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Curare con la Natura.

Le attività di Green Care e le nuove frontiere dei servizi alla persona.

Sta accadendo qualcosa di nuovo, di sconvolgente


Gli uomini hanno perduto il legame che li univa al mondo della Natura e perciò
all’idea dell’Infinito.
Hanno dimenticato che l’umanità progredisce, non in virtù dell’appagamento dei
bisogni materiali, ma soltanto in virtù
delle forze spirituali.
Con questo è venuta meno la capacità di dare un senso alla vita e di riconoscere
tutti insieme, la coscienza che è in noi: di ciò che è bene e ciò che è male di ciò
che è importante e di ciò che non lo è.

(Vittorie De Seta, “In Calabria”)

L’uomo e la natura.

La nostra società ha subito un cambiamento estremamente veloce, in soli


100 anni, da un ambiente rurale e un cultura contadina che viveva a stretto
contatto con gli elementi naturali, ad una società urbanizzata con flussi
sempre maggiori di persone che vanno a vivere nelle città, dove perdono
contatto e comprensione con la natura.

Una relazione dell’O.N.U. del 2014 (World Urbanization) rileva come il


54% della popolazione mondiale vive oramai nelle città, mentre la
popolazione urbana mondiale è in rapido aumento e si è passati da 746
milioni del 1950 a 3,9 miliardi del 2014.

L’uomo è oggi causa del suo malessere perché si è fatto un’errata mentalità
che ignora e si contrappone all’ambiente, mentalità secondo la quale il
razionalismo, lo scientismo, il progresso tecnologico, sono i massimi valori
della vita, ma che lo hanno fatto uscire dalla natura per perdersi in un
ambiente che non è il suo, la città.

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Da ogni parte del mondo si levano appelli per la salvaguardia degli ambienti
naturali e dei suoi abitanti, contro l’inquinamento e il degrado ambientale
che l’uomo, dalla rivoluzione industriale in poi, ha provocato senza
controllo, con il rischio d’auto-estinzione se non ci sarà nei prossimi 30 –
40 anni una drastica inversione di rotta.

La relazione tra gli esseri umani con gli elementi naturali dei regni di natura,
è stato da sempre l’oggetto principale della coscienza dell’uomo che, fin
dagli albori dei tempi, si è dovuto rapportare con loro, condizionandone la
sua vita, sia da un punto di vista fisico che da un punto di vista psicologico.

Nella preistoria l’uomo ha dovuto cacciare e difendersi dagli animali,


utilizzare le piante per nutrirsi e costruire, ripararsi dagli avvenimenti
atmosferici avversi, con una visione e una relazione con la natura panteistica
e animista che lo ha condizionato psicologicamente, sia a livello conscio che
inconscio, influenzando e attraversando la cultura e il senso religioso
dell’uomo durante le ere del Paleolitico, del Mesolitico e del Neolitico.

Da quando l’uomo ha cominciato a ricercare in maniera, sistematica, la


Filosofia della Natura ha studiato il rapporto uomo – natura, sia da un punto
di sia fisico con un approccio empirico – scientifico, sia da un punto di vista
metafisico attraverso i principi esoterici e religiosi ereditati dai tempi
antichi.

Questa visione, secondo cui la natura era composta da atomi sottoposti a


principi fissi e determinati, era opposta a quella platonica e neoplatonica
che vedeva la natura come un organismo vivente in cui gli individui non
sono parti separate, ma sperimentano il reale partendo da un principio
unitario che si sviluppa nel molteplice pur restando Uno.

Platone contrastava infatti Democrito sostenendo, nei testi del Timeo e del
Crizia (350 a.C.), l'esistenza di un'Anima del mondo, principio di Vita
dell’intero universo, dell’uomo e della natura, opponendosi alla visione
meccanicistica di Democrito, che escludeva l'esistenza di principi primi, ma
non sapeva spiegare perché la materia si aggreghi strutturandosi secondo
principi e leggi immutabili che esprimono l’intelligenza complessa
dell’Architetto Universale.

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Plotinio (203 205 A.C. – 270 d.c.) rinnova la visione neoplatonica, la quale,
fondendosi in seguito col Cristianesimo, durerà fino al Rinascimento
passando per il Medioevo periodo nel quale la Natura è studiata secondo
una visione metafisica, luogo di presenze oscure e simboliche che la Chiesa
integrerà nella propria liturgia e dogmi.

Nel 17° secolo, la scienza ha studiato ed indagato maggiormente gli aspetti


psicologici della cultura arcaica, speculando su dati empirici ottenuti dalla
fede e dalla pratica religiosa e indagando il modello primitivo di coscienza
umana che da esse si formava.

È in questo periodo che i giardini francesi e italiani iniziano a comparire la


piena consapevolezza di chi li costruiva e di chi ne godeva, che essi erano (e
sono) luoghi dove ristorare anima e corpo, eliminare lo stress quotidiano,
riconciliarsi con se stessi. Fontane, piante, colori, odori, labirinti e ninfei,
non erano mai progettati a caso, ma seguivano una perfetta geometria che
aveva l’obiettivo di recare beneficio a chi li visitava.

Si sono create scuole di pensiero di segno opposto, tra chi aveva una visione
psicologica e irrazionale (Tylor, Trattato sistematico nella disciplina
dell’antropologia della cultura primitiva,1871) e che affermava l’idea che i
popoli primitivi avevano una logica sbagliata che conduceva l’uomo alla
convinzione in una forza vitale (anima) capace di vita indipendente, in una
dimensione ultraterrena della realtà, tanto reale quanto il mondo fisico.

Altri studiosi invece, affermavano una visione opposta, intellettualistica e


razionale, come R.H. Condrington (The Melanesiani, 1891) che descriveva
il concetto di Mana (anima) dell’uomo primitivo, come un’esperienza di un
potere soprannaturale che esprimeva la propria esperienza integrando la
potenza dinamica della natura con quella dell’uomo.

Schelling (Idee per una filosofia della natura, 1797), sosteneva che la natura
è la preistoria della coscienza, èntelligenza pietrificata, Spirito visibile,
come lo Spirito è Natura invisibile.

Per Schelling, nella Natura agisce quella stessa attività intelligente che opera
nel pensiero, con le stesse leggi e con lo stesso procedimento dialettico:
inconsciamente nella natura, consciamente nel pensiero.

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L'azione dell'intelligenza nella natura si manifesta come interazione di
materia e forma, come spontaneo organizzarsi della materia in forme
viventi, come vitalità del tutto e delle singole parti, potenziatesi in gradi
sempre più elevati, in virtù di un'antitesi tra forza positiva e forza negativa,
ossia una polarità , analoga a quella dell'energia elettrica, che è legge
immanente di tutta la natura.

Nella millenaria filosofia buddista la visione del rapporto tra uomo e natura,
spiega la qualità simbiotica della vita. Per Ikeda (1988), questa simbiosi si
può spiegare in sintesi con le parole del Faust di Goethe il quale afferma
“come nel tutto si armonizza ogni cosa, ognuna operando e vivendo
nell’altra”; per il buddismo nulla e nessuno esiste isolatamente, ogni entità
individuale crea il proprio ambiente, che influenza tutte le altre esistenti,
interconnettendosi e sostenendosi a vicenda e che vanno a formare un
cosmo vivente che la moderna filosofia definirebbe il “tutto semantico”.

La filosofia buddista, secondo il principio chiamato della “non dualità della


vita e del suo ambiente”, afferma che l’ambiente e gli esseri viventi sono
apparentemente due fenomeni separati, ma di fatto entrambi,
essenzialmente, incarnano la realtà fondamentale della vita

Le scienze orientali, riservate fino alla fine del XIX° secolo, solo agli
studiosi Gesuiti che erano in missione in Cina o in India, diventano
conoscenza accessibile a tutti tra la fine dal800 e i primi del ‘900, con alcuni
letterati attratti dall’oriente (Hermann Hesse per esempio) ma soprattutto
con la scuola teosofica (Helena Petrovna Blavatsky) e quella antroposofica
(Rudolf Steiner) che portarono dall’oriente conoscenze iniziatiche antiche,
con forti analogie all’opera di Ermete Trismegisto (in Egitto era accostato
alla divinità Thot, così come nel mondo ellenico era considerato a volte una
divinità, a volte un uomo) ed ispirate ai libri sacri buddisti e induisti.

Per Rudolf Steiner (1924) è impossibile, come pretende la scienza, separare


le diverse parti da un tutto indivisibile:

“Vera scienza ci sarà solo quando si controlleranno le forze


che operano. Non si potranno mai capire le piante, gli animali
o i parassiti presi ognuno per sé. Quello che vi dicevo nella
prima lezione sull'ago magnetico era molto importante. Chi
pensa all'ago isolato dal resto e nell'ago stesso cerca la

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ragione perché esso si svolge sempre al nord dirà sempre
stupidaggini.

Bisogna considerare tutto il pianeta Terra come un polo nord


magnetico e un polo sud analogo per avere una spiegazione.
Proprio come in quel modo dobbiamo osservare tutta la terra
per spiegare le caratteristiche dell'ago, proprio così dobbiamo
considerare tutto l'universo per spiegare il mondo vivente delle
piante. Non possiamo solo guardare le piante, gli animali e gli
uomini. La vita proviene da tutto l'universo, non solo da quella
che la terra ci offre.

La natura è tutt'uno e le forze fluiscono da tutte le parti. Solo


chi ha la mente esperta per l'operare di molteplici reciproche
forze può capire la natura. Cosa fa lo scienziato oggi? Prende
un preparato, lo scinde e lo studia. Lo tiene ben isolato
dall'ambiente esterno e lo scruta nel microscopio.

E' esattamente il contrario di quello che bisogna fare per


capire il macrocosmo. Non solo ci si isola in una stanza ma ci
si isola dallo splendore del mondo. Nient'altro esiste che
quello che si centra con la lente microscopica. Ma se noi
ritroveremo la strada verso il macrocosmo, capiremo di nuovo
la natura e altro ancora”.

Alla fine del XIX° secolo, nasce anche la moderna Psicologia Ambientale:
Willy Hellpach, con il suo libro Geopsyche, studia l’impatto del sole e della
luna sugli esseri umani, gli effetti psichici dei colori e delle forme. Per la
Psicologia Ambientale i concetti di identità spaziale (place identity),
attaccamento spaziale (place attachement), coscienza ambientale
(environmental consciousness) e ambiente comportamentale (behavior
settings), sono alla base per la ricerca di un equilibrio con l’ambiente.

Gregory Bateson che con il suo libro Mente e Natura (1979), afferma
l’esistenza di un unico sapere che caratterizza tanto l'evoluzione quanto gli
aggregati umani, integrando il mondo naturale esterno all'essere pensante e
riconoscendo la struttura e i modelli che connettono tutti gli esseri viventi e
le loro esperienze.

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Negli anni ’70 autori come Bateson e altri cominciano a criticare la visione
positivista in cui la razionalità, che era contrapposta all’istintività attribuita
agli animali quale culmine massimo della coscienza, assumeva il ruolo
principale nel rapporto con la natura.

Sono gli anni dl fiorire delle attività di Green Care, che con Boris Levinson,
psichiatra infantile ritenuto il padre della Pet Therapy, che nel 1961 nel libro
The Dog as Co-Therapist, racconta del primo episodio casuale in cui il suo
piccolo paziente entra in contatto col cane e, migliorandone il suo stato
mentale, continua a voler andare allo studio dello psichiatra per vedere il
suo nuovo amico. Nello stesso anno all’Università di Parigi viene
pressnetata la prima tesi di riabilitazione equestre.

Sempre negli anni ’70 negli Stati Uniti, nasce l’Horticultural Therapy (HT),
ed è costituito nel 1973 il Consiglio Nazionale per la terapia e per la
riabilitazione attraverso l’orticoltura, adottatando il suo nome attuale,
American Horticultural Therapy Association nel 1987.

In Italia nel 1976 il Dottor Cucchi, utilizza i cavalli come co – terapisti


presso l’Ospedale Niguarda di Milano, dove già dalla fine dell’800 esisteva
una maneggio.

Successivamente la Psicologia Ambientale, con la Teoria della Recupero


dell’Attenzione – ART (Attention Restoration Theory) la natura assume un
importante ruolo nel recupero del benessere psicologico minacciato da stress
urbani come traffico, rumore e affollamento. La richiesta di spazi verdi e di
contatto con la natura nasce quindi in contrasto all’avanzare minaccioso
della progettazione “compatta” che vede la massima giustapposizione
d’edifici e strade con gli spazi verdi (Boschini, 2012).

La teoria si basa proprio sull’assunto di Kaplan e Kaplan (1995), che se in


un ambiente urbano è richiesta un’attenzione specifica e focalizzata su un
compito che, quando prolungato, provoca affaticamento e decadimento delle
prestazioni; in un ambiente naturale l’attenzione è diffusa sullo spazio
circostante e non focalizzata, portando quindi ad un’esperienza di
rilassamento.

Negli anni ’90 nasce anche l’Ecopsicologia, la cui premessa principale è che
la mente umana è condizionata dalla vita sociale moderna che ha fatto uscire

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l’uomo dalla natura, teorizza l’ipotesi della biofilia che afferma che l’uomo
ha un istinto innato a connettersi emotivamente con la Natura, in particolare
con quegli aspetti che gli psicologi evoluzionisti hanno definito l’ambiente
dell’adattamento evolutivo in altre parole l’ambiente naturale di cui l’uomo
necessità per il suo sviluppo e la sua evoluzione.

Per l’Ecopsicologia l’antidoto ai problemi ambientali e esistenziali è lo


stesso: è una connessione con una visione più ampia della realtà. Questa
scienza integra gli approcci della psicologia umanistica, della psicologia
transpersonale e dell’ecologia.

Promuove un percorso di crescita personale che permette di riconsiderare la


propria identità in termini più vasti a partire dagli aspetti più profondi del
nostro vero Sé e con il mondo naturale, proponendo strategie concrete per
migliorare il rapporto uomo – natura, applicabili in ambito terapeutico,
educativo, formativo, ambientalista, architettonico e comunitario.

Le attività di Green Care oggi.

Da migliaia di anni l’uomo utilizza animali e piante per sviluppare metodi


educativi e terapeutici.

Nel 3000 a.C. i maestri Ittiti usavano la disciplina equestre in pedagogia,


mentre la scienza araba descriveva, in alcuni testi di medicina, i benefici
legati all'attività equestre. Nel 458-370 a.C. Ippocrate di Coo, nel “Libro
delle diete”, consigliava il cavallo come rimedio per l'insonnia mentre
successivamente, nel 124-40 a.C., Ascepiade di Prussia scriveva il libro "Il
moto a cavallo" per la cura dell'epilessia e della paralisi.

Il primo riscontro dell’uso dell’orticultura a fini terapeutici risale all’Antico


Egitto, dove erano prescritte passeggiate nei giardini del Faraone alle
persone con disturbi mentali per i loro effetti tranquillizzanti sui malati
(Lewis, 1976).

Nel 2000 a.C. nelle valli del Tigri e dell’Eufrate furono creati i primi
giardini sensoriali. Nei secoli successivi non si abbandonarono queste

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pratiche e i giardini dei monasteri avevano sempre un hortus che era
utilizzato anche per far passeggiare gli ammalati.

Dagli anni ’90 in poi che in tutto il mondo si comincia a voler dare
fondamento scientifico, e a influenzare quindi le politiche di salute pubblica,
attraverso la ricerca che ha proposto un modello applicabile alle attività di
Green Care e che ha indagato alla ricerca di un paradigma scientifico
(Sempik e altri, 2010) per:

i. definire il paradigma generale, i diversi approcci e le attività


specifiche, definendo così quelle attività che non rientrano nella
definizione di Green Care;
ii. descrivere i benefici legati sia a particolari approcci, i gruppi target, i
processi e meccanismi di cura e riabilitazione;
iii. esplorare i meccanismi dei processi e degli approcci, che recano
beneficio e il legame con altre teorie e modelli come, per esempio, la
Psicologia Ambientale e l’Ecopsicologia;
iv. connettere le “terapie verdi” con gli altri approcci o interventi come
l'agricoltura e l'orticoltura sociale e terapeutici, studiando gli
interventi su persone con problemi di salute mentale;
v. sintetizzare in maniera strutturata le attività, processi e interazioni
che creano benessere, cura o riabilitazione.

Oggi per Green Care intendiamo tutte le attività terapeutiche, riabilitative, di


integrazione socio – lavorativa o qualsiasi altro intervento sociale,
specificatamente progettato, strutturato e monitorato, per persone con
bisogni particolari (Bragg. 2005), quindi non un incontro casuale con la
natura; sesso mi sono imbattuto in persone che possedendo un cavallo, lo
utilizzavano anche per farci salire delle persone con disabilità ed
affermavano quindi di fare ippoterapia, pur non avendone né il titolo né la
conoscenza.

I servizi di Green Care oggi.

Le attività di Green Care, in Italia ma anche negli altri paesi, differiscono tra
loro per struttura e approccio e a livello internazionale sono classificate con
delle definizioni quali:

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 Attività Assistite da Animali (AAA), che hanno lo scopo di migliorare
la qualità della vita e lo stato generale di benessere dell’uomo
attraverso interventi ricreativi destinati a persone che vivono
difficoltà emotive o fisiche, oppure che si trovano in condizioni di
disagio (ricovero ospedaliero, permanenza in una casa di riposo,
detenzione, ecc.).
 Educazione Assistita da Animali (EAA), sono tutte quelle attività
educative e didattiche che prevedono il contatto e la cura
dell’animale e che differiscono dalle AAA e TAA per gli obiettivi, la
metodologia e la valutazione dei risultati eventualmente riscontrabili
e che possono essere adottate tanto per le persone disabili quanto per
le persone non disabili;
 Terapia Assistita da Animali (TAA), anche detta Pet – Therapy, che
sono tutti quegli interventi diversi da AAA e da EAA per gli
obiettivi, la metodologia e la valutazione dei risultati eventualmente
riscontrabili, sono focalizzati sulla disabilità e sullo sviluppo delle
potenzialità fisiche, psichiche e sociali, e sono svolte da un’equipe
multidisciplinare (psichiatri, psicoterapeuti, operatori specializzati,
educatori, veterinari, psicomotricisti, assistenti sociali); purtroppo
sono ancora considerate co – terapie che si affiancano alle
tradizionali e accreditate terapie riabilitative e non godono di un
rinascimento quale dovrebbero avere, visto che gli studi e il
monitoraggio dei benefici, dicono, al contrario, che sono vere e
proprie terapie che riabilitano a livello fisico, psichico, relazionale,
emotivo, sensoriale.
 Terapia Orticolturale (TO) che utilizza la coltivazione dell’orto
applicandone tecniche di cura e riabilitazione di disturbi psico –
fisici tra i più diversi. È ancora poco diffusa in Italia rispetto a
progetti di reinserimento socio – lavorativi di cui beneficiano diverse
categorie di persone con bisogni particolari (disabili, malati
psichiatrici, detenuti ed ex-detenuti, tossicodipendenti);
 Giardinaggio Terapeutico (GT) che è utilizzato con successo su
determinate patologie (schizofrenia, depressione maggiore,
Ahlzeimer, demenza, riabilitazione motoria) e che sfrutta, da un
punto di vista psicologico, il rapporto “silenzioso”, non centrato
sulle emozioni, ma sul senso di rilassatezza e una serie di azioni
psicomotorie che aiutano la riabilitazione del soggetto;

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 Agricoltura Sociale (AS) con attività svolte nelle aziende agricole
dove i fruitori possono trovare sia servizi di cura e riabilitazione sia
di inserimento socio – lavorativo. L’AS è stata in grado, in Italia, di
costituire non solo dei servizi alla persona accreditati, ma anche reti
ed economie civili (o Reti d’Economia Solidale), che sono in grado
di avere una ricaduta sociale importante;
 Ecoterapia, sviluppatasi maggiormente nei paesi anglosassoni
(Ecotherapy), richiede di interagire con l’ambiente naturale,
trascorrendo del tempo in un bosco, accanto a un ruscello, un fiume
o una fonte d'acqua, fare del giardinaggio, interagire con animali
domestici;
 Terapia della Natura Selvaggia (Wilderness Therapy) che propone
attività avventurose come le spedizioni in ambienti naturali selvaggi
(montagnaterapia, terapia del deserto) per mettere in condizioni di
sopravvivenza al limite, con l’obiettivo di aumentare l'autonomia e
l’autostima dei beneficiari. E’ spesso utilizzata per persone che
partecipano ai team building, vale a dire al rafforzamento e
potenziamento del gruppo di lavoro, allo scopo di trarne maggior
efficienza ed efficacia;
 Green Exercises e Green Care Activities cioè l’esercizio fisico in
ambienti naturali sia in maniera spontanea, che strutturata, attraverso
percorsi nei parchi avventura e nei parchi naturali con associazioni
che organizzano tali attività.

Riabilitazione e rieducazione con gli animali.

Diversi studiosi (Bateson e Levinson per esempio) hanno formulato delle


teorie per spiegare l’evoluzione ed il significato del rapporto uomo –
animale e tra loro picca il lavoro di Cusack (1988), che propone una

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prospettiva di analisi naturalistico – psicoanalitica nel suo libro “Pets and
mental health”, secondo la quale l’uomo stabilisce relazioni profonde ed
affettive molto facilmente e spontaneamente con un animale, poiché questo
ultimo possiede la capacità di soddisfare bisogni umani profondi ed
inconsci, fungendo da ponte tra coscio ed inconscio su ciò che viene di
solito celato attraverso determinati meccanismi di difesa quali la proiezione,
l’identificazione, la sublimazione e lo spostamento:

 meccanismo di proiezione, poiché l’uomo può attribuire all’animale


pensieri, intenzioni, atteggiamenti e bisogni propri ed inaccettabili,
la proiezione permettere alla persona di far fronte ad emozioni;
 meccanismo di identificazione, attraverso cui l’uomo può
riconoscersi in aspetti dell’animale che può diventare l’espressione
dei suoi desideri ed aspettative, come manifestazioni delle parti
migliori di sé;

 meccanismo di spostamento, quando l’animale può fungere da


sostituto di una relazione affettiva che non c’è più oppure non c’è
mai stata;
 meccanismo della sublimazione, attraverso cui vi è l’incanalamento
di sentimenti ed impulsi potenzialmente dannosi per se per gli altri.
È il caso per esempio di chi trasferisce sull’animale propri impulsi
aggressivi e di controllo sottoponendolo ad un severo e minuzioso
addestramento o iscrivendolo a delle mostre di bellezza;

Partendo invece dalle teorie dell’apprendimento, Pavlov, Skinner e Bandura


(1982), hanno formulato una prospettiva secondo cui l’uomo percepisce
l’animale in termini fondamentalmente emotivi attraverso un processo di
apprendimento sociale, che riflette il contesto in cui esso si sviluppa. Questo
spiegherebbe il fatto che le interazioni positive con gli animali non sono
innate e che non tutte le persone sono attirate positivamente dagli animali;

Secondo questa teoria, già a partire dall’infanzia i bambini possono essere


influenzati dai genitori sul tipo di investimento emotivo rivolto a
determinati animali. Nel corso della sua crescita, il bambino incontrerebbe
nel suo ambiente di vita, fatto di giochi, fantasie e favole, una lunga serie di
animali, associati all’atteggiamento positivo o negativo dei loro genitori. Un
altro meccanismo che è messo in atto nel processo di apprendimento, è
quello del modeling secondo il quale osservando il modo in cui i membri

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adulti della famiglia approcciano gli animali, il bambino modella i propri
comportamenti nella medesima direzione.

Le due teorie psicologiche che danno un’ulteriore spiegazione del ruolo di


“pet relationship” nella vita dell’uomo sono: la “Teoria dell’Attaccamento”
di Bowlby e la “Teoria dell’oggetto transizionale” di Winnicot.

Nella Terapia Assistita dall’Animale, il legame che si viene a creare tra


l’animale e la persona, può costituire una fonte che supplisce ad un carente
attaccamento con i propri simili ed è un fattore stimolante per lo sviluppo di
legami d’attaccamento basati sulla fiducia, che potranno in seguito essere
trasferiti ad altri individui.

Dato per assodato quindi che la specie umana presenta, tra le sue
caratteristiche geneticamente determinate, l’assoluta necessità di instaurare
un legame di attaccamento per sviluppare e crescere in maniera equilibrata,
nel momento in cui si crea una relazione duratura e profonda con l’animale
si attiva questo comportamento altrettanto appagante.

L’opera di Winnicott (1951, 1968) si caratterizza invece per il costante


riferimento ai reciproci interscambi tra il mondo interno e l’ambiente
esterno a cui è assegnato un ruolo fondamentale.

Il contatto fisico con l’animale, il calore che dà e la sua morbidezza


potrebbero essere paragonabili alle caratteristiche dell’oggetto transizionale
di Winnicott e come tali in grado di infondere sicurezza e conforto emotivo.

Queste caratteristiche possono facilitare quindi l’assunzione a nuovo


oggetto transizionale con cui ri-sperimentare i processi di separazione ed
individuazione, re-interpretando gli stili di attaccamento.

Facendo da ponte tra realtà interna ed esterna e focalizzando l’attenzione


all’esterno per ascoltare le esigenze e richieste dell’animale, il paziente può
avere una distrazione dai propri pensieri ed una diminuzione del proprio
egocentrismo, sviluppare una comunicazione emozionale non verbale in un
clima sereno e di gioco dove non esistono né ambulatori né camici bianchi.

Il “gioco” con l’animale dalla possibilità di esprimere e rappresentare i


propri vissuti attraverso l’azione, è un’espressione di gioia libera da

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tensioni, interessa emozioni profonde relative al loro rapporto soggettivo
con l’esterno.

Il setting dove si possono introdurre gli animali come co – terapeuti, sono


tra i più diversi, ma quello che più conta sono la propensione e la
preparazione dell’animale.

Nella scelta dell’animale da utilizzare, esistono specie e razze che gli


operatori preferiscono (per esempio il cavallo Avelignese, o il Labrador per i
cani) ma per la mia esperienza ritengo che non esiste l'animale perfetto.
Esiste l'animale con la sua dimensione emotiva e psicologica a disposizione
di chi la sa cogliere, utilizzare e restituire.

I problemi di bioetica sollevati dal Comitato Nazionale di Bioetica nel 2005


con il documento “Problemi bioetica relativi all’impiego di animali a fini
terapeutici e di assistenza”, non sono secondari, in quanto per le attività
terapeutiche si devono utilizzare animali non stressati (per esempio un
cavallo che vive in un box di 9 mq. tutto il giorno), con comportamenti
sociali adatti e che viva l’esperienza del co – terapeuta docilmente.

Alcuni animali poco tollerano i bambini iperattivi e autistici e rischiano, non


solo di non esser d’aiuto, ma di mettere in difficoltà l’operatore e dare un
cattivo inprinting nel rapporto dell’utente con gli animali. È compito
dell’equipe educare correttamente gli animali scelti per gli interventi,
mettendo in condizione l’animale di non stressarsi in situazioni non comuni
per l’animale (prendersi calci o schiaffi), così come è compito
dell’operatore, terminare anzitempo una sessione, quando l’animale non è
più disponibile a lavorare.

Cavallo. Il cavallo racchiude in sé un intervento fisico, psicologico e


psicomotorio. A cavallo l’individuo è coinvolto in tutto il suo essere in un
unum unico in natura (il cavallo e il cavaliere diventano un’entità unica). La
ritmicità delle sue andature comporta movimenti costanti ed un allenamento
della coordinazione globale (spazio – temporale, oculo – manuale,
lateralizzazione). Le dimensioni del cavallo possono suscitare timore ma nel
contempo affascinano. La persona può provare emozioni di paura, serenità o
di grande forza. Tali sentimenti devono essere gestiti, incanalati e restituiti
sotto diverse forme secondo il percorso che la persona ha intrapreso. Il
cavallo inoltre è un archetipo che influenza il nostro inconscio e la

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rappresentazione del centauro della cultura ellenica simboleggia la parte
superiore (mente, razionalità) che è più elevata della parte inferiore, la parte
animale che è in ognuno di noi (istinto);

Asino. L'asino, anche se “parente” del cavallo, porta ad interventi diversi,


più emotivi, relazionali, legati alla mediazione, L’asino accoglie con tutto il
suo corpo è curioso, non permette alla persona che entra in relazione con lui
di isolarsi. Le caratteristiche di calore, morbidezza, odore, movimenti
regolari, grandi occhi con sguardo intenso, stimolano il processo di
attaccamento, fondamentale per l'essere umano.

Cane. Il cane convive e serve l’uomo da millenni e perciò ben si relaziona


con gli esseri umani. Porta in sé molte delle caratteristiche sopraccitate e ha
il vantaggio di poter essere trasportato con facilità, permette alla persona di
porsi in situazione di accudimento (maternage), non solo in senso figurativo
ma reale: il cane può essere preso in braccio, può salire sul letto di un
malato, può camminare a fianco di una carrozzina (Caprioli, 2014).

Animali da cortile (polli, maiali, conigli, ecc.). Si trovano spesso nelle


fattorie sociale e sono animali in grado di far sviluppare servizi di
reinserimento socio – lavorativo attraverso attività di accudimento
giornaliero, utili nei progetti di ergoterapia, di terapia occupazionale e di
reinserimento socio – lavorativo.

Nei prossimi capitoli si affronteranno analiticamente diversi approcci


metodologici della relazione terapeutica e educativa che si può instaurare tra
uomo ed animale; questa relazione è ovviamente più distinta e
psicologicamente coinvolgente di quella che si può ottenere con una pianta,
in quanto gli animali sono esseri senzienti con emozioni ed una propria
intelligenza istintiva (propria della specie), con una capacità maggiore di
relazione e reciprocità che le piante non hanno.

Riabilitazione e rieducazione con le piante.

Il setting dove si attivano servizi di riabilitazione e cura con le piante sono


perlopiù le fattorie sociali, i giardini di strutture terapeutiche già esistenti e

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magari abbandonati a sé, i giardini ed i parchi pubblici trasformati in orti o
giardini sociali, le scuole, i giardini privati dei singoli pazienti e i maneggi.

Le fattorie sociali sono il luogo dove è possibile svolgere molte delle attività
con animali e piante (TAA, EAA, AAA, TO, GT, fattorie didattiche). Questo
fenomeno nato alla fine degli anni ’90, con le direttive europee in ambito
agricolo che introducevano il principio di multifunzionalità delle aziende
agricole, in Italia si è sviluppata grazie anche alla sua cultura profondamente
radicata nel mondo contadino.

I primi preti di strada degli anni ’60 (Don Picchi, Don Gelmini p.es.),
aprivano le prime comunità terapeutiche mai viste (verranno poi dal tutto il
mondo per studiare il nostro modello) con programmi che si basavano molto
spesso sull’ergoterapia nell’orto e nel giardino; questo offriva non solo il
sostentamento per gli ospiti (non esisteva il sistema sanitario nazionale ma
le mutue private), ma anche n modello di intervento per le
tossicodipendenze che fino allora era costituito dall’elettroshock, che ancora
oggi qualcuno, ostinatamente, usa in strutture pubbliche e private in Italia e
nel mondo.

La relazione con un essere, non senziente come un vegetale, è da molti


ritenuta una relazione con un oggetto inanimato, incapace di entrare in
relazione con l’essere umano. Lo stile di vita attuale, basato su un pensiero
razionalista e tecnologico, ci ha fatto dimenticare l’antica saggezza, raccolta
per secoli dai monaci buddisti e cristiani e dalle religioni e culture
panteistiche.

Steiner (1910, 1923) parlando nello specifico di uno dei corpi che
compongono l’essere umano, il corpo sottile detto anche eterico, ci dice che
questo corpo, che provvede all’energia vitale per il sostentamento del corpo
umano ma anche per tutta una serie di rapporti con gli altri corpi, (emotivo,
mentale, causale), trae energia anche da quello che gli orientali chiamano
prana, attraverso l’aria che respiriamo, il che ci mette in forte contatto con il
mondo vegetale in quanto provvede alla produzione dell’ossigeno che noi
respiriamo. Per questo motivo le tecniche di respirazione, sono fondamentali
nella meditazione orientale ma anche occidentale come quelle sperimentate
ed insegnate da Ignazio di Lodola.

15
La tradizione di utilizzare giardini ed orti come terapia occupazionale si può
datare nel 1930 e diventa una disciplina più indipendente nel 1950
(Shoemaker, 2002). Attività come il giardinaggio e l’orto sono studiate e si
teorizza un beneficio non solo per l’attività in se (ergoterapia), ma si arriva a
suggerire un modello come quello proposto dalla Dott.ssa Relf (1998, 1999)
per la quale le attività con le piante con soggetti con disturbi psico – fisici,
ha distinte dimensioni:

1. la bellezza della natura con i cambiamenti stagionali e una


moltitudine di vita, affascina, rilassa e mette le preoccupazioni della
vita in una prospettiva diversa;
2. la dipendenza della natura e la coltivazione della terra, sostengono
gli ecosistemi del pianeta ed il soggetto ne diviene parte attiva;
3. il nutrimento delle piante e la partecipazione alla loro crescita, crea
un senso di affinità con la natura;
4. la creazione di opportunità relazionale con altre persone attraverso la
condivisione di esperienze, come la coltivazione e la raccolta.

Le teorie più note che spiegano l'influenza della natura sull'uomo, sono la
Teoria Attenzione Restauro di Kaplan e Kaplan e il modello psicoevolutivo
di Ulrich.

Kaplan e Kaplan (1989) hanno scoperto che la fatica mentale si pone come
risultato dello sforzo richiesto nell'inibire le influenze concorrenti. La loro
Teoria del Restauro Attenzione (ART – Attention Restoration Theory),
spiega che la natura non ha bisogno di sforzo per attirare l'attenzione, perché
stimola l'attenzione involontaria recando un effetto ristoratore.

Ulrich (1992) con la teoria dell'evoluzione sostiene che le nostre risposte


alle piante sono il risultato dell'evoluzione, dal momento che ci siamo
evoluti in ambienti dove c’erano principalmente delle piante, facendo
assumere all’essere umano una risposta psicologica ad esse.

Le piante sono efficaci perché l'ambiente è in contrasto con il mondo sociale


in cui si passa. Il giardino è un luogo sicuro, un ambiente accogliente, le
piante non giudicano, non sono minacciose, non discriminano (Elings,
2006).

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Gli effetti benefici degli orti e dei giardini sono stati attribuiti a diversi
fattori positivi come il benessere fisico, la riduzione dei livelli di stress e
affaticamento mentale, una migliore integrazione sociale e culturale e Lewis
(1995) menziona uno studio di Owen (1994), che rilevò che la visita a un
giardino botanico abbassa la pressione e riduce i rischi di malattie cardiache.

Con la loro bellezza, il loro colore e il profumo, le piante sono rilassanti e


favoriscono un senso di tranquillità che rende le persone più riflessive.
Alcuni studi dimostrano che per le persone anziane, con l’avanzare degli
anni, subiscono un deterioramento del senso di responsabilità e del controllo
mentale e che le attività di giardinaggio concorrono alla difesa da tale
deterioramento (Sempik 2003) contribuendo inoltre alla prevenzione di
alcune malattie croniche, grazie anche all’attività fisica che ne deriva, come
le malattie dell’apparato cardio – circolatorio ma anche contro la
depressione, in anziani e non (Penninx, 1997).

Linee Guida e monitoraggio delle terapie con animali, piante e ambienti


naturali.

In Italia si è dibattuto per anni alla ricerca di Linee Guida e un


accreditamento dei servizi alla persona che adottassero strumenti di Green
Care secondo un modello e una metodologia valide scientificamente; al
contrario abbiamo una legge nazionale sull’AS, con diverse Regioni che poi
hanno legiferato in materia, non esiste ancora un riconoscimento reale da
parte del Servizio Sanitario Nazionale.

L’Istituto Superiore di Sanità nel 2010 ha pubblicato delle Linee Guida in


materia di TAA – EAA – AAA, provando a dare dei punti cardine e delle
buone pratiche da adottare nei centri dove si svolgono tali attività.

Le Linee Guida prendono in considerazione le implicazioni etiche, le


potenzialità e i limiti di applicabilità di tali approcci innovativi a
determinate patologie umane evidenziando in maniera particola le
implicazioni bioetiche nei confronti degli animali.

Esistono oggi diverse scale di misurazione e test proiettivi che aiutano gli
operatori a monitorare i benefici (outcomes) dei loro interventi, alcuni dei

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quali tratti dai manuali che i servizi già adottano (DSM, IDC 10 per
esempio).

Altre scale di misurazione oggi ci aiutano nella valutazione dei benefici nei
pazienti e sono mirate al rapporto del paziente con se stesso e con le terapie
con animali, piante e ambienti naturali.

La Connectedness to Nature Scale misura il contatto emotivo dell’uomo con


il mondo naturale. È considerata un importante fattore predittivo di un
comportamento ecologico e benessere soggettivo. Il questionario è stato
progettato per valutare se l'esposizione alla natura aumenta il senso di
identità e le reazioni emotive di un individuo.

La Nature Relatedness Scale è una scala relativamente recente (2008),


progettato per misurare il livello di un individuo di connessione con il
mondo naturale. La scala è composta da 21 item valutati su una scala a 5
punti Likert, da 1 (fortemente in disaccordo) a 5 (molto d'accordo). Gli
articoli 2, 3, 10, 11, 13, 14, 15, e 18 sono segnati inverso. Un punteggio
totale è creato aggiungendo il punteggio totale e dividendo per fascia di 21.
La Nature Relatedness Scale ha anche tre sottoscale (se, prospettiva, ed
esperienza).

Conclusioni

Le esperienze e i percorsi sono molti in Italia sia con strutture pubbliche


coinvolte, sia gestite da privati. Manca ancora quell’ufficialità delle
istituzioni (il riconoscimento dei benefici a livello scientifico oramai ci
sono) che renda accessibili questi servizi in maniera più universalistica, in
applicazione delle leggi e della Costituzione italiane.

In Italia la TAA è stata riconosciuta come cura ufficiale con il Decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri del 28 febbraio 2003 che ha sancito
per la prima volta nella storia del nostro Paese il ruolo che un animale può
avere nella vita affettiva di una persona, nonché la valenza terapeutica degli
animali da compagnia, si rende quindi necessaria la presa d’atto e
l’emanazione di precisi protocolli da parte delle strutture pubbliche e private
accreditabili.

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il fenomeno che da oltre 10 anni si sta diffondendo sempre più in Italia e in
Europa, le fattorie sociali, ci dice che i servizi alla persona stanno
cambiando aspetto.

Secondo il rapporto del progetto So-Far condotto dal Prof. Di Iacovo


dell’Università di Pisa e altri (2009), rileva una mappatura europea sempre
più estesa delle fattorie sociali e delle attività di Green Care, con diversi
servizi tra inclusione, interventi educativi e terapeutici che si aggirano
intorno al numero di 675 per l’Italia e con una tendenza all’aumento se
consideriamo che le politiche agricole 2014 – 2020, favoriscono
ampiamente la nascita e la crescita di nuove fattorie sociali.

I pregiudizi sono ancora molti sia da parte degli esperti, che da parte delle
famiglie e dalle associazioni di categoria coinvolte. Quando ho cominciato a
lavorare ricordo che nei maneggi mi davano la possibilità di lavorare solo il
lunedì, perché il maneggio era chiuso ed i clienti non avrebbero dovuto
incontrare persone con disabilità. Ancora oggi quando parlo di TAA o di TO,
con qualcuno, percepisco che le persone ritengano queste terapie alla stessa
stregua della magia o di una truffa.

Cercare di influenzare le istituzioni per un riconoscimento di queste servizi,


utili a livello terapeutico – riabilitativo e educativo, per una serie di
categorie di persone, è un compito che spetta a tutti, operatori, pazienti e
famiglie.

Anche se la scienza ha dimostrato ad oggi che queste attività recano dei


benefici maggiori rispetto ad altre metodologie, spesso le resistenze
vengono proprio dall’interno, dagli operatori stessi, perché uscire dal luogo
sicuro e protetto che può essere un luogo chiuso (centro diurno, casa
famiglia, scuola, ospedale), per entrare in un luogo aperto mette ansia: “Si
farà male con la zappa? Gli darà un calcio il cavallo? Gli verrà l’influenza
con questo vento?”, sono le prime paure, meglio il luogo rassicurante di un
laboratorio di ceramica o di teatro.

L’ambiente naturale può inizialmente essere fonte di stress per gli operatori
(e le famiglie), che escono dal luogo protetto chiuso dentro delle mura
familiari e tranquillizzanti, se non sono abituati ad un frequente contatto con
la natura.

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Per esperienza dopo le preoccupazioni iniziali, sia gli operatori che famiglie,
oltre naturalmente agli utenti dei servizi, cominciano a godere anche’essi,
“indirettamente”, dei benefici derivanti dal contatto con un ambiente
naturale (rilassamento, quindi pressione arteriosa, endorfine, ormoni, ecc.).

Spero che tutti abbiano la possibilità di dedicare un po’ di tempo,


regolarmente per fare delle attività di Green Care, che sia una passeggiata in
un bosco a piedi o a cavallo o una terapia contro i disturbi più diversi.

Le istituzioni pubbliche deputate alla legiferazione comunitaria, nazionale e


regionale, da parte loro devono comprendere che è urgente applicare la
legge 328/00 che permette la libertà di scelta del servizio di cui si necessità
ed accellerare i processi, gia in atto, di accreditamento dei servizi alla
persona a livello nazionale e creare degli standard di accreditamento dei
servizi di Green Care.

N altri paesi (Olanda, Belgio, Norvegia, Finlandia, Svezia ma non solo),


questi servizi sono fruibili attraverso la semplice scelta del singolo
individuo, che con appositi “assegni sociali” possono accedere e pagare
direttamente fattorie, maneggi e altre strutture dove si praticano le attività di
Green Care.

L’approccio ecologico che negli anni ’90 si è riversato nella progettazione


sociale, dice che il benessere psico – fisico e correlato all’ambiente in cui
l’individuo si trova. Fare attività di riabilitazione e rieducazione in ambienti
naturali porta non solo il vantaggio di mettersi in relazione con l’ambiente
naturale, con animali e piante, in luoghi come le fattorie sociali dove è
possibile una vera integrazione sociale e non si costituiscono “ambienti
protetti”:

Con altre parole che vengono dall’oriente e sono di Masanobu Fukuoka,


ritenuto il padre della moderna agricoltura naturale, si afferma che “la sola
Verità, la vera Bellezza e la vera Bontà, esistono solo in Natura e non nella
finzione della civiltà umana. Abbiamo bisogno di una nuova cultura umana,
che potremmo chiamare cultura naturale, nella quale le persone avranno
come scopo principale quello di servire la Natura e stabilire relazioni
armoniche con il proprio prossimo e con gli altri esseri viventi”.

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