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ARMIN MOHLER

LA RIVOLUZIONE
CONSERVATRICE
Armin Mohler
Il testo fondamentale per conoscere e capire il movimento di idee che
cambiò i connotati della cultura europea fra le due guerre, e che ancora
oggi produce suggestioni, dibattiti e appassionate rivisitazioni.
Articolato su quattro sezioni (la problematica, l’argomento, le immagini­
guida, i cinque gruppi), il volume analizza tutti i nodi fondamentali della
Konservative Revolution: i rapporti con il nazionalsocialismo e i suoi
“ trotzkisti” , i concetti di Movimento Tedesco e di Weltanschauung, il
nazionalbolscevismo, la nascita di un nuovo tipo di rivoluzionario nel
periodo weimariano, l’influenza intellettuale di Nietzsche, la concezione
sferica del tempo, l’opposizione al nichilismo, la polemica condotta contro
il cristianesimo, il « realismo eroico », la conciliazione degli opposti, le
differenze di sensibilità e di progetti fra le più significative componenti
del movimento di idee (Vòlkischen, Nationalrevolutionàre, Biindischen,
Landvolkbewegung).
Un contributo decisivo per l’apprezzamento dei caratteri originali del più
spregiudicato e coraggioso tentativo di imprimere all’era della Tecnica
e al tumultuoso processo di modernizzazione che ha sconvolto la società
europea del Ventesimo Secolo un segno diverso da quello del « deserto
dei valori » e della dissoluzione dei legami organici nell’individualismo
conflittuale ed egoistico che contrassegna l’epoca della secolarizzazione.
Una guida essenziale alla lettura di autori a lungo posti al bando dalla
Accademia e di recente ritornati prepotentemente “ di moda” sulla scia
di riletture non conformiste e trasversali rispetto alle vecchie ideologie:
Ernst Junger, Cari Schmitt, O'swald Spengler, Arthur Moeller van den
Bruck, il Thomas Mann delle Considerazioni di un impolitico e i tanti
altri che attorno a loro animarono cenacoli di inedita vitalità intellettuale.

ISBN 88-8592-804-8 Lire 20.000


ARMIN MOHLER

LA RIVOLUZIONE
CONSERVATRICE IN GERMANIA 1918 -1932

UNA GUIDA

akropolis
AKROPOLIS/LA ROCCIA DI EREC
1990
Titolo originale dell’opera:
Die Konservative Revolution in Deutschland 1918 - 1932
Ein Handbuch

Traduzione a cura di Luciano Arcella


Copertina di Mexico

© Copyright by Wissenschaftliche Buchgesellschaft, Darmstadt 1972


© Copyright per l’Italia Coop. edit. Akropolis, Napoli -Coop. La Roc­
cia di Erec, Firenze, C.P. 1292 (50122) - Tel.: 055 /2340714 -1990
INTRODUZIONE

Con la presente introduzione intendo da un lato indicare alcuni dati


bio-bibliografici atti a chiarire la personalità dell’autore, dall’altro
focalizzare alcuni punti chiave del lavoro, che va al di là di un semplice
se pur vastissimo repertorio di fonti del movimento cuiturale^politico
della Rivoluzione Conservatrice. Allo scopo parto da un dato, ossia una
dichiarazione sulla quale insiste l’autore (l): il lavoro nella sua forma
"scientifica" ubbidisce agli obblighi di una tesi di dottorato, da lui con­
seguito a Basilea; ma in effetti vuole essere un lavoro di carattere
ideologico, sintesi letteraria della sua volontà politica.
Essa si manifesta nella decisione presa all’età di vent’anni di combattere
per la Germania, nonostante la sua formazione trotzkista. Non si sente
nazionalsocialista, nè combatte difatti per la Germania Hitleriana, ma
per l’Europa, il suo nucleo culturale che egli coglie in un germanesimo
di cui si farà del resto interprete la Rivoluzione Conservatrice. Questo
impulso all’azione, altra causa dallo stesso Mohler indicata all’origine del
suo gesto, viene comunque soffocato sul nascere: sospettato dalla polizia
tedesca in quanto ex trotzkista, viene invischiato in una complicata
ragnatela di controlli e di atteggiamenti burocratici; ben altro della
guerra degli assalti o di quella del fronte descritta da Jiinger. Il risultato
è un nuovo attraversamento clandestino della frontiera ed il ritorno in.
Svizzera, dove riprende lo studio universitario dopo una parentesi di
permanenza in carcere per espatrio clandestino e per il suo offrirsi come
volontario ad una potenza straniera. Da questi anni incomincia a rac­
cogliere il materiale della sua opera fondamentale, che, come dicevamo,
costituisce anche una sorta di suo diario intellettuale. E’ una elaborazione
progressiva, la cui prima tappa è costituita dal lavoro di dottorato, edito
nel 1950, e l’altra, dalla sua riedizione ampliata del 1972, che presentiamo
in traduzione italiana. Allo scopo potè certo avvalersi del materiale e dei
contatti personali di cui usufruì nei quattro anni in cui fu segretario di
Ernst Jùnger in Germania, esattamente a Ravensburg ed a Wilflingen.
Interrompo a questo punto la citazione di dati autobiografici per affron­
tare il senso del lavoro in quanto diario ideologico.
(1) Mi riferisco ad un lungo colloquio avuto con Armin Mohler a Monaco dal sottoscritto
nel giugno del 1986.
6 La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

Proprio il concetto di "ideologia" può rappresentare un approccio


doneo: esso traduce con poca esattezza il termine tedesco Wel-^
anschauung, sul quale l’Autore a più riprese si sofferma.Essa è espres­
sione di un modo di pensare e d’esprimersi che non è nè fdosofia nè
poesia, ma della prima ha la concettualità, della seconda la capacità di
esprimersi in immagini; è il prodotto e quindi il diverso mezzo d’analisi
d’una nuova civiltà, che costituisce in effetti un diverso tipo di presenza
nel mondo. Scrive esattamente Mohler: "Alla Weltanschauung si associa
un nuovo tipo di autore: nè puro filosofo, nè puro poeta, egli è un tipo
di "poeta-pensatore" e la sua lingua è un miscuglio di lingua concettuale
e linguaggio figurato. E la continua propensione della Weltanschauung
all’azione si manifesta nel fatto che sovente nella vita dei suoi esponenti,
produzione letteraria ed azione si bilanciano" (p.20). Questa nuova
costruzione della cultura umana sorge in un momento specifico, al bivio
di una trasformazione radicale che caratterizza una fase epocale, avente
come nuovo centro il nuovo "paesaggio" tedesco, che non può più trovare
valida espressione in costruzioni culturali, quali la filosofia, inadatta con
la sua rigida concettualizzazione, col suo tipo umano che la interpreta,
ad esprimere questa realtà. Il filosofo, così come si è affermato nel corso
della storia del mondo che l’ha generato, esprime anzitutto un tipo umano
in cui si determina un’assoluta scissione tra azione e pensiero, ed esprime
inoltre un tipo di logica "statica" non in grado di interpretare la mobilità
e la contraddittorietà del reale. Questa è l’idea base di Mohler, che lo
ispira anzitutto quale essere umano col suo agire, quindi come storico-
ideologo, che si esprime attraverso le molteplici eppur unitonali voci
della Rivoluzione Conservatrice. Alla sua base (della Rivoluzione Con­
servatrice) come alla base del proprio essere (di Mohler) esiste la volontà
consapevole e/o non, di conciliare l’inconciliabile attraverso un agire che
superi il pensiero ed un pensiero che non debba rispondere alla rigidità
della logica tradizionale. Per non limitarmi a far eco a quanto Mohler
esprime in modo ben chiaro, cerco una radice di questo atteggiamento
culturale, che non a caso viene ad ubicarsi nello stesso mondo tedesco.
Mi limito a citare il dato della passione per il mondo "dionisiaco" che va
da Nietzsche al suo celebratore W.F. Otto, attraverso Erwin Rohde (2).
Il nuovo dionisismo concepito dal giovane Nietzsche ed indicato come
una sorta di speranza per il mondo tedesco in trasformazione, trova lungo

(2) Cfr. H. Ciancile, Dioniso in Germania, in pubblicazione presso la editrice Rari Nantes
di Roma.
Introduzione 7

il cammino numerosi proseliti, soprattutto in questo mondo, che cercano


attraverso di esso di ribellarsi alla "seria" civiltà razional-capitalista,
prodotto del 1789 e del suo elaborato culturale. Ribadisce Mohler: "Tali
movimenti (quelli interni alla Rivoluzione Conservatrice) si confrontano
con le idee del 1789 e le combattono decisamente. Questo contrasto è
ancora in atto." (p.218). Di fatto, pur nella costellazione estremamente
varia di indirizzi che caratterizzano la Rivoluzione Conservatrice, Moh­
ler trova un principio assolutamente unitario, in questa volontà di op­
porsi alla civiltà illuministico-borghese, al suo modo di essere e di
significare. E con ciò si pone su una strada tipicamente "germanica", che
intraprende da tempo ormai la sua Kulturkampf, attraverso una ribel­
lione di carattere logico prima che politico. La contrapposizione
nietzscheana del principio di "salute" al "malato" razionalismo socratico
ne è il segno più chiaro; la sua volontà di elaborare una scienza "gaia" di
contro all’inefficace principio di causalità allinea su questo indirizzo tutta
una serie di Herren Professoren che simbolicamente prendono il tirso e
lasciano le loro inattuali cattedre universitarie.
Il panorama di questa tendenza è estremamente ampio, Mohler ne
descrive una gran parte, in un modo ben peculiare comunque, cercando
cioè di ubicarsi al suo interno, o meglio ponendosi come una sorta di
staffetta sulla cima di un valico, da cui tener d’occhio il suo campo e lo
spazio nel quale nuovi segnali si rendono visibili. Perciò il suo linguaggio
è insieme logico ed allusivo, filosofico e simbolico, concreto e poetico,
sorta di compromesso fra la speculazione e l’azione, e come tale
ripropone, attraverso la sua capacità mimetica lo spirito unitario che
animò le difformi tendenze del Movimento.
Con ciò intendo offrire soltanto una chiave di lettura che nella sua
sinteticità ha almeno il vantaggio di inserire lo stesso Mohler all’interno
di una specifica esigenza culturale e di chiarire la duplice volontà esis­
tente alla base del lavoro: produrre un pensiero che sia anche azione.

LUCIANO ARCELLA
;

/•
LA PROBLEMATICA

RIVOLUZIONE CONSERVATRICE E NAZIONALSOCIALISMO

Lopera fondamentale sul nazionalsocialismo non è stata ancora scritta e


non è ancora possibile scriverla. Ci manca la distanza necessaria da esso.
Dobbiamo partire da questo dato se intendiamo tentare di abbozzare il
quadro del m ovimento ideologico-p olitico designato ora come
Rivoluzione Conservatrice, ora come "Movimento Tedesco".
Generalmente tale corrente ideologica viene posta sullo stesso piano del
nazionalsocialismo, che del resto utilizza come slogans politici moltis­
sime concezioni da essa tratte.
Se in questo saggio cerchiamo di rappresentare la Rivoluzione Conser­
vatrice come una formazione indipendente non sfociante necessaria­
mente nel nazionalsocialismo, dobbiamo però riconoscere che ci manca
una visione generale di questo secondo elemento che fa ad essa da
controparte: una descrizione essenziale del nazionalsocialismo quale
formazione complessa all’interno della realtà politica, e rispetto al quale
quelle ideologie sono d’importanza secondaria.
Poiché le connessioni tra la Rivoluzione Conservatrice e gli avvenimenti
politici successivi al 1933 non sono ancora chiare e non possono essere
valutate nella loro effettiva importanza, ci resta come unica possibilità
pur se di carattere provvisorio, di prendere in considerazione le ideologie
"conservatrici-rivoluzionarie" senza tener conto dei tentativi di realiz­
zarle nella concreta prassi politica. E ciò è possibile in quanto, a differen­
za di quanto accade con il nazionalsocialismo, possediamo una chiara
distanza da questo movimento ideologico. Infatti il nazionalsocialismo,
giunto al potere nel 1933, della Deutsche Bewegung (l) ha la pretesa di
costituire l’autentica realizzazione e costringe pertanto i suoi esponenti
a prender posizione.In tal modo il "Movimento Tedesco" può esser colto,
se non nella sua totalità, almeno nel suo aspetto essenziale.

(1) Nell’aspetto essenziale però i nazionalsocialisti si collegano agli antichi esponenti del
"Movimento Tedesco" (Wagner, Fichte, Jahn) mentre si distaccano dai contemporanei
(Spengler, Moeller van den Bruck).
10 L a Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

I "TROTZKISTI" DEL NAZIONALSOCIALISMO

Da un punto di vista formale gli esponenti della Rivoluzione Conser­


vatrice possono essere definiti come i "trotzkisti del nazionalsocialismo"
(2). Come nell’altro grande movimento rivoluzionario che conduce al
bolscevismo russo, anche qui si contrappongono al grande e compatto
partito di massa, piccoli circoli, molto attivi intellettualmente, scarsa­
mente influenti sulle masse, costituenti tutt’al più gruppuscoli alPinterno
del partito ed in grado di produrre sette ad alto potenziale rivoluzionario
e gruppi elitari, mentre il partito tiene insieme le sue masse attraverso il
senso dell’organizzazione che si basa su idee fondate sulla mentalità
dell’uomo della strada e si riassume in pochi slogan politici. Il grande
partito offre ospitalità a personalità eccezionali solo se esse si sottopon­
gono alla disciplina delle masse e riservano le loro capacità spirituali ad
imo spazio esoterico. La maggior parte delle intelligenze superiori si
riunisce invece in quei piccoli circoli che vibrano di una continua tensione
spirituale, che si credono in possesso della sola vera dottrina ed accusano
il partito di massa di essere colpevole di tradimento nei confronti
dell’idea in quanto interprete di una "Realpolitik". Dalle varie sette si
staccano poi nuovi gruppi eretici che interpretano la dottrina in modo
ancor più puro, il che determina un ulteriore frazionamento delle forze.
Così ad una esistenza strettamente politica se ne contrappone una essen­
zialmente letteraria: una divisione che risulta particolarmente evidente
in un paese come la Germania, dove aspetto ideologico-culturale e prassi
politica percorrono da tempo vie strettamente separate. Se il partito di
massa fallisce, suona l’ora delle eresie "trotzkiste", se invece trionfa, si
scatena la lotta contro questi avversari provenienti dal suo interno. In
Germania, dove il sistema totalitario viene edificato a poco a poco, nel
primo anno e mezzo a questi circoli elitari viene lasciata una certa libertà
di espressione; le persecuzioni si scatenano immediatamente solo contro
i gruppi più radicali o contro nemici personali. Sembra si vogliano
eliminare una volta per tutte i vari gruppi di opposizione, spesso in lotta
fra loro, affinchè non facciano fronte comune.

(2) Il concetto di "trotzkisti" venne per la prima volta adoperato da uno studioso di sinistra,
Hans Jaeger, in numerosi articoli sui gruppuscoli del suo tempo. Un esempio di una nuova
utilizzazione dell’espressione si ha in B. d’Astorg, Introduction au monde de la terreur,
Paris 1945.
La Problematica 11

Solo a partire dal 30 giugno 1934, giorno in cui eminenti rappresentanti


della "opposizione nazionale" o della "opposizione di destra" (3)
all’interno (Gregor Strasser) o all’esterno dell’organizzazione del partito
(Edgar J. Jung), furono uccisi, iniziarono le persecuzioni su vasta scala
nei confronti dei trotzkisti, persecuzioni che continuarono per tutta la
durata del regime nazionalsocialista. Il tentativo di rivolta del 20 luglio
1944 provoca l’ultima grande esplosione repressiva nei confronti di forze
che avevano partecipato a tale tentativo in misura ben maggiore di quanto
comunemente si ritiene (4).

(3) L’espressione "opposizione nazionale" fu impiegata durante la Repubblica di Weimar


per designare unioni temporalmente limitate di partiti e leghe "di destra", come awenne
nella lotta contro il piano Younj* nel 1929/30 o nella seduta di Harzburg nell’ottobre del
1931. Dopo il 1933 vengono cosi denominate tutte le opposizioni di destra al Nazional­
socialismo.
(4) Cito come esempi soltanto l’ammiraglio Canaris ed il generale Oster, provenienti dal
gruppo gravitante intorno al capitano Ehrardt.
12 La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

LE PERSECUZIONI CONTRO GLI "ERETICI" DOPO IL 1933

Diverso fu l’atteggiamento persecutorio nei confronti degli "eretici". Ciò


deriva dal fatto che in Germania il sistema totalitario non raggiunge la
medesima compattezza del sistema sovietico. Alcuni esponenti della
Rivoluzione Conservatrice, ad esempio, sono protetti dalla stima di cui
godono a livello nazionale e difesi da poteri ancora esistenti affianco al
nazionalsocialismo, come il corpo dei generali della vecchia Reichswehr,
la vecchia e conservatrice diplomazia di carriera ed infine taluni circoli
del potere economico (Hans Grimm, Spengler, Ernst Junger). Il partito
tutt’al più fa scrivere dei libri contro di loro (Spengler, Moeller van den
Bruck, già morto nel 1925), oppure il suo apparato di propaganda stende
intorno a loro una cortina di silenzio (Ernst Jiinger). Contro altri il partito
riesce ad agire in modo più drastico, togliendo loro, attraverso la sop­
pressione di case editrici e di riviste, ogni possibilità di espressione
(Stapel, Albrecht Erich Gunther). Altri ancora sono rinchiusi in carcere
o internati in campi di concentramento, dove alcuni muoiono (Reck-
Malleczewen, Albrecht Haushofer, Schulze-Boysen) (5); altri infine sono
liberati al termine della guerra (Niekisch). Tra gli esponenti della Konser-
vative Revolution troviamo notevoli difformità di comportamento dinanzi
a simili rischi. Un piccolo gruppo, proveniente soprattutto dai movimenti
marcatamente social-rivoluzionari, decide di emigrare (Otto Strasser,
Paetel, Ebeling), una soluzione che è adottata anche da elementi di
diversa origine (Rauschning, Treviranus). I motivi di una emigrazione
così ridotta sono diversi. Per coloro che combattono il nazionalsocialismo
giudicandolo una deviazione dall’autentico carattere nazionale tedesco,
l’abbandono del terreno patrio significa molto più che non per coloro che
sono diventati nemici di questo movimento partendo da presupposti di
carattere più generico. Molti altri inoltre sperano di potersi infiltrare nel
nazionalsocialismo o di poter trionfare in una seconda Rivoluzione (6).

(5) Si commette un grosso errore nel giudicare Niekisch o Albrecht Haushofer dei
traditori, considerandoli sullo stesso piano di Schulze-Boysen, che fu agente di una potenza
nemica.
(6) La denominazione "seconda rivoluzione" viene utilizzata fino al 30 giugno 1934
soprattutto all’intemo di quell’ala rivoluzionaria della NSDAP che, non contenta della
rivoluzione del 1933, con l’aiuto dei "Deutschnationalen" persegue una "vera" rivoluzione.
La Problematica 13

Questo tipo di emigranti inoltre, in un ambiente straniero estraneo alla


situazione interna della Germania, viene di solito messo sullo stesso
piano dei nazionalsocialisti, trovandovi per lo più solo diffidenza nonché
l’inimicizia degli altri emigrati politici tedeschi (è quanto accade ad Otto
Strasser). Non si può trascurare l’esistenza di ragioni personali (preoc­
cupazione per i familiari) a rendere impossibile l’emigrazione. Una parte
di coloro che restano in Germania rinuncia del tutto ad esprimersi
(Bluher, Friedrich Hielscher). Altri rinunciano a scrivere di politica e si
indirizzano verso settori assolutamente non politici, come la poesia
(Winning, Cari Rothe) o la filosofia della religione (Ernst Wilhelm
Eschmann). Earte di esprimere velatamente un’opinione contraria viene
perfezionata al massimo grado (cfr. la poesia DerMohn, "Il Papavero", di
Friedrich Georg Junger nel volume Poesie, ed. Wiederstand, 1934). Di
preferenza ci si serve di un mascheramento basato su argomenti storici.
Si pongono a ll’attenzione del lettore avvenimenti del passato
paragonabili al nazionalsocialismo o personalità della storia nazionale,
come tali inattaccabili dal partito, quali il principe Eugenio di Savoia o il
"re soldato" Federico Guglielmo I, oppure Federico il Grande, mostran­
do come il nazionalsocialismo rispetto ad essi costituisca un qualcosa di
alieno allo spirito germanico (cfr. il volumetto di Hermann Ullmann, Der
Reichsfreiherr vom Stein, 1934). Esistono però anche dei transfughi. Il
destino di Lukacs nella Russia sovietica - un’intelligenza superiore che
rinnega le opere precedenti e si conforma alla dottrina di massa senza
tuttavia poter cancellare completamente la sua elevata origine - si ripete
in Germania in molteplici forme. Per qualcuno può essere determinante
la preoccupazione per la sopravvivenza propria e della propria famiglia,
per altri la speranza di potersi infiltrare all’interno del colosso, per altri
ancora la fiducia nell’acutezza del proprio intelletto, che porta a credere
di poter realizzare i fini prefissati utilizzando come mezzo il massiccio
partito di massa. Qui trova un suo equilibrio il rapporto, di per sè
instabile, tra lo spirito germanico e la realtà: spesso è molto esiguo il
confine tra l’annullamento della realtà ed il suo aperto riconoscimento.
Quali che siano i motivi della conversione, nonostante la fedeltà alla linea
del partito, da parte del transfuga, la linea di divisione non si annulla mai
completamente. Ciò ci viene ad esempio mostrato chiaramente da un
confronto fra Baeumler e Rosenberg. Di fronte a Rosenberg, militante
del partito, che si è guadagnato notorietà per la sua attività giornalistica,
i cui libri sono essenzialmente una ricompilazione che si basa su letture
eterogenee, si pone uno scrittore di gran valore, che nonostante tutti i
14 La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

meriti acquisiti nei confronti del partito, rimane pur sempre un non
allineato.
Non di rado simili transfughi si distinguono particolarmente nella per­
secuzione dei loro vecchi compagni. Ernst Junger, in una nota del suo
diario datata 7 ottobre 1942 (7), scrive riferendosi ad un personaggio di
tale specie: "Gente del genere appartiene a quel tipo di maiali da tartufi,
che si incontrano in ogni rivoluzione. Poiché i loro rozzi compagni di fede
sono incapaci di attaccare in maniera diretta gli avversari più fini, si
servono di persone di una certa capacità intellettiva per fiutarli e scovarli,
e possibilmente per provocarli offrendo alla polizia il modo di inter­
venire. Ogni volta che notavo che costui si occupava di me, mi preparavo
mentalmente ad una perquisizione. Chiese l’intervento della polizia
anche contro Spengler e ci sono alcuni, addentro a tali vicende, che
affermano che lo ha sulla coscienza". Fra opposizione e conversione
esiste una terza possibilità: la posizione di neutralità, che si fonda su un
accordo reciproco. Il caso più importante del genere è il movimento
detto "Deutschglaubige" (per una religione germanica), sorto nella metà
degli anni Trenta.
Un certo numero di gruppi "vòlkisch" e "bùndisch" riescono ad avere una
certa indipendenza in quanto rinunziano, almeno esteriormente, ad
esporre chiaramente le loro idee politiche, che sono spesso in contrad­
dizione con la realtà nazionalsocialista e si dedicano interamente alla
costruzione d’una religione "germanica".
Ma proprio in questo caso si vede come in un’epoca di totale politicizaz-
zione nessuna attività di carattere spirituale può rimanere senza un
effe tto p o litic o . B en presto anche questi gruppi ("D eutsche
Glaubensbewegung", "Circolo Ludendorff', etc.) vengono ostacolati, e in
seguito la sempre più intensa mobilitazione per la guerra ne determina
la finale dissoluzione.

(7) E. Junger, Strahlungen, Tùbingen 1949; tr. it.: Diario 1941 -1945, Longanesi, Milano
1979. Paria di un certo "Kastor", pseudonimo d’un noto autore.
La Problematica 15

LE RESPONSABILITÀ’ DEL NAZIONALSOCIALISMO

Il problema della responsabilità della Konservative Revolution per gli


eventi successivi al 1933 non cade nell’ambito di questo nostro lavoro e
non può essere risolto in maniera definitiva; ci limitiamo qui soltanto ad
abbozzare. Esso va posto comunque in maniera duplice: da un lato va
considerata la responsabilità dell’intero movimento, dall’altro quella dei
suoi singoli esponenti.
Nel suo insieme questo "Movimento Tedesco" costituisce solo una parte
di una corrente di pensiero la cui esistenza è constatabile in quasi tutti i
paesi europei dall’inizio del XIX secolo e che fa sentire la propria
influenza in tutti gli aspetti della vita civile. Il nazionalsocialismo è uno
dei vari tentativi, pur se quello più notevole, di realizzare questa
ideologia. All’osservatore imparziale inoltre non sfugge che nel nazional­
socialismo oltre all’impulso rivoluzionario-conservatore, se ne manifes­
tano altri: spinte provenienti dall’ambiente sociale, dall’ubicazione
geografica e dal carattere di ciascuno, l’eredità della precedente storia
tedesca, compresa la Repubblica di Weimar, altre ideologie come il
marxismo, l’informe democrazia di massa con la sua insita tendenza alla
dittatura, come risultato inevitabile cui giunsero quasi tutte le nazioni del
tempo, etc. Non può competerci di sciogliere questo groviglio e di
distinguere i fili principali dai secondari. Il problema vero consisterebbe
piuttosto nel decidere in che misura una teoria possa essere ritenuta
responsabile della sua mancata realizzazione. Dietro tale questione ne
appare un’altra, se cioè una categoria dello spirito possa essere ritenuta
responsabile di manifestazioni della realtà, vale a dire se si debba utiliz­
zare la categoria della causalità o piuttosto altre, designabili con termini
quali "corrispondenza", "contemporaneità" o "interazione".
Al problema della responsabilità del singolo individuo è più facile
p rop orre una so lu z io n e , esse n d o p o ssib ile ridurlo a q u ello
dell’appartenenza di ciascuno alle singole organizzazioni o della par­
tecipazione alle singole attività. La risposta varierà da caso a caso. Ma
fintanto che la storia della "opposizione nazionale" al nazionalsocialismo
non sarà stata scritta - tale storia si interseca con quella del 20 luglio 1944
ma non coincide con essa - non sarà possibile dare una risposta esauriente
al quesito.
16 La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

IL CONCETTO DI “ KONSERVATIVE REVOLUTION”

La più antica utilizzazione di tale concetto da noi rintracciata è nel


quotidiano di B erlino "Die Volksstimme" del 24 maggio 1848:
"Nell’ambito delle mura che cingono la nostra città si svolge un’attività
meravigliosa. Assemblee popolari, circoli, associazioni, musiche disar­
moniche, milizia comunale, librai ambulanti, ministri dimissionari, capi
della polizia, individui ad un tempo sobillatori e conciliatori, reazionari,
rivoluzionari e "rivoluzionari conservatori", consiglieri ministeriali defun­
ti misteriosamente, veri banditori, poliziotti in uniforme: tutte queste
caricature viventi della libertà e dell’uguaglianza ne fanno di tutti i colori,
sì che i piccoli borghesi consumatori di birra chiara, nei loro berretti da
notte a punta e nelle loro ves:i da camera, sono presi da angoscia e
spavento."
Lespressione è in questo contesto un prodotto di un gioco di parole.
Comparirà nuovamente nel 1851 in un’opera in due volumi attribuita a
Buddeus, Russland und die Gegenwart. Nel 1875 Jurij Samarin intitola
uno scritto elaborato assieme a F. Dimitriev Revoljucionnyi konservatizm.
Nel 1900 l’espressione si ritrova nel saggio Enquète sur la Monarchie di
Charles Maurras, e nel 1921 nell’articolo di Thomas Mann Russische
Anthologie (8). Violente controversie sorgono sull’uso di questa espres­
sione tedesca sulla base dell’uso programmatico fattone dal discorso di
Hugo von Hofmannstahl intitolato "La letteratura come spazio spirituale
della nazione" del 1927: "Il processo di cui parlo non è altro che una
rivoluzione conservatrice di un’ampiezza ignota alla storia europea".
In questo discorso il poeta identifica quali fattori fondamentali di questa
rivoluzione la ricerca di un legame che prenda il posto della ricerca della
libertà e quella della totalità, dell’unità, che rifugga da ogni sorta di
scissione. In Hofmannstahl il concetto non ha ancora un significato
specificamente politico. Sembra assumere valore politico solo agli inizi
degli anni Trenta. Lespressione prende piede anche nel gergo giornalis­
tico: nella "Berliner Bùrsenzeitung" del 30 maggio 1935 troviamo un
articolo di Wilhelm Russie scritto in occasione del decimo anniversario
della morte di Moeller van den Bruck, recante come titolo Un
Rivoluzionario conservatore.

(8) Th. Mann, Rede und Antwort, Berlin 1922.


La Problematica 17

Ma solo due decenni dopo il discorso di Hofmannstahl l’espressione


Konservative Revolution viene a disegnare un preciso concetto politico.
Funge da in term ed iario il g io rn a lista D e tle v W. Schum ann,
dell’Università di Urbana, Illinois, che nel 1939 in una rivista nor­
damericana specializzata pubblica un articolo intitolato Pensieri in merito
a l l ’idea di H o fm a n n sta h l d i una R ivo lu zio n e C onservatrice".
Quest’articolo viene nelle mani di Hermann Rauschning (9) e gli da
l’ispirazione per il libro Die Konservative Revolution. Versuch und Bruch
mit Hitler, pubblicato a New York nel 1941. Solo attraverso questo autore
l’espressione acquista diritto di cittadinanza nel linguaggio politico,
senza però affermarsi come l’altra espressione guida di Rauschning
Revolution des Nihilismus (10). Sotto questo aspetto, l’idea di Rivoluzione
Conservatrice designa un processo politico che abbraccia l’intera Europa
(il) e che non si è ancora concluso. Il suo inizio non lo si può’ far risalire
a prima della Rivoluzione Francese. Ogni rivoluzione partorisce insieme
a sè una forza contrapposta che tenta di annullare la rivoluzione stessa.
Con la Rivoluzione Francese trionfa quel mondo che alla Konservative
Revolution appare come il vero nemico. Provvisoriamente possiamo
descriverlo come un mondo che non pone al centro il lato immutabile
dell’uomo, ma crede invece di poter trasformare l’essenza dell’uomo.
Essa proclama pertanto la possibilità di un processo graduale, ritiene
tutte le cose, gli eventi, penetrabili dalfintelletto e cerca di isolare ogni
dato e di comprenderlo in sè. Ma non tutto ciò che si rivolge contro la
Rivoluzione Francese e le sue conseguenze appartiene alla Rivoluzione
Conservatrice. Tale rivoluzione vede spuntare nemici anche dal proprio
terreno, in quelli che ritengono quanto raggiunto insufficiente (marxisti,
anarchici). Altri la combattono soltanto per mantenere le posizioni
minacciate o distrutte dai Giacobini.

(9) Lettera di Schumann all’autore antecedente alla prima edizione del lavoro.
(10) L’espressione è circolata negli anni Venti, dopo la prima edizione dell’opera. La
formula "Rivoluzione del Nichilismo" è diventata fuori moda in connessione con l’ascesa
del neo-marxismo e della sua avversione alla tesi dei due totalitarismi. Al contrario,
l’espressione Konservative Revolution è diventata di uso corrente.
(11) Come sinonimo di Rivoluzione Conservatrice oggi viene sovente utilizzato, per lo più
in senso polemico, il termine "fascismo". Ma il suo senso è così impreciso, che preferiamo
non utilizzarlo. Se si vuol dare al termine un senso concreto si deve intendere esclusiva-
mente il movimento politico italiano. Accostamenti analoghi all’espressione "nazional­
socialismo" hanno avuto poco successo; ciò è toccato solo fino a un certo punto alle forme
abbreviative "nazi", "nazistisch" (nazista).
18 La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

Da questo ultimo atteggiamento, condannato in quanto "restaurazione",


"reazione", "vecchio conservatorismo" i rivoluzionario-conservatori pren­
dono le debite distanze. La comune avversione nei confronti del XIX
secolo costringe però troppo spesso gli aderenti alla Rivoluzione Con­
servatrice a far fronte comune coi reazionari e cancella c o sì, purtroppo,
ogni linea di demarcazione. Alla Rivoluzione Conservatrice appartiene
in effetti, come già dimostra il nesso paradossale tra i due termini, solo
chi combatte i presupposti del secolo del progresso, ma nello stesso
tempo non vuole ricostruire un qualsiasi "Ancien Régime".
La Rivoluzione Conservatrice si è mostrata solo in teoria non con­
taminata da elementi estranei; nella realtà politica finora non è andata
oltre i suoi presupposti teorici. Rauschning, nel suo libro Die Konservative
Revolution ne osserva chiaramente la frammentarietà "Da momenti
iniziali confusi e consapevoli solo a metà nasce quel che con Hofman-
nstahl denominiamo Rivoluzione Conservatrice. Essa costituisce il com­
pleto rovesciamento della precedente realtà politica. Ma questo
contromovimento non ha finora trovato un’adeguata e pura realiz­
zazione. Esso partecipa sia a tentativi totalitari e cesaristici, sia a tentativi
piattamente reazionari; da ciò la sua posizione non chiara. Così ogni
coerente descrizione del processo della Rivoluzione Conservatrice si
trasforma necessariam ente nella storia di un’idea, mentre una
descrizione che considerasse la sola realt politica sarebbe parziale e
marginale. Ma poiché tale descrizione non può far riferimento ad av­
venimenti centrali, i contorni di questa Konservative Revolution si presen­
tano approssimativi ed imprecisi, cosicché sotto tale denominazione si
possono raggruppare le tendenze più diverse. "
In senso ampio l’espressione Konservative Revolution abbraccia trasfor­
mazioni che si basano su uno stesso fondamento, trasformazioni già
compiute o in fase di realizzazione, concernenti tutti i campi delle attività
umane, dalla teologia alla fisica, dalla musica all’urbanistica, dalla
famiglia alla cura del corpo, alla costruzione di una macchina. Ai fini della
nostra analisi restringiamo tuttavia l’uso di questa espressione alla
dimensione politica, in quanto ci riferiamo alla storia di un’ideologia;
designamo pertanto come Konservative Revolution una specifica corrente
del pensiero politico.
La Problematica 19

IL CONCETTO DI "DEUTSCHE BEWEGUNG"

Anche l’origine di questa espressione si perde nell’oscurità. Non si può


ancora accertare con esattezza se venga prima usata in filosofia o in
politica o se ambedue gli usi abbiano una radice comune. Nella storia
della filosofia (12) si designa con questo termine soprattutto l’autonomia
dell’idealismo tedesco dell’epoca di Goethe rispetto alle correnti fino a
quel momento imperanti, il razionalismo francese e l’empirismo inglese.
Negli scritti di politica designa invece la partecipazione tedesca alla
Rivoluzione Conservatrice. In questo concetto riecheggia l’idea che la
Rivoluzione Conservatrice sia un qualcosa di spiccatamente tedesco, ma
questa idea può essere contraddetta attraverso l’enunciazione dei nomi
di vari autori: Dostojewskij o i due Aksakowper la Russia, Sorel e Barrès
per la Francia, Unamuno per la Spagna, Pareto ed Evola per l’Italia, i due
Lawrence e Chesterton per l’Inghilterra, Jabotinski per il mondo ebraico.
Queste sono personalità prese a caso. I nomi di Lothrop Stoddard e
Madison Grant, i due maestri della lotta razziale, o di James Burnham,
il teorico della "Rivoluzione dei manager", mostrano che gli stessi Stati
Uniti partecipano a questa concezione. Persino nei rivolgimenti che da
alcuni decenni scuotono il mondo dei popoli di colore si lasciano in­
dividuare fenomeni affini: la tipica commistione della Rivoluzione Con­
servatrice tra lotta di liberazione, rivoluzione sociale e riscoperta
dell’essenza originaria. Che fosse stato possibile nel periodo intercor­
rente tra le due guerre mondiali ammettere una diversità tra questi
movimenti è dimostrato per esempio dal romanzo Theplumed serpent di
D. H. Lawrence, pubblicato per la prima volta nel 1926, il che trasfigura
poeticamente la nostalgia di rinnovamento esistente tra gli indiani del
Messico e fa dire ad un rappresentante del culto di Quetzalcoatl: "Quan­
do i Messicani apprendono il nome di Quetzalcoatl devono parlarne solo
con la lingua del loro sangue. Io vorrei che il mondo teutonico tornasse
a pensare nello spirito di Thor, diWotan, del frassino Yggdrasil, origine
e centro del mondo, che i Druidi comprendessero che il loro segreto

(12) La qualificazione dell’Idealismo tedesco come "DeutscheBewegung" rimanda a Karl


Weinhold, Die Deutsche geistige Bewegung vor hundert Jahren, 1873. Nel 1970 è uscita
una raccolta postuma di articoli di Hermann Nohl presso l’editore Vandenhoeck e
Ruprecht di Go'ttingen, dal titolo Die Deutsche Bewegung, Vorlesungen und Aufsatze zur
Geistesgeschichte von 1770 bis 1830.
20 La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

riposa nel vischio, che essi sono i Tuatha de Danaan che continuano a
vivere. I popoli del Mediterraneo dovrebbero riavere il loro Hermes e
Tunisi il suo Astarotte, in Persia dovrebbe risorgere Mitra, in India
Brahma ed in Cina il più antico di tutti i draghi".
D ’altra parte il maggior rilievo dato dall’elemento tedesco alla cos­
tituzione di una Rivoluzione Conservatrice ha una sua giustificazione.
Anche i caratteri extra-tedeschi di questa rivolta culturale contro le idee
del 1789 si radicano in quel capitolo della storia culturale tedesca che si
situa tra Herder ed il Romanticismo. Proprio in Germania questa rivolta
raggiunse la massima violenza. Idee e stati d’animo rivoluzionario-con­
servatori possono caratterizzare il modo di sentire di individui di altri
paesi oltre la Germania, ma qui sono molto più esplosivi e, per la
disperazione degli illuministi, hanno addirittura influenzato il
vocabolario comune. Non è facile trovare per tutto ciò una spiegazione
esauriente, che del resto cadrebbe piuttosto nell’ambito di scienze
diverse dalla storia della cultura. Come circostanza aggravante può
essere additata come causa lo "sviluppo ritardato" della Germania nei
confronti della maggior parte degli altri paesi europei. Le idee della
Rivoluzione Francese non sono penetrate in Germania nella stessa
misura che in altri paesi, e le forze combattute dai Giacobini si sono qui
conservate più a lungo che altrove. Per questa ragione l’elemento
"altkonservativ" sfocia immediatamente nella Konservative Revolution e
fa sì che il "non più" si trasformi in un "non ancora". Così in questo
sviluppo ritardato dello spirito tedesco risiede anche un elemento di
anticipazione e di preannuncio. Il che rende naturalmente più difficol­
tosa la ricerca. Quale che sia il rapporto tra il principio generale della
Konservative Revolution e la cultura tedesca in maniera specifica, il
concetto di Deutsche Bewegung è quantomeno utilizzabile ai fini della
determinazione del rapporto esistente fra la cultura tedesca e la suddetta
Konservative Revolution. Il tentativo di andare oltre la Rivoluzione Fran­
cese si è espresso in ogni paese in un modo particolare.
Uno di questi modi sembrerebbe il nazionalismo, messo sullo stesso
piano della Rivoluzione Conservatrice anche se lo Stato nazionale
moderno, nel suo significato di accentramento di tutti coloro che parlano
la medesima lingua in un unico Stato, risulta proprio una creatura della
rivoluzione dell’89. Per la Francia l’equazione risulta appropriata (13)

(13) Per il particolare rapporto tra giacobinismo e nazionalismo in Francia, cfr. A. Mohler,
Im Schatten des Jakobmismus, pp. 273-89, in Rekonstruktion des Konservatismus,
Freiburg im Breisgau 1972.
La Problematica 21

anche se molti gruppi, influenzati dalla Konservative Revolution, si


richiamano ad aggregati maggiori della nazione, come la latinità oppure
il mondo celtico. La Germania non era tuttavia fino a quel momento un
vero Stato nazionale, neanche sotto il Bismarck, e l’impulso che sospinge
la Germania a costituirsi in Stato nazionale la spinge anche oltre questo
limite verso una concezione sovranazionale: in ciò funge da stimolo la
diffusione dell’elemento germanico nei paesi dell’Est. Per tal motivo il
principio di Stato nazionale risulta estraneo in linea di principio al
pensiero tedesco.
Il "nazionalismo tedesco" non si richiama mai ad una "Nazione" nel senso
utilizzato dagli altri paesi dell’Europa Occidentale. Qui si intende piut­
tosto uno stato d’animo oppure, più concretamente, forme statali come
il "Reich" o l’impero, che vanno ben oltre lo Stato nazionale. Non è
questa la sola differenza tra la Konservative Revolution tedesca e le forme
che essa assume negli altri paesi, ma è certamente una delle più significa­
tive. Se in questo saggio il termine "Movimento Tedesco" è usato come
una diramazione della Konservative Revolution, non se ne deve però
trascurare la funzione delimitativa. Per molti esponenti della Rivoluzione
Conservatrice tedesca la lotta contro le idee della Rivoluzione francese
e dell’Uluminismo europeo è ancora una lotta contro l’eccessiva
penetrazione dell’elemento straniero, che costituisce il tentativo di
riportare alla luce una Germania sepolta da decenni o addirittura da
secoli. La presa di coscienza è uno dei fini principali del "Movimento
Tedesco", e ciò non solo nel senso di ricercare un tedesco autentico di
contro ad un non-tedesco, ma anche in un senso più ampio della deter­
minazione di quel che è mitteleuropeo, nordico o germanico (14).

(14) A volte viene a galla un’idea che acquista maggior ampiezza durante la "decoloniz­
zazione" successiva alla Seconda Guerra Mondiale: l’accettazione del termine "bianco"
opposto a "di colore", rinunciando ad ogni pluralismo razziale all’interno del mondo dei
bianchi.
22 La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

IL CONCETTO DI "WELTANSCHAUUNG"

Il presente libro tratta di "Weltanschauungen", concetto che non significa


"filosofie". Mentre la filosofia costituisce una parte dell’antico involucro
culturale dell’Occidente, definiamo "Weltanschauung" il risultato della
decadenza di questo involucro. E’ troppo generico invece l’intendere la
"Weltanschauung" come una filosofia non ben strutturata e quindi di
minor vaIore(l5). Fino al XIX secolo, in Occidente il Cristianesimo era
il punto focale verso il quale si orientava ogni attività culturale. La cosa
era evidente anche per i suoi più accesi avversari. I diversi settori della
realtà erano affidati in maniera abbastanza chiara all’indagine dei vari
studiosi e le correnti del pensiero, dei sentimenti 7 della volontà non
scorrevano confondendosi l’una con l’altra come accade oggi. La
filosofia, ad esempio, sapeva quali settori le fossero accessibili e che cosa
fosse invece riservato alla teologia ed alle altre discipline. Questa strut­
tura era sostenuta da un discorso unitario che si estendeva dal passato al
presente: ogni filosofo, fosse stato anche il più aspro nemico delle idee
ufficiali, rispondeva ai suoi predecessori, cosicché per ogni concetto si
poteva verificare quel che avesse significato nel suo stadio precedente.
Attraverso la continua esplosione di nuovi movimenti che si determina
nel secolo XIX il Cristianesimo però si disgrega. Nella realtà politica,
conformemente al principio d’inerzia, continua ad esistere; tuttavia là
dove si prendono le decisioni esso ha perso la sua posizione dominante
e rimane, anche nelle sue tradizioni più consolidate (Neotomismo e
Teologia dialettica), solamente una forza tra le altre. Questo processo è
accelerato ulteriormente dalla decomposizione dell’eredità del mondo
antico, che aveva aiutato nel corso dei secoli il Cristianesimo a rag­
giungere una forma propria. Gli elementi della realtà precedente sussis­
tono ancora, ma, isolati e senza alcun punto di riferimento, si muovono
disordinatamente nello spazio. Cantica struttura dell’Occidente quale
unità di mondo classico, cristianesimo e forze di nuovi popoli penetrati
nella storia con le invasioni barbariche, è frantumata. Nè si presenta
all’orizzonte una nuova unità.

(15) Con “ Weltanschauung” intendiamo un dato storico determinante a partire dall’ini­


zio del XIX secolo e nel discutere tale concetto non ci collochiamo esclusivamente all’in-
terno della filosofia, come fu fatto da Dilthey attraverso la sua “ Weltanschauungslehre” .
La Problematica 23

Ci troviamo così, in questo stadio intermedio, in un "Interregnum", da


cui ogni espressione culturale è influenzata. La Konservative Revolution
ne risulta condizionata e ne costituisce allo stesso tempo un tentativo di
superamento. Essa cerca di porre una nuova unità al posto di uno spazio
dove non c’ è un sopra o un sotto, un vicino o un lontano, uno spazio nel
quale i singoli elementi del passato e del futuro vanno alla deriva, privi
di direzione e di coesione. Si serve come mezzo della "Weltanschauung",
tipica espressione culturale dell’interregno. Dato caratteristico della
"Weltanschauung" è che in essa pensiero, sentimento e volontà non
possono essere tenuti separati chiaramente come in certa misura è pos­
sibile nella filosofia. Il pensiero assume tratti strumentali: sembra voler
servire soltanto all’elaborazione di motivi già preesistenti, il cui scopo è
di conseguire fini pratici estremamente concreti. La rottura della vecchia
struttura, orientatasi su un nucleo centrale, condiziona peraltro la
"particolarità" che Gerhard Nebel attribuisce alla "Weltanschauung" (16).
Scrive Nebel: "La Weltanschauung è miscredente e distaccata dall’essere,
per cui cerca di innalzare qualcosa di creato e di secondario a livello di
causa ultima, e pretende di possedere, attraverso questo dato parziale,
l’assoluta verità. Collegandosi a settori particolari, come l’economia o la
razza, vive in una forte opposizione nei confronti delle altre Wel-
tanschauungen, che pongono appunto altri settori parziali sul trono
dell’assoluto". Appartiene dunque all’essenza della "Weltanschauung" il
fatto di presentarsi al plurale, anche se la sua aspirazione è di trasfor­
mare la pluralità in unità.
Alla "Weltanschauung" si associa un nuovo tipo d’autore: nè puro filosofo
nè puro poeta, egli è un tipo di "poeta-pensatore" la cui lingua è un
miscuglio di linguaggio concettuale e linguaggio figurato.
E la continua propensione della "Weltanschauung" all’azione si manifes­
ta nel fatto che spesso nella vita dei suoi esponenti produzione letteraria
ed azione si bilanciano (T. E. Lawrence d’Arabia, il commissario Mal-
raux, il decorato al valor militare E. Jiinger). La filosofia in senso
tradizionale continua ad esistere affianco alla "Weltanschauung" e con
essa sussiste il filosofo, che si limita ad una particolare dimensione del
pensiero. Anche la sua attività non è però rimasta immutata dinanzi ai
nuovi eventi.
Come il linguaggio della "Weltanschauung" così è spesso gravato dalla
cruda realtà che non può levarsi in volo, così il linguaggio figurato dei

(16) G. Nebel, Tyrannis und Freiheit, Dusseldorf 1947, p. 68.


24 La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

filosofi raggiunge livelli sconosciuti di svuotamento della realtà, che fa sì


che il pensiero si opponga soltanto a sè stesso (neokantismo). Accade
anche che taluni autori disertino il campo della filosofia accademica e
passino a quello della" Weltanschauung" (Sartre).
Così la filosofia in senso tradizionale viene messa con le spalle al muro
e lo stesso accade per la poesia. Tale fenomeno si manifesta ad esempio
nella graduale sostituzione del verso con la prosa (soprattutto attraverso
la compilazione di diarii: Gide, Jiinger) o nelfinvenzione di nuovi generi
letterari, come un teatro che serve da catechismo alla dottrina (Brecht)
o il romanzo inteso come trattato per l’insegnamento della "Wel­
tanschauung" (Sartre, E. von Salomon, in Die S ta d t).
Come la classificazione delle nostre biblioteche è adattata ad una strut­
tura dello spirito occidentale ormai tramontata, così la scienza non si è
creata degli strumenti per comprendere quei fenomeni che si sottrag­
gono alla storia sia della filosofia che della poesia. Anche una storia
generale dello spirito od un’ancor più generica storia della cultura,
presuppongono un mondo dello spirito ordinato gerarchicamente.
Ciò che manca è una disciplina della "Weltanschauung". Essa deve basar­
si sul fatto che, nello stato di transizione in cui da molto tempo si trova
il mondo europeo, un trattato sul vegetarianesimo, un’apologià del
suicidio, la dottrina della glaciazione o una guida all’evocazione degli
spiriti possono toccare il fulcro dei problemi del nostro tempo più
d ell’immagine filosofica o teologica. A llo stato attuale c’è da
meravigliarsi che questo miscuglio ondeggiante di pensieri, concezioni e
sogni, di conoscenze parziali e di sistemi, di giusto e d’errato, sia sottopos­
to ad analisi. Sono stati mossi alcuni attacchi dalle cattedre sicure della
Teologia, della Filosofia e della Psicologia, ma i risultati maggiori si sono
avuti nel campo giornalistico (17). Siamo così costretti ad intraprendere
la nostra caccia rivolta ad una specie particolare di questi "suonatori della
sapienza del mondo" (Bry dixit) ponendoci su imbarcazioni che ci siamo
dovuti costruire in gran parte da soli.

(17) Cfr. la raccolta di articoli di Rudolf Olden, Das Wunderbare oder D ie verzauberten.
Propheten in deutscher Krise e soprattutto lo scritto geniale di Cari Christian Biy,
Verkappte Religionen.
La Problematica 25

LA LETTERATURA DELLA NON-LETTERATURA

La difficoltà di analizzare una materia che non è stata ancora organiz­


zata dalla scienza, e per la cui descrizione la scienza stessa non ha ancora
creato adeguati strumenti concettuali, non costituisce la sola difficoltà di
questa nostra impresa. U n’altra difficoltà consiste nel fatto che un aspet­
to tipico delle "Weltanschauungen" da noi isolato è inesprimibile at­
traverso la parola razionale o il concetto. Solo il discorso poetico,
l’immagine, riescono a penetrarne la realtà; il concetto diventa sempre
più una scrittura cifrata, variamente interpretabile, perde i suoi contorni
precisi e viene subordinato all’immagine.
Tùttavia queste "Weltanschauungen" raramente raggiungono il livello
della vera poesia, restando piuttosto, seppur mal volentieri, in un ambito
puramente intellettuale. Ci troviamo così di fronte alla struttura contrad­
dittoria di una "Letteratura del non-letterario", che non si lascia afferare
dal linguaggio concettuale della scienza. Questo è il motivo per cui non
esistono ancora strumenti concettuali per la comprensione delle "Wel­
tanschauungen", e ci si può chiedere se potranno mai esisterne. Infatti il
paradosso dello "anti-intellettualismo intellettuale" è una caratteristica
della maggior parte delle "Weltanschauungen", non solo della nostra.
Una dottrina generale delle "Weltanschauungen" non si può basare sui
concetti prodotti dalle stesse "Weltanschauungen"; deve piuttosto tentare
di arrivare alle immagini in esse contenute.
Un tentativo del genere non resta peraltro senza ripercussione nei
confronti del linguaggio dello studioso, che è tentato continuamente di
passare da un esprimersi concettuale "non pregnante" ad un "più chiaro"
esprimersi per immagini.
Latteggiamento tipico dei nostri autori nei confronti del concetto e
dell’immagine può essere illustrato da una annotazione in data 19
dicembre 1943 fatta da Gerhard Nebel nel suo diario (18): "Il rapporto tra
i due strumenti metafisici dell’uomo, il concetto e l’immagine, offre una
serie inesauribile di confronti. Così si può dire che il concetto è im­
produttivo, in quanto dà un ordine soltanto a ciò che è presente, manifes­
to, a portata di mano, mentre al contrario l’immagine produce una realtà
spirituale e strappa all’essere tratti finora nascosti.

(18) G. Nebel, Auf ausonischer Erde. Latium und Abruzzen, Wuppertal 1949, p. 285 s.
26 La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

Il concetto, con timorosa attenzione nell’ambito dei fatti accertati, separa


e riunisce; l’immagine, priva d’ogni timore ed aperta all’avventura, si
estende nello spazio senza confini. Il concetto vive di paura; l’immagine,
della trionfante festosità della scoperta. Il concetto, se non ha già affer­
rato un cadavere, deve uccidere la sua preda; l’immagine lascia che la
vita si mostri nella sua spumeggiante vitalità. Il concetto, in quanto tale,
esclude il segreto, l’immagine costituisce un’unità paradossale degli op­
posti: insieme reca la luce e venera l’oscurità. Il concetto è vittima del
tempo ed invecchia presto; l’immagine è sempre al di là del tempo. Il
concetto è associato al progresso; per questo anche le scienze ricadono
sotto la categoria del concetto, mentre l’immagine è figlia dell’attimo. Il
concetto è economia; l’immagine è dissipazione. Il concetto è ciò che è,
l’immagine è sempre di più di ciò che vuol dare ad intendere. Il concetto
si rivolge al cervello, l’immagine al cuore. Il concetto agisce solo su uno
strato periferico dell’esistenza; l’immagine agisce sulla totalità o quanto
meno sul nucleo centrale dell’esistenza stessa. Il concetto è finito;
l’immagine è infinita. Il concetto semplifica; l’immagine venera la
pluralità. Il concetto prende partito; l’immagine si astiene dal giudizio. Il
concettò'è generale; l’immagine è anzitutto individuale, ed anche dove
l’immagine assume un carattere di generalità e comprende vari fenomeni
questo modo di procedere è come una caccia ricca di tensione, non una
piatta assunzione di dati. Con queste definizioni si potrebbe procedere
senza limiti...".
Nella stragrande maggioranza degli autori troviamo un atteggiamento
simile nei confronti dell’immagine, cosciente od incosciente che sia, sia
che attingano totalmente la forza dall’immagine, sia che si cristallizzino
in un ibrido di concetto e di immagine.
La Problematica 27

IL CARATTERE DI MUTAZIONE

U n’altra difficoltà inerente all’argomento, legata a ciò che finora ab­


biamo scritto, è l’impossibilità di calcolare il percorso di questa corrente
di pensiero a causa della sua irregolarità. Ciò dipende in parte dalla già
descritta peculiarità della "Weltanschauung". Se essa occupasse stabil­
mente un punto posto al di fuori della realtà, si svilupperebbe in maniera
omogenea ed avrebbe un andamento costante, invece è inserita nella
realtà e pertanto è esposta ai suoi colpi.
D ’altro canto, la difficoltà sta anche nel fatto che la Rivoluzione Conser­
vatrice non è stata finora una "Weltanschauung" vittoriosa. Se una "Wel­
tanschauung" trionfa sulle altre giungendo alla possibilità di realizzarsi,
i risultati raggiunti costituiscono allora elementi di confronto, valori
conosciuti grazie ai quali poter svelare valori fino a quel momento ignoti.
Ma il nazionalsocialismo, come già detto, non può essere considerato
un tentativo di realizzare sul terreno politico la Rivoluzione Conser­
vatrice, o forse può esser considerato tale solo in parte. Una descrizione
della Rivoluzione Conservatrice sotto l’aspetto della sua attuazione
politica sarebbe una storia di germi o di mere possibilità. Ed allo stesso
tempo sarebbe per molti tratti una topografia di correnti sotterranee.
Nonostante tali limiti, la Konservative Revolution ha avuto degli effetti
pratici; pur se ben poco ha influito sulla superficie, sembra che dei suoi
contenuti siano stati incapsulati, trasportati lontano da un flusso sotter­
raneo, che poi improvvisamente li fa emergere qua e là alla superficie.
Tali successi invisibili e riconoscibili soltanto a distanza sono pertanto un
ulteriore contrassegno della Konservative Revolution. Studiandoad esem­
pio il vocabolario politico, che costituisce un sismografo di grande
sensibilità, attraverso l’uso giornalistico, si potranno rintracciare nei
punti più diversi costrutti linguistici che sono testim onianze
dell’improvviso riaffiorare di quelle correnti di pensiero. Non a caso la
teoria dell’evoluzione appartiene alle dottrine più rivoluzionarie del
tempo.
E’ emblematico anche il fatto che si tenti di identificare sotto il punto di
vista letterario alcune mutazioni dello spirito avvenute nel nostro secolo.
Il jnomento di tale trasformazione viene generalm ente indicato
nell’estate del 1914 o nell’autunno del 1918; altri indicano date meno
significative. In un valido libro che tratta della "Weltanschauung", com­
28 La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

parso ancora prima della guerra del 1914, è scritto (19): "Attualmente
siamo all’inizio di uno dei periodi di maggiori cambiamenti della storia
mondiale, un periodo iniziato con le guerre balcaniche del 1912, che
trascinerà una dopo l’altra la maggior parte delle nazioni della terra nel
suo vortice e durerà almeno un decennio; ciò avverrà alcuni anni prima
che...il mondo germanico esploda con una forza violentemente naturale.
Si produrrà un’ immane sussulto che scuoterà tutto ciò che esiste fin nelle
fondamenta ed in ogni ambito".

(19) M. Kemmerich, Das Kausalgesetz der Weltgeschichte, Miinchen 1914.


La Problematica 29

STATO DELLE FONTI E METODO

Non poca difficoltà deriva dall’abbondanza del materiale ancora non


classificato. In primo luogo c’è l’enorme massa delle fonti in senso stretto,
dal foglio volante al trattato, dal romanzo autobiografico al grosso
volume che tenta un riepilogo di tutti gli elementi della nuova concezione
(20). Vi è inoltre una bibliografia enorme composta di giornali e riviste,
dai periodici autorevoli di larga diffusione ai fogli ciclostilati riservati a
circoli chiusi. A questo materiale si devono aggiungere gli scritti degli
avversari ed i pochi tentativi di descrizione obiettiva. Ed infine anche
materiale non stampato, corrispondenza e materiale rimasto allo stato di
manoscritto. E’ necessario inoltre tentare di completare questo materiale
scritto con conversazioni con persone che parteciparono a quegli eventi
e che sono tuttora contattabili, siano stati capi di movimenti, semplici
aderenti od oppositori. Trattandosi di un movimento che non può essere
compreso soltanto con mezzi concettuali, occorre dedicare inoltre par­
ticolare attenzione al materiale iconografico, sia che si tratti di fotografie
che ritraggono gli esponenti del movimento o il loro ambiente, sia che si
tratti di creazioni artistiche mediante le quali le "Weltanschauungen" si
esprimono non meno efficacemente che attraverso il linguaggio. Per
quanto riguarda le fonti scritte, lo studioso può accedere soltanto ad una
parte del nucleo essenziale, probabilmente a non più della metà. Alcuni
di questi documenti si trovano nelle biblioteche pubbliche, mentre le rare
collezioni sono quasi esclusivamente in mano privata, e nella misura in
cui certi eventi politici sono ancora a noi vicini, essi sono spesso preclusi
all’indagine dello studioso. E’ più facile oggi ottenere una documen­
tazione completa sul nazionalsocialismo che non sull’ argomento di cui
ci occupiamo. Gran parte degli scritti che ci interessano è comparsa tra
il 1929 e l’inverno del 1932/33, cioè prima della presa del potere da parte
del nazionalsocialismo. Il regime ha ben presto distrutto la maggior parte
degli scritti dei suoi trotzkisti, cosicché già a quel tempo in Germania era
difficile poterli rintracciare.
All’estero soltanto sotto l’impressione suscitata dagli avvenimenti del
1933 ci si cominciò ad occupare di queste problematiche e si raccolse la
parte più significativa della bibliografia sul nazionalsocialismo.
(20) Tipico esempio è la seconda edizione (1930) di Edgar J. Jung, D ie herrschaft der
Minderwertingen.
30 La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

Questa azione fu promossa dalla politica condotta in grande stile dagli


uffici di propaganda del potere nazionalsocialista. Due sono le vie per
poter studiare un materiale così ampio. Una consistente nel procedere
attraverso una serie di indagini particolari fondate sulla meticolosa
elaborazione del materiale per poter poi erigere su questi singoli blocchi
una costruzione completa; ma difficilmente oggi si può trovare un settore
per il quale sia possibile mettere insieme una documentazione completa.
Ogni indagine inoltre dovrebbe essere accompagnata dalla con­
sapevolezza di dove conduca, anche se la meta non dovesse essere
definitiva. Solo una sintesi infatti, sia pure provvisoria, può far sì che i
singoli fatti acquistino senso. Il primo passo deve pertanto essere fatto
seguendo un’altra via, quella cioè di una raccolta, sia pure provvisoria e
necessariamente incompleta. Ciò è possibile soltanto col metodo
dell’astrazione. I molti particolari diventatici ormai familiari, essendoci
occupati dell’argomento da vari anni, particolari spesso contingenti, in
un primo tempo devono esser messi da parte. E’ necessario ricavare dal
ricordo uno schema generale ed astratto nel quale inserire di mano in
mano i particolari messi in luce dallo studio. Nel nostro caso, questo
schema costituirà una sorta di "tipologia" degli atteggiamenti fondamen­
tali su cui si baserà ogni singolo fenomeno. Ovviamente nella ricerca di
questi "tipi" occorrerà procedere a sbalzi e non sempre ciascun punto
potrà trovare una giustificazione nelle fonti. Per costruire uno schema di
questo tipo, che potrà essere completato successivamente, ci serviremo
del "lebendes Bild" (immagine viva). Situiamo la Rivoluzione Conser­
vatrice tra il 1918 ed il 1932 come se fosse immobile, rinunciamo cioè a
risalire agli antefatti della stessa fino ai tempi della Rivoluzione Francese,
come pure rinunciamo a disegnarne il percorso sotto il nazionalsocialis­
mo o addirittura dopo la catastrofe del 1945. Allo stesso tempo non
prendiamo in considerazione i collegamenti orizzontali con i movimenti
paralleli al di fuori della Germania. Una simile commistione di elementi,
influenze, eredità o derivazioni finirebbe col rendere troppo vaga la
schematizzazione che intenderemmo proporre. (Eunica eccezione la
facciamo nei confronti della visione del "ritorno", incomprensibile senza
riferirsi a Nietzsche e che trova la sua espressione più completa solo
dopo il periodo da noi esaminato). Ogni descrizione di periodi preceden­
ti o successivi fa sì che si trascuri il valore proprio insitonell’epoca. Qui
occorre descrivere questo valore, e quindi partire da esso per analizzare
momenti della storia precedenti o successivi.
L ’A R G O M E N T O

IL TERZO REICH CONTRO IL SECONDO REICH

Eargomento, così ampio e complesso dev’essere innanzitutto delimitato


da un punto di vista temporale. Il termine "Terzo Reich" ce ne fornisce
il mezzo. Fu coniato nel libro omonimo di Moeller van den Bruck del
1923 e divenne una parola chiave del "Movimento Tedesco" molto tempo
prima che i nazionalsocialisti ne facessero il loro grido di battaglia. Di
fronte all’universalistico Sacro Romano Impero della Nazione Tedesca
ed al piccolo "Zwischenreich" (Reich intermedio) di Bismarck, Moeller
van den Bruck con il "Terzo Reich" pone l’immagine di un impero finale,
nel quale le contraddizioni di socialismo e nazionalismo, di "sinistra" e di
"destra" si annullano riunificandosi. Il numero tre qui non significa
soltanto la successione degli imperi nel corso della storia; con esso si
afferma l’idea di una sintesi che concilia una tesi ed un’antitesi. Già al
tempo della prima comparsa del concetto di "Terzo Regno" (l), presso la
setta dei montanisti nel mondo del Cristianesimo primitivo, intorno alla
metà del secondo secolo, in analogia al dogma della trinità, si parla di
un’epoca dell’Antico Testamento (Padre), di una del Nuovo Testamento
(Figlio), iniziata con l’incarnazione del Cristo, e dell’epoca del terzo
regno (Reich), quello dello Spirito Santo. Da quel momento l’idea del
Terzo Reich, procedendo per vie secondarie, soprattutto quelle delle
eresie spiritualistiche, accompagna la storia della cultura occidentale ed
attraverso personalità quali Ottone di Frisinga, Gioacchino da Fiore,
Lessing, Fichte, Schelling, Ibsen, perviene fino all’epoca presente. An­
cora nel lavoro di Moeller van den Bruck (terza edizione 1931, p.229) si
rintraccia quell’antico fondamento trinitario, allorché l’autore parla del
"terzo partito" che dovrebbe superare la divisione della sinistra e della
destra: "Il terzo partito vuole il Terzo Reich". La" Deutsche Bewegung"
si fonda su questa aspettativa di un nuovo Reich. Essa sorge a partire
dalla Rivoluzione Francese, allorché l’edificio del Primo Reich, già da
tempo in dissoluzione, va in rovina e le dinastie rivali degli Asburgo e
(1) Per una storia del concetto di Terzo Reich, cfr. soprattutto H. Hertel, Das dritte Reich
in der Geistesgeschichte, Heidelberg 1934.
32 La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

degli Hohenzollern si ritirano per concentrarsi su compiti più limitati. In


tal modo i primi esponenti della "Deutsche Bewegung", siano essi Fichte
coi suoi Discorsi alla Nazione Tedesca (1807-1808), Arndt con La Ger­
mania e l’Europa (1803), Jahn col suo Carattere del popolo tedesco, o altri
autori, si trovano di fronte ad un nuovo inizio.
Questa situazione si modifica nel 1871 con la fondazione del Reich di
Bismarck. Con esso si pretende di incarnare l’antica idea del R eich, e gli
esponenti del "Movimento Tedesco" devono decidersi se riconoscere
questo Secondo Reich o o combatterlo nel nome di un Terzo Reich. Con
la catastrofe del 1918 e con la Repubblica di Weimar, svanisce ogni
legame con il dato reale, e lo spazio nel quale si collocano le costruzioni
ideali non è disturbato da imperfezioni che ne compromettano l’armonia.
Tuttavia nel 1933 con il nazionalsocialismo si afferma nuovamente la
pretesa d’aver realizzato il Reich, addirittura il Terzo Reich, così la
"Deutsche Bewegung" si scinde in un’ala che contesta tale realizzazione
come un falso, ed in un’ala che la riconosce o quantomeno la considera
un primo passo in direzione della meta prefissata.
In tal modo la "Deutsche Bewegung" può così essere descritta attraver­
so quattro fasi ben distinte: una prima che va dalla Rivoluzione Francese
e dal tramonto dell’antico Reich fino al 1870, una seconda dal 1871 al
1918, una terza dal 1918 al 1932 ed una quarta dal 1933 al 1945. Il presente
saggio si occupa della terza fase.
L ’A rgomento 33

E EPOCA GUGLIELMINA

Eatteggiamento nei confronti del Reich bismarckiano ci permette di


stabilire quale parte del "Movimento Tedesco" sopravviva alla catastrofe
del 1918. La frattura rappresentata simbolicamente dal caso Nietzsche -
Wagner attraversa questo movimento. Il Secondo Reich non è esposto !
soltanto alle critiche di parte cattolica, liberale e marxista; nel periodo
che va dal 1871 al 1918, esiste già un’ "opposizione di destra", che si ribella
contro lo spirito degli anni della rivoluzione industriale tedesca, epoca di
repentino sviluppo della potenza economica e militare, con cui non
stanno al passo le forze interiori. Questo "interregno" (Zwischenreich) è
un ibrido molto particolare: dietro una facciata feudale si svolge un ritmo
febbrile, un mutamento della struttura economica e sociale, che entra
sempre più in contraddizione con le forme statali ereditate dall’epoca
precedente. La commistione fra elementi che tendono a mantenere la
vecchia struttura ed altri che tendono ad eliminarla, tra elementi conser­
vatori e liberali, si personifica al vertice dello Stato, dopo essersi manifes­
tata nell’azione di governo di Bismarck, nella figura dell’imperatore
Guglielmo II, dopo il congedo del cancelliere.
Con il suo oscillare tra diritto divino e monarchia parlamentare, fra
armature pseudo-medievali e moderne navi da guerra, egli diviene il
simbolo di un’epoca. Da lui deriva il nome "epoca guglielmina" (WilheT
minismus) (2), termine con cui si designa il "conservatorismo apparente"
dell’epoca. Ai rappresentanti della Rivoluzione Conservatrice questi
tempi paiono somigliare alle case costruite nello stile della rivoluzione
industriale in una città tedesca: dietro una facciata di stucchi vistosi, si
erge il simbolo dei nuovi valori econom ici, che costituiscono il destino
della società. Fra palme da salotto e boschi di basso fusto dipinti si
diffonde il perfido demone della noia. Sono ben pochi gli esponenti del
"Movimento Tedesco" che riconoscono l’Impero guglielmino come at­
tuazione delle loro idee. La loro protesta tuttavia non comprende l’intera
"opposizione di destra". A questi ultimi si deve anche attribuire il rifiuto
rassegnato degli aderenti all’antico, non ancora sgretolato, Stato
feudale.

(2) Il Termine Wilhelminismus (epoca guglielmina) indica in senso proprio solo il tempo
successivo al congedo di Bismarck, anche se qui lo usiamo genericamente per contrasseg­
nare l’intero periodo del II Reich.
34 La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

Lo scrittore Fontane ha trasfigurato poeticamente questo atteggiamento


nel suo romanzo Stechlin. Lopposizione della "Deutsche Bewegung", per
contro, è attiva ed è rivolta all’avvenire. Ma essa si scinde in due a li, e
questa scissione perdurerà fino ai tempi della Repubblica di Weimar.
U n ’ala ritiene di poter realizzare i suoi fini con metodi riformisti
all’interno del Secondo Reich; si identifica quindi con la creazione
bismarckiana, cosicché il suo tramonto finisce col coinvolgerla. Laltra
ala sfugge invece a questo destino: per essa il Reich guglielmino non
costituisce un primo passo imperfetto, ma un passo falso. Essa è convinta
che il vero fine lo si possa raggiungere solo attraverso un inizio assoluta-
mente nuovo.
Tipico esempio dell’ala riformista è il movimento "cristiano-sociale"
fondato dal cappellano di corte Adolf Stoecker, che cerca, con l’aiuto
del "trono e dell’altare", di riunire in una comunità gli strati popolari,
tendenti alla disgregazione, attraverso un principio di carità ispirato
dall’alto. Il movimento guadagna terreno intorno al 1880 soprattutto
attraverso la sua azione antisemita. Sulla stessa linea si muovono i
"Nationalsozialen" (Nazionalsociali) separatisi da Stoecker nel 1896 sotto
la direzione di Friedrich Naumann, che vorrebbero creare un "soziales
Kaisertum" (Impero sociale). Essi tuttavia passano gradualmente al par­
tito liberale o al partito socialdemocratico ed abbandonano così la
cerchia del "Movimento Tedesco". Un terzo esempio è costituito dalla
"Alldeutsche Verband" (Lega Pantedesca, fondata nel 1891), che rinuncia
intenzionalmente a legarsi alle masse. Definita dai rivoluzionario-con­
servatori come "un miscuglio di romanticismo politico e di erronea
politica guerrafondaia e realistica" (H. Ullmann, Op. c it., p.24), essa si
perde in un imperialismo utopico.
Accanto a questi movimenti d’una certa grandezza ce ne sarebbero da
ricordare molti altri organizzati in gruppi ed associazioni, come i tentativi
di riforma culturale a carattere patriottico (Ferdinand Avenarius con la
sua "Diirerbund" e la rivista "Kunstwart"); il "Movimento per l’arte patria"
(F. Lienhard, A.Bartels, P. Schultze-Naumburg); i "Riformatori agrari",
che si richiamano in parte a tradizioni dell’antica Germania (A.
Damaschke, O. Beta); tentativi simili a quelli di Stoecker compiuti da
parte cattolica (il vescovo W.E. von Ketteler); tentativi in campo marxista
di passare da una posizione di puro internazionalismo ad una nazionalista
(G. von Vollmar, B. Otto, P. Lensch) ed altri ancora. Nell’ambito della
monarchia austro-ungarica troviamo fenomeni similari: i "Deutsch-
nationalen" (Nazionalisti tedeschi) raccolti intorno a Georg Ritter von
L ’A rgomento 35

Schònerer con la sua "Los-von-Rom-Bewegung" (movimento di distacco


da Roma) o i "Cristiano-sociali" del sindaco di Vienna Karl Lueger con
la loro politica piccolo -borghese ed antisemita simile a quella dei "Pan­
tedeschi" ed a Stoecker. Una nota comune a tutti questi gruppi è l’essere
diventati succubi dell’ideologia guglielmina in misura ben maggiore di
quanto non volessero ammettere. Nonostante ogni rifiuto retorico del
guglielminismo, anche in essi difatti si manifestano atteggiamenti tipici
di quella ideologia. Vedendo la cosa a distanza ad esempio, appare
grottesco che Stoecker, nello stile degli ambienti caritatevoli della corte
e con i mezzi di un paternalistico supervisore, voglia eliminare dal mondo
i mali sociali. In tal modo comunque non riesce a far concorrenza ad una
organizzazione compatta e potente quale la socialdemocrazia di Bebel.
Stoecker non vuole ampliare il concetto di antisemitismo, costituente la
parte negativa del suo progamma, cui però deve l’efficacia del progamma
stesso, andando oltre lo specifico concetto confessionale di ebreo. Con
ciò il suo movimento perde di importanza, la maggior parte degli aderenti
si allontana, trasferendosi nelle file dei "Rassen-Antisemiten" (Antisemiti
in base alla razza) come il dott. Henricis o il "Rektor aller Deutschen"
Hermann Ahlwardt. Lo stesso accade ai "Pantedeschi", la cui appros­
simazione concettuale si manifesta nella incapacità di distinguere tra
l’imperialismo del tardo capitalismo da un lato e l’idea del Reich
dall’altro. Essi progettano sulla carta piani fantastici di divisione del
mondo (3) senza rendersi ben conto che non si può conquistare alcuna
terra senza ricorrere alle armi. Taluni di questi gruppi dopo la catastrofe
del 1918 riescono a sopravvivere in maniera stentata e tra le giovani forze
rivoluzionario-conservatrici suscitano l’impressione di fossili provenienti
da tempi remoti. La loro alleanza viene percepita come un peso morto.
Quando invece riescono ancora ad influire sugli eventi - il caso più
significativo è il legame tra Heinrich Class, che presiedette per molti anni
l’"associazione pantedesca" ed i " Tedesco-nazionali " di Hugenberg -
allora sono considerati come una falsificazione della Rivoluzione Con­
servatrice. I portavoce del movimento rivoluzionario-conservatore com­
battono questi residui del passato con lo stesso accanimento con cui
combattono gli avversari provenienti dal campo opposto. L ala riformista
della "Deutsche Bewegung", già attiva nell’epoca guglielmina, che cerca
di superare la propria epoca coi mezzi dell’epoca stessa, costituisce il
gruppo più nutrito.
(3) Un libro di tal genere particolarmente esagerato è quello di O. Tannenberg, Gross-
Deutschland, Die Arbeit des XX Jahrhunderts, Leipzig-Gohiis 1911.
36 La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

Ma per quanto concerne la sua azione nel tempo, non si può paragonarla
all’azione dell’altra ala, che fin dall’inizio, si pone al di fuori dell’idea
guglielmina, e non viene travolta dal vortice della catastrofe. All’ala
rivoluzionaria appartengono anzitutto quei personaggi solitari che si
pongono all’ombra del grande Nietzsche. Il tipo particolare, che si stacca
dal branco, è una tipica figura dell’interregno. Le sue parole vengono
rafforzate dall’eco della solitudine nella quale sono pronunziate. In verità
Nietzsche non può essere inquadrato nella "Deutsche Bewegung" in
senso stretto, anche se ciò che avviene dopo di lui può essere compreso
solo utilizzandolo come presupposto. La Rivoluzione Conservatrice non
è pensabile senza Nietzsche, specialmente dopo il 1918; il suo influsso lo
si rintraccia dappertutto, tuttavia la sua contraddittorietà impedisce di
delineare chiaramente gli elementi che trasmise a questo movimento (4).
Nella sua ombra si muove peraltro un gran numero di figure solitarie che
danno un importante contributo alla Rivoluzione Conservatrice tedesca.
Ne menzioniamo solo due, nelle cui opere troviamo una critica del tempo,
che si rivolge specificamente alla restaurazione di un germanesimo in
pericolo: Paul de Lagarde con i suoi Deutsche Schriften (Scritti tedeschi)
1878-1881 ed Julius Langbehn con il suo Rembrandt als erzieher
(Rembrandt come educatore)del 1890. Il loro distacco dai contem­
poranei si manifesta già nel fatto che riescono ad incidere pienamente
sulla cultura tedesca solo dopo la Prima Guerra Mondiale. Accanto a
questi solitari devono essere menzionate anche due compatte correnti di
pensiero, che si oppongono entrambe al guglielminismo e riescono così
a sop ravvivere d o p o il 1918: la "V òlkische Bewegung" e la
"J ugendbewegung".
Col termine "vòlkisch" si definiscono quei gruppi politici per i quali
l’essere umano è determinato dalla sua origine, derivante dal materiale
informe di una razza o da quello strutturatosi attraverso la storia di un
popolo o di una tribù. Sulla stessa linea si muovono le dottrine che
considerano l’essere umano condizionato dall’anima del paesaggio

(4) Tentativi di inquadrare Nietzsche nella Rivoluzione Conservatrice sono stati compiuti
da A. Baeumler, Nietzsche, der Philosoph und Politiker, Leipzig 1931, (tr. it.: Nietzsche
filosofo e politico, Lupa Capitolina, Padova 1983); H. Rem, Nietzsche und die deutsche
Revolution, in «Rhytmus», 9 settembre 1934; G. Lutz, Nietzsche in SW: Das Deutsche in
der Deutschen Philosophie, Stuttgart 1941. Tentativi di inquadrare Nietzsche nel
Nazionalsocialismo: W. Cross, Die Propheten in ihrer bedeutung fiir uns, in "National-
sozialistiche Monatschefte", 1 aprile 1930; R. Oehler, Friedrich Nietzsche und die deutsche
Zukunft, Leipzig 1935.
L ’A rgomento 37

(Landschaftsseele) (5) o dalla sua lingua materna. Questa linea "vòlkisch"


accompagna come dottrina l’intera "Deutsche Bewegung", dai suoi inizi
fino ad oggi, ma possiede una forza politica solo al tempo di Bismarck.
Il programma di queste nuove formazioni politiche degli anni Ottanta è
in un primo tempo puramente negativo: si tratta di partiti antisemiti che
sostituiscono all’avversione di Stoecker per gli Ebrei, che può essere
elim inata col battesim o, un antisem itism o razziale fondantesi
sull’immutabilità del carattere ebraico, considerato fondamentalmente
nocivo. Con l’arma dell’ostilità nei confronti degli Ebrei, i piccoli partiti
popolari conquistano nel 1893 sedici seggi nel parlamento del Reich, che
poi diminuiscono verso la fine della Prima Guerra Mondiale. Essi non
riescono a costituirsi in un partito unitario, e si dissolvono in sempre nuovi
gruppuscoli.
Determinante ai fini di questa polverizzazione è il fatto che in questi
partiti antisemiti s’incrociano due tendenze: una più aristocratica, cos­
tituita da Max Liebermann von Sonnenberg, che usa l’antisemitismo per
trattenere le masse nell’ambito del vecchio partito conservatore, ed
un’altra, più democratica, proveniente dalla base.
Questa recluta i suoi aderenti soprattutto nel ceto medio delle campagne
e delle piccole città, che, nella difficile situazione di contrasto tra
proletariato ed alta borghesia industriale, vede negli Ebrei i veri distrut­
tori del proprio mondo ed analizza la situazione con rassegnata
oggettività.
E Assia, zona prediletta fin dai tempi più antichi dai seguaci delle sette
più diverse e dai rivoluzionari d’ogni tipo, è la roccaforte di questo
movimento radicale.
Il "re degli agricoltori dell’Assia" riesce a creare un forte partito, e questo
dimostra quali aberrazioni si producano allorché l’immagine della
"Deutsche Bewegung" viene composta in maniera unitaria secondo il
modello del nazionalsocialismo dopo il 1933. In questi gruppi "vòlkisch",
che appaiono più importanti per l’ampia produzione letteraria che per
l’attività parlamentare, sopravvivono ancora impulsi del 1848 e forse
anche spinte emotive risalenti alle guerre contadine.
E ’ significativo che alle grida di battaglia contro gli Ebrei, esponenti del
grande capitalismo, si mescolino anche quelle contro gli Junker (6).
Diventa perciò oltremodo plausibile l’interpretare i tentativi di Lieber­
mann come un desiderio di raccogliere e dominare forze che possono
(5) Il termine è utilizzato ampiamente e nella medesima accezione da Spengler (N.d.T.).
(6) Nobili proprietari terrien prussiani (N.d.T.)
38 La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

divenir pericolose per il vecchio conservatorismo, che è già attaccato su


altri versanti dai liberali e dai socialdemocratici.
L altro movimento che rifiuta il guglielminismo è la "Jugendbewegung".
Essa costituisce il più singolare dei fenomeni fin qui analizzati: una rivolta
della gioventù contro il mondo dei padri rappresentato dal guglielminis­
mo, contro un mondo della apparenza e dell’artificiosità, che minaccia
di soffocare ogni impulso vitale.
La prima ondata della "Jugendbewegung" è rappresentata dai
"Wandervogel" (Uccello migratore), associazione che trae origine da un
gruppo di scolari escursionisti, guidati dallo studente ginnasiale Karl
Fischer del quartiere periferico di Berlino Steglitz, costituitasi ufficial­
mente sotto questo nome il 4 novembre del 1901. Si tratta di un movimen­
to inizialmente assolutamente privo di forma ed anarchicheggiante.
Conciati come avventurieri, con berretto e chitarra, i suoi aderenti escono
dalla grande città e scoprono paesaggi sconosciuti, si sottraggono con
veemenza a tutte le forme di organizzazione giovanile guidate da adulti,
quelle degli studenti ginnasiali, quelle giovanili cristiane, o le accademie
per allievi ufficiali. Manca un chiaro obiettivo che del resto verrebbe
rifiutato come fossilizzazione di ciò che è vivente.
A questo punto interviene come contromovimento la seconda ondata, la
"Freideutsche Jugend" (Libera gioventù tedesca) che raggiunge il suo
massimo punto di sviluppo nell’ottobre del 1913 col raduno sul monte
Meissner (in Assia, a 749 metri). I "Wandervogel" combattono la
"Freideutsche Jugend" come traditori dell’idea originaria: il loro
movimento rappresenta l’intervento degli adulti - soprattutto insegnanti
e riformatori - che vogliono a loro modo intervenire sul mondo libero
appena creato dalla gioventù (7). Vedono nella "Freideustche Jugend" un
tentativo di creare un nuovo mondo posto su basi puramente intellettuali,
mentre un mondo realmente nuovo potrebbe avere soltanto basi molto
più profonde.
La formula di giuramento coniata sul monte Hohen Meissner ha in sè
qualcosa d’idealisticamente vago ed insignificante:"La Freideutsche
Jugend, mossa da propria determinazione e sentendosi pienamente
responsabile, vuole formare la propria vita sulla base d’una intima verità".
Ma i "Wandervogel" possono opporre alla "Freideutsche Jugend" solo un
impulso e nulla di strutturato.

(7) L’asprezza della lotta tra il movimento "Wandervògel" ed il "Freideutsche" è descritta


nel classico lavoro di Bluher sui "Wandervògel". I "Freideutschen" non ebbero invece la
fortuna di trovare chi desse forma letteraria ai loro miti.
L ’A rgomento 39

Entrambe le correnti, una con un romanticismo anarchico ancorato ad


un atteggiamento puramente negativo, l’altra con le sue ricette intellet­
tuali per una rinascita, appartengono solo marginalmente alla "Deutsche
Bewegung". Ai tempi della Repubblica di Weimar esercitano però la loro
influenza su quasi tutti i gruppi rivoluzionario-conservatori, dato che i
capi di questi movimenti sono passati in gran parte per queste as­
sociazioni giovanili nel periodo pre-bellico. La guerra determina una
profonda cesura: un’intera generazione di capi dei "Wandervògel" e dei
"Freideutschen" lascia la vita sui campi di battaglia e chi sopravvive torna
profondamente mutato. In effetti la "Freideutsche Bewegung" nei primi
anni del dopoguerra, così assetati di programmi, mostra un nuovo in­
cremento. Il secondo raduno sul monte Hohen Meissner nel 1923 con­
trassegna tuttavia anche la sua fine, ed il movimento giovanile degli anni
Venti presenta dei tratti che lo distinguono sia dai vecchi "Freideutschen"
che dai "Wandervògel".
Questa è la situazione della Rivoluzione Conservatrice in Germania allo
scoppio della guerra nel 1914.1 partiti che si definiscono conservatori
non comprendono di appartenere profondamente al XIX secolo, da essi
combattuto come liberale. Il loro conservatorismo consiste in un attac­
camento reazionario alle forme del passato, da tempo svuotato di con­
tenuto. Da tale riformismo si distanziano solo per gradi i movimenti
riformisti di "destra", i cristano-sociali di Stoecker ed i pantedeschi di
Schònerer e di Lueger. Solo pochi pensatori isolati comprendono che il
conservatore non può semplicemente aggrapparsi allo "status quo". Al di
là dei partiti menzionati, ci sono ancora, come sospesi fuori del tempo,
quei due strani movimenti le cui aspirazioni sono troppo vaghe per essere
classificate: i "vòlkischen", con la loro utopica esigenza di riportare al
punto di partenza la fusione delle razze compiutasi già da molti secoli e
la "Jugendbewegung" con la sua esigenza d’una incontaminata
autonomia. Questi movimenti ed i pensatori isolati sopra menzionati
sono le fonti alle quali attinge la "Deutsche Bewegung" dopo il 1918.
40 La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

LA GUERRA

Abbiamo detto che tutto quel che in Germania è poi accaduto, dev’essere
interpretato sulla base di Nietzsche. In effetti c’è qualcosa che per la
Konservative Revolution è altrettanto significativo: la Prima Guerra Mon­
diale. Alla Germania dei decenni successivi si applica il detto che la
guerra è madre di tutte le cose. Con la guerra del 1914-18 inizia la
"Deutsche Aufstand" (Rivolta tedesca) che da allora in poi fa tremare
quasi senza interruzione tutto l’Occidente. Tùtto è misurato in riferimen­
to a questa guerra e gli opposti campi si dividono sulla base della
posizione assunta rispetto ad essa.
Quanto detto si applica in particolare alla "Deutsche Bewegung". Ernst
Jungcr (8) così si esprime in qualità di portavoce di tutta la sua
generazione: "La guerra è nostra madre, ci ha generato come una nuova
stirpe nel seno incandescente delle trincee... questa gioventù, combatten­
do nei paesaggi più terribili del mondo, ha compreso che le antiche strade
sono giunte alla fine e che bisogna percorrere le nuove".
C ’è un disegno del grafico A. Paul Weber (9), proveniente dalla
"Jugendbewegung": in primo piano marcia un gruppo di giovani
"bundisch", sullo sfondo marciano nella stessa direzione soldati in
uniforme di guerra, alti e sovrastanti come ombre. E ’ un disegno
emblematico per tutta la "Deutsche Bewegung" del dopoguerra. Che i
morti partecipino al presente così come i non ancora nati è una con­
cezione conservatrice fondamentale. In particolare, sono i caduti in
guerra che attraverso il loro sacrificio fungono da segno invisibile, ma pur
presente, di esempio e di ammonizione.
E’ difficile descrivere che cosa significhi la Prima Guerra Mondiale per
la "Deutsche Bewegung". In prospettiva l’esperienza della guerra presen­
ta tre stadi. Il fatto che la si viva al fronte o in contesti più lontani produce
soltanto una differenza nel grado di tensione emotiva.
All’inizio c’è l’entusiasmo inebriante delle prime settimane, alla fine
Pimprowisa, inattesa catastrofe. Fra questi due punti corrono gli anni
disincantati e monotoni d’una guerra divenuta vita quotidiana, e tale
esperienza è quella che si imprime nella coscienza di ognuno.

(8) Introduzione a F. G. Jiinger, Aufmarsch des Nationalismus, Leipzig 1926.


(9) In "Der Falke" N. 4/5,1932.
L ’A rgomento 41

Il suo scoppio è percepito come una vampata che fonde ed annulla tutte
le divisioni partitiche, di ceto, di confessioni e campanilistiche e rende
visibile quella desiderata unità e totalità che il guglielminismo simulava
soltanto. E’ una partenza inebriante, che fa esclamare ad un osservatore
così sobrio e scettico come Thomas Mann (10) nel settembre del 1914:
"Ricordiamoci dell’inizio, di quei primi giorni che non si potranno mai
dimenticare, allorché irruppe nella realtà qualcosa considerato impos­
sibile! Noi non avevamo creduto nella guerra, il nostro discernimento
politico non era bastato per farci riconoscere la necessità di una
catastrofe europea. Ma come essere morali, proprio come tali avremmo
dovuto percepirne l’avvento; anzi, in qualche modo l’avevamo ardente­
mente desiderata; nel profondo del cuore avevamo compreso che il
mondo non poteva andare più avanti secondo la maniera consueta....
Era l’unione di tutta la Nazione disposta a subire le prove più difficili,
una unione potente ed esaltante, desiderata ma mai determinatasi, una
prova decisiva che la storia dei popoli non aveva finora conosciuto".
La guerra diviene un fuoco purificatore che deve bruciare ed eliminare
tutte le insufficienze e falsità del guglielminismo. Scrive ancora Thomas
Mann nel m edesim o saggio: "La guerra! Era un sentim ento di
purificazione e di liberazione quel che noi sentivamo, assieme ad una
immensa speranza. Di ciò parlavano i poeti, solo di ciò. Che cos’è per essi
l’impero, la signoria commerciale, la vittoria in sé?.... Ciò che entusias­
mava i poeti era la guerra in sé, la sofferenza come necessità morale.".
L assalto dei giovani volontari presso Langemarck, con molte perdite
umane, diventa il simbolo di questa esperienza, menzionato laconica­
mente nel bollettino di guerra dell’l l novembre 1914 del quartier
generale: "A occidente di Langemarck i giovani dei nuovi reggimenti
sono andati all’attacco delle postazioni delle prime file nemiche al canto
di Deutschland, Deutschland uber alles e le hanno espugnate".
Ma questo entusiasmo non dura a lungo. Lalta tensione delle prime
settimane di guerra viene presto sostituita dal grigiore quotidiano. Dopo
la battaglia della Marna i fronti di guerra, per lo meno sul fronte occiden­
tale, incominciano ad immobilizzarsi. La monotona macina della guerra
dei materiali entra in funzione e continuerà a funzionare per oltre quattro
anni. Ernst Junger così descrive questo mutamento (11) : "La trincea
faceva della guerra un mestiere dei combattenti lavoratori a giornata

(10) Th. Mann, Friedrich und die grosse Koalition, Berlin 1915. Tr. it.: Federico e la
Grande Coalizione, Studio Tesi, Pordenone 1985.
(11) E. Junger, Der Kampf als inneres Erlebnis, 8° ed., Berlin 1940.
42 La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

della morte, consumati dalla sanguinosa macina quotidiana. Era come


un’antica saga romantica il sentimento di angosciato presagio che
s’impadroniva del combattente alla sera davanti al fuoco del bivacco o
durante la cavalcata alla luce dell’alba. Era un sentimento che trasfor­
mava il mondo in un immenso duomo avvolto in un’oscurità solenne, il
primo respiro in una cena eucaristica prima della prova suprema. La
trincea non aveva spazio per una riflessione lirica, nè per il rispetto della
propria grandezza. Quanto c’era d’elevato era abbattuto e calpestato..."
Questo aspetto autentico della Prima Guerra Mondiale, dinanzi al quale
la fine dell’estate e l’autunno del 1914 costituiscono un semplice episodio,
ha trovato nei diari di guerra di Junger (12) un’espressione che, nella sua
cruda obiettività, immune da valutazioni morali, delinea per gli esponenti
della Rivoluzione Conservatrice la vera immagine di quegli anni.
Sovente quei quattro anni sono paragonati ad una macina, o sono definiti
un "bagno d’acciaio". Sono immagini che derivano dall’idea di una svolta
epocale: un’epoca tramonta e viene sostituita da una nuova . Sarebbe
troppo facile vedere nella Guerra Mondiale la "causa" di questa svolta.
Gerhard Nebel scrive giustamente (13): "... i mutamenti non avvengono a
sbalzi da un evento ad un altro, ma attraverso un’incessante pressione
interna. Si può dire che tale intimo urgere, il fluire della vita dello stesso
spirito del mondo, è sempre in anticipo rispetto al divenire esteriore
della realtà. Il valido uomo d’azione e il profondo osservatore sono tali
per il loro misterioso collegamento con questo fluire, sì da essere in
grado di presentire il futuro e quindi anche le necessità presenti. Il fiume
che contiene in sè il divenire reale scorre sotto terra, ma ogni tanto lo
spirito del mondo apre un varco, facendone fuoriuscire con scosse e
sussulti lava incandescente, e con ciò mostra quel che realmente è
accaduto a partire dall’ultimo scoppio. Queste eruzioni sembreranno dei
grandi avvenimenti. Ma non bisogna dimenticare che esse sono modi
d’esprimere il divenire e non il divenire stesso, che non è un fatto teatrale,
ma piuttosto una stabile e progressiva realtà vegetativa".
Che cosa si è dunque manifestato in questa esplosione? Secondo la
"Deutsche Bewegung" con questa guerra termina il XIX secolo, e soprat­
tutto la sua ultima fase, il guglielminismo, con il suo culto dell’apparenza
e dell’aspetto retorico. Che cosa subentri a questo mondo dell’apparenza
è invece meno facile descrivere.

(12) E. Junger In Stahlgewittem (1920) tr. it.: Tempeste d’acciaio, Ciarrapico, Roma 1984;
Das Wàldcnen 125 (1925); Feuer und Blut (1926).
(13) G. Nebel, Tyrannis und Freiheit, Dusseldorf 1947.
L ’A rgomento 43

Si potrebbe dire che le mura che l’intelletto aveva eretto scrupolosamente


nei secoli precedenti incomincino ora a vacillare. Divisioni come quelle
tra "spirito" e "materia", "io" e "mondo", incominciano a divenire irreali.
"Idealismo" e "materialismo" sono concetti altrettanto insostenibili; viene
meno il limite tra individuo e collettività. Questa tendenza verso la
"totalità" nei singoli, annunziantesi già da tempo, sembra essere, in
guerra, come l’essere che retrocede ad un originario punto di partenza
dove ancora niente è suddiviso, un ritorno a ciò che non può essere
raggiunto dalla distruzione. Dice Junger: "La conoscenza di maggior
valore, derivata dalla scuola della guerra, è che la vita nel suo intimo
nucleo è indistruttibile" (14).
Hugo Fischer, filosofo ed amico di Ernst Junger, nel suo articolo II
soldato di fanteria del 1917 (15) ha tentato, nel suo linguaggio estroso, di
registrare questi mutamenti: "Il culto delle parole altisonanti oggi è fuori
luogo... la guerra mondiale è il demone che ha distrutto definitivamente
ogni forma di patetismo. La guerra non ha più nè inizio nè fine, il soldato
di fanteria sta in mezzo a distese di fango sconfinate, in un qualche sporco
buco pronto all’attacco; egli èun nullanella grigia e sconsolata uniformità,
che sempre è stata e sempre sarà. Allo stesso tempo è il centro d’una
nuova sovranità. Da qualche parte c’erano un tempo trincee e rifugi
costruiti con cura, ma ora non lo interessano più. Egli sta in piedi o
rannicchiato, con la gola riarsa dalla sete in qualche punto tra i campi
liberi, e l’opposizione tra vita e morte è condotta al margine dei suoi
ricordi. Egli non è nè un individuo nè esponente d’una società, è parte
d’una forza elementare disseminata sui campi di battaglia sconvolti.
I concetti per lui non hanno più senso, gli antichi concetti.
A poco a poco gli occhi gli si riaprono; nella nebbia infinita dove l’occhio
getta lo sguardo incomincia ad albeggiare ed egli, senza sapere ciò che
fa, incomincia a concepire le categorie del secolo a venire.
Le granate passano sopra un mare di sporcizia e di materia in
putrefazione, che è divenuto l’ambito della sua esistenza, ed i crateri
aperti dalle granate sono la sua abitazione. Non pensa più a distinguere
il paesaggio coltivato da quello incolto; è sopravvissuto a tutte le forme
e le strategie belliche: se ne sta qui incorrotto ed immortale e non sa più
quel che è bello e ciò che è brutto. Il suo sguardo trafigge le cose sicuro
come un dardo di fuoco.

'14) E. Junger, Das Unzerstòrbare, in "Das Reich", ottobre 1930.


15) H. Fischer, in "Widerstand", gennaio 1934.
44 La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

Per o senza suo merito, egli è sopravvissuto... Non si può più distinguere
dove la forma esteriore finisca e dove incominci l’essere umano; non
riserva nulla alla sua sfera privata, ma si pone, senza residui, in questa
esteriorità". Non tutto ciò che abbiamo detto trova qui verifica, ma altre
cose vengono anticipate. "Nessun inizio e più nessuna fine", " è sempre
stato e sempre sarà": in queste espressioni risuona l’eco di idee che
conducono direttamente al cuore della Rivoluzione Conservatrice. La
catastrofe del 1918 è così improvvisa come lo era stato l’inizio del 1914.
Già prima qualcosa incominciava a sgretolarsi. Nel colmo dell’estate del
1918 l’esercito tedesco intraprende ancora una volta un attacco in forze
contro il cuore dell’esercito francese. Nel mese di novembre le truppe
tedesche hanno però evacuato la Francia e lo Stato tedesco non esiste più
nella sua forma precedente. E’ opinione generale che la "destra" tedesca
abbia reagito in maniera unitaria all’esperienza di questo crollo improv­
viso, parlando di una "pugnalata" alle spalle dell’esercito tedesco fin
allora vittorioso. Anche in ciò si vede chiaramente come la Rivoluzione
Conservatrice infranga lo schema, fin allora prevalente, di "destra" e
"sinistra". La vecchia destra aderisce in gran parte all’idea della "pug­
nalata" (16), che spiega la disfatta come un caso fortuito, opera di con­
giurati che perfidamente hanno tramato nell’ombra.
I gruppi rivoluzionario-conservatori invece, in misura sorprendente­
mente elevata, cercano di vedere la disfatta come qualcosa di necessario.
Vogliono decifrare il "senso" della disfatta. Come per l’inizio della guerra
così anche il crollo finale è chiarito in base all’idea di un fuoco
purificatore. La formula di Franz Schauwecker "dovevamo perdere la
guerra per riguadagnare la nazione" (17) è significativa. Nell’ambito di
questo movimento ideologico una vittoria della Germania guglielmina
sarebbe stata vista come una sconfitta della "Germania segreta" (18).
Edwin Erich Dwinger nel secondo volume della sua trilogia russa (19) fa
dire, ad un ufficiale tedesco, dal Pope Luca: "Avete perduto la guerra....
ma chissà, non è forse stato meglio così? Se l’aveste vinta il vostro dio

(16) L’esatta espressione tedesca è "Dolchstoss-Legende" (Leggenda della pugnalata)


(N.d.T.). A l proposito cfr. H. von Zwehl, Der Dolchstoss in den Riicken des siegreichen
Heeres, Berlin 1921. Contro questo motivo cfr. A Koester, Fort mit der Dolchstoss-
Legende! Warum wir 1918 nicht Weiterkàmpfen konnten, Berlin 1922.
( 17) M otto del suo libro Aufbruch der Nation, Berlin 1930.
(18) L’espressione "Germania segreta od occulta'è molto usata attualmente. La troviamo
in vari autori, come Jacob Schaffner, Franz Schauwecker ed Ernst Kantorowicz (del circolo
di George), Kaiser Friedrich der Zweite, Berlin 1927. (tr. it.: Federico II imperatore,
Garzanti, Milano 1981).
(19) E. E. Dwinger, Zwischen Weiss und Rot, 1930
L ’A rgomento 45

sarebbe sprofondato nel nulla ... Orgoglio ed oppressione si sarebbero


centuplicati, un vuoto piacere avrebbe soppresso ogni elemento divino...
sareste entrati in una fase di rapida decomposizione, vi sarebbe stato
impossibile un vero progresso... se aveste vinto voi vi trovereste oggi alla
fine. Adesso siete invece dinanzi ad un nuovo inizio.... e con un nuovo
sforzo, risparmiati da tutti i danni derivanti da una vita facile, supererete
di slancio il punto estremo della curva della vita che una vittoria in guerra
vi avrebbe fatto raggiungere....".
In questo atteggiamento si ritrova di più che una semplice resistenza al
guglielminismo. Esso pone di nuovo in discussione tutto quello che è
stato raggiunto ed anela sempre alla rinascita attraverso l’annientamento.
46 La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

LA REPUBBLICA DI WEIMAR

Se la Guerra Mondiale per la "Deutsche Bewegung" è stato il punto


cruciale, la Repubblica di Weimar non è altro che una desolata sala
d’attesa. La "Deutsche Bewegung" combatte questa Repubblica: final­
mente dopo la caduta dell’ingombrante struttura dinastica, calcano per
la prima volta la scena tedesca, sebbene con ritrosia, le idee del XIX
secolo. Tali idee restano però in superficie. Alla nuova struttura statale
manca un centro, le manca la forza di diventare un organismo autonomo.
Non è compito di questo lavoro esaminare le debolezze della Repubblica
di Weimar. Sia chiaro comunque che, nonostante tutta l’acrimonia
dell’attacco, essa all’inizio non è stata presa sul serio quale organismo
autonomo dai suoi avversari rivoluzionario-conservatori. E’ significativo
che talvolta essa sia considerata anche come l’ultimo parto del gugliel-
minismo. Nota ad esempio Hermann Ullmann che il tipico rappresen­
tante della società guglielmina, il parvenu, continua a svolgere anche in
epoca repubblicana la sua tipica funzione: ".... separati dai ceti elevati in
declino e privati di potere, non si era più in grado di creare altre forme
che andassero oltre quelle del nuovo ricco, figura già esistente del resto
nella vecchia società. Tali forme erano tutt’al più, con onestà più che con
astuzia, rivestite coi panni della piccola borghesia.... inconsciamente si
imita una forma del passato cui politicamente non si dà il minimo
riconoscimento, ma che ugualmente neppure si riesce a superare." In un
altro passo Ullmann parla del rivolgimento avvenuto nel novembre del
1918 come di una rivoluzione che aveva sfruttato ma non liquidato il
vecchio regime, e riconosce ai capi della Repubblica la sola autorità di
diadochi.
La provvisorietà della repubblica di Weimar viene maggiormente sentita
dai più giovani, dalla generazione della guerra.
Questa si considera come "costituita da combattenti accampati nelle case
dei borghesi" dice Ernst Junger (20): "Non ha il pieno diritto di vivere nelle
città, e deve cercare ricovero nelle case che i genitori avevano costruito
prima della guerra.". Gli esponenti della Rivoluzione Conservatrice com­
batterono lo Stato di Weimar, ma il loro sguardo non rimase però fissato
su di esso, scena dei piccoli scontri quotidiani, ma si volse indietro, al
(20) E. Junger, Das abenteuerliche Herz. Aufzeichnungen bei Tag und Nacht, Berlin 1929,
p. 22. La tr. it., Il cuore avventuroso, Longanesi, Milano 1986 è stata condotta sulla edizione
successiva largamente modificata dall’autore (N.d.C.).
L ’A rgomento 47

secolo XIX, dove le opposte idee venivano sostenute con forte coscienza;
poi al proprio tempo, ai due grandi movimenti che si posero come
traguardo immediato il rovesciamento della Repubblica: comuniSmo e
nazionalsocialismo; ed infine in avanti, verso la propria casa ancora da
costruire.
Anche la Repubblica di Weimar si articola in tre fasi. La prima va dalla
proclamazione della Repubblica nel novembre 1918 fino alla fine del
1923, la seconda arriva fino al 1929, la terza al 30 gennaio 1933 (21). Nella
prima la Repubblica erige la propria struttura in mezzo ai disordini del
dopoguerra. Con la fine degli scontri nella Ruhr nel settembre del 1923,
la fine delFinflazione del "Rentenmark" e con la repressione del tentativo
di colpo di stato di Hitler e Ludendorff nel novembre del 1923,
quest’epoca di disordine volge al termine. Segue il tempo dell’apparente
prosperità e d’una calma superficiale, denominato "eraStresemann", dal
nome dell’uomo di stato di essa rappresentativo. A partire dall’autunno
del 1929, inizio della crisi economica mondiale, l’edificio costruito su
deboli fondamenta incomincia a sgretolarsi pezzo a pezzo e l’agonia della
Repubblica, attaccata da tutte le parti, si trascina fino al gennaio del 1933.
Anche la Rivoluzione Conservatrice segue un corso simile a quello
imposto alla Repubblica dagli eventi esterni. Il primo capitolo è anche
per essa tempo di chiarificazione e di orientamento. Usando un linguag­
gio militare si potrebbe dire che essa in questo periodo definisce la sua
situazione di partenza ed abbandona contemporaneamente gli alleati
infidi. Mentre tuttavia essa trova a poco a poco la sua strada, l’apparente
rafforzamento della Repubblica le toglie il vento dalle vele, cosicché il
secondo capitolo è di attesa e di paziente preparazione. Nel terzo
capitolo si appresta all’assalto, ma la vittoria è riportata dal nazional­
socialismo suo rivale. Gli eventi determinanti della Rivoluzione Conser­
vatrice si trovano in gran parte nel primo capitolo, che in un certo senso
è solo una prosecuzione della guerra. Nel terzo capitolo, che comprende
gli anni dal 1929 al 1933, si accumula la parte più ampia e più importante
della sua produzione letteraria.

(21) Arthur Rosenberg, lo storico marxista della Repubblica di Weimar nella sua Ges-
chichte der deutschen Republik, Karlsbad 1935, p. 238, ne pone la fine nell’ottobre del
1930.
48 La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

IL NUOVO TIPO RIVOLUZIONARIO

I primi cinque anni della Repubblica di Weimar sono caratterizzati da


una costante lotta civile. Il nuovo debole Stato ha soffocato con le armi
ben diciotto tentativi di rivolta della estrema sinistra, i più importanti:
Spartaco nel 1919, "Rote Armee" nella Ruhr nel 1920, Germania Centrale
nel 1921; nonché tre di estrema destra: il " Putsch" di Kapp nel 1920 e
quelli di Kunstrin e di Hitler-Ludendorff nel 1923. A questi si aggiun­
gono, soprattutto nella zona del Reno e nella Renania-Palatinato, dei
tentativi separatisti, con spargimento di sangue ("domenica di sangue" e
battaglia ai Siebengebirge nel 1923, assalto di Pirmasens nel 1924). La
debolezza costringe questo Stato a contrapporre un avversario all’altro.
Si arriva così allo spettacolo grottesco di un governo a maggioranza
socialista che fronteggia il Putsch di Kapp condotto dai gruppi di destra
attraverso uno sciopero generale. Dopo di che lo stesso governo, per
mancanza di proprie truppe affidabili, fa soffocare la rivolta comunista
nella Ruhr con truppe che al momento del Putsch di Kapp non si erano
certamente schierate dalla parte del governo (22). La base borghese, che
è l’unica forza che può sostenere la Repubblica di Weimar, si logora e si
sgretola lentam ente. L’im poverim ento del ceto m edio a causa
delPinflazione, che sovente è stato posto in evidenza, non costituisce
forse in questo caso la causa fondamentale. Anche se infatti al borghese
si sottrae la base materiale del suo sistema di vita, egli rimane in cuor suo
pur sempre un borghese e cercherà la prima occasione per ricostituire
lo status precedente. Si tratta di una semplice discesa lungo la solita scala
gerarchica, che può sempre essere annullata mediante un mutamento
della situazione economica.
I sociologi finora non hanno compreso con sufficiente chiarezza che in
questo caso i due processi di perdita di qualità nella vita borghese
procedono paralleli. Essi nella realtà si possono incrociare, anche se uno
di questi ha un decorso notevolmente più incisivo dell’altro. Più incisivo,
perchè in esso non soltanto si toglie qualcosa ma se ne "aggiunge"
qualcun’altra: guerra e dopoguerra recano ad innumerevoli cittadini
l’esperienza di forme di vita che costituiscono non solo un mutamento di
carattere quantitativo rispetto a quanto fino allora vissuto, ma anche di
carattere qualitativo.
(22) Cfr. il romanzo altamente documentario di Dwinger, A uf halbem wege, 1939.
L ’A rgomento 49

Sono forme di vita che si spiegano al di fuori dello schema di società


valido nel XIX secolo. I quattro anni e mezzo di guerra conducono intere
generazioni, allorché sono maggiormente passibili d’essere plasmate, in
"paesaggi" cui manca ogni riferimento al mondo borghese. La guerra
civile degli anni successivi al 1918, che in realtà non è altro che uno
spostamento della guerra su un altro piano, produce lo stesso effetto, pur
se determinata da una spinta meno decisa. Inoltre la guerra civile esercita
la sua influenza su cittadini ancor troppo giovani per il fronte (23). Fra le
forme di vita collettiva che durante il "periodo di pace" offrono ai giovani
la viva esperienza d’un tipo d’esistenza radicalmente non borghese, sono
da considerare anzitutto i cosiddetti "Freikorps". Così vengono chiamate
quelle unità combattenti, per metà militari, per metà franchi tiratori,
costituite da volontari che da un lato combattono sul fronte interno le
rivolte comuniste, dall’altro cercano di mantenere le posizioni sul fronte
esterno (Alta Slesia 1921, Baltico 1919).
U n’azione si svolge per volontà o quanto meno sotto la tolleranza del
governo repubblicano, l’altra si svolge soprattutto per propria iniziativa.
Questa differenza s’imprime nella struttura dei "Freikorps". All’interno
del paese hanno per lo più il carattere di milizie cittadine legate alle
singole località e di durata limitata, basate su un’unione di carattere
corporativo (formazioni di studenti universitari e ginnasiali, milizie di
contadini). Queste caratteristiche facilitano il loro reinserimento nella
società. Diversa è la situazione dei "Baltikumer" o per quei combattenti
"O.S." (OberSlesien, Slesia superiore) che espugnano il monte Annaberg.
Per costoro la lotta si svolge lontano dal solito ambiente, inoltre sono un
gruppo di persone notevolmente diverse, dato che non si tratta di conflitti
interni. A ciò si aggiunge che qui predominano quegli ex-combattenti
che non possono più collegarsi alle proprie posizioni pre-belliche. Intor­
no a questo nucleo si costituisce un insieme di elementi che solo ora
acquistano familiarità con le armi, e che si lasciano plasmare da questo
"paesaggio" eterogeneo e confuso originatosi dalla guerra nazionale e da
quella civile. Da questi corpi volontari e dalle associazioni giovanili del
dopoguerra, che adottano forme di vita distanti dagli usi borghesi, così
com e dai gruppi di lotta comunisti, si genera un nuovo tipo di
rivoluzionario. Il tipo precedente di rivoluzionario aveva attaccato la
concezione di vita borghese non nelle sue fondamenta, ma la combatteva

(23) Cfr. l’autobiografia di Ernst von Salomon formulata attraverso i due romanzi, Die
Geàchteten (I proscritti), 1929, tr. it.: All’insegna del veltro, Parma 1981; e D ie Kadetten
(I Cadetti), 1933.
50 La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

in quanto appannaggio solo di una parte della popolazione. In altre


parole questi non attaccava il principio di vita borghese ma lo pretendeva
per tutti. Il nuovo tipo di rivoluzionario si colloca lontano da simili
desideri ed è perciò designato dai borghesi come "nichilista" perchè non
crede nei valori borghesi. Proprio a causa di questo suo non inserimento
q u esto nuovo rivolu zionario acquista p ericolosità e forza di
penetrazione. Tùtte le correnti politiche che vogliono rovesciare la
Repubblica di Weimar corteggiano questo nuovo tipo di rivoluzionario.
Infatti uno dei mutamenti fondamentali nella vita politica di questo
periodo è l’apparire di associazioni strutturate militarmente, che cercano
di imporre decisioni politiche con la violenza. Create dagli avversari
politici del regime al governo, esse traggono in gran parte la loro origine
dai corpi volontari o dalle truppe comuniste. Sotto il debole peso della
Repubblica di Weimar esse divengono parte essenziale della politica
interna, al punto che poi anche i partiti fedeli alla Repubblica sono
costretti a costituire associazioni simili. Naturalmente ne costituisce i
quadri direttivi il tipo rivoluzionario da noi menzionato e ciò fa sì che
queste associazioni conservino sempre una certa autonomia nei confronti
delle organizzazioni politiche che rappresentano.
Questo vale nell’ambito del nazionalsocialismo per le rivoluzionarie SA
(fondate nel 1921) fino al loro spodestamento il 30 giugno 1934 ad opera
delle SS (fondate nel 1925), e nell’ambito del comuniSmo per il "Roter
Frontkampferbund" (fondato nel 1924). Ciò naturalmente vale ancor più
per i "Kampfbunde "(Leghe di lotta) come il "Wiking" (fondato nel 1921)
dal capitano Beppo Ròmer e del Dott. Friedrich Weber, il "Wehrwolf'
(fondato nel 1923) dell’ispettore universitario Fritz Kloppe e la
"Reichsflagge" (Bandiera del Reich) (24) del capitano Adolf Heiss.
Abbiamo detto prima che queste associazioni di lotta conservano sempre
una vita propria: ciò vale anche per quelle truppe politiche d’assalto che
temporaneamente o stabilmente si affiancano ai partiti borghesi di
centro: la grande organizzazione dei veterani "Stahlhelm" (Elmo
d’acciaio) fondata nel 1918 sotto la direzione di Seldte e Duesterberg,
che si colloca affianco ai "Deutschnationalen", lo "Jungdeutschen Orden"
fondato nel 1920, strutturato come un ordine militare sotto la guida di
M ahrauns, che tem poraneam ente (1930) si u nisce al partito
democratico; il "Reichsbanner Schwarz-Rot-Gold" (Vessillo imperiale
nero-rosso-oro) fondato nel 1924 sotto la guida di Hòrsing e Hòltermann,
(24) Da non confondersi con la "Reichskriegsflagge" che guidata da Rohm, prende parte
al Putsch di Hitler nel 1923.
L ’A rgomento 51

che funge da truppa in difesa della socialdemocrazia e degli altri partiti


repubblicani.
Che i militanti più attivi appartengono sempre allo stesso tipo, è
dimostrato chiaramente dall’intercomunicabilità tra le varie organiz­
zazioni pur fondate su difformi ideologie politiche. Ad esempio il con­
tadino Beppo Ròmer passa dall’"Oberland" alla KPD (Partito comunista
tedesco), Bodo Uhse che percorre la stessa via con soste intermedie
presso la NSDAP (Partito nazionalsocialista tedesco dei lavoratori) e la
"Landvolkbewegung", mentre l’ufficiale di polizia Giesecke si muove in
direzione opposta dalla KPD alla NSDAP. Nella guerra della Ruhr
lavoratori comunisti combattono sotto la guida di ufficiali prussiani
contro le forze d’occupazione francesi. Verso la fine della Repubblica si
hanno a Berlino alleanze tattiche locali tra SA e "Rotfrontkàmpferbund"
(Lega dei combattenti del fronte rosso).
Istruttiva è la breve autobiografia di un rivoluzionario di questo tipo
quale Friedrich Wilhelm Heinz: "A sedici anni volontario nel reggimento
dei fucilieri. A diciotto anni tenente in servizio effettivo presso il reg­
gimento di fanteria 46. Somme, Fiandre, offensiva di marzo, combat­
timenti difensivi, guerra di frontiera, brigata Ehrhardt, Putsch di Kapp,
Slesia superiore, "Schwarze Reichswehr", guerra della Ruhr. Ferito più
volte. Grande invalido di guerra. Sei volte in carcere. Quattordici prigioni
conosciute al tempo di Weimar. Senza precedenti penali. Fino al 1925
capo di un corpo di volontari e di una milizia di difesa. Nelle lotte nella
Ruhr, capo di un gruppo di sabotatori. Fino agli ultimi giorni del 1923
capo supremo delle SA nella Germania Occidentale. 1925/1928, membro
del comando federale degli "Stahlelm" (Elmo d’acciaio) e direttore tem­
poraneo del loro giornale. Più tardi Fiihrer nel partito di Hitler. Dal 1929
non fa più parte di nessun movimento". Con quest’ultima frase non indica
naturalmente la fine di ogni attività politica, ma la disillusione "trotzkista"
avuta nei partiti di massa.
Questa disillusione torna a vantaggio della Rivoluzione Conservatrice.
Infatti questa, da noi designata essenzialmente come una corrente cul­
turale, cerca di acquisire aderenti dagli strati rivoluzionari, in modo da
affermarsi nella realtà politica. I movimenti di massa del comuniSmo e
del nazionalsocialismo registrano in confronto un incremento ben mag­
giore, ma quelli che non trovano una collocazione nè presso la KPD nè
presso la NSDAP, ma che non voglion d’altra parte tornare nel grembo
della Repubblica, costituiscono per la Rivoluzione Conservatrice la fonte
più importante di aderenti.
52 La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

Il nuovo tipo rivoluzionario ne costituisce il nucleo, in quanto le forze


rivoluzionario-conservatrici durante il periodo della Repubblica di
Weimar si distanziano sempre più nettamente da compagni di viaggio
fondamentalmente estranei. Non si separano soltanto dai vecchi conser­
vatori. Come risulta dall’inconfondibile autobiografia di F.W. Heinz, le
forze rivoluzionario-conservatrici vogliono delimitare i loro confini
anche nei confronti dei movimenti di massa plebiscitari e di formazioni
neutrali come la "Reichswehr".
L ’A rgomento 53

"SCHWARZE REICHSWEHR" ED ASSASSINIO POLITICO.

Il distacco dai vecchi conservatori si attua soprattutto dopo il Putsch di


Kapp. Il tentativo di Putsch del direttore generale per l’ambiente
Wolfgang Kapp, avvenuto a Berlino tra il 13 ed il 17 marzo 1920, appar­
tiene a quelle imprese che proprio con il loro naufragio rendono
manifeste delle decisioni che il destino ha preso da tempo. Questo Putsch
dimostra che lo Stato precedente la guerra non poteva essere resuscitato;
al momento del suo crollo era già marcio dentro. Con il Putsch
viene pronunziata la sentenza definitiva sulla monarchia. I gruppi
rivoluzionario-conservatori che vi avevano preso parte, da quel momento
tirano una netta linea di demarcazione tra loro ed i vecchi conservatori,
di sentimenti prevalentemente monarchici. Dopo questo "Putsch" il prin­
cipio monarchico in Germania diventa un’illusione romantica, dietro la
quale non c’è alcuno stimolo vitale. Una volta che una monarchia cade,
non può essere restaurata come una qualsiasi altra forma di governo.
Un altro importante distacco avvenuto in quei primi anni del dopoguerra
viene interpretato per lo più, erroneamente, come un ulteriore differen­
ziarsi dai vecchi conservatori, ma in verità si tratta di qualcos’altro. Ci
riferiamo alla presa di distanze dall’esercito repubblicano di centomila
uomini, la "Reichswehr”, messa su dal generale di corpo d’armata Hans
von Seeckt (dal 1920 al 1926 capo del comando supremo).
Ben presto si produce un contrasto fra il nuovo tipo rivoluzionario, così
importante per la Rivoluzione Conservatrice, e le truppe governative.
Dietro questo contrasto c’è qualcosa di più del solito conflitto fra i
franchi tiratori, riunitisi, al di fuori della legge, attorno ad un condottiero,
ed i "funzionari" militari del nuovo Stato (che tra l’altro per lo più non
sentivano affatto questo Stato). E’ una lotta scoppia violentissima nella
"Schwarze Reichswehr" (forze arm ate clan d estin e). Q uesta è
un’organizzazione in cui il maggiore Bruno Ernst Buchrucker ed il
tenente-colonnello Paul Schulz formano in segreto dei volontari con la
tacita tolleranza, anzi con il sostegno del comando della "Reichswehr",
senza però ricevere una copertura ufficiale e quindi sotto la propria
responsabilità. I volontari, in caso di guerra, devono subito incrementare
il numero degli effettivi dell’esercito dei centomila uomini. Si tratta
soprattutto di uomini dei corpi speciali che si sottopongono ad
un’istruzione militare dura e poco pagata.
54 La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

Nel 1923 (anno del Putsch) la "Schwarze Reichswehr", che è riunita


soprattutto nella regione di Kiinstrin, decide di propria iniziativa di
impadronirsi della intera Germania. Eimpresa, insufficientemente
preparata, viene soffocata dalle truppe regolari senza difficoltà il l 2
ottobre, ed il ministro della difesa del "Reich" emette un comunicato per
la stampa: "Bande nazionalcomuniste hanno tentato d’impadronirsi della
fortezza di Kiinstrin." (25). Il termine insolito di "nazionalcomunisti"
suscita allora incomprensione e stupore, ma indica in effetti un decisivo
mutamento dei fronti politici.
Successivamente Seeckt è attaccato aspramente dalla destra a causa
della spregiudicata freddezza con la quale abbandona la "Schwarze
Reichswehr" dopo la scoperta del tentativo di "golpe". In effetti questo
esercito si era potuto formare solo col suo segreto appoggio, ma si
renderebbe torto a questa complessa personalità, la cui funzione non
deve essere tra l’altro sopravvalutata, se si vedesse nel suo comportamen­
to solo dell’opportunismo. A Seeckt interessa creare nell’ambito
dell’esercito regolare una struttura "neutrale", che serva lealmente lo
Stato ma che in fondo si senta delegata da un’unità superiore, consideran­
do l’epoca della Repubblica come un periodo d’ibernazione (26). Un
intervento attivo nella politica, addirittura una congiura contro la Repub­
blica, è qualcosa di estraneo ad una tale struttura, così l’ostilità alla
Repubblica, propria della "Schwarze Reichswehr" e dei suoi capi, va
contro le intenzioni di Seeckt, che ne considera i compiti puramente
militari.
Cari Schmitt ha dimostrato (27) come tutta una serie di meccanismi di
"neutralizzazione" (specialmente per i rivoluzionari) sia incorporata
all’edificio della Repubblica. Essi concorrono a determinare il decorso
fatale della storia tedesca: il 20 luglio del 1944 e la sconfitta si possono
comprendere solo partendo da questa prospettiva.
Eappoggio del comando supremo dell’esercito viene a mancare anche
alla "Schwarze Reichswehr" soprattutto nei processi per gli omicidi
politici. Tali processi vengono messi in moto da una rivelazione comparsa
sulla stampa nell’estate del 1925, e proseguono fino alla fine degli anni

(25) F. W. Heinz, Die Nation greift an, Berlin 1933.


(26) Cfr. In proposito il romanzo di Dwinger, Auf halbem Weg, 1939, p. 571 s.
(27) Cfr. i saggi di Schm itt, D ie europàische Kultur in Z w ischenstadien der
Neutralisierung, in "Europàische Revue", 8 novembre 1929, pp. 517-30; Das Problem der
Innerpolitischen Neutralitàt des Staates, in "Mitt. d. Ind. u. Handelskammer zu Berlin", 10
maggio 1930, pp. 471-77; D ie neutralen Gróssen im heutigen Verfassungsstaat, in
"Probleme der Demokratie", Berlin-Grunewald 1931.
L ’A rgomento 55

Venti. Si tratta di omicidi verificatisi nella "Schwarze Reichswehr" nel


1923 (come già accaduto nei "Freikorps") che avevano avuto come vittime
i membri dell’organizzazione accusati di essere informatori delle
autorità. In linea generale l’omicidio politico diviene in questi anni per
gli avversari della Repubblica uno strumento di lotta. Altre simili imprese
della destra sono dirette contro gli avversari di sinistra, come nel caso
dell’assassinio di Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg (1919).
Non si è invece a tutt’oggi chiarita la funzione e l’estensione della or­
ganizzazione segreta "O. C.", abbreviazione di "Organization Consul", di
cui dovrebbe essere console il capitano di marina Ehrardt. Secondo
taluni essa coordinò gli omicidi politici nascondendosi dietro la facciata
di una innocente ditta commerciale. Altri invece ne contestano l’esistenza
e la considerano un’ invenzione di fantasia, fondantesi soltanto su un
foglio di carta ritrovato per caso e contenente lo statuto d’una organiz­
zazione, certamente compilato per gioco.
56 La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

IL NAZIONALBOLSCEVISMO

Di maggiore rilievo rispetto al distanziarsi della Rivoluzione Conser­


vatrice dai vecchi conservatori e dai poteri "neutrali" come la
Reichswehr, è la presa di distanze operata, tra il 1918 ed il 1932, nei
confronti dei due movimenti politici di massa di fondamentale importan­
za per questo periodo: comuniSmo e nazionalsocialismo. L ideologia che
fa da facciata alle forze comuniste deriva dai principii del 1789; quella
adoperata dal nazionalsocialismo discende, assieme ad altre componen­
ti, dall’arsenale della "Deutsche Bewegung" e della Rivoluzione Conser­
vatrice, d’ispirazione globalmente europea. Secondo la Rivoluzione
Conservatrice, il nazionalsocialismo fa un uso indebito, o quanto meno
superficiale, di queste idee. Ciò non toglie che la somiglianza, almeno
superficiale determini dei rapporti effettivi. La definizione di "trotzkisti
della NSDAP" applicata ai rivoluzionario-conservatori, è indicativa.
Nondimeno, durante le tre ondate "nazionalbolsceviche" dell’epoca di
Weimar (28) si concretano alcuni punti di contatto con la KPD (29). Col
termine "nazionalbolscevismo" si intende in Germania un’unione di
obiettivi radical-socialisti e radical-nazionalisti, unione che dovrebbe
essere raggiunta per mezzo di un’alleanza tra le due nazioni proletarie,
Germania e Russia, contro l’Occidente capitalista. L’idea di una
soluzione nazionalbolscevica si risveglia durante la Repubblica di
Weimar, allorché l’esistenza sociale e nazionale vengono entrambe
minacciate, e la volontà di attuare una rivolta sociale e nazionale urta
contro lo stesso avversario. La prima ondata nazionalbolscevica è ris­
contrabile intorno al 1919-20. Essa si forma sotto l’impressione suscitata
dalla firma del trattato di Versailles il 28 giugno 1919, che impone alla
Germania l’obbligo delle riparazioni, e sotto l’impressione destata dal
conflitto russo-polacco del 1920, che conduce le truppe della Russia
Sovietica - anch’essa ostile al trattato di Versailles - ben dentro la sfera
d’influenza dell’Occidente. Nell’ambito della KPD soprattutto il gruppo
di Amburgo, sotto laguida di Heinrich Laufenberg e Fritz Wolffheim
a chiamare il popolo a partecipare ad una guerra nazionale contro
l’Occidente, e a prendere contatto con rivoluzionario-conservatori come

(28) A proposito del Nazionalbolscevismo, cfr. E. Miiller, Nationalbolschevismus, Heidel­


berg 1933.
(29) Partito comunista tedesco (N.d.T.).
L ’A rgomento 57

Gerhard e Albrecht Erich Giinther o il conte Ernst zu Reventlow. Dalla


parte della destra ritroviamo un atteggiamento corrispondente,
esemplificato dal consigliere di giustizia Kriipfgantz, che pubblica
un’opera dal titolo Der Kommunismus - eine nationale Notwendigkeit (30).
Quando la cavalleria di Budjonnis compie le sue scorrerie nel corridoio
polacco, si risveglia in molti la speranza di dare alla guerra perduta, ed
ufficialmente conclusa, un esito più favorevole, con l’aiuto dei russi. Ma
il generale Weygand sconfigge l’Armata Rossa dinanzi a Varsavia
nell’agosto del 1920 e Mosca scomunica Laufenberg e Wolffheim, il cui
"Partito comunista tedesco dei lavoratori" (KAPD), fondato nel 1920,
scende presto al livello d’una setta insignificante e disunita. La Russia
è di nuovo respinta e si ritira concentrandosi sui suoi problemi interni. Il
nazionalbolscevismo tedesco retrocede al livello di piccole sette che
agiscono senza il sostegno delle masse e senza una favorevole situazione
politica. La seconda ondata si produce nel 1923. quando l’occupazione
della Ruhr da parte delle truppe francesi e l’inflazione determinano una
situazione in cui tornano di nuovo a coincidere stato di emergenza sociale
ed emergenza nazionale. Nuovamente si mobilitano forze nazional-
bolsceviche. Da parte della KPD l’iniziativa viene assunta principalmente
dal centro. Radek, funzionario del Komintern, tiene il suo famoso discor­
so in onore del nazionalista Schlageter, der Wanderer ins Nichts (Il
viandante nel nulla) (31), fucilato dai Francesi per atti di sabotaggio nelle
lotte della Ruhr. Da parte della destra Moeller van den Bruck ed altri
rispondono a questa offerta di alleanza abbastanza palese. La "Rote
Fahne" scrive (32): "La nazione si disgrega. Eeredità del proletariato
tedesco, creata dagli sforzi di generazioni di lavoratori, è minacciata
dallo stivale militare della soldatesca francese e dalla vile debolezza della
borghesia tedesca avida di guadagni. Solamente i lavoratori possono
salvare la nazione". Tutto si limita a proclami. In verità il comunista Heinz
Neumann ci informa di lavoratori comunisti che, agli ordini di ufficiali
prussiani^ reduci dal fronte, hanno effettuato operazioni di sabotag-
giocontro le forze di occupazione ma fatti del genere sono casi
sporadici. La definizione del tentativo di Putsch di Kiinstrin come
"nazionalcomunista" è sintomatica ed istruttiva, ma nulla toglie al fatto
che il Putsch si svolse senza la partecipazione dei comunisti (33).
(30) Das Recht der jungen Vòlker, Berlin 1932, pp. 73-100..
(31) E. Miiller Op. cit., p. 20.
(32) E. Miiller, Op. cit, p. 21
(33) Il termine "nazionalcomunista" non corrisponde a quello "nazionalbolscevico", ma
indica l’ala nazionalista alPintemo della KPD..
58 La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

Questa seconda ondata di nazionalbolscevismo, è come la prima, un


sintomo di febbre politica. La fine dell’occupazione della Ruhr e
dell’inflazione la fa nuovamente decrescere. Più seria è la terza ondata,
che inizia nel 1930. La crisi economica mondiale è al culmine e la politica
delle riparazioni condotta dagli alleati verso la Germania trova nel piano
Young una nuova espressione, comprensibile alle masse. Gregor
Strasser, capo dell’ala "nazionalbolscevica" della NSDAP, pronuncia la
frase proverbiale sulla "nostalgia anticapitalistica" che pervade il popolo
tedesco. La KPD tenta di prendere nelle proprie mani la guida di
quest’ondata, in primo luogo per mezzo della "dichiarazione program­
matica del Partito Comunista Tedesco in merito all’indipendenza
nazionale e sociale del popolo tedesco" del 24 agosto 1930, e poi ancora
nella primavera del 1931 attraverso il "programma d’aiuto ai contadini".
Nella KPD si forma un’ala "nazionalcomunista" raggruppata intorno ad
Heinz Neumann, che cerca contatti con forze affini della destra, anche
se per ragioni prevalentemente tattiche. Questi tentativi sono noti sotto
la denominazione di "corso politico Scheringer", che deriva dal caso
sensazionale del tenente Scheringer, che viene condannato, assieme a
due alti ufficiali, a causa della sua attività di nazionalsocialista nella
Reichswehr e che durante la sua detenzione (marzo 1931) passa alla
KPD. Anche altri esponenti della destra, di sentimenti insieme
nazionalisti e socialisti, si alleano alla KPD: nobili come Ludwig Renn
(pseudonimo di Arnold Vieth von Gollsenau) e il conte Alexander
Stenbock-Fermor, i dirigenti della "Landvolkbewegung" Bruno von
Salomon e Bodo Uhse, i dirigenti di formazioni di volontari come il
capitano Beppo Ròmer, che nella lotta del dopoguerra in difesa dell’alta
Slesia si era distinto nell’attacco alla fortezza di Annaberg, attacco
divenuto un mito nell’ambiente nazionalsocialista. Il comune procedere
della destra e della sinistra nell’ambito della politica pratica resta però
sempre un procedere puramente "tattico", sia in ambito parlamentare che
nel fallito plebiscito "Stahlhelm" contro il governo prussiano dell’agosto
del 1931 sostenuto dalla KPD; sia nelle strade e sulle
piazze, come ancora in occasione dello sciopero della BVG (azienda
comunale dei trasporti di Berlino) del novembre del 1932, sciopero
sostenuto congiuntamente dalla NSDAP e dalla KPD. E’ una col­
laborazione limitata e diretta esclusivamente a scopi immediati.
La ideologia nazionalbolscevica coinvolge questa volta strati più ampi
della popolazione; tuttavia, in contrasto con la prima ondata, manca nella
seconda e soprattutto nella terza ondata il sostegno di una situazione
L ’A rgomento 59

politica favorevole. Ciò ha come non ultima causa lo sviluppo della


politica interna tedesca, che incomincia a togliere all’Unione Sovietica il
gusto di esperim enti nazionalbolscevichi in Germania: si tratta
dell’ascesa del nazionalsocialismo. In seguito alla sua travolgente avan­
zata dopo le elezioni parlamentari del settembre 1930 (balzo da 12 a 107
seggi, dal nono al secondo posto), la NSDAP rappresenta da questo
momento soprattutto le destre tedesche, anche se è guardata con dif­
fidenza dalle destre tradizionali. Parallelamente a questa ascesa si con­
solida la rottura della NSDAP con la Russia. Il gruppo monacense
sostenitore di questo corso (Hitler, Rosenberg) soppiantasemprepiù la
tendenza "settentrionale" non contraria a soluzioni filosovieticheXi fratei- r
li Strasser, Reventìow, Stòhr, Koch e all’inizio anche Goèbbels). Già il 30
giugno 1930 Gregtìr Strasser aderisce al gruppo monacense. Poco dopo,
il 4 luglio 1930, suo fratello, al grido "i socialisti abbandonano la NSDAP"
si stacca con i suoi seguaci dal partito. Certo, l’Unjon^ Sovietica non
assume immediatamente una posizione antitedesca, anzi per~un certo
tempo si tiene ancora aperta la^vda^dla coUaborazione con le destre
tedesche; ma i patti sovietici Hi non aggressione con la Polonia (25
gennaio 1932) e con la Francia segnano il graduale distanziamento di
/ Mosca dal suo partner ideale. Già a partire dal 1931 nella KPD si smorza
lo sviluppo del "comuniSmo nazionale"; intorno a Thàllmann si riuniscono
gli avversari della politicajdi Heinz Neumann. Dopo la presa del potere
da parte di Hitler 11 30 gennaio, 1933. Stalin passa necessariamente ad
una posizione antitedésca. Accanto a questo bolscevismo nazionale dei
nazionalisti e dei comunisti, esiste nella Repubblica di Weimar un
moderato "bolscevismo nazionale" delle autorità ufficiali. Questa tenden­
za, esistente all’interno della diplomazia e della Reichswehr, non coincide
con le tre ondate nazionalbolsceviche summenzionate: ha per fine solo
la politica estera ed evita accuratamente ogni forma di confusione con la
politica interna. Resta così nell’atmosfera astratta ed irreale degli alti
dirigenti; a questa tendenza1russofila delle, autorità manca ogni legame
co n ia popolazione. Nell’àmbito di questo "nazionalbolscevismo" delle
autorità si sviluppano relazioni segrete ttaMeictyswghr ed Armata Rossa,
che sono condotte, prima di fatto, poi Idealmente, da^eecktTUa durata
e la portata di queste relazioni, nonostante i vari resoconti, non sono state
completamente chiarite. Anche il successivo processo contro il presunto
personaggio principale di parte russa, il maresciallo Tuchatschewskij,
porta ben poca luce su tale argomento. Sembra comunque che durante
la Repubblica di Weimar truppe speciali tedesche siano state addestrate
La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

m \1 che vi sia anche stata una cooperazione di carattere


tecnico-bellico
ico-bellico ffa gli stati maggiori, la cui portatàcómùiique
portata comunque è certa-
mgnte'sfàta esagerata.
Ancor meno tangibili sono tendenze simili tra i diplomatici. Loro mas­
simo esponente è considerato il sottosegretario del ministero degli esteri
e capo della sezione per i rapporti con l’Est, barone Ago von Maltzan,
che già nel 1925 viene trasferito a Washington e muore neH 927. La
parte sostenuta dall’ajjibasciatore a Mosca, il cosiddetto "conte rosso”
Uhji^onJBrocJtdQrff^lantzan (morto nel 1928) è controversa, benché
nella mitologia politica sia considerato il propugnatore principale di una
politica decisamente orientata verso-UEst, si afferma che poi, con la
conclusione del trattato di Rapallo, sia stato un deciso avversario di tale
politica. Non è comunque un caso che proprio in quest’ambito siano
menzionati due Junker. Dai tempi in cui Federico il Grande si liberò
dall’accerchiamento della grande coalizione con l’aiuto dei russi, ed
anch'e a partire dal patto militare stipulato dal generale prussiano Yorck
a Tauroggen nel 1812, l’orientarsi in direzione russa è un dato costante,
della politica prussiana. Maltzan tenta di riprendere questa tradizione
che si prolunga fino al tempo presente passando attraverso il trattato di
controassicurazione di Bismarck nel 1884. Maltzan induce il ministro
degli esteri Rathenau a stipulare il trattato di Rapallo con la Russia nel
1922. La notizia esplode a Londra come una bomba, ma presto appare,
per tranquillità degli alleati, come una mossa puramente tattica senza
significato strategico.
II nazionalbolscevismo moderato non deve essere.soprawalutato, come
non lo deve essere quello più radicale. Essi hanno valore in quanto
sintomi: il fatto che almeno cq I pensiero siano state sfioritèTalune
soluzioni estreme dimostra che la situàziòne polìtica si è inasprita. La
descrizione da parte di Erzberg di Brockdorff-Rantzan come di una
"pericolosa commistione tra uno Junker prussiano ed un bolscevico russo"
oltrepassa il segno. Un’asserzione di Seeckt (34) è tipica testimonianza
dell’atmosfera in cui si muove il nazionalbolscevismo ufficiale: "Allo
scrittore di queste righe fu sconsigliato una volta, da un diplomatico
tedesco a Mosca, di mettere una buona parola per un russo che era stato
condannato per aver ordito un attentato contro l’autore stesso. Questo
nell’interesse delle relazioni tra i due Stati. Aveva respinto la raccoman­
dazione basandosi sul principio che l’omicidio di un cittadino tedesco in

(34) H. von Ser ’ ‘ Deutschland zwischen West und Ost, Heidelberg 1933, p. 43.
L'Argomento 61

servizio ufficiale era un’ingerenza nei nostri affari interni, contro la quale
occorreva un’estrema decisione.".
Nonostante la loro moderazione, le tendenze rappresentate da Seeckt e
Maltzan non possono affermarsi nel mondo ufficiale della Repubblica di
Weimar. Rimangono, nell’ambito sia della diplomazia che dell’esercito,
faccende di minorante e tenute a freno dal governo. Quel che si è ot­
tenuto lo è stato di nascosto e sovente in maniera arbitraria. Né la
situazione è stata trasformata dagli sforzi di una parte del mondo
economico tedesco, che cerca di crearsi un proprio peso ed una propria
importanza in Occidente mediante uno stretto rapporto tra una Ger­
mania altamente industrializzata e una Russia ricca di materie prime.
Riassumendo: il nazionalbolscevismo della KPE) è elastico, adattato alle
varie stagioni secondo i bisogni del Komintern. La^ISIÌ&Pjsoffoca i
germi del nazionalbolscevismo presenti nel suo ambito. Il nazlónal-
bolscevismo di Seeckt e di Maltzan resta a mezza via, e nelle mani dei
loro superiori non è che un possibile strumento accanto ad altri. Liala
sinistra della Rivoluzione Conservatrice (nei limiti in cui in seno ad essa
abbia senso parlare di sinistra e di destra), incline a soluzioni nazional-
bolsceviche, deve adattarsi a questa situazione.
Verso la fine della Repubblica di Weimar nell’ambito della Rivoluzione
Conservatrice emergono in gran numero piccoli gruppi che rivendicano
il diritto di rappresentare il nazionalbolscevismo "autentico". Caratteris­
tica la guerra su tre fronti, condotta dal più importante di questi gruppi,
la "Wjderstandbewegung" ^Opposizione) dCErnst Niekisch. Significa
"opposizione^-sia" alta Repubblica di Weimar, troppo* disposta
alTadempImento incondizionato delle clausole di Versailles, che alla
■NSDAP e alla KPD.
62 La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

IL "TERZO FRONTE"

E altra preclusione della Rivoluzione Conservatrice, quella nei confronti


del nazionalsocialismo, non è così facile da disegnare nei suoi contorni
così come quella nei confronti del comuniSmo. La divisione fondamen­
tale tra i due movimenti è già stata descritta nei capitoli introduttivi.
Anche se la differenza da un punto di vista ideologico è chiara, l’effettiva
differenziazione politica è sempre difficile per una Rivoluzione Conser­
vatrice sempre in cerca di concrete possibilità di realizzazione delle sue
idee. Gli eventi che fissano il nazionalsocialismo in determinati confini
sono situati oltre la Repubblica di Weimar. Come struttura relativamente
ben definita, il nazionalsocialismo compare solo negli anni successivi al
30 giugffó"T934. Ejno a quel momento ed in parte addirittura ancor oltre,
è uri fascio di possibilità che si indirizzano nelle più varie direzioni. Chi,
influenzato dalie se^mplificaziom-propagandistiche del nazionalsocialis­
mo o dei suoi awersari, hon riconosce questa dato, non è in grado di
comprendere il nazionalsocialismo e soprattutto gli avvenimenti degli
anni 1933 e 1934. Al nazionalsocialismo jmancano, fino al suo crollo, i
chiari del comunismò. che invece in quésFultm iàTcorrente" sOno
x dogma'fcsO-ed inequivocabile.
Le OoptraddizidùiEmèrgenti nellà~dbttrina, cancelli ite da una vaga
omògeneitàrtTidéali, si ritrovano anche tra gli aderenti alla NSDAP dai
suoi inizi e fino al suo scioglimento. Il lavoratore rivoluzionario di Wed-
ding (35) ed il vecchio combattente del Baltico stanno a fianco del piccola
bottegaio che cerca protezione contro la concorrenza dei grandi magaz>_
zini, e che sta anche vicino all’imprenditore che spera in una pacificazione
delle agitazioni sociali e in nuovi mercati esteri. Vi è chi sogna in politica
estera una crociata contro il bolscevismo condotta assieme all’Italia
fascista, chi un affratellamento degli Stati tedeschi intorno al mare del
Nord ed intorno al Mar Baltico, mentre getta un’occhiata di disprezzo
sui "fellah" del sud; c’è infine chi sogna una rivolta dei nullatenenti contro
i possessori delle ricchezze del mondo, rivolta guidata dalla Germania e
da una Russia sovietica diventata meno "internazionalista" e più "russa".
Nello stesso partito si ritrovano bavaresi, sostenitori di una politica
federalista, e prussiani, sostenitori <Funa politica di accentramento.

(35) Quartiere operaio nella parte settentrionale di Berlino (N.d.T.).


L ’A rgomento 63

Nello stesso partito si confrontano cattolici e protestanti, ed anche


convinti avversari del cristianesimo. A n gh ^ l’unica netta linea di
separazionesjie i confronti degli Ebrei e dei massoni, occasionalmente
nòn viene rispettata: una volta con la concessione del titolo "ariano
onorario" a persone utili al partito, un’altra volta ad esempio nei confronti
di Schacht. Questi linùfi nebulosi^mutano continuamente per tutto il
periodo che va dalla fondazione~della NSDAP fino alla primavera del
1945. H itlercon frappone l’uno all’altro i diversi gruppi all’interno del
partito e se ne serve per consolidarejasua posizione. Ugualmente pare
che Hitler voglia mantenere vaghTi confini del suo partito per potervi
incorporare il maggior numero di membri (36). Questa situazione rende
difficile, a lungo andare, a molti aderenti della Rivoluzione Conser­
vatrice, "un^ chiara presa di posizione. Nella poltiglia ideologica del
nazionalsociàITsTnS“sÌ~ritrOvano, accanto ad altre, concezioni ea idee
conservatòr-rivoluzionarie. Non potrebbe essere questa la parte auten­
tica ed il resto solo un mascheramento?
E’ tipico che molte preclusioni della Rivoluzione Conservatrice non siano
stréfthmente ideologiche. Spesso si viene respinti semplicemente dallo
àstile": i metodi del nazionalsocialismo, con la loro demagogia, incutono
timore. Così pure spaventa l’abbandono di un’idea a favore di successi
nell’ambito d’una politica realistica (Alto Adige) (37). Ancor più spesso
sembra siano^detemjinanti un’avversione ed una--sfiducia dLcarattere
personal^ nei confronti di ^mTeredci suoi collaboratori. Si tratta dunque
di un rifiuto che deriva più dall’istinto che da un’obiettiva considerazione.
Un conservatore, óìlst'av Steinbòrtìer, giustamente osserva che "il passag­
gio al partito nazionalsocialista di membri del [suo] gruppo, illusi da tale
ideologia, si sviluppa secondo il seguente ritmo: simpatia, delusione,
disperazione, rivolta" (38). Fino al Putsch di Hitler del novembre 1923, la
NSDAP è un gruppo fra tanti. Il partito nazionalsocialista è solo
l’esponente principale di questo tentativo. In quest’occasione però si
guastano i rapporti del partito nazionalsocialista con gli altri gruppi e di
un tale stato di cose diviene simbolica la rottura tra Hitler e Ludendorff.
Durante la detenzione in fortezza di Hitler, si hanno dei brevi tentativi di
cooperazione dei suoi seguaci con altri gruppi, tentativi che cessano
tuttavia dopo il suo rilascio nel dicembre 1924.
(36) Cfr. Hòhne, Der Orden unter dem Totenkopf. Die Geschichte der SS, Gtersloh 1967;
tr. it. L’ordine nero, Garzanti, Milano 1974.
(37) Cfr. lo scritto di Hitler, Die Siidtiroler Frage und das deutsche Bùndnisproblem,
Munchen 1946, p. 47.
(38) Lettera del 1° ottobre 1948 all’autore.
64 La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

Da questo momento la NSDAP percorre da sola la sua strada. Ben presto


risulta chiaro che non è disposta a dividere il potere con nessuno e
concepisce per i compagni di viaggio solo subordinazione, non
cooperazione. Con le elezioni al Reichstag debsettembre 1930, il partito
conquista per sè una posizione così preminente, almeno da un punto di
vista numerico, dqjioter assumere un atteggiamento rigido ed arrogante.
Per tali ragioni moTtt^fteggiamènti conservator-rivoluzionari nei con­
fronti della NSDAP hanno un carattere puramente personale, quasi
privato (cosa che non ne intacca il valore); manca una delimitazione del
confine ideologico veramente ferma e basata su principii generali ob­
bligatori per tutti. In vece loro si produce una lunga catena di singoli colpi
di mano (dal 9 novembre 1923 al 20 luglio 1944). In ogni caso, special-
mente verso la fine degli anni Venti, alle forze della Rivoluzione Conser­
vatrice risultò^SB^inpre più chiaro che un nazionalsocialismo o un
comuniSmo vittoriosi avrebbero contraffatto i loro obiettivi. In base a
questa convinzione Pelefflefifò conservatore-rivoluzionario invocai con
sempre maggior forza la costituzione di un "terzo fronte", che dovrebbe
sostituire la Repubblica di Weimar con una nuova forma di Stato. Tale
risultato lo si dovrebbe raggiungere eliminando KPD e NSDAP mediante
una "terza via", ossia un "terzo partito". Tra i gruppi più attivi della
Rivoluzione Conservatrice questa aspirazione affiora come invito a
riunirsi sotto il vessillo della rivolta popolare degli agricoltori, in uno
"Schwarze Front" (Fronte nero), sotto la bandiera nera (39), "la bandiera
défiaterrtfedella necessità, della notte tedesca e della sua immediatezza"
(40). Uno dei fautori più importanti di un "terzo fronte", Hans Zehrer
(dall’ottobre 1931 al 1933 direttore della rivista dell’editrice Diederichs,
"Tat") scrive nell’autunno 1931 nel suo articolo programmatico Destra o
sinistra (41): "^opposizione al liberalismo si trova in Germania a questo
punto: la sua ala destra in un primo tempo conseguiva un grande vantag­
gio affermando il proprio diritto ad appropriarsi dell’idea nazionale e
della tendenza socialista.
Oggi ha perso quasi tutto il suo vantaggio in seguito alla rinuncia al
socialismo. Cala sinistra oggi è in procinto di recuperare rapidamente il
distacco irrompendo direttamente nel campo delle destre e cercando di
impadronirsi dell’idea nazionale.

(39) La bandiera nera compare nella guerra contadina al tempo della riforma. Cfr.
Erich-Gunther, Fahnen, Flaggen und Standarten, Leipzig 1936.
(40) Schapke, Aufstand der Bauem, Leipzig 1933, p. 42.
(41) "Die Tat", 7 ottobre 1931.
L ’A rgomento 65

All’interno dell’opposizione lottano così tra loro i due poli, il nazionale


ed il sociale. Ognuna delle due ali afferma anche una pretesa sugli ideali
dell’altra, senza che per il momento tale pretesa sia giustificata. I
nazionalsocialisti non possono essere ancora considerati socialisti, i com­
unisti non possono ancora essere considerati nazionalisti.
Tra i due campi, nazionalista e comunista, infuria una lotta accanita, il cui
aspetto materiale si risolve in una lista quotidiana di morti e di feriti. Il
risultato psicologico si manifesta nel fatto che le masse lentamente
perdono le loro illusioni nei confronti dei due partiti, che di conseguenza
rischiano di distruggersi a vicenda". Quel che segue è significativo, circa
le speranze che nutrono sia il "Tat-Kreis" (42) raggruppato intorno a
Zehrer, sia soprattutto la Rivoluzione Conservatrice: "Il movimento non
vorrebbe fermarsi, anzi vorrebbe procedere più speditamente e con
maggior forza. Solo che i quadri dei partiti e delle organizzazioni, lo staff
dei dirigenti superiori e l’elemento burocratico, numerosi oggi in tutti e
due i partiti, sarebbero costretti a ritirarsi. I due partiti non hanno ancora
diretto il loro attacco su vasta scala contro il sistema liberale, ma si
combattono fra di loro per ricavarne maggiori forze da impiegare poi in
questo attacco.
La lotta fra i due partiti spiega come mai il sistema liberale non sia ancora
direttamente minacciato, anche se poi esso, a causa della sua lacerazione
interna, non ha saputo sfruttare la situazione.
La lotta fra nazionalisti e comunisti non può condurre alla vittoria di un
gruppo sull’altro, ma allo scioglimento delle organizzazioni ed al loro
fondersi in un terzo gruppo in cui i due poli arrivino a pacificarsi e ad
equilibrarsi, arrogandosi così il diritto di rappresentare l’intero popolo.
Che ciò sia possibile lo dimostra il processo di liberalizzazione che
interessa in parte entrambi i gruppi". In questi anni non mancano i
tentativi di costruire un "terzo fronte" nella realtà politica. Questi sforzi
sono rivolti da un lato verso strutture considerate, nel senso politico
abituale, in parte o del tutto "neutrali", come l’esercito o una parte dei
sindacati; dall’altro verso elementi con la tendenza a distaccarsi dai
partiti di massa, come ad esempio l’ala "socialista" della NSDAP raggrup­
pata intorno a Gregor Strasser. Non per ultimo vengono rivolti sforzi
verso quei piccoli gruppi, leghe e sette, situati tra la KPD e la NSDAP,
sui quali si fonda la Rivoluzione Conservatrice. Attraverso un tale proces­
so di unificazione essi verrebbero ad acquisire un effettivo potere.

(42) Circolo gravitante intorno alla rivista "Die Tat" (N.d.T).


66 La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

Il tentativo più importante di realizzare una "terza via" è senza dubbio


quello intrapreso negli ultimi mesi della Repubblica e collegato al nome
del generale Schleicher.
Durante il suo cancellierato parte dei gruppi liberali fedeli alla Repub­
blica e parte dei sindacati dovrebbero unirsi alle forze "positive" della
NSDAP per resistere ad Hitler; ma i partiti lealisti non colgono
quest’ultima favorevole occasione. Ed ugualmente non si realizza la
speranza manifestata da Zehrer di una dissoluzione interna dei due
grandi partiti di massa. Nel decisivo inverno del 1932-1933 si riscontrano
proprio nella NSDAP segni di arresto e di involuzione. Questo processo
non assume tuttavia dimensioni che possano mettere in pericolo il partito.
Il "terzo fronte" rimane una costruzione slegata fatta di "rapporti trasver­
sali", dietro la quale non c’è nessuna forza d’urto realmente efficace.
Con il 30 gennaio 1933 incomincia la grande conquista del potere da parte
del nazionalsocialismo, che trova una apparente conclusione con la
morte di Hindenburg nell’agosto del 1934. Non è una semplice coin­
cidenza che il generale Schleicher sia tra le vittime del3Q~giugno.l834,
giorno in cui il nazionalsocialismo lascia il suo sanguinoso biglietto da
yisita in tutti i campi nemici.
L ’A rgomento 67

POSSIBILITÀ DI U N A CLASSIFICAZIONE OGGETTIVA

I precedenti capitoli hanno analizzato il materiale da un punto di vista


storico. Hanno effettuato le necessarie distinzioni tra la Rivoluzione
Conservatrice e le più antiche forme di conservatorismo, nonché fra essa,
il nazionalsociali^oìrfFcaiOTtósmd.'T3ra occorre spiegare come debba
essere ordinato il nostro materiale.
L ordine dato nelle precedenti descrizioni non è soddisfacente. L unica
ampia esposizione precedente al 30 gennaio 1933, compilata nel 1932 da
Walter Gerhart, è indispensabile allo studio. Essa non mostra tuttavia
sufficiente distanza dal tema che tratta, e le manca l’esperienza della
"utilizzazione" da parte del nazionalsocialismo degli impulsi conser­
vatori-rivoluzionari. D ’altra parte tutte le esposizioni successive al 1933
presentano il difetto d’interpretare la Rivoluzione Conservatrice in senso
esclusivamente nazionalsocialista, senza coglierne l’autonomia. In questa
prospettiva essa diviene solo un primo stadio del nazionalsocialismo, idea
questa che si trova tanto nelle idee anti-hitleriane che in quelle che
tentano di render gradita al Terzo Reich la Rivoluzione Conservatrice.
Quali analisi possono dunque essere considerate obiettive? Abbiamo già
adoperato dei concetti classificatorii, come ad esempio, pur se con una
certa esitazione, quelli di "sinistra" e di "destra". Come sia problematico
l’uso nel nostro tempo di questa cóppTa di concetti, lo dimostra il fatto
che si parla improvvisamente di una sinistra all’interno della destra e
viceversa. Lespressione "Gente di sinistra proveniente dalla destra"
è diventata un luogo comune (43). Linserimento della Rivoluzione Con­
servatrice nel quadro politico di Weimar presenta particolari difficoltà.
Tale sistemazione sarebbe possibile solo se la Rivoluzione Conservatrice
avesse formato dei veri partiti. Dove ha compiuto un tentativo, ad esem­
pio nel 1930 con i "Volkskonservativen", il risultato è stato una catastrofe
elettorale. Le forme organizzative della Rivoluzione Conservatrice sono
_dlaltro_tipo: uìnbTrrelitarieLKe non-si manifestano al pubblico, circoli
le t t e r ari con un piccolo numero di aderenti, gruppi operanti attorno a
.riviste, ma anchedeghejli lotta ubicate consapevolmente al di fuori del
sistema parlamentare, ordini segreti e gruppi simili.
E ’ possibile classificare questi circoli e questi gruppuscoli in base al loro

(43) O. E. Schiiddekopf, Linke Leute von Rechts, Stuttgart 1960.


68 La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

rapporto nei confronti dei partiti esistenti al tempo della Repubblica di


Weimar? J1 loro carattere ''trotzkista'! rende difficile una classificazione
di questo genere. SéTTrotzkilti combattono la KPD in quanto defor­
mazione del vero scopo, non significa che essi tornino alla loro matrice
storica, cioè alla SPD (Partito socialista tedesco) vista quale forma di
diluizione "borghese". Allo stesso modo si comportano i trotzkisti della
NSDAP, che non combattono contro la NSDAP per tornare semplice-
mente alla QNVP (Partito nazionalpopolare) dei nazionalisti tedeschi.
Questa situazione è ben descritta da un interlocutore nazional-
rivoluzionario nel 1932 (44), che applica però soltanto allo "Schwarze
Front" uno schema valido per l’intera Rivoluzione Conservatrice.
Questi scrive: "La posizione del Fronte Nero può essere accertata con
precisione se si rinunzia ad applicare lo schema borghese-democratico
sinistra/destra. Pensiamo all’insieme delle correnti e dei partitrtedeschi
com èad un ferro di cavallo; alla curvatura sta il Centro, alle estremità la
KPD e la NSDAP. Lo spazio del Fronte Nero è tra i due poli del
comuniSmo e del nazionalsocialismo. I contrasti tra sinistra e destra si
annullano fondendosi in unasspede^hjùntesijfondantesi sull’eliminazione
dell’elemento borghese. La posizione tra i due poli rappresenta nel modo
rnìgHOreda tensione in cui agisce il Fronte Nero". Ma si può classificare
la Rivoluzione Conservatrice solo sulla base dei suoi gruppi, senza riferir­
si all’ambiente di Weimar? A ciò si oppone il fatto che tali gruppi si
trovano in un processo di continuo mutamento: improvvisamente si fanno
notare, improvvisamente scompaiono o si uniscono ad altri per costituire
nuovi raggruppamenti, si accavallano, inaspettatamente riemergono
sotto altre forme. Quanto poco significato abbia l’aspetto organizzativo
esternolo dimostra la famosa casa di Berlinoubicata nella Motzstrasse 22
(45), che negli anni Venti è stata il centro delle correnti "jungkonser-
vativen". Un simpatizzante, Hans Schwarz, scrive a proposito di questa
casa (46): "In essa avevano sede lo Juniklub (Club di giugno), rappresen­
tato dal barone Heinrich von Gleichen ed influenzato da Moeller van den
Bruck, fino a che questi visse; il Politische Kolleg (Collegio politico)
presieduto da Martin Spahn; il Volksdeutsche Klub (Circolo popolare
tedesco), diretto da Karl Christian von Loesch, e al quale apparteneva
Rudolf Pechel. Un pò più tardi si aggiunse la cosiddetta Grossdeutsche
Jugend (Gioventù pantedesca), riunitasi attorno all’ammiraglio Adolf
von Trotha.
(44) A. Ehrt - J. Schweickert, Entfesselung der Unterwelt, Berlin 1933, p. 270 s.
(45) Lettera del libraio Heinz Hannmann all’autore, del 13 novembre 1950.
(46) Lettera all’autore del 12 ottobre 1948.
L ’A rgomento 69

Un ruolo a sè, come direttore della rivista "Gewissen", l’aveva Eduard


Stadtler: la rivista veniva però in realtà diretta da Moeller.
Lo Stadtler proveniva dalla lega antibolscevica. E’ per me sempre stato
emblematico il fatto che agli inizi esistesse un’élite culturale senza un
seguito politico di qualche rilievo (gli avversari parlavano di ufficiali
'sènza soldati), e dall’altra parte ci fosse il tipico arringatore di folle e
suonatore di tamburo'che avrebbe dovuto apportare quella più ampia
risonanza che ad essa mancava. Il fatto è che un simile personaggio era
esposto continuamente alla tentazione di mettersi in luce ponendosi alla
testa delle organizzazioni.
I fili conducevano da un lato da Spahn allo Hochschulring (Circolo della
scuola superiore), che rimase fino alla fine uno degli aspetti più piacevoli
della casa, che non aveva locali propri e si appoggiava al Politischer Kolleg.
Dall’altro i fili conducevano ai "Deutschenationalen”, in quanto Hugen-
berg e i suoi erano avvicinati da Spahn e Gleichen per contributi in
danaro. Hugenberg si decise ad agire con energia solo quando subì la
minaccia che altrimenti la giovane "intelligentia" nazionale si sarebbe
indirizzata a sinistra. Gleichen a sua volta intratteneva ancora rapporti
con la Deutsche Voìkspartei (Partito popolare) e con i "Volkischen",
rapporti per lo più di natura economica, dato che fare politica costa. Da
parte sua Moeller aspirava a conservare una posizione completamente
al di sopra dei partiti. Di conseguenza anche un ex comunista, il quale
però non aveva avuto alcun reale influsso sui suoi precedenti compagni,
operò a lungo come fiancheggiatore delle suddette organizzazioni.
La Motzstrasse si sforzava di esercitare un influsso ideologico sulla
politica quotidiana. Esteriormente somigliava a un club inglese. I partiti,
dovendo tener conto dei loro più giovani adepti, non potevano trascurare
la Motzstrasse, ma nello stesso tempo cercavano di danneggiarne la
compattezza". Quanto qui scritto non vale ovviamente in ugual misura
per tutta la Rivoluzione Conservatrice. I forti legami di natura ideologica
ed economica coi circoli considerati superati in quanto "borghesi" sono
un tratto essenziale di questo gruppo della Motzstrasse. In altri settori
della Rivoluzione Conservatrice si hanno movimenti strutturati più
rigidamente che non quelli sopra menzionati. Per il movimento nella sua
totalità vale quanto espresso da questa lettera: i limiti qualificanti le
organizzazioni non coincidono con quelli determinantisi all’interno della
Rivoluzione Conservatrice, giacché questi ultimi sono elastici e mutevoli
a seconda delle circostanze. La confusione e le complicazioni regnanti
tra le organizzazioni risultano già dal loro numero. Prendendo come fonti
70 La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

una serie di pubblicazioni abbiamo compilato un elenco delle organiz­


zazioni da porsi nell’ambito della "Deutsche Bewegung".
Da un numero limitato di documenti abbiamo compilato per il periodo
intercorrente tra il 1918 e il 1932 una lista con 430 nomi, provvisoria ed
incompleta. Poiché non può essere trascritta per intero, trascriviamo
quanto si trova sotto la lettera G:

1. Comunità religiosa di spirito cristiano


2. Comunità delle leghe "deutschvòlkisch"
3. Germani, etc.
4. Lega germanica
5. Ordine germanico
6. Circolo germanico
7. Comunità religiosa germanico-tedesca
8. Comunità di fede germanica
9. Lega della consapevolezza germanica
10. Lega giovanile germanica
11. Brigata Gerstenberg
12. Società degli amici della coscienza
13. Società della civiltà tedesco-germanica
14. Lega della fedeltà
15. Geusen
16. Associazione Gobineau
17. Ordine dei cercatori di Dio
18. Lega del Graal
19. Prussiani del confine (Kaukehnen)
20. Gioventù pantedesca
21. Squadra giovanile pantedesca
22. Comunità popolare pantedesca
23. Lega giovanile pantedesca
24. La grande nuova Germania
25. Gruppo dei nazionalisti social-rivoluzionari
26. Lega dei Goti.

Uno studio più particolareggiato di queste organizzazioni scelte ar­


bitrariamente offre un quadro abbastanza appropriato. La parte del
leone spetta ai "Volkischen", undici (1,2, 4,5, 6 ,7 ,8 ,1 3 ,1 6 ,1 7 ,2 6 ) ed ai
"Bundischen", sei (10,15,20,21,23,24). Le altre correnti sono rappresen­
tate in numero di gran lunga minore: "Jungkonservative", una e
L ’A rgomento 71

"Nationalrevolutionàre", una. Ad ulteriore distanza seguono:


"Freikorps",una ; "Einwohnenwehr", una (Esercito dei cittadini); "Lega
di guerra", una ; propaggine della NSDAP, una.
Le poche organizzazioni della "Landvolkbewegung" non figurano, per
caso, esposte sotto la lettera G ed i "Nazionalrivoluzionari" con un’unica
organizzazione sono troppo poco rappresentati. Tra le organizzazioni
situate alla periferia del movimento, mancano sotto la lettera G i gruppi
di lotta politica e le federazioni accademiche di colorazione conser-
vatrice-rivoluzionaria, come pure le numerose organizzazioni di tedeschi
all’estero. Mancano anche, a parte forse il numero 16, le altrettanto
numerose associazioni con scopi "specialistici" (ad esempio per la cura
della scrittura tedesca, per l’arte patria, per l’università popolare rurale,
etc.). Con questa riserva è il nostro elenco, abbastanza adeguato alla
situazione. Sei delle organizzazioni sopra elencate (1, 8, 20, 22, 23, 24)
avevano un elevato numero di aderenti ed una di queste, la n.2, è
un’organizzazione che ne abbraccia varie. Le altre sono indubbiamente
piccole e piccolissime. Il carattere "trotzkista" della Rivoluzione Conser­
vatrice si rivela chiaramente in questairammentazione.
Il .carattere spiccatamente letterario della Rivoluzione Conservatrice
determina come conseguenza che una classificazione sulla base delle
riviste risulta più compiuta rispetto ad una basata secondo le organiz­
zazioni. Intorno a molte riviste si riuniscono compatti circoli di lettori. Il
solo fatto di essere lettori della rivista "Tat" di Zehrer, o di "Deutsches
Volkstum" di Stapel, o della "Europàische Revue" del principe Rohan, o
di "Hammer" di Theodor Fritsch, rivela chiaramente le concezioni
politiche dei lettori stessi.
Ciò vale anche per una classificazione sulla base delle case editrici. Per
la verità esse hanno un diverso "spessore". Ne esistono di grandi, come
la Diederichs di Jena, Langen-Miiller di Monaco e Koehler di Lipsia, che
accettano e pubblicano molte opere conservatrici-rivoluzionarie, che non
sono però determinanti per il carattere delle case editrici. In altre grandi
case editrici, come la Hanseatische Verlagsanstalt di Amburgo, la Ger­
hard Stalling di Oldenburg e J.F. Lehmann di Monaco, questo specifico
carattere politico si rivela più nettamente, anche se esse pubblicano
anche libri di altro genere. Qui sovente i diversi gruppi della "Deutsche
Bewegung" coesistono pacificamente. Diversa è la situazione per quelle
case editrici nel cui caso la pubblicazione di un libro implica già un
marchio che ne rivela un preciso carattere politico. Per esempio, un libro
pubblicato presso la Voggenreiter di Potsdam, è di per sè un libro
72 La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

"blindiseli", un libro pubblicato dalla Frundsberg di Berlino porta con sè


il marchio di "nazionalrivoluzionario"; un libro stampato da Adolf Klein
di Lipsia ha già il carattere di "vòlkisch". Il punto finale di questa scala
è formato da quelle case editrici che si concentrano rigidamente su di
una determinata persona o un gruppo di persone: la casa editrice Luden-
dorff di Monaco o la Widerstand di Niekisch a Berlino.
U n’altra classificazione è quella secondo regioni (Landschaft) e tipo di
popolazione, che si basa su una differenziazione rimasta abbastanza viva
in Germania. Da dove una persona proviene o dove un qualche fatto
accade, sono soventemesSirn evidenza comevcaratteri distintivi.
E’ significativo ad esempio choEjrnst Jùnger/analizzando quell’epoca,
compia le sue classificazioni di preferenza su base territoriale. Distingue
il suo "gruppo berlinese" (Niekisch, i due Jiinger, Hielscher) dal "gruppo
amburghese" (StapeI, A.E. Gunther) e distingue nettamente i due dai
"monacensi" (Hitler e Ludendorff). Ma il fatto che un Niekisch mezzo
svevo e mezzo slesiano si trovi a Berlino ed il prussiano Ludendorff in
Baviera, indica in realtà che le classificazioni su base ambientale
(Landschaft) non possono essere sopravvalutate. Il fatto che i capi prin­
cipali della NSDAP provengano' da Una fascia territoriale posta
all’interno del limes, e che va dalla zona dei Sudeti alla Renania, dimostra
che comunque c’è qualcosa di valido nello schema di Jùnger. Nell’ambito
della Rivoluzione Conservatrice la linea del Meno, che divide il Sud
cattolico dal Nord protestante, viene considerata, ancor più dello stesso
limes, la linea del destino tedesco. Predomina l’opinione che un territorio
che non fu mai incorporato nell’Occidente dall’avanzata delle legioni
romane offra altre possibilità politiche che un territorio inserito un tempo
nella orbis romana.
La classificazione dell’ideologia politica su base razionale, come segno
distintivo dell’Occidente, decade con la decadenza dell’Occidente,
mentre guadagna di nuovo terreno una classificazione che si basa su forze
originarie, come il territorio o la fame di nuove terre. Un critico può
pertanto dire giustamente del nazionalbolscevismo (47): "Il pensiero
viene espresso di preferenza in forma simbolica, per esempio utilizzando
i punti cardinali: contro l’Occidente civilizzato e capitalista, contro il
Mezzogiorno romano e cattolico, a favore del nord germanico ed agricolo
e con l’est barbarico e bolscevico". Quest’idea che utilizza i punti cardinali
è sempre presente nella Rivoluzione Conservatrice, ma le valutazioni
(soprattutto nei confronti dell’est e del sud) non sono sempre uniformi.
(47) A. Ehrt-J. Schweichert, op. cit.
L ’A rgomento 73

Ma anche se l’origine, l’ubicazione o l’utilizzazione simbolica della


Landschaft possono chiarire determinati punti, si tratta pur sempre di un
fattore posto accanto ad altri. Che le classificazioni siano basate su
quest’ultimo criterio o sul raggruppamento secondo le organizzazioni, le
case editrici o le riviste, una certa confusione pur sempre resta. Vengono
in tal modo soltanto aperte delle piste. Ben poco valore hanno le clas­
sificazioni che si basano sulla struttura politica generale di quel tempo,
mentre è valido quel che dice Hans Schwarz nella lettera sopra citata:
"... quel che accade tra il 1918 ed il 1932 non è ben intellegibile sulla base
di schemi letterari. Per chi si situa al di fuori è difficile comprendere i
nessi". La cosa migliore dunque è di attenersi a quel che resta come
nucleo essenziale nella sua descrizione della casa della Motzstrasse: le
persone. Il movimento rivoluzionario-conservatore è innanzitutto un in­
treccio di persone. Consiste, nel suo nucleo, di alcune centinaia di
persone che per lo più si conoscono tra loro e sono legate dai più vari
sentimenti, dall’attrazione alla repulsione. Certo, dietro di loro ci sono
aderenti in numero considerevole: ciò vale per i "Vòlkischen", i
"Bundischen" e la "Landvolkbewegung". Nei confronti dei partiti mam-
muth, però, questi gruppi hanno scarsa importanza. Quel che dà valore
alla Rivoluzione Conservatrice sono singole personalità che non appar­
tengono ai partiti di massa, perchè non si adeguano alle loro norme e che
per tale motivo sono state sconfessate dai vari partiti. Esiste per queste
persone un comune denominatore sociale? Il movimento rivoluzionario­
conservatore si lascia ordinare secondo criteri sociologici? Ciò è stato
tentato più volte da parte marxista (48), con l’intenzione di spiegare
questa ideologia sulla base di una "struttura soggiacente".
Eatteggiamento "vòlkisch" viene così spiegato come un’evasione roman­
tica del ceto medio stritolato tra proletariato e grande borghesia
capitalistica; quello degli "Jungkonservativen" invece, come una difesa di
questa grande borghesia contro l’attacco del quarto stato. Ai "nazional-
rivoluzionari" è riconosciuta l’onesta intenzione di rovesciare il dominio
borghese: nel loro caso si tratta nella maggior parte di ufficiali che hanno
servito al fronte e sono abituati ad obbedire, ma che d’altra parte non
possono inserirsi in posizione subordinata nel movimento proletario. La
loro genuina spinta rivoluzionaria, coi suoi residui romantici, degenera
volontariamente in sostegno al capitalismo, che sa avvalersi anche di
questi ribelli soldati di ventura.

(48) In K. Stechert, op. cit., o in H. Giinther, Der Herren Eigner Geist, Moskau 1935.
74 La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

Prescindendo dal fatto che la sociologia degli autori dovrebbe esser


tenuta separata da quella dei loro lettori, si può realmente constatare
che tra i "Vólkischen" predomina il ceto medio, ad esempio gli insegnanti;
per gli "Jungkonservativen" invece sovente risultano rapporti coi gruppi
imprenditoriali, e la figura dell’ufficiale reduce dal fronte, che dopo
l’esperienza bellica non è più in grado d’inserirsi nel mondo borghese, dà
effettivamente la sua impronta al movimento "nazionalrivoluzionario".
Tuttavia, trarre da queste stratificazioni sociali cause determinanti le
ideologie ricorda un altro tipo d’analisi tipica dei nostri tempi, quella
psicologica. In ambedue le tecniche esplicative (sia la sociologica che la
psicologica), l’incognita x è sostituita da quella y, ma ciò non è si­
gnificativo. Ammettiamo infatti che un fenomeno sia ricondotto ad una
situazione sociale (teoria sociologica), o all’azione di un singolo individuo
(teoria psicologica) : logicamente siffatta struttura soggiacente dev’essere
ricondotta a qualcosa esistente ancor più a monte, fino a che risponda
agli assiomi posti (da ciò rifuggono tanto il sociologo che lo psicologo).
Non è compito del nostro lavoro fare un processo al concetto di causalità
e chiarire le categorie di "corrispondenza", "contemporaneità" o "inter­
azione", che ci sembrano più appropriate. Si consideri comunque che
questo ci sembra un gioco ozioso, poiché ci troviamo in un tempo in cui
non si ha una stabile concezione del mondo, che dica chiaramente che
cosa debba valere come premessa.
In ogni caso, le formulazioni delle domande poste dalla sociologia pos­
sono essere fruttuose se non intendono spiegare ogni cosa, ma si pongono
scopi più limitati. Con il loro ausilio, ad esempio, si possono distinguere
chiaramente tre tipi di personalità nell’ambito della Rivoluzione Conser­
vatrice. Due di esse si possono descrivere facilmente: una è l’attivista
politico, l’altra è lo scrittore che cerca di agire soprattutto con la parola
scritta. Un terzo tipo presenta contorni più sfocati.
Ogni esposizione delle ideologie che sono alla base della Rivoluzione
Conservatrice deve consentire una descrizione della parte esteriore del
movimento. Molti credono che nè gli attivisti nè i letterati siano il nucleo
essenziale del movimento, che sarebbe stato creato da un terzo tipo di
persone, la cui descrizione costituisce una curiosa variante del "manager"
di Burnham.
Questo tipo non compare come attore sulla scena politica. Se ha scritto
qualcosa, si tratta al massimo di brevi articoli. Raramente possiede una
propria cerchia di adepti, ed un talento carismatico non sembra essere
presupposto necessario della sua personalità. Tùttavia dimostra grande
L ’A rgomento 75

efficacia. Per la maggior parte dell’anno è in viaggio; conosce ogni nodo


della rete ferroviaria e porta, come certe specie di insetti durante il volo,
il polline da un punto ad un altro. Se si fonda qualcosa nel mondo, egli è
presente alla discussione preliminare, ma non compare nell’atto ufficiale
di fondazione. E’ un virtuoso nel suonare il piano dei "collegamenti
trasversali" e dell’organizzazione delle dottrine dello spirito. Pochi lo
conoscono, lui però conosce tutti. Chi si occupa della Rivoluzione Con­
servatrice, presto o tardi trova le tracce di questo terzo tipo. Il tentativo
d’afferrarlo è però senza speranza. Si oscilla tra la sopravvalutazione e
la sottovalutazione di personaggi del genere. Che cosa c’è di mitico e che
cosa c’è d’autentico in questa loro onnipresenza?
Una storia della Rivoluzione Conservatrice non si può scrivere in nessun
caso partendo da questo tipo: si esaurirebbe in pure congetture. Dato
comunque che si tratta principalmente di un movimento ideologico,
dobbiamo attenerci agli autori.
76 La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

POSSIBILITÀ DI CLASSIFICAZIONE
ALL INTERNO DELL IDEOLOGIA

II numero degli autori implicati nella Konservative Revolution è molto


grande. Quelli citati nel nostro testo sono frutto soltanto di una scelta
soggettiva, condizionata dalle linee che abbiamo tracciato in un materiale
scarsamente indagato in modo sistematico. La scelta è soggettiva anche
perchè si tratta di autori di valore diseguale.
Quel che è tipicamente ideologico è più facilmente identificabile in autori
di medio valore che in autori di alto rango. Le figure preminenti, quali
uno Spengler, un Cari Schmitt o un Bliiher, difficilmente si inquadrano
in gruppi specifici: la loro influenza va ben oltre. Hans Bluher ad esempio,
per quel che concerne il nucleo centrale dei suoi scritti, appartiene ai
"Biindischen". Nella Aristie des Jesus von Nazareth, sviluppa tuttavia la
dottrina di una razza "primaria" e "secondaria" in cui rivive la vecchia
teoria delle due razze, dottrina che si pone nell’ambito "vòlkisch". Nelle
sue enunciazioni concernenti lo Stato, espresse in molte sue opere ed
enfatizzanti l’idea conservatrice del regno, troviamo inoltre contributi
essenziali al patrimonio di idee degli "Jungkonservativen". E troviamo
brani sul prussianesimo che ci fanno pensare ai "nationalrevolutionàre".
Lo stesso si deve dire d’una personalità come Cari Schmitt, che sfugge
ad ogni classificazione. Egli ritiene che siano gli spiriti meno elevati a
dover incapsulare D’essenziale"; il suo modo di pensare lo si ricava invece
soltanto in modo indiretto dalle sue analisi di situazioni concrete.
La scelta resta soggettiva anche basandosi sugli autori. Noi ci occupiamo
solo di quella parte della loro opera che è in relazione con la Rivoluzione
Conservatrice, mentre non è sempre possibile tener conto dei successivi
sviluppi delle loro idee. C’è chi si stupirà ad esempio del fatto che
inseriamo Thomas Mann nell’ambito del movimento, anche se questi
successivamente si pose dalla parte delTTlluminismo". Ma il primo
Mann, con le sue Betrachtungen eines unpolitischen (1918) (49), esercita
una considerevole influenza, paragonabile a quella di ben pochi altri
scrittori, sulla Rivoluzione Conservatrice.
Simile è il caso di Ernst Wiechert. Nessuna seria analisi dei tentativi di
fondare una religione germanica può ignorare il suo primo romanzo Der
Totenwolf (Il lupo dei morti), che durante il Terzo Reich compare con la
(49) Tr. it.: Considerazioni di un impolitico, D e Donato, Bari.
L ’A rgomento 77

svastica sulla copertina. In questo libro il poeta si identifica strettamente,


con i personaggi principali del racconto, i lupi dei morti, e con la religione
della spada. Nelle sue opere successive, come Der Totenwald (Il bosco
dei morti) Wiechert volta le spalle a quella prima esperienza. Non tutti
gli sviluppi debbono però necessariamente procedere da "destra" a
"sinistra". Sovente avviene il contrario. Così Ernst Niekisch si muove da
sinistra (1918) a destra (1932) e poi di nuovo a sinistra (a partire dal 1933).
Ovviamente i termini di destra e sinistra si devono intendere come
abbreviazioni imprecise di situazioni in realtà molto complesse, (il fatto
che egli nella sua autobiografia interpreti il periodo intermedio come
una pura "tattica" è frutto di valutazioni a posteriori). Particolarmente
difficile da comprendere è il rapporto di questi autori col nazional­
socialismo, dagli uni visto come destra, dagli altri come sinistra. Di alcuni
autori abbiamo scritti successivi al 1933 che testimoniano un passaggio
nel campo nazionalsocialista, per altri tale passaggio è documentato da
altre fonti. Eatteggiamento di altri autori nei confronti del nazional­
socialismo, allora come oggi, è poco chiaro. Dobbiamo pertanto rinun­
ciare ad una esatta elencazione degli atteggiamenti nei confronti del
Terzo Reich a causa della nostra conoscenza ancora molto difettosa della
storia interna di questo regime: essa sarebbe incompleta e pertanto
inesatta.
Questa circostanza, unita alla classificazione sulla base delle "ideologie",
a prescindere dai loro esponenti, determina in questo lavoro un accos­
tamento tra concetti eterogenei. Non solo una persona che ha pagato la
sua resistenza nei confronti del nazionalsocialismo con la persecuzione
o addirittura con la morte può essere associata ad un transfuga passato
dalla parte del Terzo Reich; anche dopo la fine di quest’ultimo il quadro
rimane estremamente confuso a causa della coesistenza di elementi
eterogenei. Vi è il "vòlkisch", prigioniero di strani sogni di un’epoca
arcaica, che dappertutto sospetta forze sotterranee; a gran distanza c’è
il rappresentante di idee "jungkonservativen", che si situa in una
tradizione mantenuta ininterrotta. A maggior distanza ancora c’è il
"nazional-rivoluzionario" che si affida aWnLandschaft della grande città,
rifiutata dagli altri due gruppi, e che spera di forzare l’ingresso in un altro
mondo attraverso l’esasperazione di un processo di distruzione che già
si manifesta nella grande città.
Ma queste ambiguità, proprio per la natura dell’argomento trattato, non
si possono evitare. Per non render più vaghi del necessario i confini, sono
comunque stati lasciati fuori quegli autori che appartengono alla
78 La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

Rivoluzione Conservatrice solo in via indiretta. Di questi fan parte


anzitutto i cosiddetti "Padri della chiesa" (Kirchenvàter). Si è arrivati a
redigere liste di "padri della chiesa" in diverse riprese, soprattutto dopo
il 1933 e dopo il 1945. Con esse si è cercato di mettere nello stesso fascio
gli elementi più diversi, raggruppandoli sotto i nomi collettivi ed im­
precisi di "nazismo" e "fascismo" (termini che sono in parte articolati per
mezzo di varianti come "parafascismo" o "criptofascismo"). Nell’ambito
di questi concetti cadono ad esempio ideologie come il conservatorismo
di vecchio stampo, il nazionalsocialismo, la Rivoluzione Conservatrice ed
addirittura correnti di pensiero che non hanno niente a che fare con la
vera politica, come dottrine scientifiche che vogliono includere anche
l’irrazionale o composizioni poetiche di contenuto pessimistico. E’ facile
poi individuare una serie di precedenti per uno schema così semplificato.
Tutti coloro che si oppongono ai principi del 1789 corrono il rischio di
essere promossi alla dignità di "padri della chiesa fascista" (o nazista), e
soprattutto quegli autori che, uscendo dai ristretti confini delle loro
discipline, sono divenuti rappresentanti della loro epoca. Prescindendo
da Nietzsche, Kierkegaard o Dostojewskij, questa qualifica è attribuita
ad esempio a Karl Barth, in quanto la sua forte enfatizzazione della
finitezza dell’essere umano diventa pericolosa per l’idea di progresso. Lo
stesso vale per il primo Heidegger, perchè il suo concetto di "Sorge"
(preoccupazione) è estraneo all’ottimismo progressista del XIX secolo;
per Klages, in quanto la sua ostilità verso lo spirito è diretta contro un
essere unilateralmente intellettuale; per Dacqué, a causa del suo
capovolgimento dell’evoluzionismo darwiniano; per Frobenius, in quan­
to i suoi "Kulturkreise" (cicli culturali) modificano profondamente
l’immagine di una storia che procede linearmente; per Alfred Schuler, a
causa della sua strana mistica del sangue, ben poco conciliabile col
principio della determinabilità; così per Driesch ed il suo vitalismo e
Jung, con la sua trasformazione della psicanalisi. Spesso si risale ulterior­
mente: si possono compilare le più stupefacenti genealogie, da Eraclito
ad Eckart, attraverso Paracelso e Lutero, Federico il Grande, Hamann e
Zinzendorf, fino a Schopenhauer e Kierkegaard. A questo punto rinun­
ciamo ad ogni commento. Un semplice sguardo tra le pubblicazioni
antinazionalsocialiste ci fa individuare una enorme quantità di prove di
simili nomine a "padri della chiesa". Certamente la Rivoluzione Conser­
vatrice adotta idee di questi pensatori, la cui lista potrebbe allungarsi a
piacere: l’avversario in definitiva è sempre lo stesso. Non per questo i
"padri della chiesa" possono diventare fascisti o nazisti, così come non
L ’A rgomento 79

possono essere considerati predecessori della Rivoluzione Conservatrice


come noi l’intendiamo. Per non entrare in un campo sconfinato, abbiamo
delimitato l’applicazione di questi principii, nell’ambito della cultura
tedesca, a idee dichiaratamente politiche di colorazione chiaramente
"tedesca". Partendo dalla definizione di Weltanschauung quale struttura
concettuale in ugual misura distante dalla poesia, dalla scienza e dalla
filosofia, si possono eliminare altri autori, perchè appartenenti alla
Rivoluzione Conservatrice solo in modo indiretto. Anzitutto si tratta di
escludere i poeti intesi in senso tradizionale. Si possono citare certo
anche delle poesie, se servono ad illuminare taluni atteggiamenti fon­
damentali, e si può anche fare riferimento ad alcuni "padri della chiesa"
come Nietzsche, quando è necessario. Ma per quanto, ad esempio, la
Rivoluzione Conservatrice non sia concepibile senza uno Stefan George,
la sua opera entra nella nostra ricostruzione solo in forma indiretta. Egli
è l’ultima chiara incarnazione di quella figura di poeta resuscitata in
Germania da Klopstock. Gran parte della sua violenza ed artificiosità si
spiegano come espressione della coscienza di occupare posizioni per­
dute. Tlitti i suoi discepoli invece sono su una nuova via che identifichiamo
col termine di Weltanschauung. Mentre le opere in poesia di George
rientrano nella tipica tradizione della poesia, le opere importanti nate
nell’ambito del suo circolo sono ugualmente lontane da poesia, filosofia
e scienza. Così dicasi per Kaiser Friedrich der Zweite di Ernst Kan-
torowicz, per il libro su Nietzsche di Bertram ed infine per il libro di Kurt
Hildebrandt Norm, Entartung, Vefall (Norma, Degenerazione, Decaden­
za). Per altri poeti tale divisione non corre tra loro ed i discepoli, ma
all’interno della loro stessa opera. Nell’opera di Hermann Burte si deve
far riferimento non alle poesie ma a Wiltfeber, per Hans Grimm ci si rifà
a scritti come Der Schriftsteller und die Zeit (Lo scrittore e il tempo); per
Kolbenheyer ci si riferisce alla teoria dei "Bauhutten" (Cantieri edili);
infine per Paul Ernst ci si deve riferire a scritti teorici sul tipo di Zusam-
menbruch des Marxismus. Le stesse considerazioni valgono per i filosofi.
Un libro come Der Genius des Krieges und der deutsche Krieg (Il genio
della guerra e la guerra tedesca) di Max Scheler rientra chiaramente nel
nostro argomento, e tuttavia non c’è alcun dubbio che Scheler, in com­
plesso, sia da annoverare tra i filosofi in senso stretto. Lo stesso vale per
gli scienziati. In un esame più approfondito della Rivoluzione Conser­
vatrice non si può ad esempio passare sotto silenzio la "Staatsbiologie"
(Biologia di Stato) di Jakob von Uexkiill e tuttavia questo autore è
anzitutto uno studioso di scienze naturali. Lo stesso si dovrebbe dire di
80 La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

singole opere dei filosofi Max Wundt, Hans Heibl e Franz Bòhm, del
geografo Ewald Banse, dello psicologo Eri eh Rudolf Jaensch, del
pedagogo Philipp Hòrdt, dell’economista Werner Sombart, degli storici
dell’arte Wilhelm Pinder, Hubert Schrade e Josef Strzygowski, dei giuristi
Otto Koellreutter, Karl Lorenz, Ernst Forsthoff ed Ernst Rudolf Huber,
degli storici della letteratura Josef Nadler, Hans Naumann e Richard
Benz e di molti altri ancora. Questi scienziati e filosofi, così come i poeti,
rimangono ancora nei loro tradizionali involucri, da dove intraprendono
solo di quando in quando sortite nel campo malsicuro della Wel-
tanschauung.
Tra gli autori che si possono senz’altro considerare aderenti alla Wel-
tanschauung, si deve indicare un gruppo più specifico: gli "Stiefbruder"
(Fratellastri). Si tratta di singoli autori, singoli gruppi e riviste, o addirit­
tura correnti di pensiero piuttosto vaste, che muovendo da altri punti di
partenza, dalle sinistre rivoluzionarie e dai partiti leali alla Repubblica,
arrivano in prossimità della Rivoluzione Conservatrice, pur non potendo
esserne considerati dei veri aderenti. Si tratta di tentativi che possono
tutti essere raggruppati sotto la voce di una "terza via". I loro aderenti
vedono da una parte le debolezze della Repubblica e dall’altra cercano
di procedere fra la Scilla del comuniSmo e la Cariddi del nazionalsocialis­
mo. Ciò che li separa dalla Rivoluzione Conservatrice è la rinunzia ad
una soluzione rivoluzionaria e radicale. Sono dei "riformisti", che tentano
di puntellare e rinforzare l’edificio della Repubblica dall’interno con
l’ausilio di materiali estranei. L’ambito in cui si esprimono queste inten­
zioni è molto vasto, ed abbraccia i gruppi più diversi. Vanno menzionate
a questo punto cose diversissime, come la fusione, di breve durata, della
"Demokratische Partei" e della "Volksnationale Reichsvereinigung" (As­
sociazione nazional-popolare del Reich), già "Jungdeutscher Orden"
(Ordine giovanile tedesco) di Mahrauns, con la "Deutsche Staatspartei",
nell’estate del 1930. Come pure, in ambito marxista, i tentativi del circolo
di Hofgeismar, o dei "Neue Blàttern fùr den Sozialismus" (Nuove pagine
per il socialismo), di includere elementi nazionalisti. Da menzionare è
anche il tentativo intrapreso da Hans Joachim Schoeps e dal suo
"Vortrupp" (Avanguardia) di costituire all’interno dell’ebraismo tedesco
un’organizzazione corrispondente ai reparti d’assalto nazionalisti.
Ciò che resta dopo tutte queste esclusioni è il nucleo degli autori
rivoluzionario-conservatori. Occorre però valutarli e differenziarli in
base al loro peso. In primo piano vi sono i "sistematici", che cercano di
stabilire gli ideali fondamentali, i veri e propri "modelli". In questo lavoro,
L ’A rgomento 81

che tratta della storia delle ideologie, l’elemento "pratico" passa in


secondo piano. Il "sistematico" che elabora concezioni basilari si rivolge
poi a singoli problemi pratici, ed in tal modo si dimostra, in effetti, un
pragmatico, per il quale la spiegazione teoretica costituisce solo una
parte del lavoro. Di contro alT'arte pura" dei sistematici egli rappresen­
ta fa r te applicata".
Di questo settore fanno parte ad esem pio i già summenzionati
"Alldeutschen" con i loro sogni espressionistici, come pure la "Heimat-
kunstbewegung", che può essere considerata una "applicazione" delle
idee nazionaliste. Allo stesso modo possono essere interpretati la
costruzione di una politica geografica specificamente tedesca, come pure
gli sforzi in direzione d’uno Stato corporativo tedesco o le aspirazioni
degli igienisti della razza o dei biologi del miglioramento della razza, che
già da tempo avevano iniziato la loro attività. Comportamenti del genere
non rientrano tutti nel nucleo centrale della nostra ricerca, in quanto si
tratta dell’applicazione di idee trovate da altri; tuttavia devono trovare
posto in un quadro complessivo della Rivoluzione Conservatrice che
vada oltre i limiti di un semplice sommario.
Tra questi "pragmatici" devono trovare posto soprattutto gli esponenti dei
movimenti tralasciati nella nostra ricerca, nonostante la loro importanza,
e che dovranno essere trascurati anche nel prosieguo di questa analisi.
Ciò in quanto da un punto di vista ideologico essi appaiono come dei
derivati, mentre per quanto concerne la realtà politica sono molto più
importanti di altre correnti di pensiero finora discusse.
Ci riferiamo a quei movimenti culturali che hanno come scopo
l’affermazione e la conservazione del germanesimo anche all’estero, e
soprattutto nell’Europa orientale.
C ol risv eg lio d el n azionalism o nel "vicino Est" si form ano i
"Volksdeutsche". In prima linea vanno ricordate due potenti organiz­
zazioni, il "Verein fur das Deutschtum im Ausland" (Associazione per il
germanesimo all’estero), fondato nel 1908 e che dal 1934 assume la
denominazione di "Volksbund fiir das Deutschtum im Ausland". Questa
organizzazione è la più culturalmente orientata, deriva dal "Deutscher
Schulverein" (Associazione scolastica tedesca) fondata nel 1881 sulla
base del "Deutscher Schulverein fur Oesterreich" del 1880. Bisogna
anche ricordare il "Deutscher Schutzbund", fondato nel 1919, che com­
pare dopo la prima guerra mondiale in forma di associazione con carat­
tere più spiccatamente politico ed adotta come scopo la protezione delle
minoranze tedesche esistenti negli Stati nazionali dell’Europa orientale
82 La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

costituiti in virtù dei trattati di pace. In Austria c’è come corrispondente


l’associazione difensiva "Sudmark", che nel 1925 si fonde col "Deutscher
Schulverein in Wien" e costituisce il "Deutscher Schulverein Sudmark,
Verband Oesterreich des V.D.A.", che si dedica soprattutto alla conser­
vazione della cultura tedesca minacciata dall’italianizzazione del sud.
Q uesto movimento, sostenuto dai nazionalisti, risulta più forte
nell’ambito della monarchia austro-ungarica, a causa della lotta delle
nazionalità più forti che nel cosiddetto "Altreich" (Vecchio Reich).
I teorici di questi movimenti vanno considerati appartenenti alla
Rivoluzione Conservatrice. Ciò risulta già dalla decisa presa di posizione
nei confronti del nazionalsocialismo, comune alla maggior parte di loro.
II nazionalsocialismo, dopo la presa del potere, costringe il VDA ad
allinearsi sulle sue posizioni e ne distrugge in brevissimo tempo l’edificio
faticosamente costruito in decenni di attività: ma questa evoluzione
all’interno dei gruppi "vòlkisch" tedeschi è ben poco conosciuta. Di fronte
alle semplificazioni propagandistiche della prassi politica, che vorreb­
bero dare dei gruppi "vòlkisch" l’immagine di aderenti fra i più fanatici
del nazionalsocialismo, sono state formulate ben poche analisi veramente
obiettive. Uno dei vari paradossi del nazionalsocialismo è il fatto che, pur
essendosi originato dall’ambiente austriaco e tedesco-meridionale, ed
avendo fra i suoi capi molti tedeschi nati all’estero, esso sia rimasto del
tutto prigioniero di un interesse limitato alla Germania ed abbia mostrato
ben poca comprensione per le correnti di pensiero che si interessavano
del germanesimo in altri paesi e che erano quindi avverse alla "soluzione
nazionalista" nello stile del Reich bismarckiano.
Questa divisione tra tedeschi che vivono in Stati tedeschi e tedeschi
abitanti all’estero attraversa tutta la Rivoluzione Conservatrice. Ma non
si tratta di una spaccatura, bensì di una sorta di fruttuosa divisione del
lavoro. Costretti a rivolgere la loro attenzione alla soluzione immediata
di problemi pratici, i teorici attivi fra i tedeschi all’estero si concentrano
principalmente sul consolidamento concettuale del fondamento di tali
soluzioni, e lasciano un’elaborazione più approfondita delle ideologie
fondamentali agli autori residenti in Germania. Quando teorici dei tedes­
chi residenti all’estero si occupano essenzialmente di definire il principio
base, come Max Hildebert Boehm in Dos eigenstàndige Volk, si tratta per
lo più di autori che lavorano all’interno della Germania. Rientrano così
nel nostro saggio, in quanto ci occupiamo soprattutto degli autori rilevan­
ti per la Rivoluzione Conservatrice residenti entro i confini della Ger­
mania. Una volta riuniti gli autori che ci interessano, dobbiamo chiederci
L ’A rgomento 83

come raggrupparli. Ovviamente non in base al colore dei capelli o alla


costituzione fisica, ma in base a ciò che scrivono. Non mancano tentativi
di suddividere gli autori della Rivoluzione Conservatrice in base alle loro
ideologie, i loro "ismi". Si può redigere un intero catalogo di tali "ismi".
Viene alla mente la lista di 187 sostantivi composti contenenti le parole
"socialismo" o "socialista" che Sombart ha tracciato nella sua opera
Deutscher Sozialismus. Col nostro materiale si può fare lo stesso. Da una
serie di pubblicazioni di simpatizzanti e di avversari della Rivoluzione
Conservatrice prese a caso, abbiamo riportato le denominazioni ivi
adoperate che si riferiscono ai diversi orientamenti politici, e siamo
arrivati alla seguente elencazione, senz’altro incompleta, però abbastan­
za significativa:

pantedesco
vecchio conservatorismo
movimento ariano
conservatorismo aristocratico
autoritario
"bùndisch"
socialismo "bùndisch"
rivoluzionario "bùndisch"
Civitas Dei germanica
movimento tedesco
rivolta tedesca
Rinascimento tedesco
rivoluzione tedesca
resistenza tedesca
bolscevismo tedesco
pensiero tedesco
leninismo tedesco
socialismo tedesco
tedesco-germanico
credente tedesco
"vòlkisch" tedesco
terzo fronte
terza comunità
terzo partito
terzo Reich
terza via
84 La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

spirito del fronte


Germania segreta
socialismo dei generali
imperialismo pagano
concretezza eroica
nichilismo eroico
realismo eroico
socialismo eroico
Imperium Germanicum
Imperium Teutonicum
fronte giovanile
destra giovanile
giovane conservatorismo
nazionalismo giovanile
socialismo giovanile
"Landvolk" combattente
opposizione conservatrice
rivoluzione conservatrice
socialismo conservatore
conservatorismo
cristiano-germanico
"Landvolkbewegung"
socialismo militare
nazional-bolscevismo
opposizione nazionale
rivoluzione nazionale
socialismo nazionale
nazionalismo
nazional-comunismo
nazional-nichilismo
nazionalsociale
nazional-rivoluzionario
conservatorismo naturalistico
nuovo fronte
nuovo nazionalismo
nuovo realismo
movimento nordico
pensiero nordico
socialismo organico
L ’A rgomento 85

organicismo
pangermanesimo
panteutonismo
conservatorismo plebeo
nichilismo prussiano
rivoluzione prussiana
socialismo prussiano
reazione
opposizione di destra
restaurazione
conservatorismo rivoluzionario
nazionalismo rivoluzionario
"Landvolk" rivoluzionario
conservatorismo apparente
fronte nero
nazionalismo militare
militarismo sociale
movimento corporativo
socialismo corporativo
totalitario
"Weltanschauung" tragica
realismo tragico
trotzkismo (in senso translato)
movimento "vòlkisch"
nazionalismo "vòlkisch"
socialismo "vòlkisch"
bolscevismo nazionalpopolare
rivoluzionario "vòlkisch"
conservatorismo "vòlkisch"
seconda rivoluzione
secondo protestantesimo

Già questa lista, di per sè incompleta, mostra che non è consigliabile


prendere questi termini come punti di partenza. Pur tralasciando termini
divenuti troppo generici per effetto delle dispute intellettuali, come
"fascismo", "nazismo", "nichilismo", anche il significato degli altri risulta
alquanto nebuloso. In parte si pongono su piani diversi, in parte si
sovrappongono; alcuni derivano dagli stessi movimenti considerati, altri
sono stati coniati dagli avversari. Liunico risultato valido di questo elenco
86 La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

è la constatazione che si trovano dappertutto espressioni composte nelle


quali si uniscono elementi come "destra" e "sinistra", ritenuti incon­
ciliabili. Se non ci si vuol comunque perdere in un gioco di definizioni
senza fine, è meglio cercare di afferrare in diverso modo le linee essen­
ziali. Se il tentativo riesce si possono poi sempre adoperare i termini usati,
come poi faremo, quali: "jungkonservativ", "national-revolutionàr,
"biindisch", "vòlkisch" e "Landvolkbewegung".
Nella produzione letteraria della Rivoluzione Conservatrice i concetti
hanno un preciso profilo quando si presentano come coppie antitetiche.
Ciò vale per i tentativi sopra menzionati di risolvere in una nuova unità
le molte divisioni che lacerano la Germania, del tipo "destra - sinistra",
"nazionalismo - socialismo", "protestantesimo - cattolicesimo", "tedesco
settentrionale - tedesco meridionale", "organico - meccanico", "in­
dividualista - collettivista". Tentativi che si evidenziano chiaramente in
d en om in azion i com e "R ivoluzione Conservatrice", "nazional-
rivoluzionario", "terzo partito".
Quando i concetti non si definiscono nell’antitesi o nel paradosso, ma si
presentano isolati, allora diventano generici. Lo si vede in un libro di
autori vari curato da Fritz Bùchner nel 1932, dal titolo Was ist das Reich ?
(Che cos’è il Reich?), in cui questi quattordici autori, appartenenti in
gran parte alla Rivoluzione Conservatrice, rispondono alla domanda. Si
parla ancora dello stesso argomento quando il sudeta Erwin Reisner
dice: "La corona del Reich tedesco può esser portata solo nel nome di
colui che si spense sulla croce" e quando leggiamo in Hans Grimm,
originario della bassa Sassonia: "Se , disincantato, ci penso nella chiara
luce del mattino, non riesco a trovare alcun senso nel concetto
tradizionale d’uno sposalizio cristiano-germanico. E ’ stato davvero
celebrato"?
Non è un caso che in questo studio si accenni spesso al conflitto fra
concetto ed immagine: è uno dei segni culturali essenziali del nostro
tempo, perciò articolare le ideologie sulla base di queste immagini è
l’unico modo per raggiungere il nocciolo del reale. La Rivoluzione
Conservatrice è un chiaro esempio di come i concetti diventino una sorta
di giocattolo nelle mani delle sue correnti occulte; per questo anche nei
tentativi più validi e più approfonditi di comprendere i fenomeni serven­
dosi solo degli strumenti concettuali tradizionali c’è qualcosa di donchi­
sciottesco. E ’ come se un medievista utilizzasse solo le fonti latine, o più
esattamente come se si volesse studiare Meister Eckhart solo attraverso
L ’A rgomento 87

i suoi scritti latini. Questi tentativi non terrebbero conto del fatto che
l’interlocutore parla ormai un’altra lingua.
L impalcatura che sosteneva i concetti è crollata, e ciò fa sì che questi
vaghino senza direzione. Con le immagini accade qualcosa di diverso:
esse erano solo in parte incluse in quell’impalcatura, e comunque in una
posizione secondaria. Il concetto aveva il predominio assoluto;
l’impalcatura era adattata ai concetti, mentre considerava le immagini
solo a tratti: così il suo crollo non ha coinvolto le immagini, ma le ha rese
libere. Nella rovina ci si rende così conto, sebbene lentamente e gradual­
mente, che esse posseggono una propria organizzazione.
La trasformazione del concetto in immagine si manifesta anche nelle
scienze, che da concettuali si trasformano in "fisiognomiche", evidenzian­
do, come lo studio degli "archetipi" di Jung, una quantità di altre immagini
fondamentali.
Per designare le immagini di livello superiore adoperiamo il vocabolo
"Leitbild" (Modello), perchè, nella sua relativa indeterminatezza rispetto
ad un termine come "Urbild" (Immagine originaria) o ad altri, ci appare
più adatto all’iniziale utilizzazione di siffatte immagini.
Ad un’analisi approfondita appare sempre più evidente l’importanza
rivestita da simili modelli, mentre gli involucri concettuali che spesso li
avvolgono si scoloriscono e le immagini vanno riunendosi in gruppi
sempre più ampi. Dalla nostra indagine risulta che parecchi di tali
modelli si sono resi riconoscibili: uno sembra preposto a tutta la
Rivoluzione Conservatrice, mentre parecchi "Unter-Leitbilder" (Modelli
subordinati) si sottopongono a tale "Ober-Leitbild" (Modello superiore).
La delimitazione di questi modelli ci condurrà all’essenza della
problem atica e rappresenta la m etodologia più idonea ad una
esposizione globale.
Purtroppo, per un tale modo di procedere non esiste ancora un metodo
preciso. Se ci si avvicina alle immagini solo mediante i concetti, queste si
volatilizzano, come in parte è provato dalla scuola junghiana; d’altro
canto una "riplasmazione" di quei modelli cade al di fuori dei compiti
assegnati alla scienza. Resta così soltanto un intreccio di concetti e di
immagini, che lascia insoddisfatto chi cerca risultati tangibili. La nostra
esposizione dei modelli si risolverà in un parafrasare e in un alludere:
fare di più sarebbe compiere una falsificazione.
LE IMMAGINI-GUIDA

LA "UNIDIREZIONALITA’ LOGICA DEL TEMPO"

Vi sono autori che, per le loro avversioni e le loro esasperazioni, sono


sismometri di particolare arguzia e attendibilità. A questa categoria
appartiene Otto Weininger, del quale forse fino ad ora si è teso a
prendere in considerazione più le tesi sull’elemento erotico che il resto
del lavoro. Queste tesi annunciano una sovversione nel campo dell’"eros"
e del sesso che è un segno del nostro interregno. E opera postuma Uber
die letzten Dinge (l) (Intorno alle cose supreme) contiene un capitolo
intitolato "Ùber die Einsinnigkeit der Zeit" (Sulla unidirezionalità logica
del tempo), che merita una certa attenzione. Qui si trovano, incidental­
mente condensati, dei concetti sul cerchio che ricordano, nella loro
ostinatezza, la condanna di Weininger nei riguardi della donna: "General­
mente al cerchio viene conferita una dignità particolarmente alta; il
cerchio è ritenuto la forma più pura, più simmetrica e perfetta. Per
millenni è esistita la convinzione che l’unica forma sublimante per un
oggetto e il solo tipo di movimento rispettabile fosse nel cerchio; questa
idea ha chiaramente impedito, perfino a Copernico, di attribuire al
movimento dei pianeti intorno al sole altra forma se non quella cir­
colare... Il movimento ellittico non partecipa completamente, come quel­
lo circolare, al pathos della legge, alla dignità dello spirito, pur
presentando, come quello, la stessa proprietà che qui diventa oggetto di
discussione da parte della critica. Il movimento circolare è tipicamente
amorale. Esso si autosoddisfa, esclude ogni altra tendenza ripetendo
sempre la stessa traiettoria: inoltre, dal punto di vista morale, è più grave
del retrocedere dei gamberi, i quali almeno lo fanno con un senso e
sempre nella medesima direzione... Girarsi nel cerchio è inutile e folle,
come è di perfida natura chiunque si rigiri sulle punte dei piedi, contento
di sè, felice nella sua vanità.

(1) O. Weininger, Ùber die letzen Dinge, Wien ■ Leipzig 1920. Tr. it.: Delle cose ultime,
Studio Tesi, Pordenone 1985.
90 La Rivolouzione Conservatrice in Germania 1918-1932

La danza è un movimento tipicamente femminile, ed essenzialmente


proprio della prostituzione... Il movimento circolare limita la libertà e la
condiziona a regole ordinate; la ripetizione dell’uguale comporta o il
ridicolo o la sgradevolezza... Per lo stesso motivo, accettare quell’eterno
ritorno dell’uguale è molto più di un soddisfacimento del bisogno di
immortalità, come insegnano le dottrine pitagoriche e indiane (anche i
giorni secolari del buddismo esoterico), o come ha affermato anche
Nietzsche. In effetti esso è cosa straordinaria... La volontà del (proprio)
valore, dell’assoluto è la vera fonte del bisogno di immortalità... Il fatalis­
mo, che è la vera rinuncia dell’uomo a liberare le proprie tendenze, trova
il suo simbolo nel valzer viennese. La musica da ballo favorisce nell’uomo
la rinuncia alla lotta per l’ethos, il suo effetto è una sensazione di deter­
minismo... In verità il movimento circolare è anche ridicolo, come ogni
vuoto empirismo, addirittura folle; in esso è stato soppresso ogni senso.
Inoltre è da considerare che tanto il cerchio quanto l’ellisse, in quanto
figure concluse, non sono certo belle. Un arco circolare o di forma
ellittica può essere esteticamente un piacevole ornamento: non dà l’idea,
come la curva intera, della piena sazietà che non ha più niente da
aggiungere, non suggerisce l’immagine del serpente di Midgard attor­
cigliato intorno al globo terrestre. Nell’arco c’è ancora qualcosa di
incompiuto, di perfezionabile, c’è ancora spazio per agire. Perciò l’anello
è sempre simbolo di qualcosa di immorale o di antimorale: il cerchio
magico incatena, ruba la libertà; la fede nuziale unisce e lega, significa
unione e indissolubilità fra due persone, comporta schiavitù e co­
munione. Lanello del nibelungo è emblema del male radicale... Per i
Greci, nel suo senso più stretto, l’anello non ha alcun nesso con una
problematica temporale... Molte sono le cose che fanno ritenere che
l’unidirezionalità logica del tempo sia un’espressione della moralità del
vivere... anche Cristo del resto l’ha percepita... Mentre la terra sulla quale
viviamo continua a girare ininterrottamente, l’uomo rimane immobile,
incontaminato dalla danza cosmica". Abbiamo volutamente citato questa
insolita testimonianza in maniera dettagliata e sottolineando con carat­
teri in corsivo alcuni termini più significativi. All’unità della totalità quale
necessità si contrappone la libertà del frazionato. I defunti sono la morte,
ma anche coloro che non sono ancora nati sono morte: "La vita non è
invertibile: non vi è ritorno dalla morte verso la nascita". Anche il
movimento a spirale viene rifiutato per la sua immoralità, poiché con­
traddice l’unicità di senso di ciò che non può esser capovolto. Questa
costante direzionale consiste nel fatto "che la presenza reale si trasforma
Le Immagini Guida 91

in passato reale, ma mai in futuro reale: oppure, come si potrebbe anche


dire, si spiega nel fatto che il tempo si sviluppa solo in una forma tale che
il quantum del passato supera sempre il futuro, mai viceversa". Singolar­
mente in questo il germanesimo e l’ellenismo - un motivo di cui abbiamo
già trattato a proposito del "movimento tedesco" - si ritrovano d’accordo
nella loro posizione antitetica nei confronti del mondo cristiano. Non
sorprende l’asserzione "che per le donne il tempo non ha direzione"; così
come non meraviglia che si rivolga lo stesso rancore verso la bestia del
ritorno: "Le spirali del serpente sono decisamente e scandalosamente
immorali; vi è anche una relazione col cerchio... I contorcimenti del
serpente ricordano l’elasticità flessuosa del bugiardo... Il serpente è il
simbolo stesso della menzogna...". Adesso verifichiamo l’importanza del
modo di porre il problema con una testimonianza raccolta in un altro
campo. Un noto portavoce del cristianesimo, Romano Guardini, ha
pubblicato, poco dopo la seconda guerra mondiale, uno scritto: "Der
Heilbringer" (Il guaritore) (2). In esso l’autore si riporta talvolta a un saggio
del 1935 e vuole riferire di un avvenimento che "getta una luce acuta sulla
situazione spirituale-religiosa dell’era postmoderna, che coinvolge anche
e soprattutto l’uomo". Apparentemente questo testo sembra essere scrit­
to essenzialm ente contro l’accettazione del mito del salvatore
nell’ideologia nazionalsocialista, ma la sagacia dello scrittore non può
astenersi dal ravvisare la stessa tensione anche in altri fenomeni. Guar­
dini parte dal presupposto che tutte le maggiori religioni anteriori al
cristianesimo hanno come contenuto il ciclo: il ciclo dei giorni e delle
stagioni, quello della nascita e della morte, della luce e dell’oscurità.
Quindi la nostra vita si svolge secondo dei ritmi. Essa ha inizio con la
nascita e si esaurisce con la morte, ma alla morte fa seguito una rinascita.
Questo grande ritmo si ripete all’interno di una singola vita in forme
differenziate. La mattina l’uomo si desta e la sera si addormenta per
risvegliarsi la mattina seguente. In primavera la vitalità si accresce, in
autunno si affievolisce e nella primavera successiva ricomincia. Un sen­
timento sboccia, cresce, arriva al suo culmine, si acquieta e ne comincia
un altro. Un’opera ha inizio, si sviluppa, si completa, si esaurisce e, dopo
una pausa, ne comincia un’altra. Le fasi di esaltazione si alternano
sempre con quelle di abbandono; dappertutto si ha un’altalena di
disponibilità e di chiusura, di arresto e di nuovi avvìi.
Queste fasi non rimangono fini a se stesse, ma si intersecano di un tutto
che è la vita.
(2) In Mythos, Offenbarung und Geschichte, Ziirich 1946, p. 48.
92 La Rivolouzione Conservatrice in Germania 1918-1932

Il suo procedere si realizza nei ritmi di ascesa e discesa, nella profondità


della estinzione e nei vertici della forza più alta. Tale vita si realizza
nell’individuo. Nascita e morte appaiono di volta in volta un dato as­
soluto, ma, in verità, esse sono soltanto relative. Ciò che viene creato e
ciò che muore, la forma individuale che s’impone o che viene schiacciata,
non è il singolo, ma la vita nella sua essenza. Nascita e morte, affer­
mazione e sconfitta, sono fasi di quell’entità essenziale; la realtà, il vero
senso della vita, è solo il movimento, il passaggio tra uno stato e l’altro di
queste fasi. Quello che veramente esiste è la vita della specie; l’individuo
è solo un’onda. Questo dato di fatto viene chiaramente sperimentato
nell’esperienza dionisiaca, quando la possibilità della morte si infiltra
proprio nell’attimo del punto culminante della vita".
Questo ritmo, continua Guardini, porta agli uomini grazia e sciagura. "La
salvezza non allontana solo i tormenti e le distruzioni dell’essere naturale,
ma mette al riparo anche da un qualcosa di misterioso e di divino; una
minaccia di un abisso che precipita l’uomo nel buio, nell’inverno, in
prossimità della morte... Al ritorno del sole e della primavera però la
natura è ricca di doni e di salute e con la nascita del Bambino... arriva la
salvezza da parte di Dio...". Suoi mezzi sono i "guaritori": Osiris, Mitra,
Dioniso, Baldur, e i loro miti sono "forme espressive di questo stesso
ritmo che scorre nella realizzazione dell’essere; lo svolgersi degli av­
venimenti si manifesta sempre e nuovamente attraverso la nascita e la
morte, il fiorire e l’appassire, il pericolo e la salvezza, privazione e
ricchezza e svariate altre casualità, tutti elementi che indicano pienezza
di vita. Essi sono elementi liberatori, ma sempre all’interno di quel ritmo
cosmico e persino in tal modo essi lo determinano. In ultima analisi si
tratta di forme esorcizzanti. A tale ineluttabilità è dovuto il sentimento
comune a tutte queste situazioni: la malinconia".
Per Guardini quindi Cristo è il responsabile e il motore stesso di questo
circuito, ma non nel senso, troppo scontato, di colui che infonde dal di
fuori puro spirito vitale: questo tipico equivoco dell’impostazione ciclica
non incanta Guardini. La sua critica è decisamente molto più sottile di
quella di Weininger. "Dal momento che non si ritiene che Cristo redima
da impulso a spirito, ne consegue che l’uomo passerebbe da Dioniso ad
Apollo. Ma anche i Greci sapevano che Dioniso e Apollo sono fratelli,
per cui in ultima analisi essi non possono più essere differenziati. E lo
spirito che Apollo o Atena incarnano, da un punto di vista cristiano,
mantiene lo stesso potere e lo stesso fascino della natura fisica nella quale
Le Immagini Guida 93

dominano Dioniso e Demetra. Questo spirito e questa natura sono due


aspetti della stessa realtà globale...”
Come Weininger, anche Guardini si occupa della libertà del singolo per
liberarlo dalla necessità del ciclo. Per Guardini Cristo è al tempo stesso
piena realizzazione e superamento del mito del salvatore. "Defletto di
redenzione di Cristo si esercita in maniera decisamente diversa da quella
di Dioniso e Baldur... Chi è dunque Cristo? Colui che riscatta proprio da
ciò che si esprime nei salvatori. Egli libera l’uomo dall’inevitabilità del
passaggio dalla vita alla morte, dalla luce all’oscurità, dall’ascesa al
precipizio. Egli apporta alla monotonia sconcertante della natura, ap­
parentemente satura di tutto il senso dell’esistenza, tutta la dignità
personale.... Nell’ambito dei miti dei redentori, la persona non può
dunque trovare spazio...".
In che modo Cristo controlla o influenza il corso eterno? Guardini così
risponde: "Innanzitutto grazie al fatto che Egli viene dall’alto". "Dall’alto",
come ci dice la parola di Giovanni (8,23): "Voi siete di questo mondo, io
non sono di questa terra, io vengo dall’alto". Cristo, secondo Guardini,
non interferisce nello svolgimento del ciclo vitale con continui ritorni
come accade con i guaritori; questo è un succedersi di "libere azioni", di
"ore irripetibili"; "i redentori vengono dalle viscere della terra e della
natura; Cristo dalla Trinità di Dio che in nessun caso può essere coinvolta
nella legge dell’alternarsi tra vita e morte, luce e ombra... Cristo nasce
dall’indipendente ed autonoma libertà di Dio. Già questo rende il mondo
libero da regole... Cristo manifesta chi è veramente Dio: non infinita
corrente luminosa, non motore agente, non fondamento del mondo, non
mistero della vita, non l’idea più alta, ma colui che è al tempo stesso
creatore e signore della terra".
Questa "unicità dell’ora" è il punto archimedico sul quale lavora il Cris­
tianesimo per scardinare l’immagine del mondo avversaria, ma è anche
il punto su cui fa leva ogni attacco contro la concezione cristiana.
94 L a R ivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

LINEA E SFERA

Fin qui abbiamo seguito fedelmente Weininger e Guardini; ora vale la


pena di ampliare il discorso.
Con l’affermazione di un’ora irripetibile, il cristianesimo ha interrotto il
ciclo. La Crocifissione di Cristo si è verificata in un momento ben preciso
del corso del tempo, nè si sarebbe potuta verificare in un qualsiasi altro
luogo o punto del ciclo vitale. Ciò che è stato non può tornare: ciò che
accade dopo è sempre qualcosa di diverso da tutto quanto è successo in
precedenza. Ma il cristianesimo pone anche un secondo punto che
coinciderà con la fine di tutti i tempi, l’estremo giudizio. Tùtto quanto
accade, per i cristiani accade lungo una "linea" che si tende tra questi due
punti - una linea che non è ripercorribile, una linea che il convertito
Weininger definisce "unidirezionale".
Da qui tutto ciò che accade si trasforma in storia e la storia in questo caso
ha il suo primo significato di una situazione che si è verificata una volta,
e non potrà mai più ripetersi. Il mondo si svolge in un’interminabile
catena di punti dove passato e futuro si intrecciano col presente. Io non
vivo qui ed ora, poiché ciò che vivo viene determinato dall’accaduto dal
quale deriva e dal futuro cui tende.
A questo punto si inserisce la critica degli oppositori, pronta ad obiettare
che in questo modo il mondo si svuoterebbe. Tùtto sarebbe coinvolto in
un movimento così precipitoso che non si riuscirebbe più ad afferrare
alcunché: tutto precipiterebbe avanti e indietro senza tregua. Eidea di un
progresso inarrestabile, a un certo punto, priverebbe di valore quello che
è di volta in volta il presente, a favore di un futuro migliore. In questo
modo non ci sarebbe alcuna differenza tra un procedere sulla strada
cristiana del regno di Dio o verso una società senza classi o in direzione
di una qualunque altra meta finale. Anche il puro retrocedere su quella
linea, com e per lo storicism o, si ridurrebbe, nella sua stessa
"unidirezionalità", ad un semplice segno. In questa sede non ci preme
indagare o stabilire se il cristianesimo sia l’unica religione la cui con­
cezione si oppone a quella del ritorno; ci basti ricordare che Guardini
menziona il buddismo come una evidente eccezione tra le altre grandi
religioni. Per il mondo occidentale comunque il cristianesimo è stato
determinante e condizionante di tutto il suo destino. Con la sua forma
secolarizzata e le scienze progressiste di ogni genere, esso ha creato il
Le Immagini Guida 95

"mondo moderno" contro il quale si rivolge l’insurrezione rivoluzionario­


conservatrice.
Di quando in quando ci si chiede per quale motivo i Greci abbiano
lasciato inutilizzate alcune scoperte tecniche: il fatto è che, sostiene il
Guardini, la moderna civiltà tecnica non sarebbe stata possibile senza i
presupposti del cristianesimo: "^immagine dell’uomo europeo è profon­
damente cristiana. Essa si è formata attraverso la salvazione operata da
Cristo. Egli ha liberato l’uomo dalla necessità della natura e gli ha dato
una indipendenza dalla natura e da se stesso che da solo, attraverso uno
sviluppo naturale, mai avrebbe potuto raggiungere, perchè la natura si
richiama a quella legge in base alla quale lo stesso Dio è presente nel
mondo". La stessa indipendenza rende possibile comunque anche uno
sguardo a questo mondo, una vicinanza ad esso e un predominio su di
esso che in nessun altro modo sarebbe stato possibile ottenere. Niente è
più falso della convinzione che il predominio moderno che l’uomo ha
raggiunto sul mondo, grazie alla conoscenza ed alla tecnica, si sia dovuto
guadagnare in contrapposizione al cristianesimo, che avrebbe voluto
invece mantenere l’uomo in stato di soggezione. E’ invece vero il con­
trario: l’ardita impresa della scalata alla moderna conoscenza della
scienza e della tecnica con l’impegno più serio e proficuo dell’uomo " è
stata possibile solo sulla base di quella personale indipendenza che Cristo
ha dato all’uomo."
In conclusione, Guardini sottolinea anche in modo inequivocabile la
connessione tra cristianesimo e storicità: "L’intensità della consapevolez­
za storica occidentale ha la stessa radice. Ben si conoscono l’antica
capacità di commerciare e di fondare nuovi paesi nonché il coraggio e le
forze creative delle razze germaniche, eppure l’impronta definitiva del
mondo moderno è dovuta ai cristiani. Lo schema stesso dell’essenza
storica non è il ritorno delle stesse cose, il ciclo del divenire, accadere e
riaccadere, ma ciò che il cristianesimo insegna è l’unicità di ogni persona,
è decisione ed azione...".
Guardini ammonisce inoltre che la paternità cristiana nella civiltà tecnica
dell’uomo non include certo tutti i suoi aspetti, come quello della
costruzione di macchine per l’annientamento dell’umanità, come invece
sostengono molti scrittori, anche cristiani. Egli infatti sa bene che il
cristianesimo ha creato la cosiddetta "interiorità", che si contrappone ad
ogni esteriorità e ad ogni altra "disgregazione", ed è affratellata a questa
interiorità nell’individuale e nel generale, nello spirito e nella materia,
nel mondo terreno e in quello ultraterreno. La profondità e l’acume
96 La Rivolouzione Conservatrice in Germania 1918-1932

dell’animo occidentale hanno struttura cristiana. Nessuno parlerà se non


con ammirazione del vivere antico, nonostante il fatto che le sue più
ingegnose creazioni e i suoi più sconvolgenti movimenti spirituali tradis­
cano una certa freddezza ed un certo distacco. Duomo dell’epoca cris­
tiana ha, rispetto all’antico, una dimensione in più di spirito e di anima:
una capacità di sentimenti, una creatività del cuore e una forza di
partecipazione che non nascono da un ingegno naturale, ma dal rapporto
con Cristo. Da questo deriva anche qualcosa di diverso: la massima
libertà nel bene e nel male. Il cristianesimo ha innalzato l’uomo a un livello
di capacità comportamentale tale che, se decide di essere buono, lo sarà
senz’altro più e meglio del pagano, ma qualora volesse essere cattivo, lo
sarebbe sicuramente più di quest’ultimo. Il pensiero di Kierkegaard,
secondo il quale la genialità antica avrebbe sempre qualcosa di ingenuo,
mentre solo il cristianesimo avrebbe portato la piena emancipazione
personale, è senz’altro giusto. Il bene del cristiano è un bene consapevole
ed ha un ben diverso effetto da quello dell’uomo qualunque. Lo stesso
ovviamente vale per il male. Si potrebbe dire che esso nel cristianesimo
esprima tutta la sua spaventosità, per definire un carattere della storia
contemporanea che altrimenti sarebbe inspiegabile". Ora comprendiamo
perchè Hugo Fischer, in una ricerca sulla guerra, abbia potuto scrivere:
"... la (cosiddetta) interiorità è stata del tutto sconvolta, e l’esteriorità
diventa totale; non c’è più differenza fra il dentro ed il fuori... E anche
ciò che veniva indicato con concetti quali "più nessuno e nessuna fine" o
"è sempre stato così ", ora diventa più comprensibile. E’ il cerchio che
non ha inizio o fine".
Si potrebbe obiettare che anche il cerchio è formato da una linea a sua
volta costituita da una serie di punti. A ciò un sostenitore della teoria
ciclica può contrapporre non solo che questa linea non sarebbe una retta
tendente a un fine, ma anche che ognuno di questi punti è equivalente:
esso porta in sè il proprio valore e non è una mera stazione sulla via verso
una meta finale. Inoltre a questo riguardo va aggiunto che i duemila anni
di cristianesimo che abbiamo alle spalle hanno contribuito a formare
anche la nostra lingua. Tùtte le parole sono influenzate dal senso della
concezione lineare del mondo - anche se all’origine le parole possono
aver significato qualcosa di diverso. Il nostro linguaggio attuale è lineare;
ogni lingua lineare è però una lingua logica; in altri termini, agisce, per
così dire, solo in "una dimensione" e si blocca dinanzi al confluire di più
dimensioni. Solo nella lingua poetica si mantengono ancora residui di
altre possibilità. Quindi noi possiamo parlare dell’immagine ciclica del
Le Immagini Guida 97

mondo solo mediante descrizioni "lineari" o in forma poetica. Ci pare che


il conflitto fra concetto ed immagine, di cui abbiamo parlato in preceden­
za, abbia qui la sua origine.
La sfera è sicuramente in contrapposizione più netta con la linea retta
"unidirezionale" che non il cerchio. Essa per chi pensa per cicli significa
che tutto è inserito in ogni momento; che passato, presente e futuro
coincidono. Nel suo segno, il mondo vuoto torna a riempirsi e l’essere
evanescente si inserisce nell’attimo riempito. O, come Nietzsche fa dire
a Zaratustra (3): '"Ritto va e tutto viene, la ruota dell’essere gira in eterno.
Ritto muore e tutto rifiorisce; eterno scorre l’anno dell’essere. Ritto si
rompe e tutto viene costituito nuovamente, la stessa causa dell’essere si
riedifica in eterno. Ritto si separa, tutto si riunisce e si saluta; in eterno
rimane fedele a se stesso l’anello dell’"essere". In ogni istante ha principio
l’essere; intorno ad ogni "qui", la sfera ruota in ogni "là". Il centro è
dappertutto. Curvo è il sentiero dell’eternità".

(3) F. W. Nietzsche, Werke, Leipzig 1905, Tomo VII, p. 317.


98 La Rivolouzione Conservatrice in Germania 1918-1932

NIETZSCHE E E INTERREGNO

"Conosco la mia sorte. Un giorno il mio nome sarà collegato al ricordo


di qualcosa di mostruoso, a una crisi come ce ne furono poche sulla terra,
alla più profonda collisione del sapere, a una decisione diretta contro
tutto quanto si è creduto, sostenuto e consacrato. Io non sono uomo, io
sono dinamite". Così scrive Nietzsche nel saggio "Warum ich ein Schicksal
bin" (Perchè sono un destino) di Ecce homo, lo scritto di poco precedente
la sua rovinosa follia, dove si legge ancora: "Ho una terribile paura che si
possa in futuro parlare di me come di un santo: sarebbe un grosso errore;
è per evitare questo scandalo assurdo che scrivo questo libro...".
Qui si impongono due interrogativi; il primo: siamo giunti a una svolta
del tempo? Il secondo: Nietzsche è davvero il destino di questa svolta?
La premessa di questa nostra ricerca ci ha portato in effetti ad accettare
l’idea che ci troviamo in un interregno nel quale si sta sgretolando un
vecchio ordinamento ma non se ne è ancora ben chiaramente delineato
uno nuovo. Questa disgregazione l’abbiamo descritta come un completo
sgretolamento della posizione determinante del cristianesimo, vale a dire
del potere creatosi in mutua connessione fra l’eredità del mondo antico
e l’impulso delle popolazioni che poi sono venute a determinare la storia
di una cultura occidentale millenaria. Lo stesso Romano Guardini, rap­
presentante della sino ad allora granitica immagine di questo mondo
occidentale e della chiesa cattolica, accenna a questa svolta, usando il
termine "Nach Neuzeit" (Epoca postmoderna). Il Guardini merita una
certa attenzione quando tratta dei profeti precristiani presentandoli
come, in qualche modo, precursori di Cristo. "Sono solo dei modi in cui
il mondo blandisce gli uomini? Si, è possibile; ma al tempo stesso si tratta
di una storia di presentimento dell’arrivo del vero Redentore. Anzi, la
loro somiglianza con questi è talora così evidente da indurre a una
comparazione. Essi non sono solo delle chimere destinate al tramonto;
se il credente vede in essi la premessa dell’Avvento, presagisce in essi la
vera redenzione. Le liberazioni secolari della vita dal legame della morte
poggiano sulla liberazione dell’essere dalla decadenza... Quando dunque
Cristo arriva nella vera Epifania, il riferimento diventa realtà. Allora
viene detto all’uomo: ciò che tu hai scorto prima si è verificato, lo hai visto
realizzarsi al di là di ogni possibilità. Così tanto che il tuo bramare stesso
si è trasformato in evidenza dal momento che si è realizzato. Se invece la
Le Immagini Guida 99

volontà dell’Avvento si affievolisce o se addirittura gli uomini rinnegano


il Redentore anche dopo la sua venuta, e si richiudono in quelle
risoluzioni liberatorie temporali, per quegli uomini allora i profeti saran­
no la negazione di Cristo. Allora essi si incontreranno in un nuovo,
singolare avvento: la preparazione della proclamazione dell’anticristo.
Fintanto che questo non accade, fino a che la fiducia in Cristo e nel suo
Avvento persiste, i profeti sono immagini immanenti al mondo della
missione superiore del Cristo e rendono possibile alla Chiesa di edificarsi
come segno di Cristo". Il tono ammonitore di questo passo lascia in­
tendere che Guardini intravede nella nostra epoca un sintomo di dis­
gregazione dell’immagine lineare del mondo. Ne emerge anche il dato di
fatto che il suo libro non è rivolto esclusivamente contro i sostenitori del
nazionalsocialismo. Senza mezzi termini, Guardini definisce Nietzsche il
"profeta" di questa rottura del sistema; ricordiamo che Nietzsche ha
scongiurato l’anticristo, che è in qualche modo presente, nascosto dietro
la sua opera, nelle pieghe di un discorso che è anche una sorta di
maschera. Quanto sia importante la figura di Nietzsche in tutta la
Rivoluzione Conservatrice, e non solo in Germania, abbiamo già avuto
modo di vederlo. Quasi ovunque, negli scritti dei suoi sostenitori, avver­
tiamo che il nome Nietzsche rappresenta un punto di svolta; sia che con
lui finisca qualcosa, sia che con lui si dia inizio a qualcosa di nuovo o che
egli sia riuscito a definire quali sono i punti chiave: dove c’è qualcosa di
vecchio destinato a morire e dove deve nascere ancora qualcosa di nuovo.
Questa immagine di Nietzsche, come spirito della storia, si trova, oltre
che nella Rivoluzione Conservatrice, anche altrove. Fra le innumerevoli
testimonianze al riguardo citiamo il libro di Karl Lowith, Von Hegel bis
Nietzsche (Da Hegel a Nietzsche) (4), del 1941, sicuramente la rappresen­
tazione più chiarificante dell’interregno. Come già indica il titolo, Lowith
descrive lo sconvolgimento del pensiero come una contrapposizione tra
H egel, l’ultimo maggiore rappresentante del pensiero lineare, e
Nietzsche: "Hegel e Nietzsche sono i due apici tra i quali si muove la vera
storia del pensiero tedesco nel XIX secolo". La Germania però è il campo
sul quale avvengono gli sconvolgimenti spirituali, a partire dall’epoca di
Goethe. Del resto Marx e Kierkegaard, con Dostojewskij, sono i soli
candidati seri alla stessa posizione di primo piano.
La storia dell’interpretazione nietzscheana è uno dei capitoli più istruttivi
della filosofia moderna.
(4) K. Lowith, Von Hegel bis Nietzsche, Ziirich 1941, p. 7, 8 p. 259, tr. it.: Da Hegel a
Nietzsche, Einaudi, T onn o 1967.
100 La Rivolouzione Conservatrice in Germania 1918-1932

A chiusura della autointerpretazione di Nietzsche, in Ecce homo, si legge:


"sono stato compreso? Dioniso contro il Crocifisso..." La citazione di
Dioniso, profeta del mondo terreno, e di Cristo, signore del mondo
ultraterreno, fa capire quello che Nietzsche significa nel nostro contesto.
Qui si inserisce la interpretazione nietzscheana dei sostenitori di una
visione ciclica della storia e si capisce perchè Lowith gli abbia riservato
un posto a sè stante. Egli infatti scrive: "Il vero pensiero di Nietzsche è
un sistema di pensieri il cui inizio coincide con la morte di Dio, la cui
parte centrale si identifica col nichilismo da esso derivante, e nella cui
conclusione si giunge al superamento stesso del nichilismo attraverso
Peterno ritorno". I sostenitori della ciclicità richiamano l’attenzione sul
fatto che lo stesso Nietzsche ha indicato questi tre periodi come il fulcro
della sua dottrina e che questo è il motivo speculativo dominante nelle
sue opere più importanti. Quanto sia complessa la posizione di Nietzsche,
nella fase intermedia, attorno alla questione del tempo, si desume dal
fatto che nove decimi dei suoi interpreti, a volte volutamente, altre volte
inconsapevolmente, hanno cercato di evitare o di sfiorare semplicemente
questo difficile e pericoloso scoglio. Nietzsche viene spesso interpretato
o descritto come un grande psicologo, un grande critico del tempo o a
volte, per sottolineare la sua grossa carica speculativa, come una mente
portata, per necessità, all’esasperazione; in effetti egli potrebbe essere
etichettato come "poeta" se questo non minimizzasse le sue rivelazioni;
potrebbe essere considerato un "profeta" se l’immagine della sua malattia
riuscisse a non intaccare tale credito; egli suggeriva analogie e spunti
tanto a una mente come Bismarck quanto a quella di un Hitler, per cui il
suo profilo si perderebbe nella nebbia dell’odio politico. Ora, tuttavia, è
assolutamente opportuno rianalizzare, finalmente, con la massima atten­
zione Nietzsche nel suo effettivi contenuto, perchè è proprio da esso che
potremo prendere coscienza di eventuali svolte nelle tendenze
dell’epoca.
Le numerose interpretazioni più o meno false o approssimative
dell’opera di Nietzsche non gli hanno certamente giovato, nè agevolano
il compito degli studiosi a lui interessati, anche se è chiaramente intuibile
come, avendo egli precorso i suoi tempi, non potesse essere cosa facile
per i suoi commentatori recepirne il messaggio. Nietzsche porta, ad un
certo punto, un attacco decisivo al mondo "lineare", colpevole di non
essere ancora giunto alle sue estreme conseguenze e di non essere stato
in grado di dargli chiare ed esaurienti risposte ma solo commenti a livello
sporadico e insufficiente. Questa drastica posizione la denuncia chiara­
Le Immagini Guida 101

mente con la sua tipica forma espressiva; è una dichiarazione essenzial­


mente aggressiva e critica, ma solo in parte chiaramente espressa. In
questo contesto va intesa, nel suo significato negativo, la espressione
spesso citata sulla "bestia bionda". Ciò che Nietzsche vuole veramente, lo
esprime per lo più nella lingua "lineare" dell’avversario. Rare sono le
proposizioni quali: "In ogni momento comincia l’essere" oppure "Il centro
è dappertutto". Più frequentemente ci scontriamo con il suo tentativo di
rappresentare il ritorno con la lingua del XIX secolo, soprattutto con
quella della fisica meccanicistica. Spesso la sua definizione di "super­
uomo" quale vettore del nuovo mondo viene accostata al concetto dar­
winiano, nonostante le due dottrine siano assolutamente diverse.
Come inserire, dunque, Nietzsche nel momento di svolta di un’epoca, e
come stabilire la sua effettiva responsabilità in questa svolta? Lopera
viene scritta in un secondo dopoguerra, in un momento in cui le idee di
Illuminismo e di Rivoluzione Francese, riaccesesi alla fine della guerra,
vengono messe frettolosamente da parte, perchèsono diventate troppo
insicure e dubbie: un momento in cui tutto il movimento spirituale
incontra necessariamente la problematica nietzscheana. Adesso non ci
interessa stabilire se la sua influenza sia stata positiva o negativa, nè in
che forma sia stata condivisa o abiurata la sua filosofia. Il prudente
Lowith sembra ritenere, quando ne parla, che l’impulso di Nietzsche
cominci solo adesso a far sentire i suoi effetti, o meglio che sia analizzato
e opportunamente sezionato solo ora: "Per la prima volta, forse, il XX
secolo ha fatto luce e chiarezza sui reali avvenimenti del XIX". E’
probabile che questa maggiore chiarezza sia stata resa possibile dalla
maggiore distanza temporale che ci divide dagli avvenimenti stessi.
Per quanto riguarda la Rivoluzione Conservatrice, si può dire comunque
che l’affermazione di una svolta impersonificata da Nietzsche si trasfor­
ma in un effettivo momento iniziale del suo pensiero. Poiché in questo
movimento la forma di Nietzsche diventa percettibile fin nelle variazioni
dello stile, possiamo considerarlo come il modello su cui essa si fonda.
Anche il concetto di epoca di cambiamento risuona ovunque. Così
incontriamo in Ernst Junger la frase (5): "Ci troviamo alla svolta della
seconda epoca, significativa come quella verificatasi nel passaggio tra
l’età della pietra e quella dei metalli". Altri interpretano questa rap­
presentazione come l’immagine di riscatto di un elemento rispetto ad un
altro. Kurt van Emsen, ad esempio, vede questo cambiamento in connes­
sione con trasformazioni cosmiche: siamo di fronte al passaggio dalla
(5) In W. D. Miiller, Ernst Junger, Berlin 1934, p. 7.
102 La R ivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

epoca dei pesci all’epoca dell’acquario. In quest’ottica egli considera il


nazionalsocialismo, sul cui temporaneo predominio scrive già nel 1932
un testo, A d o lf Hitler und die Kommenden (Hitler ed i suoi successori),
solo come un primo sfogo che annunzia la trasformazione; gli capita
anche a pennello la relazione con i pesci, simbolo di Cristo.
Le Immagini Guida 103

IL NICHILISMO

"Dio è morto": questo è per Nietzsche "il più grande avvenimento" (XIII
p. 508) "Gli uomini non ci pensano più", osserva.
Il concetto di morte di Dio passa attraverso tutta la sua opera e deve
essere posto come punto di partenza di ogni commento su Nietzsche.
Tuttavia non si può far finta di non udire il richiamo a Dio che è celato
dietro questi canti di sepoltura e distruzione. L immagine è estrema-
mente evidente quando Zaratustra si scaglia, bastonandolo, contro il
vecchio mago, che invoca: "Oh, torna indietro, mio Dio sconosciuto! Mio
tormento! Mia estrema felicità!" (VII p. 370). Nietzsche vede l’uomo del
suo tempo esposto alla minaccia del pericolo nichilista della decadenza
della cultura occidentale; da questo punto di vista si rivela la sua dop­
piezza che, mentre lo spinge ad un violentissimo attacco contro il cris­
tianesimo e contro ogni forma di religione, perchè irretiscono l’uomo,
dall’altra mostra invece la derivazione religiosa di molti concetti da lui
sviluppati.
Questa sorta di ambiguità non consente di identificare nettamente un
processo oggettivo. Vano è ogni tentativo di staccarsi dal Dio cristiano,
se poi ci si limita ad operare un cambio dall’aion cristiano ad un altro
aion, entità al tempo stesso nuova ed "anteriore". Questa è la concezione
valida da due millenni di una divinità che si trova al di là del mondo ma
che ad un certo punto viene dissolta dagli avvenimenti ed al cui posto
subentra l’immagine, del resto già esistente prima del Cristianesimo, di
una dignità che non è più "oltre" il mondo. Nei frammenti postumi di
Nietzsche c’imbattiamo poi nella frase: "Chi non crede ad un processo
circolare del Tutto, "deve" credere in un Dio arbitrario..." (XIII p.469).
Per Nietzsche è morto il dio cristiano ma non il dio del ritorno, che ha
nome Dioniso. Quindi Nietzsche si trova su un valico e osserva da
lontano, ma il distacco-trapasso annichilisce; il dolore del passaggio
scuote tutta l’opera nietzscheana; egli intravede per primo e con acuta
partecipazione il campo di rovine che va sempre più espandendosi. Ttitto
quanto ci era stato tramandato, il passato, si distrugge ancora prima che
"qualcosa di nuovo" possa sostituirlo. Interviene a questo punto il fon­
damento dionisiaco del mondo, concepito come "volontà di potenza" (IX
p.3); Dioniso, il "genio del cuore", il dio dell’eterno creare e distruggere,
il sovrano della danza, viene a sostituire il nichilismo. La volontà di
104 La R ivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

potenza rimarrà l’invocazione più lancinante dell’interregno: "Quello che


10 racconto, è la storia dei prossimi due secoli. Descrivo ciò che accade,
niente di diverso da quello che verrà; il destino del nichilismo. Questa
storia può già essere narrata perchè il futuro si manifesta già in mille modi
e tutte le orecchie sono già sintonizzate su questa musica di trasfor­
mazione. Tutta la nostra cultura si muove da tempo con una tensione che
cresce di decennio in decennio; simile ad una corrente che vuole rag­
giungere la fine, che non riflette più, che ha paura di pensare". Così il
termine nichilismo decade. Nel lessico delle scaramucce politiche oggi
appartiene a quelle parole che vengono usate a vanvera, al di là del loro
vero significato, perchè sono state mutilate e alterate fino a diventare
irriconoscibili. Nichilismo è diventato uno di quegli slogans o di quelle
parole ad effetto che vengono adoperate per marchiare d’infamia qual­
che oppositore scomodo. Secondo i primi rudimenti della teologia cris­
tiana, a quanto pare, viene adoperata nel lessico filosofico per la prima
volta nel 1799 da F. H. Jacobi come espressione estremamente negativa.
Nel lessico politico, nichilista è il nome attribuito agli anarchici social­
rivoluzionari del XIX secolo in Russia; Basarow, l’eroe del romanzo di
Turgcnjew, Padri e figli, ce lo fa conoscere in questo significato, ma per il
momento vuole indicare solo la negazione di una certa forma di Stato o
di società. Solo con Nietzsche la parola viene ad indicare la definizione
della distruzione assoluta. Con Hermann Rauschning, nel libro La
rivoluzione del nichilismo (6), il termine viene esteso al campo politico,
dove sta a significare molto più dal nazionalsocialismo contro cui egli
combatte. Hermann L. Goldschmidt ne ha dato la seguente definizione
(7): "Per nichilismo si intende: credere e riconoscere che non si celi nulla
dietro ogni credo, ogni fede e ogni valore, e ricondurre tutti i credo, le
fedi e i valori a questo niente". Questo concetto ci sembra possa valere
soprattutto per la filosofia, che non abbraccia il nichilismo in tutta la sua
ampiezza, grazie alla quale invece esso può diventare, in virtù della sua
malleabilità, senza alcuno sforzo di volontà, una manifestazione religiosa.
Nell’accezione comune, nichilista è un malvagio che si introduce in una
casa perbene al solo scopo di darla alle fiamme.
11nichilista, invece, si sente come l’unica persona onesta che ha il compito
di ammonire ed avvertire gli altri del pericolo che corrono, dal momen­
to che non abitano in una casa stabile ed intatta ma, al contrario, in un
(6) H. Rauschning, D ie Revolution des Nihilismus, Ziirich 1938.
(7) H. L. Goldschmidt, Der Nihilismus im Licht einer kritischen Philosophie, Thayn-
gen/Schaffauen 1941.
Le Immagini Guida 105

rudere semidiroccato e pericolante, un rudere che deve essere abbattuto


del tutto, per fare posto ad un nuovo edificio. Ma, soprattutto, il nichilista
si sente il solo credente in un mondo di miscredenti, perchè quella che
gli altri spacciano per fede a lui appare una vuota abitudine o, peggio,
una pura ipocrisia, dietro la quale si nasconde la paura di affrontare una
dura realtà.
Il nichilista si sente dunque l’unico credente perchè osa valutare la
distruzione in tutta la sua entità; perchè sa che niente le può sfuggire:
tutto deve passare attraverso lo sfacelo; ma soprattutto perchè presagisce
o già conosce terra fertile al di là del deserto. Tùttavia anch’egli ha il suo
limite, perchè ogni forma di vita, perfino il suicidio, presuppone un
valore, quindi un nichilismo puro non sarebbe realizzabile: siamo di
fronte quindi ad un vero rompicapo o a un’alienazione mentale. Diventa
allora comprensibile e necessaria l’esigenza di un superamento del
nichilismo, nel momento stesso della sua realizzazione. Questo processo
è già in atto nella premessa alla Volontà di potenza, quando Nietzsche
parla di un "movimento contrario" (IX p.4): "...un movimento che prima
o poi in futuro verrà a minare l’integrità del nichilismo stesso,... che solo
da esso può derivare e ad esso può tendere... abbiamo bisogno ovunque
di nuovi valori".
Chi non si rende conto di questo radicalismo etico non potrà com­
prendere il nichilismo: di sicuro potrà confidare invece in altre forze
motrici, magari nella stessa esultanza per la sua distruzione, e, se si tratta
di vero nichilismo e non di criminalità, proprio quella forza motrice etica
costituirà il momento decisionale. Inoltre non si può parlare semplice-
mente di una, ma di molte forme di nichilismo. Dato che non si distrugge
mai "tutto", è importante chiedersi non solo "che cosa" distruggere, ma
anche "come”.
Rispetto alla seconda questione si evidenzia addirittura una specie di
differenziazione nazionale, anche se in concreto non si manifestano vere
e proprie scissioni. Nel nostro ambito si evidenziano tre correnti basilari:
una che trova la sua più chiara espressione nell’Europa occidentale,
principalmente in Francia, una seconda che istintivamente associamo alla
Russia e una terza che si rifà a Nietzsche, ma ha sostenitori sparsi in tutta
la Germania. Il nichilismo dell’Europa occidentale è espressione di un
disgusto, di una sazietà tipica di una cultura divenuta troppo raffinata,
nella quale tutto è già stato vissuto, pensato, sofferto. I filosofi francesi
della nausea e dell’assurdo sono solo il sintomo evidente del malessere
di questi pronipoti di Rousseau, che, stanchi di tutti questi schemi
106 La Rivolouzione Conservatrice in Germania 1918-1932

prestabiliti, cercano una nuova chiarezza assoluta: vogliono svuotare il


salone di tutti i mobili. E’ una lacerazione che dissocia una larga fetta
della borghesia, stanca di superficialità. Il "nichilismo russo" invece non
è un effetto della stanchezza o dell’esaurimento: mentre la sua con­
troparte occidentale è "posteriore", esso è "anteriore"; è, parlando per
assurdo, un nichilismo dell’abbondanza. Qui, quindi, non viene distrutto
qualcosa di precostituito perchè non lascia più spazio vitale, ma perchè
nessuna forma consente di bandire lo spazio, perchè ogni condizione
creativa sarebbe una presunzione nei confronti dell’inesauribile. Questa
posizione si afferma in breve in tutto il mondo sovietico; infatti
l’architettura russa, per esempio, rinuncia subito a tutte le forme che
consentono di domare lo spazio: la cupola a bulbo è equidistante rispetto
all’obelisco e al cubo. La "forma" tedesca di nichilismo si trova al centro
tra quella francese e la russa. Anche in essa si palesa la inquietante
posizione intermedia, l’ambiguità che caratterizza tutto ciò che è tedesco.
Per i francesi, il tedesco rimane sempre il barbaro che compie scorrerie
nei boschi, armato dell’ascia di pietra, mentre il russo Oblomow vede nel
suo avversario tedesco Stoltz il rappresentante di un Occidente irrigidito
dalla civiltà. A questo proposito, Ernst Jiinger può ben dire che la
germanomania in Francia corrisponde alla russofilia in Germania. La
posizione intermedia del nichilismo "tedesco" risulta dal fatto che esso
deriva sia da una inequivocabile stanchezza, sia, decisamente, dalla
pienezza. Ma è proprio la pienezza attiva la meta che esso si prefigge di
raggiungere per via cerebrale. I "nervi", "accumulatori del vitale", rispon­
dono a un avvenimento che si esprime, in modo inquietante, nel volto
tedesco del nostro tempo. La tendenza spirituale delle volontà tedesche,
che da secoli consiste nel conciliare la "mente" con la "natura", ha creato
nuove forme di nichilismo. La coscienza e la capacità di volontà che
attizza il fuoco generatore di nuove forze, gli conferiscono quel carattere
attivo e talvolta pericoloso che è proprio delle forme occidentali e anche,
in parte, di quelle orientali. Nel libro nel quale il nichilismo tedesco ha
trovato, dopo la sua annunciazione da parte di Nietzsche, la propria
ripercussione nella elaborazione di Ernst Jiinger, Dos abenteuerliche
Herz (Il cuore avventuroso), del 1929, leggiamo: "L occupazione del
tedesco di questa epoca è accumulare materiale di ogni parte della terra
per alimentare l’incendio che vuole offrire come tributo per questa sua
idea. Non dobbiamo dunque meravigliarci se viene dato alle fiamme tutto
quanto è infiammabile". Questa articolazione del nichilismo in base agli
"stili nazionali" certamente non è l’unica possibile, e forse neanche la più
Le Immagini Guida 107

chiarificatrice , ma è sicuramente, in rapporto al nostro scopo, la più


aderente, e inoltre non esclude le altre possibilità di articolazione, come
ad esempio quella operata in base al grado di coscienza e dimensione
della partecipazione attiva del nichilista. Ci sarebbe da spaziare tra un
numero stragrande di possibilità di distinzione se si volessero raggrup­
pare o etichettare i nichilisti in base alla produzione più o meno con­
sapevole di distruzione, all’atteggiamento di passività o di partecipazione
attiva al processo di annientamento avviato da una direzione ben pilotata.
Spesso, senza accorgersene, il testimone si trasforma in colpevole,
l’autore diventa tramite involontario o semplice cronista. I promotori
della Rivoluzione Conservatrice appartengono alla cerchia dei nichilisti
certamente interventisti, positivi, pieni di onesto spirito di responsabilità,
convinti della necessità di una distruzione come base di una vera trasfor­
mazione, e che aderiscono con profonda partecipazione al movimento.
Sono costoro quelli che definiamo approssimativamente "nichilisti tedes­
chi". Alcune delle testimonianze più istruttive di questo nichilismo ci
vengono proprio da questa categoria; sono annotazioni che vanno dal
romanzo al diario, scritte da giovani della generazione bellica, poco
prima o poco dopo il 1930, nelle quali si osserva l’avanzare della dis­
truzione, sul proprio corpo come su uno scarafaggio. Citiamo alcuni testi:
Sprengstoff (Esplosivo), di Friedrich Wilhelm Heinz, del 1930, Deutsche
alleiti (Solo tedesco), di Franz Schauwecker, del 1931, Rebellen urti Ehre
(Ribelli per onore) di Herbert Volck, del 1932 e Die Stadt (La città), di
Ernst von Salomon, del 1932. La testimonianza più stringente di questo
nichilismo tedesco nella sua forma più sviluppata è indubbiamente il già
citato Ernst Junger con Das abenteuerliche Herz (8), del 1929, il cui
sottotitolo è Aufzeichnungen bei Tagund Nacht (Annotazioni di giorno e
di notte). Qui troviamo la frase che meglio compendia, nel modo più
sintetico, quella duplicità di negazione e affermazione cui abbiamo
accennato: "In tempi di malattie, di sconfitte, il veleno diventa
medicina...". E quella duplicità si esprime anche nel nome che Junger
conferisce al nichilismo tedesco. Egli parla della "comparsa veramente
straordinaria dell’anarchico prussiano che soffre il naufragio di ogni
ordine e che, armato solo dell’imperativo categorico del cuore, si inabissa
nel caos dei poteri, alla ricerca di nuove regole". Per quanto suoni
contraddittoria, la definizione di "anarchismo prussiano" rispecchia esat­
tamente la doppia faccia di questo nichilismo, decisamente anarchico

(8) Le citazioni si trovano rispettivamente a p. 197, 257,153,186 s., 223, 222, 153,188 s.,
165,190.
108 La Rivolouzione Conservatrice in Germania 1918-1932

in quanto nega e rigetta il vecchio ordine e saluta la distruzione come


l’unica via verso una nuova crescita: "Ci siamo guadagnati la fama di
distruttori di cattedrali. Questo significa molto in un’epoca in cui la
consapevolezza della sterilità abbatte un museo dopo l’altro". E ancora:
"Abbiamo lavorato anni con la dinamite, con spirito rigidamente nichilis­
ta e, rinunciando a nasconderci anche dietro la foglia di fico più umile di
una qualsiasi domanda, abbiamo fatto giustizia sommaria del XIX secolo,
e solo proprio alla fine si cominciano appena a distinguere gli uomini e i
mezzi del XX secolo... Noi tedeschi non abbiamo dato all’Europa alcuna
possibilità di perdere". D ’altra parte però c’è un rovescio prussiano,
perchè la distruzione non deve essere fine a sè stessa: è uno stato, "che
ha bisogno dell’esplosivo per liberare lo spazio vitale in vista di una nuova
gerarchia". Dietro questi squilli di tromba si odono suoni più soffusi: "La
nostra speranza è riposta nei giovani divorati dalla febbre perchè ricolmi
di nausea", si legge nello stesso libro. L immagine popolare del nichilista
10 vede allineato in un’orda che batte i piedi, ad un canto ritmato, sui
cocci di un mondo soggiogato. Egli si vede diverso; non a caso
Schauwecker intitola il suo libro Deutsche allein, mentre Junger afferma:
"Oggi non ci si può occupare in gruppo della Germania...". E’ solo il cuore
ardito che, avendo reciso i legami tradizionali, deve cercarne di nuovi.
Junger afferma questa solitudine: "La gente diffida di noi... da ciò anche
11 conseguente tentativo dell’umanità di riconoscere l’uomo in ogni bo-
scimane prima che in noi, da ciò anche (fintanto che siamo europei) la
nostra solita irrompente timidezza davanti a noi stessi. Nessuna pietà per
noi! Questa la posizione dalla quale si deve partire.... Noi marciamo da
lungo tempo verso un magico punto zero che viene superato solo da chi
dispone di altre invisibili fonti di forza". Con questo magico punto zero
entriamo nel nucleo del nichilismo tedesco. E’ la fede nella distruzione
indispensabile, che capovolge l’indispensabile creazione. Quindi "la
putrefazione non si verifica nel nucleo essenziale... la nostra speranza è
riposta... in quel che resta".
Le Immagini Guida 109

IL "ROVESCIAMENTO"

La distruzione si trasforma in creazione; questo termine "Umschlag"


(sarebbe più corretto dire das Umschlagen), tanto usato, è una parola-
chiave. Esso corrisponde a un concetto secondo il quale campi in altre
occasioni accuratamente separati non lo sono più, o non lo sono più così
chiaramente, mentre elementi fra di loro contrastanti appaiono invece
come i due aspetti di un’unica cosa. Il rovesciamento che il nichilista vede
alla fine della sua strada è sicuramente l’aspetto più difficile da capire
nel processo che qui cerchiamo di descrivere, e può essere definito solo
in modo vago.
Lo sfacelo verso il quale il mondo va sempre più affondando non può
essere, secondo l’opinione del nichilista, aggirato o evitato con freni o
rimedi, ma dev’essere piuttosto affrontato solo con una spinta e
un’esasperazione, quelle effettivamente in grado di condurre al roves­
ciamento. E’ ancora Ernst Junger che meglio degli altri ce lo documenta,
poiché egli e suo fratello Friedrich Georg Junger percorrono la via che
qui descriviamo, passo dopo passo, e trovano le immagini più appropriate
per molti momenti di questo procedere.
InSizilischer Brìefdn den Mann im Mond (Lettera siciliana all’uomo nella
luna) (9), scritta da Ernst Junger nel 1930 e, secondo l’autore, momento
di svolta nella sua opera (10), troviamo una definizione degli avventurieri
del nichilismo: "Meravigliosi tibetani la cui orazione monotona rimbom­
ba dai conventi di pietra. Chi potrebbe ridere dei mulini dei nostri
contadini, con le loro miriadi di ruote circolanti, conosce forse
l’irrequietezza furiosa che muove le lancette dell’orologio e l’albero a
manovella dell’aeroplano? Dolce e pericoloso oppio della velocità! Ma
non è così che nel centro più interno della ruota rimane nascosta la stasi?
La calma è quindi l’origine della velocità". In un altro punto, Ernst
Junger scrive: "Quanto più ci dedichiamo al movimento, tanto più dob­
biamo essere convinti che un essere statico si nasconde in noi e che ogni
aumento di velocità è solo la traduzione di un’origine nel linguaggio
dell’eterno". Si verifica dunque un’ emersione dal decorso del tempo per
mezzo di una accelerazione che giunge fino al punto in cui il ronzio del

(9) In Blatter und Steine, Heidelberg 1934,1941, p. 119 s.


(10) Strahlungen, Tùbingen 1949, p. 166, 288.
no La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

motore si acquieta, fino a che la retta intersecandosi si ricongiunge a


circolo e sfera. Per quanto esaminiamo i testi dei nostri autori, non
troviamo alcun riferimento preciso al rovesciamento; mai viene chiarito
nè se esso c’è già stato, nè in che anno dovrebbe verificarsi. Questo
rovesciamento per i "ciclici" sembra essere piuttosto un processo che
viene operato dai singoli, lungo il decorso dell’immagine lineare
dell’uomo, e che è sempre in atto, ^assunzione di un unico rovesciamen­
to, che coinvolga tutto, racchiuderebbe in sè un riconoscimento del
mondo "lineare" come reale, onde poterlo poi "superare". Il sostenitore
della teoria ciclica invece considera questo mondo come un’illusione
ottica, mentre il "suo" mondo è sempre lì e solo il fatto di fissare lo sguardo
in quell’unica direzione lo rende invisibile. Ma una sola cosa poteva il
"ciclico" trarre dalla misura lineare del tempo, prima di renderla cir­
colare: il punto. Ad esso giunge quel professore di greco che riceve in
un’alta valle alpina la visione del capovolgimento del nichilismo.
Le Immagini Guida 111

IL "GRANDE MERIGGIO"

"Ed ora racconto la storia di Zaratustra". La concezione fondamentale


dell’opera, il pensiero dell’eterno ritorno, la massima espressione di
assenso che possa essere raggiunta, risale ai primi di agosto del 1881:
annotata su un foglio, in fondo al quale sta scritto:" 6000 piedi al di sopra
del livello del mare e molto più in alto di tutte le altre cose. Io andavo
quel giorno al lago di Silvaplana attraverso i boschi, quando mi fermai
davanti a una massiccia roccia dalla forma piramidale e mi venne questo
pensiero". Così leggiamo in Ecce homo (XI p. 345). Eultima parola che
Nietzsche fa dire a Zaratustra suona: "Questo è il mattino, il mio giorno
ha inizio... alzati, alzati grande meriggio!"
Che cos’è questo grande meriggio presente in tutta l’opera di Nietzsche?
Possiamo comparare l’incendio del nichilismo a una "colonna di fuoco"?
(VII p.262). Già appare chiaro dalla stessa opera di Nietzsche che quel
mondo è pensato dove tutto è di nuovo divenuto presente, dove "in ogni
momento comincia l’essere" e "dappertutto è il centro". Non andiamo alla
ricerca di qualche "nuovo mare" che conduca la sua "nave genovese":
"lùtto mi sembra essere sempre più splendente,/ il meriggio riposa su
spazio e tempo:/ solo il tuo occhio mostruoso/ si posa su di me,
immensità!". O quando parla del paesaggio di Sils-Maria: "Qui sedevo
aspettando, aspettando - in realtà il niente,/ al di là del bene e del male,
godendo a volte della luce/ a volte dell’ombra, tutto solo gioco/ tutto lago,
tutto meriggio, tutto tempo senza meta" (VI p.385).
Abbiamo già sottolineato che nell’opera nietzscheana il "no" sottintende
il "si ". Anche il canto che comincia con: "O meriggio di vita! Tempo di
gaudio!" si conclude poi con: "Questo canto è finito..." (V ili p. 277 ss.).
Questo vale anche per la sua prosa. In Zaratustra leggiamo: "O felicità!
Vuoi cantare forse o anima mia?... Guardatene! Eardente meriggio
dorme nella campagna! Non cantare! Taci! Taci! Il mondo è perfetto-
proprio la cosa più lieve, la più tenue, la più piccola, il fruscio di una
lucertola, un guizzo, un soffio, un rapido muoversi di occhi. - La migliore
felicità è fatta di poco. Silenzio! - Cosa mi è accaduto: ascolta! E ’ volato
via il tempo? Io non cado? Non sono caduto - ascolta! - nella fontana
dell’eternità?... Non è appena divenuto perfetto il mondo? Oh la rotonda
palla d ’oro" (VII, p.402). Ma il libro del grande meriggio, che deve
divenire parte del capolavoro, rimane non scritto e quel tono non verrà
112 L a Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

più usato. Theodor Fontane narra del lago dal quale si diparte uno
zampillo d’acqua quando la terra trema in qualche continente lontano.
La nostra epoca offre uno strano spettacolo: da una parte si schiera il
mondo "lineare" del progresso con la forza atomica come suo culmine e
cerca di impigliare nella propria rete di binari e di fumaioli anche l’ultima
macchia libera della terra e dall’altra ci sono gli oratori che testimoniano
un mondo di silenzio meridiano.
E’ soprattutto il selvaggio l’ideale della poesia dei seguaci di Nietzsche;
il selvaggio non visto come distruzione del mondo "lineare", ma come
l’interruzione di un sonno sacro. Quel selvaggio di cui Stefan George in
DerMann und derDrud (Luomo e la strega) e in Das neue Reich (Il nuovo
impero) fa dire dalla strega all’uomo: "...dove finisce la tua saggezza/
comincia la nostra, tu scruti la sponda dove hai espiato per il passaggio./
Se il tuo raccolto matura, il tuo bestiame prospera/ le sacre piante della
vite e dell’ulivo producono/ tu immagini che questo venga solo dalla tua
astuzia./ Le terre che respirano la umida notte primordiale mai più
marciscono, sono docili/ si struggono quando un anello viene a mancare
alla catena". Così suona l’ammonizione della strega: "... Se noi ci estin­
guiamo, vi annullerete anche voi; dove passano i nostri capelli arruffati
sgorga il latte...". Il discorso contenuto nella poesia del selvaggio nas­
conde l’immagine del "grande meriggio". Friedrich Georg Junger indica
in Die Perfektion der Technik (La perfezione della tecnica) il mondo
"lineare" al suo apice e contemporaneamente alla sua fine: la tecnica è
vista come dilapidazione della pienezza, come mero consumo. In
Griechische Mythen (Miti greci), segue le orme della realtà senza tempo
che è stata avvilita dalle figure mitiche e aggiunge alla duplicità di
Nietzsche, costituita dal chiaro Dio Apollo e dal buio Dioniso, la terza
divinità, Pan, dio del selvaggio. Il selvaggio è di volta in volta l’indefinito,
l’ignoto. Non è sottomesso all’uomo, non è sua proprietà, non è
misurabile nè indicabile. E’ territorio inutile, dove non valgono le leggi
economiche dell’uomo. Non ha storia... il selvaggio non è soltanto la terra
senza confini che circoscrive i territori di Cerere, ma è anche l’origine e
quindi il sacro. Ovunque noi tendiamo e per quanto riandiamo indietro
nel pensiero, incontriamo il selvaggio. Lo troviamo nelle prime ore del
mattino ancora splendente di rugiada rinfrescato dalla notte, dalla quale
emerge. Rispetto ad esso tutta la storia appare limitata, un atto della
coscienza che si ripiega per spingersi verso il passato. Noi riconosciamo
che anche il "selvaggio" è luce dell’arte... lo sfondo dal quale emerge il
sentimento del mondo, quello stesso che stiamo cercando di descrivere;
Le Immagini Guida 113

dal selvaggio ci si allontana e in lui si fa ritorno, continuamente".


Rimaniamo con Friedrich Georg Jiinger per vedere come in lui il "sì" non
viene più sopraffatto dal "no". Nel suo libro di poesie Die Perlenschnur (Il
filo di perle) (11), risalente al 1947, non compare più il mondo ostile. La
sua lirica non è aggressiva, non contiene negazione; è un unico appello
al ciclo, al ritorno, come nella quarta poesia:

Questo è il corso sempre uguale del mio anno,


questo è il mio movimento ciclico.
Kyklos! Kyklos!
Io torno e rivado,
io torno ancora una volta, perchè è dolce
avvolgersi nella danza.
10 sto ad ascoltare, origlio e canto.
11 canto corre lungo il silenzio,
e il silenzio lo arresta.
Questo canto è pieno di oblio,
ed è sempre presente.
Io sono un giardiniere,
ho piantato il silenzio
come si pianta spazio tra i semi,
spazio per la luce e la crescita...

La sesta poesia si rifà alla condanna della danza fatta da Weininger:

.... Ritorno, ritorno!


Io sono ritorno
e sono sempre qua.
Tenerezza è nel ripetere
come il sussurro di un amante.
La forza del ritorno riempie tutte le orecchie,
fino a che anche i più fiacchi cominciano a danzare.
Ebbrezza è in tutto ciò che ritorna.
Essa viene come un ubriaco al quale gli ospiti
sollevano il boccale seguendo il ritmo.

Salute a te mio genio!


salve mio serpente!
(11) Hamburg 1947.
114 La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

cullati a destra,
cullati a sinistra
fra i canti.

La spinta viene dal basso,


danzatore balla.
Al centro del movimento
ti incontra la madre terra.
Salve o canto!

111110 quanto è stato detto sul tempo lineare e sul ciclo, è chiaramente in
rapporto con la settima poesia:

... Un tamburo rumoreggia nei villaggi assolati,


un richiamo, il canto del falconcello nel cespuglio.
Tutto è semplice.
Sei tornato,
tornato allo sbocco.
Ti accorgi che culle e feretri si somigliano.
Diametro del cerchio, che significa:
aver trovato il centro...

Anche il collegamento con i morti e con i non ancora nati si trova nella
dodicesima poesia di Perlenschnur.

I bambini non sanno


che li guida la mano del padre morto,
che li conduce la madre defunta.
Ma da dove e verso dove?
Lontane le une dalle altre, come su isole,
le generazioni crescono e si trovano.
Si trovano perchè neanche i morti si perdono.
Si trovano perchè tutto rimane dov’è.
I non nati sono già destinati,
prima di ogni tempo, prima che divengano essere,
prima della via della creazione, dalla quale vengono.
Sul filo del sapere si svolge questo corso,
Le Immagini Guida 115

sulla spola del tempo che la Moira mette in moto.


Il fuso non si fila da solo,
davanti alla filatrice si trova il filato,
senza tempo tutto è uguale,
ogni cerchio ha la sua calma nel mezzo.
Che cosa sa la fonte della corrente?
Che cosa la corrente della fonte?

Lacqua si intreccia
in una corona argentea.
Il cerchio mai trova fine,
mai finisce la danza.
In alto, in basso
in un eterno percorso
scorrono le acque,
il canto va.
E un’altra goccia
del tuo sangue,
oceano,
che mai si riposa.

Anche negli altri versi di Friedrich Georg Jiinger troviamo i contrasti che
si rifanno alla concezione di cui sono modelli esplicativi Guardini e
Weininger. Come per suo fratello, anche in lui affiora sempre la bestia
d el rito r n o , il s e r p e n te . In D er W estw ind (Vento dell’ovest),
nell’implorazione Die Schlange (Il serpente), si legge: "Ritorna ciò che
può/ custodirti nella rotazione/ il tuo invulnerabile guardiano ti sor­
veglia/ il tuo serpente è con te". Lo stesso volume di versi contiene la
poesia Der Geleitspruch (La parola d’ordine), nella quale il sentimento
della vita che suggerisce l’immagine universale della sfera ha assunto una
forma più sobria:

Che cosa sono i talismani, gli amuleti?


Non sperare che ti possa salvare qualcosa di estraneo.
Quanto di salamandra è in te,
ti farà passare illeso tra le fiamme.
116 La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

Il fuoco si alza e tu non hai paura,


nè tremi per lo scorpione e per il serpente.
Salvo come sei venuto al mondo,
indistruttibile proseguirai.
Le Immagini Guida 117

I "RINATI"

"Senza tempo tutto è uguale". L abolizione del tempo "lineare" trasforma


la nostra concezione della storia. Non vengono a mancare i suoi contenuti
ma questi sono privati della consequenzialità temporale e si trasformano
in possibilità perpetue. Ernst Junger nella sua Sizilischer Brìef an den
Mann im Mond, dice: "Non dobbiamo più considerare millenari i castelli
e le chiese e pensare che le fabbriche e gli empori siano costruzioni
recenti, perchè questi si potrebbero ritenere una prova della struttura
cristallina generale alla quale la materia originale si è piegata?". In
questo modo si spiega lo strano fenomeno della "rinascita” che è proprio
degli impulsi spirituali del nostro tempo. Le rinascite esistono da secoli;
una lista completa di tutti i loro aspetti, dal Rinascimento carolingio in
poi, assumerebbe proporzioni sorprendenti. Queste rinascite "guidate”
hanno quindi un effetto limitato soprattutto alle forme esteriori dell’arte
e della scienza. Questo vale essenzialmente per quello che cercano di fare
il "Rinascimento totale" e lo storicismo del XIX secolo con la loro serie
di costumi e ricette di tutti i tempi e luoghi, dietro cui però l’uomo rimane
sempre lo stesso. Per meglio evidenziare l’originalità dei rinati come noi
li intendiamo, potremmo, per contrasto, porre in rilievo, di quei Rinas­
cimenti, anche altre tendenze, che ne evidenziano il carattere tem­
poraneo. Dopo che, co-munque, la parentesi del periodo "lineare" viene
a perdere la sua validità universale, compaiono dappertutto dei mondi
decadenti, che irrompono sulla piatta superficie dell’immagine univer­
sale "lineare". In questi rinati si crea una sorta di coercizione, una forza
che ne smuove le fondamenta, cosa che non era accaduta con le rinascite
precedenti, almeno non a questo livello. Una poesia di Gottfried Benn,
Schàdelstàtten (Luoghi del supplizio) (12), può farci intendere come tali
mondi cerchino di emergere, tra le macerie frantumate della storia e della
riflessione rovinosa, con unà forza primordiale:

Difficile da dimenticare
eppure così sospeso,
smisurato
tono su tono
e segni di ombra

(12) Gesammelte Gedichte, Berlin 1927.


118 La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

dell’ultima luce,
0 finale,
molti del nulla
1 mondi son fermi,
eoni-durata
difficile raffreddarsi
percepisce ora l’uomo,
tacere di boschi
e pace del cacciatore
se noi ci inchiniamo,
chi eri tu,
Tu?

Punico nei gioghi


eredità,
ossa malate
di Filottete
farsa la fede,
farsa la felicità
la colomba di Noè
torna indietro senza niente.

Luogo di supplizio,
smania di intendere,
non un verbo da salvare
nè storia -
dimenticare tutto,
disprezzare tutto,
10 smisurato
panateneo -

nei santuari
del mar Tirreno
Toro tra i fiori
a Danae,
in fattezze di leone,
suono di baccanti
e divinità dispongono
11 tramonto.
Le Immagini Guida 119

La poetica di Benn è la vera rappresentazione dell’interregno, perchè in


essa la vecchia immagine del mondo si scinde nelle sue parti, fin nella
costruzione della frase e nella scelta delle parole, perchè queste parti
cominciano ad incrociarsi tra loro e allo stesso tempo bramano l’accesso
nel loro vecchio nuovo mondo: "...spinge verso altri petti / verso altri
mari,/ già si avvicinano le coste, il mignattino stride". In questi versi
troviamo l’immagine dell’inizio al quale si intreccia la fine: "...Al principio
c’era la marea. Una zattera il lemure / trasportò nell’ultimo mare!".
Benn comunque non è solo; le poesie cosmogoniche di Teodor Dàubler
in un certo senso celebrano il ritorno di mondi decaduti. Anche epoche
considerate della rovina e della transizione vedono la loro resurrezione:
così nella strana forma mistica di Alfred Schiiler che, secondo la tes­
timonianza dei suoi compagni, sembra vivere completamente immerso
nel mondo della Roma del tardo impero. E non sono queste le uniche
espressioni che segnalano una svolta dei tempi nei rinati. Nella poesia
che riportiamo, "Aurora" (13), di un giovane lirico ancora poco cono­
sciuto, Giinter Eich, ci imbattiamo nello stesso argomento, trattato con
un accento di maggiore serenità:

Aurora
Ih vivi ancora, oh dea!
il suono del flauto di salice
vibra lungo i pendii.

Se il cuore si accende,
avverte luce e melodia,
pace o voglia di correre
sboccia nell’Egeo.

Nel tuo orecchio rumoreggiano le onde


dell’eterno Mediterraneo
tu stessa sei il luogo
di ogni ritorno.

Nelle zucche e nelle rape


crescono Roma e l’Attica
Salve, salute a te da l ì ,
dove una volta era il mondo! (14)

(13) Frankfurt am Main, 1948.


(14) In una lettera scritta dall’autore si legge: " Quello che la mia poesia tratta in questo
120 La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

Chi considera la poesia un qualcosa di più di un puro trastullo, può


constatare che questi rinati scavano più nel profondo, anche se in
maniera discontinua e differente, di certi esponenti di altri "Rinascimen­
ti", e vanno al di là del campo delPimmagine per tentare di sconvolgere
le forme di vita alla radice. Analizziamo ora la portata dell’azione di
questi rinati, anche sotto altre prospettive. La stampa politica è, come
sappiamo, un indicatore tardivo: quando si occupa di una cosa, questa
già esiste da tempo. Nell’articolo politico di fondo intitolato Dos neue
Altertum (La nuova antichità) pubblicato da un quotidiano svizzero nel
dicembre del 1946, leggiamo (15): "La parola rivoluzione significa ri-volta,
sconvolgimento, risorgere di uno status precedente. Il presente però ci
invita a considerare più attentamente il termine "rivoluzione" e con
maggior riguardo al senso originario di esso. L Europa, che da 150 anni
è teatro di rivolte e di sconvolgimenti, ha superato e sciupato un’eredità
di molti secoli. Questo retaggio è la società dell’Occidente, che si adatta
allo spirito del cristianesimo. Oggi il tempo ha frantumato la croce e la
disgregazione della cultura occidentale si svolge con una velocità impres­
sionante. Vecchie divinità che si credevano ormai estinte da tempo
tornano, alla ricerca dei loro templi distrutti.
La "sovrastruttura" occidentale, quella proprietà dei popoli romani,
germani e slavi che ha le sue radici nella caratteristica cristiana, si scioglie
come neve al sole. Nel nuovo fervore di una costellazione saturnica che
annuncia l’avvento di una nuova epoca, si sbriciola, pezzo dopo pezzo, la
cultura popolare occidentale. Nudi e disgregati emergono gli scuri scogli
delle nazioni da un mare che si ritira, che li ha occultati per secoli. Sembra
che le genti si stiano scrutando dentro e che tentino di ricrescere in se
stessi". Le ultime due frasi già indicano che l’autore dell’articolo inquadra
i "rinati" in modo molto più conciso e riassuntivo di quanto stiamo
facendo noi. Egli ne fa un’analisi alquanto approssimativa, però: per lui
si tratta sempre di un ritorno alla propria origine. Così definisce anche

contesto, è in pratica la mia idea del tempo: io ritengo che il tempo (non nel senso di ore
che trascorrono) sia la vera necessità della poesia dell’uomo. Perciò, secondo me, nel
concetto del ritorno è insito troppo movimento. In questi e altri versi ho voluto intendere
una costante presenza di tutto l’essere, di quello passato come di quello a venire. Questa
non mi sembra una cosa mistica, bensì una realtà della mia costituzione e non mi ritengo
un essere particolarmente cattivo o diverso dall’immagine dell’uomo comune. Nella poesia
saranno forse custodite delle forme dell’essere che sono scomparse dalla coscienza con
l’origine della storia. Tutta la poesia è propriamente preistorica e la storia è l’avversaria
prima della poesia".

(15) H. Fleig, in "Die Tat", Ziirich, 28 dicembre 1946, n. 356.


Le Immagini Guida 121

la serie degli scogli che riemergono: innanzitutto il bolscevismo, che è


una "riasiaticizzazione" della Russia; come seconda l’Italia, la cui propen­
sione alla romanità e alla latinità col culto di Cesare e alla scenografia
imperiale nello "spirito di Cola di Rienzo e dei suoi epigoni fascisti" non
sarebbe solo un passatempo romantico; sulla germanizzazione dei tedes­
chi si esprime così: "Solo uno scettico può etichettare il ritorno a Thor e
a Wotan come storicismo professionale". Il ruolo della Francia e dell’­
Inghilterra in questo contesto è invece, per lui, del tutto ininfluente. La
Francia si pone la domanda: "Ritorno a che cosa? Ritorno alla latinità
romana, al genio celtico, allo spirito gallico, alla sensibilità francese?"
TUttc queste strade però significano il crollo della sintesi umanistica
francese; per questo la Francia indugia. Poi c’è l’Inghilterra, sostegno
basilare delle idee occidentali, ma non per forza o per convinzione:
essenzialmente per imbarazzo. Ma da quando Edouard Schuré ha
scoperto l’anima celtica della Francia, da quando è riemerso il granito
bretone, più duro e indissolubile nella vita francese, anche qui la disin­
tegrazione ha preso piede e procede, pur se lentamente, quasi inavver­
tibile. L Inghilterra sembra dunque l’unica decisa a procedere lungo il
mondo della nuova antichità, in cilindro e "cutaway". Carlyle ha rap­
presentato solo un’eccezione e Houston Stewart Chamberlain uno scan­
dalo che nell’isola si è subito provveduto a soffocare. Inghilterra e Francia
oggi sono gli ultimi stati occidentali; sono due paesi che non possono
affrontare una rivoluzione senza rischiare di finire a pezzi. Il resto
dell’Europa invece sta vivendo un’epoca dell’archeologia; è evidente
infatti che ogni popolo europeo sta cercando di riportare alla luce la sua
Troia, che ce l’abbia o no".
Non occorre soffermarsi su una tale riduzione dal generale allo specifico.
Un autore della cerchia di Jung, Friedrich Hielscher, si scaglia ripetuta-
mente contro l’idea dominante: gli stati nazionali devono scindersi in
regioni (Slesia, Toscana, Bretagna) e quindi in altre unità più piccole.
Questo però solo per creare, da esse, qualcosa di più grande degli stati.
Nella regressione è dunque già insita la svolta verso una direzione
diametralmente opposta. Quindi la chiusa dell’articolo di fondo di cui
abbiamo accennato suona così : "L homo revolvens recita il suo ruolo nel
grande teatro del mondo: egli non si riposerà finché non verrà cambiato
il contenuto dei musei. Allora gli altari ritorneranno nei boschetti sacri e
le croci nelle bacheche...".
122 La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

IL "RITORNO" ALLA POLITICA

Abbiamo cercato di mostrare come un’immagine-guida prenda forma.


Abbiamo accennato come comincia a contrapporsi all’immagine univer­
sale lineare, valida per secoli, una immagine universale di tipo compieta-
mente diverso, il "ritorno". Tùtto ciò è parecchio lontano dalla politica e
dalla ideologia politica che riguarda la nostra indagine, ma questa
divagazione era comunque necessaria. Si pensi alla vecchia disputa
nell’ambito della storia e della estetica delle arti figurative per stabilire a
quale dottrina spettasse gerarchicamente la definizione di arte (l’ordine
che ne è derivato è architettura, scultura e pittura). Il grande Alois Riegl
ha posto fine alla disputa enunciando una teoria sulla "volontà artistica"
che riporta sullo stesso piano le diverse arti. Probabilmente esiste anche
una "volontà", pur se non ben chiara, che associa tutte le attività e i
movimenti di un’epoca, anche quelli politici. La si può solo intuire dalle
manifestazioni che assume nei diversi campi della vita. Torniamo quindi
dalla zona insicura, nella quale l’immagine universale comincia a
prendere forma, ad una categoria specifica: quella del pensiero politico.
Facciamo quindi ritorno, da Nietzsche e dal periodo successivo alla
Seconda Guerra Mondiale, all’ambito più ristretto della nostra ricerca
che va dal 1918 al 1932, dove ci muoviamo in un campo più consono. Ci
siamo addentrati così dettagliatamente nell’analisi del ritorno poiché ci
sembra che questo rappresenti un’im m agine-guida di tutta la
Rivoluzione Conservatrice e perchè ci chiarisce molti degli aspetti di
quest’ultima. Certamente, questa immagine-guida non è necessaria­
mente valida per tutti i seguaci della Rivoluzione Conservatrice in egual
misura. Non solo esistono diversi gradi di adesione ad essa, ma vi sono
anche coloro che cercano di gettare un ponte tra questa e il passato. Ma
anche chi opera nella Rivoluzione Conservatrice seguendo schemi più
sperimentati - in quest’epoca di transizione e di capovolgimenti non è
cosa inconsueta - cerca comunque di adattare i propri schemi alla nuova
immagine-guida. Nessuno evita, ad ogni modo, il conflitto. Molte con­
troversie all’interno della Rivoluzione Conservatrice nascono proprio da
queste complicate sovrastrutture. Ne è responsabile anche il fatto che
l’immagine del ritorno non prende corpo secondo un sistema chiara­
mente definito e ben delimitato. Quando Nietzsche cerca di giungere a
un sistema di tal tipo, si intrappola nella rete degli oppositori. E non vi è
Le Immagini Guida 123

dubbio che i punti più convincenti riguardo al ritorno, nella sua opera,
siano di tipo poetico, e che anche ai suoi adepti accada lo stesso. Essi non
cercano di dimostrare l’effettività del ritorno, ma si impegnano piuttosto
ad evidenziarne la superiorità.
Scopo di questa indagine storico-ideologica non è dunque quello di
identificare un modello di sistema libero da contraddizioni, ma di
documentare e di rettificare la sequenza di alcuni equivoci del pensiero
ciclico. Questo però non vuol dire che si pretenda ufficialmente un
sistema coerente: noi accettiamo le contraddizioni logiche costruttive,
determinanti per la struttura stessa del sistema. Nella Rivoluzione Con­
servatrice, dunque, la logica è mero prodotto di elaborazione di criteri
raggiunti per altra via, ed, al riguardo, essa è piena di diffidenze nei
confronti di ogni sistema "emergente". Emergere in questo sen so, è per
essa, un sintomo che il pensiero non è più sospinto dagli impulsi della
realtà. Un assioma della Rivoluzione Conservatrice è che la realtà possa
consolidarsi solo attraverso contraddizioni, essendoci pensiero neces­
sariamente imperfetto, perchè particolare. Essa crede che un pensiero
che "sorge" si muova in uno spazio estraneo alla realtà: solo in un vuoto
senza resistenze potrebbero essere raggruppati tutti i singoli elementi di
una costruzione in continua evoluzione.
Del resto non è nostro compito dimostrare "la verità" di una ideologia,
ma descrivere una volta per tutte tale ideologia. E’ abbastanza evidente
che il nesso, da noi sostenuto, dell’immagine universale del ritorno con
correnti politiche concrete, non è così assurdo. Tipico esempio ne è un
libro di Georg Quabbe del 1927, Tara Ri. Secondo Quabbe questo strano
titolo non è altro che il richiamo irlandese "Vieni o Re!" dal quale
dev’essere derivata la definizione inglese di partito "Tory".
Il riferimento ai Tories mostra che Quabbe vuole far capire, sia ai "con­
servatori" tedeschi di allora che al Partito Popolare Nazional-Tedesco,
quale sia il vero conservatorismo, rifacendosi al modello inglese. Nella
letteratura attinente il nostro campo, spesso tanto costellata di
mediocrità e di brutture, il libro si pone in evidenza per la sua intelligenza,
che smentisce la menzogna secondo cui, dal XIX secolo, "lo spirito sta a
sinistra". Inoltre, grazie alla circostanza che Quabbe sta ancora nel mezzo
tra vecchio conservatorismo e Rivoluzione Conservatrice, (cosa che si
evidenzia esemplarmente col riferimento ai "Tories" e nell’ostentazione
del cristianesimo), il libro costituisce per la nostra indagine una notevole
testimonianza. Mentre la prima metà di Tar a Ri è uno dei rari tentativi
di storia del conservatorismo, la seconda parte cerca di spiegarne
124 La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

l’essenza. La posizione conservatrice e quella liberale formano per


Quabbe un’antitesi basata sulla natura dell’uomo, anche se la cos­
tituzione di un partito progressista è necessaria perchè il conservatore si
renda consapevole della propria singolarità. Egli vuole rendere evidente
questa eterna antitesi con otto "antinomie": ciclo e progresso, vita e verità,
ordine superiore e opera umana, ordine autonomo e influenza statale, il
tutto e l’individuo, irrazionale e razionale, autorità e libertà, diritto
storico e diritto funzionale. Non è un caso che l’antitesi tra "cerchio" e
"progresso" - o "sfera" e "linea", per usare i nostri termini - sia la prima
della serie. Quanto viene detto in Tara Ri, in particolare a proposito della
prima antinomia, mostra con chiarezza la metamorfosi cui viene sot­
toposta l’immagine del ritorno lungo il cammino che la porta dalla visione
immediata all’espressione mediata della sua "applicazione" nel campo
politico; e tutto questo, nella lingua ancora essenzialmente "lineare" di
Quabbe. I conservatori sostengono, per dirla in breve, la tesi che la
somma di tutte le gioie degli uomini sulla terra rimane sempre uguale,
mentre i progressisti ritengono possibile un incremento di tutti i valori,
che dipenderebbe solo dall’uomo. Questo è il momento più determinante
per i partiti d’opposizione; a questo devono il loro nome di progressisti,
ma in questo senso il progresso viene considerato un procedere-verso-
l’inferno. Occorre comunque tener presente che spesso l’aspirazione alla
trasformazione provoca sospetto; si impreca contro il "progressismo
improprio", mentre, dall’altra parte, si continua a dire che occorrono
riforme per evitare l’irrigidimento della vita politica. Ma questo è un
procedimento assurdo nella vita spirituale: questo approccio pone fine
alla possibilità ed all’eventualità di uno stabile aumento della produzione
di valori spirituali, alla elaborazione dell’idea "uomo" dal materiale
caotico della natura e alla certezza che i nostri figli saranno migliori di
noi. Il conservatorismo vede non solo le cose, ma anche i valori, immersi
nel ciclo del divenire, del procreare, del perire. Nessun valore può
esistere senza che ne decada un altro. Il pensiero più illuminante crea da
qualche parte una nuova oscurità; il rimedio un’altra malattia, una nuova
gioia, un nuovo dolore. E’ impossibile negare il progresso in particolare,
ma nell’insieme, tutto considerato, esso corrisponde sempre a un regres­
so. Anche un progressista convinto e sensibile come Wells non nega che
la crescente cultura speculativa, tanto vagheggiata, pregiudica il carat­
tere; che era più facile trovare altruismo e scrupolosità al tempo della
fede e che il pensiero scientifico più importante del XIX secolo, la teoria
di Darwin sull’origine della specie, ha apportato un danno incalcolabile
Le Immagini Guida 125

alle persone colte, perchè ha minato il Dogma. "Ma poi, come si può
assodare se il contadino spagnolo del XVII secolo, nella sua stupidità
bigotta, come abbiamo imparato a conoscerlo da Cervantes, fosse più
infelice del letterato saccente di oggi, o se si muoia più facilmente da
filosofo storico che da servo della gleba di Obomowka?" (Tar a R i, pag.
116). Quabbe salvaguarda sempre la validità del ciclo, anche dove qual­
che "conservatore" vorrebbe muovergli delle obiezioni: "La rasse­
gnazione a questa disposizione di spirito conservatrice, che spesso sfocia
nel pessimismo, si arresta in modo inconseguente, davanti alla vita degli
stati o, per meglio dire, del proprio stato. Non che lo si neghi, ma non si
dice che, tutto sommato, vale anche per il proprio stato la regola che ogni
ora della vita è un’ora di meno che ci rimane da vivere; e perciò non è
minimamente ammissibile che la maggiore felicità del proprio stato
debba essere spesso una infelicità per un altro stato. Sussiste quindi una
certa contraddizione tra le teorie spesso quietistiche della politica inter­
na dei conservatori e la loro visione quasi aggressiva della politica estera.
Ma Burke e gli spiriti di più alto rango, che disdegnano di considerare la
propria Nazione come un luccio nel vivaio di carpe del mondo, alla fine
hanno esteso l’idea del ciclo eterno anche al mondo statale; questa idea
li ha resi poco disposti alle riforme, come già nella vita interna dello stato,
come ha potuto considerare anche il più acceso determinista."
L esempio di Quabbe è solo uno dei tanti e, anche se il nesso con l’idea
del ciclo non risulta sempre così evidente, in pratica il nocciolo è sempre
lo stesso. Gustav Steinbòmer, per esempio, nel 1931 tiene al Club di
Giugno, fondato il giovedì santo del 1919, un discorso che dovrebbe
risultare una specie di dichiarazione generale sulla posizione conser­
vatrice. Anche per lui il rapporto con il tempo e con la storia è un "criterio
istruttivo essenzialmente per il rapporto di un pensiero rispetto alla
posizione conservatrice" e tema del discorso è "Il principio della durata".
Se questo principio viene delineato come "la durata nella forma di una
collettività di generazioni passate e future", se "la durata è una vittoria sul
tempo" e "il passare della durata è la sottomissione al tempo", avvertiamo
che anche qui, alla base viene posto il "ritorno". Non occorrerebbe
neppure la conferma che troviamo alla fine del discorso: "...Il tracollo dei
valori in Nietzsche accresce la durata quale reale divenire e vero ritorno".
Fermiamoci a questo accenno. Le posizioni, ampliate nella loro sot­
tigliezza seppur non semplici, di Tar a Ri, consentono comunque di
enucleare le tre parole dalla cui sintesi-scontro è derivato il nome
"rivoluzione conservatrice": conservatore-reazionario-rivoluzionario.
126 La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

CONSERVATORE, REAZIONARIO, RIVOLUZIONARIO

Il ritorno viene scambiato spesso per migrazione dell’anima. Una vita


ulteriore delle singole anime però non è contemplata nel senso che qui
viene dato al "ritorno". Questa parola significa solo che il singolo tende
verso il tutto dal quale è scaturito e che dal tutto deriva un nuovo singolo.
Quindi il singolo si trasforma, mentre il tutto rimane uguale. tWlocuzione
di Nietzsche del "Ritorno dello stesso" e le sue attuazioni talvolta mec­
caniche inducono a quell’interpretazione. A questo proposito, però, nè
lui nè i suoi seguaci negano che il singolo che ritorna possa tornare in
nuove raffigurazioni. "Uguale" rimane l’essenza, "uguale" resta la forma
del tutto. In situazione contraria a quella del progresso, tuttavia, al tutto
si aggiunge sempre qualcosa, così che questo tutto si ingrossa di continuo.
Il ciclico non rinnega il divenire, ma ritiene che esso proceda di pari passo
con il continuo trascorrere. Al giorno segue la notte e, a questa, un nuovo
giorno.
Il domani è diverso dall’oggi ma le due essenze sono uguali. Io nasco,
cresco, invecchio e muoio; a me segue un altro, la cui vita sarà regolata
dalla stessa legge e, fondamentalmente, nulla cambia.
Bisogna partire da questa concezione del ritorno se si vuole capire quale
significato abbia la parola "conservatore" per la Rivoluzione Conser­
vatrice. Può essere che questa parola venga valutata impropriamente. Nel
"preservare" e nel "mantenere" è già implicita l’idea di un’influenza
dell’accadere sul tutto, cosa che si adegua molto bene al partito del
progresso, ma non ai suoi oppositori. Per questo il nome "conservatore"
è diventato di uso corrente per indicare come concetto collettivo tutte
le posizioni che negano il progresso; anche il termine "rivoluzione con­
servatrice" ha questa origine (16). Evitiamo comunque di calarci in
astratte definizioni di concetti e indaghiamo solo cosa significhi "conser­
vatore" all’interno del movimento che stiamo studiando.
Nell’uso comune, il termine "conservatore" serve a definire colui che si
sforza di mantenere un qualcosa di preesistente e di difenderlo in tutte

(16) Come per il termine "conservatore", anche di questa parola i origine è oscura. La
descrizione storica del nostro idioma politico è ancora agli albori, come materia. In questo
campo non sono ancora stati compiuti studi approfonditi. Della parola "conservatore" si
può stabilire, al massimo, che è stata impiegata in discussioni politiche per la prima volta
nel periodico fondato da Chateaubriand nel 1818 e intitolato "Le Conservateur".
Le Immagini Guida 127

le circostanze. Questo è il senso che attribuiscono al termine anche i


maggiori partiti tedeschi e stranieri che hanno fatto di esso la loro
bandiera. La "Rivoluzione Conservatrice" però crede che, in questo caso,
si tratti di un conservatorismo frainteso, e cerca di dare alla parola un
nuovo contenuto. Il senso di questo nuovo contenuto viene chiarito molto
bene dal concetto opposto: "reazionario". Questa parola sembra sia stata
creata, verso la prima metà del XIX secolo, proprio da parte progressista,
come epiteto per tutti quei movimenti e quelle condizioni esistenti prima
della Rivoluzione Francese o per quelli venutisi a riproporre subito dopo:
in pratica il termine voleva indicare tutto ciò che veniva fatto in contrasto
per evitare l’avanzare del progresso. La "Rivoluzione Conservatrice"
riprende questo epiteto e lo impiega per indicare la cessazione di tutto il
conservatorismo "improprio". "Reazionario" in questo caso è colui che,
dopo lo sfacelo del 1918, si adopera per una ricostruzione dell’impero
Hohenzollern. Questo nuovo conservatorismo non suddivide la sua
posizione in appelli al mantenimento di singole forme del passato che
ancora sopravvivono: esso riguarda comunque solo ciò che è sopravvis­
suto; tutto quanto è ancora tradizione vivente si differenzia e si difende
dalla credenza nel progresso, che in pratica vuole solo sostituire il nuovo
al preesistente.
Il nuovo conservatorismo ammette dunque lo scorrere delle singole
forme ma, dietro questo movimento avanzante di base, riconosce la stasi
del tutto. Moeller van den Bruck, nel capitolo "Reaktionàr" (Reazionario)
contenuto in Das dritte Reich (Il terzo regno), scrive: "Nella storia di un
popolo, col tempo si può sempre cambiare ciò che si vuole cambiare;
l’immutabile che rimane più potente e più forte del mutevole, che
consiste nel fatto che qualcosa viene aggiunto o soppresso". Il nuovo
conservatorismo non crede che possa cambiare qualcosa di essenziale.
Gli è quindi estranea la raffigurazione, indispensabile al pensiero
progressista, di un uomo in sè perfezionabile che si accosta al bene ma
ne esce impedito da condizioni sfavorevoli; l’uomo indosserà sempre i
suoi abiti e avrà altre abitudini senza per questo cambiare la sua dis­
posizione verso il bene ed il male. La perfezione riguarda solo il tutto; il
singolo può avere accesso alla perfezione solo attraverso il suo ritorno in
questo tutto. Il termine "dimostrare" in senso attivo non esiste per la
"Rivoluzione Conservatrice"; il singolo rimane unità singola e sottoposta
al tutto e non ha la libertà di conservare ciò che è destinato al declino.
Ma la parola, se considerata passivamente, non ha senso; tutto è
"dimostrato" e niente può essere estratto dal suo confine. In questo
128 La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

contesto è comprensibile Moeller van den Bruck quando scrive nel


capitolo "Konservativ" (Conservatore),che è il suo capolavoro: "Il conser­
vatorismo ha dalla sua Peternità”.
Dalla cerchia di Moeller van den Bruck deriva inoltre quel tipo di
definizione di concetto di "conservatore" che chiarisce anche il nuovo
senso della parola. Essa risale all’anno 1931 e si trova nel "Der Ring"
(Eanello). Albrecht Erich Giinther vi scrive: con Moeller van den Bruck
"intendiamo il conservatorismo non come un qualcosa di sospeso che era
ieri, ma come una vita che è sempre valida". Ciò significa che il conser­
vatore non vive solo nel futuro come il progressista e neanche solo nel
passato come il reazionario. Egli vive nel presente, nel quale sono riuniti
presente, passato e futuro. Qui cade il riferimento al "Grande meriggio".
Il nostro movimento però si chiama "Rivoluzione Conservatrice". Che
cosa ha a che fare con la parola "conservatore" la parola "rivoluzionario"?
Non appartiene forse al contesto del progresso? In questo senso, essa
indica lo sbarazzarsi degli ostacoli che reprimono il progresso. Se la
rivoluzione ha successo, qualcosa di nuovo si viene ad aggiungere a
quanto già esiste.
Questo significato, la parola "rivoluzionario" non può averlo nel contesto
della "Rivoluzione Conservatrice", dove la rivoluzione potrebbe essere
paragonata piuttosto ad un salasso. Il singolo, il cui tempo è passato, non
dev’essere, come farebbe il rivoluzionario, spasmodicamente testardo;
preferibile è una resa immediata in favore degli altri; meglio un passo
deciso piuttosto che uno lento e pigro, quando si profila il tramonto. La
rivoluzione dunque in questo caso non viene vista, così come accade nel
pensiero progressista, come uno stadio transitorio che serve ad ac­
celerare il di per sè lento "processo evolutivo"; diventa piuttosto un
recidere con decisione le escrescenze che possono inibire la vita. "Ogni
rivoluzione vuole far saltare certe forme restrittive" dice Rauschning nella
sua descrizione di questa "rivoluzione conservatrice". Sarebbe falso, però,
voler vedere in questa "rivoluzione" qualcosa di simile alla "riforma".
Riforma è sempre qualcosa di incruento, mentre è convinzione dei
conservatori che la nascita di qualche cosa debba essere pagata con la
distruzione di qualche altra. Inoltre con la "riforma" sopravvive sempre
qualcosa in più del sussistente. Per i conservatori tutto è già stato fatto e
la "rivoluzione" può portare solo al risultato di una nuova articolazione
del sussistente. Si potrebbe dunque definire "vana" questo tipo di
"rivoluzione" che si prefigge scopi sconvolgenti; si potrebbe definirla
"scettica" poiché, per gli avvertiti, non esiste alcuna possibilità di
Le Immagini Guida 129

migliorare il mondo; si potrebbe definirla "passiva" poiché si muove su


principii di tolleranza e non è, come la rivoluzione progressista, minac­
ciata dal pathos di una direttiva arbitraria della storia del mondo. Oc­
corre inoltre osservare che, nella "Rivoluzione Conservatrice", spesso la
guerra viene considerata alla stregua di una rivoluzione. Per cui la
determinazione del concetto di "rivoluzione" quale guerra civile in con­
trapposizione alla guerra nazionale diventa imprescindibile per la com­
prensione del nostro tipo di rivoluzione.
Nell’articolo di fondo di cui abbiamo trattato prima, per "evoluzione" si
intende il tentativo di un processo rivoluzionario di "rivoluzionare" su basi
conservatrici. Ovviamente sarebbe troppo superficiale ima distinzione
tra rivoluzione e evoluzione che si basasse solo sulla semplice esistenza
o non esistenza di spargimento di sangue o di impiego della forza. La
distruzione conosce parecchie tinte, tra le quali il rosso del sangue, e,
anche se significa un regresso su determinati scopi, viene indicata invece
come "evoluzione". Della "rivoluzione" si dice: "rivoluzione significa rivol­
gere, volgere indietro, tornare nuovamente a uno stato preesistente". Ad
ogni modo, qui la nostra interpretazione di "rivoluzione conservatrice"
viene sconvolta dalla tesi di un ritorno al principio, all’origine. Ma in che
misura essa sia comunque una teoria "lineare", o in che misura venga qui
definito in modo diverso un processo del mondo ciclico con i concetti
riduttivi del mondo lineare, dipende solo dalla interpretazione della
parola "origine", molto usata nella "Rivoluzione Conservatrice". Questo
è uno dei molti quesiti che dobbiamo lasciare in sospeso.
Una cosa comunque risulta chiara: nella "Rivoluzione Conservatrice" c’è
una volontà di cambiare radicalmente certe situazioni, che basta a gius­
tificare l’uso della parola "rivoluzionario"; tale volontà, del resto, viene
definita "rivoluzionaria" anche dalla controparte. Come già detto, il
nostro compito non è, ovviamente, l’enunciazione di un sistema perfet­
tamente inquadrato, bensì la descrizione di una certa concezione del
mondo; quindi non discutiamo i limiti o le sfumature dei termini "conser­
vatore", rivoluzionario", "reazionario".
130 La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

IN RAPPORTO AL CRISTIANESIMO

Potrebbe meravigliare il fatto che contrapponiamo Cristianesimo e


"Rivoluzione Conservatrice", dal momento che, nel gergo popolare cor­
rente, sia il seguace che l’oppositore del cristianesimo sono assimilati nel
concetto generale di "conservatori". E, in effetti, fra di essi vi sono non
solo "conservatori vecchio stampo" (dunque "reazionari" nel senso della
"Rivoluzione Conservatrice"), ma anche sostenitori della nuova
posizione conservatrice che troviamo nel Cristianesimo.
Questa comunanza si riscontra principalmente esaminando l’oppositore-
tipo, costituito dal radicale difensore del progresso o dal figlio laicizzato
o ribelle che si rivolta contro i padri e diventa così un contestatore del
Cristianesimo, dal quale proviene. Solo se la "Rivoluzione Conservatrice"
diventasse potenza dominante, si potrebbe definire chiaramente una
linea di separazione.
La situazione diventa confusa anche perchè in posizione conservatrice-
rivoluzionaria, soprattutto nel gruppo dei giovani conservatori, ma in
parte anche tra i nazional-rivoluzionari e i popolari, si possono trovare
dei cristiani convinti. Un August Winnig, un Wilhelm Stapel, un Hermann
Ullmann - che sono tra quei teologi cristiani che si mantengono ai margini
della posizione- costituiscono l’esempio di un atteggiamento che crede
di poter riunire il Cristianesimo e la "Rivoluzione Conservatrice". Non
sembra però che il loro tentativo di assimilazione abbia avuto molto
successo; quasi tutti i tentativi di questo genere vengono bollati come
falsificazioni o dalla teologia cristiana tradizionale o dalle stesse proprie
fila.
La nostra teoria di una inconciliabilità tra Cristianesimo e "Rivoluzione
Conservatrice" si riallaccia alla nostra interpretazione di "linea" e "sfera".
La "Rivoluzione Conservatrice" si trova sempre comunque in divenire,
quindi rappresenta un movimento di transizione e di stadi intermedi e in
essa la prevalenza delle tendenze da noi rilevate non è facilmente
leggibile. Il carattere "lineare" del Cristianesimo, però, nel suo essere
troppo preso tra i due avvenimenti decisivi della Crocifissione di Cristo
e del Giudizio Universale, sembra venire immediatamente avvertito. Può
darsi che questo carattere sia più spiccato nel cristianesimo originario
che nel cattolicesimo medievale, che potrebbe essere definito il più
grande (e fallito) tentativo di "grecizzazione" del Cristianesimo, o anche
Le Immagini Guida 131

un tentativo di frenare l’accelerazione del tempo; si può considerare la


sacralità della chiesa cattolica come qualcosa che sfonda questo corso;
si può richiamare l’attenzione su forme successive del Cristianesimo,
nelle quali "si deroga dalla linea" - ma soprattutto dove il Cristianesimo
viene purgato dalle falsificazioni e viene riportato alla sua forma auten­
tica, trionfa la "linea". Come testimonianza del Cristianesimo abbiamo
citato l’opera di Romano Guardini; come testimonianza di parte protes­
tante ci valiamo del libro di Oscar Cullmann Christus und die Zeit (Cristo
e il tempo), che tratta proprio della "linea cristiana". In esso viene rifiutato
il concetto di eternità come una "atemporalità", come cessazione del
tempo, come "filosofia", come "metafisica", e viene affermato quello di
eternità quale tempo infinito: l’eternità non sarebbe distinta qualitativa­
mente dal tempo ma sarebbe piuttosto ima linea interminabile. Il tempo
non sarebbe altro che "un pezzo definito da Dio di questa stessa
continuità interminabile di Dio". A questo proposito, Cullmann aggiunge
che: "Il tempo, secondo la teoria cristiana, non sarebbe qualcosa di
divino: da una parte non è in contrapposizione all’eternità di Dio,
dall’altra però è inteso come linea retta, non come cerchio. Quindi si
parla di un "inizio" e di una "fine"... Finché inizio e fine vengono differen­
ziati, la retta è la sola figura adeguata. Il Cristo dovrebbe partire dalla
conoscenza che "il simbolo del tempo per il Cristianesimo, così come per
l’ebraismo biblico... è la linea ascendente, mentre per l’ellenismo è il
cerchio". Di conseguenza Cullmann stabilisce che "il disfacimento della
teoria del primo Cristianesimo di una storia sacra legata alla linea
temporale ascendente, in metafisica, è la radice dell’eresia...".
Il libro di Cullmann, pur rimanendo la più acuta, non è tuttavia l’unica
testimonianza di "linearità", da parte protestante. Non è singolare che la
sola pagina della Bibbia in cui si trova qualcosa di veramente ciclico, sia
sospettata dai teologi di essere apocrifa? Chi crederebbe che queste sono
parole di Salomone, contenute nel libro che è il fondamento del Cris­
tianesimo: "Una generazione passa e una viene: la terra però rimane
eterna. Il sole si alza e tramonta e ripete il suo corso di sempre. Il vento
si leva verso mezzogiorno e gira verso mezzanotte fino a tornare al punto
di partenza. Tùtte le acque corrono verso il mare ma il mare non si riempie
perchè esse riprendono a scorrere verso il luogo di partenza. Cosa
è successo? Qualcosa che succederà di nuovo. Cosa si è fatto? Qualcosa
che si rifarà e mai accadrà qualcosa di nuovo sotto il sole. Accade mai
qualcosa della quale si possa dire: guarda, questa è nuova? Tùtto è già
successo nei lunghi tempi che ci hanno preceduti"?
132 La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

Una frase come questa è indubbiamente eretica: essa riduce Cristo a un


profeta tra tanti altri. Viene il sospetto che il rapporto tra Cristianesimo
e "Rivoluzione Conservatrice" si basi proprio sul concetto del tempo, sul
rapporto di cui ci occupiamo nella nostra ricerca: la correlazione del
presente con un qualche passato e futuro, automaticamente, comporta
una vanificazione sia della Crocifissione di Cristo, come concezione del
passato, sia del Giudizio Universale, come idea di futuro. Ma la stessa
inconciliabilità si riscontra evidente in tutte le altre questioni reali.
Prendiamo ad esempio l’individuo. Nella Rivoluzione Conservatrice egli
perde il suo valore assoluto per divenire parte di un tutto, parte comun­
que che mantiene una propria dignità anche come membro di questo
tutto. Quale posto assume invece l’individuo nel Cristianesimo? Ricor­
diamoci l’affermazione di Guardini, secondo cui il Cristianesimo avrebbe
dato all’uomo la sua "dignità personale". E in Georg Quabbe leggiamo:
"Io dico che l’individualismo liberale trova un importante alleato nella
dottrina cristiana. Qualcosa di assolutamente nuovo di questa religione
è il riconoscimento del valore eterno dell’animo umano; il senso del
messaggio m essianico non era, secondo il testo del Vangelo, la
liberazione dei giudei, anche se questi erano comunque il popolo
prediletto da Dio, ma la redenzione dell’individuo".
Questa testimonianza conservatrice è interessante perchè il suo relatore
appartiene a coloro che ritengono compatibile la loro posizione con il
Cristianesimo. In un altro punto ci imbattiamo poi nella frase: "Un dato
di fatto sorprendente della nostra costituzione politica spirituale è per
me la reale e personale unione, sostenuta da parte nostra con istintiva
sicurezza, tra il conservatorismo di uso corrente e la religione cristiana
(dico di uso corrente in quanto in realtà io sono dell’avviso che il pensiero
cosidetto conservatore, in ultima analisi, si possa far conciliare col Cris­
tianesimo). Se fosse diversamente, avrei dei dubbi non sulla natura, ma
sulla rapportabilità morale dell’istituzione conservatrice". Altrettanto
istruttivo è il passo dove Quabbe pone il problema della guerra, che per
i conservatori è qualcosa di inevitabile o addirittura necessario: "Non
penso di potermi addentrare nei problemi teologici, ma non mi lascio
adescare da nessuna cavillosità relativa all’idea che Cristo, come ci viene
presentato nei Vangeli, rappresenterebbe concezioni, per adoperare
espressioni attuali, pacifiste e socialiste, se non proprio comuniste, mette
così in rilievo oltre ogni dubbio la tesi, se così si intende interpretare le
cose, che Cristo fosse decisamente più vicino a quelle concezioni che alla
teoria della necessità della guerra..."
Le Immagini Guida 133

Quabbe poi si incammina su un percorso dubbio quando cerca di sfuggire


alla contraddizione: "D’altra parte non si capisce perchè un conservatore
debba essere necessariamente un antipacifista. Io ritengo che non esiste
alcun ideale materiale al quale la nostra dottrina possa essere legata per
Peternità". Il conservatorismo si stempera in qualcosa di puramente
formale. Eargomentazione di Quabbe può valere per gli altri ideali, ma
certamente non per il pacifismo, che si basa sulla evitabilità della guerra
e trasgredisce le regole conservatrici nel momento in cui sostiene che il
rapporto fra il bene e il male rimane immutato e al massimo un male può
essere sostituito da un altro.
Esaminiamo ancora, molto rapidamente, il rapporto tra Cristianesimo e
"Rivoluzione Conservatrice" su altre due questioni: quella dell’unità e
quella della posizione conservatrice.
134 La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

SCISSIONE E TENSIONE

Nella rappresentazione di un movimento spirituale non c’è cosa più


infruttuosa della ricapitolazione di singole opinioni la cui addizione,
sottrazione e divisione dovrebbero fornire il quadro generale. Assai più
utile è invece un’indagine sul modo di porsi delle diverse tendenze
rispetto ad alcuni punti fondamentali. Uno di questi punti è sicuramente
il rapporto col tempo, di cui ci siamo occupati. Sono comunque interes­
santi l’immagine dell’uomo che rimane dietro la facciata dell’opinione e
l’immagine del mondo inteso come tutto. Entrambe queste immagini
vanno, quanto meno, accennate.
Eimmagine del mondo che stabilisce la linea direttiva di base della
"Rivoluzione Conservatrice" si definisce con parole già note: "unità",
"interezza". Queste parole si oppongono ad una divisione del mondo in
due parti dove l’una venga giudicata migliore o peggiore rispetto all’altra.
Il fatto che sia il Cristianesimo che il pensiero progressista operino una
divisione di questo genere, indica di nuovo la loro parentela. Il Cris­
tianesimo cattolico, con l’edificazione della chiesa quale corpo di Cristo,
innalza una sorta di controventatura (17) tra le due parti. In linea di
massima questo non cambia comunque granché nella bipartizione, e il
fatto che il Cristianesimo consideri "il mondo di qua" un tramite del
"mondo di là", unico luogo della realizzazione, indica già un concetto di
scissione. Il pensiero progressista, figlio ribelle del Cristianesimo, res­
tituisce al mondo "di qua" tutto il suo valore, considerandolo luogo di
piena realizzazione e, quand’anche nomini il "mondo di là", lo fa col tono
ostinato di chi vuole chiarire che, da parte cristiana, il mondo terreno
viene concepito con uno sguardo strabico sempre fisso sull’aldilà. Nel
cerchio del progresso si avverte sempre la cattiva coscienza di essersi
disposti da una parte sola del mondo. La lotta esasperata contro "ombre"
che minacciano, col disegno di forze "mistiche", l’armonia, la compattez­
za del mondo progressista, esposto alla luce fino all’angolo più nascosto,
una lotta che ha accompagnato da sempre, fino ad oggi il pensiero
progressista nella sua strada, è veramente significativa.

(17) Dicesi "controventatura" nelle strutture di ponti l’insieme delle membrature ausiliarie
che legano le travature portanti, allo scopo di renderle resistenti alle azioni orizzontali.
Qui l’espressione si potrebbe rendere con "elemento di raccordo" (n.d.c.)
Le Immagini Guida 135

Dal momento che questa battaglia viene condotta con un’apprensione


segreta, quelle forze non possono essere semplicemente forze note del
proprio mondo ma potrebbero essersi insinuate da un "altro" mondo.
Con la sua "unità" e la sua "interezza", la "Rivoluzione Conservatrice"
accampa la pretesa di rimanere fuori da tale tipo di scissione. Non si tira
da parte se c’è da discutere di quegli effetti "mistici", anzi li esamina e li
considera come componenti appena scoperte del proprio mondo. O, per
usare immagini spaziali popolari, che, per la loro chiarezza, si riscontrano
poi in quasi tutte le affermazioni sul mondo inteso come tutto: il mondo,
per il pensiero progressista si ferma a quell’altezza dove, per i cristiani,
comincia lo spazio "ultraterreno", mentre, per la "Rivoluzione Conser­
vatrice", continua. Questo concetto tuttavia non costituisce un elemento
di netta separazione, in quanto ogni luogo sta sotto la stessa legge. Il solo
possibile dissidio è nel concetto riguardante il tutto e le sue parti; anche
se tale dissidio non comporta decisamente una scissione.
Dalla parte avversa questa "unità" talvolta viene fraintesa come un monis­
mo, qualcosa di conio haeckeliano. Il grido di guerra di Nietzsche contro
gli "extraterrestri": "Restate fedeli alla terra", che diventa poi anche il
grido di guerra della "Rivoluzione Conservatrice" per l’immagine del
mondo, come il suo "amor fati" per la visione dell’uomo, potrebbe anche
indurre a questo errore. Come molte altre immagini di Nietzsche, anche
quest’espressione è formulata nella lingua del mondo ostile e si offre così
all’equivoco dell’interpretazione di quella "unità" come una rigorosa
restrizione materialistica alla parte evidente del mondo. Con questa
enfasi nei riguardi della terra e la negazione di ogni mondo "extra", il grido
di Nietzsche invece ammonisce che esiste solo un mondo e che questo
mondo comincia già qui dove noi siamo, che esso è dovunque; quindi: "Il
centro è ovunque".
A un altro equivoco simile risale l’interpretazione data da Weininger di
questa "unità" quale massa indolente, privata dagli opposti della neces­
saria luminosità. Lunità, l’interezza non escludono però gli opposti: esse
li compendiano e non ammettono alcuna divisione: in pratica, pur non
mancando di tensione, sono certamente senza scissione. La sfumata
distinzione tra "divisione" (polarità) e "tensione" (dualismo) è una delle
chiavi per comprendere la "Rivoluzione Conservatrice".
136 La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

IL "REALISMO EROICO"

A proposito dell’idea dell’uomo, ci imbattiamo in un altro equivoco che


spesso rende più difficoltosa la conoscenza della Rivoluzione Conser­
vatrice. Si tratta della semplificazione che vorrebbe ogni pensiero
progressista basato sull’immagine di un uomo originariamente buono e
che ritiene invece ogni pensiero "conservatore" (compreso quello cris­
tiano), basato sull’idea di un uomo originariamente cattivo. Ma così si
dimostra che Cristianesimo e pensiero progressista appartengono alla
stessa parte pur con diversi segni, mentre la "Rivoluzione Conservatrice"
si differenzia da entrambi.
Comune al Cristianesimo e al pensiero progressista è il fatto che entram­
bi reputano l’uomo assolutamente morale, radicalmente onesto. Secondo
la teoria cristiana, l’uomo è soggetto a peccare, e quindi tutta la sua
esistenza è indirizzata verso quel lontano punto dove, con l’aiuto della
grazia di Dio, il peccato gli verrà rimesso. Secondo la teoria del pensiero
progressista, l’uomo, originariamente buono, viene scomposto dagli in­
flussi dannosi della perfezione, per cui la sua esistenza mira a raggiungere
quel punto lontano che coincide con lo stato di perfezione. Abbiamo già
appreso nel corso della nostra indagine che una tale divergenza di valori
può comunque essere segno di una parentela interna, soprattutto se si
svolge sullo stesso binario in direzione opposta. La "Rivoluzione Conser­
vatrice" si differenzia da entrambe in quanto le sarebbe impossibile
operare una valutazione così radicale dell’uomo, secondo gli schemi del
"buono" e del "cattivo". Il suo atteggiamento non è una posizione raddriz­
zante, la sua non è una filosofia di redenzione, ma una posizione che
accetta passivamente tutto quanto accade. Il "tout ce qui arrive est
adorable" di Lèon Bloy potrebbe essere considerato il motto di tutta la
"Rivoluzione Conservatrice". Con ciò non significa che il morale, l’onesto
sia escluso, ma esso viene posto in rapporto con il contesto generale.
Questa posizione potrebbe essere definita "estetica", nel senso di
"esteriore", in contrapposizione alla posizione morale. La parola "es­
tetico", sotto la pressione del moralismo cristiano e delle sue forme di
secolarizzazione, come del resto è successo a molte altre denominazioni
di valore cristiano, ha perso il suo antico significato, per diventare la
definizione sprezzante di una fiacca manifestazione del senso del gusto.
Le Immagini Guida 137

La categoria col cui aiuto questa antropologia "estetica" determina


meglio l’essenza dell’uomo è quella dell’imperfezione. Luomo dunque di
base non è cattivo, ma imperfetto, in quanto è solo una "parte" del tutto.
Questo tuttavia non lo umilia, perchè egli è una parte del "tutto" e quindi
partecipe anche della dignità di questo tutto.
Gli avversari della "Rivoluzione Conservatrice" le rimproverano sempre
che, come già la sua immagine del mondo, così anche la sua immagine
dell’uomo fiacca quest’ultimo e lo condanna all’inattività. Ricordiamo
che Weininger definisce il "movimento regressivo del cerchio" un
movimento "tipicamente amorale": "Esso è autonomo, non lascia spazio
alle aspirazioni, ripete continuamente la stessa cosa, è, dal punto di vista
morale, peggiore del retrocedere dei gamberi i quali procedono almeno
sempre all’indietro e almeno con un senso...". Differente la posizione dei
ciclici; Friedrich Georg Jùnger dice, per esempio, che si tende troppo
spesso ad associare al fatalismo l’idea di una certa pigrizia e fiacchezza
di volontà: cosa ingiusta, poiché esso non può condizionare la volontà.
"Un uomo di grande forza di volontà non può essere indebolito dal
fatalismo fino a diventare o a sentirsi un oggetto nelle mani di una forza
superiore, incontrollabile; molti esempi ci insegnano che l’uomo è capace
di forze straordinarie".
Chi ha ragione? Non è nostro compito stabilire quale dei due "sistemi"
debba pretendere una posizione attiva, in base alla sua legittimità inte­
riore. Noi abbiamo solo la pretesa di descrivere ed esaminare ai fini della
comprensione i dati di fatto più notevoli apportati dai rispettivi sos­
tenitori per dimostrare che l’immagine ciclica del mondo, pur essendo
diretta verso un evidente quietismo, non esclude comunque l’attività. La
"Rivoluzione Conservatrice" vede naufragare tutte le posizioni umane e
può solo credere che questo naufragio abbia il suo senso nel tutto. Anche
il cristiano e il progressista prevedono un naufragio, ma questo,
nell’immagine universale cristiana, è per il singolo la soluzione dell’aldilà,
il modo per innalzare l’anima. Nel pensiero progressista, il naufragio
equivale a uno stadio dialettico lungo la via, sia pur lontana, della
perfezione. Per l’uomo della "Rivoluzione Conservatrice", invece, esso
rimane legato a tutta la sua credenza; egli è solo parte del naufragio e
non può inserirsi nell’alto valore del tutto.
Questo concetto occorre esprimerlo, perchè il mondo ciclico spesso
viene frainteso con un mondo idilliaco. E’ comunque sorprendente
trovare sempre concetti relativi all’idea del ritorno che, in qualche modo,
affermano la distruzione di sè e fanno girare la ruota del nascere e del
138 La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

morire. Con ciò siamo arrivati al perno della posizione rivoluzionario­


conservatrice. Il termine nietzscheano "amor fati" ne è la chiave: l’amore
per il mondo come esso è, con i suoi eterni mutamenti di divenire e di
morire, l’amore per il mondo come è "ora”, senza speranza di un
miglioramento nell’aldilà o in un lontano futuro. Il mondo come è sempre
stato e sarà. Questa posizione ha avuto diverse definizioni. Già con
Nietzsche troviamo il termine "visione tragica" per esprimere tale atteg­
giamento, che non cerca di chiudere gli abissi prematuramente. Per la
giovane generazione di rivoluzionari-conservatori diventa doverosa la
adozione del termine "realismo eroico" che Werner Best ha coniato nel
1930 nel volume Krieg und Krieger (Guerra e guerrieri). "Eroico", perchè
questo mondo deve essere visto come "realistico", ovvero degno di fede,
non per poterne creare un altro migliore, ma per accettarlo così com’è.
Nel libro di Ernst Junger DerArbeiter (Eoperaio)(18), una sorta di bibbia
del "realismo eroico", leggiamo: "... è compito del realismo eroico cer­
tificarsi e autenticarsi..." E ancora: "La virtù che si conviene a questo stato
è quella del realismo eroico, che non è scosso neppure dalla vista della
totale distruzione o dalla mancanza di speranza". Perchè mai una tale
posizione per il realismo eroico sia più di un semplice adattarsi al destino
e come essa non impedisca l’azione, ce lo chiarisce Ernst Junger, quando
parla, in qualità di portavoce di questa posizione, di una battaglia umana:
"che è in grado di saltare in aria con piacere e che in questo atto scorge
ancora un’affermazione dell’ordine".
Bisogna anche riconoscere a questa posizione, nonostante l’impotenza
del singolo, un concetto di libertà, anche se insolito: "La posizione del
singolo viene aggravata dal fatto che egli si trova in dissidio con se stesso,
cioè nella situazione più avanzata di lavoro e di battaglia. Mantenere
questa posizione e non esserne assorbiti, essere non solo materia ma
anche supporto del destino, intendere la vita non solo come campo del
necessario, ma, allo stesso tempo, di libertà, è una capacità che già basta
a meritare la definizione di realismo eroico".

(18) Tr. it.: Longanesi, Milano.


Le Immagini Guida 139

IL CARATTERE PARADOSSALE DI U N A DOTTRINA


CONSERVATRICE

Abbiam o cercato di chiarire, anche se in breve, l’essenza della


"Rivoluzione Conservatrice" nel suo rapporto col tempo; abbiamo poi
descritto, per grandi linee, la sua immagine del mondo e dell’uomo.
Adesso è venuto il momento di esaminare questa rivoluzione in campi
quali la concezione di usi e di leggi, di stato e di comunità, di cultura e di
economia e di tutti gli altri settori nei quali si articola "la vita". Stac­
chiamoci dal nostro schema di un movimento inteso come un tutto e
abbozziamo uno schema dei cinque gruppi dai quali ci sembra che esso
possa essere costituito.
Ciò che abbiamo cercato di delineare finora sono gli assiomi dai quali
partono il pensiero e il comportamento del rivoluzionario-conservatore.
Oltre a questi assiomi, bisogna distinguere però le differenze causate da
condizionamenti di vario tipo, quali possono essere, per esempio, la
situazione generazionale o la tradizione storica o il radicamento ambien­
tale. La "Rivoluzione Conservatrice" infatti non è una ideologia ben
definita, rigida, con norme assolute, ma una struttura prodotta da diverse
topografie. Una descrizione precisa di questa struttura sarebbe dunque
cosa ardua e comunque approssimativa. Non dimentichiamo però che
rimangono degli assiomi validi per tutti; prendiamo ad esempio la cos­
tituzione dello stato: il punto di partenza è dato dalla convinzione che
tutto si svolga sempre al presente. Ciò determina non che tutti gli uomini
una volta siano stati uguali o che un giorno saranno uguali, bensì che lo
stato di differenza che riscontriamo deve essere il punto di partenza per
ogni costituzione statale. Uno stato che parta dall’idea dell’uguaglianza
tra gli uomini, secondo la "Rivoluzione Conservatrice", poggia su un
inganno, ed è minacciato costantemente da pericolose deformazioni:
esso dovrebbe basarsi su una norma che preveda l’inserimento, per vie
indirette, di una struttura graduata. Quale forma di questa struttura
graduata sia concepita dal pensiero del singolo teorico dello stato, di
parte rivoluzionario-conservatrice, dipende però dalle condizioni alle
quali costui è sottoposto in quanto singolo o membro di una comunità.
Qui subentra l’analisi individuale.
Quali siano le difficoltà di un’analisi di questo tipo, è stato già detto:
troppo spesso vengono espressi in lingua "lineare" dei giudizi che sono
140 La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

propri delle forme della "sfera" e del "ritorno”. Di tal cosa non è colpevole
solo l’interregno nel quale viviamo, con i suoi confini facilmente abbat-
tibili; bisogna parlare anche di una singolare "vergogna", di una stupidità
dalla quale tutti i conservatori sembrano essere colpiti.
La Montagna incantata di Thomas Mann è la testimonianza del suo
dissociarsi dalla "Rivoluzione Conservatrice", cui nelle sue Betrachtungen
eines Unpolitischen (Considerazioni di un impolitico) aveva fatto da
padrino. In questo romanzo egli considera conclusa, soprattutto per se
stesso, la controversia tra la "Rivoluzione Conservatrice" e i suoi op­
positori. In una delle poderose conversazioni ideologiche egli fa dire a
Settembrini, il portabandiera del progresso: "La parola è l’onore
dell’uomo e soltanto questa ne fa degna la vita. Non solo l’umanesimo,
ma in genere l’umanità, l’antica dignità umana, il rispetto dell’individuo
ed il rispetto umano di se stessi sono inscindibili dalla parola, tutt’uno
con la letteratura... altrettanto legata, o forse più, alla letteratura, è anche
la politica: anzi essa è una derivazione dell’unione dell’umanità con la
letteratura, perchè la bella parola produce la bella azione". Thomas
Mann lascia poi dire a Settembrini, rivolto al tedesco Castorp, questa
volta in un discorso diretto e in accostamento alla parola di Dostojewskij,
che la Germania non ha ancora trovato la sua parola: "Lei tace... Lei e il
suo paese mantengono un silenzio senza riserve, la cui impermeabilità
non concede agli altri di giudicarne la profondità. Loro non amano la
parola o non la posseggono o la santificano in modo sgarbato, il mondo
dei suoni non sa e non può capire il loro pensiero. Questo è pericoloso,
amico mio. La lingua è la civiltà stessa... La parola, anche la più contrad­
dittoria, riesce sempre ad unire... Ma il mutismo allontana gli uni dagli
altri... Si suppone che loro vogliano rompere la solitudine mediante
azioni".
Con i conservatori, ci imbattiamo sempre nella convinzione che il con­
servatorismo sia una posizione mentale e non una dottrina. E in effetti, il
conservatorismo consolida una teoria solo quando deve difendersi da una
teoria contraria. Esso è sempre vinto dalla legge dell’awersario nel
campo della lingua, un pericolo cui è meno esposto se rimane solo una
posizione mentale.
Georg Quabbe espone questa convinzione chiaramente: "Non sono solo
l’incompatibilità di formazione e la grettezza mentale a rendere sospette
le teorie delle persone conservatrici".
Il conservatore ha il talento nel sangue e ciò lo rende più sicuro di sè.
Mentre il razionalista progressista va fiero della presunta corrispondenza
Le Immagini Guida 141

tra la sua dottrina e il puro raziocinio e quindi propende a vedere nel


conservatore uno sciocco incorreggibile, il conservatore induce a guar­
dare uno smarrimento dei suoi ideali solo come un tipo di degenerazione
psichica e magari fisica. "Per il conservatore, la riflessione sui principii
della propria posizione mentale è... una specie di profanazione, così come
la necessità dell’argomentazione sull’esistenza di Dio è uno scandalo
estetico per chi è veramente credente; l’attribuzione di un valore ir­
razionale al livello razionale, il privare la divinità del suo carattere divino,
diventa un incentivo all’inesplicabile, senza poi che questo si possa
seriamente considerare come l’adorare il diavolo delle sinistre, su un
teatro di guerra della ragione".
A questa ingenuità del conservatore si aggiunge il fatto che questo lo
danneggia nel campo politico contemporaneo. Il "così deve essere, non
si può sfuggire", non si adatta come motto ad un campo in cui la con­
troparte promette un deciso miglioramento della sorte del singolo al
posto della immutabilità del destino. Georg Quabbe, che si dissocia dalla
sicurezza di sè dei conservatori, dopo esserne stato propugnatore, e che
quindi riconosce la debolezza della posizione conservatrice, scrive a
questo proposito:" Qui è manifesta la superiorità della tesi progressista
su quella conservatrice; è palese la necessaria vittoria della speranza sulla
rassegnazione, che deve essere notoriamente un’idea insopportabile o
controproducente per la psiche di massa". Quanto lo stesso Quabbe
dipenda dalla legge degli avversari, lo dimostra l’indicazione della
propria posizione con la parola negativa "rassegnazione", cosa molto
lontana dal pathos del "realismo eroico". Così continua: "Lo svantaggio
nel propagandare le idee conservatrici è più che evidente. Il nostro senso
più profondo non è comprensibile alla massa; le ultime linee di
ripiegamento sono state raggiunte da pochi. Le tesi del progressista,
adulatorie, ottimistiche, formate alla chiara luce del giorno, hanno più
possibilità di arrivare alla massa e passano per più acute e più spirituali:
la stessa frase può essere scritta da Locke e da un oscuro oratore, con la
stessa mano felice. La nostra dottrina vive unicamente in una piccola
cerchia esoterica; raramente siamo in grado di fare in modo che tutta la
gente della nostra opinione resti immune dalla "verità" esterna e non vedo
molte possibilità di agire sulle masse. Ciò comporta, senza dubbio, una
grossa discrepanza tra teoria conservatrice "pura" e "pratica", il che ha
come conseguenza una flessione del livello dell’agitazione popolare,
l’essere ignorati da più parti, il darsi da fare senza ottenere frutti, com­
porta il sottolineare senza successo i momenti più efficaci e, ancora, il
142 La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

doversi dedicare a questioni quotidiane e con l’adozione, contraria ai


nostri sistemi, di frasi ad effetto e di pensieri pubblicitari".
All’interno della "formazione settaria" della "Rivoluzione Conservatrice"
si accende, dopo queste affermazioni, una luce nuova.
Il vero conservatorismo per Quabbe assume la forma di una dottrina
segreta. "La nostra dottrina pura non va bene per questi tempi in cui i
dotti vogliono argomenti facilmente comprensibili e la massa vuole sen­
sazioni; tuttavia questo, indubbiamente, è il momento di una cultura di
transizione e - se solo le cose vanno in circuito o progrediscono - può
facilmente accadere che la dottrina segreta alla fine si guadagni onore e
fama, soprattutto se essa è viva e non deve essere ricercata per ogni dove,
perchè magari è andata perduta o si è fuorviata, alterata".
I CINQUE GRUPPI

CONCILIAZIONE DELL INCONCILIABILE ?

Questo libro associa personalità che sembra non abbiano niente in


comune. Che cos’ha uno come Hermann Wirth, con la sua dedizione alla
ricostruzione dei miti originari, in comune con un Heinz Brauweiler, col
suo tentativo di garantire lo Stato nella sua concreta esistenza attraverso
l’edificazione di supporti giuridici? E che cosa lega i due a un Hertmut
Plaas, che sogna tramonti nella giungla della grande città? E quale nesso
fa sì che a questi tre scrittori si possa affiancare l’orgogliosa figura del "re
contadino" Claus Heim ? Dov’è il ponte che conduce ad un "Thsk" (l),
alias Eberhard Kòbel, che coi suoi giovani cerca di edificare uno Stato
autonomo retto da giovani e lontano dal mondo degli adulti? Nebbia
nordica primordiale, burocrazia ministeriale e salotto esplosivo nel sot­
tosuolo, opposizione del mondo contadino al funzionario ministeriale e
alla macchina, musica di banjo nei bivacchi: come si concilia tutto ciò?
La Rivoluzione Conservatrice si scinde in cinque gruppi ben differen­
ziati. Viene meno la concezione di una sfera che possa abbracciare il
tutto. Come l’uomo pone tra sè e la propria concezione del divino le
immagini degli dei, così nella Rivoluzione Conservatrice si diffondono
immagini parziali, segni di quel lontano modello mediati dal tempo. Sono
immagini ravvicinate, per questo le generalizzazioni sono qui ancor meno
valide. Nel considerare tali correnti non ci sorprenderemo dunque del
fatto che tra quel "modello superiore" e questi due "modelli inferiori" non
sussistono rapporti logici. Le considereremo perciò nella loro effettiva
difformità, perchè un livellamento ci condurrebbe lontano dalla loro
realtà.
Concretamente, si tratta di realtà ben distinte. I primi tre gruppi sono,
tran n e e c c e z io n i, m ovim en ti id e o lo g ic i. G li u ltim i d u e, la
"Landvolkbewegung" (Contadina) e la "Jugendbewegung" (Giovanile)
sono concrete esplosioni storiche, da cui solo a posteriori si estraggono
concezioni di carattere ideologico. La "Landvolkbewegung" non si
esprime da un punto di vista letterario, prende in prestito i suoi (spesso
(1) In lingua antico - germanica, "tedesco" (N.d.T.)
144 L a Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

inopportuni) apologeti letterari dagli altri gruppi. Passiamo dunque


dall’astrazione alla variabilità della storia, perchè si adoperano anche
immagini storiche per una determinazione più chiara del tempo super­
storico.
Per la denominazione dei cinque gruppi ci siamo attenuti alla storia. Non
abbiamo però trovato i cinque nomi già confezionati per indagare i
gruppi, ma abbiamo applicato ad essi denominazioni a quei tempi diffuse.
Tali nomi non possono stare sullo stesso piano, perchè non sono stati
scelti sulla base di una concezione unitaria; presentano tuttavia il vantag­
gio di apportare un pizzico di sentimento storico.
Anche per la successione fra i gruppi ci atteniamo alla storia. I
"Vòlkischen" si situano al primo posto, perchè dei cinque gruppi sono gli
unici che vanno senza interruzione dall’epoca guglielmina alla nostra.
Anche la "Jugendbewegung" sorge prima della Prima Guerra Mondiale,
ma il suo costituirsi in "lega" costituisce una forma del tutto nuova rispetto
alle due precedenti, i vecchi "Wandervògel" (Uccelli migratori) ed il
gruppo formatosi subito dopo il 1918 dei "Freideutschen" (Liberi Tedes­
chi). Lo stesso gruppo da noi designato come "jungkonservativ" (giovane­
conservatore) potrebbe risalire ai padri dell’epoca guglielmina ed ancor
prima: abbiamo già esplorato tutto il XIX secolo alla ricerca di un
conservatorismo puro, non "reazionario"; il crollo della monarchia pone
gli "Jungkonservativen" dinanzi a compiti del tutto nuovi.
Cosa che non accade per i "Vòlkischen" (Popolari) nè per i "Bundischen"
(Confederati), con i loro scarsi legami con la monarchia.
1 “ Nationalrevolutionàre” (Nazionalrivoluzionari) e la “ Landvolkbe-
wegung” sono formazioni completamente nuove prodottesi nel dopo­
guerra.
I Cinque Gruppi 145

PRIMO GRUPPO: I "VÒLKISCHEN"

I "Volkischen", anche sulla base del modello al quale si ispirano, sono da


collocare al primo posto. Questo gruppo, pur così eterogeneo, ha in
comune il fatto che la visione storica che utilizza per la determinazione
del tempo super-storico si richiama, rispetto a quella degli altri gruppi,
ad un tempo di molto anteriore. I "Volkischen" si richiamano diretta-
mente ai primordi.
Per alcuni il punto più importante è la "razza", sia che si esprima come
"razza nordica" di contro alle altre razze o, più raramente, in un dualismo
tra una razza luminosa ed una oscura (2). In altri si ha un "germanesimo"
che già nel nome racchiude la possibilità di una mescolanza razziale.
Come terza concezione c’é quella del "Volk" (popolo) tedesco, come
miscuglio di più razze imparentate e cresciute insieme. Con ciò è pronta
la via che conduce dalla "materia grezza" della razza a forme compiute
prodottesi nel corso della "storia". Anche il singolo gruppo etnico può
inserirsi in questo quadro che ne spiega l’origine. Ma i "Volkischen", per
descrivere l’origine di questo insieme di razze, popoli, gruppi etnici, non
si basano esclusivam ente sulle co sid d ette form e del corpo o
sull’ubicazione geografica; utilizzano anche elementi che vanno oltre: un
paesaggio è qualcosa che rende l’uomo espressione di quella che
è 'Tanima del paesaggio" (3), e una pianta come la segale racchiude in sè
una forza determinante (4). Oppure questa forza determinante la si coglie
anche negli uomini; cosa che fanno quelle dottrine che considerano gli
esseri umani plasmati non dalla razza ma dalla loro lingua (5).
E mentre tutto ciò - razza, popolo, stirpe, paesaggio, lingua - viene
ulteriormente circoscritto da termini come "nordico", "germanico",
"tedesco", altre concezioni ancora provengono da elementi marginali dei
"Volkischen", concezioni non presenti fin dall’inizio.

(2) Dottrine razziali pluraliste come quella di Hans F. K. Gunther o di L. F. Clauss, sono
tarde da un punto di vista storico; all’inizio le dottrine razziali avevano un carattere
dualistico, come appare ad esempio ancora in Die Aistie des Jesus von Nazareth di Hans
Blùher (Heidelberg 1922).
(3) Cfr. il geografo Ewald Banse, Landschaft und Seele, Miinchen 1928.
(4) Come dicono F. Merkenschlagere K. Saller, i teorici della razza del "Widerstandskreis"
di Niekisch.
(5) G. Schmidt-Rohr, Die Sprache als Bildnerin. Eine Wesens - und Lebenskunde der
Volkstiimer, in "Schriften der deutschen Akademie" 12,1932.
146 La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

Si pensi anzitutto alle dottrine "organicistiche", che considerano il


popolo o lo Stato qualcosa che si sviluppa come una pianta, e si
esprimono attraverso volumi come Bauhiitte di Kolbenheyer o Das or-
ganische Weltbild di Paul Krannhals. Esistono dunque molte teorie per
determinare l’origine, nell’ambito dei "Volkischen", ed il quadro si
presenta sempre più confuso. Dal momento che tutte le teorie indicate
affondano nella preistoria, e dispongono come uniche testimonianze di
reperti archeologici, il campo resta aperto a tutte le opinioni possibili.
Non è ad esempio un fatto straordinario per la Prussia che esistano
dottrine razziali che si staccano dalla principale corrente "nordica" ed
enfatizzano il significato della commistione slavo-germanica per la for­
mazione del popolo tedesco (6). Ma questa è solo una delle tante sorprese
offerte dai "Volkischen". Stranissime proliferazioni nascono dalle
etimologie. Un sistema etimologico autodidatta è il mezzo principale con
cui i "Volkischen" cercano di superare la terra di nessuno che si estende
tra la storia e le origini. Tramite esso si vuol dimostrare che tutte le lingue
romanze sono soltanto dialetti tedeschi (7), mentre c’è chi, sempre ser­
vendosi dell’etimologia, dimostra che la razza tedesca ha origine dalle
dodici tribù d’Israele (8). C’è chi sostiene che la concezione del paradiso
dell’Antico Testamento è stata sottratta ad una tradizione germanica e
trasporta il vero paradiso a Mecklenburg: lo si rileva in una carta
geografica in cui il Giordano si immette nell’Elba e Rugen, Usedom e
Wollin sono indicate come le isole delle anime (9). Un’altra teoria situa
invece Asgard e Midgard nel basso Reno, tra la valle della Ruhr e quella
della Wupper (io). Così il movimento "vòlkisch" si frantuma nei suoi
elementi periferici e soprattutto nei ranghi inferiori. La confusione dei
contorni viene accentuata dal proliferare delle molte "dottrine segrete",
diffusesi con la ritirata del cristianesimo, che cercano di svelare i "mondi
occulti" abbandonati dal cristianesimo e trascurati dal progresso. Un
"vòlkisch" utilizza la dottrina della deriva dei continenti per sostenere la

(6) Cfr. in proposito F. Merkenschlager e A. Moeller van den Bruck.


(7) E. Fuhrmann, Die franzòsische Sprache, ein deutscher Dialekt, Haeen 1923; o il
docente di ginnasio K. Stuhl, Das altròmische Arvallied, ein urdeutsches Bittganggabet,
Wurzburg 1909.
(8) P. Senstius, D ie Starnine der Israeliten und Germanen, p. 45, tavola col quadro
genealogico delle tribù, Leipzig 1931.
(9) F. von Wendrin, Die Entdeckung des Paradieses, p. 254, Braunschweig 1924.11 libro
dev’essere comunque (l’informazione è di W. Stapel, cartolina dell’8 novembre 1950
all’autore) una mistificazione attuata falsificando l’editore, opera di un avversario
(Wendriner?) dei "Volkischen". Notizia simile da parte di P. Scheibert su cartolina del 13
ottobre 1950 all’autore.
(10) F. Fischbach, Asgart und Mittgart. Mit den schònsten Liedem der Edda, Leipzig 1902.
I Cinque Gruppi 147

teoria della migrazione della razza nordica dall’inabissata Atlantide


verso sud e verso est; un altro cerca con l’aiuto dei simboli venuti alla luce
da chiese sepolte, della ruota solare o della runa, di compiere altri scavi;
un terzo utilizza lo spiritismo come chiave di comprensione del tempo
primordiale. Sorgono teosofi di ogni tipo, sebbene una parte dei
"Volkischen" li etichetti come "massoni", "criptocattolici" o con altri
epiteti. Questi elementi dell’ideologia "vòlkisch" hanno condotto ad al­
cune congetture sulle "radici" iniziatiche, sia del movimento "vòlkisch"
che del nazionalsocialismo nel suo aspetto più decisamente "vòlkisch".
Esse si basano soprattutto sulla leggendaria società Thule, che fu fondata
a Monaco nel 1918, e su un suo aderente quasi leggendario, il barone
Sebottendorff (che nel 1945, nel giorno stesso della capitolazione della
Germania, si gettò nel Bosforo). Per alcuni il barone Sebottendorff è un
amabile sognatore, per altri invece un grande "iniziato", e nel fondo uno
che tiene le fila. Due autori francesi ad esempio hanno edificato su queste
basi una storia segreta della Germania tra la Prima e la Seconda Guerra
Mondiale (11). Ci basti riportare la notizia, perché non appartiene a
questa nostra ricerca il problema se questa storia esoterica sia da con­
siderare assieme alla storia "normale" o se essa sia nota solo agli iniziati
(12). Va tenuto presente che nell’ambito "teosofico” dei "Volkischen" i
due circoli viennesi gravitanti intorno alle figure di Guido von List e Jòrg
Lanz von Liebenfels (di vero nome Adolf Lanz) (13), divennero par­
ticolarmente noti in quanto una forte comunità di lettori si aggregò
intorno ai numerosi scritti di questi due autori. Proprio grazie a questa
produzione risulta chiaro come in queste "dottrine segrete" si mescolino
elementi razional-illuministici ed elementi fantastici.
Lo si vede già dai titoli dei lavori di Lanz von Liebensfels, Theozoologie
oder die Kunde von den Sodomsàffligen und dem Gótterelektron o Neue
physikalische und mathematische Beweisefiìr das Dasein der Seele, che
mostrano quantosia presente in essi l’idea di progresso. A tale idea si
ricollega il tardo Ernst Jiinger, con le "teorie di cui i maestri di scuole di

(11) L. Pauwels, J. Bergier, Le matin des magiciens, Paris 1960 (tr. it., Il mattino dei maghi,
Mondadori, Milano 1965)

(12) Cfr. D. Bronder, Bevor Hitler kam, Miinchen 1964. Lavoro molto ricco di dati,
pressoché parallelo al nostro, crede chiaramente in queste radici iniziatiche e stupisce il
lettore con le sue fondate ipotesi.

(13) Wilfred Daim, Der Mann, der Hitler die Ideen gab, Miinchen 1958, cerca di fare di
Lanz von Liebenfels, nell’ambito del nazionalsocialismo, quello che Marx fu per il
bolscevismo.
148 La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

Lo si vede già dai titoli dei lavori di Lanz von Liebenfels, Theozoologie
oder die Kunde von den Sodomsàffligen und dem Gótterelektron o Neue
physikalische und mathematische Beweisefiir das Dasein der Seele, che
mostrano quanto sia presente in essi l’idea di progresso. A tale idea si
ricollega il tardo Ernst Junger, con le "teorie di cui i maestri di scuole di
campagna di cinquant’anni prima avevano abusato" (14). Essa è tipica
tanto dei "nazionalrivoluzionari" alla Junger che dei "giovani conser­
vatori": entrambi i gruppi si distanziano dalla corrente "vòlkisch", che
trovano ideologicamente estremamente lontana. Per i più eterogenei
"Jungkonservativen" e "Nationalrevolutionàre", i "Volkischen" sono
un’aggregazione confusa e disorganica che non si può prendere sul serio.
Quanto si estenda questa disgregazione lo dimostra il fatto che neppure
un comune nemico riuscì mai a dare unità ai "Volkischen". Lopinione
corrente che per lo meno l’opposizione agli ebrei li abbia uniti non
è esatta; esistono infatti "Volkischen" di sentimenti filogiudaici o per lo
meno non antigiudaici: basti pensare all’amicizia che univa Wilhelm
Schwaner, il fondatore del "Volkserzieher", a Rathenau. I "Volkischen"
costituiscono il gruppo meno compatto, proprio per il loro deciso an­
corarsi al passato , inteso in un duplice senso: per quanto concerne il
sorgere del movimento e per il loro ideale modello storico. In loro ha ben
poca importanza la tensione, cui già si è accennato, tra le rigide forme
del Cristianesimo ed i propugnatori del progresso in cerca di nuove
concezioni globali. Ne è un segno lo sviluppo delle concezioni razziali. Il
sorgere delle ideologie razziali non è ancora stato chiarito da un punto
di vista storico (15). Durante il XIX secolo si diffondono teorie razziali
dualiste e teorie pluraliste; in altre parole, concezioni quasi "zoologiche"
si affiancano a concezioni quasi "teosofico-spiritistiche".
Sembrano prevalere quelle dottrine che considerano la "razza" un fatto
per così dire biologico, soggetto alle leggi del darwinismo ed alla
"linearità" dello sviluppo, sia che finisca col disgregarsi, a causa di mes­
colanze e di selezioni erronee, sia che venga indirizzato verso una "alta"
realizzazione. Esempi di concezioni razziali del genere nel seno delle
scienze naturali del XIX secolo si hanno con Die Gesellschaftsordnung
und ihre natiirlichen Grundlagen di Otto Ammon (1895) e con
fantropologia politica". Di Ludwig Woltmann, di provenienza marxista,
è una ricerca sull’influsso della teoria dell’ereditarità sulla dottrina dello

(141 E. Junger, D er Friede, Amsterdam 1948, p. 47 s.


(15) Una ricerca storica è stata svolta da Erich Voegelin attraverso i due libri Die
Rassenidee in der Geistergeschichte e Rasse und Staat (w ien 1936).
I Cinque Gruppi 149

sviluppo p olitico dei p op oli ( 1 6 ). S iam o su llo s te ss o p ia n o ,


nell’accentuazione degli aspetti immateriali, delle dottrine della razza
teosofiche e spiritistiche, tipo quelle di Guido von List e Lanz von
Liebenfels, che ebbero minore importanza, pur se numerose. Materialis­
mo ed idealismo si implicano a vicenda; solo il pensiero "totale" del XX
secolo penserà di porsi al di fuori di questa alternativa.
Di fatto, le dottrine "zoologiche" sopravvivono alla Prima Guerra Mon­
diale; il loro senso sta nel fatto che servono al nazionalsocialismo come
una delle basi della sua politica. In sempre maggiore evidenza si mettono
i tentativi di intendere la "razza", in base alle nuove aspirazioni, quale
unità di "materiale" e di "spirituale". Questa tendenza è favorita
dall’impulso proveniente da altri gruppi, come quando Spengler per
"razza" intende un "essere in forma", o Jiinger intende il "sangue" come
qualcosa di simile alla "scintilla" dei mistici. Tale trasformazione si avverte
anche nel fatto che la parola "razza” perde adesso parte della sua impor­
tanza ed i "Volkischen", a partire dalla fine degli anni Venti, puntano i
loro sforzi principali sulla creazione, già ventilata nel XIX secolo, di ima
nuova religione "indo-germanica", "germanica" o "tedesca". Non è pos­
sibile compiere in poche righe un’analisi dei cosiddetti "credenti tedes­
chi". Si tratta di una "germanizzazione del cristianesimo" (Arthur Bonus)
che fa di Cristo un "ariano" (H. St. Chamberlain) e cerca in qualche modo
di trasformare le concezioni della pietà e del peccato in una "dottrina
eroica di salvezza" (Wilhelm Hauer), fino a giungere alle forme sopra
menzionate, decisamente anticristiane (Hans Ludendorff). E neppure
è possibile considerare compiutamente forme puramente "pagane",
come gli "Adoratori di Wotan". Alla base di tutti questi movimenti c’è
l’idea di un ricollegamento ad una fede precedente l’avvento del Cristo.
Dalle loro concezioni del divino vengono tratte solo immagini generali,
mentre si cerca di enucleare un linguaggio dal proprio tempo; tentativo
che da principio non porterà troppo lontano. Come mai, nel divagare in
astruse sistematizzazioni, il gruppo "Volkisch" si differenzia sempre dagli
altri? Lo spiegano gli esempi qui citati (17).
La distanza tra gli scrittori "volkisch" che si occupano delle origini, e lo
scopo che si prefiggono è notevolmente maggiore di quella che esiste
negli altri gruppi. In tal modo però si amplia lo spazio nel quale può aver

(16) L. Woltmann, Politischer Anthropologie. Eine Untersuchung iiber den Einss der
Deschendenztheorie auf die Lehre von der politischen Entwicklung der Vòlker, Eisenach
1903.
(17) Dopo l’uscita della prima edizione del presente libro, la nostra presentazione dei
150 La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

luogo senza ostacoli il libero gioco del pensiero. Tùtti questi elementi,
che forniscono al movimento "Volkisch" l’aspetto grottesco di cui si
parlava, non debbono però indurre a tacere alcuni fatti evidenti. Il fatto
che le masse in gran parte rimanessero lontane dalla chiesa ufficiale
è cosa risaputa; che al centro dell’Europa improvvisamente sorgessero,
incontrando grosso seguito, gruppi che si ponevano al di fuori delle
confessioni ufficiali, è uno dei segni più straordinari dell’interregno in cui
ci si trovava. E’ scorretto invece, come è stato fatto sovente, presentare
il movimento "Volkisch" come parto di alcuni cervelli di professori
stravaganti. In effetti figure di questo tipo costituiscono i principali
portavoce del movimento, assieme a docenti di ginnasio e maestri di
scuole di campagna; ma i loro scritti non avrebbero riscosso un simile
successo se il terreno non fosse stato fertile. Un osservatore cattolico dei
gruppi religiosi "Volkisch", il padre francescano Erhard Schlund (18), si
espresse in maniera molto cauta: "La guerra del Cristianesimo contro
l’antico Paganesimo germanico non si concluse definitivamente quando
Bonifacio abbattè la quercia di Donar.

"Vòlkischen" è stata accusata di essere caricaturale, non solo dagli stessi "Vòlkischen", ma
anche da esperti non implicati nel movimento. Testimonianza di questo tipo di critica è
una lettera di Otto Werner del 27 maggio 1968: "Il non obiettivo mettere in risalto la
stravaganza di alcuni "Vòlkischen", cosa che purtroppo si è sovente verificata, ci offre un
quadro falso. Certamente i "Vòlkischen" hanno agito un pò come i "nazionalrivoluzionari",
che dopo la Prima Guerra Mondiale esercitavano un certo fascino e si presentavano come
una forza proiettata verso il futuro, senza però esserlo. Al contrario, di "Vòlkischen" ce ne
sono ancor oggi, soprattutto in Austria. Il padre spirituale dei "Vòlkischen" è Friedrich
Ludwig Jahn, che col suo barbone e il portamento da antico tedesco ben si differenziava
da Mettemich, e con ciò mostrava determinate peculiarità dei "Vòlkischen". Jahn riuscì a
dare una certa risonanza alle sue dottrine, da un lato attraverso il movimento da lui fondato
e detto "ginnico" ("Tumer"), roccaforte dei "Vòlkischen", che ebbe anche sviluppi positivi,
dall’altro attraverso i suoi scritti, in cui coniò il concetto di carattere nazionale"
(Volkstum). I "Vòlkischen" si situano nella tradizione della guerra per la liberazione ed in
quella della Chiesa di Paolo; Jahn ed i suoi proseliti furono perseguitati come "giacobini",
e ancor oggi le parole del settantenne Jahn nella Chiesa di Paolo sono estremamente
commoventi: "L’unità tedesca fu il sogno della mia vita, l’aurora della mia giovinezza, il
meriggio dell’età matura e adesso la stella della sera che mi accompagna alla pace eterna..."
Qui ogni ironia sulla sua barba dovrebbe cessare. Ciò soprattutto e da ascrivere alla volontà
dei "Vòlkischen": ridestare il sentimento nazionale in tutto il mondo tedesco (principio
che può essere condiviso o rifiutato). Nella lotta nazionale dell’antica Austria hanno
adempiuto ad un compito politico nella protezione del germanesimo, e così pure nella
protezione del germanesimo delle zone di frontiera ed in altri paesi nella zona sud -
orientale d’Europa. Ciò spiega anche perchè questo movimento sussista ancora in Austria
(sebbene estremamente ridotto). Ma anche alcune scienze li hanno ispirati: si pensi
soltanto ai fratelli Grimm, che possono senz’altro essere considerati come capostipiti dei
"Vòlkischen". Ad essi sono debitrici la germanistica e l’indogermanistica, la mitologia, le
tradizioni popolari".

(18) E. Schlund, Neugermanisches Heidentum im Heutigen Deutschland, Berlin 1940.


I Cinque Gruppi 151

Anche dopo la vittoria del Cristianesimo e la cristianizzazione del popolo


tedesco, la lotta proseguì come guerriglia nelle anime, nelle coscienze e
nelle usanze religiose, e rimase attiva in quegli spiriti religiosi che
amavano Wotan più di Cristo. E adesso sembra che questa piccola guerra
occulta, che va avanti da secoli, possa ridiventare guerra in campo
aperto".
152 La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

SECONDO GRUPPO : GLI "JUNGKONSERVATIVEN"

"Jungkonservativ" indica all’origine solo una parte di quel che noi rag­
gruppiamo sotto questa denominazione. Essa si riferisce ad un gruppo
di studiosi che dopo il 1918, sotto la guida spirituale di Moeller van den
Bruck, costituirono un circolo gravitante intorno alla figura di Heinrich
Freiherr. Noi però, per una necessaria semplificazione, riferiamo tale
denominazione a tutto un gruppo che si situa a metà strada tra i
"Vólkischen" ed i "Nazionalrivoluzionari", che ne costituiscono quindi le
ali estreme.
"Conservatori" nel senso generale di opposizione alla concezione lineare
e progressista del mondo lo sono tutti e tre. Riferito agli "Jungkonser-
vativen" il termine ha un’accezione specificamente politica. La parola
"giovane" ("jung") sottolinea la distanza da un conservatorismo puro e
quindi dal vecchio conservatorismo "reazionario".
Rispetto agli altri due gruppi, negli "Jungkonservativen" l’elemento
rivoluzionario viene posto in secondo piano. Nei "Vólkischen" la volontà
rivoluzionaria è più forte, in quanto essi cercano di rimuovere dalla storia
ciò che si è posto tra le origini e l’oggi come dannosa deformità. I
"Nazionalrivoluzionari" sono invece rivoluzionari nel senso che con­
siderano tutto "in movimento", per cui il passato storico verrà annientato.
Se queste immagini "lineari" non fossero alquanto imprecise in riferimen­
to al carattere della Rivoluzione Conservatrice, si potrebbe dire che i
"Vólkischen" ed i "Nationalrevolutionàre" cercano la stessa cosa, i primi
attraverso una rottura nei confronti del passato, i secondi attraverso
un’apertura verso il futuro.
In che senso gli "Jungkonservativen" si pongono a metà strada tra gli altri
due? I "Vólkischen" vedono davanti a sé qualcosa di grezzo, di ancora
non formato, che incombe; i "Nationalrevolutionàre" qualcosa di non più
formato, che torna a disgregarsi: da ciò nasce per gli "Jungkonservativen"
una visione alquanto articolata. Il quadro ideale per i "Vólkischen" è
quello di un tempo originario germanico puro, per gli "Jungkonser­
vativen" quella forma storica che la Germania assunse in un dato momen­
to del suo divenire: il "Reich" medioevale.
Come nell’ambito dei "Vólkischen" ci si imbatte sempre nei concetti di
"razza" e di "Volk", in quello degli "Jungkonservativen" si trova sempre il
termine "Reich". Esso non indica nè uno Stato nazionale chiuso costituito
I Cinque Gruppi 153

da un’unica popolazione, nè una commistione di popoli prodotta dalla


spada di un popolo conquistatore. Indica invece un’entità superstatuale
in cui si esplica il dominio di un principio superiore e dei valori di un
solo popolo, che dà ai diversi popoli e razze il proprio sistema di vita. In
questo senso, nè lo Stato di Bismarck nè quello di Hitler sono "Reich":
entrambe sono forme statuali oscillanti tra lo Stato nazionale e quello
imperialistico. "Reich" non può essere perciò tradotto nè con "Imperium"
nè col termine "Commonwealth". Per tal motivo, anche esprimendosi in
altre lingue, il termine tedesco rimane invariato.
Un autorevole rappresentante degli "Jungkonservativen", Edgar J. Jung,
che sacrificò la propria vita il 30 giugno 1934, nel suo lavoro Sinndeutung
der deutschen Revolution scrive intorno al principio di "Reich": "Eidea di
Stato nazionale è la trasposizione di dottrine individualistiche nel prin­
cipio di uno Stato isolato. Con essa si rischia di volere l’eliminazione delle
popolazioni straniere e da essa si produce il dannoso eterno irredentis­
mo. Ogni politica estera condotta dallo Stato nazionale si richiama
continuamente all’unità di suolo e sangue determinata dalla natura e da
Dio. Il nazionalismo, disgregatore della tradizione del "Volk", figlio della
nazionaldemocrazia, deve essere sostituito dal rispetto della tradizione
viva del popolo. Stato e popolo hanno lo stesso valore esclusivamente
nella concezione nazionaldemocratica. Onde non creare pericolose con­
fusioni occorre eliminare tale erronea concezione. Lo Stato superiore, il
"Reich", è un sistema di governo che si pone al di sopra ed al di là dei
singoli popoli. Esso però non è un sistema totalitario, deve riconoscere
le autonomie e le pecularietà dei singoli popoli, su cui si possa edificare
attraverso la storia una struttura che si ponga al di sopra di esse. Traffici
ed economia richiedono unità più ampie, la civiltà industriale e della
tecnica una più raffinata ripartizione del lavoro che non può essere
appannaggio di piccoli gruppi. Le popolazioni che perseverano in una
assoluta autonomia statuale, si condannano ad un essere nella storia prive
di valore". Il "Volk", concetto base per i "Volkischen", non viene dunque
negato, ma superato. Questo sistema di più ampio respiro non deve
essere però inteso come una lega di Stati aventi uguali diritti. Il principio
dell’uguaglianza sorge nel mondo del progresso, per cui Jung prosegue:
"I popoli sono uguali, ma solo in senso metafisico, così come lo sono gli
t. uomini dinanzi a Dio. Chi trasferisce questa uguaglianza degli uomini
sulla terra, pecca contro la natura e contro la realtà. Così pure
l’uguaglianza dei popoli è solo un pio desiderio. Grandezza numerica,
sviluppo storico, ubicazione geografica, forza del sangue e disposizione
154 La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

spirituale determinano un’oggettiva gerarchia dei popoli sulla terra.


Perciò tutti coloro che condividono queste concezioni del "Reich" ne
indicano come guida il popolo tedesco".
Nel passo sopra citato si rende manifesta un’altra concezione di par­
ticolare valore per ima buona parte degli "Jungkonservativen", che
traspare già dal titolo dell’opera, Die christliche Revolution. La
"rivoluzione tedesca", della quale tratta il lavoro di Jung, è dapprima
descritta come "rivoluzione conservatrice": "Le rivoluzioni liberali (come
quella dell’89) apportano idee contrarie alla tradizione; nelle rivoluzioni
conservatrici invece si mobilitano le forze della tradizione, del sangue e
dello spirito della storia, contro l’intellettualismo e la cultura astratta.
Perciò è difficile descrivere il cammino e la meta di una rivoluzione
conservatrice. Quel che è essenziale non è il programma, ma la sua forza".
Jung non si accontenta di indicare la presenza di questa forza, da noi nel
secondo capitolo qualificata come essenzialmente non cristiana. Detta
forza, alla radice di una rivoluzione intesa come cristiana per lo spazio
che abbraccia, la definisce "tedesca", e nella forma "conservatrice".
Come già accennato, tra gli "Jungkonservativen" troviamo rappresentanti
sinceramente cristiani; riguardo a loro, ci si chiede se in un simile
connubio venga danneggiato il Cristianesimo o la rivoluzione, o se piut­
tosto non finiscano con l’essere danneggiati entrambi. Lo stesso modo in
cui Jung cerca di provare il carattere cristiano della sua rivoluzione non
troverà l’approvazione di tutti i cristiani: "Ogni rivoluzione è mondiale.
Quella tedesca dovrebbe innalzarsi ad una altezza tale, per cui l’idea sorta
in Germania debba assumersi il compito di liberare la parte della terra
tormentata e disgregata. La storia del nostro popolo ci indica come
protettori della croce, difensori ed ordinatori dei popoli d’Europa viventi
sotto la corona del "Kaiser". "Reich" e "Kaiser" sono i protettori nei
confronti del Paganesimo e dell’Anticristo, difendono il cristianesimo da
tutti gli attacchi che da un millennio essi gli portano". Il Cristianesimo qui
chiaramente non è un fine in sé, ma è diventato un mezzo.
La discutibilità di un simile Cristianesimo resta comunque tale anche se
viene sostenuto dal solo gruppo degli "Jungkonservativen" più vicino al
vecchio conservatorismo ed unico ad avere questo forte impulso cris­
tiano. I molteplici tentativi di "germanizzazione del cristianesimo" operati
dai "Volkischen" li pongono già al di fuori dell’ambito cristiano, in quanto
eliminano l’aspetto universale del Cristianesimo.
L impronta cristiana non è comunque il solo elemento che differenzia
questo gruppo dagli altri. Il loro moderato impulso rivoluzionario
I Cinque Gruppi 155

all’interno di questa "Rivoluzione Conservatrice" si rivela anche attraver­


so un’altra pecularietà: l’enfatizzazione del pensiero giuridico. Nei
"Volkischen" si dà molto peso al principio unitario, così come accade nei
"Nazionalrivoluzionari" a proposito di quell’unità che si instaura dopo
l’eliminazione di ogni particolarismo. Eunità che gli "Jungkonservativen”
perseguono è un’altra: racchiude una molteplicità che si struttura sulla
base di rapporti giuridici.
Sia l’elemento cristiano che quello giuridico indicano il carattere
moderato ed il senso dell’organizzazione degli "Jungkonservativen". A
differenza di questi, i "Volkischen" sono estasiati dall’odore di una cupa
mistica del sangue ed i "Nazionalrivoluzionari" si qualificano come pura
forza in azione.
G li "Jungkonservativen" so n o i "civilisti", ed a lcu n i tra i
"Nationalrevolutionàre" ed i "Biindischen" li definiscono anche "i più
borghesi". Tra i cinque, questo è l’unico gruppo che non si pone in netto
contrasto con l’ambiente nel quale si sviluppa, ossia con la Repubblica di
Weimar. E’ perciò anche l’unico gruppo che viene compreso da questo
ambiente e che quindi non resta isolato dal contesto ufficiale.
156 La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

TERZO GRUPPO: I "NATIONALREVOLUTIONÀRE"

Se già abbiamo ben distinto i "Vòlkischen" dagli "Jungkonservativen",


potrebbe sembrare sorprendente che situiamo i "Nationalrevolutionàre"
nel medesimo ambito. Già da un punto di vista generazionale essi si
differenziano nettamente dagli altri gruppi. Mentre nei "Vòlkischen" e
negli "Jungkonservativen" troviamo rappresentate quasi tutte le classi
d’età, nei "Nazionalrivoluzionari" troviamo quasi esclusivamente la cosid­
detta "generazione del fronte": giovani nati tra il 1890 ed il 1905, che dallo
scoppio della Prima Guerra Mondiale non si sono mai inseriti nel mondo
borghese, che dai banchi di scuola, dalle aule universitarie o dai posti di
lavoro, vanno in guerra o si gettano nella mischia del tumultuoso
dopoguerra.
Eatteggiamento nazionalrivoluzionario ha origine dal dopoguerra; per
questo, dopo vari tentativi, è stato definito "soldatischer Nationalismus"
(nazionalismo da soldati). L’improvviso tracollo di un mondo è la prima
esperienza vissuta dagli esponenti di questo gruppo da quando hanno
acquistato coscienza di sé, ed è tale tracollo a determinare il loro cam­
mino, che non conduce solo attraverso i campi di battaglia delle Fiandre
o della Somme, ma anche per quegli insicuri terreni di scontro sui quali
la struttura spirituale dell’Occidente viene ridotta in polvere. Essi non
sono legati ad un mondo tradizionale, impersonano il "nuovo tipo
rivoluzionario", sono i portavoce del "nichilismo tedesco". Con malin­
conico entusiasmo accettano la meccanizzazione civilizzatrice, che nasce
dall’idea di progresso, giacché essa porterà a compimento il processo di
disgregazione dell’Occidente.
Su che base inseriamo questo movimento nell’ambito della "Rivoluzione
Conservatrice"? Nonostante le particolarità che lo differenziano, la base
comune sta nel fatto che i "Nationalrevolutionàre" perseguono lo stesso
fine "conservatore": la rottura del corso "lineare" del tempo che scinde
l’insieme in elementi isolati privi d’un proprio valore, ed il ritorno alla
pienezza dell’attimo nel quale si racchiude ogni totalità. In sintesi, il libro
di Franz Schauwecker, Deutsche allein (1931), che delinea efficacemente
l’atteggiamento nazionalrivoluzionario, indica come scopo:"...una vita al
di sopra di questa presenza nel mondo isolata e insieme massificata, la
vita della grande unità". Si tratta cioè di porre nuovamente la presenza
del mondo nell’ambito di un principio unitario: "Storia, mondo, nazione,
I Cinque Gruppi 157

non devono essere considerati dipendenti da legge umana, ma sono


subordinati a quella legge superiore che noi tedeschi abbiamo la missione
di instaurare".
Il mondo attuale, nella sua disgregazione, divide tuttavia i "Nazional-
rivoluzionari" dagli altri due gruppi. Essi non vogliono soltanto "sot­
trarsi" alla fuga del tempo, ma vogliono accelerarla fino a condurla a
compimento, secondo un processo da noi già descritto. Lo scopo in fondo
non è altro che quello di sconfiggere il mondo con le sue stesse armi.
Schauwecker si esprime chiaramente in proposito: "Il senso di questo
tempo sta dunque solo nell’essere annientato. Per annientarlo però
occorre prima conoscerlo esattamente, altrimenti si soccombe...
Bisognava asservirsi completamente alla tecnica per condurla a com­
pimento, perchè non fosse più un problema ma qualcosa di ovvio, di cui
non ci si meravigliasse più. Eammirazione dell’automatismo: questo era
il pericolo. Non bisognava ammirare la macchina, ma soltanto servirsene.
N ien t’altro". Q ueste parole di Schauwecker dim ostrano che i
"Nationalrevolutionàre" si comportano esattamente come i fanatici del
progresso, intendendo però qualcosa di completamente diverso.
In questa espressione di Schauwecker diviene ancora più chiaro il distac­
co dalla concezione "lineare": "Il tedesco si rallegra dei suoi tramonti,
perché rappresentano il suo continuo ringiovanimento; attraverso le sue
sconfitte assicurano le future vittorie, le rendono possibili e le presup­
pongono". In seguito a quanto accaduto sappiamo dunque che la dis­
truzione ha il significato di una rinascita, ed avvertiamo che questo
atteggiamento ha la sua radice in una fede. "Tùtto conduce - questo è il
punto focale - alla fede, e da essa si diparte".
Questa "fede" non si basa su origini razziali o ambientali, come per i
"Volkischen", nè su ragioni storiche, come per gli "Jungkonservativen",
bensì su elementi "più moderni" e "più dinamici". "Oggi c’è una mistica
tedesca. Essa trae origine dalla guerra, evento decisamente leggendario
e mitico. Abbiamo combattuto contro il mondo. E’ stata una lotta tedes­
ca. Se abbiamo perduto la guerra, abbiamo vinto questa lotta. Se ci è
toccata la sconfitta, abbiamo creato i presupposti per la vittoria futura.
La guerra, e tutto quello che ne è derivato, è stata soltanto una
purificazione e una via tracciata attraverso il mondo". L aspetto più
indeterminato di questa "fede" si mostra anche nel fatto che tratti ben
delineati in altri gruppi appaiono qui oltremodo vaghi: "Quando la
nazione è senza inizio nè fine, allora la nazione è in Dio e Dio è nella
158 L a Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

nazione. Allora il germanesimo è una religione. Allora l’essere tedesco è


una fede".
Qual’è la parola che per i "Nazionalrivoluzionari" ha la medesima impor­
tanza che per i "Volkischen” ha il termine "Volk" e per gli "Jungkonser-
vativen" quello di "Reich?". La parola da essi maggiormente usata
è "nazione". Per questo il gruppo è stato designato sia come "nazionalismo
militare" che come "nuovo nazionalismo". Con "nuovo" si intende il dis­
tacco dal nazionalismo precedente, rifiutato in quanto borghese e
qualificato col termine negativo di "patriottismo". In questo gruppo
invece il termine "nazione” acquista un significato del tutto diverso
rispetto alla vecchia concezione degli stati nazionali.
Il concetto risulta chiaro sulla base dei passi citati dell’opera di
Schauwecker. Da un termine col quale si designa una popolazione
rinchiusa in uno Stato, si va verso la designazione non rigida di un
"essere-in-movimento". Ciò risulta evidente nel passo in cui egli parla
della guerra: "Io dico: realtà e pensiero stavano insieme. Io dico: istinto
e razionalità erano tutt’uno. Dico: natura e spirito costituivano un’unità.
Che cosa intendo dire? Intendo dire: in questa unità era presente la
nazione". Il significato dato alla guerra si avvicina a quello assegnatole
da Hugo Fischer. Una trasformazione sul genere di quelle del concetto
di nazione, viene operata dai "Nazionalrivoluzionari" anche rispetto a
quello di "Reich".
La loro vera parola-chiave ci sembra pertanto "movimento", utilizzata
anche per indicare singoli gruppi nazionalrivoluzionari (il "movimento
d’opposizione" di Niekisch). In fin dei conti, troviamo questa parola in
tutta la "Rivoluzione Conservatrice", quando si parla di "movimento"
tedesco, popolare, nordico, giovanile, contadino ed altri ancora. Tra i
gruppi fin qui considerati, l’espressione è legata soprattutto a quello
"nazionalrivoluzionario".
I termini "movimento" ed "essere-in-movimento" non sono tuttavia suf­
ficienti a caratterizzare il gruppo "nazionalrivoluzionario". Delle tre
denominazioni indicate, "nazionalismo militare", "nuovo nazionalismo" e
"nazionalismo rivoluzionario", abbiamo prescelto quest’ultima perchè è
più ampia delle altre, ed indica ciò che più s’awicina al modello ideale.
In essa echeggia qualcosa dello stupore nei confronti di una mescolanza
ritenuta inusuale: l’eliminazione della divisione, fino ad allora rigida, tra
"destra" e "sinistra", che già si rivela nell’espressione "rivoluzione conser­
vatrice".
I Cinque Gruppi 159

Sulla base del solito schema, la "destra" era appannaggio dei nazionalisti,
mentre l’idea socialriformatrice o socialrivoluzionaria era esclusivo ap­
pannaggio della "sinistra". Ma in questo nostro ambito anche i nazionalisti
u tilizzano le esp ression i dei socialrivoluzionari, soprattutto i
"Nationalrevolutionare". Così Schauwecker può senz’altro affermare
che " è auspicabile l’avvento di un sistema non capitalistico". Aggiunge
però in quale aspetto il nuovo movimento si differenzi dalla vecchia
sinistra: "Non c’é dubbio che esso debba fondarsi sulla nazione, altrimenti
non potrà mai esistere".
Emblematico per il modo di esprimersi dei "Nazionalrivoluzionari"
è quanto qui dichiarato: "Se la funzione sessuale è internazionale, l’amore
non lo è mai, a meno di non averne una concezione molto arida, che si
rid u rreb b e alla fin e e sc lu siv a m e n te a fu n z io n e s e s s u a le .
Nell’equiparazione dell’amore a qualcosa di puramente fisico, raffinato
o rozzo che sia, si scopre l’uomo internazionale; nell’amore invece si
manifesta un popolo come nazione, così come si manifesta nella fede
religiosa e nella musica". In questo movimento si rivela anche il legame
tra nazionalismo e socialismo, contenuto implicitamente nell’espressione
nazionalsocialismo. Ciò costituisce l’elemento esplosivo contenuto
nell’espressione "nazionalrivoluzionario". Scrive Schauwecker: "Sinistra
e destra erano probabilmente inscindibili. Dove c’è sinistra la destra non
può essere lontana. Se non c’è la sinistra, la destra perde di senso".
Il movimento della "Rivoluzione Conservatrice" ha dunque secondo
Schauwecker distrutto il vecchio schema destra-sinistra, determinando
la possibilità di altri schieramenti.
160 La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

E EST

Il vecchio schema cade per quel che concerne non solo la politica interna,
ma anche quella estera. Il modello nazionalrivoluzionario fa sorgere
nuove prospettive. Finora "nazionale" è stato identificato con "an­
tibolscevico" e quindi con "antirusso". Ciò vale genericamente sia per i
"Volkischen" che per gli "Jungkonservativen", anche se questi ultimi
espressero l’idea d’una copertura alle spalle, con una certa diffidenza
però, da parte delPUnione Sovietica. I "Nazionalrivoluzionari" occupano
una posizione ben diversa: tra di essi il nazionalbolscevismo ha i suoi
maggiori fautori.
Nel 1929 venne edito il libro di Ernst von Salomon Die Geàchteten (I
proscritti), opera molto significativa per i "Nazionalrivoluzionari" : "Là
dove, dopo la disfatta, si trovavano uomini che non volevano abdicare, si
ridestò una indeterminata speranza nei confronti dell’Est. I primi che
osarono pensare al "Reich" futuro anelavano istintivamente che l’esito
della guerra avesse rotto ogni legame della Germania con l’Occidente".
Nella Russia non viene visto dunque soltanto il nemico di Versailles. Essa
è terra di miseria e di fame, alla ricerca di un sistema anticapitalistico e
con caratteristiche nazionali.
Schauwecker, in Deutsche allein, fa dire ad un comunista russo: "Ho fatto
la grande scoperta che la Russia esiste... tra dieci anni molti uomini in
Russia lo diranno e molti già oggi lo sanno, perciò Trotzky dovette
andarsene. Perchè è marxista, un vero marxista! Ma questo non è niente
per la Russia! Il bolscevismo, questa è la Russia!".
E lo stesso russo dice quel che divide i "Nazionalrivoluzionari" dai
comunisti tedeschi: "I comunisti tedeschi: da questi sottufficiali del mar­
xismo non ci si può aspettare niente".
Alla base dell’apertura nei confronti dell’Est da parte di questo
movimento, non ci sono soltanto il comune nemico in politica estera ed
il medesimo "ritmo". Quanto più l’Occidente si disgrega, tanto più si
accresce l’ombra che la Russia getta sulla penisola che le sta ad ovest,
un’ombra che ridesta una strana commistione di paura, avversione ed
ammirazione. Delle due grandi potenze che Tocqueville ed altri spiriti
illuminati del XIX secolo vedevano sorgere ed affacciarsi nel secolo a
venire, l’America non ha in nessun momento esercitato un’influenza
comparabile a quella russa, e della stessa profondità. Linfluenza russa
I Cinque Gruppi 161

non è però rintracciabile in egual misura in tutta la Germania. All’interno


della zona che si estende tra il Tevere, la Senna e il Meno, e che costituisce
il nucleo dell’Occidente, tale influenza è più debole che nei territori del
nord-est, che non furono mai aperti dalle legioni romane all’ecumene
antico-cristiano.
Come nel gioco dei vasi comunicanti, l’ascesa della Prussia a forza
determinante nel mondo tedesco corrisponde alla decadenza dell’ Occi­
dente, e ciò determina anche un avanzamento della Russia. La storia
della Prussia è collegata a quella della Russia, più di quella di ogni altro
Stato europeo, anche della monarchia austroungarica. Inattuale nazional-
bolscevismo può connettersi ad un’antica tradizione prussiana.
E non solo all’opera del "re-soldato", che si basa su un socialismo di Stato,
ma ancor più al tradizionale orientamento della politica prussiana nei
confronti dell’Est: dal fatto che Federico il Grande fu salvato dallo zar
Pietro III alla convenzione di Yorck di Taurrogen, al trattato di controas­
sicurazione di Bismarck, fino ad Ago von Maltzan ed al generale von
Seydlitz del comitato di Mosca.
Come dimostrano questi esempi, l’atteggiamento nei confronti dell’Est
non era offensivo. Nella stessa ottica, l’impero austroungarico viene
considerato la parte orientale della Prussia, "zona di frontiera" di uno
Stato in cui la Prussia è il vero centro. In ciò non vi è soltanto l’idea di un
baluardo protettivo: si sa che ogni zona di frontiera è anche una porta
aperta alle invasioni (ciò vale per la Prussia ancor più che per la monar­
chia danubiana). La mancanza di una propensione per una vasta azione
offensiva contro la Russia, come quelle compiute dal còrso Napoleone
o dall’austriaco Hitler, è anche evidenziata dalla commistione slavo-ger­
manica che costituisce l’essenza del prussianesimo: questo non nega la
provenienza dai sabbiosi e poveri terreni di confine, e conduce una
politica pratica e possibilistica. Con la soluzione "piccolo- tedesca", di
contro a quella "grande-tedesca" sotto l’egemonia asburgica, anche per
quanto concerne la politica estera la Prussia non si schiera contro la
Russia, anzi la vede come alleata. La Prussia è dunque un antico baluardo
contro l’Est; ma a causa di questa vicinanza anche la forza dell’Est può
gradualmente disgregarsi, cosa di cui si rende conto proprio quello
Occidente che funge da baluardo. Nel periodo da noi considerato cadono
perciò nel vuoto le dichiarazioni bellicose in spirito di crociata scagliate
verso la Prussia da Monaco di Baviera. Al popolo prussiano è estraneo
tanto l’elem ento idilliaco piccolo-borghese quanto il tempestoso
apocalittismo divino della Germania meridionale. E’ significativo che il
162 La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

prussiano Rauschning definisca il nazionalsocialismo bavarese, austriaco


e sudeto, un "barocco ateo", nello stile di un Carlo V: "Si sostituisce la
fede cattolica con una nuova fede rivolta al dio-Fuhrer; questa è la
posizione del Nazionalsocialismo nella sua volontà di dominio del
mondo. E’ questa un’oscura visione barocca ispirata da una moderna
Inquisizione. Il XVII secolo produsse in Germania le guerre più san­
guinose, e l’ambito da considerare non è quello sobrio e concreto del
nord prussiano, ma il mondo meridionale dominato dal fanatismo spag­
nolo". Toni simili compaiono già alla fine della Prima Guerra Mondiale
nel saggio di Spengler Preussenum und Sozialismus, edito per la prima
volta nel 1919: "Lo spagnolo ha una grossa missione da compiere, egli
non è un "io", ma una "funzione". Egli è soldato o prete... Lo spirito
spagnolo vuole conquistare i pianeti, un Impero su cui il sole non
tramonti mai... anche Vienna è una creazione dello spirito spagnolo... (Il
popolo austriaco) è divenuto profondamente estraneo agli altri tedeschi,
irrevocabilmente... Questo popolo resta asburgico e spagnolo e lo sarà
anche quando non sopravviverà più nessuno della casa asburgica" (19).
Il nazionalsocialismo affonderà pertanto le sue radici sempre nella zona
della Germania situata a nord del Meno e ad est del Reno. E per questo
il nazionalbolscevismo in Germania significherà sempre una prussianiz-
zazione della nazione. Già prima della caduta della monarchia degli
Hohenzollern la Prussia è qualcosa di più di un semplice paesaggio
(Landschaft) o di uno Stato. "Il prussianesimo è un principio", dice
Moeller van den Bruck all’inizio del suo libro Derpreussische Stil, in cui
cerca di delineare l’essenza del prussianesimo. Questo è il motivo per cui
esiste "una scelta prussiana", per Hegel come per molti altri, e non una
"scelta bavarese".
Nella cerchia dei gruppi nazionalrivoluzionari i nazionalbolscevichi pos­
sono essere considerati "prussiani d’elezione". Come un Niekisch, figlio
di madre sveva e di padre della Slesia, che si sente legittimo erede
dell’antica Prussia. La sua profonda avversione al nazionalsocialismo
trae come non ultima ragione il risentimento di un emigrante della zona
baltica nei confronti delle dichiarazioni dei crociati contro la Russia. Per
questo egli esclama: "Hitler rappresenta la vendetta di Kònigsgratz".
Non si può tuttavia tacere che in questo nazionalbolscevismo vive anche
un forte messianismo chiliastico estraneo al prussianesimo. Esso sorge
dall’ impulso di abbandonare la nave dell’Occidente che affonda e di
(19) Cfr. O. Spengler, Politische Schriften, 1933
I Cinque Gruppi 163

attaccarsi alla forza dell’Est, "giovane", "barbarica", ancora non corrosa.


Nell’espressione "un Reich da Wladiwostock a Vliessingen" si nascon­
dono i sogni di un dominio del mondo russo-tedesco, sogni che purtut-
tavia ebbero un qualcosa di più realistico che non i sogni di Hitler.
Questo tono messianico viene utilizzato già dai "profeti", in riferimento
alla missione della propria terra. Nei frammenti postumi di Nietzsche
(XIII, p.430) si trova un programma in quattro punti per la grande
politica tedesca. Il primo punto è intitolato "Il senso della realtà", il terzo
dice: "Abbiamo assolutamente bisogno di un accordo con la Russia, con
un nuovo programma comune, che non preveda in Russia alcun dominio
inglese. Nessun futuro americano!". Il quarto punto dice in modo ancor
più chiaro: "Una politica europea è insostenibile ed un rinchiudersi in
una prospettiva cristiana un’assoluta disgrazia...". Di contro risponde
Dostojewskij (20): "La Germania ha bisogno di noi non per un’azione
politica temporanea, ma per un legame eterno... Due grossi popoli, noi
e loro, hanno il compito di trasformare l’aspetto del mondo".
Lidea che il bolscevismo russo possa attuare una rivoluzione mondiale
solo alleandosi a quello tedesco viene continuamente ripresa, da Bruno
Bauer fino al leninismo. E’ come un incubo che grava sull’Europa oc­
cidentale, che si manifesta chiaramente nel momento in cui la Francia
incomincia a ritirarsi come dietro ad una sorta di muraglia cinese.
Significativo è anche l’aneddoto del vecchio Clemenceau, dotato di un
fiuto che andava oltre la contingenza politica, il quale, ricevendo un
giornalista nella sua casa in Vandea, rispose alla domanda sulle sue
attività dicendo che curava le rose del suo giardino e che andava su e giù
dal tetto per vedere se arrivassero gli Unni. Così, non desta meraviglia
che gli Inglesi denunciassero questa situazione già in un libro del 1932
dal titolo The Russian Face o f Germany (21).
Sulla base di quest’elem ento ulteriore, il movimento "Nazional-
rivoluzionario" può esser definito con ancor maggiore chiarezza. Quel
che per i "Volkischen" è costituito dal tempo primordiale germanico, e
per gli "Jungkonservativen" dal Reich medioevale, per i "Nazional-
rivoluzionari" lo è la Prussia del re-soldato Federico il Grande. E la
Prussia è la comunità sognata dai "Nazionalrivoluzionari", non nel senso
del sangue e del suolo, o di alcunché di artificiale; essa è un vero e proprio
"movimento". Ciò che unisce è il marciare in una stessa direzione, in base
allo stesso ritmo: questo è più importante del contenuto o della meta.
(20) Cfr. E. Miiller, Nationalbolschevismus, Heidelberg 1933.
(21) C. F. Melville, The Russian Face of Germany, London 1932.
164 La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

Il prussianesimo, paragonabile alla scelta "piccolo-tedesca", è anche


qualcos’altro, che appare sem pre neH’atteggiam ento nazional-
rivoluzionario: il ritorno ad un centro stabile, dal quale poter poi
procedere.
Affianco ad essi, i "Volkischen" rappresentano una sorta di colorata
mascherata, ed anche i disciplinati "Jungkonservativen" costituiscono una
nota di colore di fronte al grigio mondo della civiltà tecnica in cui sono
immersi i "Nazionalrivoluzionari". Come per i bolscevichi sovietici,
sarebbe anche per loro erroneo porli sullo stesso piano degli altri
movimenti.
I Cinque Gruppi 165

DAL "VOLK" AL MOVIMENTO

La sequenza dei primi tre gruppi: "Volkischen", "Jungkonservativen",


"Nationalrevolutionàre", invita ad una riflessione sistematica. Nella se­
quenza "popolo", Reich", "movimento", come in quella delle loro cor­
rispondenze storiche "germanico", "tedesco", "prussiano", è insita una
profonda logica, che si fa estremamente’chiara lungo il cammino che
conduce dal "mito germanico", attraverso l’"idea del Reich tedesco", al
"principio prussiano". Questa via conduce da qualcosa di estremamente
ampio a qualcosa di più limitato, da qualcosa ricco di contenuto ad un
trionfo del metodo, in seguito ad una sorta d’eliminazione del contenuto
("movimento" in sè). Tale sviluppo è ben chiaro all’interno della
Rivoluzione Conservatrice, e raggiunge il suo punto più alto poco prima
del 1933 in specifici circoli nazionalrivoluzionari, che rinunciano ad ogni
sorta di contenuto per sostenere la sola idea di "movimento". Così leg­
giamo in un appello di un oppositore non casuale di gruppi chiaramente
qualificati rivolto a persone della più diversa provenienza politica (22):
"Noi non abbiamo alcun programma. Non conosciamo verità immutabili.
Lunica cosa che ci è sacra è la vita, l’unica cosa che ci sembra abbia valore
è il movimento. Sarà nostro compito dimostrare che le Weltanschauun-
gen che oggi spesso si scontrano non sono altro che diversi stadi di
coscienza".
Il nazionalsocialismo, da poco asceso al potere, trae elementi, così come
fa con altri ambienti, anche dalla Rivoluzione Conservatrice cioè soprat­
tutto dai "Volkischen" e, con un po’ di distanza, dai "Nazional­
rivoluzionari". Per questo si è preteso di vedervi un tentativo, piuttosto
grossolano, di metterne in pratica le idee. Solo raramente ci imbattiamo
in Rauschning nella descrizione di un simile corso di eventi all’interno
del nazionalsocialismo. Una delle sue tesi sul nazionalsocialismo è che
la totalità dominante, cui cercano di sottomettersi i giovani nazional­
socialisti all’inizio, sia costituita dai principii di "razza" o "popolo", che
alla fine, soprattutto nel periodo della guerra, si trasformi nei concetti di
"collettivo" o di "formazione", il cui orizzonte è definito da chi li comanda.
Ciò vuol forse dire che la teoria si realizzi nuovamente sul piano politico,
in una forma più grossolana?

(22) H. Schulze-Boysen, D er neue Gegner, "Gegner", Berlin, 5 marzo 1937.


166 La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

A questo problema si può soltanto accennare. La nostra ricerca consiste


nel descrivere i precedenti storici, per cui le formule citate hanno il solo
valore di concettualizzazioni. La realtà è ben più complessa dello schema
abbozzato. Tale schema non deve far pensare che le problematiche
concernenti la Rivoluzione Conservatrice siano state scisse nelle
problematiche concernenti i singoli gruppi.
I tre gruppi non possono essere separati, anzi si implicano a vicenda. Così
troviamo, ad esempio, concezioni "Volkischen" anche nell’ambito degù
altri due gruppi, dove non occupano però una posizione ben determinata.
Al contrario, l’elemento "Volkischen" resta in forma incompiuta, tanto
da assumere idee provenienti dagli altri due gruppi. Lidea del ritmo del
tempo negli "Jungkonservativen" sorge dalla stessa concezione di base
che li assimila ai "Nazionalrivoluzionari"; e questi sconfinamenti si deter­
minano al di là dei singoli autori.
Un’attuazione sul piano pratico avrebbe determinato un irrigidimento di
queste idee; poiché invece si è rimasti in un ambito teorico, le teorie dei
tre gruppi si confondono le une con le altre.
Bisogna ora parlare degli altri due gruppi e vedere se ad essi possa
riferirsi lo schema prospettato.
La risposta è negativa, perchè con essi lasciamo l’ambito dell’ideologia
in cui erano invischiati i "Volkischen", gli "Jungkonservativen" ed i
"Nationalrevolutionàre". Il quarto ed il quinto gruppo: i "Bundischen" e
la "Landvolkbewegung" (Movimento contadino), si situano su una linea
di confine tra le teorie e la concreta prassi storica.
Entrambi non hanno un’origine di carattere ideologico, sono piuttosto
esplosioni della vita stessa. Rinchiuderli in un ambito esclusivamente
politico è però troppo limitante; i pochi elementi politici vengono subito
adattati dal III Reich alle proprie esigenze. Solo l’effetto ideologico a
distanza è notevole in questi movimenti.
Lideologia dei due movimenti procede tuttavia su vie traverse. La
"Landvolkbewegung" non si esprime in campo letterario; nessuno dei
suoi aderenti fissa per iscritto le proprie idee.
Questo compito se lo assumono uno dei suoi avvocati (Walter Luet-
gebrune) e. alcuni "nazionalrivoluzionari" investiti dal suo slancio
rivoluzionario (E. von Salomon, R. Schapke, B. Uhse etc.).
II movimento "bùndisch" presenta invece molte pubblicazioni, che si
limitano però alla diffusione di una Stimmung comune (anche in isolati
come Bluher). Vengono assimilati tratti ideologici provenienti dai
"Volkischen", dagli "Jungkonservativen" e dai "Nationalrevolutionàre". I
I Cinque Gruppi 167

"Biindischen" si limitano per lo più ad esercitare un’influenza in età


giovanile, perchè poi gli aderenti a questi movimenti si orientano verso
uno degli altri tre gruppi citati.
168 La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

QUARTO GRUPPO: I "BÙNDISCHEN"

Parliamo di "Biindischen" o di gioventù "bundisch”, e con ciò indichiamo


qualcosa di più limitato della "Jugendbewegung". Le prime due
denominazioni indicano la forma post-bellica della "Jugendbewegung".
La separano dalle forme prima indicate: il movimento "Wandervògel" di
prima della Guerra (verso la fine dell’Ottocento) ed il movimento
"Freideutsche Jugend", diffusosi prima e dopo la Prima Guerra Mondiale
(dal 1913 al 1921 circa). Non appartengono ai "Bundischen" neanche tutte
le forme di una "Jugendpflege" (Cura della gioventù) guidata dall’alto, nè
vi appartengono le varie organizzazioni giovanili di partito, siano la
"Hitlerjugend" o la "gioventù libera proletaria", nè tutte le organizzazioni
giovanili della chiesa, nè tutte le associazioni di carattere professionale
o sportivo. Nè sono da associare ai "Bundischen" le "leghe di lotta"
("Kampfbunde" che, nonostante la somiglianza del nome, accedono alla
politica attiva per lo più attraverso le singole azioni).
Quel che è "bundisch" sono leghe come la "Deutsche Freischar" (Banda
tedesca), le "aquile e i falchi" o gli "Artamani". In queste leghe si raccoglie
la gioventù spinta da un proprio impulso e sorretta da un comando
autonomo, per creare una vita autentica sciolta dalle rigide forme del
mondo degli adulti.
Anche se i "Bundischen" non entrano direttamente nella politica, essi
esercitano un influsso politico maggiore, seppur indiretto, rispetto agli
altri gruppi. Questa loro valenza politica non deve però portare a soprav­
valutare la consistenza del gruppo. Statistiche della fine degli anni Venti
parlano di un numero di aderenti che oscilla tra i 50.000 ed i 60.000: cifra
che ha poco peso politico di fronte ai partiti di massa. La parte più
importante dei "Bundischen" appartiene ad una élite che assumerà in
seguito compiti di comando e non perderà del tutto un netto marchio
"bundisch", neanche in una realtà del tutto mutata. La "bundische
Jugend" è, nella Germania tra le due guerre, una delle poche forme
comunitarie che cerca di creare un tipo umano.
La forza esplosiva latente nei "Bundischen" non è facilmente analizzabile.
E’ qualcosa di emotivo che non trova mai valida espressione in un
programma o in costruzioni filosofiche. Relazioni su esperienze vissute,
apparse su riviste come "Der Weisse Ritter", "Der Jungenschaft" o "Der
Falke", forme poetiche esemplari come Der Wanderer zwischen zwei
I Cinque Gruppi 169

Welten di Walter Flex, o Stem des Bundes di Stefan George, ci dicono


molto di più sul mondo dei "Bundischen", di altri tentativi di analisi. Così
come i simboli che essi utilizzano, quali il grifone, il giglio o la tagliola o
i loro canti. Proprio i canti costituiscono il vero "programma" della
gioventù "bundisch".
In questi versi di Hermann Claudius (23) si percepisce il loro profondo
senso della vita:

Quando andiamo al passo


Cantando le antiche canzoni,
Ed il bosco intorno risuona,
Ecco quel che sentiamo:
Con noi avanzano i tempi nuovi.

In questo canto coniato per la "Arbeiterjugend" ci si lamenta del mondo


del progresso:

Colpi di martello d’una settimana


Schemi di case d’una settimana
Vibrano ancora nelle nostre vene.

Qui si esprime la nostalgia che traspare nell’atteggiamento dei


rivoluzionario-conservatori: la nostalgia dell’unità nella pienezza
dell’attimo:

Parola e canto, sguardo e passo,


Come negli eterni giorni primordiali
Vogliamo che risuonino col medesimo ritmo.

Molti di questi canti sono anonimi, perchè i nomi degli autori o dei gruppi
che li hanno composti sono andati perduti. Come per il canto che più di
ogni altro esprime i valori emotivi del mondo dei "Bundischen": (24)

Camerati, noi marciamo,


vogliamo scoprire una terra straniera,
vogliamo vedere stelle straniere.

'23) In Deutsche Gedichte der Gegenwart, Giitersloh 1954, p. 36 s.


.24) Nell’antologia "bundisch" Der Turm, Bad Godesberg 1958.
170 La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

Camerati, noi marciamo,


lasciamo che sventolino le bandiere colorate!
Camerati, lanciamo i giavellotti
in un mare straniero,
e raggiungiamoli poi a nuoto.
Camerati, i nostri giavellotti
siano la nostra meta.
Camerati, mondi stranieri
vegliano di notte presso le nostre tende,
quando la brace arde.
Camerati, mondi stranieri
cantano a bassa voce.

Accanto a queste testimonianze dirette, poche sono le autoanalisi della


gioventù "blindiseli". C’è qualcosa, nel lavoro Aufstand derjugend dello
svizzero Fred Schmid, capo del "Corpo grigio", lega diffusasi sia in
Germania che in Svizzera, del mondo particolare di questa gioventù.
Questo "Graue Korps" nel 1932 si unì alla "Deutsche Jugendschaft" del
"tusk" Eberhard Koebel ed alla lega "avanguardista", la "Jugendtrucht" di
K. C. Muller. Secondo molti "Bundischen" queste tre leghe però non sono
tipiche, perchè in una fase estrema rendono particolarmente stravaganti
alcuni tratti tipici del "movimento giovanile". Ciò potrebbe essere vero;
esse presentano comunque per noi un vantaggio, giacché in queste leghe
tardive la formazione di idee e concezioni viene compiuta in maniera più
autentica e conseguente.
Proprio alPinizio del suo scritto, Fred Schmid traccia una netta linea di
demarcazione: "Il movimento giovanile tedesco è qualcosa di unico, che
non ha niente di simile in altri paesi. Certamente anche in altri paesi ci
sono stati sempre giovani che hanno cercato di ridestare in sè un forte
spirito giovanile. Certo anche in altre nazioni, accanto alle istituzioni
scolastiche statali, ci sono state iniziative educative, di carattere sia
militare sia pacifista. Lo scoutismo ad esempio è un felice principio
pedagogico, che si traduce in tutte le lingue ed in tutte le mentalità e che
si afferma in un particolare momento dello sviluppo. I suoi aderenti
possono essere anche molto numerosi... ma queste libere associazioni
pedagogiche non hanno niente a che fare con quel che chiamiamo
"Jugendbewegung" tedesca. E tutte, fino alle azioni di mobilitazione degli
odierni partiti giovanili, sono basilarmente organizzazioni (anche le forze
e le emozioni possono essere organizzate) piuttosto che "azioni". Di
I Cinque Gruppi 171

contro lo Schmid considera la "Jugendbewegung" "un’agitazione ed


un’eccitazione intima dei giovani, che senza scopo, senza programma e
senza ideali, esprimevano nient’altro che l’esplosione d’uno stato di
coscienza della gioventù borghese attraverso un nuovo senso della
giovinezza ed una nuova segreta forza d’animo. Il movimento giovanile
tedesco è stato un fenomeno rivoluzionario!".
S ig n ifica tiv o è com e lo Schm id d escriv e q u esto m ovim ento
rivoluzionario. Il suo segno distintivo non lo indica nell’opposizione dalla
società borghese, ossia in qualcosa di puramente negativo, ma nel fatto
"che un irrompere di una nuova carica interna ha generato questa nuova
vita. L!essenza di tutte le Rivoluzioni è quell’"elemento" che è in noi, senza
il quale vi è soltanto una boriosa sollevazione rispondente esclusivamente
ad un istinto distruttivo". Un nuovo significato di una rivoluzione "con­
servatrice" da porre accanto a quello già indicato. Anche qui, lo scopo di
una rivoluzione non è costituito da un insieme di vari punti ma da un
agire unitario.
Ricorda il "carattere di trasformazione "della Rivoluzione Conservatrice
quanto Schmid ora scrive: "Questa forza che si ridesta non è stata
suscitata da alcuno, ma è sgorgata contemporaneamente in più punti.
Come il faggio che, pur non essendo stato piantato, cresceva nel
medesimo tempo nelle varie regioni della Germania, così ora si manifes­
ta, senza che nessuno l’abbia preordinato, questa irrequietezza d’animo
dei migliori giovani tedeschi. Era più di un’irrequietezza tipica d’una età
di passaggio o di una volontà di legarsi ad un ideale o ad un modello. No,
non è così semplice, come sostiene la generazione dei nostri padri. Certo,
questa gioventù tedesca ha vissuto anche il romanticismo, le emozioni
d’amore, la dirompente animosità e tutto quel che scuote i petti giovanili.
Ciò era qualcosa di naturale, che non ha niente in comune con la
profondità di quel violento anelito che i migliori d’una generazione
provarono, contemporaneamente, e che fu da loro vissuta come un
perdersi nei boschi autunnali, dove alla penombra del fuoco trovarono
pace dal demone sconvolgente, come mediante l’effetto magico d’un
simbolo. Non dipese da ciò il fatto che si ritraessero le emozioni giovanili
nei confronti della natura, o che la gioventù producesse un nuovo ideale
etico. I fatti storici stanno al di là di tutte le valutazioni umane, costituis­
cono l’elemento originario, autonomo, che funge da nuova unità di
misura. Non parlo qui delle azioni concrete del movimento giovanile
tedesco, nè del periodo del suo tramonto, ma intendo soltanto dire che
172 La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

questa eruzione caotica determinatasi nell’animo dell’esiguo gruppo dei


giovani migliori, fu un evento storico, un preludio della rivoluzione...".
Si pone sulla stessa linea quel che Fred Schmid chiama "la prima pioggia
dopo settant’anni di siccità" e che è l’inizio del movimento giovanile a
cavallo tra i due secoli. Così si considerano gli stessi "Bundischen", come
risulta dalle successive documentazioni. Non troviamo nella storia tedes­
ca alcun evento sconvolgente di ugual portata.
Osservando il carattere della gioventù "bundisch" come ci viene descritto
da Schmid - sulla loro base è inquadrato il carattere dell’intero movimen­
to giovanile tedesco - non ci meravigliamo che essa abbia elaborato forme
per lo più rifiutate dai tre gruppi finora considerati della Rivoluzione
Conservatrice. Uno scivolamento in un caotico anarchismo alla maniera
dei "Wandervògel" di prima della Guerra non è per loro più possibile: è
caduto il substrato necessario, cioè una rigida borghesia di tipo gugliel-
mino. Nè è possibile più accettare le idee progressiste di un mondo
occidentale in distruzione sul tipo di quelle della "Freideutsche Jugend”.
Si va verso nuove idee generate dal nuovo tipo di realtà.
Così il "movimento giovanile" postbellico ha un volto più duro e concreto
di quello del medesimo movimento di epoca prebellica. Ciò risalta nel
mutamento del modo di concepire la politica, fino al 1914 scartata come
cosa di scarsa importanza. Questa osservazione non vale per tutte le
correnti della Rivoluzione Conservatrice: alcuni tentano ancora di
recuperare questo mondo che si inabissa, altri si rivolgono ai movimenti
di massa comunista e nazista. Per la maggior parte sia dei gruppi che
dei singoli si può dire che affluiscono dai movimenti di lotta politica per
diventare i più forti aderenti del movimento rivoluzionario-conservatore.
Bisogna dire che i "Bundischen", oltre a tenersi ben distinti dai
"Volkischen", dagli "Jungkonservativen" e dai "Nationalrevolutionàre",
presentano anche una precisa delimitazione nella propria ideologia: il
concetto di "Bund" espresso da Hermann Schmalenbach (25) nell’ambito
della dottrina della società in cui Tónnies parla di dualità tra "comunità"
(Gemeinschaft) e "società" (Gesellschaft).
Che cos’è questo concetto di "Bund", e che funzione ha nell’ambito della
Jugendbewegung?
Fred Schmid constata che ci si riferisce soltanto ai giovani di sesso
maschile, sebbene il movimento includa gruppi di ragazze o associazioni
miste. E’ un’omissione non casuale.

(25) H. Schmalenbach, Die soziologische Kategorie des Bundes, Miinchen 1922.


I Cinque Gruppi 173

Per tutta la letteratura del movimento giovanile, P"irruzione" del sesso


femminile, che segue il primitivo gruppo "Wandervògel", ha falsato
l’essenza del movimento giovanile.
Gran parte dei capi per "Bund" (Lega) intende la "Mànnerbund" (Lega
dei maschi). Ricerche di etnologi come Heinrich Schurtz sottolineano
che nell’uomo ci sono due tipi d’impulso ad associarsi: uno conduce alla
famiglia, ed è divenuto predominante nell’epoca borghese. La rivolta dei
giovani contro il mondo borghese, come appare nella "Jugendbewegung",
è la ribellione a questo assoluto predominio. Attraverso una "lega mas­
chile" (Mànnerbund) ed un rapporto di fedeltà nei confronti d’una
personalità-guida, i giovani costituiscono un popolo. Entrambi gli impulsi
sono indispensabili. Solo questo insieme di famiglia e "lega maschile"
determina salute e sicurezza nello Stato. La dottrina del "Mànnerbund"
ha la sua più alta espressione nell’esposizione in tre volumi dei
"Wandervògel" di Hans Bluher, e nella sua opera principale Die Rolle der
Erotik in der mànnlichen Gesellschaft.. Bluher riconduce queste due
forme associative ad una doppia tendenza erotica, che è connaturata in
ciascun uomo. Un eros tende alla donna e conduce alla costituzione della
famiglia, un altro conduce verso l’uomo e determina la creazione di "leghe
maschili". Con il concetto di "Mànnerbund", Bluher non intende una
semplice classe d’età, dopo la quale l’uomo incomincia a dedicarsi alla
famiglia; indica una metà della vita dell’uomo, che corre parallela
all’altra nel corso della intera esistenza di un uomo sano.
Suo scopo è lo Stato, tutto ciò che è militare, ordinato, d’ampio respiro;
anche in un club statale, in cui gli uomini si riuniscono escludendo le
donne, Bluher vede un precedente della "lega degli uomini".
Tra i vari malintesi grossolani da considerare in questo ambito, c’è anche
la riduzione di questo concetto di "eros" elaborato da Bluher a sesso, o
meglio ad omosessualità. Secondo Bluher, l’eros nei confronti dell’uomo
si trova in gradazione differente nei singoli uomini; mentre prevale
nettamente quello verso la donna, esso conduce solo in pochissimi casi a
rapporti omosessuali. Bluher pone pertanto l’accento sul valore oggettivo
alla radice della "lega degli uomini". Secondo lui è da ricondursi a questo
tipo di eros non solo tutto ciò che è statuale, ma ogni creazione con­
sapevole che si distacchi dall’ambito inconsapevole della donna e della
famiglia.
A torto questa dottrina è stata considerata offensiva nei confronti della
donna. In ben pochi scrittori si trova qualcosa di simile. Alla base della
dottrina c’è la volontà di ricondurre l’individuo soffocato ad una unità
174 La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

significativa, ^innaturale signoria dell’eros in funzione della coppia ha


reso effeminato l’uomo e mascolinizzato la donna, mentre l’eros represso
è finito con lo scivolare nel vizio. Con la riplasmazione della autonomia
del mondo maschile, anche quello femminile, reso caotico da quel sov­
rapporsi di difformi impulsi erotici, sarà restaurato nella sua dignità. Solo
quando ciascuna delle due parti adempirà al suo compito, esse potranno
concorrere ad una pura unità. Lattacco più duro al "Mànnerbund" da
parte femminile è condotto comunque proprio dalla donna mascoliniz­
zata. Una donna tranquillamente sicura del suo essere specifico non
reagirà mai con simile rabbia.
Nella realtà politica del periodo considerato, anche al di fuori della
gioventù "bundisch", vi sono altri elementi che ci mostrano l’importanza
del "Mànnerbund".
Laspetto politico dell’interregno è in gran parte contraddistinto dal fatto
che le masse di elettori costituite da individui isolati, subentrate alle classi
sociali quale forza politica, oggi vengono soppiantate dalle "leghe degli
uomini". Nel mondo della guerra borghese le masse votanti diventano un
giocattolo nelle mani del più forte, e i più forti sono i "Kampfbunde"
(Leghe di lotta) riuniti intorno al loro capo.
La forza del comuniSmo e del nazionalsocialismo in questo periodo non
risiede nei milioni di votanti; questa è piuttosto una conseguenza. La loro
forza sta nei gruppi paramilitari extraparlamentari, cui i partiti della
Repubblica di Weimar non hanno saputo contrapporre niente di simile.
Proprio il loro tentativo di un "Mànnerbund" organizzato, il cosiddetto
"Reichsbanner" (Vessillo imperiale), naufraga in quanto gruppo, per la
mancanza della forza di coesione tipica d’una vera "lega maschile".
Le masse pertanto, con il loro fiuto acuto per i rapporti di forza, si
riuniscono sotto il comando dei gruppi d’assalto comunisti e nazional­
socialisti e danno, col loro peso, a questi due gruppi un’enorme forza
d’urto.
Quando la Rivoluzione Conservatrice abbandona il suo atteggiamento
puramente teoretico, indica nel "Mànnerbund" la forma preferita di
comunità, anche se in molti casi esso si fonda sul "club degli uomini",
creazione tipicamente borghese, che noi conosciamo come nucleo in cui
sono racchiuse le aspirazioni "Jungkonservativen", che conducono fino
alle "leghe segrete" dei "Volkischen" e dei "Nazionalrivoluzionari". Il
risorgere del "Mànnerbund" fa capire che anche l’ambito del sesso è stato
scosso dal nuovo fermento.
I Cinque Gruppi 175

Una delle prime azioni repressive dello Stato nazionalsocialista si rivolge


contro ima "lega maschile", quale è la gioventù "bùndisch".
Il 24 giugno 1933, queste leghe vengono sciolte ed inglobate nella
"gioventù hitleriana" (26). Una parte cede a tale pressione, un’altra cerca
di portare avanti la propria azione in leghe "segrete" e paga un alto
contributo di sangue per questa ribellione.

(26) Per una critica ampia, cfr. una lettera di un lettore del 14 maggio 1951: "Per
perseguitare la lega, il regime nazista dichiarò che il suo capo era un agente sovietico, per
cui si credette che queste leghe segrete potessero diventare centri di spionaggio sovietico".
176 La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

QUINTO GRUPPO: LA "LANDVOLKBEWEGUNG"

Il quinto gruppo è il meno noto. Per un mese è nei titoli della stampa
cittadina, per poi scomparire, superato da altri eventi. Ma continua ad
esistere, pur se in maniera occulta, ed alcuni eventi successivi ci riportano
immediatamente ad esso.
Come la gioventù "bùndisch”, la "Landvolkbewegung" si differenzia dai
primi tre gruppi per il suo situarsi tra teoria e realtà. In realtà non
raggiunge i suoi scopi, o meglio si arena, e non trova alcuna valida
espressione letteraria. La produzione scritta di questo movimento sono
i giornali per la lotta quotidiana e pochi manifesti, o informazioni
provenienti d all’esterno (2 7 ), so p ra ttu tto da p arte "nazional-
rivoluzionaria" (2 8 ). Ma forse quella sua azione sotterranea deriva
proprio da questo strano mutismo, strano soprattutto in quest’epoca, che
si contraddistingue per i suoi giganteschi mezzi di comunicazione. Ci
sono ben pochi scrittori, negli altri quattro gruppi, per i quali l’esperienza
di questa rivolta contadina non acquisti forma letteraria.
Se la "Jugendbewegung" è il destarsi di tutta una classe di età, la
"Landvolkbewegung" è il sollevarsi di tutta una classe sociale. Ancor più
è il sollevarsi di un’intera "Landschaft". Il fulcro di questo movimento sta
nello Schleswig-Holstein, che sotto la Repubblica di Weimar resta un
paesaggio sempre più dimenticato ed isolato dalla prassi politica. Come
prodotto d’una sanguinosa guerra per la libertà vi si è costituita
un’orgogliosa classe contadina, quale si trova solo in poche province. Ma
la insorgente crisi economica incomincia a minacciarne i suoi pos­
sedimenti. I contadini temono di non poter sostenere la lotta economica
con gli altri centri agricoli industrializzati posti sul continente, e così
alcune masserie, da secoli dimora della stessa famiglia, incominciano ad
essere messe all’asta. La richiesta d’aiuto al governo rimane senza esito.
Il 19 novembre del 1928 a Beidenfleth, ai contadini Koch e Kuhl, debitori
rispettivamente di 300 e 500 Rentenmark, viene pignorato un bue cias­
cuno. Quando l’ufficiale giudiziario, coadiuvato da due disoccupati,
cerca di portare via gli animali, arrivano i due contadini dai campi e si
piazzano in silenzio sulla strada, nei cui pressi arde un falò, coi loro
bastoni.
(27) Cfr. J. Schimmelreiter, W. Luetgebrune, H. Fallada.
(28) Cfr. R. Schapke, E. von Salomon, H. Volck.
I Cinque Gruppi 177

I buoi vengono liberati e tornano nella stalla. Il "fuoco di Beidenfleth" fa


da segnale. Il 26 novembre del 1928 la "Landvolkbewegung" si manifesta
ufficialmente con una grande riunione di protesta di contadini a Itzehoe.
II movimento si propaga rapidamente in Germania e soprattutto ad
Hannover, nell’Oldenburg, nella Prussia orientale e nel sud della Slesia.
Nel marzo del 1929 viene fondato ad Itzehoe il giornale di lotta "Das
Landvolk", sebbene alla tipografia che lo pubblica venga subito ritirata
la stampa del giornale locale ufficiale. Seguono in altre città nuovi giornali
e riviste. Nuove accuse e condanne attizzano ancor più il fuoco. Il fatto
che nell’aprile del 1929 i contadini Koch e Kuhl siano condannati ad otto
mesi di prigione ed altri 24 contadini di Beidenfleth a sei, sebbene il
sequestro non fosse stato effettuato con la forza e a nessuno fosse stato
torto un capello, accresce l’astio.
Il modo di lottare della "Landvolkbewegung" è dappertutto lo stesso:
niente azioni violente ma solo resistenza passiva. Se un pezzo di terra
viene messo all’asta, nessun contadino cerca di acquistarlo, altrimenti
sarebbe disprezzato da tutti. Se un pezzo sequestrato di bestiame è messo
in vendita, nessun commerciante osa acquistarlo, perchè nessun con­
tadino poi concluderebbe affari con lui. Col tramonto del vecchio sistema
gerarchico, viene attaccata l’ormai radicata convinzione della preminen­
za della città sulla campagna.
Il 1° agosto 1929, nella città di Neumiinster nello Holstein, una marcia
pacifica del "Landvolkes" viene repressa dalla polizia, che sequestra il
simbolo del movimento, la bandiera nera. Da qui inizia il boicottaggio dei
contadini nei confronti della città. Non si recano più al mercato col latte,
le uova e l’insalata, e non comprano più nessun utensile nei negozi di
Neumiinster, e non consumano più neanche un bicchiere di birra.
Seguono i primi fallimenti in città, e dopo un anno Neumunster è vuota.
Il 4 giugno del 1930 la bandiera deve essere restituita al movimento, e ciò
viene fatto dal presidente del consiglio. Ma la guerra occulta prosegue,
e le sue conseguenze sono tali che nessun presidente del consiglio osa più
proporre la restituzione della bandiera.
Segue quindi tutta una serie di atti di violenza "simbolici". Dal novembre
1928 al settembre 1929 si verifica ima catena di attentati dinamitardi
contro edifici statali, soprattutto uffici delle imposte, e contro le
abitazioni degli uomini di governo, in cui però si fa in modo che nessuno
resti ferito. Sembra che le forze "nazionalrivoluzionarie" e "bundisch", che
assai presto la "Landvolkbewegung" conquista, svolgono il ruolo prin­
cipale in questo tipo di lotta. In questa unione tra chi ara gli spazi aperti
178 La Rivoluzione Conservatrice in Germania 1918-1932

e il dinamitardo che nasce dal mondo della tarda civilizzazione, nel quale
la città da tempo ha oltrepassato la misura organica per crescere in forma
di "Landschaft", si rende per la prima volta visibile una strana mistura di
forme antiche e nuove, che per tutta la durata della "Rivoluzione Con­
servatrice" risulterà incomprensibile ai suoi avversari.
Lomologazione fra combattenti dei campi e "bombaroli" confonde il
quadro. Non solo vengono respinte le azioni politiche di una grossa parte
della "Landvolkbewegung", ma quel che c’è di più preoccupante nel
movimento, per la Repubblica di Weimar, è proprio il suo silenzio, in cui
quelle esplosioni suonano come stonature. Un Cari Schmitt, o un Ernst
Jiinger sanno sempre che il mondo del progresso include anche il suo
co n tr a rio , e su c iò im p o sta n o la lo ro d ia le ttic a . A q u esta
contraddittorietà appartiene il fatto che KPD e NSDAP entrino nell’area
costituzionale e che la Repubblica di Weimar regga 14 anni nonostante
la sua debolezza. Ed in tal senso è da intendere anche la commistione tra
soluzioni provvisorie ed azione graduale, che contraddistingue il passag­
gio allo Stato nazionalsocialista ed il primo anno di questo regime. La
rivolta del movimento "Landvolk" non si lascia però comprendere. Da ciò
l’asprezza con cui la repubblica combatte i contadini: il corpo indebolito
dispone di una grandissima sensibilità per quel che non può più soppor­
tare. Così suona un appello di protesta di un "nazionalrivoluzionario" che
combatte col gruppo "Landvolk", e si riferisce all’asprezza con cui le due
parti si fronteggiano (29): "Omicidi per rapina e per stupro vi ringraziano,
prostitute e ruffiani sono gli eroi delle vostre commedie. Offrite la
condizionale ai truffatori ed attenuanti ai violentatori di donne e bambini.
Mantenete in carica sindaci corrotti, e li giustificate parlando di "circos­
tanze della vita". Solo i contadini per voi non valgono nulla!". Particolar­
mente significativo diventa quel mutismo nella persona del capo del
movimento "Landvolk", Claus Heim. E’ un contadino appartenente
all’antica "Dithmarchen Freibauerngeschlecht" (Stirpe dei Uberi con­
tadini), che occupa da secoU il Drostenhof neUa zona St. Annen-Oester-
feld. Poco si sa di quest’uomo taciturno, al quale non piace il contatto
con la gente, e che diviene col suo atteggiamento un "re dei contadini"
senza corona ed il capo del movimento, riconosciuto tale da quasi tutti i
rivoluzionario-conservatori.
Significativo è un aneddoto che si riferisce alla sua gioventù. Il desiderio
d’avventura spinge il giovane contadino in Sudamerica, dove installa un

(29) H. Plaas, in R. Schapke, Aufstand der Bauem, Leipzig 1933, p. 66.


I Cinque Gruppi 179

proficuo allevamento di maiali cade però in mano alle banche, che


cercano di confiscargli la proprietà, per cui egli uccide i maiali con le
proprie mani. Si trattava di 5.000 maiali.
Con la guerra, tornato in Germania, diviene ufficiale, ed il 31 ottobre del
1930 viene condannato a sette anni nel noto processo per bombe messe
ad Altona. Durante tutto il dibattito non dice una parola, nè dà i suoi dati
personali. Rifiuta inoltre sia un seggio parlamentare come candidato
della NSDAP, che gli avrebbe dato la libertà, sia la candidatura alle
elezioni presidenziali, per la quale in pochi giorni erano state raccolte
28.000 firme.
Non vuole avere alcun rapporto con lo Stato contro il quale combatte. Il
10 giugno 1932 viene liberato assieme agli altri del suo movimento per
un’amnistia.
Proprio questa amnistia ci fa capire che cosa sia accaduto della
"Landvolkbewegung" durante il periodo di prigionia di Heim.
Dall’autunno del 1930, i partiti di massa cercano l’aiuto del movimento
per attaccare la repubblica. Soprattutto la KPD e la NSDAP redigono un
programma agrario e mandano per le campagne i loro esponenti a far
propaganda. La forza del movimento, la sua "mancanza di forma", il suo
anarchismo, diventano ora per esso uno svantaggio. Molti aderenti si
lasciano convincere; la conseguenza è un frazionamento di questa forza,
in precedenza assai compatta. Lo sviluppo successivo del movimento è
offuscato dalla lotta mortale che coinvolge la repubblica, ed il suo slancio
è arrestato dalla dura azione repressiva del nazionalsocialismo.
Da qui il disperdersi del movimento ed il suo farsi sotterraneo. Ma
proprio questa caratteristica non è da sottovalutare. Quel che da allora
accade in Germania, ed accade ancora, lo si può capire soltanto lasciando
da parte le semplificazioni e cercando di scorgere nel divenire della
Germania qualcosa di vivo, non inquadrabile in formule.
E ’ peculiare di ciò che è vivo il non poter essere rinchiuso in formule. Ciò
che è vivo assume sempre un’immagine molteplice. Uno dei pochi
elementi finora poco considerati, ai fini di chiarire il cosiddetto
"problema tedesco", è la Rivoluzione Conservatrice, argomento di questo
lavoro. Essa si rivela attraverso cinque manifestazioni: nelle idee e nelle
im m agini d ei "Vòlkischen", d egli "Jungkonservativen" e dei
"Nationalrevolulionàre" e, soprattutto, nelle azioni impetuose della
gioventù "blindiseli" e della "Landvolkbewegung". Questi movimenti si
confrontano con le idee del 1789 e le combattono decisamente. Un
contrasto che è ancora in atto.
O P E R E P R IN C IP A L I D I A R M IN M O H L E R

1950 D ie K o n s e r v a tiv e R e v o lu tio n in D e u ts c h la n d 1918-1932


( l a ed. Vorwerk, Stuttgart; 2a ed. riveduta e ampliata, Wissenschaftliche
Buchgesellschaft, Darmstadt 1972; 3a ed. ulteriormente ampliata, ivi, 1990)

1958 D ie fr a n z ò s is c h e R e c h te
(Isar, Miinchen)

1963 D ie F tin fte R e p u b lik . W a s s te h t h in te r d e G a u lle?


(Piper, Miinchen)

1965 W a s d ie D e u ts c h e n fu r c h te n . A n g s t v o r d e r P o litik . A n g s t v o r d e r
G e sc h ic h te . A n g s t v o r d e r M a c h t
(Seewald, Stuttgart; 2a ed. Ullstein-Taschenbuch, 1968)

1972 S e x u n d P o litik
(Rombach, Freiburg im Brisgau)

1974 V o n re c h ts g eseh en
(Seewald, Stuttgart)

1978 T e n d e n z w e n d e f u r F o rtg e s c h ritte n e . V o n re c h ts g eseh en N e u e F o lg e


(Tomo I del « Criticón-Biicherei », Criticón Verlag, Miinchen)

1980 V e rg a n g e n h e itsb e w à ltig u n g


(Sinus Verlag, Krefeld)

1981 W id e r d ie A ll-G e m e in h e ite n o d e r D a s B e so n d e re is t d a s W irk lic h e


(raccolta di tre saggi: K ouservatism us fiir die 80er Jahre, Der Traum von
Naturparadies, Was ist los m it der Schweiz, Sinus Verlag, Krefeld)

1988 D e r N a se n rin g . I m D ic k ic h t d e r V e rg a n g e n h e itsb e w à ltig u n g


(Heinz und Hòffkes, Essen)

1989 L ib e r a le n b e s c h im p fu n g . D r e i p o litis c h e T r a k ta te
(Heinz und Hòffkes, Essen)
INDICE

Introduzione....................................................................................pag. 5

I LA PROBLEMATICA.................................................................. » 9

Rivoluzione Conservatrice e Nazionalsocialismo..................» 9


I "trotzkisti" del Nazionalsocialismo......................................... » 10
Le persecuzioni contro gli "eretici" dopo il 1933 .................. » 12
Le responsabilità del Nazionalsocialismo............................... » 15
II concetto di "Konservative Revolution" ................................» 16
Il concetto di "Deutsche Bewegung" ....................................... » 19
Il concetto di "Weltanschauung" .............................................. » 22
La letteratura della non-letteratura......................................... » 25
Il carattere di trasformazione.....................................................» 27
Stato delle fonti e metodo...........................................................» 29

II L’ARGOMENTO........................................................................ » 31

Il terzo Reich contro il secondo Reich...................................... » 31


Uepoca guglielmina......................................................................» 33
La guerra....................................................................................... » 40
La Repubblica di Weimar........................................................... » 46
Il nuovo tipo rivoluzionario........................................................ » 48
"Schwarze Reichswehr” ed assassinio politico......................... » 53
Il Nazionalbolscevismo................................................................» 56
Il "terzo fronte".............................................................................. » 62
Possibilità di una classificazione oggettiva............................... » 67
Possibilità di classificazione alPinternodell’ideologia............ » 76

III LE IMMAGINI-GUIDA.......................................................... » 89

La "unidirezionalità logica del tempo"......................................» 89


Linea e sfera.................................................................................. » 94
Nietzsche e l’interregno.............................................................. » 98
Il nichilismo................................................................................... » 103
Il "rovesciamento".........................................................................» 109
Il "grande meriggio"..................................................................... pag. I li
I "rinati"..........................................................................................» 117
II "ritorno" alla politica................................................................ » 122
Conservatore, reazionario, rivoluzionario..............................» 126
In rapporto al Cristianesimo......................................................» 130
Scissione e tensione..................................................................... » 134
Il "realismo eroico"...................................................................... » 136
Il carattere paradossale di una dottrina conservatrice......... » 139

IVI CINQUE GRUPPI..................................................................» 143

Conciliazione dell’inconciliabile?............................................. » 143


Primo gruppo: i "Volkischen".................................................... » 145
Secondo gruppo: gli "Jungkonservativen"................................» 152
Terzo gruppo: i "Nationalrevolutionàre"..................................» 156
UEst................................................................................................» 160
Dal "Volk" al movimento............................................................ » 165
Quarto gruppo: i "Biindischen"................................................. » 168
Quinto gruppo: la "Landvolkbewegung".................................» 176

Opere di Armin M ohler............................................................ » 181


Finito di stampare nel mese di dicembre 1990
dalla Tipolitografia It-C om m . - Firenze

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