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Lubomir Zak*
troppo liberi per non essere troppo responsabili di ogni respiro, di ogni
sguardo, di ogni attimo»,6 scrisse, intenzionato a partecipare attivamen-
te alle sofferenze del tormentato popolo russo. Quindi, nel marzo del
1906, da studente del secondo anno di teologia, ebbe il coraggio di pro-
nunciare nella cappella dell’Accademia teologica di Mosca un
sermone7 contro l’esecuzione del sottotenente P.P. Šmidt e le sanguino-
se repressioni e punizioni eseguite spietatamente dall’armata e dalla po-
lizia zarista, compiendo così un gesto che suscitò molto clamore e che
egli dovette pagare con la detenzione in prigione.
Florenskij non era affatto un sognatore estraneo agli accadimenti
della storia, sebbene sia stato dipinto così da alcuni poco informati o,
forse, maliziosi studiosi. E non lo fu nemmeno quando nell’ottobre del
1917 scoppiò la rivoluzione bolscevica. Con essa cominciò un periodo
di vita molto duro per lui e per tutta la sua famiglia. Riferendosi a que-
sta stazione della sua via crucis, egli, già nel 1919, scrisse una parte del
proprio testamento spirituale, dove annotò con preoccupazione : «Cari
figli miei, questo periodo della rivoluzione è stato talmente difficile che
non si può nemmeno immaginare; è stato difficile, e lo è, e Dio sa quan-
to ancora durerà».8 Il ‘destino’ volle che egli non vedesse mai l’alba di
un mondo libero, non adombrato dal totalitarismo sovietico. Tuttavia, in
quel 1919 il sacerdote non poteva intuire tutta la verità sul proprio futu-
ro. E cioè, che le persecuzioni della Chiesa e degli intellettuali non
schierati con il regime gli avrebbero portato via molti amici e collabora-
tori, che egli stesso avrebbe dovuto rinunciare all’attività sacerdotale,
che avrebbe assistito alla profanazione e distruzione dei santuari e delle
chiese, che avrebbe dovuto stare a guardare, impotente, mentre monaci
e monache, sacerdoti e vescovi venivano gettati nelle carceri, torturati o
6 Lettera a Belyj del 31 gennaio 1906, in BELYJ A. - FLORENSKIJ P.A., op. cit., p. 74.
7 FLORENSKIJ P.A., Vop’ krovi (Il grido del sangue), in KRAVEC S.L., O krasote duchovnoj. P.A.
Florenskij: religiozno-nravstvennye vozzrenia (Sulla bellezza spirituale. P.A. Florenskij: le idee re-
ligioso-morali), Znanie, Moskva 1990, pp. 48-54.
8 Nel 1920 aggiunse: «Miei cari, in questo difficile periodo, gli amici e i conoscenti ci hanno
molto aiutato, e senza il loro aiuto non saremmo potuti sopravvivere» (FLORENSKIJ P.A., Non di-
menticatemi. Dal gulag staliniano le lettere alla moglie e ai figli del grande matematico, filosofo e
sacerdote russo, tr. it. a cura di Valentini N. e Zak L., Oscar Mondadori, Milano 2008, pp. 415-
416). E nel 1921: «Amati figlioletti miei, il mio cuore si strugge per voi. Quando crescerete, capi-
rete quanto si strugga il cuore di un padre e di una madre per i figli» (ib., p. 417).
9 «La morte infatti mi circonda; non nei miei pensieri, non la morte in genere, ma la morte dei
miei cari, perduti in questi anni» (FLORENSKIJ P.A., La colonna e il fondamento della Verità, tr. it.
di P. Modesto, Rusconi, Milano 19982, p. 44).
10 Ib., p. 551.
11 Ib., p. 45. E continua: «Queste parole non le dico io, con la mia povera esperienza: le testimo-
nia Teofane il Recluso che si è sprofondato tutto nell’Unico Centro. Al di fuori di quest’Unico
Centro, l’unica certezza è che niente c’è di certo e che niente c’è di più miserabile e di più superbo
dell’uomo. (…) Sì, nella vita tutto si agita, tutto vacilla in immagini di miraggio, ma dal profondo
dell’anima si innalza la necessità ineluttabile di appoggiarsi alla “colonna e fondamento della ve-
rità” (1Tm 3,15) (…)» (ib., p. 45).
12 La critica alla metafisica astratta è il tratto tipico della filosofia di molti pensatori russi della se-
conda metà dell’800 e dell’inizio del ‘900. La loro proposta, che tendeva ad abbattere il mito del-
l’assoluta contraddittorietà tra l’approccio empirico-fenomenico (tipico della modernità) e quello
metafisico-trascendente, coincideva con lo sforzo di elaborare i presupposti teoretici di una ‘nuova
filosofia’ definita ‘idealismo/spiritualismo concreto’ (S.N. Trubeckoj, L.M. Lopatin, entrambi pro-
fessori di Florenskij all’Università di Mosca), ‘ideal-realismo concreto’ (N.O. Losskij), ‘realismo
trascendente’ (N.A. Berdjaev) o anche, come nel caso di Florenskij, ‘metafisica concreta’. Uno dei
primi importanti tentativi del Nostro di contribuire al superamento della metafisica astratta di tipo
scolastico è rappresentato proprio da La colonna e il fondamento della Verità, in cui all’impietrito
e mortificante sostanzialismo della legge d’identità viene contrapposto il principio dinamico della
relazione pensato sull’orizzonte del dogma trinitario.
13 FLORENSKIJ P.A., La colonna…, cit., p. 114.
14 ID., Dogmatismo e dogmatica, in ID., Il cuore cherubico. Scritti teologici e mistici, tr. it. a cura
di Valentini N. e Zak L., Piemme, Casale Monferrato 1999, p. 163.
15 Cfr. ID., Il significato dell’idealismo, tr. it. a cura di Valentini N., Rusconi, Milano 1999, pp. 65-68.
16 Si vedano in particolare il secondo e il terzo capitolo di La colonna e il fondamento della
Verità. Per uno studio della gnoseologia e dell’ontologia trinitaria di Florenskij mi permetto di ri-
mandare al mio Verità come ethos. La teodicea trinitaria di P.A. Florenskij, Città Nuova, Roma
1998, pp. 224-297 (cap. 3: La Verità come Trinità).
17 Per dirla con le parole del Nostro: «L’autodimostrazione e autofondazione dell’Io del Soggetto
della Verità è un rapporto con il Lui attraverso il Tu. Attraverso il Tu, l’Io si fa Lui oggettivo e in
questo trova la propria affermazione e oggettivazione come Io. Il Lui è l’Io rivelato. La Verità con-
templa Se stessa attraverso Se stessa e in Se stessa, e ogni momento di questo atto assoluto è asso-
luto, è la Verità. La Verità è la contemplazione di Sé attraverso l’Altro nel Terzo: Padre, Figlio, Spi-
rito. Ecco la definizione metafisica della ‘sostanza’ (ουσία), dell’autodimostrabile Soggetto che,
come si vede, è una relazione sostanziale. Il soggetto della Verità è relazione di tre, ma relazione-
sostanza. Il Soggetto della Verità è la Relazione di Tre. E siccome la relazione concreta è un siste-
ma di atti di attività vitale, nel nostro caso un sistema infinito di atti sintetizzati in unità (oppure un
atto unico infinito), possiamo affermare che la ουσία della Verità è l’Atto infinito di Tre nell’U-
nità» (FLORENSKIJ P.A., La colonna…, cit., pp. 83-84).
18 Florenskij spiega: «Nell’uomo non c’è nessuna realtà che sia male, invece è male l’uso fallace
delle forze e dei beni, cioè la deformazione dell’ordine della realtà» (ib., p. 322).
te»19 della vita. Grazie a Cristo, cioè, il mondo è stato illuminato dalla
luce della Trinità.20 In Lui ci è stata comunicata quella Verità che altri-
menti, se non fosse stato Dio a rivelarla, sarebbe rimasta solo un’intui-
zione mistica o un’eterna ipotesi: intuizione e ipotesi circa l’esistenza
della perfetta unità nella molteplicità, ossia dell’Unità Infinita. E ciò
perché la trinitarietà di Dio è un dogma «che nessuno, all’infuori di Dio
stesso poteva annunciare, data la sua translogicità; un dogma che sulle
labbra di un non Dio sarebbe rimasto un coacervo di parole».21 In quan-
to per esprimere un’ipotesi (della Verità) «che chiaramente contraddica
le norme della ragione bisognava vivere nelle viscere della Santissima
Trinità, essere Figlio di Dio, e per poter verificare questa ipotesi è ne-
cessaria un’autorità infinita fondata su un amore che sacrifica se stesso,
su una purezza immacolata, su una bellezza inattingibile e su una sa-
pienza incontestabile».22
Se in Cristo si è rivelata la norma dell’essere e l’incorrotta bellezza
originaria del creato e di ogni uomo, in Lui Dio pronuncia il giudizio
definitivo su ciò che, nel mondo, è destinato a perire, perché privo del
legame con tale norma e tale bellezza, ossia con l’ordine ‘eterno’ del-
l’essere. E questo è il destino del ‘male’. Il vero male, infatti, è tutto ciò
che non partecipa di tale ordine, che con esso non ha alcun legame. Le
concretizzazioni e gli effetti devastanti di tale realtà non sono affatto fit-
tizi né di poco conto, anzi. Eppure quanto all’ordine dell’essere, la con-
sistenza ontologica di essi è effimera, nulla. «Il Triuno è luce d’amore»
– afferma Florenskij – «e in questo è Essere; fuori di Lui c’è la tenebra
dell’odio e quindi l’eterna distruzione».23 Perciò, «l’essenza del male
sta nel rigettare l’homooùsios e solo in questo».24 La terminologia reli-
25 E continua: «La banalità non è altro che l’inclinazione a strappare tutto quanto si vede dalle sue
radici e a considerarlo autosufficiente e perciò irragionevole, cioè stupido» (ib., p. 230).
26 Ib., 205. Un’intensa meditazione su questo tema si trova in FLORENSKIJ P.A., Interpretazione
mistica del Salmo 125, in ID., La mistica e l’anima russa, tr. it. a cura di Valentini N. e Zak L., San
Paolo, Cinisello Balsamo 2006, pp. 68-70.
27 FLORENSKIJ P.A., La colonna…, cit., p. 205.
Una simile impostazione del problema del male non dispensa co-
munque dall’interrogarsi sul Dio Creatore e sulla Sua giustizia. Egli
può essere pensato ancora come Onnipotente? Dov’è Lui quando il
creato viene devastato, quando l’uomo soffre e, soprattutto, quando l’in-
nocente, pugnalato dal sanguinario aguzzino, lancia l’ultimo grido di
dolore? Forse davvero si è pentito per aver creato il mondo degli uomini
(cfr. Gn 6,6) e ha abbandonato l’opera delle Sue mani? Come scrisse
Evgenij Trubeckoj, uno dei filosofi contemporanei a Florenskij, queste
e altre domande toccano la questione del rapporto tra il male e l’inten-
zione creatrice di Dio, la Sua prescienza, questione che da sempre sfidò
e tormentò i migliori filosofi e teologi cristiani. «Possiamo ammettere»
– spiega Trubeckoj – «che il male sia il risultato della libera autodeter-
minazione della creatura. Con ciò, però, il problema non si risolve in
quanto Dio, per il fatto stesso di aver creato la sua creatura libera, ha
non solo reso possibile il male, ma anche la sua stessa realtà. Infatti,
Lui dall’eternità sa come ognuno degli uomini adopererà il proprio do-
no della libertà. Perciò viene da chiedersi: che rapporto ha Dio nei con-
fronti del concreto male conosciuto tramite la Sua prescienza? Questo
male è incluso nell’intenzione preeterna di Dio riguardante la creatura?
Evidentemente, dal punto di vista religioso non è sufficiente nessuna
delle risposte possibili a questa ultima domanda. Se la risposta è sì, ciò
significa che Dio direttamente o indirettamente è colpevole per il male.
Se la risposta è no, in quel caso viene da chiedersi se il fatto che qual-
cuno possa trasgredire la volontà di Dio, le Sue intenzioni, non sia un
indicatore della debolezza di Dio. O forse queste due risposte non sono
che una conferma del fatto che questa questione non ha una soluzione
dal punto di vista religioso? Nel senso che né un Dio che non vuole il
male, né quello che, pur non volendolo, lo deve sopportare, sarebbero
l’oggetto degno di una riflessione religiosa. Ci sarà, però, una via d’u-
scita da questo fatale dilemma?».28
La riposta di Florenskij a tali domande s’iscrive nel quadro appena
presentato sopra: essa, da un lato, mantiene ferma l’idea della bontà in-
28 TRUBECKOJ E.N., Smysl zizni (Il senso della vita), Respublika, Moskva 1994, pp. 87-99.
trinseca – sul piano dell’essere – sia della prima creazione che del crea-
to dopo il peccato originale, uomo incluso;29 dall’altro, considera fon-
damentale, per la concezione di Dio, l’evento della Sua rivelazione nel-
la persona di Gesù Cristo, che testimonia la concretezza e la radicalità
dell’interesse e dell’amore di Dio per la Sua creatura. Inoltre, la risposta
del Nostro è affine a quella di tutti coloro che in Russia, da Dostoevskij
fino a Bulgakov e Karsavin, hanno sviluppato l’idea di un Dio umile,
misteriosamente rispettoso di fronte alla volontà e alla libera attività de-
gli uomini, legittimi amministratori degli spazi di vita progettati dalla
Sapienza divina. Essa invita a intravedere in Dio colui che, dopo aver
depositato nel terreno dell’esistenza creaturale la ‘moneta’ con la Sua
immagine,30 lascia agli uomini la libertà di trovarla e moltiplicarla, o di
ignorarla e seppellirla ancor di più.31
Va ricordato, poi, che la risposta di Florenskij viene articolata a par-
tire da due importanti presupposti: la verità della provvidenza Divina e
la verità della libertà della creatura, professate con la consapevolezza
che entrambe «costituiscono nella loro antinomia un unico dogma, il
dogma dell’amore di Dio per la creatura, che si basa sull’idea di Dio-
amore, cioè sulla triadicità di Dio».32 Il senso centrale di un tale dato di
fede è il seguente: visto che «Dio è Amore sussistente, Amore internato
in Se stesso, e quindi esternato fuori di Sé»,33 ciò significa che la Sua
29 Cfr. FLORENSKIJ P.A., Empiria ed empirea, in ID., Il cuore cherubico…, cit., p. 64.
30 Il pensatore russo sviluppa quest’idea tramite una suggestiva interpretazione della parabola dei
talenti (cfr. Mt 25,14-30; Lc 19,12-27) in FLORENSKIJ P.A., La colonna…, cit., pp. 268-271.
31 Scrive il Nostro: «Dio è attorno a noi, presso di noi, ci circonda: “in Lui infatti viviamo, ci
muoviamo ed esistiamo”, immersi nell’inesplorabile abisso delle azioni Divine, grazie alle quali e
attraverso le quali possiamo esistere. Queste energie Divine, che sono la Divinità stessa, ci guidano
e operano su di noi, anche se noi spesso non lo sappiamo. Ma al di là di tutto ciò, c’è la sfera della
nostra libertà che con le sue radici attinge dalle stesse energie Divine fondandosi del tutto su di es-
se, ma che, allo stesso tempo, alle sue vette possiede il dono dell’autodefinizione, il dono di com-
piacersi o no della vita con Dio, possiede il potere di venire da Lui o di allontanarsi da Lui. Questo
è il potere della nostra soggettività, di quel qualcosa di ontologico che è del soggetto e che, contra-
riamente al soggettivismo privo di forza ed energia, è di carattere cosmico. È in nostro potere di
spalancare i nostri cuori alla Sorgente dell’essere ricevendone i flussi della vita, oppure, al contra-
rio, di chiuderci nella soggettività, rifugiarci sotto terra, fuggire dall’essere. Ma in quel caso inizia-
no a prosciugarsi i nostri legami con il mondo e tutto il nostro essere è in punto di morte» (ID., Fi-
losofia kuºta. Opyt pravoslavnoj antropodicei [Filosofia del culto. Saggio di antropodicea ortodos-
sa], Mysl’, Moskva 2004, p. 393).
32 ID., La colonna…, cit., p. 337.
33 Ib., p. 348.
34 Ib., p. 348.
35 Ib., pp. 348-349.
36 Ib., p. 262.
37 Ib., pp. 262-263.
la morte (1932) di Karsavin, opera dedicata al tema del nesso tra la sof-
ferenza di Dio e il Suo infinito amore per gli uomini. Dipingendo, in es-
sa, i tratti del volto kenotico di Dio, Karsavin afferma:
«Vuole Dio morire pienamente: col Suo Amore sacrificale vuole di-
vinizzare interamente il mondo. Ma per amore della libertà del mondo
Egli non permette alla Propria volontà di manifestarsi interamente, di
diventare atto. Egli vuole senza alcun ‘non’, ma costringe Se stesso a
fare, come uno schiavo, soltanto ciò che il mondo vuole. Non permette
a Se stesso di versare nel mondo più amore di quello che il mondo ri-
chiede. Egli soffre della piccolezza della sofferenza del mondo: vive a
metà, senza speranza nella Morte, muore eternamente all’inferno. Un
fuoco insopportabile brucia il Cuore Divino. Qualsiasi gioia del mondo
a Dio non arreca più gioia. E il mondo non lo nota neppure. Dio così
creò l’uomo, e così nascostamente alberga nel mondo, che non sai se
Dio ci sia o non ci sia».41
41 KARSAVIN L., Poema sulla morte, in SICLARI A.D., L’estetico e il religioso in L.P. Karsavin,
Franco Angeli, Milano 1998, pp. 101-102.
essa inizia a percepire nel proprio cuore lo stesso ritmo di vita che batte
nel petto di tutto il creato e in ogni sua singola parte: il ritmo dell’ordi-
ne ‘eterno’ dell’essere. Volendo accennare proprio a questo tipo di espe-
rienza, Florenskij scrive:
«Discendi in te stesso e vedrai ampie volte. Abbandona il timore, ad-
dentrati ancor di più nella profondità della grotta. I tuoi piedi poggiano
sulla calda sabbia, morbida di giallo velluto, che dà sollievo. Qui il tuo
passo è leggero. Qui è secco e quasi caldo. Frammenti di tempo come
gocce ritmicamente si staccano dalle volte e precipitano nel profondo
dell’abisso. Le gallerie echeggiano, colme di un suono che in esse si li-
bra: come se innumerevoli pendoli battessero i rintocchi. Come nella
bottega dell’orologiaio, ritmi incalzanti si rincorrono e si sovrappongo-
no l’un l’altro, si intrecciano e si sciolgono. Nello spazio dilatato vibra
il senso del nostro destino. I cuori di tutte le creature pulsano in questa
profondità. Qui, nel passaggio dalle tenebre alla luce, hanno origine tut-
te le cose del mondo. In queste grotte è un intrecciarsi di ritmiche vibra-
zioni, veloci e lente, sorde e sonore, di rimbombi e di echi che si richia-
mano, questo è il vivo grembo che si chiama Universo. Qui, nel grembo
della terra, si raccolgono anche i flussi stellari che si cristallizzano in
pietre preziose. Proprio qui, sotto le volte di queste grotte del cuore,
sorgerà splendente la Stella del Mattino».42
Il pensatore russo non dimentica mai di ribadire che una simile espe-
rienza non sarebbe possibile senza quella testimonianza radicale di
amore offerta da Dio in Gesù Cristo, in particolare nel momento della
Sua morte e risurrezione, che rivelò il drammatico contrasto tra la vera
e originaria sapienza della vita e la pseudo-sapienza del ‘mondo’ (cfr.
1Cor 1,17-30). Sulla ragione della centralità di tale testimonianza egli è
in piena sintonia con Massimo il Confessore, il quale afferma: «Colui
che ha conosciuto il mistero della croce e del sepolcro conosce anche le
ragioni essenziali di tutte le cose».43
La fede di Florenskij in Dio-Amore e la sua quotidiana fedeltà alla
legge nuova nelle condizioni disumane e terrificanti del gulag staliniano
42 FLORENSKIJ P.A., Sulla collina Makovec, in ID., Il cuore cherubico…, cit., pp. 256-257 (la trad.
è stata revisionata).
43 Citato in LOSSKY V., La teologia mistica della Chiesa d’Oriente, tr. it. di M. Girardet, EDB,
Bologna 1990, p. 143.
44 Uno straordinario e insieme drammatico documento che attesta la sua coraggiosa fede è rappre-
sentato dalle lettere carcerarie che egli inviò ai famigliari, pubblicate in FLORENSKIJ P.A., «Non di-
menticatemi». Le lettere dal gulag staliniano del grande matematico, filosofo e sacerdote russo, tr.
it. a cura di Valentini N. e Zak L., Oscar Mondadori, Milano 2006.