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Ben presto infatti, dalla preparazione dei sieri antitossici, si passò a quella dei
sieri bactericidi, poi si produssero sieri citolitici, sieri agglutinanti, sieri
precipitanti etc. e si vide così che la preparazione dei sieri curativi (antitossici e
bactericidi) dipende, come caso speciale, da una legge biologica che ha molto
maggior estensione.
Anticorpo significa appunto una sostanza che viene a trovarsi nel siero di un
animale, acconciamente trattato, e che è dotata di proprietà inibenti e
modificatrici. È da notarsi che in genere non è possibile separare in stato di
purezza l’anticorpo dal siero che lo contiene, e quindi si usa spesso di indicare il
contenente per il contenuto e p. es. di chiamare antitossina, il siero in cui questa
sostanza è disciolta.
La relazione che sussiste tra antigene e anticorpo è in genere quella della più
stretta specificità, cioè un anticorpo è capace di neutralizzare o di modificare solo
l’antigene che, attraverso il corpo di un animale, lo ha prodotto; così l’antitossina
tetanica agisce solo contro la tetanotossina e non contro altri veleni; il siero
emolitico, prodotto mediante i corpuscoli rossi di un animale, «è capace di
disciogliere soltanto i corpuscoli rossi dello stesso animale e non quelli di un
altro.
Martin e Cherry proseguirono le ricerche di Calmette sul veleno del cobra, Kossel
riuscì ad immunizzare i conigli contro il siero di anguilla (che, come risultò dalle
ricerche di Mosso, di Richet e di Héricourt, è un veleno potente per questi
animali) ed ottenne così antitossine specifiche contro questo siero velenoso.
Secondo Denys e van der Velde, il siero di animali immunizzati contro lo
stafilococco, neutralizza la leucocidina che è una sostanza elaborata dagli
stafilococchi, la quale avvelena i leucociti. Le emolisine bacteriche (tetanolisina,
piocianina etc.) vengono neutralizzate dai sieri di animali, trattati con queste
sostanze tossiche, e in adatte miscele di siero e di veleno i corpuscoli rossi
rimangono inalterati.
E così, in egual modo, si sono ottenuti anticorpi verso tutti quei veleni, di fronte ai
quali l’organismo animale può raggiungere uno stato di immunità.
Quali animali produttori di siero si scelgono quelli e che hanno una mole
sufficiente e che d’altra parte posseggono normalmente un siero sprovvisto di
qualsiasi proprietà tossica ed emolitica per l’organismo che deve ricevere il siero
curativo. In generale si usano i cavalli, che appunto forniscono un siero
eccellente, sebbene vi siano differenze individuali fra cavallo e cavallo, le quali
fanno sì che non siano egualmente efficaci i sieri ricavati da diversi animali,
anche se trattati nell’identico modo.
Applicando questa legge biologica generale, l’Ehrlich dice che la perdita di catene
laterali, che il protoplasma subisce per opera delle tossine è, non solo compensata,
ma sovracompensata, dimodochè si producono più catene laterali di quelle che
erano state occupate e distrutte dalla tossina e queste catene, per dir così
soprannumerarie e superflue per lo svolgimento normale delle funzioni del
protoplasma, si distaccano dalle cellule, passano nei liquidi interstiziali e poi
vanno nel sangue, ove restano, pronte a combinarsi con altre molecole di tossina;
poichè anche queste catene laterali distaccate, conservano quelle affinità
specifiche che possedevano anche quando erano unite alle cellule, e che erano la
causa e la condizione necessaria della sensibilità delle cellule stesse al veleno.
Il Gruber è stato, fin dal 1901, uno degli oppositori più validi della ipotesi di
Ehrlich e anche di recente è tornato sull’argomento per mostrare i punti deboli di
questa teoria.
Secondo il Gruber, gli anticorpi non sono affatto parti costituenti dell’organismo:
essi sono prodotti di secrezione di determinate cellule del corpo che si formano
sotto l’azione stimolante delle tossine: ma non sono gli organi sensibili al veleno,
bensì altri organi, forse i tessuti ematopoietici, le ghiandole a secrezione interna
ecc., che producono gli anticorpi.
Inoltre, sempre secondo il Gruber, la ipersensibilità verso certe tossine, che
mostrano alcuni animali immunizzati in alto grado, non è compatibile colla teoria
di Ehrlich, secondo la quale non si spiegherebbe neanche il periodo di
incubazione che passa fra l’iniezione di una tossina, ad es., e l’apparire dei
fenomeni di avvelenamento.
Secondo questa ipotesi il processo della neutralizzazione della tossina per opera
della antitossina, dovrebbe essere espressa dall’equazione
in cui T rappresenta la quantità di tossina libera, A la quantità di antitossina pure
libera e (TA) la combinazione (non più tossica) della antitossina con la tossina.
Quindi, nello stesso liquido, si dovrebbero trovare sempre quantità di tossina e di
antitossina libere (il che infatti è stato dimostrato sperimentalmente), queste
quantità dovrebbero essere legate tra loro da una determinata relazione, e
l’equilibrio, una volta raggiunto, dovrebbe poter essere spostato a volontà e di
nuovo ristabilito per l’aggiunta di convenienti quantità delle sostanze reagenti.
E per ora quindi superfluo ogni tentativo di spiegare l’intimo meccanismo delle
reazioni tra anticorpi ed antigeni, e possiamo solo concludere che i legami, i quali
fra essi si stabiliscono, dipendono da fenomeni di adsorbimento, che la specificità
di questi legami è misurata dalla grandezza delle costanti di repartizione, che le
suddette reazioni sono solo parzialmente reversibili e perciò conducono a strati di
pseudoequilibrio, e finalmente che le deviazioni della legge delle influenze delle
masse si debbono attribuire alla natura colloide delle sostanze reagenti.
Ma conoscenze più esatte e profonde del fenomeno della citolisi si ebbero dagli
studi sui sieri capaci di distruggere i corpuscoli rossi ed è perciò che appunto
cominceremo dal prendere in considerazione le emolisine.
Tuttavia è stata agitata la questione, se nel siero dello stesso animale si trovi un
solo complemento, bastevole per tutte le azioni citolitiche che il siero può
esercitare, ovvero se ne esistano più. Partigiani della prima opinione sono il
Buchner, il Bordet, il Gruber. L’Ehrlich e il Morgenroth invece affermano che
ogni siero comprende una certa quantità di diversi complementi, e che da altra
parte, nei diversi animali, si ritrovano complementi intieramente identici o uguali
almeno nei loro gruppi aptofori.
Non posso terminare questo paragrafo sulla emolisi senza, accennare alle
importanti ricerche di Kyes, di Sachs, di Morgenroth e di altri intorno alle
proprietà emolitiche del veleno del cobra.
Questo veleno viene attivato dalla lecitina e sembra che la attivazione sia della
stessa natura di quella che si produce per opera del complemento sul siero
emolitico riscaldato.
Ora alcuni affermano che tra l’emo-ambocettore del veleno e la lecitina, avviene
una vera combinazione in proporzioni definite (la formazione di un lecitide) e, da
ciò, considerando la analogia che sussiste fra emolisi del veleno del cobra e azioni
dei sieri emolitici, traggono un argomento in favore della teoria di Ehrlich. Ma
Arrhenius e Madsen, da determinazioni quantitative sulla reazione che avviene tra
veleno del cobra e lecitina, hanno tratto la convinzione, che anche questa reazione
è reversibile, che conduce ad uno stato di equilibrio e che i legami che si
stabiliscono tra corpuscoli rossi, veleno e lecitina, sono del tipo di un vero e
proprio adsorbimento.
Infine si deve notare che la colesterina agisce come una antiemolisina, cioè
inibisce l’azione emolitica del lecitide del cobra.
L’importanza di queste ricerche scaturisce dal fatto che si possono così produrre
fenomeni identici a quelli che si verificano con gli sconosciuti anticorpi, mediante
sostanze relativamente ben definite, quali sono le proteine tossiche del cobra, le
lecitine, la colesterina ed analoghi composti.
Alcuni usano, a questo scopo, di iniettare culture intiere, uccise col calore o con
antisettici; altri introducono nell’animale i soli bacteri morti o vivi e attenuati od
anche ben virulenti; altri infine hanno pensato di iniettare i soli costituenti tossici
dei bacteri, cioè i muleoproteidi; così Lustig e Galeotti ottennero il siero
bactericida contro la peste.
È pur notevole il fatto che gli estratti di organi emopoietici possono esercitare
azioni antibacteriche simili a quella del siero. Marx, Pfeiffer e Deutsch trovarono
che gli estratti di milza sono attivi quanto il siero. Wassermann afferma che il
potere immunizzante del midollo osseo di conigli vaccinati contro il
pneumococco, stava a quello del siero degli stessi animali come 10 a 4 e queste
conclusioni furono confermate da Römer. Se si tien conto di questi resultati e di
quelli del Deutsch, secondo cui l’estirpazione della milza durante il trattamento
vaccinale, fa abbassare il potere bactericida del siero, sorge naturale l’ipotesi che
le bacteriolisine si producano negli organi emoposiatici.
Le bacteriolisine, agiscono solo sui germi infettivi, non sui loro prodotti tossici, e
questa azione in generale si limita solo alla specie bacterica, che è causa della
infezione, contro la quale l’animale fu immunizzato. In altre parole, le
bacteriolisine hanno un’azione specifica, donde la possibilità di utilizzare un siero
contenente bacteriolisine per la diagnosi differenziale fra specie microbiche affini
(per es. fra il bacillo del tifo ed il bacterium coli).
In egual modo di ciò che avviene per la emolisi, anche nella bacteriolisi,
l’ambocettore si fissa tenacemente sulle cellule batteriche. Bail ha trovato infatti
che un siero bactericida, mantenuto per un certo tempo in contatto con una grande
quantità di bacteri sui quali è attivo, perde al tutto il suo potere, dopo che è
separato da questi, e tal resultato fu confermato da Wright e da Windsor, i quali
constatarono che si può diminuire il forte potere bactericida del siero umano,
tenendolo in contatto con vibrioni colerigini o con bacilli tifosi uccisi.
Questo fatto ci può spiegare gli insucessi, che spesso si hanno nella preparazione
dei sieri bactericidi. Immunizzando fortemente un animale, si può far sì che nel
suo sangue vengano a trovarsi grandi quantità di ambocettori, mentre il
complemento è scarso: allora il siero è inefficace. Si potrebbe con ciò essere
indotti a pensare che, per accrescere il valore curativo dei sieri fosse sufficiente
aggiungere siero normale al siero tolto dall’animale immunizzato, ma dai vari
esperimenti fatti in questa direzione non si sono ricavati resultati confortanti e si è
visto che in ogni modo bisognerebbe iniettare siero normale di un animale della
stessa specie di quella a cui appartiene l’organismo che si vuol curare. Quindi in
ogni modo questo metodo non sarebbe applicabile all’uomo.
Dall’altra parte la grandissima importanza pratica dei sieri specifici, per i quali si
è aperta una nuova via alla terapeutica delle malattie infettive. Risultati preziosi
per la vita umana si sono già ottenuti con alcuni sieri, di cui il valore preventivo e
curativo è indiscusso, altri resultati, per la cura delle malattie più gravi e più
ribelli, ci attendiamo dagli studi e dalle ricerche che incessantemente si compiono
in tanti laboratori con indefessa operosità e con fede incrollabile. Oltre a ciò i sieri
specifici sono utili mezzi per la diagnosi di alcune malattie e per il riconoscimento
di certe sostanze proteiche, e di ciò l’igiene e la medicina legale hanno fatto
utilissime applicazioni.
Napoli, Università.
GINO GALEOTTI
Note
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