare sconvolto,
il terreno nudo, ma alle sue spalle il torrente Sorna, con la sua forza riparatrice, disegna
un ampio conoide, quasi a voler restituire ciò che all’ambiente viene tolto (fig. 18).
Una preziosa istantanea viene anche scattata da Ugo Ojetti, fotografo e giornalista54,
presidente di quella Commissione che era stata istituita presso il Comando Supremo per la
protezione dei monumenti e delle opere d’arte. Nel 1916, quando visita le zone interessate
dalle operazioni belliche per documentare lo stato di edifici storici e di oggetti d’arte, ritrae
alcuni soldati italiani nelle immediate vicinanze della torre-fortino di Serravalle (fig. 19).
La trincea antistante alla torre, così come auspicato nella nota inviata dal Capitano del 5°
Reggimento Genio minatori, è stata effettivamente coperta ed i soldati vi possono trovare
ricovero.
Un’altra foto, scattata nel medesimo periodo, mostra la linea trincerata, situata poco a nord
di Serravalle, ancora in costruzione (fig. 20); a commentare questa immagine potrebbero
essere alcune brevi righe tratte da una relazione sullo stato di avanzamento delle opere
nella regione Fortini, trasmessa il 6 settembre 1915 dal comandante del Reggimento del
genio minatori – 1ª Compagnia – al comandante del genio del settore Vallagarina ad Ala:
«Si lavora alla realizzazione delle camere per gli ufficiali, alla copertura dei
tratti delle trincee, alla pavimentazione del ricovero per i soldati, alla
costruzione di camminamenti che colleghino il paese con i capisaldi»55.
53
Bertè, Guerra di mine, cit., p. 28.
54
Sulla figura e l’opera di Ugo Ojetti in particolar modo negli anni del conflitto si veda: M. Bassanello, Ugo Ojetti:
Sottotenente “Soprintendente” ai monumenti nelle Terre Redente (1915-1918), tesi di laurea, Università Cà
Foscari di Venezia, relatore prof. A. Prandi, a.a. 2011-2012, e bibliografia ivi collazionata. Sull’attività tutoria tra
1915 e 1918 si rimanda a: G.P. Treccani, Monumenti e centri storici nella stagione della Grande Guerra,
FrancoAngeli, Milano 2015.
55
I.S.C.A.G., cartella 05, contenitore 3 (1915).
191
Fig. 18. Serravalle, la prima linea italiana da un posto avanzato. 1917-1918 circa.
Fig. 19. Ugo Ojetti, Camminamento in cemento a Serravalle all’Adige durante la Prima Guerra Mondiale. 1916.
L’intensa attività di ricognizione topografica-militare dell’area cruciale di Serravalle-
Chizzola, continua da parte di entrambe le forze avversarie, che predispongono un
dettaglio apparato cartografico per documentare sia lo stato di fortificazione raggiunto nel
territorio, sia la “toponomastica di circostanza”, ossia nomi utilizzati dai soldati per indicare
luoghi riferibili a situazioni particolari56.
Una mappa disegnata nel maggio del 1917 dal Reparto di rilevamento dell’ imperial-regia
11ª armata, impegnato ad accertare quanto realizzato dai “nemici”, «Feindliche,
Befestigungen, Unterkünfte, Strassen und
Wege», permette di cogliere l’intricata rete di
trincee scavate in questo tratto della valle (fig.
21), opere devastanti che hanno intercettato
le strutture antiche, distruggendone i contesti.
Ed è proprio la cartografia militare, realizzata
in questi anni, che come si vedrà in seguito,
193
fornirà elementi utili per capire le trasforma-
zioni avvenute nei castelli di chiusa, ed in
modo particolare in quello di Chizzola.
Fig. 21. K.u.K. 11. Armeekommando. Kriegsvermessungabteilung. «Nemico, fortificazioni, alloggi, strade e sentieri»,
particolare. Maggio 1917. Sulla carta, indicate dalle frecce, sono posizionate le piante dei castelli di Chizzola e di Serravalle.
56
Dalle mappe conservate nell’Archivio dell’Istituto Storico e di Cultura dell’Arma del Genio di Roma, relative
all’area di Serravalle si rilevano molto toponimi di “circostanza” quali ad esempio «Trincea dalla cresta di roccia»,
«Cappello del prete», «Rocce rosse», e molti altri. Su questi particolari riferimenti cartografici si veda anche:
Bertè, Guerra di mine, cit. pp. 193-195.
194
Castelli del Tirolo storico
Fig. 22. Fotografia aerea scattata nel 1917 e georeferenziata su lidar. L’elaborazione delle immagine consente di
individuare la fitta rete di trincee realizzate nella cosiddetta Regione dei Fortini a Serravalle.
57
Il Lidar, acronimo di Light Detection and Ranging o Laser Imaging Detection and Ranging, è una tecnica di
telerilevamento per l’esecuzione di rilievi topografici ad alta risoluzione. L’acquisizione viene effettuata tramite
mezzo aereo sul quale è installato un laser scanner composto da un trasmettitore (essenzialmente un laser),
da un ricevitore (costituito da un telescopio) e da un sistema di acquisizione dati. Ciò che si ottiene è un insieme
di punti ad ognuno dei quali è associato un dato relativo alle coordinate geografiche e alla quota. Analizzando
la nuvola di punti ottenuta, riflessi in modo diverso dal terreno a seconda della presenza di strutture o
vegetazione, è possibile avere un Modello Digitale di Superficie (DSM, Digital Surface Model); da quest’ultimo,
opportunamente rielaborato, si estraggono i soli punti appartenenti al suolo per avere un Modello Digitale del
Terreno (DTM, Digital Elevation Model). Le immagini ottenute permettono di rintracciare strutture sepolte ed
evidenze materiali non più riscontrabili nei tradizionali survey.
58
L’elaborazione, curata da Pietro Dalprà, responsabile del progetto provinciale per il censimento delle opere
campali, è ottenuta mediante la sovrapposizione di una fotografia aerea e di una restituzione lidar. L’istantanea,
195
Anche sull’altro versante della valle, laddove il genio austro-ungarico aveva previsto la
costruzione di un forte, mai eretto (cfr. fig. 9), a partire da dicembre del 1915 i soldati
italiani realizzano una serie di opere campali che vanno a sovrapporsi all’area occupata
dalla fortificazione antica. Al momento in cui la Villetta viene conquistata e rifortificata, il
castello è già in avanzato stato ruderale, un dato confermato dalle fonti documentarie, da
quelle iconografiche e dalle rare fotografie storiche (fig. 23). Nel mese di settembre del
1915 un nuovo resoconto inviato dal capitano del 5° Reggimento del Genio Minatori, 13ª
Compagnia, al comando del Genio di Ala, informa sull’avanzamento dei lavori alla Villetta.
Nella dettagliata relazione si legge che erano state ultimate le trincee e i camminamenti,
mentre era ancora in costruzione per la lunghezza di tutto il fronte (80 m) un muro difensivo,
con ricoveri e trincee di fiancheggiamento, il cui paramento doveva essere costruito in
calcestruzzo e dotato di feritoie.
Anche la copertura delle trincee era stata realizzata con un strato di 15 cm di calcestruzzo,
ma era stato previsto un ulteriore rivestimento con ghiaia, sabbia e zolle d’erba59.
Per portare a termine le opere campali furono impiegate anche rotaie e traversine, mentre
alcuni ambienti collegati alle trincee erano stati scavati nella viva roccia; altri ancora
furono dislocati lungo il costone roccioso che dalle pendici del Sajori scendeva fino ad
arrivare in prossimità dell’abitato di Chizzola. Ad ulteriore protezione dell’area, davanti
alla linea difensiva, erano state stese due file di reticolati. L’attività sul sito della Villetta
sembra poi avere una battuta di arresto in novembre quando viene sospesa per
mancanza di forze, impegnate altrove; tutti i lavori saranno comunque ultimati entro il 28
dicembre 1915.
scattata nel 1917, documenta la massiccia presenza di trincee e camminamenti realizzati al di sopra dell’abitato
di Serravalle e nella cosiddetta Regione Fortini. La sua georeferenziazione sul lidar ha consentito l’ individuazione
delle opere realizzate durante la Grande Guerra, oggi difficilmente percepibili a causa dell’intensa
rinaturalizzazione del sito.
59
I.S.C.A.G., cartella 505, contenitore 3 (1915).
196
Castelli del Tirolo storico
Fig. 24. Lo “Sbarramento di Villetta”. Nella mappa sono descritti gli elementi del presidio e evidenziati – in rosso – i ruderi
del castello medievale.
Fig. 25. Progetto per le trincee e i camminamenti del “trincerone” della Villetta, 1915.
197
60
I.S.C.A.G., cartella 505, contenitore 5 (1915) “Progetti e piante”: Disegni di fortificazione della Vallagarina,
dicembre 1915.
61
Coni Zugna n° 145. MSIG, cart.05-59, 01f.
62
I.S.C.A.G., cartella 505, contenitore 5 (1915), Progetti e piante: “Allegato 1. Valle Lagarina. Carreggiabile –
Culma Alta-Cima Levante, Mulattiera – S. Lucia-Sajori; Allegato n. 2. Valle Lagarina. Carreggiabile – Pilcante-
Piazzina-Cornalè, Mulattiera – Pilcante-Piazzina-Cornalè”.
199
Fig. 29. Nella mappa è evidenziata la mulattiera che dall’abitato di S. Lucia raggiungeva la valletta di Sajori, per poi
proseguire verso il castello omonimo, qui indicato come “Castel San Giorgio”. Agosto 1915.
200
Castelli del Tirolo storico
Fig. 30. Linea Chizzola-Cornalè, ricognizione aerea austro-ungarica. 6 giugno 1917. Le frecce indicano rispettivamente
il castello di Chizzola e Castel Sajori. Si noti la fitta rete trincerata realizzata a protezione della linea difensiva.
Fig. 31. Campo trincerato di Castel Sajori tra Chizzola e Cornè. 1917 c.
201
Fig. 32. I ruderi degli edifici sorti durante il primo conflitto sulle pendici del dosso di Castel Sajori.
Fig. 33. Particolare di un edificio, parzialmente conservato in alzato, situato lungo il sentiero di accesso al castello.
Fig. 34. Castel Sajori. Tratto a sud-est
della cinta medievale, trasformata in
trincea.
202
Castelli del Tirolo storico
«In effetti le impronte storiche sul territorio sono duplici: quelle medievali del
castello, quelle belliche del primo ventennio del secolo. Le prime
predominano nella loro verticalità pur in breve spazio. Le seconde reticolano
i luoghi con trincee, camminamenti, osservatori, resti di baraccamenti,
ricoveri in caserma. Entrambe sono ammansite dall’usura del tempo, dalla
tenacia del mantello forestale sebbene quelle castellane perseverino a
dominare»64.
Nota conclusiva
La chiusa di Serravalle-Chizzola, luogo strategico attestato come tale almeno dal XIII
secolo, mantenne inalterata la sua funzione di presidio e controllo sul territorio fino
all’epoca moderna, quando, sia nelle fasi immediatamente precedenti che nel corso del
primo conflitto mondiale, se ne ripensò l’impianto fortificatorio.
Le strutture antiche, sopravvissute alle campagne militari francesi, vennero ancora una
volta riconsiderate nella loro valenza offensiva-difensiva e riutilizzate ai nuovi fini bellici;
il sistema fortificato medievale venne ampliato, fino a ricomprendere opere difensive che
si ponevano a scavalco dei versanti montuosi, quasi a ricreare l’antica “cintura di castelli”.
Il mutare degli armamenti, e con esso la potenza dirompente dell’artiglieria, aveva
determinato un profondo cambiamento nelle tecniche costruttive, nelle tipologie e nell’uso
63
I.S.C.A.G., cartella 508, contenitore 5 (1916), “Monografia delle linee principali di resistenza. 1.11.1916”.
64
Gorfer, I castelli, cit., p. 684.
dei materiali, modalità che in questi luoghi, proprio sotto la spinta dell’urgenza e
dell’immediatezza, hanno assunto caratteri di “genialità”.
L’analisi dei castelli della chiusa ha messo in luce queste situazioni, dove il riuso delle
mura perimetrali (che diventano trincee), delle torri (che vengono smantellate per creare
postazioni e osservatori), dei paramenti murari (che proteggono gli accesi agli ambienti
ipogei), si affianca all’impiego di rotaie e traversine, per originare un’architettura militare
senza precedenti.
I castelli di Serravalle, Chizzola e Sajori, ancora una volta nella loro vicenda storica e
costruttiva, vengono destrutturati, ma paradossalmente è proprio il loro reimpiego nelle
nuove fortificazioni a farli tornare all’antica funzione: difendere il territorio.
204
Archivi edel
Castelli memoria
Tirolo storico
A. ANDREOLLI, T. BERTè, Il paesaggio dello Zugna: recu- L. BARFIELD, Excavation on the Rocca di Rivoli (Vr)
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liano della guerra”, 23 (2015), pp. 41-77. turale di Verona”, 14 (1966), pp. 1-100.
C. AUSSERER, Regesti castrobarcensi dall’archivio dei C. BARONI DI CAVALCABò, Idea della storia e delle con-
conti Trapp, Monauni, Trento 1928 (Fonti di suetudini antiche della Valle Lagarina ed in
storia trentina. Documenti e regesti). particolare del Roveretano / di un socio del-
l’imp. reg. Accademia degli Agiati, [s.n.], Ro-
A. AZZOLINI, “Castrum Clusolae”. Il castello di Chizzola
vereto 1777.
nella Bassa Vallagarina. Analisi morfologica,
materiali e tecniche costruttive, tesi di laurea M. BASSANELLO, Ugo Ojetti: Sottotenente “Soprinten-
specialistica, Università degli studi di Padova, dente” ai monumenti nelle Terre Redente 205
Facoltà di lettere e filosofia, relatore prof. G. (1915-1918), tesi di laurea, Università Cà Fo-
P. Brogiolo, a.a. 2010-2011. scari di Venezia, relatore prof. A. Prandi, a.a.
2011-2012.
A. AZZOLINI, La chiusa della Pietra: un sistema di di-
W. LANDI, L’incastellamento di fronte al diritto feudale. deum, Innsbruck. Per gentile concessione.
Il caso dell’episcopato di Trento fra XII e XIII
7: Restituzione ottenuta mediante fusione di immagini
secolo, “Geschichte und Region/Storia e Re-
storiche ed attuali. Elaborazione grafica: Riccardo Be-
gione”, 24 (2015), pp. 97-155.
nedetti.
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