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MANAGEMENT DELLE IMPRESE CULTURALI

16/09/2019
Corso su moodle. Chiave di iscrizione: 2020mic. Su moodle troviamo slide e dispense. Materiale: slide del
corso, dispense del corso che sono l’approfondimento delle slide, Hesmondhalgh le industrie culturali
edizione 2008 o 2015.

Perché certe aziende fanno prodotti vincenti e altre no?


Il lunedì esce un fascicolo dedicato all’economia, per esempio su corriere della sera, repubblica.
Primo appello a dicembre. Esame intermedio 14 ottobre. Se si passa il parziale si fa l’orale entro febbraio e si
fa l’esame sulla seconda parte.
Lezione in inglese.

Laurea magistrale in governo e direzione di impresa a Firenze. L’ultima lezione dovrebbe essere il 26
novembre.

L’argomento fondamentale è l’attività imprenditoriale decisione dell’imprenditore che partono con


l’avvio dell’impresa fino a tutte le decisioni che coinvolgono la guida continuativa dell’impresa, talvolta fino
alla cessazione dell’attività. L’impresa è un organismo che nasce perché qualcuno lo vuole, ci vogliono delle
azioni per farla nascere e può vivere un periodo molto lungo ma anche molto breve. Monte dei paschi di
Siena è attiva dal 1864. La Fabbri è attiva dal 1905. La Kodak ha avuto grande successo ma poi è fallita.
La vita dell’impresa non è preventivabile, è una decisione anche la cessazione di impresa a meno che non
avvenga in maniera violenta. Cause violente come quando il giudice decide che l’impresa debba chiudere per
fallimento. Tutte le scelte prese in ambito aziendale devono tenere conto del contesto nel quale l’impresa
opera. Le decisioni che vengono prese devono tenere conto del contesto e delle relazioni dell’impresa. Ogni
impresa è diversa dalle altre perché le decisioni prese devono essere specifiche.
L’oggetto della disciplina di questo corso si concentra sulle scelte di natura imprenditoriale.

Questa attività imprenditoriale trae informazioni e spunti da diversi ambiti, in particolare da altre materie.
È una disciplina a contenuti interdisciplinare. Le scelte aziendali dipendono dalle conoscenze e dal
cambiamento che avviene in altre discipline e contesti. Le scelte imprenditoriali sono connesse a come
cambiano i modi di vivere delle persone, il fatto che in alcuni paesi ci fosse stata una tendenza alla creazione
di famiglie ridotte le imprese di beni di consumo si sono attrezzate per offrire monoporzioni. Il cambiamento
nella società deve essere considerato dalle imprese.
I giornali si sono dovuti adeguare ai social network. Ci sono imprese che hanno creato servizi che sfruttano
la quantità di cellulari che le persone hanno. Car sharing e bike sharing diversi anni fa non sarebbero stati
possibili.
Chi prende decisioni in azienda deve considerare il contesto tecnologico, gli aspetti psicologici delle persone.

Ciò che si può fare dipende dalla conoscenza in ambiti diversi. Se volessi organizzare un festival non posso
non avere competenze gestionali ma anche della qualità dell’offerta culturale che posso offrire ai clienti.
Non si può pensare di gestire un’azienda senza conoscere le regole che stanno alla base del funzionamento
della relazione con l’esterno (scienze sociali). Quando si studia l’impresa bisogna guardare dinamiche legate
ad altre discipline.

Realtà operativa delle imprese come lavorano, come formano i dipendenti, come comunicano l’offerta,
come operano. Lo studio sulla gestione delle imprese produce principi di governo, indirizzi generali su come
le imprese dovrebbero funzionare, quali sono gli errori in cui non incorrere. Si producono strumenti
imprenditoriali, predispone dei modelli per facilitare la lettura del contesto nel quale si opera o per prendere
decisioni. Ci sono modelli per analizzare contesto ambientale (5 forze concorrenziali), strumenti come piani
strategici che sono modelli di presentazione di progetti imprenditoriali che servono per esplicitare in modo
comprensibile a un esterno ciò che l’impresa intende fare. Si possono proporre casi aziendali, può portare ad
esempio il modo in cui certi problemi sono stati affrontati da altre imprese. La Kodak per anni è stato un

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esempio positivo, da qualche tempo è diventato un esempio negativo. Era l’impresa leader nel settore delle
pellicole fotografiche, ad un certo punto è arrivata alla bancarotta. Quando è nata la tecnologia della
fotografia digitale anziché investire nella nuova tecnologia ha preferito continuare a operare nel settore delle
pellicole lasciando ad altri la possibilità di crescere. Quando la qualità del digitale ha cominciato a superare
la pellicola hanno cominciato a fallire. Non si deve smettere di guardare oltre.

Ci interessa l’impresa e non l’economia in generale. L’economia ci serve per conoscere il contesto in cui
l’impresa si muove. Il sistema economico per l’impresa è dato, la possibilità per un’impresa di cambiare
sistema economico è difficile. Bisogna capire come nasce il contesto del sistema economico. L’attività
economica è la scienza che studia le decisioni umane che portano a interpretare e gestire il rapporto tra
bisogni illimitati e fattori produttivi scarsi. Il problema è risolvere un’equazione impossibile tra bisogni
illimitati perché chiunque una volta che abbia soddisfatto dei bisogni gliene emergono dei nuovi, la completa
soddisfazione è difficile da sostenere. I bisogni sono illimitati perché a qualcuno nasce sempre il bisogno
aggiuntivo. I fattori produttivi sono limitati perché sono quelli disponibili in natura. Ogni anno a fine luglio si
celebra la data entro la quale avremmo superato la quantità annuale utilizzabile di risorse mondiali. Queste
riserve non sono infinite. Il problema è che ho fattori produttivi limitati per soddisfare maggior numero e nel
miglior modo i bisogni. Chi lo decide quali sono i bisogni da soddisfare e in che modo?
L’attività economica viene organizzata dal sistema economico, il sistema economico decide come rispondere
a questi bisogni. il sistema economico deve regolare come i fattori produttivi devono essere utilizzati per
soddisfare i bisogni. è un sistema economico di tipo capitalistico.
Ci sono sistemi economici di due tipi che si basano su due principi di fondo:
Capitalistico a governare l’attività economica si mettono dei vincoli e regole. che cosa si produce lo decide
il sistema dei prezzi. Se qualcuno è disposto a spendere 2 euro per una fetta di cocco, se qualcuno pensa di
poter portargli quel cocco e fargli spendere due euro e guadagnarci lo fa. Se ritiene di non doverlo fare forse
l’utilizzo dei fattori produttivi può essere più soddisfacente in altro modo. Questo è il principio dei sistemi
capitalisti.
Socialista i bisogni da soddisfare in termini di quantità e qualità vengono stabiliti dallo stato. Lo stato
diventa interprete dei bisogni della società.
Nella versione pura non si trova ne uno ne l’altro dei sistemi. Il servizio sanitario deve essere garantito a tutti
anche se non possono pagare. L’acqua deve essere di proprietà pubblica, c’è una gestione dell’acqua che può
essere privata. Salvo alcuni limiti per tutti i bisogni vige il sistema dei prezzi, chi vuole offrire un prodotto lo
può fare sulla base di vendere un prodotto riuscendo a guadagnare sulla base dei costi della produzione del
fattore produttivo.

Il fattore produttivo può essere utilizzato però per vari scopi, acqua per bere, irrigare i campi, per la coca,
per produrre vernice, per lavorare il marmo… se la uso per una cosa difficilmente la uso per l’altra. Nasce il
problema dello stesso fattore produttivo per cosa lo uso? In Messico il mais era considerato un prodotto di
grande disponibilità e consentiva di essere utilizzato molto per scopi alimentari. Grazie alla ricerca scientifica
si scopre che può essere usato come biocarburante, quelli che producevano biocarburante erano disposti a
spendere cifre più alte rispetto a quelli che lo usavano per fini alimentari. Il mais disponibile andava a chi
faceva biocarburante, questo diminuiva il bene per l’alimentazione. Questo rappresenta l’utilizzo del sistema
puro dei prezzi.
Il fattore produttivo va a chi guadagna di più e quindi chi ci spende di più. Non è un sistema perfetto tanto
che nella regolazione del sistema economico gli stati e i governi pongono dei limiti alla libera attività e alle
scelte che possono essere fatte. In alcuni casi il sistema politico è in grado di farlo altre volte no.
Nel sistema economico capitalistico il principio di fondo è che se i fattori produttivi vengono utilizzati per
creare un fattore più alto vengono utilizzati in maniera più utile. I bisogni che si soddisfano sono quelli per i
quali il prezzo è soddisfacente.

Non tutti i bisogni sono uguali. C’è una scala dei bisogni di Maslow, statunitense che ha messo in evidenza
che i bisogni sentiti da una persona fossero diversi e si manifestano in momenti diversi della vita. Come se ci
fosse un ordine nel quale si manifestano. Tutti i soggetti presentano un certo tipo di bisogni che sono quelli

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fisiologici quelli che consentono di sopravvivere, quelli prioritari. Una volta soddisfatti questi emergono i
bisogni di sicurezza mantenimento delle condizioni di sopravvivenza che ti mettono al riparo dal dover
subire la perdita di uno stato a cui siamo arrivati, mantenere la capacità di non subire furti, danni alla persona.
Essendo l’uomo un soggetto sociale nascono poi i bisogni di appartenenza l’uomo deve sentirsi parte di
qualcosa che si manifesta con fare parte di una famiglia, amici, essere insieme ad altre persone per rafforzare
il modo di vivere. Ci sono poi i bisogni di stima considerato positivamente dalle persone con le quali
intrattiene relazioni, sentirsi stimato, persona corretta e affidabile. Bisogni di autorealizzazione quelli che
sente nei confronti di se stesso, raggiungere determinati risultati. Le imprese possono agire per trasformare
e dare vita a un’idea di autorealizzazione che poi diventa un bisogno per il cliente. Gli uomini di successo
hanno un rolex e quindi se vuoi essere contento di te stesso comprati il rolex. Una volta che viene considerato
uno status symbol lo comprerà.
Non si intendono solo beni materiali.

I bisogni secondo Keynes (economista)


Si possono distinguere bisogni assoluti e relativi. Riflessione di una certa importanza. I bisogni assoluti si
sentono indipendentemente da ciò che sentono gli altri soggetti. I bisogni relativi in cui la soddisfazione nasce
da un confronto tra il soggetto e gli altri. Alcuni bisogni li sentono tutti ma quelli relativi ognuno li sente come
vuole. Se mi confronto con uno che ha una fiat avere una Volkswagen è un bisogno relativo, voglio qualcosa
di più e di diverso. I bisogni relativi sono frutto della fantasia di chi è disposto a comprare e chi a vendere e
crearli. La soddisfazione dei bisogni relativi può essere molto ampia.

Bisogni di Kotler (economista aziendale)


All’impresa non interessa sapere che tipo di bisogni appartengono ai soggetti, gli interessa come interpretarli
ai fini della propria ricchezza. È importante che il cliente sia disposto a comprarli. L’impresa vuole capire se
la persona si trova di fronte a uno stato di mancanza che può essere soddisfatto. Sentiamo che ci manca
qualcosa ma non sappiamo cosa. Questo è un bisogno generico. Il desiderio è un modo chiaro di esplicitare
il bisogno, so che manca qualcosa e anche se sono in grado di capire cosa mi manca ho un desiderio. La
domanda potenziale è quando il desiderio è accompagnato da una possibilità di spesa, dalla volontà di
spendere. All’impresa allora non interessa se non si è disposti a spendere. Se il cliente non è disposto a pagare
all’impresa non interessa produrre. Se produco e il cliente non spende ho fatto peggio. All’impresa interessa
capire il desiderio ma soprattutto che cifra è disposto a spendere il cliente per quel desiderio. Diventa
importante tradurre tutto in domanda potenziale.

Bisogni di Abbott e Levitt


Utilizzano il bisogno generico di Kotler ma si concentrano sul bisogno derivato. Kotler spostava l’attenzione
sulla domanda, il cliente immagina come tradurre il bisogno generico. Loro due spostano il punto di vista
dalla parte dell’impresa. Come si può rispondere al bisogno del cliente. Qui nasce la capacità di dare la
risposta tecnologica innovativa a un bisogno generico sentito dalle persone. Alcuni tipi di prodotti o servizi
non rappresentano altro che interpretazioni innovative di bisogni generici. Nell’ambito delle persone dal
punto di vista psicologico sentono il bisogno di prendersi cura di qualcun altro. C’è qualcuno che ha
riconosciuto questa esigenza e l’ha tradotta in un bisogno derivato diverso dal solito modo di soddisfare quel
bisogno. Hanno dato un’interpretazione nuova e diversa dando un’interpretazione tecnologica (tamagochi).
Era un portachiavi con un video con un animalino che quando uno lo attivava era piccolo, bisognava nutrirlo,
metterlo a letto. Nel tempo l’animale cresce, se uno smette di prendersene cura moriva. Era un modo nuovo
per dare la possibilità di avere un animale. Molte imprese lavorano su nuovi modelli per soddisfare bisogni
che già esistono.

17/09/2019

Il problema dell’attività economica (chiedere ad ARI)

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I bisogni sono illimitati, i fattori produttivi sono limitati, oltre a rendere difficile la soddisfazione dei bisogni
illimitati con fattori limitati, ci sono anche fini diversi (per soddisfare diversi tipi di bisogni), si crea una
concorrenza nei diversi tipi di bisogni, chi è disposto a spendere di più determina l’utilizzo del fattore.
L’attività economia è regolata da un sistema economico governato da stati mediante regole.
Ci sono due tipi: quello capitalistico, dove il sistema dei prezzi guida le imprese a quali bisogni soddisfare, si
crea valore con fattori produttivi che hanno un valore e l’offerta sul mercato che deve avere un prezzo più
alto, per guadagnare. Decidono loro cosa produrre sulla base di opportunismo economico.
L’altro tipo è quello in cui a decidere la quantità e la qualità dei servizi è lo stato, con attività poi organizzata
spesso sempre dallo stato.
Noi viviamo in un contesto di libero mercato capitalistico, con regole che normano l’utilizzo dei fattori
produttivi (norme sul lavoro e su utilizzo delle materie prime). In alcuni settori, vista la loro importanza al
fine della soddisfazione dei bisogni pubblici, alcune imprese non entrano nelle norme. Lo stato per esempio
regola la presenza di Taxi e Farmacie, servono licenze e concessioni che non tutti possono avere
immediatamente.

Il fattore di bisogno è stato studiato da vari studiosi di diverse discipline come Maslow, Keynes.
Fattori produttivi: tutti quegli input acquistabili da chiunque sul mercato. Tutte quelle unità di lavoro e
materie prime che chiunque trova sul mercato, per poi organizzare l’organizzazione di un bene e servizio
capace di soddisfare un bisogno. Tutti coloro che lavorano sul mercato trovano delle stesse persone che
vendono lo stesso fattore produttivo.
Di per sé noi con quello che troviamo sul mercato possiamo organizzare un’attività, come per esempio una
pizzeria. Oltre al fisico servono anche i finanziamenti per supportare questi scambi, quella moneta che serve
per pagare i dipendenti e le varie spese. Questo però non basta, per svolgere un’attività c’è bisogno di sapere
come si fa a lavorare (ex: fare e come fare la pizza), c’è bisogno di capacità produttiva, devo essere capace
di sfornare le pizze per sfamare un numero ragionevole di clienti. ARI!!!!
Possiamo pensare a più pizzerie, c’è una differenza tra queste, e non sta negli aspetti tangibili, l’elemento
importante è quello intangibile. La differenza è tra questo, come gestire le prenotazioni, quanto si aspetta
per l’ordinazione e che la qualità del prodotto sia adeguato alle nostre esigenze. Questi sono elementi
intangibili, non si possono toccare o comprare. Questa organizzazione non è facilmente organizzatile. Le
risorse sono il frutto della attività di elezione dei fattori produttivi e della loro organizzazione specifica
all’interno delle attività. Le risorse rappresentano un primo risultato dell’attività.
Per quanto riguarda la soddisfazione dei bisogni attraverso i fattori produttivi. Quando è efficace e efficiente
il sistema economico? Sono molto diversi tra loro. È efficace quanto riesce a rispondere in misura rilevante
ai bisogni che vengono manifestati, un rapporto tra obiettivi e risultati. Io ritengo che un’impresa sia efficace
quando è in grado di soddisfare le mie aspettative. Un’impresa è efficiente, quando per soddisfare un certo
tipo di bisogni ha utilizzato un certo tipo di fattori produttivi. Per cui, qui c’è la relazione tra mezzi utilizzati
e risultati ottenuti. Un esempio è l’efficienza energetica, un riscaldamento che a parità di case utilizza meno
carburante. Se riesco ad utilizzare meno fattori produttivi, un sistema economico può soddisfare più bisogni.
“Limiti del sistema economico italiano” —> produttività, un sinonimo di efficienza. Le nostre imprese per
ottenere una quantità di output maggiore rispetto ad altri paesi.
Il fatto anche che molte imprese non utilizzino un livello di tecnologie avanzato, quindi tende ad essere più
costoso. Un paese molto caratterizzato da attività artigianali o piccole, non ha un’organizzazione produttiva
abbastanza forte da poter essere competitivo.
DELOCALIZZAZIONE DELLE IMPRESE —> conseguenza di questa situazione.
Un sistema economico per aver successo deve essere efficace ed efficiente, quello capitalistico per esempio
è più efficace, la varietà del sistema capitalistico è il frutto di ciò che si produce in base a quello che viene
richiesto. Dal punto di vista dell’efficiente, quello capitalistico, crea più ricchezza con limiti che possono
derivare da un eccesso di libertà, con situazioni degli operatori non sostenibili, almeno in passato hanno
garantito un livello maggiore di efficienza.
Cosa crea efficienza nel sistema economico?

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Andiamo nel 1776 quando Adam Smith, economista inglese, considerato padre del capitalismo, creò “La
ricchezza delle Nazioni” come creare ricchezza dalle varie nazioni del mondo. Con la divisione del lavoro per
esempio, una specializzazione da parte dei singoli operatori, in due tipi:
Divisione sociale: dove gli operatori si dedicano ad attività diverse e scambiano l’output con gli altri
operatori che fanno la stessa cosa. Si compra con i risultati della sua attività che ti consente di comprare altri
beni di altre attività, si diventa via via più efficienti nella propria attività. Una divisione del lavoro che c’è
sempre stata nella storia.
Divisione organizzativa: avviene all’interno della divisione sociale del lavoro, io posso nella mia attività,
scomporla in diverse fasi del lavoro, affinché diverse persone si dedichino ad un’attività nella catena
produttiva.

Propose un esempio basato su una fabbrica di spilli, se un operaio si fosse occupato di tutto, avrebbe potuto
produrre in un giorno solo uno spillo, se nella stessa impresa le 18 fasi si dividono tra 10 operai, si arriva a
48.000 spilli, ogni operaio farebbe 4800 spilli il giorno. Questo grazie alla divisione organizzativa del lavoro.
Questo fu alla base della rivoluzione industriale dove si assisteva a processi di creazione e realtà di
dimensioni sempre più grandi con lavoro sempre più spinto in termini di produzione. Questo tipo di processo
è andato avanti per anni e poi siamo riusciti a limitare questa deriva, garantendo allo stesso tempo livelli di
soddisfazione altissimi. Il principio è che determinare all’interno dell’organizzazione la specializzazione
dell’attività, mi consente un recupero rilevante di efficienza. Questo processo arriva fino ad oggi. Punto di
vista un po’ limitato. Se poi sul mercato i clienti non sono disposti a sostenere un tipo di prezzo tutto finisce
che la concorrenza debella. Quando Ford iniziò a fare le automobili il suo sogno era quello di metterne una
in ogni Garage di un Americano. Prima impossibile, visto il prezzo, poi grazie all’organizzazione del lavoro, fu
talmente produttiva che rese il costo del prodotto molto più abbordabile, anche dai suoi dipendenti.
Oggi l’attività produttiva conta tantissimo, se guardiamo i lavoratori sono un numero estremamente limitato
nel mondo. Marchionne disse che le imprese automobilistiche del mondo sarebbero diventate 5-6, e le auto
prodotte dovrebbero esser state 5-6mln l’anno, altrimenti non sarebbe stato sostenibile.
Ci sono due elementi che insieme partecipano al recupero di efficienza nell’ambito dell’attività produttiva:
Economie di scala
Economie di apprendimento

Se investo in macchinari più cari che mi producono di più, i costi sono più bassi. Se voglio fare di più e ho
bisogni di macchinari, investo in quelli e aumento la produzione. Questo va fino a un certo punto, tutto
scende e poi risale, perché il nuovo macchinario non lo sfrutto al massimo, ma poi arrivato nuovamente al
minimo del CMU (costo medio unitario) sono di nuovo a posto, ma devo VENDERLO il prodotto, altrimenti
tutto è perso.

Se una buona bottiglia vuota la pago 1,80€ e una tutta pronta la pago 0,50€. Farsi 500lt di birra costa 2000€,
farne 1000€ costa 2500€, farne 2000€ costa 2800€. Se passo ad un raddoppio della produzione, il tutto mi
costa meno.
In quelle di apprendimento, il CMU mi scende all’aumentare dell’esperienza che ho maturato nel fare la
stessa attività. Tutto più veloce, meno errori, più produttività, meno CMU. Si parla di “produzione cumulata”,
miglioro con il tempo. Quando si azzera la curva? Solo se cambio la lavorazione. Per questo nelle aziende si
ritardano sempre i cambiamenti, perché il cambiamento richiede un adeguamento.

Come ottenere delle misure di efficienza


Il mercato può presentare opportunità e minacce. Il fatto che esista il sistema dei prezzi può essere
influenzato a seconda delle dimensioni del mercato, tanto più ampio è, tanto più ci saranno incentivi per
dedicarsi ad attività più specifiche. Per esempio nel piccolo paesino di montagna è difficile confrontarsi con
altri produttori, dovrà dedicare una parte della propria attività a varie cose, altrimenti suoi bisogni non si
soddisfano. Tanto più il mercato è ampio, tanto maggiore sarà la possibilità di massimizzare il sistema del
lavoro.

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Smith dice sempre, che il sistema dei prezzi trova dei limiti nei costi di transazione, non sono rappresentati
dal prezzo, ma da tutto il resto. Chi me lo offre il fattore produttivo? Chi mi garantisce la qualità? Chi mi da
la garanzia di riuscirli ad utilizzare? Questi costi di transazione aumentano il costo, se fossero troppo alti avrei
degli incentivi ad autoprodurre beni e servizi. Tanto più basso è il costo di transazione, tanto più è il costo
della produzione propria del fattore produttivo.

In alcuni paesi certi tipi di attività non si fanno più perché è più efficiente farla in altri paesi. Molta produzione
è in China perché i costi sono bassi. Creando un mercato considerato come unico. C’è una maggiore facilità
nella raccolta delle info delle alternative disponibili. Trivago per le imprese è un aiuto per aumentare
clientela. Se il mercato fosse meno ampio e i costi di transazione molto più alti, ognuno si farebbe tutto da
solo. Questo porta dei costi di gerarchia, alcuni dovuti alla impossibilità di dedicarsi a più cose allo stesso
tempo. Molte imprese ormai hanno esternalizzato alcuni tipi di servizi che prima facevano direttamente.
Esempio: mensa interna con dipendenti al lavoro, questo portava molti costi. Questo determina impegno
anche di gestione che viene tolto all’impresa, cosa succede? Hanno guardato sul mercato se c’era qualcuno
legato alla gestione di mense e hanno delegato il lavoro a loro, esternalizzandolo.

Ci sono dei costi di gerarchia che mi incrementa il costo che non sosterrei se mi rivolgessi al mercato. Ci sono
costi di gerarchia che sono l’opposto dei costi di transazione.
Il 730 lo posso fare da solo oppure farlo fare ad un commercialista —> così ricorro al mercato. Ognuno di noi,
o ricorre al mercato o alla gerarchia. È un gioco difficile che determina quanto l’impresa è grande. Le imprese
rispondono in maniera diversa a mercato o gerarchia. Dipende dal mercato in cui operano! (Ex avvocato che
mi serve in azienda o no).

La divisione del lavoro, sociale o organizzativa, ci fa capire perché esistono le grandi imprese. La nascita delle
imprese efficienti ha bisogno delle gerarchie all’interno di essa per essere di successo.
Se i costi di transazione fossero molto alti per fare qualsiasi cosa la soluzione sarebbero solo delle mega
imprese che fanno tutto al loro interno, sarebbero comunque troppe gerarchie. La soluzione non è MAI
unitaria, tutte le imprese che lavorano sullo stesso mercato lavorano in modo diverso (tra interno ed
esterno).
Grazie alla divisione sociale si assiste ad una specializzazione, per sfruttare la velocità si utilizzano termini
interni (gerarchici) o esterni (mercato). L’impresa è un sistema di fattori produttivi che vengono utilizzati per
il soddisfacimento dei bisogni della collettività. Ma lo si fa cercando di garantire un differenziale positivo tra
quello venduto dall’impresa e quello del fattore produttivo, si crea valore. Questo spinge le imprese in un
sistema capitalistico, se non si creasse valore non sarebbe utilizzato in maniera efficiente.

Dietro tutto questo c’è un’attività decisionale che trasforma i fattori produttivi, grazie a scelta, esperienza e
innovatività, in qualcosa che possono fare meglio di altri.
Cosa serve per trasformare un bisogno in domanda potenziale?
Attraverso quale prodotto e servizio si può soddisfare un certo bisogno
Riuscire a produrre il servizio in qualità e che soddisfi il cliente

Ex: bisogno di fare esperienze nuove e extra —> trasporto spaziale (Elon Musk con Space X, Tesla, The Boring
Company).
Sfida: riuscire a soddisfare un bisogno a un prezzo che il cliente è disposto a pagare.

23/09/2019

Nascono organizzazioni e diventano più grandi perché diventa più facile sfruttare l’attività organizzativa del
lavoro. Svolgere un’attività in più nell’impresa può comportare una riduzione dei costi nel mercato.
Generalmente le imprese crescono fino a quando i costi di gerarchia non diventano superiori ai costi di
mercato quindi per tutte le attività aggiuntive ci si rivolge al mercato. Più il mercato è ampio più si sfrutta la
divisione organizzativa del lavoro e più è conveniente per l’imprese rivolgersi al mercato.

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Come sono fatte le imprese? L’impresa può essere definita come un sistema di fattori produttivi finalizzato
al soddisfacimento dei bisogni di una collettività, creano valore. Bisogna necessariamente creare valore.
L’attività di impresa viene gestita attraverso l’attività imprenditoriale. Due processi: la capacità di guida di
impresa di individuare i bisogni che possono essere soddisfatti e interpretarli in maniera innovativa, dopo si
selezionano una serie di fattori produttivi che vengono combinati in maniera innovativa e efficiente creando
risorse specifiche dell’impresa. Tanto più le risorse sono di valore tanto più si creano servizi che la
popolazione è disposta a pagare per questi.
Tour mondiale di Whitney Houston con il suo ologramma, è già stato fatto con altri.

Nell’impresa, chi svolge attività imprenditoriali individua bisogni nell’ambiente e attraverso fattori produttivi
e la loro combinazione produce beni e servizi capaci di soddisfare quei bisogni. se i potenziali clienti sentono
di poter soddisfare bisogni attraverso quei servizi la domanda si trasforma da potenziale in reale. Se l’impresa
è capace di rispondere ai bisogni e i clienti sono disposti a comprare si crea una domanda che poi si
trasformerà in moneta.

Le funzioni tecnico-economiche che l’impresa mette in atto sono 4 gruppi:


- Produzione di beni prod. Ex novo o trasformazione di fattori produttivi in qualcosa di tangibile.
Questo richiede un livello di partecipazione non solo delle persone ma anche di macchinari.
- Adattamento dei beni attività commerciale, distribuzione. L’impresa acquista beni fisici e
organizza la messa a disposizione nei punti vendita in cui incrocia la domanda del cliente. Non
trasforma nulla, prende qualcosa prodotto da altri e lo mette a disposizione in mercati diversi.
Adattamento dei beni nel tempo e nello spazio (prodotti fatti in un altro momento e in un luogo
lontano, posso gestire la loro distribuzione in momenti diversi e luoghi diversi da dove sono stati
prodotti), nella qualità (l’attività di distribuzione deve garantire una selezione di prodotti cercando
di interpretare la domanda del mercato a cui si rivolge), nella quantità.
- Produzione di servizi determina un output che non è tangibile ma è rappresentato da un’unità
intangibile. Autobus, cinema, medico, fiscalista. Realizzazione di unità che non hanno carattere
tangibile ma soddisfano dei bisogni. i servizi non sono immagazzinabili, se non riesco a vendere servizi
non ho possibilità di venderli successivamente perché quell’attività l’ho già prodotta. Questo richiede
organizzazione nella gestione perché ho il problema di avere lo stesso numero di clienti nel momento
in cui produco il servizio.
- Produzione di finanziamenti le attività di prima comportano un trasferimento di moneta. In
questo caso il trasferimento di denaro è l’oggetto della transazione. Quando chiedo un prestito
chiedo il diritto di utilizzare denaro non mio. Qui la moneta è l’oggetto del trasferimento. Alcune
imprese comprano un prodotto e chiedono di pagare un canone per l’utilizzo. Queste attività sono
svolte da imprese nel settore bancario e redditizio.
Molte imprese operano su uno di questi settori. La coop è un distributore di beni ma si sta organizzando per
produrre anche servizi come pagare bollettini. Alcune imprese svolgono attività parallele a quella principale
che hanno un peso diverso.

Il concetto di sistema
L’impresa rappresenta un sistema di fattori produttivi. Il concetto di sistema e insieme sono diversi. L’insieme
ha elementi che hanno in comune qualcosa ma non c’è bisogni che questi interagiscano. Nel sistema bisogna
che questi elementi mantengano relazioni e che queste relazioni siano orientate al raggiungimento e
perseguimento di un obiettivo comune. L’impresa è costituita da elementi e parti (persone, fattori produttivi)
organizzati dalla volontà di qualcuno con il fine di perseguire un obiettivo.
L’impresa è un sistema aperto, per sopravvivere ha bisogno anche di interagire continuamente con l’esterno
per approvvigionarsi di fattori produttivi e risorse. Nello stesso tempo ha bisogno di garantire il collocamento
del proprio output, i suoi prodotti devono essere considerati interessanti e ci deve essere qualcuno disposto
a comprarli. Senza l’interazione con l’esterno non vivrebbe.

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È un sistema socio-tecnico, sistema composto da una serie di elementi che hanno caratteristiche diverse tra
loro. Elementi che hanno carattere tecnico e altri fattori che hanno carattere umano, sono persone. I fattori
produttivi tecnici hanno la produttività prevedibile. Le persone invece non hanno questa caratteristica, sono
diverse tra loro e anche la stessa persona non rende sempre uguale, non ha una produttività stabile perché
il modo in cui partecipa dipende anche dalla vita personale.
È un sistema inserito in un ambiente e è stimolata da quello che succede nell’ambiente. Magari ci sono
imprese di competizione. Quello che accade fuori incide sulla mia impresa.
È un sistema dinamico, in continuo cambiamento. L’impresa non sarà mai uguale a se stessa neanche se si
confronta in periodi diversi della sua vita.

Ciascun sistema può essere scomposto in sottosistemi o analizzato come parte di un sistema di livello
superiore. L’impresa può essere vista come un sistema del sistema economico. Agli economisti interessa il
sistema economico e il funzionamento di questo, analizzano le imprese come sottosistemi del sistema
economico. A noi interessa scomporre l’impresa in sottosistemi.

Il sistema aziendale può essere studiato attraverso processi: informativo, materiale ed energetico. Il
processo informativo si occupa della raccolta della gestione delle informazioni e del trasferimento di queste
tra l’impresa e l’esterno e anche all’interno dell’impresa. Il processo materiale si occupa dell’acquisizione di
beni e servizi della trasformazione e dello svolgimento delle funzioni tecnico economiche
(approvvigionamento, commercializzazione) e del loro trasferimento all’esterno. Il processo energetico si
occupa di mettere a disposizione l’energia sufficiente per svolgere gli altri processi. Processi collegati tra loro.
Ciò che l’impresa realizza è frutto di informazioni che vengono dall’esterno e grazie alla messa a disposizione
dell’energia sufficiente e quindi del denaro. Una mancanza in uno di questi processi genera un contagio nei
confronti degli altri.

Le funzioni aziendali ossia i ruoli svolti nell’impresa. Il processo informativo è svolto dall’attività di governo
e amministrazione, l’amministrazione raccoglie le informazioni che riguardano l’impresa stessa, sui
dipendenti, prende atto i trasferimenti di moneta, analisi di mercato, raccolta delle informazioni di natura
macroambientale, definisce come deve modificarsi il processo ambientale per renderlo più efficace nel
mercato.
Il processo materiale si riconduce all’approvvigionamento, produzione-erogazione, vendita.
Il processo energetico è rappresentato dalla finanza dell’impresa, si occupa della valutazione e adeguatezza
delle scelte relative a quali siano gli strumenti migliori per finanziare l’impresa e controlla anche gli scambi di
moneta.

Ogni processo ha degli obiettivi generali.


Nell’informativo c’è la superiorità rispetto ai concorrenti, si deve avere spazio sul mercato. Si occupa del
coordinamento degli altri processi, la funzione del consenso (tutte le persone che fanno parte dell’impresa
hanno aspettative diverse, i lavoratori, i fornitori, lo stato, il proprietario, molti consensi sono contrapposti
tra loro). Attività di controllo, avere sotto controllo tutti i processi per prendere decisioni utili di
cambiamento.
Nel materiale si ha l’obiettivo di fatturato, livello per coprire l’interesse del proprietario. C’è lo sviluppo della
cultura, sia produrre cultura di alto livello ma anche trovare capacità di far consumare questa cultura.
Nell’energetico c’è l’obiettivo del totale finanziamenti.
Prima di tutto capisco in cosa posso essere superiore sul mercato, questo richiede risorse, per queste risorse
ho bisogno di finanziamenti. Se ho grandi idee ma senza finanziamenti dovrei fare scelte di secondo livello e
il risultato è una produzione che è inferiore a quella degli altri.

Per far funzionare questi processi c’è bisogno di due aspetti distinti tra loro che sono gli apparati e le capacità.
Gli apparati sono aspetti strutturali e tangibili, le capacità riguardano aspetti non tangibili e le capacità di
sfruttamento degli apparati. Nel processo materiale abbiamo bisogno di diversi elementi, apparati composti
da persone, macchinari, impianti, strutture che si occupano della vendita. Gli apparati da soli non

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garantiscono il funzionamento, c’è bisogno delle capacità di approvvigionamento, produzione-erogazione e
vendita. Servono procedure, chi si occupa di comprare sappia valutare il prodotto, ho bisogno di garantire la
capacità di produzione, servono persone che sappiano come interagire con i clienti. Gli apparati da soli non
funzionano se non ci sono le capacità.

Tutte le attività di governo e operative consistono in un continuo scambio di flussi di informazioni. Si


raccolgono informazioni dall’ambiente e dal mercato. Scambi materiali ed energetici (conseguenza degli
scambi di materiali, riguardano la moneta).

Questi scambi sono riferibili a una serie di interlocutori di vario genere che possono essere rappresentati da
diversi soggetti e ciascuno di questi vede nell’interazione con l’impresa la soddisfazione di un proprio
bisogno. Ci sono una serie di soggetti che collaborano con l’impresa. Nel massimizzare la soddisfazione dei
clienti potrei abbassare i prezzi di vendita, ma se questo abbassa gli stipendi e mette a rischio la loro attività
il livello di consenso verrà meno e non basterà avere tanto consenso dai clienti. C’è bisogno di riconoscere
gli interlocutori dell’impresa e riuscire a mantenere il loro livello di soddisfazione.

L’impresa:
- Nasce per la volontà di qualcuno, non è un processo spontaneo. Nasce solo se qualcuno lo vuole e
agisce per farlo. Agisce perché vede nella sua creazione una soddisfazione di interessi propri
- Fanno nascere l’impresa per soddisfare gli interessi di altre persone, l’impresa soddisfa bisogni di
clienti che sono disposti a comprare il loro bene o servizio.
- Deve essere strutturata e guidata da un soggetto che sia capace di governarla.
- Acquista fattori produttivi dall’ambiente esterno per fare in modo che l’impresa funzioni.
Questi elementi ci fanno riflettere sulle attività che avvengono nell’impresa:
- Attività connesse a interessi motivanti perché l’impresa esiste e le finalità, si opera in modo che
l’impresa garantisca il perseguimento dei propri interessi
- Attività di governo coordinare e definire le modalità di funzionamento e scelta dei fattori
produttivi
- Attività operative di autostrutturazione apparati e capacità, creare la struttura dell’impresa o
modificarla (attività che si svolge ogni tanto).
- Attività operative verso l’esterno dopo aver acquisito apparati e capacità si trasformano i fattori
produttivi e si propongono all’esterno. È il momento in cui si offre il servizio dopo aver creato la
struttura.
Questi elementi ci consentono di andare a studiare l’impresa partendo da ciò che tutte hanno,
concentrandosi su per che cosa ciascuna impresa si caratterizza.
Cos’è che tutte le imprese hanno? Hanno un proprietario, qualcuno ha voluto che queste nascano e che
continuino a esistere. Tutte hanno qualcuno che le guida, attività di governo, organo di governo che si occupa
di coordinare l’attività e decidere le strategie da mettere in atto. Tutte hanno un sistema operativo che
svolge diverse funzioni. Acquisiscono fattori produttivi e vendono un servizio o bene nel mercato. Questi
sono elementi che caratterizzano tutte le imprese.
Imprese di piccole dimensioni il proprietario è quello che gestisce l’attività e svolge le funzioni operative.

Quello che ci interessa è la struttura aziendale, è la traduzione di come ciascuno di quegli elementi che
abbiamo visto prima si caratterizza all’interno di ciascuna impresa. La struttura dell’impresa è rappresentata
dalle caratteristiche del proprietario, dall’attività di governo e dal sistema operativo. Questi elementi
rappresentano la struttura dell’impresa che analizzo oggi. Ciò che l’impresa è oggi è il frutto di decisioni
passate e il punto di partenza per cambiare e migliorare l’impresa.
Gli assetti dell’impresa sono la traduzione degli elementi dell’impresa, esprimono particolari configurazioni
degli elementi dell’impresa.

24/09/2019

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Oggi partiamo con l’assetto proprietario.
L’impresa si compone di un assetto proprietario. Vedremo chi è, le funzioni della proprietà e le decisioni che
determinano la scelta giuridica da dare all’impresa.
Le funzioni della proprietà e dell’imprenditore sono quelle che chiedono sempre allo scritto. Entrambi
svolgono tre funzioni ciascuno.

Il soggetto proprietario detiene la proprietà di un’impresa. È la persona fisica o giuridica oppure l’insieme di
persone fisiche o giuridiche che assumono la responsabilità economica dell’impresa conferendo capitale di
rischio a fronte di diritti di varia natura.
Ci sono due categorie: persone fisiche e giuridiche. Può essere una persona fisica ossia io ho un’impresa
individuale di cui sono titolare, per esempio un artigiano. Oppure insieme a un’altra persona ho l’impresa,
società, sono persone fisiche.
Le persone giuridiche significa che una società può essere proprietaria di un’altra società. Una società per
azioni può detenere il controllo di un’altra società. Delle persone giuridiche si configurano come proprietarie
di un’altra società. Con società si intende il piano giuridico con impresa il piano aziendalista.
Assumere la responsabilità economica dell’impresa attraverso conferimento di capitale di rischio immette
capitale per dare avvio all’attività di impresa, se ne assume la responsabilità.
Il proprietario a fronte del rischio che si assume in cambio riceve dei diritti di natura patrimoniale e sociale
quindi che riguardano le attività societarie. Il proprietario è un soggetto che conferisce un capitale a titolo di
capitale di rischio e a fronte di questo acquisisce vari diritti.

Capitale di rischio
Il capitale di rischio rappresenta la ricchezza dell’impresa e costituisce la prima fonte di finanziamento per
l’attività dell’impresa. Il capitale di rischio sta dentro i finanziamenti. Se l’impresa deve fare un investimento
lo paga o con il capitale di rischio e se non mi basta chiedo un finanziamento. Questa fonte di finanziamento
si chiama capitale di credito.
Assieme al capitale di rischio c’è quello di credito che viene preso dalle banche. Insieme costituiscono
l’insieme dei finanziamenti dell’impresa utilizzati per avviare l’impresa e per il funzionamento del sistema
aziendale. I due capitali servono per tutti gli investimenti che vengono fatti per far funzionare l’impresa.
Il totale dei finanziamenti corrisponde al totale degli investimenti.
Caratteristiche capitali di rischio:
- Vincolato stabilmente al sistema aziendale. Se il proprietario versa capitale di rischio, quel capitale
diventa parte del sistema aziendale. Non posso riprendere i soldi che ho investito.
- Remunerato in via residuale rispetto agli altri fattori produttivi. Vuol dire restituire una parte di
capitale al proprietario. L’impresa prima deve remunerare tutti gli altri fattori produttivi, solo dopo
se avanza un utile più remunerare il soggetto proprietario. Ogni impresa genera un utile o una
perdita, il capitale di rischio si remunera soltanto se l’impresa genera valore e se questo utile è
residuale rispetto agli altri fattori produttivi.
- Variabile in relazione alla capacità di impresa di creare valore. Se l’impresa crea un utile, questo
utile posso prenderlo in quanto proprietario oppure se sono lungimirante in parte prendo questo
utile e lo lascio dentro l’impresa. Se lascio tutto l’utile dentro l’impresa il valore del capitale di rischio
è aumentato. Se invece avessi generato una perdita il valore del capitale di rischio si riduce.
Caratteristiche capitale di credito:
- Sempre soggetto a scadenza. È un capitale che chiedo in prestito terzi, finanziatori. La banca ti da
dei soldi a scadenza, entro un tot di tempo devi restituirli.
- È remunerato in via prioritaria rispetto al capitale di rischio. Il capitale di credito rientra tra i fattori
produttivi e la sua remunerazione è prioritaria.
- Viene remunerato indipendentemente dalla capacità dell’impresa di creare valore. Se un’impresa
chiede dei soldi li deve remunerare puntualmente indipendentemente dal fatto che l’impresa crei
valore o sia in perdita.

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Il capitale di rischio viene letto come espressione di fiducia che il proprietario ha verso la sua impresa. Un
livello adeguato di capitale di rischio è una garanzia per i terzi che ti dovrebbero finanziare. L’ammontare
corretto del capitale di rischio dipende.

Questi ragionamenti valgono solo per le società a scopo di lucro. Le società no profit non sono società senza
profitto, semplicemente queste imprese non sono orientate al profitto dal punto di vista giuridico non
possono redistribuire gli utili. Sono obbligati a reinvestire l’utile nella attività di impresa. Il proprietario non
può incassare l’utile guadagnato a fine anno, è obbligato a mantenerlo nell’attività di impresa.

Diritti della proprietà


Il proprietario conferisce capitale e a fronte di questo acquisisce dei diritti. DIRITTI DI NATURA
PATRIMONIALE Primo è la distribuzione degli utili primo soggetto a cui vengono distribuiti utili è il
proprietario. Diritto di opzione dove un’impresa decide di fare un aumento di capitale emettendo nuove
azioni, i proprietari attuali hanno il diritto di precedenza su altri soggetti per acquistare nuove azioni. Se
un’impresa decide di fare un aumento di capitale i proprietari hanno un diritto di precedenza rispetto a nuovi
proprietari per l’acquisto di nuove azioni.
Diritto alla quota di patrimonio eccedente in caso di liquidazione dopo aver pagato tutti gli altri
l’eccedente rimane al proprietario.
DIRITTI DI NATURA SOCIALE Partecipa e vota in assemblea dei soci all’assemblea di solito partecipano gli
azionisti con maggiori quote. Il proprietario vota in assemblea e decide, ha il diritto di votare. Convocazione
assemblea in situazioni di eccezionalità può convocare l’assemblea. Impugnare delibere assembleari
impugna ciò che decide l’assemblea, può opporsi e congelare la decisione. Diritto ad ispezionare i libri
sociali libri contabili e bilancio di esercizio, in ogni momento li può consultare e anche il bilancio di esercizio
di un’impresa (documento che sintetizza il conto economico e situazione patrimoniale). Aida e amadeus.

Funzioni di proprietà
Il proprietario e l’imprenditore se sono la stessa persona il soggetto proprietario svolge 6 funzioni
indelegabili. Se sono persone diverse il soggetto proprietario si limita allo svolgimento di 3 funzioni
fondamentali. Funzione di orientamento strategico, capitalizzazione, legittimazione e controllo.
1definisce strategia di sviluppo dell’impresa, chi è l’impresa e lo scopo della sua esistenza. 2decide il
livello di capitalizzazione, quanto capitale di rischio mettere rispetto al totale di finanziamenti. Decide il tipo
di assetto proprietario e la scelta giuridica. 3 svolge una funzione di legittimazione e controllo. Nomina se
sono soggetti separati un soggetto che svolge ruolo imprenditoriale, ne definisce i compensi e controlla la
sua attività, controllo costante sull’imprenditore. La funzione di orientamento strategico non va confusa con
la funzione strategica dell’imprenditore.
FUNZIONE ORIENTAMENTO STRATEGICO
Il proprietario individua gli scopi e relativo grado di priorità, perché il proprietario ha deciso di investire
nell’impresa. In questa fase il proprietario definisce un orientamento sull’area di attività dell’impresa e sulle
strategie di sviluppo.
Scopi del proprietario si individuano: tramite la natura degli interessi e tramite la logica di riferimento degli
interessi. Natura degli interessi triplice:
- Economico-finanziariil proprietario detiene degli interessi è interessato al rendimento economico
finanziario dell’investimento. Investe con capitale di rischio perché vuole ottenere un rendimento
quindi vuole guadagnare.
- Tecnico-economici il soggetto proprietario è mosso da un interesse guidato dal processo tecnico-
economico dell’attività produttiva, quindi nelle modalità con cui si produce valore.
- Economico-sociali legati al soddisfacimento dei bisogni della collettività, investe in attività di
impresa per andare in contro ai bisogni del sociale.
Logica di riferimento:
- Della persona fisica individuale
- Impresa aziendale
- Ente pubblico della pubblica amministrazione

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Incroci tra natura degli interessi e logica di riferimento
Il soggetto proprietario persona fisica (logica individuale) immette capitale di rischio per soddisfare interessi
economico-finanziarilogica del capitalista, detiene grossi capitali e investe in attività di impresa come
persona fisica per avere rendimento sul capitale investito.
Logica individuale mossa da interessi tecnico-economicipotrebbe essere la logica dell’artigiano che vuole
produrre valore. Il restauratore fa un’impresa perché vuole restaurare creando valore.
Logica aziendale che persegue interessi di natura economico-socialeferragamo che investe nel maggio
musicale fiorentino, supporta un’attività che ha un obiettivo sociale. La logica aziendale è legata all’immagine
dell’impresa. Impresa privata che finanzia un’iniziativa culturale vuole incidere positivamente sulla sua
immagine di impresa.

Il proprietario individua gli scopi ma anche il grado di priorità. Le nove combinazioni non sono esclusive,
questi scopi possono coesistere all’interno della proprietà che può essere portatrice di più scopi con ordine
di priorità. Ferragamo ha anche scopo tecnico-economica perché il proprietario vuole guadagnare. Gli scopi
possono coesistere, il proprietario chiarisce il grado di priorità di questi scopi.
Fininvestlogica aziendale con obiettivo economico-finanziario e anche diversificazione del rischio.
Diversifico il portafoglio di investimenti almeno se qualcosa va in perdita ho altro con cui invece guadagno.
Un’impresa diversifica il rischio così che se un ambito vive una fase negativa al contempo c’è un altro ambito
che registra performance positive.

Fiat logica aziendali con interessi tecnico-economici (modalità con cui si crea valore). Perché fca investe
sulle auto e anche sulla componentistica? Fca se ha bisogno di componenti se li fa sulla base delle esigenze
della sua produzione automobilistica. Sinergie tra le imprese controllate dal gruppo. Tutto questo riguarda
aspetti legati alla produzione.

Soci fondatori privati del maggio musicale Ferragamo, Gucci, Publiacqua, Four Seasons, aeroporto, coop,
banche. Interessi economico-sociale, logica di promozione dell’immagine aziendale.

Fondatori pubblici del teatro regio di Torino regione, stato e città.

Gli obiettivi economico finanziari non ci sono quando ci sono obiettivi, non ci si guadagna niente. Si supporta
una fondazione per innanzare per esempio il livello culturale della popolazione.

FUNZIONE DI CAPITALIZZAZIONE
Il soggetto proprietario deve esercitare una funzione di capitalizzazione che ci conduce al capitale di rischio.
Implica tre livelli di decisione:
- Decisioni sulla forma giuridicaveste giuridica da dare all’impresa. Si fa riferimento a forme
giuridiche di diritto privato o pubblico.
La scelta della forma giuridica dipende da: responsabilità patrimoniale che il soggetto proprietario
è disposto ad accollarsi (capitale di rischio ma anche il rischio stesso che si accolla il proprietario); le
finalità del soggetto proprietario; le prospettive economico-finanziarie dell’impresa; i costi di
funzionamento e la convenienza fiscale.
FORME GIURIDICHE DI DIRITTO PRIVATO:
1)società lucrative: che nascono con scopo di lucro. Le società lucrative si dividono in società di
persone e società di capitali.
Nelle società di PERSONE troviamo: SNC (società nome collettivo), SS (società semplice), SAS (società
in accomandita semplice).
Le società di CAPITALI sono: SRL o SRLs (responsabilità limitata), SPA (per azioni), SAPA (società in
accomandita per azioni). Società di persone sono insieme di persone fisiche mentre quelle capitali
sono dotate di personalità giuridica.
SOCIETA’ DI PERSONE:

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Autonomia patrimoniale Imperfetta i soci sono responsabili illimitatamente e solidalmente (sono
responsabile del capitale di rischio ma anche di tutti i debiti e quindi del patrimonio personale,
solidale vuol dire che in caso di debiti e un proprietario ha disponibilità di ripagarli velocemente lo
fa, può essere anche solo un socio e successivamente l’altro renderà la sua parte).
Qualità di amministratore strettamente legata a quella di socio siamo soci e la gestiamo.
Intrasferibilità della qualità di socio senza il consenso degli altri soci il rischio è più elevato e quindi
la trasferibilità della qualità di socio dipende anche dal gradimento degli altri soci.
SOCIETA’ DI CAPITALI:
Autonomia patrimoniale Perfettapiena separazione tra il patrimonio dei soci e il patrimonio
sociale, la responsabilità è limitata.
Qualità di amministratore dissociata da quella di socio se sei azionista non sei anche
amministratore.
Qualità di socio è liberamente trasferibile posso vendere il mio pacchetto azionario senza
problemi indipendentemente dal gradimento degli altri soci.
La società di capitali, come le fondazioni, si articola in tre organi: -assemblea dei soci (nomina e
revoca degli amministratori, responsabilità nei loro confronti, approvazioni bilancio annuale e
modificazione atto costitutivo); -consiglio di amministrazione (non soci a cui spetta la gestione); -
collegio sindacale (controllare l’amministrazione della società).
2)imprese individuali: l’unico socio corrisponde anche al soggetto proprietario che è anche
l’imprenditore.
3)società cooperative la coop è una cooperativa, per prendere la tessera socio coop devi pagare
una tassa associativa. Le cooperative hanno scopo mutualistico, lo scopo ultimo è quello di definire
le modalità di gestione della società al fine di far trarre vantaggio agli stessi soci (interesse tecnico-
economico). Nello statuto di cooperativa si indicano i vantaggi che acquistano i soci. Gruppo di utenti
che si organizza in società per esercitare l’attività di impresa di quel determinato settore.
Autogestione.
Società di capitali modificata da alcuni elementi differenziali (percentuale massima degli utili
ripartibili, limite di ciascun socio alla partecipazione al capitale della società, limite minimo di soci,
variabilità del capitale sociale, ogni socio può esprimere un solo voto indipendentemente dalla quota
o azioni.
Vantaggio mutualistico attribuito direttamente (prezzi pari ai costi o salari pari al provento netto
dell’impresa) o indirettamente (prezzo uguale al mercato o salario uguale a imprese per poi dare dei
vantaggi successivamente).
4)fondazione comune: organizzazione predisposta per la destinazione di un patrimonio privato a un
determinato scopo di pubblica utilità. Società senza scopo di lucro creata per uno scopo preciso
definito dal fondatore, può nascere per volontà tra vivi o mortis causa. Il patrimonio della fondazione
è destinato a perseguire gli obiettivi stessi della fondazione. Il patrimonio della fondazione è
strettamente legato alla fondazione e non si possono modificare le modalità per cui nasce.
Amministrazione non affidata al fondatore. Possono svolgere attività di natura commerciale. Può
operare solo se riconosciuta.
5)associazioni: nascono per volontà di liberi cittadini finalizzate a ottenere un obiettivo di interesse
economico-sociale. Tale scopo deve avere natura ideale, contratto di associazione aperto a nuove
adesioni (anche se parte con autonomia contrattuale). Si vuole realizzare un interesse di categoria e
non di gruppo. Organi dell’associazione: assemblea degli associati, consiglio di amministrazione e a
volte collegio dei probiviri. Possono svolgere anche attività di natura commerciale. A volte può essere
non riconosciuta come società di capitali ma si dà per scontato che lo sia.
Per esempio le associazioni di pazienti fanno attività di supporto alla ricerca ma anche attività di
lobby per influire sulle decisioni su quella patologia. Associazioni culturali anche. L’associazione può
modificare l’obiettivo per cui è nata nel tempo ed è variabile dal punto di vista del numero degli
associati.

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6)fondazione di partecipazione. Sintesi tra l’elemento personale delle associazioni e l’elemento
patrimoniale delle fondazioni. Si può: - il fondatore può far parte del consiglio di amministrazione, -
si può espandere il gruppo dei fondatori originari, -si può aggiornare lo scopo della fondazione.
Fondatori-> dotano la fondazione di mezzi. Aderenti e sostenitori-> forniscono contributi diversi.
Consiglio di amministrazione-> rappresentanti eletti dalle due categorie sopra. Consiglio generale->
riunisce i fondatori. Organo di sorveglianza-> controllare aderenza della gestione rispetto allo
statuto. Assemblea generale-> si eleggono rappresentanti di aderenti e sostenitori nel consiglio di
amministrazione. Comitato scientifico-> pareri su indirizzi scientifici e culturali.
Patrimonio diviso in fondo patrimoniale e fondo di gestione.
FORME GIURIDICHE DI DIRITTO PUBBLICO: 1) istituzione gestione di servizi pubblici comunali
concernenti la produzione di beni o attività volte a realizzare fini sociali o lo sviluppo delle comunità.
Privo di personalità giuridica, principi determinati dallo statuto e dalle regole dell’ente di riferimento.
Organi istituzionali: consiglio di amministrazione, presidente e direttore. 2)aziende speciali
autonomia giuridica e patrimoniale. Costituite da uno o più enti che devono fornire capitale adeguato
in base agli scopi. Organi: consiglio di amministrazione, presidente e direttore. Rapporto di stretta
dipendenza con l’ente, obbligata a sottoporre alcuni atti fondamentali della gestione. Struttura
rigida: no ingresso di nuovi soci. 3)consorzio gestione associata di servizi da due o più enti locali.
Organi: assemblea, direttore, presidente e consiglio di amministrazione. Un consorzio agrario, di
bonifica ecc..
- Sul livello di capitalizzazioneil capitale dell’impresa: totale dei finanziamenti corrisponde al totale
degli investimenti. Il totale dei finanziamenti è dato da mezzi propri (capitale di rischio) e mezzi terzi
(capitale di credito). Scegliere il livello significa misurare l’indice di autonomia finanziaria che è dato
da un rapporto tra i mezzi propri e la totalità del capitale investito. È una frazione che ci dice quanto
pesa il nostro capitale di rischio sul totale di tutto il capitale investito nell’impresa. L’indice di
autonomia finanziaria esprime la presunta perdita di valore dell’attivo che l’impresa può supportare
senza compromettere i diritti patrimoniali di terzi. Quando faccio la frazione ottengo un numero
(indice autonomia finanziaria) quello è quanto pesa il mio capitale di rischio rispetto a tutti gli
investimenti dell’impresa.
L’interpretazione dell’indice di autonomia finanziaria dipende: dal tipo di attività che svolge
l’impresa, dal confronto con i principali concorrenti (benchmark). Il capitale di rischio deve avere
comunque una certa consistenza perché svolge delle funzioni importanti: -genera una capacità
attrattiva nei confronti di finanziatori esterni (fiducia), -limita l’esborso monetario che è legato alla
remunerazione del capitale di finanziamento (dobbiamo rendere i capitali di credito e anche gli
interessi), -permette un certo livello di autonomia finanziaria (deve far fronte a uscite monetarie e
a entrate monetarie, discrepanza temporale tra uscite ed entrate). Scegliere livello capitalizzazione:
scegliere capitale di rischio rispetto agli investimenti.
Bilancio: totale del patrimonio netto sarebbero i nostri mezzi propri. Il bilancio si compone di uno
stato patrimoniale e di un conto economico e di una nota integrativa.
Il livello di capitalizzazione non è fisso nel tempo, si modifica la frazione, perché? 1-dipende dal
conferimento iniziale, da quanto capitale di rischio la proprietà conferisce all’attività di impresa. 2-
autofinanziamento da reddito, se lascio gli utili all’interno dell’impresa ho un incremento dell’indice
di autonomia finanziaria. 3- fare un aumento di capitale, il soggetto proprietario aumenta
l’ammontare del capitale di rischio. Può essere lui stesso di tasca propria oppure può inserire altri
soci nella compagine sociale. Avviene in momenti critici. 4- perdite che generano abbattimento del
capitale.
- Natura dell’assetto proprietario: chiusa o aperta. (modo in cui un soggetto entra a far parte della
compagine sociale)
Chiuso l’ingresso del nuovo soggetto o la sostituzione nella compagine proprietaria viene valutata
in relazione alle sue caratteristiche personali e patrimoniali e a volte condizionata al gradimento dei
soci. Questo si riconduce al fatto che nelle società di persone la responsabilità è illimitata. Si definisce
un assetto proprietario chiuso perché il rischio intacca il patrimonio, voglio sapere tutte le
caratteristiche del mio socio.

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Apertol’ingresso di un nuovo soggetto che avviene attraverso l’acquisizione di quote sociali o la
partecipazione a un aumento di capitale, è libero e si fonda su caratteri di impersonalità. Tutte
queste manovre non sono vincolate al gradimento degli altri soci ma si basano sul carattere di
impersonalità. Se compro pacchetti azionari l’unica condizione è che io abbia la disponibilità di farlo.
Due tipologie di assetto proprietario aperto: 1) contendibile: attraverso successivi ampliamenti della
compagine sociale o attraverso operazioni di mercato che prescindano dall’attuale azionista di
riferimento, si può arrivare a un cambiamento del soggetto che di diritto o di fatto esercita il controllo
dell’impresa. Con acquisti di pacchetti azionari si potrebbero modificare gli assetti del gruppo di
controllo che esercita il controllo dell’impresa. 2)non contendibile: si blocca la possibilità
dell’avvicendamento del soggetto che controlla l’impresa che diventa impossibile senza il consenso
degli altri soci.
Funzioni che non si possono delegare.

FUNZIONE DI LEGITTIMAZIONE E CONTROLLO


- Legittimazione del vertice:
1) nomina del consiglio di amministrazione il proprietario lo nomina e 2) ne determina i compensi,
la determinazione dei compensi è importanti perché i compensi più elevati attraggono i manager
migliori, strumento di attrazione.

- Valutazione dei risultati:


1)approvazione del bilancio di esercizio il bilancio annuale viene firmato e approvato dalla
proprietà dell’impresa. Nel caso di bilanci non veritieri la società di revisione e il soggetto proprietario
sono soggetti a penale.
2) destinazione dell’utile di esercizio o determinazioni sull’eventuale perdita può intascarlo o
reinvestirlo nell’impresa.
3) giudizio sul livello di capitalizzazione può variare, il proprietario decide se l’attuale livello può
rimanere invariato o è necessario aumentare capitale.
- Controllo sul vertice:
1)valutazione della coerenza tra l’azione dell’impresa e gli orientamenti strategici della proprietà
quando definisce le strategie di sviluppo, l’imprenditore deve rispettare l’orientamento strategico
definito dalla proprietà. Il proprietario deve controllare questa coerenza.
2) determinare la sorte del vertice ha il potere di sostituire l’amministratore delegato.
3) altri atti riservati all’assemblea dell’atto costitutivo
4)avvio di azione di responsabilità nei confronti degli amministratori
Non è soltanto il proprietario che esercita un controllo. Potrebbero essere i proprietari che vogliono
lasciare l’impresa perché non sono d’accordo con le decisioni prese dal vertice. Dove il proprietario
è in conflitto con l’orientamento strategico dato dalla maggioranza dei proprietari, in questo caso ci
sono due opzioni: voice e exit. Voice-> il soggetto proprietario può confrontarsi con gli altri membri
al fine di provare a incidere sulle loro decisioni, atteggiamento di confronto e di dialogo. Exit-> un
proprietario in disaccordo con le linee guida decide di uscire dalla società, cede le proprie quote.

Domande:
Cap di rischio e cap di credito, funzioni del soggetto proprietario, parte 2 e 3 del Becagli.

ORGANO IMPRENDITORIALE (solo primo paragrafo sulle dispense)


L’imprenditore è il secondo assetto di governo dell’impresa.
La persona fisica o gruppo integrato di persone fisiche che esercitano il governo dell’impresa e da cui dipende
il successo dell’impresa.
L’imprenditore non può essere una persona giuridica, soltanto persone fisiche. È colui che gestisce l’impresa
e il successo dipende dalle sue capacità imprenditoriali.
L’imprenditore e il proprietario possono coincidere oppure possono essere due qualità dissociate.

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La letteratura sull’imprenditorialità ci dice che c’è stata un’evoluzione dall’imprenditore tradizionale a quello
moderno (non solo temporale). Questo passaggio viene descritto nelle slide rifacendosi alla letteratura della
scuola fiorentina.
L’imprenditore tradizionale è quel soggetto che coincide col proprietario dell’impresa ed è titolare del
capitale di rischio. L’imprenditore tradizionale governa l’impresa e si assume i rischi. Altra caratteristica è la
propensione NON accentuata alla delega, l’imprenditore delega funzioni ai manager dell’impresa.
Funzioni aziendali: 1)ricerca e sviluppo; 2)produzione; 3)approvvigionamento; 4)marketing; 5)funzione
commerciale; 6)risorse umane; 7)amministrazione; 8)finanza. Il tradizionale ha una scarsa propensione alla
delega, accentra su di sé le principali funzioni dell’impresa.
Nelle imprese di grandi dimensioni è impossibile che l’imprenditore riesca a governare tutte queste funzioni.
Il concetto è quello di delega, l’imprenditore delega lo svolgimento e la responsabilità a dei manager.
Troviamo una serie di figure che stanno un gradino sotto al vertice a cui vengono delegate le responsabilità.
Succede che le imprese si trovano ad operare in un ambiente sempre più turbolento in continua evoluzione.
L’impresa che doveva competere con altre imprese vicino alla sua oggi deve competere con imprese globali.
La globalizzazione ha aperto i mercati di sbocco ma le imprese devono competere con competitor globali.
Abbiamo un crescente fabbisogno di capitali per poter gestire l’impresa, per far fronte di investimenti hanno
bisogno di capitali. Aumenta anche la complessità da gestire. L’imprenditore stesso si trova a dover cambiare
quindi non è detto che sia più il titolare del capitale di rischio, spesso nell’imprenditore moderno le due figure
sono scisse. Caratteristiche dell’imprenditore moderno è la propensione alla delega, per gestire un livello
crescente di complessità deve delegare tutte le funzioni dell’impresa a dei direttori che assumono delle
responsabilità per ciascuna delle seguenti funzioni.
La distinzione tradizionale e moderno non va vissuta in relazione alla dimensione di impresa né relativa al
tempo. Possiamo trovare imprese di grandi dimensioni in cui il vertice imprenditoriale è ancora tradizionale.

Ipotizziamo un imprenditore moderno che delega le funzioni, lui che fa?


Funzioni imprenditoriali:
- FUNZIONE STRATEGICA funzione di impostazione e soluzione dei problemi dello sviluppo
aziendale. L’obiettivo è quello di sopravvivere, crescere e svilupparsi e questo implica affrontare dei
problemi e trovare una soluzione. La strategia deve dominare il cambiamento: l’imprenditore deve
adottare un atteggiamento proattivo nei confronti del cambiamento, questo significa anticipare il
cambiamento e dominarlo, non deve subirlo (analisi dell’ambiente e delle risorse per capire come
l’impresa può essere innovativa e svilupparsi su principi di innovazione e cambiamento). La strategia
implica una prospettiva di lunga durata: la visione strategica deve essere di medio-lungo periodo (5
o 7 anni), negli ultimi anni si è messa in discussione perché si opera in un ambiente turbolento e in
continua evoluzione; progettare una strategia di 5 anni è troppo lungo, magari tra 5 anni il mondo è
completamente diverso; l’ottica temporale va ridotta, c’è bisogno di una visione di medio periodo (2
o 3 anni).
La strategia: 1) definisce obiettivi di medio-lungo termine 2) definire azioni miranti a orientare la
gestione dell’impresa al raggiungimento di tali obiettivi (vettore di Ansoff) 3) si acquisiscono e si
allocano le risorse necessarie per raggiungere obiettivi e costruire difendere gli obiettivi (cosa, come
e con quali risorse). In conclusione la strategia esprime una linea di sviluppo… (definizione su slide).
La strategia si legge in un’ottica di processo di GESTIONE STRATEGICA l’impresa formalizza gli
obiettivi, forze e debolezze e quindi decide i piani da mettere in atto. La strategia ci mostra gli
obiettivi e i contenuti, il processo va a definire le attività da portare avanti per raggiungere quegli
obiettivi.
Ogni attività di problem-solving è un’attività complessa e sono complessi i processi decisionali
sottostanti. L’imprenditore si assume la responsabilità di decisioni molto complesse. Determinanti
della complessità dei processi aziendali: 1)dimensione dell’organizzazione un’impresa piccola è
maggiormente controllabile. 2)settore di attività settore farmaceutico, tecnologico, energetico e
petrolifero… dipende dall’evoluzione, tecnologia, risorse 3)composizione dell’assetto proprietario

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4)forma giuridica 5)elementi derivanti dal contesto geografico di appartenenza leggi, cultura,
aspetti etici, risorse a disposizione, politica, burocrazia, fiscalità.
Tema della conoscenza: la conoscenza dell’imprenditore deve essere vista in due prospettive. Deve
conoscere il problema gestionale e poi deve avere competenze necessarie per la risoluzione di
problemi. Si distingue tra una conoscenza tacita e una esplicita. Conoscenza tacita conoscenza che
ha natura soggettiva e non può essere espressa tramite il linguaggio formale, riguarda l’esperienza,
nozioni, valori dell’organizzazione, le routine che guidano i comportamenti degli individui. È una
conoscenza di esperienza, di pancia, di conoscenza con la persona e difficilmente si trasferisce al
dipendente in maniera esplicita. Questa conoscenza è fondamentale per capire i problemi e trovare
le soluzioni. Conoscenza esplicita può essere espressa con linguaggio formale, di natura oggettiva,
si trasmette facilmente e fa riferimento al concetto più ampio di conoscenza in generale. Può essere
un manuale di procedure, sistema di fatturazione, conoscenza trasferibile su supporti fisici o
linguaggio formale.
La strategia è necessaria quando c’è una concorrenza. In situazione di monopolio non ho bisogno di
strategia perché perde di significato. Quando è assente la concorrenza non ha senso costruire una
strategia. La strategia è lo schema generale che consente ad una organizzazione, considerando la
complessità e la variabilità dell’ambiente nel quale essa opera, di finalizzare l’utilizzo di risorse alla
determoinazione di una posizione di vantaggio nei confronti dei concorrenti, creando valore.
Diversi livelli di strategia, se ne distinguono 3. Mettiamo che siamo un’impresa multibusiness, in
ciascuna divisione ho delle funzioni. In questo caso ho 3 livelli di strategia: 1) livello corporate
settori e mercati nei quali concorre l’impresa, viene definita a monte dalla direzione generale e si
decide in quali aree vogliamo competere; seleziona il portafoglio e alloca le risorse. Le strategie
corporate vengono definite anche strategia di sviluppo. 2) livello business livello inferiore e siamo
già dentro la divisione a e b. andiamo a definire il comportamento competitivo dell’impresa dentro
quel specifico settore; definisco la strategia competitiva da mettere in atto in quel settore specifico.
3) strategie funzionali si definisce l’utilizzo specifico delle risorse a livello operativo, devo definire
le risorse a disposizione per ogni funzione e le linee strategiche che ogni funzione deve seguire, raggio
di azione molto più limitato.
Processo di formazione della strategia aziendale
Il primo step è un’analisi della struttura aziendale, della strategia corrente e delle performance
d’impresa si deve conoscere chi siamo nel presente, una sorta di fotografia che raffigura l’impresa
come è oggi, si parte da un processo di analisi.
Secondo step, si valuta l’adeguatezza della visione e della mission aziendale attvità di valutazione.
Si entra poi nel cuore del processo rappresentato da due box di analisi: analisi dell’ambiente tutto
ciò che sta fuori l’impresa, in primis lo studio della concorrenza e di tutto ciò che sta fuori i confini
dell’impresa. Analisi di potenziale analisi interna, tutto ciò all’interno dei confini dell’impresa. Tutta
questa attività di analisi ci porta a generare e selezionare alternative strategiche a livello corporate e
livello business. Alla fine per formulare una strategia la parola chiave è analisi, studiare l’impresa e
ciò che la circonda. Si definiscono alternative strategiche.
Entriamo ora nei dettagli del processo:
1)Analisi della performance, struttura e strategia la struttura (soggetto proprietario, organo
imprenditoriale e sistema operativo). La performance sono fatturato, utili, perdite, ci dicono se la
strategia funziona o no.
2)Valutazione dell’adeguatezza della vision e della mission la vision riguarda lo stato futuro
desiderato dell’organizzazione ovvero l’aspirazione che l’impresa vuole realizzare; la vision
statement è una frase breve di effetto su quello che si propone di essere l’impresa; la vision viene
diffusa all’interno dell’impresa, su siti, su documenti ufficiali. La mission è un’enunciazione degli
scopi principali dell’impresa, come vogliamo arrivare alla missione. La mission riguarda: 1) gli scopi
da perseguire 2) le politiche e i valori che guidano la nostra azione 3) qual è il nostro business 4) in
che modo ci distinguiamo dai competitors.
3)Analisi dell’ambiente analisi del contesto socioeconomico e analisi dello spazio competitivo.
Si parla del contesto socioeconomico in cui opera l’impresa. Per fare questo ci vengono in aiuto alcuni

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modelli di analisi: 1) individuare gli stakeholders esterni dell’impresa e le loro aspettative 2) modello
P.E.S.T (dati secondari prodotti da istituti di ricerca): sistema politico, mercati esteri in cui è presente,
per le imprese è importante operare in contesti politici stabili; contesto economico in cui si
analizzano diversi indicatori; contesto sociale per la composizione della popolazione, dati
demografici, distribuzione geografica, tratti culturali e religiosi, coesione sociale; contesto
tecnologico per le infrastrutture, livello di sviluppo di alcune tecnologie. L’analisi PEST è utile per
leggere eventuali evoluzioni del contesto quindi avere un atteggiamento PRO ATTIVO!!!!
Quando si parla di ambiente si deve ricordare che nell’impresa i principali attori di riferimento esterni
all’impresa sono i concorrenti CONTESTO COMPETITIVO. Per analizzare il contesto competitivo
utilizziamo due analisi ESTREMAMENTE importanti ossia le 5 forze concorrenziali e il ciclo di vita del
settore. Il primo modello è l’analisi della 5 FORZE CONCORRENZIALI studiato da Michael Porter la
redditività di un’impresa dipende dalla competizione che è presente in un settore, teorizza un
modello per studiare la struttura dell’ambiente competitivo e quindi che consente all’impresa di
studiare l’ambiente competitivo. Dalle forze dipende la redditività del settore e dell’impresa. Al
centro dello schema abbiamo i CONCORRENTI DIRETTI che letta orizzontalmente ci porta ai
POTENZIALI ENTRANTI e i PRODOTTI SOTITUTIVI; in senso verticale le altre forze sono CLIENTI e
FORNITORI.
 I concorrenti diretti coloro che si rivolgono al medesimo target di clientela, soddisfano lo
stesso bisogno con la stessa tecnologia; tutte le imprese che rispondono allo stesso modo
alle tre domande del modello di Abell si definiscono concorrenti diretti, imprese simili alla
nostra (codice ateco).
 Prodotti sostitutivi prodotti che soddisfano il medesimo bisogno ma con tecnologie
diverse, il bisogno che si va a soddisfare è lo stesso della nostra impresa ma lo si fa con
tecnologie differenti (burro e margarina, alitalia e trenitalia…). I prodotti sostitutivi sono
minacciosi per la nostra impresa e quindi è necessario studiare: propensione degli acquirenti
a cambiare e provare nuovi prodotti; livello comparativo dei prezzi (alcune categorie di
prodotto in cui se il prezzo sale la domanda si sposta su prodotti sostitutivi); livello
comparativo delle prestazioni; costi di conversione (costi non monetari, sacrifici che il
soggetto deve fare per passare da un prodotto all’altro, museo o netflix, treno o aereo).
 Potenziali entranti tutte quelle imprese che per dotazione di capitale e per tecnologia
potrebbero potenzialmente diventare nostri competitors diretti, imprese che
potenzialmente potrebbero riuscire a entrare nel nostro settore. In gergo le imprese che già
operano in un settore si chiamano Incumbent. E’ possibile erigere l’entrata ai potenziali
entranti con barriere all’entrata: -economie di scala (se per operare in un settore ho
necessità di economie di scala, io nuova impresa ho difficoltà perché non sono in grado di
raggiungerle, avrò dei costi più alti rispetto agli incumbent); -differenziazione del prodotto
(opero in un settore in cui la qualità è fondamentale e anche in cui le marche sono forti, la
marca è la caratteristica del prodotto); -fabbisogno di capitale (settori in cui gli investimenti
iniziali sono veramente elevati come le industrie legate all’ingegneria); -accesso ai canali di
distribuzione ( quella che ci consente di far arrivare il prodotto al cliente, brand importanti
che hanno costruito rapporti con la grande distribuzione organizzata e hanno occupato la
maggior parte degli scaffali).
 Clienti e fornitori perché sono nella concorrenza? Clienti: -il cliente può essere sensibile
al prezzo e quindi modificare il livello di acquisti nei confronti della mia impresa; -leva
negoziale: forza contrattuale che ha un cliente nei nostri confronti (Barilla andava dal
negozio della signora Maria a vendere le sue confezioni di pasta quando non esisteva ancora
la grande distribuzione, dagli anni 80 cresce la grande distribuzione quindi le persone
cambiano le modalità di fare acquisti, Barilla deve negoziare i prezzi con grandi società con
miliardi di euro di fatturato; a quel punto la leva negoziale ce l’ha la grande impresa e non
più Barilla), questo diventa ancora più vero nei settori business to business, in quei casi la
leva negoziale dei clienti è maggiore perché la numerosità dei clienti è minore e questi
possono decretare il successo della mia impresa; -minaccia di integrazione a monte:
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strategia in cui l’impresa decide di svolgere fasi a monte o a valle della filiera produttiva che
prima erano affidate a enti esterni. Fornitori: -bisogna vedere quanto quel fornitore è
strategico per la mia impresa (se ho un unico fornitore che mi può procurare una cosa la sua
leva negoziale è elevata perché può decidere il prezzo), -può minacciare di integrarsi a valle
(fasi successive alla sua per avvicinarsi ai mercati di sbocco, come le case di produzione che
hanno iniziato ad aprire multisala). I clienti e i fornitori possono avere leva negoziale o
minacciarci di integrarsi a valle e quindi poi diventare competitors diretti.
Ciclo di vita del settore grafico con asse delle x e y, sulle x abbiamo il tempo sulle y le vendite e i
profitti. Il ciclo di vita si suddivide in 4 fasi: introduzione, sviluppo, maturità, declino. Questo modello
ci aiuta a capire la concorrenza. Quando nasce una nuova tecnologia: i primi a comprare sono i
pionieri che sono disponibili a provarla, nella fase di introduzione la concorrenza è quasi nulla e le
vendite sono limitate perché acquistate dai pionieri; si arriva a un certo punto in cui le mie vendite
cominciano a salire ossia la fase di sviluppo, in questa fase abbiamo una base più ampia di
consumatori perché l’innovazione si è diffusa sul mercato, in questa fase la concorrenza comincia ad
esistere; ad un certo punto la curva delle vendite tende ad appiattirsi ossia nella fase di maturità, in
questa fase il prodotto si è diffuso sul mercato e la concorrenza è molto intensa; ad un certo punto
le vendite cominciano a scendere e si entra quindi nella fase di declino del prodotto quindi si
potrebbe investire su nuovi prodotti oppure rivitalizzare lo stesso prodotto, alcuni prodotti invece
potrebbero essere reintrodotti facendo leva sull’effetto vintage. Il ciclo di vita del prodotto per una
casa cinematografica è molto breve perché hanno pochissimo tempo per massimizzare i profitti. Ci
sono anche i prodotti stagionali per i quali i cicli di vita si ripetono nel tempo (gelato, diari scolastici).
Questo modello serve perché l’imprenditore deve comprendere a che stadio di ciclo di vita sono i
prodotti o servizi della sua impresa. Non è detto che a livello globale i suoi prodotti si trovino allo
stesso momento del ciclo di vita, questo è comune per i prodotti che vengono lanciati prima in altri
paesi che altri. Potrei operare in un settore tendente al declino in cui però introduco un prodotto
innovativo in fase di sviluppo.
4)Analisi di potenziale (dell’impresa) l’impresa deve anche analizzare il suo potenziale, deve
vedere cosa c’è all’interno dei suoi confini. Abbiamo due modelli a supporto: analisi delle risorse e
competenze dell’impresa (disponibili o attivabili), configurazione della catena del valore. La catena
del valore: ci serve a capire quali sono le attività che già presidia l’impresa e quali sono quelle che
dovrebbe demandare all’esterno e soprattutto su quale attività c’è maggiore marginalità e margine
di miglioramento. Il modello si legge in senso orizzontale con 5 attività primarie: logistica in entrata
(attività che consentono di avere tutte le materie prime utili per la realizzazione di un prodotto),
attività operative (attività di trasformazione che consentono di passare dalle materie prime al
prodotto finito), logistica in uscita (prendono il prodotto e lo portano ai luoghi di consumo),
marketing e vendite (attività strategiche e operative volte a sostenere la comunicazione e la vendita),
servizi post-vendita (servizi al cliente). Rispetto a queste ci sono 4 attività di supporto:
approvvigionamenti (attività di selezione dei fornitori o di produzione interna dei componenti
necessari per la realizzazione del prodotto), sviluppo della tecnologia (sia per il processo produttivo
sia per il singolo prodotto), gestione delle risorse umane, attività infrastrutturali (supporto della
logistica in entrata e uscita). L’impresa deve valutare se stessa per capire a che livello sta presidiando
queste attività. Modello per capire come creare valore, ottica di marketing strategico, valore per il
cliente finale. È un modello molto operativo perché dà delle etichette che danno il modo di descrivere
la situazione di un’impresa.
C’è un modello che si chiama ANALISI SWOT che combina analisi dell’ambiente e analisi del
potenziale si rappresenta attraverso una matrice due per due che combina in senso verticale le
opportunità e le minacce che derivano dall’ambiente, in senso orizzontale individua forze e debolezze
dell’analisi potenziale. L’analisi swot ci serve perché mi dice che l’ambiente deve essere letto in
relazione alle forze o debolezze dell’impresa o viceversa.
5)Generazione e selezione delle alternative strategiche l’imprenditore valuta queste alternative
per scegliere quella più idonea per la sua impresa. Vi sono 3 livelli di strategia (corporate, business,
funzionale), dobbiamo partire dall’alto. Prime a disposizione sono le strategie corporate (in quali

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aree opera e come). Matrice molto importante che riguarda le strategie corporate, per costruire le
strategie corporate si mette in rapporto il mercato in cui opera l’impresa e il prodotto servizio che
offre l’impresa. Le modalità che possono avere queste due caselline sono nuovo o attuale. Per
costruire la matrice mettiamo in relazione mercato nuovo o attuale con prodotto nuovo o attuale.
Incroci strategie corporate
 strategia di crescita: rivolgersi al mercato a cui attualmente si rivolge l’impresa con il
prodotto che attualmente vende (continuare ad operare nel medesimo mercato col
medesimo prodotto ma puntando sulla crescita di quest’ultimo);
 strategia di sviluppo del prodotto: investire in innovazione del prodotto, prodotto
completamente nuovo ma rivolgendosi comunque allo stesso mercato (per mercato si
intende il nostro target di consumatori e anche il mercato visto in senso geografico dove per
ogni nazione corrisponde un mercato diverso);
 strategia di sviluppo del mercato: proporre lo stesso prodotto attuale ma a nuovi mercati
ossia o proporlo a nuovi gruppi di consumatori oppure in un altro paese;
 strategia di diversificazione: è la principale, la ritroviamo quando parliamo delle industrie
culturali nel complesso americano, non si deve confondere la diversificazione con la
differenziazione. Prodotto nuovo in un mercato nuovo. Concetto che già abbiamo affrontato
parlando di diversificazione del rischio. L’impresa diversifica per ampliare il portafoglio di
business che presidia. Come si fa? 1) rivolgersi a mercati con prodotti correlati al nostro di
partenza (Armani che fa lusso decide di entrare nel business dell’arredamento della casa,
biancheria di lusso, questa è una diversificazione legata al business di partenza perché potrei
produrlo negli stessi stabilimenti); 2) casi in cui la diversificazione non ha a che fare per niente
con il business iniziale (Virgin che ha radio, palestre, compagnie aeree, negozi di fiori,
discografia…) in questo caso la logica è di pura diversificazione del rischio, l’impresa vuole
presidiare sui mercati con prodotti diversi. Queste sono imprese multibusiness.
 Integrazione verticale: fa parte delle strategie corporate pur non essendo perfettamente
inserita. Bisogna distinguere tra integrazione verticale a valle o a monte oppure orizzontale.
Bisogna pensare alla scomposizione in filiera, partendo dai produttori fino ad arrivare al
prodotto finito. Integrarsi significa decidere di presidiare direttamente le fasi della filiera a
monte che prima venivano realizzate da fornitori esterni, quello che chiedeva al mercato
inizia a farlo internamente. Perché? Per i costi di transazione, per la qualità e controllo,
oppure quando un’attività è particolarmente strategica (per non dipendere dal fornitore).
Questi esempi riguardano l’integrazione a monte. Nell’integrazione a valle l’impresa realizza
le fasi che la avvicinano ai mercati di sbocco quindi al prodotto finale e al consumatore.
Perché? Per non sostenere costi per intermediari che inseriscono i prodotti sul mercato, per
diminuire la leva negoziale del cliente e perché per le imprese è cruciale conoscere il
consumatore (esempio Apple che ha aperto negozi monomarca), il negozio monomarca
diventa il palco per le tecniche di comunicazione e rappresentazione scenografica del brand.
Un altro esempio è la distribuzione cinematografica che ha visto la gestione diretta di
multisala, necessità di integrarsi a valle e controllare la distribuzione. L’integrazione a valle
serve per intercettare e gestire la relazione con il suo cliente finale. Ci si può integrare a valle
per due modi: crescita interna l’impresa investe internamente per dotarsi delle risorse e
apparati per svolgere determinata attività; crescita esterna acquisizione di imprese che
svolgono già determinate attività.
L’integrazione può essere anche orizzontale, in questo caso l’impresa acquista un
competitor, ci si integra orizzontalmente quando si decide di andare a ridurre la
competizione in un settore. Si compra un competitor anche per acquisire la quota di mercato
oppure perché voglio acquisire le risorse e le competenze di quel competitor (usa corsa folle
alle acquisizioni, grandi gruppi di broadcasting, tesi?).
Ora dobbiamo passare alle strategie di business, queste riguardano il concetto di vantaggio
competitivo. L’impresa ha un vantaggio competitivo quando riesce a mantenere una redditività
maggiore al suo competitor. Le strategie di business rispondono alla domanda come compete
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l’impresa all’interno di un settore. Il vantaggio competitivo l’ha inventato Porter. Fonti del vantaggio
competitivo (da che cosa si origina): da costo non confondere il concetto di costo con il concetto
di prezzo; in questo caso l’impresa mantiene dei costi di produzione inferiori, a monte i suoi costi
sono più bassi rispetto a quelli della concorrenza. In questo caso il competitor potrebbe adattarsi al
prezzo di mercato avendo un guadagno maggiore, potrebbe decidere di vendere il prodotto a un
prezzo inferiore pur mantenendo un margine più alto oppure avere lo stesso margine ma
guadagnando di più per il contenimento dei costi. Dobbiamo capire come fa un’impresa ad avere dei
costi più bassi: economie di scala, prodotto che ha qualcosa in meno a livello qualitativo, economie
di apprendimento, soddisfo di meno alcuni stakeholders come il personale, potrei rivolgermi a paesi
in cui la manodopera costa poco; da differenziazione significa proporre un prodotto con
caratteristiche e qualità diverse da quelle della concorrenza, individuare dei fattori di
differenziazione ovvero elementi del nostro prodotto che lo rendono diverso e superiore. A fronte
di questi fattori di differenziazione il consumatore deve riconoscere un premium price, essere
disposto a pagare di più per avere il nostro prodotto o servizio. Un prodotto differenziato si propone
con un premium price che il consumatore dovrebbe essere felice di pagare perché riconosce delle
qualità (marca leader, qualità, servizi post-vendita, prodotti innovativi). È fondamentale che il
consumatore riconosca il valore di differenziazione del prodotto, potrebbe non essere sempre così,
il fattore di differenziazione potrebbe non essere percepito come tale o che abbia un prezzo troppo
elevato e inoltre è fondamentale che il fattore di differenziazione sia difendibile e sia esclusivo.
Dalle fonti del vantaggio competitivo ne seguono le strategie competitive, obiettivi strategici
dell’intero settore o di un singolo segmento sulle ordinate e vantaggi strategici di differenziazione o
basso costo sulle ascisse:
 Strategia di differenziazione (intero settore) tra intero settore e differenziazione.
 Strategia di leadership di costo (intero settore) tra intero settore e basso costo.
 Strategia focalizzata (solo a una piccola nicchia) segmento di settore con differenziazione
e basso costo.
- FUNZIONE ORGANIZZATIVA funzione di comando e coordinazione dei centri direzionali-
decisionali. L’imprenditore deve organizzare la sua impresa, deve individuare dei centri direzionali-
decisionali. Deve coordinare le risorse umane e le altre categorie di risorse. Deve organizzare le
modalità in cui le imprese svolgono la loro attività. Ci deve essere una coerenza tra la strategia di
impresa e la sua struttura organizzativa: funzioni che hanno un elevato grado di coerenza interna.
Cosa vuol dire svolgere una funzione organizzativa? Significa comandare, gestire e coordinare le forze
dell’impresa che hanno responsabilità su varie aree. Comando sinonimo del potere
dell’imprenditore nei confronti dei centri decisionali dell’impresa. Ci sono anche i concetti di autorità
e autorevolezza. Autorità severa, impone e comanda. Autorevolezza capacità e competenza di
comandare. Un buon imprenditore deve essere sia autoritario che autorevole. I dipendenti devono
riconoscergli l’autorità ma anche l’autorevolezza, persona con dei valori legittimata a svolgere quel
ruolo.
Coordinazione attività attraverso cui l’imprenditore orienta l’attività delle risorse che controlla per
il perseguimento di un obiettivo generale. Piramide attraverso cui si rappresenta l’impresa in termini
di potere/responsabilità e di delega. Al capo c’è il vertice di impresa, poi c’è il livello intermedio di
direzione e poi c’è l’area operativa dove il livello di delega e autorità è inferiore. Le piramidi possono
essere di diverso tipo. Le piramidi molto allungate hanno livelli gerarchici molteplici, le piramidi
schiacciate hanno una gerarchia minore.
Concetto di delega: delegare significa trasmettere ad altri l’autorità di prendere determinate
decisioni, l’autorità è distribuita tra più soggetti. Insieme all’autorità passo anche la responsabilità
delegando. Tanto più delega tanto più è necessario che svolga l’attività di coordinamento delle
risorse umane impiegate nella gestione aziendale.
La delega si distingue in: per compiti e per obiettivi. Per compiti consegnare una serie di task o
mansioni che deve svolgere, compiti precisi. Per obiettivi responsabile delle azioni che mette in
atto per raggiungere l’obiettivo dato, ti dico l’obiettivo ma non come raggiungerlo. Il controllo
dell’imprenditore nei confronti dei delegati può essere: in itinere ed ex post. Itinere monitorare le

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risorse umane per capire come si stanno comportando tipico nella delega per compiti. Ex post
valuto il raggiungimento dell’obiettivo finale, questo non ci permette di aggiustare eventuali errori
nel corso.
Il modello organizzativo
La principale decisione che deve assumere l’imprenditore è definire il modello organizzativo della
sua impresa. Il modello organizzativo si può modificare una volta scelto, non è una decisione
irreversibile. Fondamentali principi organizzativi: specializzazione e coordinamento.
Specializzazione sviluppare competenze specifiche e avanzate in un determinato ambito.
Coordinamento già spiegato.
La scelta del modello organizzativo dipende da: 1) dimensione aziendale in termini di risorse
umane; 2) situazione prodotti/mercati; 3) struttura e dinamica dell’ambiente di riferimento; 4)
strategie adottate a livello di aree strategiche di affari e corporate.
I modelli di struttura organizzativa:
1) funzionale tipico modello organizzativo adottato dalle imprese medio-piccole e in
particolare delle imprese monobusiness. Direttore generale dell’impresa, sotto la direzione
l’imprenditore ha delegato a una linea intermedia distinta per funzioni aziendali ciascuna
delle quali avrà un responsabile (marketing, finanza, produzione…). Al di sotto ho un nucleo
produttivo organizzato per aree omogenee di attività.
2) divisionale impresa multibusiness, impresa che ha una strategia corporate di
diversificazione e quindi opera in più business. Direzione generale, al di sotto ho le divisioni
di prodotto (per ogni business), al di sotto di ogni divisione si replica un modello funzionale.
All’interno di ogni divisione si replica il modello funzionale che abbiamo visto prima. È come
se ogni divisione assumesse una realtà di impresa a se stante. L’imprenditore in questo caso
deve coordinarle. Questo modello può essere adatto anche per un’impresa monobusiness:
all’interno di ogni divisione metto i mercati geografici, gestione per mercati. A quel punto ho
un direttore per mercato e al di sotto di nuovo un modello funzionale. Operando su più
mercati ho bisogno di diverse caratteristiche per ogni paese.
3) a matrice sintesi dei primi due modelli. Abbiamo in senso orizzontale le funzioni
dell’impresa e in senso verticale divisioni o mercati. Un punto chiave del modello a matrice
è la doppia autorità: ogni settore deve rispondere al responsabile di funzione e al
responsabile di progetto. Si può generare una confusione del nucleo operativo che non sa a
chi dare retta. Modello classico delle imprese dello spettacolo, queste imprese lavorano per
progetto. La Rai ha dei direttori generali per ogni funzione, figure fisse presenti stabilmente.
Succede che si attivano dei progetti ossia dei format messi in onda, ogni progetto ha dei
direttori generali. C’è una doppia autorità perché da un lato si deve rispondere agli obiettivi
delle funzioni e dall’altro agli obiettivi del progetto.
4) a rete attore focale al centro e una serie di palle all’sterno che rappresentano le relazioni
che attiva l’impresa. Al centro c’è l’impresa, la rete è composta da relazioni con imprese
esterne con cui l’impresa attiva relazioni ad hoc. (scaramuzzi team). Queste agenzie hanno
una struttura di base molto snella, a seconda di ciò che devono organizzare attivano relazioni
con imprese esterne.
Non è detto che tutte le imprese adottino questi tipi di modello.
- FUNZIONE POLITICA funzione di armonizzazione degli interessi dei vari stakeholders con le
esigenze di funzionalità duratura dell’impresa. Gli stakeholders sono i portatori di interesse, i soggetti
che a vario titolo sono coinvolti nell’attività di impresa. L’imprenditore ha a che fare con una serie di
soggetti che sono interessati all’attività di impresa: i dipendenti, il proprietario, i fornitori, i clienti, la
società civile, lo stato. Ci sono una serie di soggetti che hanno un interesse nei confronti dell’impresa.
L’imprenditore deve conoscere le categorie e capire i bisogni e scopi e successivamente armonizzarli
individuando un grado di priorità. L’imprenditore deve avere una capacità di lettura dell’ambiente
esterno e interno. Attorno all’impresa ruotano soggetti che hanno interesse nell’impresa e
l’imprenditore deve soddisfare i loro bisogni.

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Ci sono stakeholders interni (organizzazione) o esterni all’impresa (ambiente). Interni: proprietà,
imprenditore e personale. Esterni: fornitore, donatori, competitors, comunità finanziaria, comunità
sociale ecc…
Teleologia del sistema aziendale leggere l’impresa come un complesso di attori e di scopi che
motivano questi attori:
 scopi autogeni: l’impresa stessa è portatrice di scopi autogeni:
 scopi motivanti: lo scopo dell’imprenditore è il guadagno, ottenere una buona reputazione
e gratificazione personale.
 Interessi strumentali interni: il personale sicurezza del posto di lavoro, sicurezza
contrattuale, guadagno, ore di lavoro adeguate, ferie, soddisfazione, ambiente accogliente,
possibilità di carriera, servizi aziendali.
 interessi strumentali esterni: donatori, fornitori e comunità finanziaria Donatori:
destinano una parte del loro patrimonio all’impresa; l’interesse è l’immagine dell’impresa.
Fornitori: ci interessa che l’impresa ci paghi regolarmente, continuità del rapporto che gli
garantisce anche la capacità di dialogare e innovare l’impresa. Comunità finanziaria: le
banche vogliono che l’impresa paghi regolarmente.
 scopi vincolo: competitors, autorità politica, comunità sociale competitors: voglio
conoscere i competitori al fine di costruirmi un vantaggio competitivo, erodere quota di
mercato ossia competizione sana. Comunità sociale: attenzione all’inquinamento, garantire
un certo livello di occupazione, le imprese devono attrarre persone nella città. Autorità
politiche: rispetto delle leggi.
 scopi finalistici: cliente finale: vuole avere prodotti che soddisfano i suoi bisogni.
L’imprenditore deve gestire queste categorie di stakeholders. L’imprenditore può soddisfare con un
medesimo livello tutte queste categorie? Ci sono delle priorità. L’imprenditore potrebbe trovarsi di
fronte a degli scopi che sono tra di loro in contrasto. Se il proprietario segue una logica legata a
interessi economico-finanziari vuole guadagnare, vuole essere remunerato dagli utili. Questo
potrebbe essere in contrasto con i dipendenti, per guadagnare di più si lavora con meno personale.
L’imprenditore deve individuare gli scopi prioritari.
Gli scopi prioritari sono quelli dell’impresa stessa, gli scopi motivanti e gli scopi del personale. È la
proprietà che investe capitale di rischio e copre la principale fonte di finanziamento rischiando, il
primo soggetto da soddisfare è il proprietario.
Una volta soddisfatti questi scopi si devono soddisfare i clienti, sono colore che garantiscono la
sopravvivenza dell’impresa acquistando i nostri beni o servizi.
L’imprenditore cerca di armonizzare gli interessi degli stakeholders pur individuando gli interessi a
cui dare priorità.
Ordine soddisfacimento: scopi motivanti, scopi autogeni, scopi finalistici, scopi strumentali interni.
Funzioni non delegabili.

SISTEMA OPERATIVO
Parte importante dell’impresa e rispetto al proprietario e all’imprenditore, le possibilità di differenziazione
sono molto superiori. Dal punto di vista operativo le imprese possono essere totalmente diverse, cambiano
diversi fattori. Il sistema operativo è una parte che apparentemente si dovrebbe capire prima delle altre però
è impossibile andare a rappresentare un’impresa tipica. Parliamo di concetti astratti o categorie.
Divisa in due parti: 1) processo materiale e informativo; 2) processo energetico.
Il sistema operativo è la cosa più evidente delle imprese. Risponde esattamente alla definizione dell’impresa,
è il sistema organizzato di persone, risorse e competenze che consentono lo svolgimento di una certa attività.
Serve a soddisfare e trovare nell’ambiente quei potenziali clienti in modo da consentire una creazione del
valore. Attraverso l’attività operativa si soddisfa il cliente e si crea valore.
Il sistema operativo dipende da: il soggetto proprietario e il soggetto imprenditoriale.
Il sistema operativo può essere scomposto in tre processi: informativo, materiale ed energetico.
Per consentire lo svolgimento di questi processi c’è bisogno che l’impresa si doti di apparati ai quali vanno
aggiunte una serie di capacità nell’utilizzo degli apparati, nella capacità di risolvere problemi operativi. Se il

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mio problema è quello di produrre un certo bene devo essere in grado di avere apparati che mi consentono
di comprare materie prime, ho bisogno di un magazzino, di uno spazio in cui svolgere l’attività, di strumenti
di lavoro, di qualcuno che si dedica alla vendita del prodotto o servizio (questi sono apparati). Gli apparati da
soli non fanno funzionare l’impresa, c’è bisogno della capacità creata attraverso le persone e lo sviluppo delle
capacità delle persone di svolgere quelle funzioni e di far funzionare gli apparati.
Bisogna riconoscere gli apparati necessari facendo in modo che siano accompagnati da adeguate capacità
(acquisibili o create all’interno dell’impresa dall’esperienza).
Ciclo della continuità aziendale
1) Il punto di inizio di questo processo è il livello di aspirazione delle attività funzionali risultati e
obiettivi che voglio raggiungere, devo sapere cosa voglio,
2) mi devo domandare cosa mi serve per realizzarlo. Cosa mi serve: caratteri strutturali del sistema
operativo da raggiungere.
3) Attività operativa di autostrutturazione il proprietario ha un’idea, una persona che gestisce l’idea
e le risorse finanziarie. Per arrivare a produrre bisogna prendere i soldi e investirli in apparati che mi
consentono di cominciare a produrre. A quel punto i caratteri strutturali del sistema operativo sono
stati raggiunti.
4) Attività operative verso l’esterno: Devo valutare se il livello delle cose che ho prodotto raggiunge le
aspettative. Devo capire se il livello di soddisfazione delle necessità funzionali è adeguato alle
aspirazioni che avevo all’inizio.
5) Questo processo è un ciclo perché nel caso il livello di soddisfazione non raggiunga le aspirazioni
devo tenere in conto di cambiare le mie aspirazioni e ridimensionare il livello. Non è detto che le
aspirazioni che avevo all’inizio siano valide per sempre, nascerà l’esigenza di modificare il sistema
operativo in base alle aspirazioni.
Il sistema operativo cambia sulla base dei continui processi di adeguamento rispetto alle esigenze e quello
che vado a fare. Qual è il limite al livello di aspirazione di un’impresa? Il limite sono i mezzi che ha congruità
tra mezzi e obiettivi. Il sistema operativo incide sulla funzione politica per la soddisfazione degli stakeholders
in particolare del soggetto proprietario quando non genera valore.
Le risorse aziendali
- Primarie o derivate le risorse primarie rappresentano la parte centrale da cui parte tutto il resto,
attraverso il loro utilizzo si acquistano altre risorse utili all’impresa ossia le risorse derivate. Possiamo
avere risorse di apparato primarie: idea imprenditoriale, mezzi propri (capitale di rischio),
finanziamenti strutturali (da terzi), personale dirigente (management team, quelli che selezionano le
altre risorse necessarie)… Una volta che io ho queste le utilizzo e sulla base del personale dirigente
faccio investimenti per far funzionare l’impresa. Risorse di apparato derivate: impianti e beni, scorte
di magazzino, crediti verso clienti (nasce dal fatto che se sono un’impresa che vende a altre imprese
c’è un tempo di dilazione di pagamento), fidi (disponibilità delle banche a concedermi finanziamenti,
dipende se sono in grado di far fronte ai pagamenti, dalla liquidità e dalla possibilità di riavere i soldi),
tutte queste si trovano nello stato patrimoniale; da queste si generano altre risorse di apparato
derivate: struttura organizzativa, sistema informativo, sistema di controllo direzionale. Le risorse
primarie di apparato sono quelle che mi consentono di dotarmi anche delle risorse di apparato
derivate.
- Di apparato o ricorrenti di apparato sono le risorse che userò nel tempo, posso utilizzare questa
struttura per più cicli produttivi. Le risorse ricorrenti si consumano nel singolo ciclo produttivo.
- Dirette o indirette la distinzione riguarda il momento in cui sono utilizzate. Le risorse dirette
provengono dall’esterno e sono già utilizzabili all’acquisto. Le risorse indirette rappresentano il
risultato di processi di trasformazione interni all’impresa. Quelle dirette: materie prime, energia,
servizi, finanziamenti a breve. Indirette: prodotti finiti e in lavorazione, crediti, liquidità, informazioni
operative; queste non si vedono nello stato patrimoniale.
Patrimonio genetico dell’impresa
Elementi fondamentali che servono affinché si possa pensare all’esistenza di un’impresa. Sono due elementi:
- Idea imprenditoriale
- Capitale di rischio

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Avere questi due tipi di risorse può consentire di completare il livello e la raccolta di tutte le risorse primarie
per poi utilizzarle. Nella fase di nascita queste due cose sono fondamentali, sono le condizioni di partenza.
Dopo questo si può chiedere a fornitori di capitali di terzi se sono disposti a prestarmi dei soldi.

L’accesso alle risorse


Potrei avere un’idea imprenditoriale, il capitale di rischio ma potrei avere bisogno di risorse o fattori
produttivi che non esistono o sono difficili da trovare. L’accessibilità delle risorse può dipendere da: 1)
accessibilità fisica la risorsa non esiste; 2) accessibilità economica costa troppo rispetto a quello che mi
renderebbe utilizzarle. L’accessibilità fisica deriva da: -qualitativa qualità insufficiente o non come mi serve;
-quantitativa ci sono poche risorse che chi è arrivato prima ormai ce l’ha.

Devo dotare l’impresa a intervalli più o meno dilatati di risorse di apparato primarie. Una volta che ho queste
risorse di apparato primarie le utilizzo per acquisire risorse di apparato derivate. Con le risorse di apparato
primarie e derivate ho la base, l’auto che senza benzina non funziona. A questo punto devo individuare sul
mercato le risorse ricorrenti che servono per fare funzionare le risorse di apparato e quindi il sistema
operativo dell’impresa. Queste risorse ricorrenti le dovrò comprare continuamente che vengono consumante
nel processo operativo. Queste risorse ricorrenti danno luogo a risultati e sulla base di questi risultati posso
utilizzare le risorse ricorrenti per migliorare l’apparato e in parte per soddisfare i bisogni degli utenti. In
questo caso potrebbe essere necessario intervenire e dotare l’impresa di nuove risorse di apparato primarie.

Fasi del ciclo di vita dell’impresa


Si parte dal patrimonio genetico nel momento in cui ho un’impresa concetto. Dopo c’è l’impresa embrione
che è pronta a nascere, aggiungo le risorse di apparato primarie. A quel punto utilizzo le risorse primarie per
dotarmi delle risorse di apparato derivate quindi ho l’impresa apparato. Dopo compro le risorse ricorrenti
per far funzionare le risorse derivate e il sistema operativo, in questo momento ho l’impresa organismo che
funziona.

Patrimonio tecnologico e struttura produttiva


Processo materiale
Si occupa del processo attraverso il quale si svolgono le funzioni tecnico economiche dell’impresa, si
producono beni o servizi o attività di adattamento dei beni o servizi di finanziamento. A seconda che l’attività
dell’impresa sia spostata su produzione di beni o servizi comporta delle differenze sul modo in cui il processo
deve essere organizzato e sulle complessità legate al processo.
- Produzione di beni tangibili l’output della mia impresa può essere toccato e valutato, chi compra
il prodotto ne valuta le caratteristiche prima di comprarlo, sa i componenti e le sue funzionalità.
Questo determina il fatto che il cliente si trova in una condizione più facile nella valutazione del
prodotto quindi è anche più facile confrontarlo con i concorrenti. A seconda del tipo di prodotto
questo può essere stoccabile, quindi metterlo in magazzino pronto per essere venduto in un secondo
momento. Lo stoccaggio varia da prodotto a prodotto. In caso di eccesso di produzione non lo butto
ma è pronto per essere venduto successivamente. Questo è legato anche alla dimensione efficiente
degli impianti di produzione. Le imprese che offrono beni possono organizzarsi nella produzione,
adottano la struttura produttiva per loro più efficiente non dovendo creare troppi problemi a livello
organizzativo. Questo rende più facile l’organizzazione dell’attività produttiva. Buona parte dei
prodotti può essere prodotto in luoghi lontani in cui viene consumato il prodotto, questo richiede
però che quei beni possano essere stoccati.
- Produzione di servizi sono intangibili e quindi c’è impossibilità di stoccare l’offerta, c’è necessità
di far coincidere domanda e offerta nell’unità di tempo così da non perdere ricavi. Inseparabilità tra
erogazione e consumo. Eterogeneità della prestazione, il cliente non può valutare in anticipo la
prestazione, ogni volta il servizio lo riproduco da zero quindi il cliente non sa il livello di soddisfazione
che trarrà dal servizio. C’è un problema di gestione delle fasi di erogazione e della soddisfazione del
cliente. C’è un problema di valutazione a priori da parte del cliente, l’impresa deve essere ancora più
credibile di un’impresa che produce beni.

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La differenza tra beni e servizi ha conseguenze nella gestione dell’attività operativa. I produttori di servizi
devono essere in grado di gestire i picchi della domanda.

Prestazioni funzionali Per prima cosa devo immaginare il bisogno che vado a soddisfare (destinazione di
utilizzo) e che caratteristiche deve avere il prodotto per soddisfare il bisogno: caratteristiche tecnico
economiche (qualità e costi di produzione). La prima domanda che ci facciamo è se il prodotto o servizio è in
grado di soddisfare il bisogno al quale sono rivolti. A fronte di questo prodotto o servizio le valutazioni devono
essere spostate sulla qualità che il prodotto può avere per soddisfare il bisogno, ci domandiamo poi se il
prodotto o servizio ha un costo di produzione accettabile per essere in grado di venderlo creando valore.
Qualità del prodotto (a priori è più facile valutarla, più difficile per le imprese che producono servizi), si va a
valutare caratteri oggetti e soggettivi:
- Affidabilità prodotto può in un certo tempo riuscire a svolgere le proprie funzioni
- Resistenza all’uso non si rompe
- Conformità rispetto a quello che è dichiarato, deve avere davvero le caratteristiche dichiarate
- Design aspetto estetico, ambito della soggettività. Lo stesso vale per la marca che rappresenta un
elemento distintivo che ci dice qualcosa sulla qualità del prodotto.
Qualità del servizio:
- Qualità tecnica del risultato riesce a soddisfare il bisogno
- Qualità funzionale del processo come viene erogato via via il servizio, tutti i processi di erogazione
del servizio.
Questi due aspetti partecipano tutti e due alla qualità percepite del servizio che però è mitigato
dall’IMMAGINE AZIENDALE che incide in maniera rilevante nella percezione dei clienti. L’immagine è una
sorta di filtro che porta poi a come vedono i clienti la qualità totale del servizio. Visto che la qualità non può
essere valutata a priori il cliente si affida all’immagine aziendale per orientare le proprie scelte.
Costo di produzione:
- Costi fissi/variabili entro un certo livello di capacità produttiva ho i costi fissi (quanto mi costa la
struttura, i dipendenti, l’ammortamento degli impianti) che sono costi che rimangono stabili
indipendentemente da quanto produco; i costi variabili variano sulla base di quanti prodotti o servizi
realizzo. I costi totali di un’impresa di produzione sono dati dai costi fissi più i costi variabili. I ricavi si
incontrano con i costi totali in un punto che si chiama breakeven point (costi=ricavi, si calcola facendo
costi fissi/ prezzi-costo variabile unitario) o punto di pareggio. Vedere grafico. Se cambio la
composizione dei costi cambia anche la retta dei costi totali. Un’impresa che ha costi fissi molto alti
è più rischiosa perché se non vendessi nulla perderei una cifra importante, se i costi fissi fossero bassi
perderei meno soldi.
- Costi diretti/indiretti diretti sono quelli evidentemente imputabili a quel prodotto, i costi indiretti
non sono imputabili chiaramente al prodotto ma si possono attribuire secondo alcune regole. ci sono
criteri di distribuzione dei costi indiretti che devo scegliere per attribuirli, quando li ho distribuiti tutti
posso dire e valutare il rendimento del prodotto o servizio.
Processo produttivo:
- Tecnologia anche il livello di tecnologia, ci sono due estremi all’interno dei quali tutte le imprese
si posizionano: artigianalità totale (tutte le volte produco il prodotto da zero) e totale automazione.
Dipende anche il tipo di lavorazione che faccio. È importante capire la tecnologia da utilizzare
nell’impresa. Ne stabilisce la complessità e il livello di investimento. È importante il patrimonio
tecnologico che l’impresa ha costruito e detiene perché molte tecnologie possono essere sviluppate
all’interno dell’impresa. Anche per utilizzare le nuove tecnologie serve un patrimonio tecnologico di
conoscenza del livello tecnologico, serve la capacità di saperle utilizzare.
- Continuità non la decide l’impresa, è legata al tipo di prodotto che si realizza. Ci sono processi
produttivi continui e intermittenti. La differenza sta nel caso in cui il processo è continuo, una volta
che si parte a produrre il prodotto o servizio non ci si può interrompere finché la produzione non è
finita, sincronia e continuità che mi impone una organizzazione dalla quantità e da ciò che faccio
(spettacolo culturale, ambito chimico, acciaierie). I processi intermittenti sono tutti gli altri, posso
suddividere il processo produttivo in fasi con presenza di scorte in entrata e uscita. In questo caso

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posso spezzettare la produzione e dedicare del tempo a delle fasi in particolare. questo mi consente
di organizzare meglio i tempi e i dipendenti.
- Flessibilità riguarda il fatto che posso con gli stessi impianti e dipendenti produrre prodotti diversi.
Attraverso lo stesso processo produttivo posso produrre prodotti diversi. Meno è flessibile il
processo più sfrutto le economie di scala. Bisogna che se riesco a produrre un solo tipo di prodotto il
problema che ho è se riesco a sfruttare tutta la capacità produttiva e se riesco a vendere tutti i
prodotti. È meglio che il processo mi consenta di fare due prodotti così in questo modo riesco a
venderli. Il massino livello di NON flessibilità si ha negli impianti di produzione delle automobili. Per
tenere i costi bassi conviene avere una specializzazione tale (non flessibilità).

Modelli di gestione produttiva:


- Produzione di beni singoli nuovi che non hanno elementi in comune con tutti gli altri. Tutte le
volte si parte da un progetto nuovo da interpretare sulla base delle esigenze, non realizzo quasi mai
lo stesso prodotto due volte.
- Produzione in piccola serie soluzioni che tendono a standardizzare di più il prodotto, questo
consente una riduzione dei costi unitari però poi c’è bisogno di una capacità di vendita più elevata.
Posso standardizzare solo alcune fasi di attività e fare dei cambiamenti di certo tipo. Magari
cambiano solo dei piccoli particolari dello stesso prodotto (colore, elementi aggiuntivi).
- Produzione in grande serie via via che si aumenta la capacità produttiva
- Produzione di massa produzione di prodotti tutti uguali a se stessi in grande scala (computer,
cellulari, detersivi). Stabilisco delle tipologie di prodotto e le produco su grande scala.

Confini dell’attività produttiva:


- Make (gerarchia)
- Buy (mercato)
Nel momento in cui decido cosa voglio produrre è importante decidere cosa voglio fare all’interno
dell’impresa e cosa voglio affidare al mercato. Può succedere che l’impresa non ritiene utile fare perché gli
costerebbe troppo, cerca qualcuno all’esterno a cui delegare lo svolgimento della fase.
Integrazione verticale le scelte di integrazione verticale consistono nella scelta all’interno della filiera
produttiva su quali fasi presidiare. Quando l’impresa nasce decide anche quante fasi vuole realizzare in
quell’ambito. Durante la vita dell’impresa possono nascere situazioni di estensione o riduzione dell’ambito
di attività. Quando le estende (a monte) quando le diminuisce (outsourcing). Sappiamo che tutte le volte che
si estende la filiera aumento i costi fissi, una fase in più di lavorazione mi richiede ulteriori investimenti. Più
fasi svolgo più sono alti i costi fissi.
Nell’outsourcing parto da una struttura più integrata e la riduco, riduco i costi fissi e li traduco in costi variabili.
Pago all’esterno sulla base dei prodotti e delle lavorazioni che faccio fare.

Patrimonio commerciale e struttura distributiva


Patrimonio commerciale:
- Gamma di prodotto quanti prodotti faccio e questo non vuol dire che io sia diversificato. Sono
nello stesso business ma faccio prodotti diversi.
- Brand il marchio che contraddistingue i prodotti nei confronti di quelli degli altri, connessa con
l’immagine aziendale. Brand di valore e attrattivo comporta una maggiore facilità nella vendita di
propri prodotti e la possibilità di chiedere un prezzo maggiore.
- Immagine come detto prima, se l’immagine è negativa si scansano i prodotti e quindi anche il
brand. Si deve mantenere positiva l’immagine.
- Clientela fidelizzata ogni impresa ha la sua clientela occasionale o fidelizzata. Quella fidelizzata è
un valore rilevante perché strappare clienti ai concorrenti è molto costoso. La clientela fidelizzata
potrebbe coprire anche i costi fissi. Per costruirla devo garantire la loro soddisfazione costante tutte
le volte che comprano.
- Rete commerciale come è organizzata la struttura di vendita e i contatti con i clienti ai quali mi
rivolgo. La rete commerciale si divide in: -forza di vendita diretta (biglietterie, web direttamente

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gestito dall’impresa che permette un contatto con i clienti); -agenti e rappresentanti (professionisti
che si occupano di distribuire i miei prodotti e guadagnano con la provvigione); -distributori
(acquistano dall’impresa i prodotti e li rivendono al cliente finale e guadagnano dal differenziale, si
accollano il rischio del passaggio). A seconda della forza vendita che utilizzo cambiano i costi che
sostengo. La forza di vendita diretta è un costo fisso, gli agenti sono un costo variabile, i distributori
mi pesano in termini di riduzione del valore che creo perché ne lascio una parte a loro.

Patrimonio cognitivo e sistema informativo


Risorsa fondamentale rappresentata dalla conoscenza sviluppata nell’impresa, frutto della disponibilità della
conoscenza delle persone in essa coinvolte, esperienza nata dalla collaborazione e soluzione dei problemi in
ambito complessivo aziendale. Molta della capacità competitiva dipende dalla conoscenza disponibile e
creata all’interno dell’impresa. L’impresa deve considerare la conoscenza una risorsa e deve cercare di
incrementarla. Si deve gestire l’attività di apprendimento interno all’impresa, la conoscenza va creata e
diffusa, si programma il modo in cui si trasferisce la conoscenza nell’impresa stessa.
Il processo informativo consiste nell’attività di raccolta di informazioni dall’interno e dall’esterno che poi
serviranno da supporto. richiede che ci si doti di un sistema informativo che determina che informazioni, a
chi sono rivolte e come organizzarle. Può essere caratterizzato da:
- Caratteri organizzativi più profonda è la struttura organizzativa maggiore è l’impegno nella
gestione delle informazioni.
- Numerosità degli interlocutori più persone collaborano alla raccolta di informazione più il
processo è complesso.
Le informazioni:
- Interne/esterne interne all’impresa (personale, macchine), esterne (quanto viene venduto sul
mercato, i concorrenti, l’analisi esterna)
- Generali/orientate generali ossia non hanno impatto su una sola attività dell’impresa ma che
incidono su tanti aspetti anche in lungo termine. Orientate ossia prendo informazioni relative a un
aspetto specifico.
- Contabili/extracontabili contabili posso desumerle dalla contabilità dell’impresa; extracontabili
ossia sapere quante persone entrano in un punto vendita, quante persone visitano il mio sito, sono
esterne al bilancio.
- Storiche/previsionali
Il sistema informativo è rappresentato dal sistema di strumenti e procedure attraverso le quali scelgo quali
informazioni, come utilizzarle e come renderle utili. Le imprese si rendono conto dell’importanza via via che
crescono. Si può arrivare al controllo del prodotto o servizio venduto per sapere quali sono i più richiesti per
orientare la produzione. Per fare questa operazione bisogna immaginare quali informazioni raccogliere e
renderle disponibili.

Le scelte economiche e finanziarie, processo energetico


Le decisioni che possono caratterizzare l’impresa e che riguardano cambiamenti nel sistema operativo o
proprietario hanno conseguenze dal punto di vista economico e finanziario. Nel caso di un’integrazione
verticale, un aumento di investimenti determina anche un aumento di finanziamenti. Avrò bisogno di nuovi
dipendenti e un bisogno di capitale per la nuova attività. Dobbiamo considerare se l’impresa è in grado di
sostenere questi cambiamenti, dobbiamo valutare gli impatti che i nuovi investimenti avranno sull’impresa.

Partendo dalla questione della gestione corrente giorno per giorno gestione di rapporti continui di
acquisto e scambio che l’impresa realizza in quanto sistema aperto e per creare valore. Possiamo individuare
due diverse dimensioni dell’attività aziendale che sono tra loro strettamente connesse ma non
necessariamente avvengono nello stesso momento. Abbiamo bisogno di approvvigionarci di quelle risorse
ricorrenti e questo approvvigionamento mi determina l’insorgenza di costi. Dopo utilizzo la struttura
produttiva e alcuni fattori produttivi (lavoro, energia), questo a sua volta determina dei costi. Quando arrivo
ad avere il prodotto e servizio e lo vendo ai clienti a quel punto inizio ad avere dei ricavi. Sia i costi che i ricavi
si manifestano nel momento in cui consumo le risorse o realizzo le vendite. Come corrispettivo dei costi e dei

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ricavi ho un movimento di moneta che per pagare il costo è un’uscita monetaria per i fornitori; per soddisfare
il ricavo i miei clienti mi dovranno dare della moneta. Queste due dimensioni sono interrelate tra loro.
In gran parte dei casi la manifestazione di queste due dimensioni non è coincidente: soprattutto nel rapporto
tra imprese quando c’è un’impresa che ottiene dei ricavi ma non incassa se non dopo la dilazione di
pagamento. In questo periodo può succedere di tutto, non è certo che si avrà l’incasso preciso. È bene tenere
distinte le cose, una riguarda la differenza economica tra ricavi e costi, una riguarda la componente finanziaria
che ci dice la disponibilità economica data dalle entrate e dai ricavi.
I due aspetti vanno analizzati in maniera distinta (la capacità di creare valore dipende dalla capacità di creare
un differenziale positivo tra ricavi e costi).

Possiamo distinguere tre cicli:


 Ciclo della produzione inizia con l’immissione dei fattori produttivi, e a seconda che sia
continuo o intermittente, il ciclo produttivo finisce con il prodotto finito.
 Ciclo economico inizia con l’acquisto dei fattori produttivi, in questo momento registro un
costo per l’impresa. Il ciclo economico si chiude una volta che avrò venduto i prodotti finiti al
cliente. Questi cicli si susseguono continuamente. Acquisto fattori produttivi e vendita prodotti
finiti.
Tra questi due cicli c’è una separazione temporale che fa nascere una serie di stock economici, investimenti
che si creano nell’impresa e che rimangono presenti in essa.
Stock economici:
-Materie prime stock tra quando acquisto e quando uso il prodotto.
-Prodotti in corso di lavorazione i fattori produttivi che ho utilizzato con i quali sto lavorando mi
rappresentano un semilavorato, ho uno stock di prodotti semilavorati. Sono scorte.
-Prodotti finiti il prodotto semilavorato mi diventa uno stock di prodotti finiti che ci sarà finchè non vendo
il prodotto.
Dalla differenza temporale nel ciclo economico e in quello di produzione si vengono a creare questi stock che
di fatto sono investimenti che mi ritrovo nello stato patrimoniale. Questi stock sono influenzati dal volume
di attività che faccio.
 Ciclo finanziarioinizia con il pagamento degli acquisti quindi sostengo delle uscite. Quando
vendo se non vendo per contanti ho un ricavo nel ciclo di produzione ma ho un incasso dopo un
periodo dilazionato. Nel caso in cui i due cicli fossero in sovrapposizione: costi=uscita,
ricavi=entrate.
Stock finanziari:
- debiti commerciali acquisto uno stock ma non lo pago subito, debito che pago dopo (diversi dai debiti
finanziari)
- crediti commerciali se l’impresa non vende al cliente finale, l’impresa vende e incassa dopo un certo
periodo. Posso vendere oggi e incassare a un mese. Bisogna stare attenti a non spingere troppo oltre i tempi
di incasso.
Questi stock rappresentano moneta in differita.
Questi sono solo costi ricorrenti per l’acquisto di fattori produttivi e la vendita di prodotti e servizi.
Il pagamento degli stipendi sono costi e uscite. L’impresa registra il costo quando il lavoratore ha già lavorato
un mese ma di solito paga subito.
Il TFR è un debito che l’impresa ha nei confronti dei dipendenti. Ogni mese quando definisco lo stipendio ci
carico una percentuale che alimenta il fondo TFR. Dopo un po’ di anni questo fondo aumenta, quando il
dipendente va via si riduce il valore del TFR e lo pago quando va via. I soldi del TFR sono soldi che l’impresa
ha, è un debito nei confronti dei dipendenti che mi rappresenta un’uscita solo nel momento in cui il
dipendente se ne va. È moneta liquida che rimane bloccata nel momento in cui l’impresa deve versare i soldi
in un conto a parte.

I costi e i ricavi dell’impresa non si esauriscono con questi. Ci sono i costi relativi agli stipendi, all’uso della
struttura. Di solito quando si parla del bilancio d’impresa contiene il conto economico (costi e ricavi in un
esercizio) e stato patrimoniale (composizione degli investimenti e finanziamenti al 31/12). Nel conto

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economico nell’esercizio sto parlando dei cicli operativi compiuti, registro i ricavi e i costi che ho
effettivamente realizzato; tra i costi non trovo solo quelli legati all’acquisto dei fattori produttivi, trovo costi
del personale, gli ammortamenti se compro un automezzo il primo gennaio del 2020 si fa il processo di
ammortamento, si distribuisce il costo dell’immobilizzazione per un numero di esercizi commisurato alla vita
utile di quel mezzo, per come lo uso e per quanto lo uso. Il modello più semplice di ammortamento è quello
lineare per cui l’automezzo dura 5 anni quindi il primo anno ci imputo un 5 del costo, divido il costo per il suo
ciclo di utilizzo.
Nello stato patrimoniale il valore residuo di quella immobilizzazione tenderà a diminuire nel tempo. Tutti i
costi che individuo sono rappresentati da materie prime, trasporti, dipendenti, ammortamenti,
accantonamenti, interessi passivi sui debiti, le tasse e altri costi di vario genere. Per il momento abbiamo
visto solo i costi connessi all’acquisto di materie prime.

Processo energetico
Se riflettiamo sui processi aziendali nel sistema operativo ci ricordiamo i tre. Il processo energetico
rappresenta un limite a quello che si può fare negli altri processi, è quello che dà l’energia agli altri processi.
In particolar modo il processo informativo si occupano della soddisfazione della clientela, raccogliere le
valutazioni del cliente, il processo produttivo risponde alle caratteristiche individuate nel processo
informativo in modo efficace ed efficiente. Il cliente ci deve preferire per innovazione, qualità e clientela
fidelizzata. In tutto questo il processo energetico rappresenta un limite perché ci si deve chiedere se l’impresa
ha le risorse per realizzare delle produzioni. Il processo energetico rappresenta un vincolo alla
massimizzazione degli obiettivi. Per fare innovazione c’è bisogno di ricerca e sviluppo ma non tutte le imprese
hanno la forza di sostenere investimenti simili. Per fare qualità c’è bisogno di tecnologie e di materie prime
di un livello superiore, devo essere in grado di strappare al cliente un prezzo che mi copra questi costi. La
soddisfazione del cliente la faccio facendo prodotti adeguati e facendolo pagare un po’ meno, mantenere il
cliente nel tempo ha un costo quindi se non ho le risorse non lo posso fare.
L’impresa deve tenere presente la necessità di rispettare alcune condizioni di esistenza di ambito economico
finanziario per garantire la sua presenza sul mercato.
Vincoli
Possiamo parlare di condizioni di esistenza dell’impresa che devono essere soddisfatte continuamente nel
tempo. Tre tipi di vincoli (4 con la funzione politica, equilibrio teleologico per gli stakeholders dell’impresa,
l’impresa deve vivere nel tempo mantenendo la disponibilità degli stakeholders a collaborare con l’impresa):
- Equilibrio economico è la capacità dell’impresa di creare ricchezza (sottrazione tra ricavi e costi
ma questa differenza non ci basta sia positiva perché dovrebbe essere tanto grande da remunerare
il soggetto proprietario). Andamento economico, si va a misurare i costi e i ricavi. L’impresa soddisfa
la condizione di economicità quando realizza un livello di ricavi superiore a quello dei costi di un
valore sufficiente a remunerare adeguatamente il capitale di rischio. Più alto è il rischio che sostengo
più alto è la remunerazione che mi aspetto. La quantità di differenziale tra ricavi e costi che mi
aspetto dipende dal rischio che faccio nell’investire nell’impresa. Questo si chiama costo
opportunità, se mantenendo lo stesso livello di rischio posso ottenere una remunerazione più alta ci
guadagno se la remunerazione è minore ci sto perdendo. Questo equilibrio è la capacità dell’impresa
di creare ricchezza. Più alto è il differenziale tra ricavi e costi più è alto l’equilibrio economico. Si
pensa all’orizzonte di piano ossia alla durata della strategia per valutare l’equilibrio economico. I
ricavi devono essere uguali ai costi più la remunerazione del capitale di rischio (dividendi solo nelle
imprese profit e autofinanziamento da reddito). La redditività dell’investimento deve essere
superiore ai costi dei finanziamenti utilizzati per quell’investimento. ROI>WACC.
Nell’impresa non profit non si può distribuire il profitto ai proprietari, l’obiettivo è di perseguire
l’interesse economico sociale quindi eventuali utili devono servire per rafforzare questo interesse. La
ricchezza residua non può andare ai proprietari perché i capitali sono stati immessi per perseguire
interessi sociali. L’equilibrio economico è comunque importante perché senza si sottopone
l’esistenza dell’impresa alla volontà dei proprietari di immettere capitale. L’interesse è quello di
mantenere l’equilibrio economico a lungo termine per garantire l’utilizzo a più persone, non solo
quelle di un certo periodo. Ogni impresa non profit deve consentire la sua continuità a prescindere

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dal capitale dei proprietari (in teoria). Nella valutazione del valore creato bisogna misurare anche
quello non misurabile in termini economici. Bisogna tenere conto della diversa composizione dei
ricavi delle imprese non profit, oltre ai ricavi derivanti dall’erogazione del servizio principale ci sono
altri ricavi: servizi accessori e complementari, fund raising (mancata uscita relativa al costo,
trasferimenti di moneta per chi condivide l’interesse dell’impresa, partecipazione a bandi), sponsor
(acquistano qualcosa, scambio tra un quantitativo di moneta e una messa a disposizione dell’impresa
di spazi pubblicitari o occasioni di pubblicità per i terzi), trasferimenti del settore pubblico (contributi
dallo Stato che sono un supporto che copre parte dei costi). Due alternativi dei trasferimenti dal
settore pubblico: -intervento diretto lo stato da direttamente dei soldi all’impresa (FUS); -
intervento indiretto lo stato riconosce sgravi fiscali a chi dà i soldi a queste imprese non profit,
non fa pagare le tasse (art bonus). Fund raising si può distinguere: -senso stretto (trasferimento di
soldi); -senso ampio risorse materiali e immateriali strumentali all’attività di impresa senza farle
pagare, sono partecipazioni ad altri costi.
L’equilibrio economico per le non profit trova problema nel fatto se l’impresa riesce a soddisfare gli
interessi per cui è nata, i ricavi possono essere anche uguali ai costi. Se l’impresa perde però è un
problema perché sopravvive grazie all’equilibrio economico, deve avere almeno la copertura dei
costi. Il principio del ricavo uguale al costo crea delle condizioni in lungo termine che l’impresa non
potrà crescere ma neanche mantenere il livello attuale.
Il trasferimento del valore creato non si deve misurare solo in senso economico perché nella sfera di
interessi economico sociale la soddisfazione economica perde importanza. La creazione del valore
avviene anche attraverso la capacità dell’impresa di perseguire i propri scopi culturali e sociali.
- Equilibrio patrimoniale si riferisce all’indice di autonomia finanziaria (mezzi propri diviso
investimenti), questo rappresenta la quantità di perdite che l’impresa è in grado di sostenere senza
compromettere diritti patrimoniali di terzi. È importante sapere come agire su questo indice: o
diminuisco gli investimenti o aumento i mezzi propri (autofinanziamento da reddito, aumento di
capitale aperto a soci attuali e a nuovi soci). Più alto è il rapporto meglio è, non c’è un indice di
autonomia finanziaria auspicabile per tutte le imprese, dipende dalla rischiosità e dal settore.
L’impresa è capace di restituire comunque i debiti in caso di cessazione di impresa. Chi finanzia
l’impresa darà un occhio a questo indice, più è alto più avrà fiducia nell’investire i suoi soldi
nell’impresa.
- Equilibrio finanziario capace di far fronte in ogni momento alle uscite monetarie conservando
una struttura finanziaria adeguata. Se l’impresa non ha i soldi per fare il pagamento o si indebita
ancora oppure vende una cosa interna all’impresa (per esempio automezzo) e qui nasce un problema
di tipo gestionale. In ogni momento sono in grado di sostenere le uscite monetarie, avere moneta
per sostenere il pagamento. Per essere in condizioni di equilibrio finanziario devo garantire le uscite
economiche senza compromettere il funzionamento dell’impresa: -equilibrio finanziario corrente
dipende nel lungo periodo dall’equilibrio finanziario strutturale. Faccio fronte ai pagamenti se ho una
struttura finanziaria adeguata. Equilibrio finanziario corrente dato uno stock iniziale di moneta,
ogni momento misuro il flusso monetario che sostengo e vedo se è maggiore di 0 (sono in grado di
sostenere uscite). Se arrivo a 0 non posso far fronte ai pagamenti. Lo stock di liquidità iniziale (cassa
più banca) più il flusso monetario netto (incassi più pagamenti) in ogni momento dovrebbe essere
costantemente maggiore di zero. Altrimenti ci si trova in difficoltà rispetto ai soggetti che si aspettano
di essere pagati. Nel caso in cui non avessi moneta per far fronte al pagamento potrei chiedere un
prestito ma questo può essere molto rischioso. Equilibrio finanziario strutturale come sono
strutturati gli investimenti e i finanziamenti che l’impresa ha in un certo momento. Si deve
mantenere omogeneità tra la durata degli investimenti e la durata delle fonti di finanziamento.
Dovrei riuscire a garantire una coerenza tra la tipologia e durata degli investimenti e tra la tipologia
e durata delle fonti di finanziamento. Per soddisfare l’equilibrio corrente devo garantirmi quello
strutturale e quindi avere una struttura finanziaria equilibrata.
Per riflettere su questo equilibrio devo capire cos’è la STRUTTURA FINANZIARIA stato
patrimoniale ossia investimenti e finanziamenti. Le nostre fonti di finanziamento sono di sicuro o
capitale di rischio o capitale di terzi.

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Gli investimenti sono composti da: liquidità (moneta liquida a disposizione per far fronte ai
pagamenti); crediti commerciali (stock finanziari che nascono per la distanza temporale tra le vendite
e quando incasso, possono essere più o meno elevati e dipendono da quanto tempo passa tra quando
vendo e incasso e anche da [(vendite+iva)/365*x (ossia i giorni di dilazione di pagamento)], dipende
quindi da quanto vendo e dalla durata dei tempi di pagamento); magazzino (le scorte di materie
prime dipendono da quante ne usi e da quanti giorni di sicurezza voglio tenere nel magazzino);
immobilizzazioni (investimenti legati all’apparato dell’impresa di lungo periodo, possono essere
materiali, immateriali e finanziarie). Nelle fondazioni lirico sinfoniche troviamo la voce diritto d’uso
del teatro, la disponibilità del teatro si trova nelle immobilizzazioni materiali.
I finanziamenti si dividono in: capitale di rischio ossia capitale sociale e riserve; debiti a scadenza
diversa ossia debiti commerciali (compro e non pago, riguarda gli acquisti più iva diviso 365 per i
giorni di finanziamento), debiti a breve termine (sistema bancario, scadono in tempi rapidi), debiti
a medio lungo termine (sempre le banche di più lungo periodo), fondo TFR o fondi rischi (accantonati
nel tempo). A volte scelgo i debiti a breve termine perché di solito le banche danno più soldi e li
scelgo nonostante gli interessi siano più alti; li scelgo anche in base al tempo di utilizzo, se devo
sanare una situazione temporanea è inutile prendere un finanziamento a lungo termine e pagare gli
interessi più bassi.
Nel caso in cui non ho più liquidità non posso usare i finanziamenti perché li ho già utilizzati tutti per
far fronte agli investimenti. Se quindi mi manca l’equilibrio finanziario corrente devo modificare gli
investimenti ossia vendere materie prime, automezzi, quindi cambio la composizione degli
investimenti.
La struttura finanziaria è equilibrata se c’è un equilibrio tra composizione e durata degli
investimenti e dei finanziamenti. Alcuni investimenti danno luogo a entrate in tempo breve o lungo
e così le fonti di finanziamento danno luogo a uscite in tempi rapidi, lunghi o mai (capitale di rischio).
Se per far fronte ai pagamenti il volume delle fonti di finanziamento a lungo termine fossero
superiore degli investimenti a lungo termine; questo vuol dire che gli investimenti di breve sono
finanziati in parte anche da investimenti a lungo termine.
Gli investimenti e i finanziamenti a breve termine arrivano a zero quando cesso l’attività, se per far
fronte all’equilibrio finanziario corrente devo chiudere l’attività è un problema. Parte degli
investimenti a breve termine si comportano come investimenti stabili, devo garantirne la presenza
nel lungo periodo. Le caratteristiche degli investimenti si calcolano quindi con un concetto di
stabilità. Buona parte degli investimenti entro una certa soglia non possono essere ridotti; mi devo
dotare di fonti di finanziamento stabili all’imprese non solo per gli investimenti a lungo termine ma
anche per quelli a breve. Allo stesso tempo ci sono alcune immobilizzazioni di cui posso fare a meno,
potrei venderle per far fronte ai pagamenti.
Capitale circolante: investimenti a breve entro 12 mesi. Capitale fisso: di lungo periodo più di 12
mesi. Chiave di lettura povera che deve essere affiancata dal distinguere di cosa l’impresa può fare a
meno ossia le disponibilità e cosa invece è un’immobilizzazione. Può succedere che io possa
comprimere del capitale circolante e anche alcuni investimenti di capitale fisso che non sto
utilizzando a questo punto ottengo delle disponibilità. Le immobilizzazioni sono un investimento
duraturo ma rientrano anche gli investimenti a breve che non posso comprimere troppo. Distinguo
investimenti e finanziamenti dal fatto che ne posso fare a meno o no. Quando c’è equilibrio
finanziario strutturale? Quando ho struttura finanziaria equilibrata, devo garantire di finanziare gli
investimenti strutturali con fonti di finanziamento strutturali (lungo periodo), devo finanziare
investimenti temporanei con fonti di finanziamento temporanei. Se garantisco questo equilibrio
garantisco anche l’equilibrio finanziario corrente.
La differenza tra equilibrio finanziario corrente ed economico: quello corrente va garantito in ogni
istante, quello economico va garantito nella durata della strategia ossia nel periodo di piano.
C’è un altro equilibrio ossia quello teleologico ossia la gestione degli interessi dei diversi stakeholders,
garantire i loro interessi.

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IMPRESE CULTURALI NON PROFIT
Diverse dalle industrie culturali che sono for profit. Le imprese culturali no profit fanno riferimento ai beni e
servizi la cui produzione comporta una certa forma di creatività. Il risultato implica una forma di proprietà
intellettuale e sono finalizzate alla comunicazione e creazione di significati.
A sinistra ci sono le imprese culturali no profit, a destra invece ci sono le industrie culturali caratterizzate da
una produzione industriale.
Le imprese culturali no profit sono imprese pubbliche o private caratterizzate dal perseguimento di una
preminente attività culturale in assenza di scopo di lucro. L’utile deve essere lasciato stabilmente all’interno
dell’impresa con funzione di autofinanziamento da reddito. Le imprese no profit però devono comunque
generare ricavi perché sono fondamentali per la loro esistenza. Se generano dell’utile è sicuramente meglio.
Fonti di ricavi di un’impresa culturale: 1) con i biglietti venduti e servizi accessori; 2) finanziamenti pubblici;
3) sponsorizzazioni o donazioni private.

La legge di Baumol-Bowen
Legge che ci spiega perché le imprese culturali no profit hanno bisogno dell’intervento pubblico per il loro
sostentamento e la loro sopravvivenza. Dobbiamo capire le logiche con cui vengono erogati questi
finanziamenti. Baumol e Bowen sono stati i primi a spiegare questa necessità. Il settore culturale è
caratterizzato da una produttività fissa stabilita dall’autore dell’opera. I salari sono in crescita in linea con
quelli degli altri settori. Questo genera un deficit permanente, si deve far fronte ai costi del personale ma
dall’altro lato la loro produttività è costante. Queste imprese culturali operano attraverso un deficit
permanente. Come si può ridurre questo deficit permanente? 1) si agisce sui costi; 2) si agisce sui ricavi.
Ridurre i costi non posso andare a risparmio perché vado a incidere sulla qualità. Quindi non agisco sui
costi.
Incremento dei ricavi cerco di ottimizzare la struttura facendo cose che non c’entrano niente con il teatro,
cerco sponsorship, aumento il prezzo del biglietto. Faccio grande attività di marketing per aumentare la
domanda: l’aumento della domanda avviene ma in tempi molto lunghi e non è neanche detto che sia così
semplice. Aumento il prezzo del biglietto: unico modo fattibile nel breve periodo che consente di aumentare
i ricavi, ci sono però due problemi 1) natura meritoria dei prodotti e servizi culturali: i prodotti e servizi
devono essere accessibili a tutte le fasce di reddito della popolazione, per questo motivo il prezzo non si può
aumentare di troppo perché diventerebbero beni esclusivi; se le imprese dovessero adeguarsi ai prezzi di
mercato i prezzi dei biglietti sarebbero contrari alla natura meritoria dei loro beni e servizi. A questo punto il
deficit permanente rimane quindi unica soluzione intervento dello STATO, sostentamento derivante da
fondi pubblici.
Gli investimenti pubblici generano: 1) benefici diretti: appagamento dei bisogni del fruitore, consentono di
appagare i bisogni di tipo culturale dei fruitori dei loro servizi; 2) benefici indiretti: effetti positivi sul livello
culturale e sulla qualità della vita di un’area territoriale.
Primo problema: Lo Stato riconosce il fatto che c’è bisogno del suo intervento tuttavia non ha risorse
illimitate e le risorse culturali devono lottare con la sanità e l’istruzione (mantenute lo stesso dallo Stato).
L’accesso alle cure è illimitato e la maggior parte dei farmaci viene rimborsata dallo Stato. L’istruzione anche
è fondamentale. Le imprese culturali no profit si devono accaparrare delle risorse in confronto a questi settori
strategici e fondamentali per la collettività.
Modelli che spiegano in che modo lo stato decide di investire nelle imprese culturali
La valutazione degli investimenti in attività culturali avviene 1) ex ante: fase progettuale per valutare
opportunità e fattibilità; 2) ex post: si valutano i livelli di efficienza e efficacia raggiunti nell’utilizzo delle
risorse e nel raggiungimento degli obiettivi.
Quando lo Stato valuta la possibilità di finanziare lo fa facendo riferimento a: 1) valutazione di impatto
economico 2) valutazione di impatto sociale.
Valutazione di impatto economico
Si valutano 4 tipi di impatti economici che le imprese culturali potrebbero avere:
 impatto diretto stipendi: capire quanti stipendi garantisce un’impresa culturale no profit.
 Impatto indiretto l’impresa acquista beni e servizi dai fornitori.

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 Impatto indotto si generano turismo con hotel, bar, ristoranti, mezzi di trasporto. Si genera
un indotto di attività la cui sopravvivenza è dovuta all’esistenza stessa delle imprese culturali.
 Impatto derivato fiscalità, le imprese generano flussi per la fiscalità e anche le imprese
dell’indotto e i fornitori. Lo Stato quindi è felice di questa cosa.
Quali sono i limiti di questo impatto economico? Si basano su una serie storica delle imprese, penalizzano le
start up a favore di imprese che operano nel settore già da tempo. Potrebbero penalizzare le piccole realtà
rispetto alle grandi realtà, è un modello che si limita a valutare l’impatto economico.
Lo stato tiene conto di altri benefici delle imprese culturali no profit:
 Innalzamento del livello culturale della popolazione unico aspetto di tipo qualitativo.
 Incentivo alla localizzazione di nuove imprese e all’attrazione di investimenti esogeni. Lo stato
valuta il potere attrattivo di un’impresa culturale in termini di attrazione di nuove imprese
culturali e non.
 Notorietà e immagine dell’area quanto effettivamente l’impresa contribuisce al branding di
una certa area territoriale. Marketing legato alla promozione di un territorio e creare un effetto
di marca del territorio.
Scelte di tipo metodologico nella valutazione dell’impatto economico:
1) Area geografica da esaminare considerare coloro che fruiscono dei servizi
2) Unità di analisi specifica impresa o aggregato di imprese culturali
3) Periodo temporale dell’indagine solitamente è un anno
4) Messa a punto la modalità di rilevazione quali spese considerare e in quel modo rilevarle.
5) Utilizzo degli indicatori tutti gli aspetti devono poter essere misurabili. Gli stipendi per i quali
guardo il bilancio. Per il livello culturale di un’area andrei a vedere gli accordi tra musei e istituti
scolastici, l’alternanza scuola-lavoro, vedere quanto pesano i visitatori locali o turistici, quante
persone si laureano in discipline collegate a imprese culturali. Utilizzo gli indicatori per la misurabilità.

Quando si parla di impresa culturale no profit dobbiamo identificare il sistema di offerta. Si distingue un
servizio base, un servizio complementare e dei servizi accessori.
Nei teatri la rappresentazione è il servizio base, le maestranze sono i servizi complementari e i bar eccetera
sono i servizi accessori.
Settore teatrale:
 Teatro stabile rapporto con il territorio, continuità del nucleo artistico-tecnico e organizzativo,
progettualità. Ci sono alcune categorie di teatri stabili: 1) ad iniziativa pubblica (regione,
provincia e comuni); 2) iniziativa privata (privata, mista), 3) di innovazione (ricerca e
sperimentazione, attività rivolta a infanzia o gioventù). In Italia sono 16.
 Teatro d’opera oggi si chiamano fondazioni lirico sinfoniche. In Italia sono 14, perseguono la
diffusione dell’arte musicale, educazione musicale della collettività e formazione dei quadri
artistici. Potrebbero proporre il repertorio anche all’estero.
 Altri operatori teatri di ospitalità (capitale privato, non cura la produzione ma soltanto la
distribuzione); imprese di produzione teatrale (non c’è una sede fissa quindi svolgono l’attività
in maniera itinerante, si occupano solo di produzione); enti o associazione pubbliche o private
locali che svolgono attività di supporto a quella teatrale.
Criticità di gestione:
 Scelta della direzione artistica
 Definizione del cartellone
 Allestimento
 Rappresentazione
 Commercializzazione

Biblioteche
I servizi di base sono la conservazione del patrimonio documentario sviluppato in relazione alle
caratteristiche e all’utenza. L’altro servizio riguarda la catalogazione e inventariazione dei beni e il prestito

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bibliotecario. I servizi complementari sono servizi internet per la ricerca, riproduzione dei documenti e servizi
informativi periodici. Tra i servizi accessori abbiamo bar, mostre, visite guidate.
Biblioteche nazionali carattere generale che hanno un patrimonio significativo per il paese.
Biblioteche scolastiche
Biblioteche importanti non specializzate
(guardare slide)

Imprese culturali a carattere industriale


Prevale una logica industriale. Si fa riferimento ad alcuni macro settori: editoria, musica e discografia,
broadcasting, intrattenimento (tv, cinema, radio).
Natura industriale
- imprese orientate al profitto, si esce dal mondo delle non profit.
- Sono imprese capital-intensive, struttura importante di costi fissi e impiego di grandi capitali.
- Riveste una grande importanza la determinante tecnologica. Tutte queste industrie hanno subito gli
effetti della digitalizzazione. In particolare la musica che prima si ascoltava con audiocassetta o cd, si
smaterializza; con la digitalizzazione della musica nasce l’illegalità. L’industria musicale all’inizio è
passata alle vie legali e ha perso un po’ di tempo, non ha colto da subito i benefici di questa
digitalizzazione. Dopo si è resa conto che si potevano trovare nuovi modi per vendere musica (ITunes,
Spotify). Ad oggi i live sono la principale fonte di guadagno.
- Riproducibilità in grande scala dell’output, si entra in una logica di produzione di massa.
Tratti tipici delle industrie culturali
Problemi:
- Attività rischiosa rischio più alto rispetto ad altre perché hanno a che fare con un pubblico,
audience che ha utilizzo dei prodotti in modo volative e imprevedibile. Tali merci sono soggette a
obsolescenza. È un modello di consumo che dipende dalla capacità di reddito, non sono beni di prima
necessità. La rischiosità è data dal fatto che il gusto del consumatore è imprevedibile,
l’apprezzamento dipende dal gusto personale. Rispetto ai beni che possono essere valutati secondo
fattori oggettivi, i prodotti culturali non possono essere valutati. Sono tutti prodotti che richiedono
un investimento importante prima che siano utilizzati. Questi prodotti c’è il rischio che diventino
vecchi nel tempo. C’è un rapporto 80-20 tra successi e insuccessi: nell’editoria l’80% dei profitti deriva
dal 20% dei titoli. Le industrie culturali basano i profitti su un numero limitato di prodotti e il profitto
di questi servono per mantenere la produzione anche degli altri (Giulia De Lellis).
- Creatività vs commercio trovare equilibrio tra la creatività e le logiche di mercato. Un ruolo ce
l’hanno i manager culturali, intermediari tra artisti e top management.
- Alti costi di produzione, bassi costi di produzione la maggior parte dei prodotti culturali ha elevati
costi fissi e basti costi variabili. Per arrivare ad avere il prodotto finito le imprese devono sostenere
costi importanti e l’obiettivo è massimizzare l’audience
- Beni semi-pubblici i beni culturali sono beni pubblici, il consumo di un soggetto non riduce la
possibilità di fruirne da parte di altri soggetti. Con un acquisto di prodotto culturale non riduco la
possibilità per altri di usufruirne. Questo è un problema, si deve creare scarsità, far si che il
consumatore percepisca i beni come prodotti il cui accesso è limitato. Uno degli strumenti è il
Copyright.
Soluzioni:
- Compensare mancati successi mediante la costruzione di repertori si utilizza la sovrapproduzione.
- Concentrazione, integrazione e aggregazione della pubblicità se voglio indurre scarsità e quindi
far percepire il prodotto come esclusivo, controllo la comunicazione e la distribuzione. Si investe in
pubblicità, devo creare desiderio e ansia, si deve fare hype. Esempio è il pre-order. C’è il controllo
della distribuzione, controllo non solo il marketing ma la distribuzione: 1) integrazione verticalea
valle, ci occupiamo della distribuzione senza affidarci a terzi, 2) integrazione orizzontaleridurre la
competizione, concentrare l’offerta, 3)internazionalizzazione, 4)integrazione multisettoriale e
multimediale diversificazione correlata in altri settori dell’industria culturale (controllo tutto, come

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Sony), 5)cooptazione dei critici avere rapporti con la critica, al posto di critici è meglio la parola
influencer.
- Ricorso ai format, star, generi e serializzazione 1) star system risponde alla difficoltà di prevedere
la risposta dell’audience. Le star ci fanno presupporre che i fan di quella star andranno a vedere il
film o compreranno il cd. 2) i generi: serve per dare un’etichetta al fine di segmentare meglio
l’audience. Le persone così si riconoscono nel genere e posso prevedere l’audience. 3)
serializzazione: cinematografica o serie tv, ridurre il rischio di obsolescenza. Distribuire nel tempo i
profitti e magari valorizzare anche gli episodi precedenti.
- Controllo debole sui creatori, controllo forte sulla distribuzione e marketing inducono scarsità,
urgenza di comprare il biglietto.
Come si arriva a parlare di industrie culturali?
Williams parla del processo di cambiamento storico della produzione culturale:
- Mecenatismo artigianale (fino all’inizio del XIX secolo) finanzia artisti per avere un ritorno di
immagine, l’opera rimaneva nel patrimonio artistico e culturale del mecenate.
- Epoca professionale di mercato si sviluppa un mercato dell’arte, l’opera diventa oggetto di
scambio e vendita, nasce il mercato e si sviluppa l’intermediario. Intermediario tra l’artista e
l’acquirente dell’opera. In questa fase abbiamo il fenomeno della mercificazione che significa rendere
un prodotto merce di scambio, generare una domanda per quel prodotto.
- Epoca professionale aziendalistica nasce l’industrializzazione. Si assiste a logiche di produzione di
massa e industriali anche nell’arte e nella cultura, passaggio da logiche artigianali a logiche industriali,
produzione su grandi volumi legata a caratteristiche proprie dell’industria. Presenza crescente delle
grandi corporation, imprese multimediali di grandi dimensioni che presiedono quasi tutta la filiera
dell’impresa culturale. Hanno portato avanti processi in integrazione verticale, diversificazione.
Industrializzazione elevati investimenti di capitale, produzione meccanizzata e la divisione del lavoro.
Mercificazione trasformazione di beni e servizi in merci. Non ci può essere industrializzazione senza
mercificazione ma viceversa si, ossia ci può essere mercificazione senza industrializzazione.
La mercificazione della cultura avviene prima dell’industrializzazione anche se questa ha accelerato la
mercificazione:
- Mercificazione dell’oggetto materiale (libro) diventa un oggetto presente sul mercato, XV secolo.
- Mercificazione dell’informazione contenuta nell’oggetto materiale copyright a partire dal XVIII
secolo.
- Mercificazione dell’accesso all’informazione compriamo la possibilità di accedere
elettronicamente all’informazione, nel tardo XX secolo.
Il copyright viene introdotto a protezione dell’informazione contenuta in un testo (libro, canzone), questo
perché c’è la necessità di proteggere l’artista e indurre la scarsità dell’opera. Il copyright ha creato una
polemica tra le imprese culturali e la proprietà collettiva. In quanto bene culturale ha una natura di bene
semi pubblico.

Negli Stati Uniti succede tutto, in Europa importiamo le loro dinamiche. Negli anni 60-70 si diffonde l’idea
dell’impresa conglomerata anche nel settore culturale. Si comincia una corsa alla crescita, fenomeni che
rientrano nel termine M&A (merger and aquisition), fusione e acquisizione. L’acquisizione un’impresa A
compra un’impresa B e fa rientrare sotto la sua influenza l’impresa acquistato. Nella fusione due imprese si
fondono per diventare una nuova impresa.
In questo scenario di grande fermento negli USA, nel frattempo si sviluppa anche la piccola impresa. Le
piccole imprese fanno eccellenze di nicchia, costellazione di piccole imprese altamente specializzate. Molte
case di animazione o effetti speciali sono piccole e medie imprese altamente specializzate.
Come si arriva alla grande impresa:
- Diversificazione conglomerata negli anni 60-70 si capisce che le industrie culturali hanno valore
perché contribuiscono alla crescita culturale e hanno un grande valore economico. Se ne accorgono
le imprese non culturali e iniziano a occuparsi delle imprese culturali secondo la diversificazione del
rischio. Le imprese non culturali hanno capitali da investire nella diversificazione del rischio decidono
di investire in imprese culturali.

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- Diversificazione correlata anni 80 volontà di creare sinergie tra business apparentemente diversi
ma molto connessi tra loro. Le imprese di elettronica di consumo vanno ad acquisire le industrie
culturali. Giravano miliardi di dollari tra imprese culturali e non e tra imprese dell’elettronica e
imprese culturali. La logica è combinare l’hardware e il software.
- Diversificazione correlata anni 90 abbiamo diverse tipologie di industrie: 1) conglomerate
mediali settore della comunicazione, News Corporation di Murdoch; 2) conglomerate
dell’entertainment (Disney); 3) conglomerate attive nell’informatica e nelle comunicazioni che
mirano a sfruttare la convergenza dei mercati (Commisso con Mediacom).
In questa ondata arrivano anche le integrazioni verticali, molte delle acquisizioni vengono fatte per
controllare la distribuzione.
Settore televisivo negli Usa dagli anni 60 tv e radio acquistano i loro prodotti da produttori indipendenti,
dagli anni 90 i network acquisiscono le imprese di produzione. In Europa sin dal principio la produzione era
integrata dalle imprese tv e radio, succede l’esatto opposto, solo dopo c’è un processo di disintegrazione.
L’effetto è un elevato livello di concentrazione dei mercati culturali, le conglomerate che nascono sono
poche, il mercato della cultura americano è in mano a poche imprese di grandi dimensioni. La lobby è diversa
dalla conglomerata (impresa con casa madre da cui dipendono altre, soggetto giuridico a cui puoi ricondurre
una proprietà); la lobby è un gruppo di pressione non formalizzato in un’impresa, soggetti che agiscono
principalmente sullo stato per avere condizioni favorevoli per la propria industria; l’obiettivo è creare
condizioni favorevoli per un’industria in un contesto geografico e politico. Le imprese hanno fatto lobby
affinché fosse fatto un decreto che defiscalizzava le azioni di fusione e acquisizione, lobby è fare pressione
sull’autorità politica per creare leggi a favore dell’impresa.

Nel frattempo che le grandi imprese si fondono, le piccole imprese rimangono. Le piccole imprese
indipendenti come sopravvivono? Le piccole imprese devono differenziarsi e creare delle nicchie, prodotti
specifici. Oppure la piccola impresa vive per effetto di nuove tecnologie nei media, spesso sono le start up
innovative a presidiare le nuove tecnologie. Per l’innovazione c’è bisogno della piccola impresa, per gestire
aspetti legati alle nuove tecnologie. La piccola impresa si sviluppa anche a seguito dell’ascesa della filosofia
imprenditoriale ossia sviluppo dell’imprenditorialità. Le piccole imprese sopravvivono anche con ampia
disponibilità di capitale di rischio. Infine per la disintegrazione delle imprese dominanti precedentemente
integrati.
Per le piccole imprese c’è il detto piccolo è bello. Le piccole imprese promuovono l’innovazione e si pensa
che le piccole imprese abbiamo più qualità rispetto alle produzioni di massa.
Nel settore musicale e discografico la presenza di piccole imprese è fondamentale. L’etichetta indipendente
difficilmente sopravvive da sola ma la grande industria ha bisogno dell’etichetta indipendente. Le etichette
indipendenti hanno il vantaggio dello scouting, ricercano gli artisti anche al di fuori dei canali mainstream. Al
contrario le grandi industrie hanno un vantaggio da questi artisti trovati dalle piccole etichette.
Vantaggi dall’interdipendenza tra imprese:
- Trasferimento del rischio e della gestione della creatività per le major. Tutto il resto viene lasciato
alle etichette indipendenti.
- Maggiore autonomia dei creatori dei testi per l’etichetta indipendente
Svantaggi eccesso di interdipendenza e fine del ruolo alternativo delle indipendenti (le piccole imprese
perdono l’indipendenza).

05/11/2019
News Alitalia, ogni giorno perde 715.000 euro. News Ilva di Taranto.

22/10/2019
English lesson

37
Director of Master of international management of the university of … innovation and technology and how
innovation can change the way business work. He was born in Boston. University in Washington DC. Job in
the government as an internship. Company that imports food in USA from latin america.
Esc amiens in France.

Disruptive innovation
We see things the way they were and not how they could become.

Sustaining innovations:
 Gradual improvements
 Have a high porbability of beating entrant that could be competitive

They failed because they listened to their costumers. Western union was in the telegraph business, they
thought the telephone wasn’t valuable.
Telephone was disruptive, they made money with the telegraph so they didn’t want to change.
Those who fail are the ones that refuse to change their business. They keep selling what they were selling
before refusing technology innovation.
Industry life cycle model.

19/11/2019
La definizione di cultural and creative industries, pubblicata nel 2001 opera del governo inglese, negli anni
990 ci si accorge del valore economico dell’industria culturale e creativa. Bisognava cercare di conoscere il
settore e definirlo per finanziarlo. C’è un’industria emergente che deriva dal talento individuale di
imprenditori, l’industria crea benessere e posti di lavoro tramite lo sfruttamento della proprietà intellettuale.
Il valore vero è l’opera intellettuale ossia chi ha realizzato quella opera. Se l’origine è politica vuol dire che i
politici volevano investire nell’industria culturale e creativa. Carattere contingente: la task force si è riunita
perché in quegli anni l’industria culturale stava emergendo, in Europa c’era un processo di
deindustrializzazione (si spostava verso il terzo mondo), il processo di creazione avviene perché c’è una crisi
in corso dell’economia e si cercano strade per trasformare il mondo dell’industria in un mondo fatto di servizi.
Dall’analogico si passa al digitale, cambiamenti nelle politiche pubbliche (vedere i settori in crescita e spostare
gli investimenti in nuovi settori), esigenza forte che spinge a fare della cultura un sistema. Carattere
sperimentale: non fu frutto di ricerca ma dei politici ed esperti la coniarono, fu un tentativo. Carattere
eterogeneo: è una delle più ampie definizioni possibili, non si avevano gli strumenti per catalogare quindi si
adotta questa definizione molto ampia, è una dichiarazione di intenti, capacità degli individui di essere
creativi. Carattere funzionale: lo scopo era promuovere l’economia dell’arte e della cultura, l’approccio
tradizionale era che il governo finanziava l’industria culturale per interessi sociali ma si passa a finanziare la
cultura per avere un rendimento economico, la cultura si mantiene da sola e produce valore economico a
tutti gli effetti. Carattere focalizzato sull’individuo: in un mondo in cui la struttura dell’economia viene
smantellata perché si sta trasferendo in un altro paese, si punto all’alternativa della struttura ossia
l’individuo, non c’è più capitale industriale ma c’è l’individuo. Si punta sulle capacità e risorse individuali della
persona. Nella crisi si investe nelle proprie capacità ossia creatività e talento.
Classificazione modello KEA European affairs 2006:
- Imprese culturali imprese che hanno nella cultura l’attività principali. Industrie culturali,
patrimonio storico artistico, arti performative e visive. La cultura non è separata dalla creatività.
- Imprese creative donano creatività ad altri settori. Design, architettura e comunicazione.
Veicolano contenuti creativi in altre imprese
- Imprese creative driven altre industrie cercano il modo di svilupparsi ulteriormente, ci sono
industrie come moda, turismo e agroalimentare che utilizzano competenze culturali e creative.
Fondazione symbola. Del pil italiano nelle imprese creative di investe il 6,1%. Il valore prodotto nel resto
dell’economia è del 10,8%, indotto ampio, per ogni euro speso nella cultura se ne generano 1,8 altrove.

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I processi di produzione e consumo dei prodotti culturali generano un elevato valore simbolico che può
essere scomposto in diversi componenti. Il prodotto culturale ha un valore che si vede dal lato della
produzione e dal lato del consumo. Lo spettatore crea il valore del prodotto culturale. Il valore è co-creato,
valore sociale, culturale e esperienziale.

Esempi: ratatà e rocking 1000.


C’è un’idea, doppio lavoro, successo che impone una trasformazione, produzione di valore culturale e sociale
che si trasforma in valore economico.

25/11/2019
Claudio Bertini di Prg.
La cosa importane è l’incasso.
Prima il mercato dei concerti non esisteva.

ESAME
Per chi non accetta il voto si parte con una funzione del proprietario.
Per chi accetta il voto si comincia dall’imprenditore funzione strategica, funzione politica e organizzativa
(4 modelli organizzativi). Dopo domanda sugli equilibri e sistema operativo: quali sono le tre fonti di ricavo
delle imprese culturali non profit (attività primaria, complementare e accessoria; attività di fundraising come
sponsorizzazioni e donazioni; finanziamenti pubblici). Classificazione delle risorse e gli equilibri (saper
distinguere da strutturale e corrente). Quali sono le condizioni di esistenza dell’impresa. Avanzano altre
domande sull’imprese culturali non profit e poi sulle industrie culturali. Legge di Baumol e Bowen, spiegare i
passaggi della legge dalle premesse alla conclusione; si può chiedere natura meritoria. Modello di valutazione
dell’impatto economico delle imprese culturale.
Per le industrie culturali vederle da un punto di vista di evoluzione storica oppure i concetti di
industrializzazione e mercificazione. Sicuramente il concetto di diversificazione, sapere l’escursus storico del
mercato statunitense e le logiche sottostanti. Caratteri tipici delle industrie come la rischiosità, bene
semipubblico, necessità di creare scarsità.

Grandezze aziendali
Parte definitoria. Bisogna prenderli come concetti. Cosa è nel conto economico e cosa nello stato
patrimoniale.

Sistema operativo
Processi. Costi fissi e variabili. Cicli della gestione operativa. Sia i modelli organizzativi e le matrici dobbiamo
saperle rappresentare, strategie corporate e business hanno delle matrici che dobbiamo sapere come si
costruiscono.

Equilibrio finanziario strutturale: omogeneità tra risorse utilizzate e impieghi per i quali sono utilizzate. Gli
investimenti duraturi dell’impresa sono finanziati attraverso di natura strutturale.
Equilibrio finanziario: garantire in ogni momento uscire finanziarie senza compromettere struttura.
Equilibrio finanziario corrente: far fronte in ogni momento a relazioni di scambio monetario, far fronte a
uscite monetarie con entrate monetarie. Far fronte a un’uscita monetaria con lo stock di liquidità. Crea dei
gap temporali che devono essere gestiti dal finanziario strutturale, quindi la dinamica dipende dal gestire
questi equilibri.

Processo produttivo, posso utilizzarlo per fare lo stesso prodotto oppure per fare prodotti diversi. Facendo
prodotti diversi però hai meno economie di scala.

Catena del valore di Porter

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Modello che troviamo nella funzione strategica quando nel processo di definizione di strategia portiamo
avanti l’analisi di potenziale. È una catena che ci dice che ogni impresa si basa su attività primarie e attività
di supporto, modello di rappresentazione di ogni impresa. Come si struttura la tua catena del valore.

Swot analisi di sintesi tra esterna e interna. Quadro di cosa proviene dall’ambiente e com’è l’impresa, la
swot dà una lettura incrociata.

Clienti e fornitori leva negoziale diversa e può costituire una minaccia, può integrarsi verticalmente.

Pluripersonale indifferenziata (tutte le attività svolte collegialmente), differenziata (funzioni delegate alle
singole persone sulla base di criteri di specializzazione).

Policentrica impresa che fa parte di un gruppo di imprese, magari c’è una holding. Quando sei parte di un
gruppo di imprese le decisioni del team imprenditoriali non sono indipendenti ma dipendono da una strategia
di holding.

Strategie competitive- business obiettivi strategici, vogliamo rivolgerci all’intero settore o solo a una
nicchia. Leadership di costo basso costo su un intero settore. Focalizzazione solo per un determinato
settore lavoro per costo o differenziazione (su segmenti diversi agisco su strategie competitive diverse).
Esempio FCA che può fare sia leadership di costo che differenziazione come la Ferrari.
Fonti del vantaggio su cosa baso il vantaggio

Pensare a degli esempi!!!

costo opportunità scelta migliore tra le alternative possibili.

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