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APPUNTI SU

INFERENZE E RAGIONAMENTI
MARCELLO FRIXIONE

I Parte

0. Premessa
Nei primi due moduli del corso abbiamo operato una serie di astrazioni: abbiamo assunto che
tutti gli enunciati potessero avere solo due valori di verità, il vero o il falso (principio di bivalenza),
abbiamo preso in considerazione solo inferenze logicamente corrette, e così via. In questo modulo
situeremo quanto appreso in una prospettiva più ampia, in maniera tale da collegare la nozione di
inferenza logica al contesto delle inferenze ordinarie. A questo scopo ci verranno in aiuto nozioni
provenienti da altre discipline, quali la filosofia, la psicologia del ragionamento, l’informatica,
l’intelligenza artificiale, le scienze cognitive.
La logica, come abbiamo visto, studia le inferenze corrette, quelle inferenze cioè che da
premesse vere portano a derivare conclusioni vere. Questa assunzione diventa limitativa quando si
vuole prendere in considerazione il ragionamento ordinario. E ciò per almeno due ragioni: 1)
esistono innumerevoli forme di ragionamento “sensato” che tuttavia non sono inferenze corrette; 2)
anche quando intendono ragionare in maniera corretta gli essere umani compiono spesso errori
logici.
Consideriamo il primo di questi due problemi: non tutti i ragionamenti sono inferenze
logicamente corrette. Esistono molti tipi di ragionamento utili e del tutto legittimi nei quali però le
conclusioni non sono conseguenza logica delle premesse. Sono esempi di ciò i tre ragionamenti
seguenti:

i) Tutti i cigni osservati sino ad ora in Europa sono bianchi.


Tutti i cigni osservati sino ad ora in Nord America sono bianchi.
Tutti i cigni osservati sino ad ora in Sud America sono bianchi. […]
Non sono stati mai osservati cigni che non fossero bianchi.
Quindi: Tutti i cigni sono bianchi.

ii) L’assassino ha sporcato di fango il tappeto.


Chiunque fosse entrato dal giardino avrebbe sporcato di fango il tappeto.
Quindi: L’assassino è entrato dal giardino.

© Marcello Frixione 2002


iii) Gli uccelli, salvo alcune eccezioni, sono in grado di volare.
Titti è un uccello.
Quindi: Titti è in grado di volare.

In ciascuno di essi la conclusione non è conseguenza logica delle premesse; in ciascuno infatti
la conclusione potrebbe risultare falsa pur essendo vere tutte le premesse. Ad esempio, potrebbe
esserci da qualche parte un cigno nero che nessuno ha mai osservato, oppure l’assassino potrebbe
aver sporcato il tappeto deliberatamente per sviare le indagini, oppure Titti potrebbe essere un
pinguino. In i) la conclusione è una generalizzazione delle informazioni contenute nelle premesse.
Questo tipo di ragionamento va sotto il nome di ragionamento induttivo. In ii) nella conclusione si
cerca di formulare un’ipotesi che spieghi i fatti descritti nelle premesse. Questo tipo di
ragionamento va sotto il nome di ragionamento abduttivo. Infine, iii) è un esempio di ragionamento
per default. Torneremo nel seguito su questi esempi. Per ora si noti che ragionamenti come questi,
sebbene legittimi e utili sotto molti punti di vista, non sono oggetto di studio della logica nella sua
forma tradizionale.
Veniamo ora al secondo problema sopra enunciato. i), ii) e iii) non sono ragionamenti
“sbagliati”. Semplicemente, non sono ragionamenti deduttivi. Ma gli essere umani, anche quando
intendono ragionare deduttivamente, spesso non si comportiamo come la logica vorrebbe. Esistono
numerosissimi esempi in questo senso. Un esempio notissimo è costituito dal seguente esperimento
psicologia cognitiva, noto come esperimento delle quattro carte (<…>). Si consideri un mazzo di
carte francesi da scala quaranta, in cui ogni carta ha sul recto un valore numerico (che quindi può
essere pari oppure dispari), e ha il dorso rosso oppure blu. Ai soggetto viene presentato un
enunciato come il seguente:
(*) Se il dorso è rosso allora la carta è pari

e quattro carte come queste (ossia due coperte, una col dorso rosso e l’altra blu, e due scoperte, una
con valore pari e l’altra dispari):

a) b) c) d)

ROSSO BLU

Si chiede ai soggetti quali di queste quattro carte è rilevante voltare per stabilire la verità o la
falsità di (*). Quasi tutti i soggetti rispondono (correttamente) che è rilevante voltare a): se infatti a)
avesse un valore dispari sul recto, (*) risulterebbe falsa. Molti soggetti rispondono sbagliando che è
rilevante voltare anche c). Questo è un errore perché c) non darebbe nessuna informazione sulla
verità di o meno (*): qualunque fosse il colore del suo dorso, sarebbe compatibile con quanto
affermato in (*). Pochissimi soggetti infine rispondono, come dovrebbero, che si dovrebbe voltare
d). Se infatti d) avesse il dorso rosso, ciò sarebbe in contraddizione con (*).
Ricapitolando: la risposta giusta è che si devono voltare a) e d), e nient’altro. Quasi tutti i
soggetti rispondono che è rilevante voltare a), ma pochissimi che si dovrebbe voltare anche d).
Molti rispondono invece che si dovrebbe voltare c). Questo schema di risposte è ricorrente: tutti i
campioni di soggetti rispondono grosso modo allo stesso modo, a prescindere da provenienza
culturale, livello di scolarità, fattori sociali, ecc.

Marcello Frixione – Appunti su inferenze e ragionamenti. I parte. 2


Dai risultati di questo esperimento possiamo ricavare che: 1) quando fanno ragionamenti di
tipo inferenziale gli esseri umani sbagliano; 2) gli errori presentano precise regolarità; non
sbagliamo cioè a caso, in maniera puramente idiosincratica.

1. Inferenze logiche e ragionamenti ordinari.


Esaminiamo più da vicino alcune differenze che sussistono tra le inferenze corrette studiate
dai logici e le inferenze che vengono praticate nel ragionamento quotidiano. In primo luogo, le
inferenze studiate dai logici sono inferenze di tipo formale, che prescindono cioè completamente dal
contenuto delle espressioni non logiche che vi compaiono. Consideriamo queste due regole
logicamente corrette, la prima di tipo proposizionale, la seconda di tipo predicativo.

A oppure B Tutti i P sono Q


Non A Tutti i Q sono R
quindi: B (sillogismo disgiuntivo) quindi: Tutti i P sono R

La loro correttezza prescinde completamente dal significato specifico degli enunciati A e B o


dei predicati P, Q e R. Qualunque enunciato io sostituisca al posto di A e B, e qualunque predicato
sostituisca a P, Q e R, la conclusione resta conseguenze logica delle premesse: se sono vere le
premesse è vera anche la conclusione.
Vi sono dati che fanno ritenere che il ragionamento ordinario non funzioni in questo modo,
non sia cioè del tutto indifferente al contenuto. Consideriamo due varianti dell’esperimento delle
quattro carte.
Vari anni fa in Italia vigeva una regola sulle tariffe della corrispondenza più o meno come
questa:

(**) Se il francobollo su una busta è da 25 lire, allora la busta non deve essere sigillata

Ai soggetti di questo esperimento veniva chiesto di immedesimarsi in un postino addetto al


controllo delle affrancature. Date le quattro buste seguenti, viene loro chiesto quali di esse
dovrebbero essere voltate per controllare se (**) è stata rispettata o meno.

a) b) c) d)
L. 25 L. 70
mittente: mittente:
Sempronio Sempronio
…… ……

Sig. Tizio Caio Sig. Tizio Caio


Via …… Via ……

La maggior parte dei soggetti risponde correttamente che devono essere voltate la busta a)
(infatti in questo caso se la busta fosse sigillata la norma sarebbe stata violata) e la busta d) (infatti
anche in questo caso se il francobollo fosse da 25 lire la norma sarebbe stata violata). Invece b) e c)
vengono ritenute correttamente irrilevanti.
Un’altra variante dell’esperimento delle quattro carte è la seguente. Ai soggetti viene chiesto
di immaginare di essere le autorità preposte a far rispettare la norma seguente:

(***) I minorenni non possono comprare tabacco


(ossia: se una persona è minorenne, allora non può comprare tabacco)

Marcello Frixione – Appunti su inferenze e ragionamenti. I parte. 3


Dati i quattro casi seguenti:

a) Pietro ha 15 anni b) Carla ha 36 anni c) Giorgio compra d) Anna compra sigari


liquirizia

quali persone devono essere controllate? Anche in questo caso la risposta corretta è intuitiva, e la
maggior parte dei soggetti la fornisce senza esitazioni: i casi pertinenti sono a) e d), mentre b) e c)
non sono di alcuna rilevanza.
Questi due esperimenti e quello delle quattro carte hanno tutti la stessa struttura logica. C’è un
enunciato condizionale della forma:
se A allora B
e quattro casi del tipo:

A non A B non B

Eppure la percentuale delle risposte corrette varia moltissimo: esse sono molto più numerose
negli ultimi due casi che non nell’esperimento originario. Se gli esseri umani ragionassero sulla
base di regole formali, le risposte dovrebbero essere uguali in tutti e tre i casi. Ne segue quindi che
il ragionamento ordinario è in qualche modo sensibile al contenuto. Nel primo esperimento i
soggetti sono posti di fronte a un problema molto astratto e la percentuale di errori è molto alta.
Negli altri due casi, per così dire, si “aiutano con il contenuto”.

***
Un’altra differenza cruciale tra inferenze logiche e ragionamento ordinario consiste nel fatto
che quest’ultimo non impiega un linguaggio artificiale, in cui la forma sintattica rispecchia la
struttura logica degli enunciati. La struttura grammaticale degli enunciati del linguaggio ordinario
maschera talvolta la loro forma logica, ed enunciati con una struttura sintattica simile possono avere
strutture logiche profondamente diverse: molti enunciati si “assomigliano” sebbene, dal punto di
vista logico, funzionano in maniera profondamente diversa. Questo fa sì che nei ragionamenti
ordinari in cui premesse e conclusioni sono formulate nel linguaggio naturale spesso ci si debba
aiutare con il contenuto (o con il contesto) per stabilire quali inferenze sono corrette.
Abbiamo già incontrato nei primi moduli casi di questo genere che riguardano connettivi.
Quando la congiunzione e del linguaggio naturale è riconducibile a un connettivo verofunzionale tra
enunciati, allora si può applicare correttamente la regola di eliminazione della congiunzione:

AeB AeB
quindi: A quindi: B

Ad esempio, le seguenti inferenze cono corrette:

Marco è magro e alto Gli elefanti sono grandi e pesanti


quindi: Marco è magro quindi: Gli elefanti sono pesanti

perché la congiunzione e nelle premesse (benché colleghi predicati e non enunciati) è comunque
riconducibile a un connettivo enunciativo.
Non è corretto invece:
Le zebre sono bianche e nere
Quindi: Le zebre sono bianche1

1
Scriverò con caratteri barrati le conclusioni errate di un argomento.

Marcello Frixione – Appunti su inferenze e ragionamenti. I parte. 4


perché la e nella premessa non è riconducibile a un connettivo enunciativo (dire Le zebre sono
bianche e nere non è la stessa cosa di dire Le zebre sono bianche e le zebre sono nere).
Analogamente è corretta:

Marco e Mario sono alti


Quindi: Marco è alto

perché la e nella premessa è riconducibile a un connettivo enunciativo, mentre non è corretta:

Marco e Mario sono cugini


Quindi: Marco è cugino

Esistono anche casi ambigui del tipo seguente:

Aristotele e Platone pesano 100 kg


Quindi (???): Aristotele pesa 100 kg

in cui la premessa ammette due possibili interpretazioni, una che rende corretta l’inferenza, l’altra
che la rende scorretta.
In casi come questi i soggetti umani sono usualmente in grado di distinguere le inferenze
corrette da quelle che non lo sono facendo riferimento al significato dei termini che vi compaiono o
al contesto.
Problemi di questo genere si pongono in svariati casi. Ad esempio, enunciati del tipo I P sono
Q possono per lo più essere parafrasati come Per ogni individuo x, se x è un P allora x è un Q. In
questi casi è corretta la regola di inferenza:

I P sono Q
a è un P
Quindi: a è un Q

(dove a è il nome di un certo individuo). Ad esempio è corretta l’inferenza:

I calabresi sono italiani


Mario è calabrese
Quindi: Mario è italiano

Ma ci sono enunciati del tipo I P sono Q che non possono essere parafrasati come Per ogni
individuo x, se x è un P allora x è un Q. In questi casi la regola sopra enunciata non è più corretta.
Si confrontino le inferenze seguenti.

I panda mangiano germogli di Le tortore dal collare I cinesi sono asiatici I re magi sono orientali
bambù sono uccelli Xu è cinese Gaspare e Melchiorre sono
Ciccio è un panda Genny è una tortora dal Quindi: Xu è asiatico re magi
Quindi: Ciccio mangia germogli collare Quindi: Gaspare e
di bambù Quindi: Genny è un Melchiorre sono
uccello orientali

I panda stanno scomparendo Le tortore dal collare si I cinesi sono I re magi sono tre
Ciccio è un panda sono diffuse in Europa numerosissimi Gaspare e Melchiorre sono
Quindi: Ciccio sta scomparendo Genny è una tortora dal Xu è cinese re magi
collare Quindi: Xu è Quindi: Gaspare e
Quindi: Genny si è numerosissimo Melchiorre sono tre
diffusa in Europa

Marcello Frixione – Appunti su inferenze e ragionamenti. I parte. 5


Il problema risiede nel fatto che nella prima premessa di ciascun esempio del secondo gruppo
non viene predicata una proprietà Q di ogni oggetto che goda della proprietà P. La proprietà Q
viene predicata invece dell’insieme degli oggetti che godono della proprietà P. Ad esempio, quando
dico che i panda stanno scomparendo non intendo dire che ciscun panda sta scomparendo. Intendo
dire che è l’insieme dei panda nel suo complesso che un po’ alla volta diventa sempre più piccolo.
Analogamente, quando dico che i cinesi sono numerosissimi o che i re magi sono tre dico qualcosa
dell’insieme dei cinesi o dei re magi, non dei singoli individui che appartengono ad esso.
Questo vale anche per inferenze della forma I P sono Q, I Q sono R, Quindi: I P sono R.
Quando I Q sono R non può essere parafrasato come Per ogni individuo x, se x è un P allora x è un
Q, questa regola non è corretta. Ad esempio:

I diamanti sono cristalli I panda sono mammiferi I campani sono italiani


I cristalli sono comuni I mammiferi sono diffusi in tutto il Gli italiani sono 60.000.000
Quindi: I diamanti sono comuni mondo Quindi: I campani sono 60.000.000
Quindi: I panda sono diffusi in tutto il
mondo

Abbiamo già visto che in alcuni casi l’articolo indeterminativo un deve essere interpretato
come un quantificatore universale (come nell’enunciato Un bassotto è un cane), in altri come un
quantificatore esistenziale (come nell’enunciato Un amico di Giorgio è un ingegnere). Ovviamente,
le due interpretazioni rendono possibili inferenze diverse. Si confrontino le seguenti:

Pippo è un bassotto Marco è un amico di Giorgio


Un bassotto è un cane Un amico di Giorgio è un
quindi: Pippo è un cane ingegnere
quindi: Marco è un ingegnere

delle quali evidentemente la prima è corretta, la seconda no.

***

Un’altra caratteristica che contraddistingue il ragionamento ordinario rispetto alle inferenze


studiate in logica è costituito dal fatto che nelle inferenze dei logici tutte le premesse devono essere
rese esplicite. Viceversa, di solito i ragionamenti ordinari lasciano numerosissime premesse
implicite, ed è speso molto complicato rendere esplicite tutte le assunzioni su cui poggiano le
argomentazioni della vita quotidiana. Si consideri l’argomentazione seguente:

Mario è a dieta
Quindi: Mario non vede l’ora che siano finite le feste di Natale

Probabilmente tutti comprendiamo questo ragionamento; tuttavia esso poggia su un grande


numero di premesse non espresse che più o meno potremmo riassumere in questo modo:

Mario è a dieta
Chi è a dieta non può mangiare molto
Durante le feste di natale si mangia molto
Di solito le persone amano mangiare (specie quelle che hanno problemi di dieta)
Chi ama fare una certa cosa e non la può fare soffre
Chi soffre non vede l’ora che la sua sofferenza termini
Quindi: Mario non vede l’ora che siano finite le feste di Natale

Marcello Frixione – Appunti su inferenze e ragionamenti. I parte. 6


E ancora così siamo ben lontani dall’aver trasformato il ragionamento in una forma del tutto
esplicita2.
In molti casi per riempire il divario tra le premesse esplicite e la conclusione servono
informazioni che dipendono dal contesto o dalle specifiche informazioni sul mondo disponibili ai
parlanti. Per cui una stessa argomentazione può essere interpretata in maniere diverse. Si consideri
l’esempio seguente:

C’è un taxi sotto il portone di Mario


Quindi: Mario sta per uscire

Esso può essere completato aggiungendo le seguenti assunzioni (ed è forse questa
l’interpretazione più ovvia): se c’e’ un taxi sotto il portone di qualcuno, allora questi lo ha
chiamato, e chi chiama un taxi sta per uscire. Ma ci sono anche altri modi possibili per completare
questo argomento. Ad esempio il seguente: quando deve uscire ed è solo in casa Mario chiama una
babysitter per il figlio, e le paga il taxi perché faccia prima ad arrivare.
Anche in casi molto meno ellittici dei precedenti rendere esplicite tutte le premesse di un
ragionamento può essere un compito delicato. Si consideri ad esempio il ragionamento seguente:

Nel giardino di Mario ci sono tre cani.


Nel giardino di Mario ci sono due gatti.
Quindi: Nel giardino di Mario ci sono (almeno) cinque animali.

Esso (a differenza dei due casi precedenti) può essere ricondotto a un’inferenza logicamente
corretta. In esso però varie premesse vanno rese esplicite. In primo luogo, è ovvio che per dedurre la
conclusione bisogna specificare che cani e gatti sono animali:

Nel giardino di Mario ci sono tre cani.


Nel giardino di Mario ci sono due gatti.
I cani sono animali
I gatti sono animali
Quindi: Nel giardino di Mario ci sono (almeno) cinque animali.

Ma questo ancora non basta. Così com’è questo ragionamento non è ancora una inferenza
corretta; perché diventi tale c’è ancora una premessa da rendere esplicita. Lo si confronti con la
seguente inferenze (scorretta) che ha la stessa struttura:

Alla festa di Mario ci sono quindici ragazze.


Alla festa di Mario ci sono tre architetti.
Le ragazze sono persone.
Gli architetti sono persone.
Quindi: Alla festa di Mario ci sono (almeno) diciotto persone.

Chiaramente questa inferenza non è corretta in quanto non è escluso che qualcuno degli
architetti sia a sua volta una ragazza (cioè, che l’insieme delle ragazze e quello degli architetti siano
disgiunti). Lo stesso vale per il ragionamento precedente: cani e gatti costituiscono insiemi
disgiunti, ma per ottenere la conclusione questo deve essere reso esplicito nelle premesse. Pertanto,
perché sia un’inferenza corretta, il ragionamento deve essere formulato come segue:

Nel giardino di Mario ci sono tre cani.


2
Si noti che questa argomentazione, come la seguente, quand’anche fosse resa totalmente esplicita, non sarebbe
comunque riconducibile a un’inferenza logicamente corretta. Torneremo su questo punto nel seguito.

Marcello Frixione – Appunti su inferenze e ragionamenti. I parte. 7


Nel giardino di Mario ci sono due gatti.
I cani sono animali
I gatti sono animali
Nessun gatto è anche un cane.
Quindi: Nel giardino di Mario ci sono (almeno) cinque animali.

Riporto un ultimo esempio di inferenza con premesse implicite:

Marco è più alto di Gianni


Gianni è più alto di Pietro
Quindi: Marco è più alto di Pietro

In questo caso ciò che deve essere reso esplicito è il fatto che la relazione “… è più alto di …”
è una relazione transitiva. Ciò può essere facilmente ottenuto aggiungendo la premessa seguente:

Marco è più alto di Gianni


Gianni è più alto di Pietro
Se qualcuno è più alto di un altro, e quest’ultimo è più alto di un terzo,
allora il primo è più alto del terzo
Quindi: Marco è più alto di Pietro

2. Logica e pragmatica
Ho più volte sottolineato che esistono ragionamenti del tutto legittimi che pure non sono
inferenze logicamente corrette. Si può constatare che vale anche il viceversa: vi sono esempi di
inferenze logicamente corrette che ciascuno di noi sarebbe restio a considerare dei “ragionamenti”
sensati dal punto di vista del senso comune. Si considerino gli esempi seguenti:

a) b) c)
Piove Piove Piove
Quindi: Piove oppure la Quindi: Piove e, se Roma nel 1582 Quindi: Se Carlo è o non è
luna è fatta di formaggio aveva più di centomila abitanti, un architetto, allora
allora Roma nel 1582 aveva più di piove.
centomila abitanti.

Sono tutte inferenze logicamente corrette. In a) la conclusione è ottenuta per introduzione


della disgiunzione:

A
Quindi: A oppure B

Per quanto riguarda b), ogni inferenza della forma

A
Quindi: A e T

è corretta se T è una tautologia (e se Roma nel 1582 aveva più di centomila abitanti, allora Roma
nel 1582 aveva più di centomila abitanti è una tautologia). Per quanto riguarda infine c), ogni
inferenza della forma:

Marcello Frixione – Appunti su inferenze e ragionamenti. I parte. 8


Quindi: Se T allora A

è corretta se T è una tautologia (e Carlo è o non è un architetto è una tautologia).


Inferenze come le precedenti, per quanto corrette, pongono almeno due problemi dal punto di
vista del ragionamento ordinario. In tutte e tre la conclusione costituisce un “indebolimento” della
premessa: la conclusione dice meno della premessa. Noi tendiamo a rifiutare inferenze di questo
tipo. Inoltre, i nuovi sottoenunciati che compaiono nelle conclusioni non sono rilevanti, non
c’entrano nulla con ciò di cui parlano le premesse.

Il ragionamento ordinario presuppone quindi che esista un nesso di rilevanza tra le premesse e
la conclusione di un ragionamento, nesso che è del tutto estraneo alla nozione di conseguenza
logica. Un’ulteriore differenza tra il contesto della logica e quello del discorso ordinario è che in
quest’ultimo caso ci si aspetta che l’interlocutore comunichi tutto ciò di cui è a conoscenza che
risulta rilevante in un determinato contesto. Ad esempio accettiamo come vero che

Qualche triangolo è isoscele


ma molti negherebbero che

(+) Qualche triangolo ha la somma degli angoli interni uguale a 180°

Al secondo enunciato si obietterebbe infatti che tutti i triangoli hanno la somma degli angoli
interni uguale a 180°. Ma in logica è corretta la regola:

Tutti gli x sono P


Quindi: Qualche x è P

Perciò se è vero Tutti gli x sono P, allora è vero anche Qualche x è P. Nel discorso ordinario
invece si tende a interpretare qualche come qualcuno ma non tutti. In altri termini, si parte dal
presupposto che, se si sa che tutti gli x sono P, non valga la pena, o sia addirittura fuorviante, dire
che qualche x è P. E che, nel caso che tutti gli x siano P, se qualcuno afferma che qualche x è P è
perché egli non sa (o vuole nascondere) che tutti gli x sono P.

Un modo per rendere conto di questi fenomeni consiste nel fare riferimento alla distinzione
tra semantica e pragmatica. Tradizionalmente, si distinguono tre aspetti dello studio del linguaggio:
sintassi, semantica e pragmatica. La sintassi riguarda il modo in cui i simboli di un linguaggio sono
combinati tra loro; la semantica concerne il significato che viene assegnato ai simboli di un
linguaggio; la pragmatica infine studia come le espressioni di un linguaggio vengono usate.
Vero e falso sono nozioni tipicamente semantiche, così come lo sono anche nozioni quali
inferenza logicamente corretta, conseguenza logica, equivalenza logica, eccetera (infatti per
definire tutte queste nozioni utilizziamo i concetti di vero e di falso). La logica tipicamente si
occupa di sintassi e di semantica. Ma sintassi e semantica da sole non raccontano tutta la storia.
Infatti perché un’interazione linguistica (una conversazione ad esempio) abbia successo non
basta che i due interlocutori dicano la verità. Una conversazione per essere riuscita deve sottostare
ad altri vincoli, che sono di tipo pragmatico. Ad esempio, il filosofo del linguaggio H.P. Grice, una
delle figure più importanti nello studio della pragmatica, individuò quattro massime cui una
conversazione deve sottostare. Le massime di Grice sono le seguenti:

1. massima della quantità: fornisci informazione in misura né minore né maggiore da


quanto è richiesto al momento;
2. massima della qualità: non dire cose che credi false o per cui non hai prove adeguate;

Marcello Frixione – Appunti su inferenze e ragionamenti. I parte. 9


3. massima della relazione: di’ cose pertinenti;
4. massima del modo: sii perspicuo.

Ad esempio, supponete che un dialogo si svolga nel modo seguente:

a: Sai che ore sono?


b: Sì. [silenzio]

Ebbene, dal punto di vista semantico questo dialogo non fa una grinza: b risponde in maniera
semanticamente adeguata alla domanda di a. Tuttavia la risposta di b è profondamente inadeguata
dal punto di vista pragmatico: quando una persona chiede a un’altra se sa che ore sono, si aspetta
che l’interlocutore le dica l’ora; se questi, pur sapendo l’ora, non lo fa si comporta in maniera
(pragmaticamente) scorretta (anche se semanticamente ineccepibile). In altre parole, la risposta di b
viola la massima della quantità.
Analogamente, se qualcuno proferisce (+) pur sapendo che tutti i triangoli hanno la somma
degli angoli interni uguale a 180° dice meno di quello che sembra essere rilevante i quel contesto;
pertanto possiamo considerare (+) come semanticamente corretta ((+) infatti è vera), ma
pragmaticamente inadeguata. Inferenze come a), b) e c) sono logicamente corrette, quindi adeguate
dal punto di vista semantico, ma inadeguate dal punto di vista pragmatico. Infatti violano la
massima della quantità (la conclusione “dice meno” della premessa) e quella della relazione (tirano
in ballo nella conclusione informazioni che sembrano irrilevanti per la premessa).

Un problema simile a quello posto da (+) è il seguente. Tendenzialmente tutti leggiamo un


enunciato come

(*) Marco ha due figli

come se volesse dire “Marco ha esattamente due figli”. Se i figli di Marco fossero tre diremmo che
(*) è falso. Ma ci sono casi in cui (*) può essere letto come “Marco ha almeno due figli”.
Supponiamo ad esempio che ci sia una norma che dice:

(**) Tutti quelli che hanno due figli hanno diritto ai buoni libro gratuiti.

Supponiamo che Marco abbia tre figli. Marco avrebbe diritto ad avere i buoni libro gratuiti?
Tutti, penso, diremmo di sì. Se qualcuno poi ci chiedesse perché Marco ha avuto i buoni, gli
risponderemmo “Perché Marco ha due figli [infatti ne ha ben tre], e quindi gode dei benefici
previsti dalla norma”. In altri termini, tutti leggiamo “avere due figli” nell’antecedente di (**) come
“avere almeno due figli” (e non come “avere esattamente due figli”). Cioè, quando diciamo che
Marco ha avuto i buoni libro perché ha due figli intendiamo che ne ha almeno due.
Per rendere conto di ciò vari linguisti e filosofi del linguaggio sostengono che, dal punto di
vista strettamente semantico, il significato di (*) è Marco ha almeno due figli, e che noi lo
interpretiamo come Marco ha esattamente due figli per ragioni pragmatiche simili a quelle per cui
tendiamo a rifiutare come falso (+): in un contesto normale se Marco avesse tre figli e qualcuno
proferisse (*) direbbe il vero, ma violerebbe la massima Griceana della quantità.

Un discorso analogo vale per gli enunciati che hanno la struttura di disgiunzioni. Supponiamo
ad esempio che Gianni sappia che il colpevole di un certo delitto è Massimo. Interrogato al
proposito, Gianni risponde che il colpevole è Massimo oppure Maria. Per la logica Mario ha detto il
vero (se è vero A, allora è vero anche A oppure B). Ma noi intuitivamente diremmo che Gianni ha

Marcello Frixione – Appunti su inferenze e ragionamenti. I parte. 10


mentito al giudice. Egli ha infatti fatto un’affermazione più debole rispetto a ciò di cui era a
conoscenza.
Problemi simili sorgono anche per altri tipi di enunciati. Tutti diremmo che è, se non proprio
falso, almeno inappropriato affermare che Roma è diventata capitale d’Italia dopo la fine del
Medioevo, o che le armi da fuoco sono state inventate prima della seconda guerra mondiale (tranne
che in alcuni contesti. Ad esempio l’enunciato “A differenza di Londra o Parigi, Roma è diventata
capitale di uno stato nazionale dopo la fine del Medioevo” suona molto meglio).

3. Fallacie
Le fallacie costituiscono un argomento tradizionale e molto antico che trova posto nei trattati
di logica: una trattazione delle fallacie si trova già negli Elenchi sofistici di Aristotele, e si sono
occupati dell’argomento numerosi logici di epoca antica e medioevale. Una fallacia può essere
definita come un’argomentazione errata che però a un primo esame può apparire corretta. Le
fallacie vengono dette talvolta non sequitur, in quanto in esse la conclusione, nonostante le
apparenze, non segue dalle premesse. Si tratta di un insieme abbastanza eterogeneo di fenomeni
diversi. Alcune fallacie sono dei veri e propri errori di ragionamento, che oggi considereremmo
oggetto di studio della psicologia del ragionamento. Altre costituiscono degli pseudo-argomenti
impiegati per convincere altri di certe tesi, che quindi dovrebbero essere considerati dal punto di
vista di una teoria dell’argomentazione.
Non sempre è facile tracciare un confine netto tra fallacie e ragionamenti legittimi di qualche
tipo (vedremo alcuni esempi del genere nel seguito).
Nei manuali si possono incontrare diverse classificazioni delle fallacie, tutte più o meno simili
tra loro, e tutte in qualche modo debitrici della classificazione aristotelica. Qui utilizzeremo una
classificazione tradizionale, e prenderemo in considerazione tre tipi di fallacie:

• fallacie di rilevanza
• fallacie semantiche
• fallacie formali

Un quarto tipo classico di fallacie, le

• fallacie induttive

riguardano appunto il ragionamento induttivo, e ne parleremo quando tratteremo di questo


argomento.

3.1 Fallacie di rilevanza

Sono fallacie in cui vengono utilizzate a sostegno della conclusione alcune premesse che non
sono pertinenti a tale scopo. Ne sono stati classificati numerosi tipi. Qui di seguito riporto alcuni tra
i più noti.

y Argumentum ad hominem

Sono fallacie in cui si scredita una tesi attaccando la persona che la propone.
Tradizionalmente ne sono stati individuati diversi tipi, tra cui i seguenti.

Marcello Frixione – Appunti su inferenze e ragionamenti. I parte. 11


Argumentum ad hominem abusivo. Si attacca la credibilità della persona facendo riferimento
ad aspetti come la moralità, la razza, la religione che possono essere del tutto indipendenti dalla
conclusione ragionamento. Ad esempio:

Tizio dice che l’uso delle cinture di sicurezza è una buona cosa.
Ma Tizio è notoriamente un ladro e un corrotto
Quindi: L’uso delle cinture di sicurezza non è una buona cosa.

E’ evidente che gli argomentazioni di Tizio a favore delle cinture di sicurezza possono essere
solidissimi anche se lui è un cattivo soggetto. (Si noti che, a seconda dei gusti, al posto di un ladro e
un corrotto avremmo potuto mettere: un comunista, un fascista, un ebreo, un prete, un negro, un
meridionale, un settentrionale, una donna, un omosessuale, un terrorista, uno sporco capitalista,
uno studente di scienze della comunicazione, un professore di logica, ecc. ecc. ecc.)
Vi sono ragionamenti che somigliano a un argomento ad hominem abusivo ma che invece
sono sostanzialmente legittimi. Si consideri ad esempio:

Tizio testimonia di aver assistito al delitto, e che il colpevole è Caio


Ma al momento del delitto Tizio era ubriaco fradicio
Quindi: La testimonia di Tizio è priva di valore.

E’ chiaro che se Tizio era ubriaco fradicio la sua testimonianza può non essere attendibile.
Non sempre è facile distinguere tra argomenti ad hominem fallaci e ragionamenti legittimi. Esistono
cioè dei “casi dubbi”. Si consideri questo esempio, in un certo senso intermedio tra i due precedenti:

Tizio testimonia di aver assistito al delitto, e che il colpevole è Caio


Ma Tizio è un ubriacone
Quindi (???): La testimonianza di Tizio è priva di valore.

Un altro tipo di argomenti ad hominem sono i cosiddetti argomenti tu quoque, in cui si


scredita il sostenitore di una tesi sostenendo che, per così dire, predica bene e razzola male, ossia
che non mette in pratica le conseguenze di ciò che sostiene. Ad esempio:

Il dottor Caio dice che fumare fa molto male


Il dottor Caio però fuma come un turco
Quindi: Possiamo fumare anche noi tranquillamente

E’ chiaro che l’argomento è fallace: il fatto che Caio fumi non è rilevante circa la bontà o
meno della tesi che fumare fa male (Caio potrebbe continuare a fumare perché è troppo debole di
carattere per smettere, oppure perché ha deciso che non gli importa nulla di correre il rischio di
ammalarsi, oppure perché sa che è già condannato a morire presto da qualche terribile malattia e
smettere di fumare non gli gioverebbe affatto).
Parente delle fallacie tu quoque è il seguente non sequitur:

Vigile: “Lei ha superato il limite di velocità e perciò le faccio la multa”


Automobilista: “L’automobile davanti a me andava molto più veloce della mia”
Quindi: “Non dovrei essere multato”

Se l’automobilista ha superato il limite di velocità merita la multa, a prescindere dal fatto che
qualcun’altro abbia commesso infrazioni più gravi e l’abbia passata liscia.
Quella degli interessi in gioco è un’ulteriore versione di argomento ad hominem: si scredita
una tesi affermando che chi la sostiene ha degli interessi personali per farlo. Ad esempio:

Marcello Frixione – Appunti su inferenze e ragionamenti. I parte. 12


Tizio dice che l’uso del casco può salvarci la vita
Tizio produce caschi
Quindi: Non dobbiamo credere a Tizio

Anche in questo caso per negare una certa tesi non basta dire che Tizio trarrebbe vantaggio
dal fatto che essa venisse accettata; la bontà della tesi va valutata indipendentemente (il fatto che
Tizio se ne avvantaggerebbe può costituire al più un motivo di sospetto, ma non una ragione per
sostenere il contrario).

y Argomento dell’uomo di paglia

In questo caso per screditare una tesi se ne crea una versione fittizia e caricaturale che viene
usata come bersaglio (l’uomo di paglia, appunto) facendo vedere che da essa seguirebbero
conseguenze palesemente assurde. Ad esempio:

Gli scienziati cognitivi dicono che la mente dell’uomo funziona come un calcolatore
Ma ciò è assurdo; ad esempio la memoria delle persone non
funziona come la memoria dei calcolatori
Quindi: Gli scienziati cognitivi hanno torto

L’argomento è fallace perché gli scienziati cognitivi non sostengono la tesi grottesca e
palesemente falsa che la mente dell’uomo funziona come un calcolatore, ma si basano su premesse
molto più complesse e articolate.

y Argumentum ad populum

Si ha questo tipo di fallacia quando per sostenere una tesi si opera un richiamo acritico a
opinioni condivise, o all’opinione della maggioranza. Ad esempio:

La teoria dell’evoluzione dice che gli uomini discendono dalle scimmie


A chiunque repelle l’idea che un nostro antenato fosse una scimmia
Quindi: La teoria dell’evoluzione è errata

E’ evidente che la teoria dell’evoluzione potrebbe essere benissimo vera o falsa a prescindere
dal fatto che ciò piaccia o meno alla maggioranza delle persone.
Possono essere ricondotte a questa categoria anche quelle argomentazioni in cui vengono
usate premesse del tipo E’ ben noto che … o Tutti sanno che … senza che ci si prenda la briga di
giustificare in altra maniera ciò che viene assunto.

y Appello alle conseguenze

Si argomenta la verità o la falsità di una tesi sulla base del fatto che se fosse vero il contrario
ne seguirebbero conseguenze non buone o non desiderabili. (Oppure argomenta la verità o la falsità
di una tesi sulla base del fatto che se essa fosse vera ne seguirebbero conseguenze buone o
desiderabili) Ad esempio:

Se non esistesse una vita dopo la morte non ci potrebbe esserci un premio eterno per i buoni e
una punizione eterna per i cattivi, e ognuno potrebbe fare quello che gli pare.
Quindi: Esiste una vita dopo la morte

Marcello Frixione – Appunti su inferenze e ragionamenti. I parte. 13


Se la teoria dell’evoluzione fosse vera noi discenderemmo dalle scimmie.
Questo avrebbe conseguenze disastrose per la religione e per la morale.
Quindi: La teoria dell’evoluzione è falsa

Anche qui è chiaro che si tratta di non sequitur: ad esempio la teoria dell’evoluzione potrebbe
essere benissimo vera o falsa a prescindere dal fatto ci piacciano o meno le conseguenze che ne
derivano.

y Argumentum ad ignorantiam

Dal fatto che non si hanno prove definitive a favore o contro una certa tesi se ne conclude che
è vero il contrario. Cioè:

Non sappiamo che A


Quindi: Non A

oppure:

Non sappiamo che non A


Quindi: A

Ad esempio:

Nessuno ha mai provato che gli OGM siano dannosi


Quindi: Gli OGM non sono dannosi

oppure:

Nessuno ha mai provato che gli OGM non siano dannosi


Quindi: Gli OGM sono dannosi

Si noti però che il seguente argomento è diverso dal precedete, e non è fallace:

Nessuno ha mai provato che gli OGM non siano dannosi


Quindi: Nel dubbio è meglio astenersene

Si noti inoltre che esistono ragionamenti che hanno una struttura simile ad un argomentum ad
ignoratiam e che tuttavia, pur non essendo inferenze logicamente corrette, possono essere legittimi.
Si consideri ad esempio il seguente:

Sull’orario non ho trovato alcun treno per Napoli che parta alle 5.
Quindi: Nessun treno parte per Napoli alle 5

Questa argomentazione è del tutto legittima (facciamo un ragionamento del genere ogni volta
che consultiamo un orario e non troviamo ciò che cerchiamo). Tuttavia non è un’inferenza
logicamente corretta. E’ sensata nella misura in cui si può ritenere che nell’orario siano elencati tutti
i treni, per cui se non vi si trova un treno con determinate caratteristiche, è ragionevole credere che

Marcello Frixione – Appunti su inferenze e ragionamenti. I parte. 14


un treno siffatto non esista. Ma ciò non è garantito in assoluto. Per qualche ragione, ad esempio,
potrebbero essere stati aggiunti dei treni straordinari che sull’orario non figurano.
In generale in logica se da un insieme di premesse P1 … Pn non posso derivare una certa
conclusione C, non è affatto detto che da P1 … Pn possa derivare non C. In informatica e in
intelligenza artificiale vengono però studiate forme di ragionamento (che non sono inferenze
logicamente corrette) in base a cui, a determinate condizioni, se da un certo insieme di premesse
non posso derivare una certa conclusione, allora assumo che valga la sua negazione, a patto però
che si possa ritenere che l’insieme di premesse da cui sono partito costituisca una descrizione
ragionevolmente completa del dominio (come nel caso dell’orario dei treni), e che io sia sempre
disposto a rivedere la conclusione che ho tratto, che deve comunque sempre essere considerata
provvisoria (ad esempio, se vengo a sapere che sono stati aggiunti dei treni straordinari, devo
rivedere la conclusione nessun treno per Napoli parte alle 5). Questo tipo di ragionamento viene
detto negazione come fallimento: si assume che valga la negazione di A se fallisce il tentativo di
provare A. Ossia:

Da tutta la conoscenza di cui dispongo non riesco a provare che A


Quindi: (Per il momento) assumo che valga non A

Questo genere di strategia si usa spesso anche nel ragionamento ordinario. Supponiamo ad
esempio che io creda che Renato non abbia sorelle, e questo non perché io abbia qualche particolare
evidenza esplicita a favore di ciò (ad esempio perché Renato me lo ha detto, o perché ho consultato
l’archivio dell’anagrafe), ma perché non ho alcuna ragione per credere il contrario: Renato non mi
ha mai parlato di sorelle, conosco e ho sentito parlare solo di fratelli maschi pur avendo frequentato
abbastanza a lungo la sua famiglia, e così via. Insomma, assumo implicitamente che se Renato
avesse avuto una sorella avrei dovuto venirne a conoscenza. Poi un giorno vengo a sapere che mi
sbagliavo: Renato ha una sorella che vive da moltissimi anni in Australia e con la quale, per qualche
ragione, lui e la sua famiglia hanno interrotto ogni rapporto. Sono quindi costretto a rivedere la mia
conclusione originaria. Parleremo ancora nel seguito di questo tipo di inferenze.

y Argumentum ad verecundiam

E’ una fallacia in cui ci si inchina acriticamente a un’autorità che non è competente in


materia. Ad esempio:

Il premio Nobel Dario Fo dice che la clonazione è sbagliata.


Quindi: La clonazione è sbagliata

E’ chiaro che, non essendo Dario Fo un esperto di genetica o di bioetica, non c’è nessuna
ragione per accettare solo su questa base una conclusione del genere (nonostante l’uso dell’attributo
Il premio Nobel … contribuisca ad aumentare la sua aura di prestigio).
Esempi di fallacia ad verecundiam sono anche gli argomenti con premesse del tipo “Gli
esperti dicono che….”, “Come dicono i maggiori esperti, ….” senza che venga specificato chi sono
questi esperti. Si basano su un meccanismo simile anche quelle pubblicità in cui qualche
personaggio celebre fa da testimonial a prodotti sui quali non ha la minima autorevolezza.

y Petitio principii

La petitio principii è una forma di ragionamento circolare. Si ha una fallacia di questo tipo
quando si inserisce surrettiziamente tra le premesse la tesi stessa che si vuole argomentare. Ad
esempio:

Marcello Frixione – Appunti su inferenze e ragionamenti. I parte. 15


La pena di morte è giusta. Infatti ci sono in giro un sacco di delinquenti che commettono
crimini orribili, ed è perfettamente legittimo mettere a morte gente del genere.

Ossia, formulato in maniera più esplicita:

Ci sono in giro un sacco di delinquenti che commettono crimini orribili.


E’ perfettamente legittimo mettere a morte gente che commette tali crimini.
Quindi: La pena di morte è giusta

Nella seconda premessa si assume già che è legittimo uccidere chi commette crimini orribili,
il che equivale ad ammettere che la pena di morte è giusta. Un “ragionamento” di questo genere
pertanto è soltanto un artificio retorico per convincere l’interlocutore di una tesi che viene solo
enunciata ma non argomentata.

3.2 Fallacie semantiche

Si dicono fallacie semantiche quegli argomenti la cui fallacia dipende dall’ambiguità o dalla
vaghezza di una espressione che vi compare (una parola, un’espressione complessa, un intero
enunciato).

y Equivocazione

L’equivocazione (equivocatio) è un argomento fallace basato sul fatto che nelle premesse si
usa una stessa parola con significati diversi. Ad esempio:

Fine di una cosa è la sua perfezione


Fine della vita è la morte
Quindi: Perfezione della vita è la morte

In questo caso si equivoca tra il significato di fine come scopo (Lo scopo di ogni cosa è la
sua perfezione) e il significato di fine come termine (La morte è il termine della vita).
Un esempio diverso di euivocatio è il seguente:

Scontrarsi su una parola è stupido


Discriminazione è una parola
Quindi: Scontrarsi sulla discriminazione è stupido

Qui l’equivoco si basa sul fatto che non è rispettata la distinzione tra uso e menzione. Nella
seconda premessa la parola discriminazione è menzionata, nella conclusione essa è usata. L’uso
delle virgolette nella seconda premessa (“Discriminazione” è una parola) renderebbe esplicito
l’equivoco.

y Anfibolia

Si ha un’anfibolia quando una premessa di un ragionamento ha due possibili letture dal


punto di vista logico: in base a una delle letture la premessa è vera, ma la conclusione viene tratta
sulla base della seconda lettura. Ad esempio:

C’è un numero più grande di ciascun numero

Marcello Frixione – Appunti su inferenze e ragionamenti. I parte. 16


Quindi: C’è un numero più grande di sé stesso.

La premessa è vera secondo una lettura de dicto (Dato qualunque numero, c’è un numero
più grande di esso), ma la conclusione dipende da una lettura de re che è invece falsa (C’è un certo
numero che è più grande di tutti gli altri).
Possono essere considerati analoghi ad anfibolie i ragionamenti errati riportati nelle pagine
dalla 4 alla 6.

3.3 Fallacie formali

Tradizionalmente, vengono dette fallacie formali quegli argomenti errati che però hanno una
struttura simile a un’inferenza logicamente corretta. Ne presentiamo alcuni esempi qui di seguito.

y Negazione dell’antecedente

Sono inferenze che hanno la seguente struttura:

Se A allora B
non A
Quindi: Non B

che chiaramente non corrisponde a una regola logicamente corretta. Un esempio è il seguente:

Chi studia supera l’esame


Tu non studi
Quindi: Tu non supererai l’esame

y Affermazione del conseguente

Sono inferenze che hanno la seguente struttura:

Se A allora B
B
Quindi: A

che chiaramente non corrisponde a una regola logicamente corretta. Un esempio è il seguente:

Chi studia supera l’esame


Tu hai superato l’esame
Quindi: Tu hai studiato

Quando, nell’esperimento delle quattro carte, i soggetti rispondono che si dovrebbe voltare la
carta c) commettono questo tipo di fallacia (ossia: se il dorso è rosso allora la carta è pari, la carta
è pari, quindi: il dorso deve essere rosso).

A titolo di curiosità, si consideri il seguente ragionamento:

Se Dio ha creato qualcosa, allora Dio ha creato tutto.


Dio ha creato tutto
Quindi: Dio ha creato qualcosa

Marcello Frixione – Appunti su inferenze e ragionamenti. I parte. 17


Si tratta di un ragionamento fallace? No, perché basta la seconda premessa per trarre la
conclusione, in virtù di un passaggio del tipo: Tutti gli x sono P, quindi: Qualche x è P.
Nonostante le apparenze quindi non si tratta di un esempio di affermazione del conseguente. Il
ragionamento è un’inferenza logicamente corretta, anche se la prima premessa non viene utilizzata
per ottenere al conclusione (tutt’al più dunque l’inferenza potrebbe essere considerata sviante dal
punto di vista pragmatico).

Bisogna distinguere la fallacia dell’affermazione del conseguente da ragionamenti che


seguono uno schema simile (e che quindi non sono inferenze logicamente corrette) ma che tuttavia
sono legittime e non sono prive di senso e di utilità. Si considerino gli esempi seguenti:

Se si brucia la lampadina si spegne la luce


Si è spenta la luce
Quindi: (Forse) si è bruciata la lampadina

Se finisce la benzina la macchina non parte


La macchina non parte
Quindi: (Forse) è finita la benzina

In questi casi si usa un condizionale del tipo se … allora … per così dire “alla rovescia”, per
individuare la possibile causa di un certo fenomeno: so che si è verificato il fenomeno B, e so che in
generale A causa B; allora faccio l’ipotesi che si sia verificato A. Si tratta di una forma di
ragionamento abduttivo. Ovviamente è un tipo di ragionamento fallibile: potrei sbagliare, in quanto
B potrebbe essere dovuto a tutt’altra causa, e quindi devo sempre essere disposto a rivedere le
conclusioni tratte in questa maniera. E’ un modo di procedere tipico del ragionamento diagnostico,
come quando ad esempio si deve diagnosticare una malattia a partire dai sintomi visibili, oppure il
guasto di un dispositivo a partire dai suoi malfunzionamenti. E’ molto usato in intelligenza
artificiale nei programmi detti sistemi esperti.
Ovviamente, in questo tipo di ragionamento il se … allora … non può essere un condizionale
materiale. E’ infatti essenziale che se A allora B esprima un qualche tipo di relazione regolare di
causa/effetto tra A e B. Per convincersene si consideri che i seguenti condizionali materiali veri
(tutti hanno infatti l’antecedente falso) sono di ben poco aiuto per diagnosticare perché una
macchina non parte:

Se 2+2 = 5 allora la macchina non parte


Se il papa è musulmano allora la macchina non parte
Se c’è un quadrato con 16 lati allora la macchina non parte

y Composizione (compositio)

E’ una fallacia che consiste nell’attribuire a una certa entità una proprietà che vale per
ciascuna delle sue parti. Ad esempio:

Ogni la parte di questa macchina pesa meno di 10 kg


Quindi: Questa macchina pesa meno di 10 kg

Oppure:

Ogni ingrediente di questo piatto è buono


Quindi: Questo piatto è buono

Marcello Frixione – Appunti su inferenze e ragionamenti. I parte. 18


Un altro modo per formulare quest’ultimo esempio è il seguente: Questo piatto non può non
piacerti: gli ingredienti che ci ho messo dentro ti piacciono tutti.

y Divisione (divisio)

E’ una fallacia che consiste nell’attribuire alle parti di una certa entità una proprietà che vale
per l’entità nella sua interezza. Ad esempio:

Questo oggetto è pesante


Quindi: Ogni sua parte è pesante

Marcello Frixione – Appunti su inferenze e ragionamenti. I parte. 19

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