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Giro del mondo del dottor d. Gio.

Francesco
Gemelli Careri/Libro I/I
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Giovanni Francesco Gemelli Careri - Giro del mondo (1699)


Cap. I

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GIRO DEL MONDO

DEL DOTTOR
D. GIO: FRANCESCO
GEMELLI

Parte Prima. Libro Primo.

CAPITOLO PRIMO.

Cause, ch’indussero l’Autore a viaggiare, e ciò,


che gli avvenne da che partì da Napoli
fino a Messina.

E gli accidenti varj, i movimenti contrarj, e le strabbocchevoli


vicende della non mai stabile, ed invidiosa Fortuna, con cui tutto di
giostrar ne conviene, sempre di recarne misero, ed infelice stato
avesser possanza; nè potesse l’uom 1 savio i fieri assalti, e
l’ingiurie sostenendone, aprirsi altre vie, per potere a più tranquilla
vita condursi: troppo in vero dura, e malvagia nostra condizione sarebbe; nè così
degna, e pregievole l’opra di quel sapientissimo Artefice, che ne trasse dal nulla.
Sovente anch’egli suol avvenire, che a gran torto di lei ci dogliamo; imperocchè
quando ne ha sembianza di contraria, allora a più degne imprese, ed a levarne in
alto suol l’esserne guidatrice; facendoci per necessità bene e valorosamente
operare. Chiarissima testimonianza potrà di ciò rendere il vario tenore, e corso di
mia vita, da sì strani casi intralciato, che ancora la rimembranza me ne spaventa; e
pure ad essi debbo l’aver tante Terre, e Mari veduto; e se alcuna gioia da questi
mal vergati fogli aspettar mi lece. Non debbo già negare, che da natural vaghezza
mosso, di gir per lo Mondo peregrinando (avvegnache più volte frastornata) feci
nel 1686. il viaggio d’Europa, di cui poscia diedi alle stampe il solo primo libro:
ma egli si è anche verissimo, che quest’altro sì pericoloso, e malagevole non altra
cagione mi mosse ad intraprendere, che le ingiuste persecuzioni, e i non dovuti
oltraggi, che mi fu forza di sofferire.

Deliberato avendo adunque di partirmi, ponendo in non cale le amorevoli


persuasioni degli amici, i quale dalle infermità, in cui giaceva, prendevano
argomento di distormene: e provvedutomi del bisognevole, da essi mi accomiatai;
spezialmente dal Consigliere Amato Danio, dal Giudice di Vicaria D. Giuseppe
Chaves (ora parimente consigliere) da Fr. Alfonso Risi Cavaliere Gerosolimitano,
e dal Dot. Lorenzo Sandalari. Quindi senz’alcun indugio interporre, il Sabato 13.
di Giugn. 1693. m’imbarcai in una feluca Napoletana, per gire in Calabria, e
quindi passare in Levante.

Dopo 50. miglia di navigazione, giugnemmo la sera a prender terra nella spiaggia
d’Amalfi, così appellata da una Città di tal nome. Ella dee la sua fondazione ad
alcune famiglie di Romani, che navigando verso Costantinopoli, circa gli anni del
Signore 829. e trovando quivi sicuro porto dopo un’impetuosa fortuna di Mare, vi
si fermarono a fabbricarla, ed a farvi lor domicilio. Nè mi pare punto strano, come
ad alcuni, che in sito così dirupato, e fra precipitose balze l’edificassero; quante
volte considero, che in que’ tempi, ne’ quali tutta Italia era infestata da’ Barbari,
ciascheduno in sito il più forte, che poteva, s’ingegnava allogarsi. Governossi da
quel tempo in poi in forma di Repubblica, fino a tanto che, con le vicende de’
tempi, uscito il Reame di mano agli’Imperadori Greci, divenne anch’ella
sottoposta a’ Baroni. Oggidì gode del Regio Demanio, e si vede abbellita di
leggiadri edificj, che la salubrità dell’aria ha fatto da molte nobili famiglie
fabbricarvi.

2Dee la nazione Spagnuola l’acquisto di un nuovo Mondo, e la Portughese


dell’Indie Orientali a Flavio Gioja Cittadino di Amalfi, come inventore, dell’uso
della Calamita; senza la quale per alcun conto non havrebbono potuto inoltrarli,
per l’immensità di tanti Mari, allo scoprimento di sconosciuti Imperj: siccome
niun’altro al Mondo, così bene, e regolatamente il corso delle navi, per profondi
pelaghi, dirizzare. Rende anche celebre il nome di Amalfi, l’essere stato un de’
suoi Cittadini Fondatore dell’insigne Ordine Gerosolimitano: e più d’ogni altro il
ricettare nella sua Chiesa Arcivescovale il corpo del gloriosissimo Apostolo S.
Andrea, quivi trasportato da Costantinopoli.

Non essendo stato il tempo a proposito la Domenica 14. partimmo il Lunedì 15. e
dopo aver navigato circa 40. miglia, giungemmo sul far della notte nella punta
della Licosa, già detta Leucosia, dove la passammo con molta incomodità
nell’osteria.
Il Martedì 16. rimessici in Mare facemmo 36. miglia fino a Palinuro; luogo così
detto da un Piloto d’Enea 3, che in quella spiaggia dicesi, cadesse in Mare, e
poscia venuto a terra rimanesse ucciso da gli abitanti. In questo luogo trovammo
una pessima osteria: non perche il luogo non fusse abbondante, ma perche l’oste
era un perfettissimo composto di buon ladro, e cattivo cuoco.

Fatte 40. miglia il Mercordì 17. ci fermammo nella Scalea, Terra posta su di una
rupe appiè d’altissimi monti; dove convenne trattenerci anche il Giovedì 18. a
cagion del cattivo tempo. Il Venerdì 19. ci avanzammo fino a Paola, dove l’osteria
non fu punto migliore di quella di Palinuro. Il maggior pregio di questa Città, si è
l’essere stata Patria di S. Francesco Fondatore de’ Minimi, e Teatro de’ più gran
prodigj, che egli avesse operati. Nel rimanente tiene buoni edifici, ed un Castello
nell’alto, che la domina.

Il Sabato 20. si fecero 60. miglia, e si giunse di buon’ora nel Pizzo: Terra posta
quasi in piano sopra la sommità d’una Rocca, onde lo sguardo può ricrearsi sulle
amene rive della famosa Calabria, e su d’uno immenso spazio di Mare. Mi ci
fermai la Domenica 21. a richiesta di amici; ma il Lunedì 22. preso da essi
congedo, mi posi in barca; e dopo 30. miglia approdai nella Città di Tropea, posta
in somigliante sito, che il Pizzo. Le sue famiglie nobili hãno privilegio di operar
separate dalla plebe negli affari pubblici.

Essendomi quivi trattenuto il Martedì 23. per alcune bisogne; Il Mercordì 24.
passai il Golfo, e dopo 24. miglia terminai questo piccolo viaggio nella spiaggia
di Gioja. Fatte calar dalla barca le mie robe, le feci condurre con cavalli nella
Terra, quindi lontana un solo miglio: e tutto il Giovedì 25. attesi nell’istessa a
ristorarmi dalla stracchezza cagionatami dal navigare Il Venerdì 26. venne da
Taurianova a ritrovarmi il Dott. Abate Gio: Batt. Gemelli mio fratello (uomo di
candidissimi costumi, e di vita esemplare) il quale conducendo seco i cavalli
necessarj, volle in ogni conto, che io fussi ospite di sua casa quei giorni, che
restavano a disporre le cose per la mia peregrinazione. Accettai l’invito, e
rendutegli quelle grazie, che si doveano alla sincerità del suo cuore; prendemmo il
Sabato 27. insieme uniti il cammino di Redicina: e vi giungemmo dopo 10. miglia
di strada, prima di mezzo dì.

Moltissimi furono coloro, che vennero la Domenica 28. a darmi il ben venuto, e
ad annunziarmi un felice viaggio, fra gli altri D. Carlo Galli Nobile Messinese. Il
Lunedì 29. fui a caccia, invitato dal luogo, ch’è piano, ed abbondevole di volatili.
Il medesimo avrei fatto anche tutto il Martedì 30. e’l Mercordì 1. di Luglio, se non
mi fusse stato d’uopo disporre ciò, che bisognava alla continuazione del viaggio;
non per tanto non lasciai di andarvi il Giovedì 2. nelle campagne di Gioja, ove
ebbi il diletto di uccidere alcuni fagiani. Per la cattiva aria del luogo, me ne
ritornai in Redicina il Venerdì 3. incomodato solamente dalla stracchezza.

Considerando poi fra me stesso i non pensati pericoli, e i varj accidenti, che in sì
lũga peregrinazione poteano avvenirmi; il Sabato 4. feci testamento chiuso: e la
Domenica 5. dopo essermi confessato, ricevei indegnamente il Santissimo
Sacramento dell’Eucaristia; pregando il Signore, che coll’aiuto della sua divina
grazie, facesse venirmi a fine del mio desiderio, in sì malagevole impresa. Non
starò io quì a far menzione de’ teneri abbracciamenti, e delle lagrime, con cui mi
licenziai da mio Fratello, per l’incertezza d’avere a rivederci mai più in vita. Per
non accrescere la sua mestizia, gli dissi, che avea in pensiero di passare solamente
in Terra Santa, ed indi far quanto prima ritorno; quando io aveva fermamente
deliberato di nõ fermarmi, se non dopo aver calpestato il suolo dell’Imperio
Cinese; e presa, con gli occhi esperienza, delle tante favole, che inorpellate di
poche verità, se ne narrano.

Mi posi adunque in cammino il Lunedì 6. per imbarcarmi in Palmi, dove fatte 12.
miglia, giunsi prima di mezzo dì; e fui ospiziato lautamente da Gio: d’Aquino
nobile dell’istessa terra. Dato poscia congedo a Giacomo Romeo mio
amministratore (ch’era venuto affettuosamente ad accompagnarmi) m’imbarcai il
Martedì 7. per Messina: e traggettato, col cammino di 24. miglia, il Canale, arrivai
in quella Città prima delle 18. ore. Mi ricevè in sua casa Giuseppe Lacquaniti
nobile della Terra di Rosarno, e quivi ammogliato.

1. Juvenal. Sat Xi.


2. Hist. general de las Indias pag. 12 at. & 15. Fray Gregorio Garzia
primero lib. de la origen de las Indias cap. 2. Io: Bapt. Nicolos. in suo
Herc. Sicul. pag. 104.
3. Virgil. lib. 6.

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