1. Introduzione
Dal decreto del luglio 1939, riguardante gli ospedali, al decreto dell’ottobre 2003, riguardante i
distributori stradali di GPL, esiste un lungo percorso di disposizioni legislative che, con terminologia
differente a seconda dei periodi storici, chiedono la presenza di un’illuminazione che entri in funzioni
nel momento in cui venga a mancare l’illuminazione ordinaria. Ma questa illuminazione si chiama “di
sicurezza” o “di emergenza” ? Il dubbio è stato chiarito in via definitiva solo da pochi anni (marzo
2000) con l’entrata in vigore di una norma specifica al riguardo, la UNI EN 1838 “Illuminazione di
emergenza”, che fornisce definizioni chiare e sintetiche dei vari tipi di illuminazione, distinguendone le
varie funzioni.
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Le informazioni contenute nel presente documento sono tutelate dal diritto d’autore e possono essere usate solo in conformità alle norme vigenti. In particolare Voltimum Italia
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Il materiale e i contenuti presentati nel documento sono stati attentamente vagliati e analizzati, e sono stati elaborati con la massima cura. In ogni caso errori, inesattezze e
omissioni sono possibili. Voltimum Italia s.r.l. a socio Unico declina qualsiasi responsabilità per errori ed omissioni eventualmente presenti nel sito.
Guida all’illuminazione di sicurezza (prima parte)
Come è possibile intuire osservando la figura 1, ogni tipo di illuminazione che si utilizza in mancanza
dell’alimentazione normale, viene definita come illuminazione di emergenza, la quale deve essere
alimentata da una sorgente di energia indipendente (batterie, UPS o gruppo elettrogeno). A sua
volta, l’illuminazione di emergenza può essere di due tipi:
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Guida all’illuminazione di sicurezza (prima parte)
2. Illuminazione di sicurezza
L’illuminazione di sicurezza, essendo preposta alla evacuazione di una zona o di un locale deve
garantire una buona visibilità nell’intero spazio di mobilità delle persone. Ma l’illuminazione di
sicurezza deve, non solo rendere visibile il locale, ma anche illuminare le indicazioni segnaletiche
poste sulle uscite e lungo le vie di esodo, in modo da identificare in maniera immediata il percorso da
seguire per giungere in un luogo sicuro. Quindi un discorso sull’illuminazione di sicurezza non può
scindersi da quello sulla segnaletica di sicurezza da impiegare per facilitare il raggiungimento delle
uscite di emergenza. Normalmente si devono usare segnali direzionali luminosi, nel caso in cui si sia
in un luogo da cui non è possibile vedere direttamente l’uscita di emergenza.
Gli apparecchi di illuminazione da utilizzare devono rispondere alla norma EN 60598-2-22 (CEI 34-
22) e devono essere installati almeno nei seguenti punti (queste sono indicazioni minime che
possono essere integrate dal progettista in base alle singole situazioni):
In corrispondenza di ogni porta di uscita prevista per l’uso in emergenza (figura 3);
Vicino (cioè ad una distanza inferiore ai 2 m misurati in senso orizzontale) ad ogni rampa di scale in
modo che ognuna di esse riceva luce diretta (figura 4);
Analogamente vicino (cioè ad una distanza inferiore ai 2 m misurati in senso orizzontale) ad ogni
cambio di livello o gradino (figura 5);
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Guida all’illuminazione di sicurezza (prima parte)
Immediatamente all’esterno di ogni uscita che porta in un luogo sicuro (figura 9) cioè la meta
dell’esodo in situazioni di emergenza. Questo apparecchio potrebbe non essere necessario se il luogo
sicuro è la pubblica via dotata di illuminazione.
Vicino (cioè ad una distanza inferiore ai 2 m misurati in senso orizzontale) ad ogni punto o locale di
pronto soccorso (figura 10);
Vicino (cioè ad una distanza inferiore ai 2 m misurati in senso orizzontale) ad ogni dispositivo
antincendio (estintore, manichette, pulsanti di allarme, etc.) e ad ogni punto di chiamata telefonica
per pronto soccorso o per interventi antincendio (figure 11 e 12)
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Guida all’illuminazione di sicurezza (prima parte)
Figura 3 – Illuminazione di sicurezza in corrispondenza di una porta destinata all’evacuazione in caso di emergenza
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Guida all’illuminazione di sicurezza (prima parte)
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Guida all’illuminazione di sicurezza (prima parte)
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Guida all’illuminazione di sicurezza (prima parte)
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Guida all’illuminazione di sicurezza (prima parte)
Nelle due ultime situazioni indicate (punti 9 e 10), nel caso in cui i punti di pronto soccorso e
antincendio non siano lungo le vie di esodo o in aree estese (dove vi è la presenza di
illuminazione antipanico), e quindi siano più difficilmente individuabili, l’illuminamento a cui devono
essere sottoposti deve essere di almeno 5 lx al suolo.
Ricordiamo che i livelli di illuminazione di cui parliamo (EN 1838) non devono tenere conto dei
contributi dati dagli effetti di riflessione della luce e che sono sempre valori intesi come requisiti
minimi. Inoltre è importante sottolineare che i livelli di illuminazione minimi devono essere
garantiti lungo tutto l’arco di vita degli apparecchi di illuminazione di emergenza, e che per questo
occorre in fase progettuale sempre sovradimensionare il valore di illuminamento per tenere conto
dell’inevitabile degrado luminoso a cui è sottoposto qualunque apparecchio.
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Guida all’illuminazione di sicurezza (prima parte)
Un altro aspetto, non secondario è legato al fatto che l’illuminazione di sicurezza deve essere efficace
per tutti, adulti, bambini, anziani, cioè categorie di persone che hanno delle percezioni visive molto
differenti tra di loro e che quindi hanno diversi tempi di adattamento alla nuova situazione di
illuminazione ed hanno bisogno di diversi livelli di luce per percepire la segnaletica. E’ in base a
queste considerazioni che diventa di estrema importanza scegliere con cura la posizione e il livello di
illuminamento dei segnali indicanti l’uscita di sicurezza o le vie di esodo, adattandoli alla tipologia di
persone presenti.
La norma UNI EN 1838 giudica quindi ovviamente molto importante che siano visibili e chiaramente
indicate le uscite, quando il locale è occupato da persone.
I requisiti minimi di visibilità impongono l’installazione degli apparecchi di illuminazione ad una altezza
non inferiore ai 2 metri.
Nel caso in cui si ritenga che gli apparecchi siano sottoposti a sollecitazioni meccaniche particolari,
quali urti o colpi che potrebbero comprometterne il funzionamento (ad esempio perché installati ad
altezza inferiore ai 2,5 m o perché l’ambiente si presta particolarmente a questi rischi), è bene
prevedere il montaggio di una griglia metallica di protezione.
Un’altra cosa che ci si può chiedere, è se è migliore la scelta di apparecchi a parete o a soffitto.
Apparentemente potrebbe essere indifferente, a parità di illuminamento; in realtà ci sono due fattori,
uno ciascuno, a favore delle due soluzioni. L’installazione a soffitto non richiederà praticamente mai la
griglia di protezione, ma nel contempo, in caso di presenza di fumo da incendio gli apparecchi a
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Guida all’illuminazione di sicurezza (prima parte)
soffitto sono più oscurati rispetto a quelli a parete. Per prevedere problemi di questo genere,
l’apparecchio di illuminazione potrebbe essere integrato con un dispositivo di puntamento laser che
indichi l’uscita di sicurezza o il percorso da seguire per arrivarci.
In ogni caso, sia per l’illuminazione delle vie di esodo che per quella antipanico, occorre che la luce
proveniente dagli apparecchi sia diretta dall’alto verso il suolo, illuminando ogni ostacolo fino a 2
m di altezza al di sopra del suolo.
L’illuminazione di sicurezza ha tre anime, cioè gli apparecchi di illuminazione si installano in base a
tre diversi obiettivi, per illuminare le vie di esodo, per evitare l’insorgenza di situazioni di panico
e per garantire la sicurezza di persone impegnate in lavori o situazioni rischiose. Analizziamo in
dettaglio le caratteristiche che devono possedere questi tre tipi di illuminazione:
In condizioni di emergenza, l’illuminazione delle vie di esodo ha lo scopo di consentire alle persone
presenti di identificare chiaramente le vie di fuga verso un’uscita di sicurezza ed un conseguente
luogo sicuro. Le vie di esodo, non solo però devono essere illuminate, ma devono anche essere
segnalate; la segnaletica di sicurezza si inserisce quindi nel contesto dell’illuminazione per l’esodo.
Attenzione però, anche se illuminazione e segnalazione si integrano per raggiungere un unico
risultato, i livelli di illuminamento previsti per l’esodo devono venire solo dagli apparecchi di
illuminazione e non devono tenere conto dell’illuminazione proveniente dai dispositivi di
segnalazione retroilluminati, i quali vanno semmai ad aumentare l’illuminamento non a sostituirlo.
Quindi volendo esprimere in termini matematici l’illuminazione di sicurezza per l’esodo potremmo
scrivere: illuminazione + segnalazione = esodo sicuro. Restando a parlare della parte di illuminazione
necessaria per l’esodo (della segnaletica parleremo più avanti), occorre che essa illumini anche i
dispositivi di pronto soccorso, sicurezza e antincendio. In particolare tutti i dieci luoghi indicati all’inizio
del capitolo, fanno parte dell’illuminazione di sicurezza per l’esodo.
Il livello di illuminamento richiesto varia da ambiente ad ambiente essendoci diverse leggi o decreti
che fissano valori differenti in un albergo piuttosto che in un ospedale (vedi il capitolo “Locali e
tipologie di impianto nei quali è prevista l'installazione dell’illuminazione di sicurezza”). In alcuni casi,
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Guida all’illuminazione di sicurezza (prima parte)
In ogni caso per garantire una sufficiente uniformità, il rapporto tra illuminamento massimo e
minimo sulla linea mediana non deve essere maggiore di 40. L’uniformità di illuminamento
permette l’evitarsi di fenomeni quali aloni di luce che complicano l’individuazione delle vie di esodo.
Altre caratteristiche che deve possedere l’illuminazione di sicurezza per l’esodo secondo la norma UNI
EN 1838 sono i seguenti: autonomia minima 1 ora, indice di resa cromatica almeno pari a 40,
50% dell’illuminamento entro 5 s e illuminamento completo entro 60 s.
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Guida all’illuminazione di sicurezza (prima parte)
La norma suddetta indica il livello di massima intensità luminosa all’interno del campo visivo delle
persone, in base all’altezza di installazione dell’apparecchio di illuminazione (tabella 1). Per campo
visivo si intende quello formato entro un angolo compreso tra 60 ° e 90 ° rispetto alla verticale per vie
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Guida all’illuminazione di sicurezza (prima parte)
di esodo piane senza ostacoli (figura 14), e quello formato da qualsiasi angolo per tutte le altre vie di
esodo (figura 15).
h ≥ 4,5 5000
Tabella 1 – Valori limite dell’abbagliamento per illuminazione delle vie di esodo e antipanico
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Guida all’illuminazione di sicurezza (prima parte)
Illuminazione antipanico
La norma EN 50172 “Sistemi di illuminazione di sicurezza” individua tre situazioni nelle quali è
necessario prevedere un’illuminazione antipanico:
Più in generale, il progettista deve cercare di immedesimarsi nelle persone di fronte ad una situazione
di emergenza, cercando di capire quali possono essere le loro reazioni. Fatta questa analisi, occorre
decidere di conseguenza sulla necessità o meno dell’illuminazione antipanico.
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Guida all’illuminazione di sicurezza (prima parte)
Sull’intera area con illuminazione antipanico, l’illuminamento al suolo deve essere almeno pari a
0,5 lx, con l’unica eccezione di una fascia di 0,5 m posta sul perimetro dell’area considerata (EN
1838).
Le considerazioni e i valori relativi all’abbagliamento (tabella 1), al rapporto tra illuminamento massimo
e minimo, all’indice di resa cromatica, all’autonomia e ai tempi di fornitura dell’illuminamento, ricalcano
invece esattamente quanto già detto per l’illuminazione delle vie di esodo.
Scopo di questo tipo di illuminazione di sicurezza, come indicato dalla norma UNI EN 1838, “è quello
di contribuire alla sicurezza delle persone impegnate in situazioni o processi potenzialmente
pericolosi, nonché di consentire l’effettuazione di corrette procedure di terminazione dei processi, in
funzione della sicurezza di altri occupanti del luogo”.
E’ un compito del datore di lavoro, in base al Dlgs 626/94 individuare quali possono essere le
situazioni e i processi pericolosi, tali da richiedere un’illuminazione particolare di questo tipo. Alcuni
esempi potrebbero essere i seguenti: lavori in presenta di carroponte, lavorazioni in sotterraneo, lavori
su macchine in movimento (figura 16), fonderie, etc.
Ricordiamo inoltre al riguardo anche l’articolo 2050 del Codice Civile sulle responsabilità per
l’esercizio di attività pericolose: “Chiunque cagiona danno ad altri nello svolgimento di un'attività
pericolosa, per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati, è tenuto al risarcimento, se non
prova di avere adottato tutte le misure idonee a evitare il danno”.
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Guida all’illuminazione di sicurezza (prima parte)
Le caratteristiche che deve possedere un’illuminazione in aree ad alto rischio sono le seguenti:
• L’illuminamento mantenuto sul piano di riferimento deve essere almeno pari al 10%
dell’illuminamento in condizioni normali, e comunque mai inferiore ai 15 lx;
Ai fini di uniformità, il rapporto tra illuminamento massimo e illuminamento minimo non può essere
superiore a 10;
Devono essere evitati effetti stroboscopici, cioè l’effetto ottico che fa sembrare fermi organi di
macchine in rotazione se la sorgente luminosa ha una frequenza simile a quella della rotazione. Per
questo sarebbe bene utilizzare sorgenti luminose con frequenza di alimentazione differente dai 50 Hz;
Per l’abbagliamento valgono le stesse considerazioni fatte per l’illuminazione delle vie di esodo, ma i
valori limite da rispettare sono differenti (tabella 2);
L’autonomia minima non viene indicata , se non nel tempo per il quale esiste il rischio;
I tempi di intervento devono essere al massimo di 0,5 s, meglio ancora se si utilizzano apparecchi di
tipo permanente (sempre accesi).
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Guida all’illuminazione di sicurezza (prima parte)
h ≥ 4,5 10000
Tabella 2 – Valori limite dell’abbagliamento per l’illuminazione delle aree con attività ad alto rischio
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Guida all’illuminazione di sicurezza (prima parte)
3. Verifiche e manutenzione
Una volta realizzato l’impianto, poiché vengono richiesti determinati livelli di illuminamento al suolo o
ad 1 metro dal suolo, occorre verificare attraverso un luxmetro se si rispettano i dettami normativi o
legislativi. Lo strumento utilizzato deve avere una tolleranza, cioè un limite di errore non superiore al
10%, mentre le misure possono essere effettuate fino a 2 cm dal suolo.
Per quanto riguarda le verifiche periodiche e la manutenzione ci appoggiamo a due novità normative
complementari tra loro. Nell’aprile del 2006 (con validità a partire dal 1 giugno) è stata pubblicata da
parte del CEI, l’edizione italiana della norma CEI EN 50172 (l’edizione europea esisteva dal 2004)
“Sistemi di illuminazione di emergenza” che riguarda le disposizioni per l'illuminazione di sicurezza di
tipo elettrico in tutti i luoghi di lavoro e nei locali aperti al pubblico e le disposizioni riguardo
all'illuminazione di riserva quando questa viene utilizzata come illuminazione di sicurezza. Questo
documento normativo si va in parte a sovrapporre alla UNI EN 1838, trattando argomenti comuni, ma
toccando anche argomenti non sfiorati dalla EN 1838 come quelli relativi alla manutenzione ed alle
prove periodiche da effettuare sugli impianti di illuminazione di sicurezza allo scopo di garantirne
l’efficienza operativa. Tali argomenti vengono però trattati in maniera non troppo dettagliata, ed ecco
allora che pochi mesi dopo, siamo in dicembre 2006, esce la norma UNI 11222 dal titolo “Impianti di
illuminazione di sicurezza negli edifici – Procedure per la verifica periodica, la manutenzione, la
revisione e il collaudo”, nella quale viene indicato cosa deve essere testato, provato, verificato
all’interno dell’impianto e quando farlo, demandando alla già citata CEI EN 50172 il compito di definire
“come” effettuare queste verifiche. Il documento UNI, infatti richiama spesso il documento CEI (in
verità anche articoli che non esistono o sono stati omessi nella versione italiana) quando si tratta di
entrare nel dettaglio delle procedure operative di verifica.
Concentriamo la nostra attenzione quindi sulla norma UNI 11222, estraendo di volta in volta ciò che ci
sarà necessario dalla CEI EN 50172 (classificazione CEI 34-111).
La nuova norma UNI 11222 si applica a tutti gli edifici ed a tutti i tipi di apparecchi per l’illuminazione
d’emergenza, sia quelli autonomi nei quali la fonte di alimentazione per la lampada (batteria) è interna
all’apparecchio, sia quelli centralizzati nei quali la fonte di alimentazione per la lampada non risiede
nell’apparecchio, ma proviene da una sorgente indipendente dall’alimentazione ordinaria (in genere
UPS o più raramente gruppo elettrogeno), sia quelli costituiti da apparecchi a controllo automatico
(autonomo o centralizzato), nei quali esiste un sistema di prova e/o verifica automatica con
segnalazioni poste sull’apparecchio e/o remote; tale sistema di verifica automatica è costituita da
componenti e dispositivi quali temporizzatori, rivelatori di corrente, sensori di luce, dispositivi di
commutazione, etc., che interconnessi realizzano un sistema che svolge automaticamente le verifiche
periodiche degli impianti per illuminazione d'emergenza e fornisce indicazioni sui risultati di prova.
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Guida all’illuminazione di sicurezza (prima parte)
Come già osservato, il documento normativo distingue quattro tipi di controlli dell’impianto, verifica
periodica, manutenzione, revisione e collaudo.
Verifiche periodiche
Nel registro dei controlli periodici devono essere catalogate tutte le prove effettuate con i relativi
risultati ottenuti. Le schede di verifica possono essere scritte manualmente o stampate se è presente
un sistema di prova automatico: quindi l’esito stampato di un sistema di auto-diagnosi è considerato
sufficiente a sostituire i dati del registro (nota normativa presente sia nella EN 50172 che nella norma
UNI 11222).
Il registro deve essere affidato ad una persona responsabile indicata dal proprietario del locale e deve
essere collocato in un luogo tale da essere facilmente reperibile. Nel registro devono essere riportate
almeno le seguenti informazioni:
Data di messa in funzione dell’impianto, documentazione tecnica del progetto, incluse certificazioni
relative ad eventuali modifiche;
Data e breve descrizione di eventuali difetti riscontrati e delle azioni correttive intraprese;
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Guida all’illuminazione di sicurezza (prima parte)
Identificazione (tramite ragione sociale, indirizzo, etc.) e firma leggibile del manutentore.
Il registro, che deve contenere una sorta di anagrafica degli apparecchi di sicurezza (vedi tabella 3),
deve anche riportare i dettagli sui componenti da sostituire degli apparecchi di illuminazione, come il
tipo di lampada, la batteria e i fusibili.
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Guida all’illuminazione di sicurezza (prima parte)
verifica delle condizioni costruttive degli apparecchi con eventuale sostituzione delle lampade o dei
particolari di materia plastica danneggiati;
verifica delle corrette operazioni del sistema nel funzionamento di emergenza mediante le
indicazioni/segnalazioni fornite dallo stesso.
Tabella 4 – Scheda di verifica di funzionamento degli apparecchi di illuminazione e segnalazione di sicurezza (da inserire nel
registro dei controlli)
La frequenza con la quale devono essere eseguite le verifiche di funzionamento, secondo il nuovo
documento UNI, è almeno mensile nei casi a), b) e f) e settimanale negli altri casi. E’ palese che se un
particolare disposto legislativo su un certo ambiente (es. ospedale, pubblico spettacolo, scuole,
biblioteche, etc.) dispone tempistiche differenti, è ad esso che spetta la precedenza.
Verifica di autonomia: è volta ad accertare che i dispositivi che realizzano l’impianto di illuminazione
di sicurezza assicurino l’autonomia di impianto, a seguito del tempo di ricarica previsto dalla
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Verifica generale: consiste nella verifica complessiva dell’efficienza degli apparecchi di sicurezza o
dell’alimentazione centralizzata (gruppo soccorritore) e del rispetto dei requisiti illuminotecnici di
progetto, mediante la seguente serie di controlli (tabella 6):
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Il materiale e i contenuti presentati nel documento sono stati attentamente vagliati e analizzati, e sono stati elaborati con la massima cura. In ogni caso errori, inesattezze e
omissioni sono possibili. Voltimum Italia s.r.l. a socio Unico declina qualsiasi responsabilità per errori ed omissioni eventualmente presenti nel sito.
Guida all’illuminazione di sicurezza (prima parte)
verifica del grado d’illuminamento di locali, percorsi, scale di sicurezza, ostacoli, ausiliari di sicurezza
etc. nel rispetto di quanto richiesto dall’ambiente di installazione, dalla legislazione vigente e dalle
norme in vigore;
verifica dell’integrità e leggibilità dei segnali di sicurezza in relazione alle distanze di visibilità;
verifica del numero e della tipologia degli apparecchi installati, con relativi dati di ubicazione e di
prestazioni illuminotecniche (lumen) in conformità con il progetto originale;
verifica del funzionamento del comando di spegnimento d’emergenza del soccorritore in corrente
alternata (pulsante a fungo);
La frequenza con la quale devono essere eseguite le verifiche generali, secondo il nuovo documento
UNI, è almeno annuale, anche se è consigliata una periodicità semestrale. Anche in questo caso,
eventuali leggi possono disporre tempi diversi.
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Guida all’illuminazione di sicurezza (prima parte)
Tutti e tre i tipi di verifica periodica, funzionamento, autonomia e generale, devono essere effettuate,
così dice la norma UNI 11222, in conformità a quanto disposto dall’art. 7 della norma CEI EN 50172.
Andiamo quindi a vedere cosa dice questo articolo sulle operazioni da effettuare:
Tutte le verifiche che prevedono la scarica completa, devono svolgersi in periodi di basso rischio per
permettere la ricarica delle batterie, oppure se non fosse possibile, bisogna adottare adeguate misure
di sicurezza fino alla ricarica delle batterie. Nel caso della verifica dell’autonomia, ad esempio, bisogna
permettere la ricarica delle batterie in tempo per il possibile utilizzo in un eventuale black-out;
Effettuare una verifica giornaliera degli indicatori di corretta alimentazione degli apparati (è un
semplice esame a vista e non necessita di prove di funzionamento);
Effettuare una verifica mensile eseguendo una prova funzionale degli apparati, simulando un guasto
dell’alimentazione ordinaria per un periodo sufficiente a verificare la corretta accensione degli
apparecchi di emergenza. La durata della simulazione di guasto deve essere il più possibile breve,
allo scopo di evitare danni all’autonomia delle lampade. Per i sistemi ad alimentazione centralizzata,
deve essere verificato anche il corretto funzionamento dei controlli del sistema. Al termine della prova
occorre controllare che sia stata ripristinata l’alimentazione della normale illuminazione;
Effettuare una verifica annuale su ogni apparecchio di illuminazione e su ogni segnale illuminato
internamente, con le stesse modalità della precedente prova mensile, ma ora simulando la mancanza
dell’alimentazione ordinaria non per un breve periodo, ma per l’intera durata nominale
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Guida all’illuminazione di sicurezza (prima parte)
dell’apparecchio così come dichiarata dal costruttore. Al termine della prova occorre controllare che
sia stata ripristinata l’alimentazione della normale illuminazione, e che le batterie si siano caricate
correttamente.
Ovviamente viene ribadito che le date e i risultati delle prove devono essere riportati nel registro dei
controlli (log book). Quando sono utilizzati dei sistemi automatici di prova, devono essere registrati
(mensilmente) i risultati della verifica di autonomia e i risultati delle prove funzionali.
Manutenzione periodica
“Una regolare manutenzione è essenziale”, recita l’art. 7 della CEI EN 50172. Noi ci associamo. Il
concetto di manutenzione è legato al mantenimento nel tempo delle funzionalità degli apparecchi e
dell’impianto di illuminazione di sicurezza, per prevenire eventuali situazioni di guasto. Il documento
UNI, infatti intende la manutenzione periodica come una “serie di operazioni programmate che
consentono di mantenere gli apparecchi in condizioni di efficienza, far sì che l’impianto esplichi le
proprie funzioni di sicurezza nel tempo e di ridurre la probabilità che insorgano eventuali condizioni di
guasto e/o pericolo, con particolare riferimento ai seguenti aspetti:
- ripristino dell’apparecchio nel caso non sia presente, nella posizione intesa secondo
quanto previsto dalla legislazione vigente e secondo quanto inteso nel progetto del
sistema;
- rimozione degli oggetti o altro che possano in qualche modo compromettere l’efficacia
del dispositivo (per esempio arredi che impediscono la corretta illuminazione di
attrezzature antincendio quali estintori);
- ripristino dell’apparecchio che evidenzi rotture della struttura o degrado della stessa
tale da comprometterne la sicurezza della funzione e il rispetto delle prescrizioni di
impianto;
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Guida all’illuminazione di sicurezza (prima parte)
In termini ancora più comprensibili possiamo dire che la manutenzione periodica serve ad allungare la
vita dell’impianto, facendolo restare “sano” nel tempo e facendo in modo così di superare con esito
positivo tutte i controlli delle verifiche periodiche.
Il proprietario dei locali deve scegliere una persona di accertata autorità, che attenga alla supervisione
della manutenzione dell’impianto, mentre la figura del manutentore vero e proprio è quello di una
persona “qualificata ed in possesso di adeguata formazione e di conoscenze specifiche della
manutenzione elettrica” (anche qui non si entra troppo nel dettaglio, anche se si richiede
specificamente la conoscenza elettrica).
esame generale dell’intero impianto d’illuminazione e segnalazione di sicurezza per la verifica dello
stato di tutti i componenti;
Anche gli interventi di manutenzione periodica e le azioni correttive devono essere annotati sul
registro dei controlli periodici (tabella 7) in conformità alla legislazione vigente e al punto 7 della norma
CEI EN 50172. La frequenza consigliata delle operazioni di manutenzione periodica è di sei mesi.
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Guida all’illuminazione di sicurezza (prima parte)
Revisione
Possiamo definire la revisione come una sorta di check-up da effettuare ad intervalli regolari (o magari
più ravvicinati nel tempo a mano a mano che l’impianto invecchia) per controllare in maniera
dettagliata di tutti i componenti dell’impianto di illuminazione e segnalazione di emergenza, allo scopo
di verificarne l’efficienza, con la possibilità di effettuare eventuali sostituzioni di parti di impianto. Gli
accertamenti da compiere che la norma UNI propone sono i seguenti:
sostituzione dello schermo trasparente o dello schermo riflettente di materia plastica degli apparecchi;
aggiornamento hardware e/o software del circuito elettronico, con eventuale sostituzione;
esame generale dell’intero impianto d’illuminazione e segnalazione di sicurezza per la verifica dello
stato dei componenti quali cavi, interruttori, sezionatori, ecc. in conformità alla CEI 64-14;
sostituzione del comando (pulsante a fungo) destinato ai Vigili del Fuoco per lo spegnimento di
emergenza del gruppo soccorritore;
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Guida all’illuminazione di sicurezza (prima parte)
Anche per gli interventi di revisione, come per quelli di manutenzione, viene richiesto personale
qualificato in possesso di adeguata formazione e conoscenze specifiche della manutenzione elettrica.
Anche gli interventi di revisione devono essere annotati sul registro dei controlli periodici (tabella 8) in
conformità alla legislazione vigente e al punto 7 della norma CEI EN 50172.
Tabella 9 – Frequenza temporale degli interventi di controllo su un impianto di illuminazione di sicurezza indicati dalla norma
UNI 11222
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Guida all’illuminazione di sicurezza (prima parte)
Collaudo
Il collaudo è un’operazione eseguita in coda alla manutenzione periodica allo scopo di verificare
l’efficacia dell’intervento appena effettuato. La parte di impianto che è stata soggetta a manutenzione
deve essere sottoposta ad un ciclo di ricarica di 48 ore e quindi ad una fase di scarica controllata per
verificare il rispetto dei dati forniti dal costruttore relativi all’autonomia. Questa operazione, essendo
piuttosto invasiva sull’impianto e sulla sua sicurezza, deve essere compiuta possibilmente, quando i
locali non sono occupati.
Indicato in quale modo può essere gestita la manutenzione dell’impianto, ricordiamo che il Dlgs
626/94 impone per i luoghi di lavoro un mantenimento in efficienza dei sistemi di sicurezza e quindi
anche dell’illuminazione di sicurezza. L’art. 3 punto r) “regolare manutenzione di ambienti,
attrezzature, macchine e impianti, con particolare riguardo ai dispositivi di sicurezza in conformità alla
indicazione dei fabbricanti” e l’art. 32 punto d) “gli impianti e i dispositivi di sicurezza, destinati alla
prevenzione o all’eliminazione dei pericoli, vengono sottoposti a regolare manutenzione e al controllo
del loro funzionamento” sono abbastanza espliciti al riguardo.
L’ultima norma partorita sull’illuminazione di sicurezza è datata maggio 2007 e come è ormai
consuetudine, il CEI l’ha pubblicata per il momento solo in lingua inglese in attesa di una versione
bilingue. Si tratta della norma CEI EN 62034 (classificazione CEI 34-117) sui “Sistemi di verifica
automatica per l’illuminazione di sicurezza”.
Negli apparecchi a controllo automatico, esiste un sistema di prova e/o verifica automatica con
segnalazioni poste sull’apparecchio e/o remote; tale sistema di verifica automatica è costituita da
componenti e dispositivi quali temporizzatori, rivelatori di corrente, sensori di luce, dispositivi di
commutazione, etc., che interconnessi tra loro realizzano un sistema che svolge automaticamente le
verifiche periodiche degli impianti per illuminazione d'emergenza e fornisce indicazioni sui risultati di
prova. E’ a questa ultima filosofia installativa, sia che sia autonoma o centralizzata, che si rivolge la
nuova norma CEI EN 62034.
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Guida all’illuminazione di sicurezza (prima parte)
funzionamento, ma le tecniche convenzionali per le verifiche si basano sul fatto che vengano
effettuate manualmente alcune procedure di test. Questo è soggetto ovviamente a rischi legati a
possibili negligenze od errori da parte umana. Questa limitazione può essere superata attraverso
l’automatizzazione del processo di verifica. E’ essenziale che i sistemi di test automatici per gli
apparecchi d'illuminazione di emergenza programmino in maniera attendibile le verifiche, e forniscano
una notifica immediata dei guasti o della degradazione delle prestazioni del sistema.
I sistemi di verifica automatici (ATS ovvero automatic test systems) che richiedono ancora l’intervento
manuale per correggere i guasti quando questi sono individuati, devono fornire informazioni per
assistere gli utenti nel gestire i rischi nei loro locali. In sostanza tali sistemi aiutano l'operatore addetto
alla sicurezza mostrando i risultati delle verifiche effettuate ad intervalli regolari e senza interrompere
l’alimentazione ordinaria. La notifica dei guasti o della riduzione delle prestazioni del sistema deve
essere data in tempi brevi per permettere di ristabilire il corretto e completo funzionamento del sistema
di sicurezza. Il sistema di verifica automatico deve inoltre inviare informazioni che permettano di
accertare se gli apparecchi d'illuminazione installati funzionano correttamente.
Dovrebbe essere effettuato regolarmente anche un controllo visivo dei componenti e degli indicatori
del sistema. Un tale controllo è utile per accertarsi che l'apparecchio d'illuminazione di sicurezza sia
presente ed intatto, con le lampade e gli indicatori funzionanti e visibili, ovvero non oscurati, coperti o
verniciati.
La norma CEI EN 62034 classifica, in base a velocità ed efficacia di effettuazione del processo di
testing, i sistemi di verifica automatici (ATS) in quattro categorie:
Tipo S: ATS che consiste di un apparecchio di illuminazione autonomo con dispositivi di autoverifica
al proprio interno in genere gestiti da microprocessore (figura 17). Questo sistema fornisce delle
segnalazioni locali tramite indicatori a LED sullo stato dell’apparecchio di illuminazione, ma
ovviamente richiede che qualcuno vada a ispezionare manualmente i singoli apparecchi. Inoltre
richiede la trascrizione manuale sul registro dei controlli periodici dei risultati delle ispezioni;
Tipo P dove gli apparecchi di illuminazione di sicurezza vengono monitorati e le loro condizioni
vengono segnalate attraverso un sistema che raccoglie e mostra i risultati delle verifiche, ma viene
richiesta la trascrizione manuale sul registro dei controlli periodici delle informazioni ottenute;
Tipo ER, come il tipo P, ma i risultati delle verifiche vengono registrati automaticamente dal sistema
automatico;
Tipo PER, come i tipi P ed ER, ma con un elenco di indicatori di guasto che automaticamente
forniscono una indicazione remota dei difetti sugli apparecchi esaminati (figure 18 e 19).
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Guida all’illuminazione di sicurezza (prima parte)
Il sistema automatico (nel caso dei sistemi P, ER e PER) deve indicare sul pannello di controllo
qualsiasi guasto che si verifichi durante l’avanzamento della sequenza di verifica programmata.
Solo personale autorizzato deve poter avere accesso al pannello di controllo per modificare la durata
e la frequenza temporale delle verifiche.
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Guida all’illuminazione di sicurezza (prima parte)
Verifica funzionale: una verifica funzionale deve essere effettuata almeno una volta al mese seconda
la norma CEI EN 62034 (una volta alla settimana è invece il consiglio della norma UNI 11222. Note
normative raccomandano comunque di seguire le regole nazionali e quindi la UNI 11222). La durata
della verifica deve essere sufficiente per controllare l’illuminazione della lampada e non deve superare
il 10% della durata nominale della lampada (definita dalla norma CEI 34-22 come il tempo, dichiarato
dal costruttore, in cui viene fornito il flusso luminoso di emergenza). Se viene a mancare
l’alimentazione entro 4 ore dall’inizio della programmata verifica funzionale, la verifica deve essere
rinviata in un orario compreso tra le 4 e le 24 ore dopo il ripristino dell’alimentazione;
Verifica di autonomia: un test sull’intera durata nominale della lampada di emergenza deve essere
effettuato, secondo le indicazioni del costruttore, al momento dell’installazione e successivamente va
ripetuto automaticamente ogni anno (ogni 3 mesi secondo la UNI 11222). Delle prove casuali sulla
durata nominale, dovranno essere effettuate nell’arco di tempo compreso tra le 4 e le 52 settimane
dall’installazione. Se viene a mancare l’alimentazione entro 24 ore dall’inizio della programmata
verifica di autonomia, la verifica deve essere rinviata in una data che vada oltre i 7 giorni dopo il
ripristino dell’alimentazione;
Il sistema deve anche verificare che i dispositivi di commutazione (tra alimentazione ordinaria e di
sicurezza), quando attivati, vadano ad alimentare le lampade attraverso l’alimentazione di emergenza.
In base al tasso di carica della batteria, il caricatore dovrà essere disconnesso od ignorato durante la
prova;
Per gli apparecchi di emergenza ad illuminazione permanente in cui non esiste il dispositivo di
commutazione (detti sistemi on-line), il sistema automatico di verifica deve controllare che le
lampade operino correttamente in entrambi in modi, sia con la normale alimentazione che in
condizioni di guasto dell’alimentazione. Il test viene effettuato mentre le lampade permanenti sono in
funzionamento.
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Guida all’illuminazione di sicurezza (prima parte)
Figura 18 – Sistema di verifica automatica per apparecchi autonomi con monitoraggio centrale e
collegamento diretto tra gli apparecchi di illuminazione ed il pannello di controllo remoto (CEI EN 62034)
Guasti di comunicazione: qualsiasi guasto di connessione tra parti del sistema (apparecchi di
illuminazione, pannello di controllo, unità centralizzata di alimentazione, etc.) non deve inibire il
funzionamento in emergenza delle lampade e nemmeno far partire dei test non richiesti. Inoltre, nel
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Guida all’illuminazione di sicurezza (prima parte)
caso dei sistemi P, ER e PER, qualsiasi guasto di comunicazione deve essere indicato sul pannello di
controllo remoto entro un mese dall’occorrenza del guasto. La prova da effettuare consiste nel
simulare un guasto di interconnessione e controllare l’accensione dell’indicatore corrispondente sul
pannello di controllo;
Guasti di collegamento: possibili corto circuiti, contatti a terra o interruzioni dell’alimentazione del
sistema automatico non devono influenzare il funzionamento degli apparecchi di illuminazione in
modalità emergenza e non devono far partire dei test non richiesti. Anche la conformità a questa
condizione viene controllata attraverso simulazione;
Guasti sui componenti: un guasto su una qualsiasi parte del sistema automatico non deve inibire il
funzionamento in emergenza di più di una delle lampade connesse all’ATS e nemmeno far partire dei
test non richiesti;
Problemi legati alla compatibilità delle parti del sistema: è responsabilità del progettista del
sistema assicurarsi che tutte le parti componenti siano fra di loro compatibili;
Guasti al software: è responsabilità del progettista del sistema assicurarsi di una corretta operatività
e protezione guasti del software. Nemmeno questo genere di guasto deve inibire il funzionamento in
emergenza di più di una delle lampade connesse all’ATS e nemmeno far partire dei test non richiesti;
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Guida all’illuminazione di sicurezza (prima parte)
collegamento diretto tra gli apparecchi di illuminazione ed il pannello di controllo remoto (CEI EN 62034)
Un ATS deve essere progettato per minimizzare gli effetti di un guasto (che si può ripercuotere sulla
disponibilità dell’illuminazione di sicurezza) originato dalle batterie che sono solo parzialmente cariche
a causa di una precedente verifica di autonomia e susseguente ricarica. Le verifiche di autonomia
dovrebbero, per questo, essere effettuate quando l’edificio non è occupato, ma non può essere
esclusa la possibilità che durante il test siano presenti delle persone all’interno dell’edificio. Nel primo
caso si può scegliere se affidarsi alla procedura di prova 1 o alla 2, mentre nel secondo caso si deve
seguire obbligatoriamente la seconda procedura di seguito descritta:
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Procedura di verifica 1: dopo un ciclo di carica di 24 ore a 0,9 volte la tensione nominale,
l’alimentazione viene spenta (simulando così un guasto) ed il sistema di emergenza viene posto nel
modo di riposo o di inibizione. Dopo un periodo di sette giorni, l’alimentazione viene ripristinata e si
controlla che le funzioni di conteggio e temporizzazione non siano state alterate o interrotte dalla
simulazione;
Procedura di verifica 2:
Per sistemi con apparecchi autonomi è possibile utilizzare una delle seguenti tre procedure per
assicurare un sufficiente livello di sicurezza in caso di guasto dell’alimentazione:
Effettuare un inizio manuale delle funzioni di verifica, assicurandosi (tramite l’indicazione visiva di
guasto o attraverso annotazioni delle prove precedenti) che la prova nominale di scarica non sia stata
effettuata nei precedenti 12 mesi;
Per sistemi ad alimentazione centralizzata: è possibile utilizzare una delle seguenti due procedure
per assicurare un sufficiente livello di sicurezza in caso di guasto dell’alimentazione:
Utilizzare un ATS equipaggiato con doppie batterie in parallelo, in cui una sia in grado di fornire
l’illuminazione mentre l’altra è scarica. Questo sistema permette inoltre ad alcuni apparecchi di
illuminazione di continuare a funzionare, mentre le batterie vengono sostituite. La prova della
correttezza di questo funzionamento avviene facendo funzionare alternativamente le batterie doppie
consentendo una ricarica di 24 ore fra le due prove. Ovviamente la posizione degli apparecchi di
illuminazione collegati alla batteria completamente carica dovrebbe garantire che, in caso di guasto
dell’alimentazione durante il ciclo di prova, nessuna zona dell’uscita di emergenza rimanga in
completa oscurità;
Effettuare un inizio manuale delle funzioni di verifica, assicurandosi (tramite l’indicazione visiva di
guasto o attraverso annotazioni delle prove precedenti) che la prova di scarica non sia stata effettuata
nei precedenti 12 mesi;
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tra gli apparecchi di illuminazione ed il pannello di controllo remoto (Spy System Linergy)
Come già detto, un ATS deve fornire una indicazione dei risultati delle verifiche. Eventuali indicazioni
di guasto non devono essere cancellate da successivi test eseguiti con successo, per dare la
possibilità a chi interpreta i dati di ricostruire l’accaduto. La memorizzazione delle indicazioni di guasto
deve rimanere per almeno una settimana dopo la rilevazione del guasto, altrimenti l’ATS deve
automaticamente ripetere la verifica “non riuscita”, dopo aver effettuato la ricarica, per un periodo di 24
ore.
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Per quanto riguarda la registrazione dei risultati delle prove, se si tratta di apparecchi autonomi
l’indicazione visiva di guasto che si trova sull’apparecchio (figura 17) può essere spenta soltanto dopo
la correzione del guasto, mentre per gli apparecchi ad alimentazione centralizzata i risultati delle
verifiche devono essere memorizzati elettronicamente e deve essere fornita indicazione visiva e/o
acustica dei guasti riscontrati. In quest’ultimo caso lo storico delle registrazioni dovrà essere
visualizzabile e stampabile (figura 22).
Figura 21 – Esempio di pannello di controllo di un sistema di verifica automatica (Spy System Linergy)
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4. Linee di alimentazione
Facciamo solo un accenno a come devono essere le linee che vanno ad alimentare gli apparecchi di
illuminazione di sicurezza. Occorre ovviamente distinguere il caso in cui l’alimentazione è centralizzata
dal caso in cui l’alimentazione è autonoma.
Se l’alimentazione è autonoma il discorso è completamente differente, in quanto non serve una linea
dedicata agli apparecchi di sicurezza i quali vengono così alimentati dalle linee ordinarie. Infatti gli
apparecchi, durante i black-out, traggono l’alimentazione dalle batterie e le batterie sono mantenute in
carica dalle linee ordinarie.
In entrambi i casi è possibile ed è anche auspicabile effettuare una selettività orizzontale fra i vari
apparecchi di emergenza in modo che l’intervento delle protezioni in una certa zona attivi
l’illuminazione di emergenza solo di quella zona, mentre un venir meno dell’alimentazione ordinaria
attivi tutti gli apparecchi di illuminazione di emergenza.
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5. Segnaletica di sicurezza
Il riferimento legislativo per quanto riguarda la segnaletica di sicurezza nei luoghi di lavoro è il
Dlgs 493/96 “Attuazione della direttiva 92/58/CEE concernente le prescrizioni minime per la
segnaletica di sicurezza e/o di salute sul luogo di lavoro”. Riportiamone alcuni articoli significativi
riguardo alla segnaletica delle vie di fuga:
Articolo 1 comma 2: “I segnali di sicurezza, … sono composti …da: cartelli, ovvero segnali che,
mediante combinazione di una forma geometrica, di colori e di un simbolo o pittogramma, forniscono
indicazioni determinate, la cui visibilità è garantita da una illuminazione di intensità sufficiente”
Allegato II, articolo 2: I cartelli devono essere “sistemati tenendo conto di eventuali ostacoli, ad
un'altezza ed in una posizione appropriata rispetto all'angolo di visuale, all'ingresso alla zona
interessata in caso di rischio generico, ovvero nelle immediate adiacenze di un rischio specifico o
dell'oggetto che s'intende segnalare e in un posto bene illuminato e facilmente accessibile e visibile”;
inoltre “in caso di cattiva illuminazione naturale sarà opportuno utilizzare colori fosforescenti, materiali
riflettenti o illuminazione artificiale”.
Allegato II, articolo 1.3: “I pittogrammi utilizzati potranno differire leggermente dalle figure
riportate (figura 17) o presentare rispetto ad esse un maggior numero di particolari, purché il
significato sia equivalente e non sia reso equivoco da alcuno degli adattamenti o delle modifiche
apportati”.
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Guida all’illuminazione di sicurezza (prima parte)
Sempre restando nell’ambito dei luoghi di lavoro il vecchio, ma ancora vivo DPR 547/55, all’art. 13,
comma 10 si legge “Le vie e le uscite di emergenza devono essere individuate da apposita
segnalazione, conforme alle disposizioni vigenti, durevole e collocata in luoghi appropriati”.
Per rispettare il Dlgs 493/96 i cartelli per la segnaletica di sicurezza devono avere forma quadrata o
rettangolare e con un pittogramma bianco su fondo verde (il verde deve coprire almeno il 50 %
della superficie del cartello). Come risulta dalla figura 17, i segnali normalizzati aventi la funzione di
indicare le uscite di sicurezza, evitano di utilizzare scritte tipo “EXIT” o “USCITA DI SICUREZZA”. Non
che sia espressamente vietato, ma si preferisce utilizzare segnali grafici che siano quindi
immediatamente comprensibili a chiunque, indipendentemente dalla lingua o cultura di provenienza.
Avendo la ovvia necessità di essere visibile, un segnale di sicurezza deve essere illuminato e questo
può essere realizzato nei seguenti modi:
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Guida all’illuminazione di sicurezza (prima parte)
Come segnali si utilizzano dei normali cartelli metallici che vengono illuminati da apparecchi di
emergenza posti nelle vicinanze (illuminazione esterna);
Allo scopo di rendere più leggibile i segnali di sicurezza la norma UNI EN 1838 impone alcune
condizioni illuminotecniche per migliorare la sua uniformità di illuminamento:
La parte verde del segnale deve possedere una luminanza almeno pari a 2 cd/mq
Il rapporto tra la luminanza della parte bianca e quella della parte verde deve essere compresa tra un
minimo di 5 e un massimo di 15 (ad esempio con la parte verde a 3 cd/mq, la parte bianca può andare
da 15 cd/mq a 45 cd/mq);
Sia nella parte bianca che in quella verde del segnale, il rapporto tra luminanza massima e minima
non deve essere superiore a 10, in modo da avere dei colori il più possibile uniformi;
Il valore di luminanza richiesto da un segnale di sicurezza deve essere raggiunto entro 60 s (entro 5 s
occorre il 50 % del valore di luminanza richiesto).
Ma affinché un segnale sia visibile la sua caratteristica più importante è la sua dimensione. Di questo
si occupa sia la norma UNI EN 1838 che il Dlgs 493/96, fornendo delle indicazioni tra loro discordanti.
Le indichiamo entrambe:
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Guida all’illuminazione di sicurezza (prima parte)
Visibilità secondo norma UNI EN 1838: la norma distingue tra i segnali illuminati internamente
(retroilluminati) che sono distinguibili a distanze maggiori, e i segnali illuminati esternamente, fornendo
la seguente formula per determinare la massima distanza di visibilità “d”:
d=sxp
dove p è l’altezza del pittogramma e s è una costante che vale 100 nel caso di segnali illuminati
esternamente e 200 nel caso di segnali illuminati internamente (figura 18). Ad esempio per un segnale
non retroilluminato di altezza 15 cm la massima distanza di visibilità è di 15 m.
Visibilità secondo Dlgs 493/96: il decreto non prende in considerazione segnali retroilluminati e
fornisce una formula valida solo fino a distanze di circa 50 m. La formula per determinare la massima
distanza di riconoscibilità del cartello “L” è la seguente:
L < √ A x 2000
dove A è la superficie del cartello espressa in metri quadri. Ad esempio per un cartello di altezza 15
cm (come nell’esempio precedente) e lunghezza 60 cm (A = 0,09 mq) si ottiene una distanza di
visibilità di 13,4 m. Da questo rapido calcolo si può concludere che, normalmente il Dlgs 493/96 è più
restrittivo della norma UNI EN 1838. Il confronto non si può effettuare sui cartelli retroilluminati perché
il decreto non li prende in considerazione.
Figura 18 – Massima distanza di visibilità dei segnali secondo la norma UNI EN 1838
I cartelli vanno posti come detto in tutti quei punti utili a indicare e segnalare le vie di esodo e le uscite
di sicurezza (figura 19), ma non solo. Infatti la segnaletica di sicurezza deve anche indicare la
posizione delle attrezzature di pronto soccorso e antincendio (estintore, manichette, pulsanti di
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Guida all’illuminazione di sicurezza (prima parte)
allarme, etc.) oltre che i punti di chiamata telefonica sia per pronto soccorso che per interventi
antincendio (vedi i cartelli in figura 20).
Anche per la segnaletica c’è l’obbligo dell’installazione ad una altezza superiore ai 2 metri.
Figura 19 – Esempio della dislocazione della segnaletica indicante le vie di esodo (Beghelli)
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