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et 5 20.5e e cv 5 e 22(0.5)e 5 0
Questo risultato evidenzia che un rapporto 2et>e tendente a 0.5 comporta una so-
Incompressibilità stanziale invariabilità del volume e quindi l’incompressibilità del materiale du-
rante l’esplicazione delle deformazioni plastiche, che sono dunque connesse con
meccanismi di tipo essenzialmente da scorrimento.
Questo comportamento peraltro è del tutto diverso da quello evidenziato da
numerosi altri materiali da costruzione (conglomerati, terre, materiali granulari,
porosi, materiali polimerici), che anche al limite della resistenza evidenziano valori
molto più bassi di 0.5 del valore et>e. Questi materiali presentano pertanto una
consistente variabilità volumetrica, quindi compressibilità in condizioni limite.
Frattura
Le deformazioni elastiche e quelle permanenti derivanti da spostamenti relativi
degli atomi mantengono la coesione della materia.
Frattura La frattura invece, per sua definizione, è un meccanismo che interrompe la
continuità della materia e crea discontinuità di superficie o di volume all’interno
del materiale.
Le fratture avvengono inizialmente a livello degli aggregati cristallini; esse
hanno dimensioni di centesimi o millesimi di centimetro e la loro propagazione
può determinare linee di frattura delle dimensioni dei millimetri o dei centimetri.
La frattura fragile dipende dalla rottura dei legami interatomici dovuta a con-
centrazione di sforzi e di energia di deformazione.
Sfaldatura I piani cristallografici si distaccano direttamente per clivaggio o sfaldatura.
A livello macroscopico tale fenomeno determina la rottura immediata del pro-
vino, con piccole deformazioni plastiche (Figura 5.59).
Si ha la frattura duttile quando deformazioni locali si verificano nell’intorno
di imperfezioni del reticolo cristallino. Le fratture nascono a livello microscopico,
propagandosi poi e collegando diversi rami, fino a che giunge la rottura. In questo
caso la nascita delle fratture si può accompagnare a un comportamento global-
mente duttile del materiale, cioè alla nascita di grandi deformazioni permanenti
prima della rottura (Figura 5.54, Figura 5.60).
La disciplina che tratta la nascita e la propagazione della frattura, dei difetti
e delle fessure si chiama Meccanica delle Frattura, ma i suoi scopi esulano da
questo testo. Nel Capitolo 7 verranno solo dati cenni su questa teoria.
5.4.3 Elasticità
Comportamento elastico L’aspetto principale del comportamento elastico del materiale deducibile dagli
esperimenti eseguiti a temperatura ambiente può essere descritto nello spazio delle
deformazioni come segue.
ε hk Figura 5.64
ε Bhk B
ε Ahk
A
O ε Aij ε Bij ε ij
Ciò vuol dire che nella trasformazione dello stato di deformazione da A verso B
l’elemento materiale ha scambiato energia con l’ambiente esterno, per esempio
dall’esterno è stato compiuto su di esso un lavoro che lo ha deformato; questo la-
voro deve quindi essere stato completamente immagazzinato nell’elemento sotto
forma di energia di deformazione. Questa energia viene poi completamente re-
stituita nella successiva trasformazione fra B e A. Poiché alla fine del ciclo di tra-
sformazione ABA, qualunque sia il percorso, lo stato di tensione e deformazione
del materiale non è mutato, il bilancio dello scambio di energia fra esso e l’am-
biente è nullo; se ne deduce che nella trasformazione AB lo scambio di energia
è uguale e opposto a quello relativo alla trasformazione BA, qualunque siano i
percorsi g seguiti; la variazione di energia deve allora essere funzione solo degli
stati iniziale A e finale B. L’energia, che è una funzione di stato, è una funzione
integrabile ed è differenziabile. Tale condizione è tipica delle trasformazioni re- Trasformazioni reversibili
versibili o conservative.
Con riferimento a un incremento elementare del processo di carico descritto
di un elemento unitario di materiale che parta dallo stato (sij, eij), in condizioni
adiabatiche e quasi statiche e in assenza di fenomeni dissipativi, il Principio dei
Lavori Virtuali consente di scrivere l’eguaglianza del lavoro esterno e di quello
meccanico interno:
dLe 5 dLi 5 dF 5 sijdeij (5.184)
che costituisce il legame costitutivo del materiale che ammette una funzione ener- Energia di deformazione
gia di deformazione elastica specifica F 5 F(eij), avente il ruolo di funzione po- elastica
tenziale dello stato di tensione, detta anche potenziale elastico.
L’esistenza dell’energia elastica F 5 F(eij) quale potenziale elastico, in quanto Potenziale elastico
generatore dello stato di tensione tramite la (5.185), consente di affermare che lo
stato di tensione nell’elemento che presenti valore F dell’energia elastica dipende
dallo stato deformativo raggiunto e non dalle trasformazioni precedentemente su-
bite: il materiale in tale senso non conserva memoria del processo deformativo
precedente all’istante attuale.
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Materiale iperelastico L’ipotesi di esistenza del potenziale elastico F(eij) definisce i materiali iperela-
stici; essa fu assunta per la prima volta da G. Green nel 1839. È il caso di notare
che in letteratura, con il termine elastico ci si riferisce normalmente al modello
iperelastico del materiale. Più avanti si esporrà, quale controesempio, un modello
di materiale non iperelastico.
La condizione necessaria di differenziabilità di F(eij) (5.184) richiede il sod-
disfacimento delle equazioni:
0sij 0shk
5 (5.186)
0ehk 0eij
È ben noto che negli aperti semplicemente connessi la (5.187) è anche condizione
sufficiente per la differenziabilità di F(eij).
Si voglia ora invertire la relazione costitutiva (5.185) che ha la forma
d(sijeij) 5 sij 5 sij(ehk). Si consideri l’elemento materiale infinitesimo nello stato elastico
caratterizzato dai valori (E, T) della deformazione infinitesima e dello sforzo, e
5 sijdeij 1 eijdsij 5
il prodotto interno T ? E 5 sijeij, già introdotto nella (5.182), definibile nello
5 dF(eij) 1 dF c(sij) spazio vettoriale di dimensione 12 delle tensioni e delle deformazioni; se per ipo-
tesi il prodotto interno è differenziabile, risulta .
La funzione Fc(sij), avente differenziale dFc(sij) 5 eijdsij, introdotta per la
prima volta da Alberto Castigliano (1875), in quanto differenza di differenziali
DF c(sij)53 eijdsij53 dF c esatti, è anch’essa un differenziale esatto e può quindi integrarsi nel processo, ri-
sultando , o equivalentemente , che fornisce (trasformazione di Legendre):
0F c 0F c
dF c(sij)5 ds 5e ds eij 5 eij(shk) 5 (5.188)
0sij ij ij ij 0sij
Figura 5.65 σ
φc
φ
O ε
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F(eij) 5 cijhkeijehk 5 E # cE
1 1
(5.189)
2 2
ove # è un tensore del quarto ordine costituito da 81 costanti, e viene chiamato
tensore delle costanti elastiche o tensore di elasticità. Tensore di elasticità
Si è già osservato che la condizione di integrabilità di F(eij) è fornita dalla
(5.187), che applicata alla (5.189) fornisce
T 5 #E (5.192)
Grazie alle proprietà di simmetria maggiore e minori è possibile condensare gli
indici presenti nella (5.191). Si consideri a ciò fare la rappresentazione vettoriale Rappresentazione vettoriale
dei tensori di deformazione e di sforzo, di seguito definita nello spazio vettoriale di tensioni e deformazioni
di dimensione 6 (dovuta a Voigt): Condensazione di Voigt
eT53e1 e2 e3 e4 e5 e6 453e11 e22 e33 2e12 2e23 2e31 453e11 e22 e33 g12 g23 g31 4
sT53s1 s2 s3 s4 s5 s6 453s11 s22 s33 s12 s23 s31 453s11 s22 s33 t12 t23 t31 4 (5.193)
T ? E 5 sT · e
La (5.189) può scriversi a questo punto:
F 5 sT # e
1
(5.199)
2
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Un materiale elastico nello stato naturale, per essere deformato, necessita l’inter-
vento di forze esterne che compiano un lavoro che si trasforma completamente
nell’energia di deformazione. L’Equazione dei Lavori Virtuali consente di affer-
mare che il lavoro delle forze, che è assunto positivo, deve uguagliare il lavoro
interno; ne consegue il carattere positivo di F qualunque sia lo stato di deforma-
zione e non nullo raggiunto:
s #e70
1 T
F5 5e?0
2 (5.200)
Questa condizione, che va sotto il nome di stabilità del materiale elastico, equivale Stabilità del materiale elastico
ad affermare che la (eT · Ce) è una forma quadratica definita positiva; risulta in- Forma quadratica definita
fatti per tali forme: positiva
eT # Ce 7 0 5e?0
(5.201)
eT # Ce 5 0 3 e50
Poiché la proprietà definitoria (5.201) vale per ogni determinazione di e, essa
deve riguardare la matrice C che viene quindi detta definita positiva.
Una matrice è definita positiva se e solo se tutti i suoi minori principali hanno
determinante positivo. Una condizione equivalente è che ciascuno dei suoi auto-
valori sia positivo.
Poiché la matrice C presenta determinante positivo essa è invertibile.
Detta C21 la sua inversa, l’equazione costitutiva (5.198) presenta l’inversa
e 5 C21s 5 As (5.202)
che fornisce in elasticità lineare la deformazione in funzione della tensione me-
diante la matrice A 5 C21 di cedevolezza elastica. Matrice di cedevolezza elastica
Il potenziale complementare nel caso di elasticità lineare assume l’espressione: Potenziale complementare
F c 5 sT # As
1
(5.203)
2
Figura 5.66
σii σii
dxi
dxi (1 + ε ii )dxi
E E E
ˇ ˇ
che legano le tensioni normali alle dilatazioni, per il materiale linearmente ela-
stico isotropo.
Similmente, l’evidenza sperimentale mostra che una tensione tangenziale t
determina lo scorrimento g corrispondente, pertanto si ha:
t12 t23 t31
g12 5 g23 5 g31 5 (5.208)
G G G
relazioni che legano le tensioni tangenziali ai corrispondenti scorrimenti. Il coef-
Modulo di elasticità ficiente G si chiama modulo di elasticità tangenziale e per la condizione di stabilità
tangenziale (5.200) deve essere positivo G . 0. Le (5.207) e (5.208) sono le relazioni inverse
Equazioni inverse di quelle di Hooke dell’elasticità lineare isotropa. Delle tre costanti elastiche (E, n, G) fin
di Hooke qui introdotte, solo due sono indipendenti.
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Figura 5.67
Tabella 5.2 Costanti Elastiche e parametri meccanici dei materiali da costruzione.
408
Ferro 7.86 180-210 78-81 0.3 169 140-200 280-400 15-20% 11.8-12
Acciaio 7.83 190-210 82 0.26-0.33 172 200-500 400-600 12-25% 12-16
Acciaio x 7.83 207-210 82-84 0.26-0.33 172 1700 1800 3-5% 11.6
precompresso
Alluminio 2.7-3.9 70-80 25-26 0.16-0.35 71.6 22-35 50-80 8-20 23.6-25
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fibre 5
0.60-65
409
Tabella di conversione unità di misura: 1 GPa 5 109 Pa 5 109 N>m2 5 104 Kg>cm2; 1 MPa 5 106 Pa 5 106 N>m2 5 105 Kg>m2 5 10 kg>cm2 5 1 N>mm2
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essi sono da considerarsi come puramente indicativi degli effettivi valori, i quali
debbono comunque essere saggiati sperimentalmente sul materiale reale in studio,
nei casi concreti in cui ciò sia necessario.
j Esempio 5.15 A titolo di esercizio si determina qui di seguito l’espressione del modulo di ela-
sticità tangenziale G, in funzione di quello di Young E e di quello di Poisson n.
Si faccia riferimento all’elemento di materiale a base quadrata, di vertici OPQR,
di dimensione dx nel piano (xi, xj), al quale sia applicata la sola tensione tan-
genziale tij (Figura 5.68). Il tracciamento del cerchio di Mohr per questo stato
sI nsII
eI 5 2 5 piano di tensione mostra che le direzioni principali di tensione nI, nII nel piano
E E (xi, xj) formano angoli di p>4 con gli assi (xi, xj). Le tensioni principali agenti
tij 11 1 n2 sui piani principali valgono rispettivamente sI 5 tij, sII 5 2tij. Le direzioni
5
E principali di deformazione coincidono con quelle di tensione nI, nII. La dilata-
zione principale eI si ottiene dalla prima delle (5.207): .
dxi Poiché le dilatazioni e gli scorrimenti forniti dalle (5.207) e (5.208) sono disac-
P9P0 5 eI 5
"2 coppiati, in funzione rispettivamente delle tensioni normali e di quelle tangenziali,
dxitij 11 1 n2
ne consegue che nel riferimento (xi, xj) non vi sono dilatazioni: ciò implica che nella
5 deformazione il punto P si sposta nel punto P9, ortogonalmente all’asse xi. Lo spo-
"2E stamento P9P0 del punto P nella direzione principale di deformazione nI vale .
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Figura 5.68
nII nI
xj
Q′
τ ij
R′
R Q τ nm
ε ij
dx τ τ ij
ij
P′
P′′
P
O
τ ij ε ij = 1/2 γij xi σn
dx
σII
σI σII σI
τ n
σII
σI
PP9 2tij 11 1 n2
gij 5 2 5
dx E
Confrontando questa relazione con quella analoga delle (5.212), si ottiene la
cercata espressione per il modulo di elasticità tangenziale:
E
G5 (5.213)
211 1 n2
I1 1E 2 5 e11 1e22 1e33, I2 1E2 52e11e22 2e22e33 2e33e11 1e12e21 1e23e32 1e31e13
l 5 k 1 2 k2 G 5 k2>2 (5.216)
s1 l 1 2G l l 0 0 0 e1
s2 l l 1 2G l 0 0 0 e2
s3 l l l 1 2G 0 0 0 e3
F V5F VF V
s4 0 0 0 G 0 0 e4 (5.219)
s5 0 0 0 0 G 0 e5
s6 0 0 0 0 0 G e6
Le (5.218) mostrano che le tensioni normali si sono funzioni delle sole dilatazioni
ej e la tij della sola omonima gij; in tale senso c’è un disaccoppiamento delle re-
lazioni tra tensioni normali e dilatazioni da un lato e fra tensioni tangenziali e
scorrimenti dall’altro.
s11 1 s22 1 s33 5 Le (5.218) si invertono agevolmente, come di seguito. La traccia di T vale
5(2G13l)(e111e221e33) che tramite la definizione della tensione media p (5.127) e del coefficiente di va-
riazione volumetrica c (5.46) fornisce:
2G 1 3l
p5 c (5.220)
3
Relazione fra variazione che costituisce la relazione elastica lineare isotropa fra variazione volumetrica
volumetrica e tensione media e tensione media; la (5.220) consente di definire il modulo di elasticità volumetrica
Modulo volumetrico (o bulk modulus):
p 2G 1 3l
cv 5 5 (5.221)
c 3
che rappresenta la tensione media necessaria per ottenere una variazione volume-
trica unitaria [il che significa dimezzamento (o raddoppio) del volume].
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3dijlp
a sij 2 b
1
eij 5 (5.222)
2G 2G 1 3l
e in forma assoluta:
T 3lp
E5 2 I (5.223)
2G 2G12G 1 3l2
G1l 2l 2l
000
G12G 1 3l2 2G12G 1 3l2 2G12G 1 3l2
2l G1l 2l
e1 000 s1
2G12G 1 3l2 G12G 1 3l2 2G12G 1 3l2
e2 2l 2l G1l s2
e3 000 s
F V5I 2G12G 1 3l2 2G12G 1 3l2 G12G 1 3l2 Y F 3 V (5.224)
g12 1 t12
0 0 0 00
g23 G t23
1
g31 0 0 0 0 0 t31
G
1
0 0 0 00
G
e3I 0 0 e2I 0 0 eI 0 0 0
2 £ 0 eII 0 § 1 II(E) £ 0 e2II 0 § 2 I2(E) £ 0 eII 0 § 1 I3(E) 5 £ 0 §
3
a dimostrazione dell’assunto.
Seguendo l’impostazione di Eric Reissner (1945), si fa qui l’ipotesi che nella
base principale della deformazione, le componenti principali della tensione
T 5 [sij] del materiale linearmente iperelastico isotropo (5.215)
0F(I1,I2,I3) 0 F 0I1 0F 0I2 0F 0I3
sij 5 5 1 1 (5.226)
0eij 0I1 0eij 0I2 0eij 0I3 0eij
nella quale, grazie all’isotropia, i coefficienti ci sono funzioni dei soli invarianti
di deformazione.
Dalla (5.225) consegue che una qualunque potenza n-esima (n P N) del tensore
E 5 [eij] può essere espressa come combinazione lineare di dij, eij, eijejk a mezzo
di coefficienti che sono funzioni polinomiali dei tre invarianti di E. Infatti la (5.225)
permette di esprimere E3 in funzione delle sole E2, E: E3 5 I1E2 2 I2E 1 I3 e di
esplicitare E4 in funzione dei soli E, E2, nella forma
E4 5 E E3 5 I1E3 2 I2E2 1 I3E 5 (I21 2 I2)E2 1 (I3 2 I1I2)E 1 I1I3I
Per iterazione del procedimento, un qualunque termine c1Ei del polinomio
(5.227) può esplicitarsi in funzione dei soli E2, E, per cui la (5.227) può riscriversi
nella forma:
T 5 3sij 4 5 a1 I 1 a2 E 1 a3 E2 (5.228)
ove le costanti a1, a2, a3 sono polinomi negli invarianti di deformazione. Il risultato
0F
c d 5a1I1a2E1a3E2
(5.228) mostra che il potenziale elastico F(eij) deve soddisfare l’equazione ,
0eij quindi il potenziale elastico, nel caso di elasticità lineare isotropa, è cubico nelle
deformazioni.
Tenendo conto delle espressioni degli invarianti di deformazione:
1
I2(E) 5 (eiiejj 2eijeji) 5 e11e22 1e22e33 1e33e11 2e12e21 2e23e32 2e13e31
2
s5 c d5c dc d
Infatti, operando a titolo di esempio in dimensione due, la relazione lineare s1 C11 C12 e1
si scrive . s2 C21 C22 e2