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Contesto francese: letteratura in volgare nasce nel XI-XII sec.

negli ambienti dell’aristocrazia feudale

Nascita della letteratura volgare in Italia → inizio del Duecento


prende a modello la produzione francese (d’oc e d’oil) ma in un contesto molto diverso: il sistema feudale è
ormai tramontato e la vita associata ha come centro le città (centro-nord); anche quando la produzione
letteraria ha al proprio centro la corte (scuola siciliana), si tratta di una corte molto diversa da quella
feudale: l’imperatore Federico II, sovrano che mira a creare uno stato centralizzato, si oppone
energicamente a ogni particolarismo feudale.

Situazione politica in Italia nel Duecento-Trecento → netta bipartizione:

• centro-nord: sin dal XI sec. si era affermata una fitta rete di città politicamente autonome, che si
reggevano con ordinamenti di tipo repubblicano, i Comuni → l’affermarsi delle città aveva
progressivamente indebolito e emarginato il sistema feudale e dato vita a una vivace vita civile
fondata sulla partecipazione attiva dei cittadini

• sud: stabilmente retto da forme monarchiche: regno normanno; poi quello degli Svevi; infine la
dinastia angioina (a Napoli) e dopo la guerra dei Vespri (1238) quella aragonese che era venuta in
possesso della Sicilia → il sistema feudale resta forte e diffuso; Federico II di Svevia (prima metà del
Duecento) aveva cercato di contrastarne il particolarismo anarchico, combattendo i feudatari ribelli
e organizzando saldamente lo Stato attraverso un apparato di efficienti funzionari imperiali,
formando una forma di monarchia assoluta fortemente accentratrice, ma l’avvento degli angioini
aveva ridato pieno vigore alla feudalità

A “separare” le due parti della penisola c’era lo Stato della Chiesa (= monarchia di tipo teocratico, in cui il
potere temporale e quello spirituale erano nelle mani della stessa persona); la Chiesa inoltre a quei tempi
era attraversata da un profondo bisogno di rinnovamento (v. nuovi ordini monastici e lotta alle eresie)

v. rinascita anno Mille: il centro della vita economica e sociale si sposta dalla
campagna alle città; se nel sistema feudale l’economia si basa essenzialmente sulla
produzione agricola, nella società comunale l’attività fondamentale diviene quella
mercantile, basata sulla produzione di merci; se quella feudale è un’economia
chiusa, che produce esclusivamente per il consumo di coloro stessi che producono e
basata su una scarsissima circolazione monetaria, quella urbana è invece
un’economia aperta, fondata sullo scambio e sulla rapida e intensa circolazione di
capitali

ascesa della figura del mercante (presente anche nella società feudale, ma in cui aveva un ruolo marginale);
ora invece diviene la figura centrale e dominante nella vita cittadina → nell’ambito urbano, tra XI e XII
nascono le università = fisionomia laica, nasce al di fuori della chiesa

l’avvento dell’economia mercantile in Italia accelerò rapidamente la crisi del mondo feudale:
il raffinarsi dei costumi aumentò il bisogno di denaro da parte dei signori, che cercarono di
aumentare le loro entrate facendo dissodare appezzamenti incolti e trasformando i servi della
gleba in fittavoli (più produttivi in quanto personalmente interessati al profitto) e cedendo parte
della loro proprietà ai borghesi
Distribuzione dei generi letterari/aree tematiche per aree geografiche:

Letteratura religiosa → non è un genere letterario, quanto piuttosto un’area tematica → nucleo di
↓ irradiazione è l’Umbria

nasce dalla profonda crisi, nonché esigenza di rinnovamento che attraversa la Chiesa nel corso del XI-XIII
secolo: nascono dal basso numerosi movimenti spirituali che chiedono un profondo rinnovamento della
vita e dei costumi degli ecclesiastici (vs simonia, nicolaismo…), protestando contro le ingiustizie sociali e
chiedendo di contrastare la decadenza e la corruzione dei costumi ecclesiastici per riportarli alla purezza
evangelica delle origini → problema di come affrontare queste richieste che dilagano:
↓ ↓
alcuni movimenti vengono dichiarati eretici nascono i nuovi ordini mendicanti
nel corso del Duecento (domenicani e
francescani)

centralità delle predicazioni

finalità è la predicazione tra le masse, anche per combattere la diffusione delle eresie → nascono quindi dei
testi scritti in volgare in quanto indirizzati a persone che non conoscono il latino:

Cantico di Frate Sole: viene considerato il primo testo della letteratura italiana; scritto da san Francesco
d’Assisi (movimento religioso animato da profondi fermenti popolari, che esalta l’umiltà e la povertà).
Francesco nacque ad Assisi nel 1181 o 1182, figlio di una famiglia mercantile: il padre Pietro Bernardone era
un commerciante di stoffe, mentre dalla madre, francese, gli derivò il nome Francesco. Nella sua
giovinezza, agiata e brillante, mostrò propensione per il mestiere delle armi. Cadde prigioniero, si ammalò e
un travaglio interiore lo portò a modificare le sue abitudini, ritirarsi in un eremo e dedicarsi alla cura dei
lebbrosi. Il padre lo accusa davanti al vescovo per spingerlo a rinunciare ai suoi propositi, ma Francesco si
spogliò degli abiti e glieli restituì, sostenendo di riconoscere come padre solo “Colui che è nei cieli”.
Con i suoi seguaci fondò la prima comunità francescana (1209) approvata verbalmente da Innocenzo III e in
forma scritta da papa Onorio III (1223).
Tra gli episodi raccontati dalle biografie, Francesco ricevette sul monte della Varna, dopo la visione di un
angelo splendente, il segno delle stigmate.
La struttura del Cantico è meditata e sapiente (numerose simmetrie e parallelismi); il testo è in volgare
umbro, ma depurato dagli elementi più spiccatamente dialettali e ricca di latinismi. Numerosissime le
assonanze (nonostante la mancanza di un vero e proprio schema ritmico).

Sempre da un movimento religioso dalle forti radici popolari, anch’esso umbro, si origina una delle forme di
poesia religiosa più diffusa tra il Duecento e il Trecento: la lauda.
Origine: a Perugia, qualche decennio dopo la morte di san Francesco, gli aderenti alla confraternita dei
Flagellanti andavano per le strade flagellandosi per penitenza, pregando e cantando, oltre che i tradizionali
inni liturgici, nuovi componimenti in volgare: le laude (schemi metrici della ballata profana). Argomenti di
questi componimenti erano episodi della vita di Cristo, lodi della Madonna, temi religiosi fondamentali
come il peccato, la misericordia di Dio, la speranza. Una voce solista recitava la strofa e il coro riprendeva
con un ritornello.
Questa forma espressiva venne scelta da un poeta umbro di spiccata personalità e grande poeta religioso:
Iacopone da Todi. La sua esistenza venne divisa in due dalla sua conversione, avvenuta nel 1268 dopo un
evento drammatico: la morte della moglie per il crollo di un pavimento durante una festa e la scoperta del
cilicio sotto le sue vesti. Entrato nell’ordine dei francescani, si schierò con i sostenitori della rigida
osservanza della regola (spirituali), che lo condusse a un’aspra lotta contro Bonifacio VIII (rivendicando la
povertà, lo stesso pontefice viene accusato di aver tradito l’insegnamento di Cristo e quindi ne rifiutano
l’autorità) che gli costò la scomunica e la prigionia. Le sue laude possono essere divise in due filoni: nel
primo è ossessiva la presenza del corpo, vista con paura e orrore, come fonte di peccato e perdizione (il
rifiuto del mondo ha un riflesso anche nell’uso linguistico: rifiuta le forme più raffinate del vivere sociale ed
usa un linguaggio gremito di termini violenti e corposi, persino plebei); il secondo filone invece è
imperniato su un mondo estatico di luce e amore, con accenti misticamente inebriati (il poeta insiste
sull’inesprimibilità dell’esperienza mistica e, attraverso la confessione dell’impotenza della parola, riesce a
rendere il senso della sproporzione tra la dimensione umana e quella divina: “esmesuranza” = infrange le
regole di misura che fanno parte del buon senso e della civile convenienza vs la “mezura” dell’amor cortese
provenzale = equilibrio e controllo di sé).

La lirica: la scuola siciliana

La poesia cortese provenzale influenza la tradizione lirica italiana → sono gli stessi trovatori, dopo la
crociata contro i catari albigesi (inizio del
Duecento), che abbandonano la Provenza e
furono accolti nelle corti (superstiti)
dell’Italia settentrionale (Monferrato o
Marca trevigiana), ma anche in ambienti
cittadini.

ben presto, nelle corti settentrionali, sorgono degli imitatori che ne riproducono fedelmente i temi, le
forme metriche e ne usano anche la lingua (affinità con le parlate native)

si tratta di trovatori italiani che scrivono in lingua d’oc

la lirica provenzale influenza anche la corte siciliana di Federico II: tra il 1230 e il 1250 sorgono
imitatori della poesia trobadorica, ma il fatto nuovo è che non usano più la lingua d’oc bensì il volgare
siciliano (per quanto depurato e nobilitato)

importanza enorme: i poeti siciliani creano la prima poesia d’arte in volgare italiano

Caratteristiche della corte di Federico II: unica corte imperiale che punta a uno stato centralizzato. Dotato
di personalità forte e affascinante, cercò di rafforzare la struttura statale imperiale dando un forte impulso
all’attività intellettuale (costituita perlopiù di funzionari amministrativi: il caposcuola dei rimatori siciliani fu
Giacomo/Iacopo da Lentini, ricordato da Dante nel Purgatorio come “notaro”, notaio; accanto a lui vanno
ricordati anche Pier delle Vigne, cancelliere, e Guido delle Colonne, giudice): mirava a fare della sua corte
un centro di cultura internazionale, sintetizzando i più svariati apporti culturali (classici, narrativa romanza,
testi religiosi e cultura scientifica) → v. scontro Papato e Impero: l’impero di Federico II, contendeva il
primato politico e culturale dell’altro grande potere universale: la
Chiesa (vedi lotta per le investiture); il suo progetto culturale rientra
quindi nel disegno di costituire un polo culturale laico, aperto anche
alla letteratura volgare, alternativo alla corte papale di Roma,
storico centro della cultura religiosa in lingua latina

corte di Federico II profondamente diversa dal contesto policentrico delle numerose corti feudali francesi,
in costante dialogo e scontro tra loro

vengono introdotte alcune significative novità dalla “scuola siciliana”:
• dal punto di vista formale, rinunciarono all’accompagnamento musicale e (oltre all’uso della
canzone, ripresa dai provenzali) introdussero una nuova forma metrica destinata ad avere un
enorme successo: il SONETTO (forse ad inventarla fu Iacopo da Lentini);
• dal punto di vista delle tematiche:
o viene introdotta l’esclusività della tematica amorosa (abbandonando le tematiche morali,
civili, politiche e guerresche presenti nei provenzali) → questa chiusura sul tema amoroso
si può comprendere considerando il diverso ambiente sociale e politico: un forte potere
monarchico assoluto e accentratore; tutta la vita politica si conforma ad un unico volere;
o le tematiche tipiche dell’amor cortese vengono ulteriormente stilizzate: viene privato di
ogni legame con situazioni psicologiche comuni e concrete, astratto da ogni preciso
riferimento di luogo e di tempo, immerso in un’atmosfera estremamente rarefatta, che
ignora sfondi e paesaggi (un amore un po’ “stereotipato”, con situazioni ripetute e
standardizzate determinando uno scarso coinvolgimento; un esercizio di alto virtuosismo
formale (uso continuo di artifici concettuali, retorici, metrici), che si manifesta attraverso la
combinazione di elementi già dati, all’interno di un codice prefissato in base a regole
precise); esclusività del senso della vista (a volte l’udito), la donna viene celebrata per la
sua bellezza e virtù, pur senza indulgere nella descrizione di particolari fisici

QUESTIONE DELLA RIMA SICILIANA: i poeti siciliani scrissero poesie utilizzando il proprio volgare, un
siciliano reso però illustre (uniformato e depurato dai tratti troppo locali, vernacolari) e arricchito dal
lessico tecnico della poesia d’amore provenzale;

Lo schema di derivazione vocalica dal latino è fondato su 5 vocali (è e ò sempre aperte) a differenza del
volgare toscano basato su 7 vocali; in particolare lo schema di derivazione dal latino è il seguente:
latino siciliano
āă a
ĕ è
ēīĭ i
ŏ ò
ōūŭ u

latino toscano
āă a
ĕ è
ēĭ è
ī i
ŏ ò
ōŭ ó
ū u
Le poesie dei Siciliani, furono presto tradotte in toscano dai copisti dell’Italia centrale (fenomeno della
“toscanizzazione”; anche a causa della rovinosa caduta della casata sveva dopo il 1266 (battaglia di
Benevento, con la quale la Sicilia passò agli Angioini), le versioni originali andarono presto perdute e si
credette a lungo che gli autori avessero composto le poesie direttamente in toscano, accettando pertanto
una rima “imperfetta”, la rima “siciliana” appunto, che ben presto entrò di moda anche presso i rimatori
toscani. A seguito di studi filologici tuttavia è risultato invece che le rime imperfette sono solo nella
versione “toscanizzata”, mentre in siciliano rimavano perfettamente (esempio ogn’ora – pintura – figura
che in siciliano sarebbe stata ogn’ura – pintura – figura).

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