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“Ogni evento è inevitabile, se così non fosse semplicemente non accadrebbe.


Una teoria interessante, che si fa beffe del caso, di quell'imprevedibilità di cui il mondo è pregno.
Nel 1967 Giuseppe Colizzi, regista italiano attivo nel primo '900 mette in cantiere un progetto che
diventerà pietra miliare nella storia del cinema italiano.
“Dio perdona... io no!”è il primo atto di una trilogia spaghetti western dal gusto italiano che Colizzi
ha intenzione di regalare al pubblico.
Per il ruolo di Cat Stevens viene scritturato Peter Martell, il quale in seguito ad un litigio con la
fidanzata si rompe un piede e non può prendere parte alle riprese. In sua vece viene chiamato in
extremis un certo Mario Girotti, attore proveniente da un buon numero di parti e comparsate, un
uomo dagli “occhi di ghiaccio” e da espressioni di memoria Eastwoodiana.
La produzione, seguendo la moda del tempo, chiede a Girotti di scegliere uno pseudonimo
americaneggiante per darsi un tocco di internazionalità. Dalla lista che gli viene consegnata, sceglie
Terence Hill.
Ecco che il caso... o l'inevitabilità di cui parlavamo prima entra in gioco. Ecco che la fortuna tira un
bel 20 (critico!) perchè sul set il nostro pistolero biondo incontra un omaccione corpulento e
barbuto, un campione di nuoto che ha vissuto e viaggiato per mezzo mondo, finito a fare l'attore per
poter pagare delle cambiali, Carlo Pedersoli.
Prima idea di Colizzi per quel ruolo ma inizialmente scartato per via di richieste salariali e per la
mancanza di attitudini cavalieristiche (non sapeva cavalcare), salvo poi venire scelto ugualmente
per assenza di una valida alternativa. Anche a lui viene richiesto di scegliere uno pseudonimo, che
viene in questo caso creato ad hoc: Bud Spencer.
Il piccolo e il grosso, il furbo e il buono, il folletto e il gigante, antinomie quasi sempre (ma in
particolar modo in questo caso) vincenti.
Così, tra saloon, pistole, cavalli e sombreri si ritrovano compagni e colleghi due uomini che si erano
a lungo inseguiti, dapprima come sportivi (i due frequentavano lo stesso club di nuoto a Roma) e
poi come attori (hanno recitato nell'”Annibale” di Bragaglia) ma che mai si erano incontrati.
Non ci volle molto a capire che tra i due ci fosse quel classico feeling impossibile da creare, ma che
talvolta, INEVITABILMENTE, si viene a creare.
Per questo motivo vengono subito entrambi ingaggiati per portare a compimento la trilogia
completata da “I quattro dell'Ave Maria” (1968) e “La collina degli stivali” (1969).
Il successo ottenuto dalle pellicole è vasto e per molti versi inaspettato, ma pienamente giustificato.
In questi tre anni vengono gettate le basi per una nuova maniera di intendere il genere “spaghetti
western”, una rilettura tutta all'italiana, fatta di più dialoghi e meno sparatorie, più risate e meno
violenza.
Sulla falsa riga di questa nuova maniera di intendere i pistoleri E.B. Clutcher (Enzo Barboni, ndr.)
scrive un copione, avendo in mente di proporlo al già ricordato e (col senno di poi) sfortunato Peter
Martell, in coppia con George Eastman. Il titolo delle scritture recitava “Lo chiamavano Trinità...”,
forse dirà qualcosina ai più...
Ma il nostro ormai inevitabile e lanciatissimo Master rimescola ancora le carte in gioco. Spencer e
Hill, conclusa la loro collaborazione con Colizzi, si propongono per questa nuova avventura,
accogliendo i consensi del regista.
La pellicola viene inizialmente osteggiata e rifiutata da numerosi produttori, convinti che il pubblico
sia troppo affezionato al climax dei duelli fatti di sguardi taglienti, ai momenti di tensione e
all'eterna lotta tra eroi e cattivi, e che mai qualcuno avrebbe apprezzato un western dal netto taglio
comico.
Ma, seppur con un budget ridotto e partendo con gli sfavori del pronostico, nel piccolo comune di
Camerata Nuova, il film prende vita.
A volte i numeri raccontano più di quanto possano fare le parole, gli incassi parlano di lire
3.104.061.000, ponendolo come vice campione d'incassi nella stagione cinematografica italiana
1970-71.
Un successo strepitoso che non solo ha proiettato la nostra coppia verso fama e gloria, ma che ha
inconsapevolmente dato il definitivo via ad una collaborazione ed ad un'amicizia che verranno
molto a lungo ricordate e apprezzate.

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