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Elementi Di Architettura Tecnica PDF
Elementi Di Architettura Tecnica PDF
ELEMENTI
DI ARCHITETTURA
TECNICA
Quarta edizione
ampliata e aggiornata
a cura di Paolo Andriolo Stagno
Giorgio Baroni e Francesca Franchini
CLEUP EDITORE-PADOVA
Prima edizione: settembre 1970
Seconda edizione: marzo 1975 Tutti i diritti sono riservati;
Terza edizione: maggio 1982 nulla può essere riprodotto
Quarta edizione: aprile 1986 senza il permesso dell'Editore.
Ristampa corretta: febbraio 1991
Ristampa: febbraio 1995
Ristampa: maggio 1998
Cap. 3 IL LEGNO 29
Proprietà e prove relative ai legnami 30
Classificazione dei legnami 32
Principale impiego dei legnami 34
Difetti dei legnami 34
Applicazione dei legnami come elementi costruttivi 35
Lavorazione del legno 35
Cap. 7 LE MURATURE 61
Definizioni . 61
Materiali impiegati nelle murature 61
Nomenclatura delle murature 62
Murature con funzione strutturale 63
Caratteristiche fisico-tecniche delle murature 66
Caratteristiche estetiche delle murature 66
Nomenclatura delle parti costitutive le murature laterizie . . 67
Prove per la determinazione della resistenza e del carico
ammissibile 74
Carichi gravanti sulle murature 76
Cenni sulle murature non laterizie 83
Norme costruttive 84
VI
Cap. 9 ILFERRO 91
I materiali ferrosi 94
Requisiti fondamentali dell'acciaio 95
Caratteristiche dell'acciaio 96
Caratteristiche negative 97
Caratteristiche positive 99
Acciai speciali 99
Formati e denominazioni 100
Esempi profilati a doppio T 1 02
Norme per la progettazione 104
Acciai da costruzione 106
Collegamenti 109
Confronto acciaio calcestruzzo armato 122
Cap. 10 IL CALCESTRUZZO ARMATO 135
Cenni storici 136
II calcestruzzo di cemento 156
Il cemento 156
Gli inerti 163
La ghiaia 164
L'acqua 167
Il calcestruzzo 167
Tensioni ammissibili 181
Controllo di qualità del conglomerato 182
L'armatura metallica 187
Casse forme e sostegni per il getto 198
Enzo Bandelloni
Prefazione alla terza edizione del 1982
Pierluigi Giordani
Direttore dell'Istituto di Architettura e Urbanistica
dell'Università di Padova
Gennaio 1982
CAPITOLO PRIMO
cui ancora oggi restano evidenti tracce. Con i romani il laterizio, cioè l'ele-
mento parallelipedo di argilla impastata, formato e cotto in fornace, diven-
ne il simbolo e la visione di un fatto costruttivo del tutto nuovo. E' però da
dire che negli elementi dell'architettura romana il muro o l'arco non era co-
Fjg. 1.2 — Archi romani sulla via Nova, ai piedi del Palatino.
mico nello stesso senso, ad esempio, di una cattedrale gotica. La verità è che
una volta asciugato, il calcestruzzo romano era quasi del tutto inerte. Gli ar-
chi di sostegno e simili elementi avevano senza dubbio una notevole impor-
tanza durante la costruzione; ma l'edificio, una volta terminato, si reggeva
grazie alla grande resistenza ed alla monoliticità del calcestruzzo stesso. Muri
e volte potrebbero, in teoria, essere costruiti nella forma preferita dall'archi-
tetto, purché la struttura progettata fosse abbastanza resistente da sostenere
6
Fig. 1.5 - 1.6 - Chiesa di S. Anna ad Annaberg (1499). Pianta e particolare della volta.
10
li viviamo, e sul quale si tornerà sia pur brevemente nel corso dei capitoli che
seguono.
Bibliografia
IL PROBLEMA TECNICO
STRUTTURALE
ture, e come di conseguenza i nostri schemi non possono dare se non un'im-
magine approssimativa, e non di rado sfocata e incerta, di quel che accade
nella realtà.
Abbiamo già accennato che il progetto di una struttura è da ritenere
in genere emanazione tanto dell'arte quanto della scienza del costruire es-
sendo determinante l'apporto dell'immaginazione, senza la quale è certo che
sarebbe stata ben diversa la storia dell'uomo.
Moderni mezzi come i calcolatori possono venir molto utilmente im-
piegati nel calcolo per risparmiare snervanti elaborazioni numeriche e per
consentire di saggiare diverse soluzioni. Ma al progettista spetterà sempre
il compito di distinguere prima quel che vuole e può ottenere dalla mac-
china, poi analizzare e coordinare i risultati e di prendere le decisioni con-
clusive; e rimarranno indispensabili, terminati i calcoli, le revisioni delle
ipotesi fatte, i riscontri delle previsioni avanzate, mantenendo al di sopra
delle elaborazioni numeriche la visione dell'opera nel suo complesso e vi-
vido il giudizio critico conclusivo, per poter constatare se i proporziona-
menti rispondano a quell'esigenza di equilibrio generale delle masse che,
quando sussista, è il primo indice di un favorevole stato di cose.
Occorre che i potenti strumenti di calcolo di cui oggi dispone il pro-
gettista siano intesi come mezzi per lasciar più libera la sua attività creati-
va, che rischia di restare ottenebrata da calcoli gravosi, e per dar maggior
respiro alla messa a punto del progetto e allo studio dei particolari costrut-
tivi, non di rado invece trascurati, nonostante la grande importanza che es-
si possono avere: le difese dagli eccessi delle temperature e dai rumori nel-
le abitazioni, la scelta dei materiali per protezione e ornamento, l'impermea-
bilizzazione delle coperture, la corretta specificazione di vincoli, giunti, infis-
si, scarichi delle acque e condutture costituiscono aspetti del progetto tut-
t1 altro che secondari, ciò che appare chiaramente, se si riflette al danno che
un negligente e maldestro studio di essi può provocare a chi dovrà utilizza-
re l'opera, o all'influenza che essi possono avere nella preservazione del-
l'opera stessa.
A riguardo delle condizioni di carico più frequentemente ricorrenti
nella pratica del progettista, è da far rilevare che tutte le costruzioni pos-
sono essere sottoposte a forze di varia natura, distribuzione e intensità. Al-
cune agiscono senza modificazioni nel tempo, e sono quindi dette perma-
nenti; altre, essendo invece variabili, sono dette accidentali, o sovraccarichi,
e richiedono quindi la previsione, riferita a indispensabili termini probabi-
listici, delle più gravose entità e delle diverse maniere di essere applicate.
Per il calcolo delle costruzioni frequentemente ricorrenti nella prati-
ca dei progettisti, il più delle volte si fa riferimento, relativamente ai cari-
chi accidentali, a condizioni semplificate e convenzionali, non di rado po-
co rispondenti alla realtà,-tuttavia atte a riprodurre stati di' sollecitazione
che siano non inferiori a quelli più gravosi conseguenti ai carichi effettivi,
o che abbiano la loro legittimità sancita dall'esperienza. Nella maggioranza
20
Del fatto che le forze possono essere applicate in modo brusco, i dati
della Tab. 2.1 tengono larvatamente conto assumendo per le pressioni valo-
ri superiori a quelli corrispondenti al massimo affollamento statico. Gli ef-
fetti dinamici dipendono però anche dalle caratteristiche della struttura e
non di rado può essere non più legittimo prescindere da esse; cosi per i pon-
ti, i carichi accidentali vengono amplificati mediante un moltiplicatore, che
della "risposta" della struttura tiene conto facendo comparire nelle sue e-
spressioni la sola distanza (luce) fra le estremità dell'opera, ossia soltanto
uno, se pure fra i più significativi, dei vari parametri che intervengono nel
complesso fenomeno quali, ad esempio, il rapporto fra i pesi mobili e fissi,
i vincoli della struttura.
Ma in certi casi la natura dinamica delle forze diviene essenziale al pun-
to che sarebbe privo di senso un calcolo ancorato a quello statico: è quel
che può accadere, ed esempio, quando si debbano valutare gli effetti dipar-
ti di macchine in movimento, di azioni sismiche e, alle volte, di azioni del
vento, per i quali, oltre ai problemi inerenti alla resistenza, può presentarsi
quello di definire il grado di sicurezza nei confronti del grande pericolo di
risonanze.
Il vento ha natura molto complessa: mutevole, comporta in genere
una azione di fondo abbastanza persistente, che può essere assimilata a un
carico statico; e presenta anche fluttuazioni, di più elevata frequenza e di
variabile rilevanza rispetto alla parte media, che possono provocare solle-
citazioni dinamiche di sensibile portata per le strutture molto deformabili.
Ma anche quando il vento spira pressocché regolarmente, si possono mani-
festare, per particolari fenomeni aerodinamici, vibrazioni trasversali, ossia
in piani normali alle direzioni dello stesso vento, che spesso possono risul-
tare superiori, pur con eguali deformabilità correlative della struttura, a
quelle massime che si verificano longitudinalmente a causa delle raffiche.
Le azioni esterne che il vento applica a una costruzione sono com-
plesse, non di rado imprevedibili e dipendenti da numerose circostanze.
La velocità e la direzione del vento, la forma, l'esposizione e l'altezza del-
l'edificio, la località (in relazione anche alla vicinanza di altre costruzioni
e alla natura del suolo), la forma, la permeabilità e la scabrezza delle super-
fici esterne della costruzione sono condizioni che possono avere determi-
nante importanza sul valore delle pressioni esercitate dal vento, ma pur-
troppo il legame fra il valore della pressione in un punto e una delle varia-
bili mette in gioco anche parte delle restanti, e possono essere non lievi gli
errori se si considerasse tale legame univoco.
Il vento provoca pressioni e depressioni, e non di rado i più temibili
effetti sono dati da queste ultime o dalla simultanea azione di entrambe; le
depressioni (che sono considerate negative) si manifestano in genere sulle
superfici sotto vento, ma non sono infrequenti anche per quelle sopra ven-
to. Si suppone di solito che il vento spiri orizzontalmente con velocità e di-
rezione persistenti, assimilando quindi la sua azione fluttuante ad una forza
22
infine per le parti dell'edificio più alte di 100 m, si può considerare costan-
te il valore raggiunto a 100 m (variabile da 108 a 168 Kg/m2 secondo la zo-
na), poiché praticamente non si fa più risentire l'azione frenante operata
al suolo.
Invece il carico sulla copertura di una costruzione dovuta alla neve è
da determinare tenendo conto delle condizioni locali. In ogni caso, il carico
relativo alla proiezione orizzontale della copertura dev'essere assunto, per
località di altitudine h minore di 300 m, non inferiore a 90 Kg/m2 (Piemon-
te, Valle d'Aosta, Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia-Giulia, Lombardia, Ve-
neto, Emilia, Marche, Umbria, Abruzzi) e a 60 Kg/m2 (per le restanti regio-
ni); per più elevate altitudini, la precedente pressione deve essere aumentata
di 0,15 (h - 300) (Kg/m 2 , con h in m).
Oltre i 2000 m sono però difficili le previsioni, e le pressioni possono
essere molto maggiori di quelle precedentemente citate.
vamento delle strutture sotto carico, il valore delle tensioni ammissibili vie-
ne di norma fissato ad una frazione della resistenza a snervamento o a rot-
tura; i coefficienti di sicurezza (rapporto tra tensione ammissibile e resi-
stenza a rottura o a snervamento) così introdotti dipendono da diverse con-
dizioni: l'uniformità del materiale ed il controllo della sua produzione, le
sue proprietà di resistenza prima definite, il tipo di sollecitazione, la per-
manenza e la certezza dei carichi, l'uso infine a cui la struttura viene adi-
bita.
Bibliografia
IL LEGNO
strette e con pareti robuste. Per questa ragione il legname che si forma du-
rante l'estate è di colore più scuro, più resistente e compatto.
Nei nostri climi, nei quali si ha una successione regolare di stagioni di
vegetazione e di riposo, ogni anno si aggiunge normalmente un anello le-
gnoso, detto appunto anello annuale, composto da uno strato di cellule
compreso tra il libro e il legno.
Osservando quindi una sezione del legno, dal numero di anelli di ac-
crescimento si può calcolare approssimativamente l'età della pianta.
fibre incrociate fino a formare uno spessore di uno o due centimetri. Sotto
lo stesso nome si hanno altri pannelli formati da prismi di legno accostati
e incollati così da formare una tavola: sulle due faccie di tale tavola ven-
gono incollati due normali compensati.
Altro particolare impiego il legno può trovarlo nei pannelli agglome-
rati truciolari (tipo Faesite) che si ottengono con pressatura ad alta tem-
peratura; il prodotto finito si presenta come pannello anche di minimo spes-
sore, compatto e durissimo, di solito finito e smaltato su di una faccia e
lasciato grezzo dall'altra.
Il legno può anche essere usato come materiale isolante sia termico che
acustico (come isolamento e come correzione) in appositi pannelli di spes-
sore variabile da cm 1 a 7,5 costituiti da fibre di pioppo imbevute in una
soluzione concentrata di solfati di magnesio e trattati termicamente in for-
ni ad alta temperatura {Eraclit).
Le fibre di legno così trattate subiscono un vero processo di mineraliz-
zazione e pertanto risultano inalterabili nel tempo mentre la sua struttura,
costituita da un insieme di piccole celle irregolari, conferisce al pannello
elevati doti di leggerezza e di isolamento. Tale materiale è largamente im-
piegato nelle costruzioni, data la capacità autoportante del pannello, la fa-
cilità della posa in opera, la possibilità di intonacatura, ed il costo non ele-
vato.
CAPITOLO QUARTO
I MATERIALI LAPIDEI
Le rocce eruttive provengono dalle viscere della terra, da cui sono usci-
te allo stato fuso ad alta temperatura, e si sono nel tempo poi solidificate in
superficie.
Sono essenzialmente rocce di tipo vulcanico, come graniti, porfidi, ba-
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Tabella comparativa di resistenza alle sollecitazioni per taluni tipi di pietre naturali.
Fig. 4.1 - Sistemi di attacco di lastre usate come rivestimenti esterni di facciate.
Fig. 4.2 — Pannelli prefabbricati di tamponamento con faccia esterna in materiale lapideo di minimo
spessore.
Bibliografia
e le riviste specifiche:
CERAMICI - LATERIZI
in grandi cumuli, all'aperto, ove per opera del gelo e del disgelo, si degrada-
no le argille liberando le sostanze estranee. Questa operazione permette che
il materiale si riduca in grani di dimensioni molto piccole. Può anche essere
eseguita un'operazione meccanica (estivazione), nella quale le argille vengo-
no sminuzzate, raffinate, mescolate ed impastate e se necessario con una
decantazione che avviene in una serie di vasche con fondo perforato a gri-
glia; in tale caso le operazioni 2 e 3 vengono a coincidere in un unico pro-
cedimento meccanico.
3) Mescolazione: la pasta viene finemente impastata con particolari
macchine ad elica e viene eventualmente corretta la composizione aggiun-
gendo quei materiali che mancano o che non sono in esatta percentuale
per una perfetta composizione della miscela.
4) Impasto e modellazione: i singoli elementi di argilla vengono mo-
dellati a mano, procedimento ormai in disuso, oppure a macchina per pres-
satura; gli elementi per solaio vengono trafilati e tagliati con un filo d'ac-
ciaio per ottenere elementi di lunghezza desiderata, cosi come gran parte
degli altri elementi forati.
5) Essicazione: una volta modellati, i pezzi vengono essiccati e tale
operazione può essere naturale, sotto delle tettoie dove vengono asciugati
dall'azione dell'aria, oppure artificialmente nella quale i singoli pezzi ven-
gono immessi in opportune camere ad aria calda, con eventuale ricupero
del calore di cottura.
6) Cottura: avviene normalmente intorno a 950-1000°C con ciclo di
alcune ore, che negli impianti più moderni si tendono sempre a ridurre
(8-4 ore): un tempo erano generalmente usati i forni a fuoco mobile tipo
Hoffmann a camere comunicanti e recupero di calore, oggi è invece più dif-
fuso l'uso di forni a tunnel.
Laterizi:
- Mattoni pieni (UNI 5626/65) da cm 5,5x12x25 del peso di 2,8
kg ciascuno; persistono ancora in produzione mattoni con formati tradizio-
nali locali, come il veneto 6x 13x26.
- Mattoni semipieni (UNI 5629/65): trasversalmente allo spessore
prevedono dei fori di diametro inferiore a 15 mm distanti fra loro almeno
7 mm, peso circa 2,4 kg ciascuno. Vengono anche prodotti in dimensioni
di cm 12x12x25 denominati "bimattoni".
— Mattoni forati (UNI 1607) generalmente hanno 2-3 oppure 4-5 fori
longitudinali e superficie esterna rigata.
— Blocchi forati (UNI 5630/65) si fabbricano in forme e dimensioni
diverse con incastri verticali o orizzontali per facilitare la posa in opera e li-
mitare l'impiego di malte.
Tabella 5.1
Piastrelle
Laterizi alleggeriti
stico si ricorre anche a prodotti laterizi nei quali viene esaltata la porosità,
anche se a scapito del peso specifico e della resistenza meccanica.
La tecnologia di produzione dei mattoni "leggeri" contempla l'impie-
go in miscela (oltre ai prodotti consueti) di prodotti combustibili che libe-
rano pertanto gas al momento della cottura e ostacolano il processo di sin-
terizzazione. Si ricorre a antracite, segatura di legno, farina di coke e di li-
gnite. Si possono usare anche carbonati che liberano anidride carbonica.
Il processo di formatura è del tutto simile a quello già descritto per
i mattoni più compatti sol che si ricordi che le deformazioni in cottura di
tali prodotti sono molto più sensibili ed è quasi sempre necessaria una ope-
razione finale di rifilatura.
Se la formatura avviene per colaggio si possono avere prodotti porosi
anche trasformando la sospensione in una schiuma addizionando opportuni
agenti emulsionanti e mantenendo l'insieme fortemente agitato per inglo-
bare la massima quantità d'aria.
Si fabbricano mattoni isolanti per impianti frigoriferi (fino a -100°C)
per temperatura ambiente, per temperature fino a 150°C e oltre. Mattoni
refrattari sono considerati quelli che resistono a temperature superiori ai
500-600°C.
La resistenza a compressione di questi ultimi non deve essere inferio-
re ai 50 kg/cm 2 ma può arrivare fino a 200, la conducibilità termica è me-
diamente 0,5-0,7 kcal/m/h/°C.
Nei mattoni porosi la porosità è dell'ordine del 50% e il peso specifico
attorno a 1 ma si possono ottenere valori anche molto più bassi come 0,3-
0,4g/cm 3 .
Se la porosità è del tipo aperto occorre impermeabilizzare il manufat-
to per impedire la penetrazione di umidità dato che la conducibilità termi-
ca dell'acqua è circa 20 volte quella dell'aria. In genere alle alte tempera-
ture è preferita la presenza di moltissimi pori piccoli e chiusi non collegati
fra loro per diminuire la trasmissione di calore per irraggiamento.
Una interessante e nuova elaborazione del laterizio tradizionale è rap-
presentata dal Poroton, owerossia "argilla porizzata", così denominata
dall'ing. Sven Fernhof suo ideatore. Questa macroalveolatura, ottenuta in-
serendo nell'impasto argilloso — prima della trafilazione — una miriade di
sferette del diametro di circa 1,5 mm di una sostanza a bassa temperatura
di sublimazione (polistirolo espanso), esalta le doti di benessere abitativo
proprie del laterizio tradizionale. Alle caratteristiche di leggerezza (800
kg/m 3 ) questo materiale unisce notevoli capacità isolanti sia dal punto di
vista termico che acustico, per cui è possibile ottenere, a parità di isola-
mento, murature più leggere e di spessore ridotto rispetto a quelle costrui-
te con il laterizio tradizionale.
Allo stesso scopo viene prodotta anche l'argilla espansa, LECA (Light
Expanded Clay Aggregate), inerte leggero ottenuto attraverso un procedi-
mento di cottura ad alta temperatura (clinkerizzazione) di speciali argille;
54
Bibliografia
I LEGANTI - LE MALTE
a) Calci aeree
Con questo nome vengono indicate quelle calci capaci di dare malte
che induriscono soltanto all'aria, mentre in presenza d'acqua non indurisco-
no, si spappolano e non fanno presa.
Sono ottenute, come accennato in precedenza, dalla cottura di calcari,
dalla quale si produce l'ossido di calcio anidro, calce viva, che ha la caratte-
ristica di essere caustico ed avido d'acqua. L'ossido così ottenuto deve esse-
56
re idrato per ottenere la calce spenta; tale operazione viene eseguita in va-
sche trapezoidali, dette bagnoli, con fondo in mattoni e sponde in legno,
e con l'aggiunta di acqua per circa tre volte il peso della calce viva. Dal ba-
gnolo, il latte di calce ottenuto con la mescolatura continua per due o tre
ore della calce viva con l'acqua, viene scaricato attraverso un'apertura mu-
nita di griglia posta sulla base minore della vasca, in fosse dette calcinai, do-
ve la pasta si raffredda, dato che nel processo di spegnimento si sviluppa
calore, l'acqua evapora e si deposita la vera pasta, o grassello di calce, che si
usa per formare le malte.
Nella calcinaia il grassello viene lasciato a lungo in riposo, coprendolo
con uno strato di acqua o di sabbia, per impedire che la calce perda le sue
proprietà indurendo per assorbimento dell'anidride carbonica dell'aria. In
genere si prescrive che per la formazione di murature il grassello debba es-
sere stato idratato da non meno di venti giorni, mentre per gli intonaci il
periodo richiesto minimo è di due mesi.
La presa della calce spenta, una volta posta in opera, avviene per mez-
zo del fenomeno della carbonatazione, ossia la calce assorbendo l'anidride
carbonica dell'atmosfera si trasforma indurendo in carbonato di calcio. Per-
tanto la calce aerea per la sua proprietà di indurire solo a contatto con l'aria
può essere usata soltanto per murature in elevazione.
Questo tipo di calce può essere suddivisa in calce grassa e in calce ma-
gra, a seconda della resa in grassello della calce viva (maggiore di 2,5 m3 per
tonnellata per le calci grasse), della produzione di calore durante lo spegni-
mento e del tempo di presa. Di solito le calci grasse sono preferite per il loro
elevato rendimento, anche se non sono esenti da difetti e imperfezioni.
Tra le calci aeree è anche compresa la calce idrata in polvere, cioè calce
spenta e macinata e che non richiede idratazione per la formazione del gras-
sello. E' polverizzata in fabbrica e posta in commercio in sacchi, pronta per
essere usata, presenta una buona adesività ed una resistenza anche superiore
alle calci grasse. Deve però essere riparata in locali adatti e ben protetta dal-
l'umidità prima dell'impiego.
b) Calci idrauliche
c) Cementi
d) Gessi
Le malte
A) di calce aerea
Si ha un m3 di calce spenta (grassello) con 500-600 kg di calce viva e
3
m 1,60 circa d'acqua.
Ogni m3 di sabbia occorrono:
— per murature: grassello m3 0,33 (1/3 di m 3 ) o kg 125 e. idrata e
cioè un rapporto 1:3 (per volume di grassello ve ne sono 3 di sabbia);
— per intonaci: grassello m3 0,50 (1/2 di m 3 ) o kg e. idrata e cioè
un rapporto 1:2 (per volume di grassello ve ne sono 2 di sabbia).
B) di calce idraulica
Ogni m3 di sabbia occorrono:
— per murature: kg 350-400 di calce idraulica;
— per intonaci: da kg 400 (rustici) a kg 500 (civili) di calce idraulica.
C) Bastarde
Ogni m3 di sabbia occorrono:
— per murature: calce dolce m3 0,10 + calce idraulica kg 250 oppu-
re + cemento kg 175;
— per intonaci: calce dolce m3 0,20 + calce idraulica kg 350 oppure
+ cemento kg 300.
D) Pozzolaniche
(La pozzolana dà una malta eminentemente idraulica che può essere
formata con un volume di grassello, un volume di pozzolana e un volume
di sabbia).
Ogni m3 di pozzolana occorrono:
— per murature: grassello m3 0,33 (o kg 100-125 calce idrata);
— per intonaci: grassello m3 0,40 (o kg 125-150 calce idrata).
LE MURATURE
Definizioni
in opera può avvenire sia a secco, cioè posando gli elementi maggiori ben
ravvicinati e riempiendo i vuoti con piccole pietre, sia con l'ausilio di malta.
Una tecnica ora poco usata è quella "a sacco": tra due paramenti ac-
curatamente realizzati, viene gettato un riempimento di materiale incoe-
rente.
Fig. 7.1
Modalità di costruzione
tanti.
Lo spessore del muro risulta uguale a quello del mattone impiegato
(Fig. 7.7).
b) Murature "a una testa", (o "in spessore"): i mattoni vengono po-
sati sul piatto e orientati secondo la lunghezza del muro. Questa tecnica è
atta alla costruzione di muri di tamponamento e di muri portanti a inter-
capedine in strutture di peso contenuto.
Lo spessore del muro risulta uguale a quello del mattone impiegato
(Fig. 7.8).
c) Murature "a due teste" i mattoni vengono posati sul piatto e orien-
tati o secondo la lunghezza del muro o perpendicolarmente ad esso. Si esem-
plificano qui di seguito le disposizioni più usuali: (Fig. 7.9, 7.10, 7.11).
Questa tecnica è atta anche alla costruzione dei muri portanti, in edi-
fici di dimensioni non eccessive.
Lo spessore del muro risulta uguale alla misura della lunghezza del
mattone (a due teste).
d) Murature a "tre o più teste". Tre mattoni vengono posati sul piatto,
orientati secondo o perpendicolarmente alla lunghezza del muro. Si esem-
plificano qui di seguito le disposizioni più usuali: (Fig. 7.12, 7.13).
Dagli esempi presentati risulta evidente che questa tecnica è atta alla
costruzione di muri portanti ai quali, per motivi statici si desidera conferi-
re notevoli spessori.
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DISPOSIZIONE FIAMMINGA
DISPOSIZIONE GOTICA
DISPOSIZIONE FIAMMINGA
DISPOSIZIONE A BLOCCO
DISPOSIZIONE A CROCE
fbk a compressione del laterizio e della qualità della malta impiegata vedi
Tabella 2; per la composizione delle malte unificate vedere la Tabella alla
fine del Capitolo 6.
Tabella 2
(MPa)
dove:
= la media dei 3 valori sperimentali;
= il minimo dei 3 valori.
Carichi concentrati
Carichi eccentrici
Fig. 7.17
Norme costruttive
Bibliografia
MATERIALI SINTETICI
E METALLICI NON FERROSI
Le resine sintetiche
maldeide.
Sempre ai primi del 1900, si collocano le prime sperimentazioni di fab-
bricazione della gomma sintetica attuate in Russia e in Germania.
Tra le due guerre mondiali, furono scoperte importanti famiglie di re-
sine: le poliviniliche, le acriliche, il nylon.
I progressi più recenti riguardano la realizzazione di materiali compo-
siti — resine epossidiche e poliestere — e di materie plastiche resistenti alle
alte temperature (poliammidi).
Attualmente le materie plastiche vengono usate, nel campo dell'edilizia,
per coperture impermeabilizzanti, per isolamenti termici ed acustici, per pa-
vimentazioni, per rivestimenti murali, per arredamenti, per giunti elastici
e come sigillanti.
Le materie plastiche si possono suddividere in due grandi categorie:
— termoplastiche
— termoindurenti.
con fibre di vetro. Hanno una notevole resistenza meccanica, bassa conduci-
bilità e dilatazione termica e buona stabilità dimensionale.
Questi materiali sono impiegati in strutture esterne (tettoie) sotto for-
ma di lastre piane o ondulate, offrendo anche vantaggio di leggerezza e resi-
stenza agli agenti atmosferici. Sono utilizzati anche nella costruzione di
pannelli di chiusura "courtain-walls" ad esempio per muri perimetrali di co-
struzioni prefabbricate in lastre accoppiate con un'intercapedine contenen-
te polistirolo o poliuretano espanso per l'isolamento acustico.
I poliammidi si ottengono per condensazione di acido e ammina. 11 pro-
dotto più conosciuto è il nylon con notevoli caratteristiche di resilienza uti-
le per tubi, profilati, ecc..
Le resine siliconiche sono costituite da silicio e ossigeno alternati. Si
usano come materiali idrorepellenti per vetri, pavimenti, pareti.
/ poliuretani si ottengono per condensazione di isocianati polifunzio-
nali e alcooli polivalenti. Si usano sotto forma di espansi, rigidi o flessibili.
I rigidi servono come isolanti termici per impianti frigoriferi. Si utilizzano
inoltre per costruzione di pannelli "sandwichs", prefabbricati, leggeri.
I bitumi
Oltre al ferro e alle sue leghe, nella edilizia, si usano altri metalli come
il Rame, l'Alluminio, il Piombo e le relative leghe.
// rame è uno dei metalli noti fin dai tempi più antichi. Era usato per
tubazioni già al tempo degli Egizi; ora viene impiegato come conduttore
elettrico o termico, per decorazioni esterne, per coperture, per opere di lat-
toniere, per tubi di riscaldamento.
Nelle coperture di tetti, gli elementi di rame vengono ricoperti con
uno strato di solfato basico o di bicarbonato con funzione protettiva.
Forma delle leghe con molti metalli: con lo zinco forma gli ottoni e con
90
lo stagno i bronzi.
Gli ottoni sono lavorabili a caldo e a freddo, in quest'ultimo caso dan-
no origine a leghe da lavorazione plastica.
Se la percentuale di zinco nella lega è del 40%, si hanno gli ottoni da
fonderia.
Le caratteristiche meccaniche e di resistenza alla corrosione degli ot-
toni possono essere migliorate con l'aggiunta di altri elementi ottenendo
così gli ottoni speciali. Ad esempio, la presenza dell'I" di piombo facilita
la lavorazione agli utensili (ottoni automatici); la presenza di Sn. o di Ni.
migliora la resistenza alla corrosione, specie quella causata dall'acqua marina
(ottoni navali).
Gli ottoni sono usati per rifiniture (di davanzali, di gradini, ecc.), co-
prigiunti di vario tipo, tubi, cerniere, oggetti d'arredo e rubinetteria, so-
prattutto cromate.
I bronzi vennero usati fin dall'antichità per oggetti artistici e statue,
dato il loro basso punto di fusione, la buona colabilità ed il limitato ritiro.
Ora sono usati nell'industria meccanica, elettronica, per applicazio-
ni artistiche o come elementi complementari nell'edilizia (ad esempio grap-
pe di fissaggio).
L'alluminio è uno degli elementi più diffusi sulla crosta terrestre. Solo
da circa un secolo è ottenuto alluminio allo stato metallico, essendo stato
messo a punto solo recentemente il processo di separazione dal suo ossido,
l'allumina.
L'alluminio si ossida in presenza di ossigeno formando cosi una pellico-
la con caratteristiche protettive ad esempio contro la corrosione atmosfe-
rica. Tale processo industrializzato è denominato "ossidazione anodica" da
cui il nome di corrente di alluminio anodizzato.
E' un metallo non saldabile, per cui le unioni si effettuano solo per
aggraffatura o incastro.
L'alluminio naturale o anodizzato viene impiegato per lamiere di co-
pertura, lamiere per rivestimenti delle pareti interne ed esterne (vedi Cour-
tain-Walls), profilati per serramenti, impianti elettrici, radiatori.
77 piombo, reperibile in natura allo stato puro, ha un basso punto di
fusione (300°), è malleabile e compressibile. Per questo, fin dall'antichità,
è usato per giunti di dilatazione, appoggi non rigidi, bloccaggio di grappe
e zanche di ferro o bronzo.
Non è saldabile; quindi l'impiego di lastre di piombo per manti di co-
pertura implica il loro accurato fissaggio al supporto e il collegamento del-
le lastre stesse tra loro.
Bibliografia
IL FERRO
Fig. 9.1 - Trave in legno con tiranti verticali in ferro (Burr, 1804).
Fig. 9.3 - Il ponte di Hasselt dopo il crollo avvenuto il 14 maizo 1938, a travate scariche.
94
I materiali ferrosi
1) Il ferro
2) L'acciaio
Con fucinatura si indicano le operazioni necessarie per la lavorazione a caldo dei metalli.
95
no le sue leghe che si prestano alle applicazioni industriali nel campo delle
costruzioni. Il punto dì fusione e le caratteristiche meccaniche, elettriche
e magnetiche del metallo base, il ferro, variano sensibilmente in funzione
degli elementi aggiunti. Il tenore di carbonio influisce così profondamen-
te sulla lavorabilità delle leghe siderurgiche da servire come criterio fonda-
mentale per la loro classificazione.
Una divisione empirica degli acciai è la seguente:
Caratteristiche dell'acciaio
Caratteristiche negative
Corrosione
Fig. 9.5 - Variazioni della resistenza degli acciai extra-dolci col variare della temperatura.
Caratteristiche positive
Affidabilità
Resistenza e leggerezza
Rapidità di costruzione
Acciai speciali
Negli acciai possono esser presenti come impurità o come additivi al-
tri componenti (Si, N, Cr, Ni, Mn) che ne migliorano o ne peggiorano al-
cune caratteristiche.
Per diminuire le caratteristiche negative dell'acciaio, la siderurgia si
è sempre più impegnata a produrre acciai speciali. Tra quelli che più riguar-
dano le costruzioni e tralasciando gli acciai speciali per macchine, utensili,
strumenti, ecc. si ricordano :
- acciai inossidabili sono principalmente costituiti da leghe al Cromo-
Nichel.
II più noto è l'inox 18/8 che contiene il 18% di Cromo ed l'8% di Nichel
con varie componenti di carbonio secondo l'uso.
100
Formati e denominazioni
A) Prodotti piatti
1) piastre larghissimi piatti superiori a 40 mm di spess.
2) lamiere grosse larghissimi piatti tra 10 e 40 mm di spess.
3) lamiere medie larghissimi piatti tra 4 e 10 mm di spess.
4) lamiere sottili larghissimi piatti tra 1 e 4 mm di spess.
5) lamierini larghissimi piatti inferiori a 1 mm di spess.
6) larghi piatti fino a 400 mm di larghezza di vari spess.
7) piatti fino a 200 mm di larghezza di vari spess.
B) Profilati
1) tondi
2) quadri
3) esagoni
4) angolari a lati eguali (da 15x15 mm fino a 150x 150 mm con vari
101
C) Travi
1) ad U o a C
2) a doppio T
3) a doppio T ad ali larghe
Anche le travi sono unificate e sono prodotte dalle varie ferriere con
caratteristiche geometriche e meccaniche del tutto eguali.
Per le travi a doppio T e a doppio T con ali larghe esisteva - a partire
dalla metà dell'ottocento — una unificazione denominata NP (normal profil).
Queste travi NP, per una migliore utilizzazione dell'acciaio e per un mi-
glior collegamento corrispondente ad una diminuzione di peso a parità di ca-
ratteristiche statiche,sono state sostituite da altre travi unificate che, in se-
de europea, soddisfano le norme comunitarie (EURONORM).
Questi vantaggi vengono ottenuti con una diminuzione dello spessore
dell'anima centrale e con un aumento di spessore delle ali. Inoltre le ali ven-
gono costruite attualmente con i due lati paralleli e non più con la faccia
interna rastremata come erano le travi NP.
Queste travi a doppio T si possono suddividere in due principali cate-
gorie :
— travi IPE ([profilo europeo) che hanno un'altezza pari a circa due
volte la larghezza delle ali e che pertanto hanno una massima resistenza su
di un piano e vengono usate soprattutto per strutture che sono sollecitate
esclusivamente su un piano (solai e travi);
— travi HE (H europeo) che sono praticamente iscrivibili in un qua-
drato ed hanno, quindi, caratteristiche statiche assai simili nei due sensi e,
cioè, secondo entrambi gli assi principali di inerzia.
Queste travi trovano la loro migliore applicazione nei pilastri che, fa-
talmente, possono esser sollecitati egualmente sui due assi principali d'i-
nerzia.
Altro vantaggio delle travi HE è quello di esser prodotte in tre serie:
la leggera (HEA), la normale (HEB), la pesante (HEM) aventi le medesi-
me dimensioni di ingombro esterno, ma con sensibili variazioni di spessore.
Ciò permette, per esempio, di conservare lo stesso profilo apparente
102
Travi
A) / profilati angolari
C) Profilati HE
D) Tubi
Fig. 9.9 — Sezione composta da due
Di discreta importanza nelle costruzio- profilati IPE per l'impiego come co-
ni di carpenteria quando soprattutto si debbo- lonna.
104
E ) Profila ti a freddo
Acciai da costruzione
Caratteristiche meccaniche
1 kg F = 9,81 N (Newton)
Costanti elastiche
Resistenza ammissìbile
Nella seguente tabella sono riportati i valori ammissibili a trazione o a
compressione (a adm) dei vari tipi di acciaio nell'ipotesi di acciai qualificati
e con calcoli eseguiti con le condizioni di calcolo 1.
109
Collegamenti
Fig. 9.11 - Collegamento realizzato con piastre di coprigiunto e bulloni normali impegnati a taglio.
Fig. 9.12 - Collegamento realizzato con piastre e flangia e bulloni ad alta resistenza impegnati ad attri-
to ed a trazione.
111
chine automatiche.
Le strutture saldate risultano più leggere perché le sezioni dei ferri non
sono ridotte dai fori per i bulloni, ma richiede più tempo di lavorazioni.
ma oggigiorno più usato, vengono utilizzate travi ad ali larghe del tipo HE
per le caratteristiche statiche già accennate, abbastanza simili nelle due
direzioni principali.
Le travi
lamiere di vari spessori. Per usi particolari si possono anche avere travi com-
poste da diversi tipi di profilati. Un tipo interessante come utilizzo, nei casi
in cui si voglia aumentare notevolmente l'inerzia contenendo il peso, è il ti-
po di trave alveolare ottenuta dal taglio ossiacetilenico a greca operato sull'a-
nima dì un profilo normale ed il successivo ricongiungimento mediante sal-
datura dei due tronchi, sfalsati di un campo, in maniera tale da aumentare
l'altezza di almeno un terzo (Fig. 9.19).
Queste travi ricavate da profili IPE tagliati ad embrice a risaldati, pos-
seggono, rispetto al profilato normale di pari altezza, il vantaggio di poter
far ricorso ad un profilato minore a parità di carichi e sollecitazioni a fles-
sione. Sono anche possibili altri tipi di taglio.
Strutture secondarie
Controventature
La costruzione
Mises Van der Rohe - Crown Hall dell'I.I.T. - Chicago 1952. Particolare della struttura.
131
Bibliografia
IL CALCESTRUZZO ARMATO
Cenni storici
Fig. 10.1 - Auguste Perret - Casa in Rue Franklin, n. 25bis - Parigi 1903.
138
Fig. 10.2 - R. Maillart, Klosters, viadotto sulla Landquart, 1930, sezione, pianta.
Fig. 10.6 - Atrio di ingresso degli uffici della Johnson a Racone, F.L. Wright, 1936.
Fig. 10.7 - Pilastro in c.a. del Palazzo del Lavoro di Torino di P.L. Nervi.
143
144
Fig. 10.15 - Sezione strutturale e pianta del piano terreno del grattacielo Pirelli a Milano.
Progetto studio G. Ponti - Strutture di P.L. Nervi, 1955.
151
Fig. 10.17 — Chiesa sull'Autostrada del Sole di Giovanni Michelucci; pianta e sezione.
153
154
155
Il calcestruzzo di cemento
D cemento
Tipi di cemento
Secondo la legge del 26 maggio 1965, n. 595 (pubb. su G.U. del 10 giu-
gno 1965, n. 143) i leganti idraulici, in generale, ed i cementi in particolare
si distinguono in:
B) Cemento alluminoso
Nella stessa legge sono, poi, classificati e descritti gli agglomerati cemen-
tizi e le calci idrauliche di cui si è già detto. I cementi sopra nominati rispon-
dono alle seguenti definizioni:
4
L'anidrite è una pietra costituita da solfato di calcio anidro; presenta struttura granulare e
compatta ed ha colore biancastro. A contatto con l'acqua si altera trasformandosi lentamente in gesso.
158
B) Cemento alluminoso
5
Le loppe sono i prodotti fusi che si ottengono nell'estrazione e nella affinazione dei metalli,
facendo reagire le impurità con opportuni fondenti.
159
1) normale
resistenza a flessione
a) dopo sette giorni 40 kg/cm 2
b) dopo ventotto giorni 60 kg/cm 2
resistenza a compressione
a) dopo sette giorni 175 kg/cm2
b) dopo ventotto giorni 325 kg/cm 2
2) ad alta resistenza
resistenza a flessione
a) dopo tre giorni 40 kg/cm 2
b) dopo sette giorni 60 kg/cm 2
c
) dopo ventotto giorni 70 kg/cm2
resistenza a compressione
a) dopo tre giorni 175 kg/cm 2
b) dopo sette giorni 325 kg/cm 2
c) dopo ventotto giorni 425 kg/cm2
Seguono gli altri simili valori per i cementi alluminosi e per i cementi
per sbarramenti di ritenuta.
160
Le prove sui cementi (da non confondere con le prove sui calcestruzzi)
sono dettagliatamente previste e codificate dal D.M. 3 giugno 1968 (G.U.
del 17 luglio 1968, n. 180).
Tutte le prove sui cementi devono esser eseguite sui provini di "pasta
normale" e cioè avente la precisa composizione sopra ricordata.
Molte sono le prove che possono esser eseguite sui cementi: prove fi-
siche di finezza, prove di indeformabilità, prove di espansione in autoclave,
prove chimiche per la determinazione del MgO del S 0 3 , ecc..
Per restare entro i limiti di questo corso si segnaleranno soltanto le se-
guenti prove:
A) Prova di presa
tato dalla pasta senza che vi penetri più di mezzo millimetro. I periodi di
tempo occorrenti perché avvengano l'inizio ed il termine della presa vengo-
no calcolati a partire dall'inizio dell'impasto.
B) Resistenza a flessione
dove è:
M = Pl/4 momento flettente;
b = lato della sezione quadra del prisma;
P = carico applicato sul punto di mezzo del prisma;
/ = distanza fra i supporti.
C) Resistenza a compressione
Risultati
1
I valori di resistenza a flessione e a compressione, devono esser deter-
minati su almeno tre provini per ogni scadenza. Le medie aritmetiche dei
risultati delle prove a flessione ed a compressione, determineranno per ogni
scadenza, la resistenza a flessione e la resistenza a compressione della malta
normale, da confrontare con i valori delle norme.
Per l'accertamento dei requisiti di accettazione del cemento le prove
162
Il peso della polvere di cemento non "costipato varia da 1,1 a 1,3 kg/1,
mentre il peso specifico del cemento si aggira normalmente fra i 3,0 e 3,2
kg/1.
Si preferisce però normalmente dosare direttamente il legante in peso
anziché in volume.
Bisogna inoltre osservare che un inizio prematuro della presa comporta
normalmente un tempo superiore al normale per il completamento del fe-
nomeno e dà luogo a resistenze minori. 11 protrarsi ecccessivo dell'inizio,
per contro, fa sospettare che il legante abbia sofferto per l'umidità. Con la
presa si ha svolgimento di calore con innalzamento della temperatura del-
la massa più o meno accentuato a seconda della natura del cemento e del
suo tenore, del tipo di casseforme e delle condizioni ambientali. Tale innal-
zamento è ovviamente massimo nei punti interni. Secondo Hummel, in con-
dizioni medie, raggiunge i 10° per i cementi ordinari, i 40° per i cementi
ad alta resistenza (dopo 12 ore circa) e i 100° per i cementi alluminosi (do-
po 5 ore circa). E' minimo per i cementi per sbarramenti di ritenuta.
I cementi ad alta resistenza si ottengono con una più accurata scelta
dei componenti le miscele, spingendo la cottura a temperatura più alta e con
una maggiore finezza di macinazione.
I cementi ad alta resistenza ed alluminosi, per i loro vantaggi, hanno
incontrato largo favore fra i costruttori; richiedono tuttavia alcune cautele
fondamentali (che vedremo più avanti) intese soprattutto a mitigare gli ef-
fetti del ritiro, più sentiti e più rapidi che coi cementi ordinari.
Si deve evitare la mescolanza di cementi ordinari con cementi ad alta
resistenza, perché si otterrebbero prodotti a pronta presa e di resistenza
finale minore.
E' invece ammissibile la sovrapposizione di strati di calcestruzzo di re-
sistenza diversa, sempre,che lo strato inferiore abbia una maturazione di al-
meno 14 giorni, e la sua superficie, all'atto del secondo getto, sia resa sca-
bra, ben pulita ed abbondantemente irrorata.
La scelta dei tipo di cemento dipende dalla natura dei lavori, dai cari-
chi di sicurezza stabiliti, dal processo tecnologico di preparazione ed
esecuzione degli impasti, e da particolari condizioni ambientali.
163
Gli inerti
La sabbia
Deve essere "viva", cioè distinguersi per l'angolosità e durezza dei gra-
nuli, essere aspra al tatto, scricchiolare tra le dita e non intorbidire l'acqua
di un recipiente in cui venga versata. Sono preferibili le sabbie provenienti
da fiumi. Quelle di cava spesso contengono materie terrose e devono, quin-
di, essere lavate, avendo però cura che non venga sporcata la parte più fina.
Questo lavaggio, per lavori importanti, potrà anche essere fatto con mezzi
meccanici, e, per quanto esso riesca in generale piuttosto costoso, non è
assolutamente da trascurarsi quando non sia possibile avere a disposizione
sabbia migliore.
La sabbia di cava mista a terra, detta "sabbia morta", deve essere asso-
lutamente esclusa.
Particolarmente dannose sono le materie organiche: bastano talvolta trac-
eie di esse per rendere la sabbia inservibile. Assai semplicemente si può deci-
dere in ordine a queste impurità mediante la prova di Abrams e riarder, a se-
conda della colorazione più o meno intensa che assume una soluzione al 3 % di
idrato di sodio nella quale sia stato sommerso un campione di sabbia per 24
ore: la sabbia è accettabile se dà luogo ad una colorazione giallo chiara, scar-
164
Fig. 10.22
La ghiaia
6
Per l'accettabilità delle sabbie in relazione al loro contenuto di materie organiche, cfr. l'alle-
gato 1 del D.M. 3 giugno 1968, già ricordato.
165
Fig. 10.23
Y = 100
centuali (in peso) minima e massima di inerte passante attraverso sei setac-
ci aventi rispettivamente fori circolari del diametro di 0,2 - 1 - 3 - 7 - 1 5 -
30 mm.
Stabilisce cioè un certo campo di possibilità, consigliando però come
optimum la curva intermedia.
Il regolamento italiano, prescrive che la ghiaia mescolata alla sabbia
presenti una composizione granulometrica compresa fra le curve limiti in
Fig. 10.24, curve che corrispondono più o meno alla curva intermedia ed
a quella inferiore del regolamento tedesco.
Fig. 10.24
Pietrisco
L'acqua
Il calcestruzzo
In generale per i bisogni del cantiere è sufficiente l'uso di una serie ri-
dotta di setacci, limitata a quelli di mm 1 ; 7; 30. Con questi possono essere
controllate la percentuale di fino della sabbia (vagliata dal setaccio con fori
di 1 mm) che deve essere compresa tra il 20 e il 46%, e la percentuale di sab-
bia nell'inerte, che deve stare tra il 40 e il 57%.
In via di massima può dirsi che, secondo le circostanze locali e le esi-
genze dei lavori, la composizione granulometrica può variare entro limiti
piuttosto ampi, senza nuocere alla qualità del conglomerato; è però essen-
ziale controllare, ed eventualmente correggere, la composizione della sabbia
e stabilire convenientemente la percentuale di essa nell'intero inerte. Ciò
ha il fine di ricercare la maggiore limitazione di vuoti nella miscela degli
inerti, così da limitare l'impiego della pasta cementizia, ma sempre in mo-
do che tali vuoti siano totalmente riempiti.
Per quanto riguarda la forma degli elementi, di regola sono meno pre-
feribili quelli di forma allungata o lenticolare, perché, a parità di tenore
d'acqua usata nell'impasto, rendono la massa meno plastica e se ne separa-
no facilmente. Inerti a superficie ruvida danno in generale risultato miglio-
re di quelli a superficie levigata.
Gli elementi a spigoli vivi migliorano la resistenza a trazione rispetto
ad elementi tondeggianti; non risulta una diversità di comportamento nei
confronti della resistenza alla compressione.
Per lo più sabbia e ghiaia granulometricamente idonee vengono ap-
provvigionate separatamente: basta quindi stabilire il rapporto sabbia/
ghiaia in modo da soddisfare le condizioni regolamentari.
A tale riguardo si deve osservare che la regola di miscelare, come in
uso, una parte in volume di sabbia (m 3 0,40) con due di ghiaia (m 3 0,80)
conduce in generale ad una percentuale, anche in peso, di sabbia intorno
al 30%, tenore piuttosto lontano dall'intervallo 40-57% previsto dalle nor-
me. Però le sabbie impiegate hanno spesso granuli di dimensione massima
alquanto al di sotto del limite di separazione convenzionale, e ciò com-
porta un certo compenso.
Dosatura dell'acqua
porta pertanto una difficile lavorabilità del getto, confortata peraltro dalla
massima resistenza ottenibile, con una minore influenza di fattori seconda-
ri, quali il ritiro. La consistenza umida del conglomerato è quindi senz'al-
tro da preferirsi ogniqualvolta sia possibile.
— La "consistenza plastica" richiede un tenore d'acqua di circa un
terzo più elevato (circa 150 litri per m 3 ); dà luogo a resistenze minori, ma
in compenso il conglomerato può mettersi in opera più facilmente, risulta
più omogeneo, avviluppa e protegge bene le armature. Questi tipi di con-
glomerati, per le ragioni suddette, sono i più usati nelle costruzioni in ce-
mento armato, specialmente là dove si debba operare getti di limitate di-
mensioni.
— La "consistenza fluida" si ha per tenori d'acqua intorno ai 180 li-
tri per m3 di impasto secco. Essa dà la minima resistenza dei getti, ma è
preferita per la facile lavorabilità del getto (per esempio nervature dei tra-
vetti di solaio) e lì dove il trasporto di calcestruzzo dalla confezionatura al
luogo d'impiego richiede un certo tempo o viene effettuato entro canali o
tubazioni (tipo grandi getti di dighe o di pali trivellati).
Il regolamento peraltro stabilisce che la dosatura di cemento venga
aumentata coll'aumentare della fluidità dell'impasto, in modo che resti più
o meno costante il rapporto A/C (acqua/cemento) in peso.
Ciò in relazione alle esperienze di Abrams, secondo il quale, per de-
terminati materiali e condizioni di prova, è la quantità d'acqua di impasto
che determina la resistenza.
Per avere un'idea concreta della influenza del rapporto acqua/cemento
sulla resistenza della pasta di cemento, che è poi in definitiva proporziona-
le alla resistenza del calcestruzzo, se si indica con 100 la resistenza della pa-
sta con rapporto acqua/cemento 0,30 (che sarebbe però un calcestruzzo im-
possibile a lavorarsi), le resistenze per rapporti superiori sono:
Tali valori riportati nel diagramma della Fig. 10.25, indicano come il
campo di maggior convenienza ai fini della resistenza e della lavorabilità del
calcestruzzo sia ristretto ai valori del rapporto acqua/cemento 0,40-0,50.
Per definire la consistenza del conglomerato, dagli americani fu propo-
sta la cosiddetta "prova del cono".
Viene adoperato uno stampo tronco-conico aperto ad entrambe le estre-
mità; si riempie lo stampo col calcestruzzo, quindi, tolto lo stampo, il ma-
teriale si schiaccia da sé gradatamente, e l'abbassamento (slump) fornisce
un'idea sufficientemente appropriata della consistenza dell'impasto.
171
Fig. 10.25
Schema di un'attrezzatura da cantiere per un impianto di betonaggio con inerti ammucchiati in terra.
Posa in opera
Caratteristiche particolari
zata dalla linea limite inferiore del regolamento danno impasti ben lavorabi-
li soltanto per dosature di cemento relativamente elevate e tenori d'acqua
piuttosto ristretti; migliore risultato danno quelle più prossime alla linea
limite superiore, le quali perciò sono preferibili in condizioni di posa in
opera meno facili, entro casseforme anguste e con armature fitte. La ghiaia
con elementi lisci e tondeggianti è preferibile, sotto questo aspetto, al pie-
trisco .
Il grado di "impermeabilità" all'acqua varia notevolmente con la natu-
ra del cemento impiegato (cementi ad alta resistenza) ed è più alto per i ce-
menti con maggiore finezza di macinazione ed in generale per quelli che
danno malte ben lavorabili.
Gli impasti umidi danno luogo a getti alquanto porosi; quelli plastici
danno i migliori risultati, ma anche i fluidi usati con opportune cautele pos-
sono dar luogo a getti impermeabili. Per migliorare l'impermeabilità dei
conglomerati, si possono usare talvolta particolari additivi speciali, ed anche
materie bituminose o grasse, soluzioni di allume o di sapone, pozzolana,
polvere di mattone. Molto cauti, specie nel caso di cementi armati, convie-
ne essere nell'impiego di grassi, in quanto ne risultano diminuite la resisten-
za del conglomerato e l'aderenza alle armature.
Si possono tuttavia ottenere calcestruzzi impermeabili anche senza ag-
giunte di sorta, usando molta diligenza nella condotta dei lavori e cioè ba-
dando alla uniformità degli impasti ed alla posa in opera del conglomerato
in strati regolari, ben costipati e di moderato spessore.
L'impermeabilizzazione totale può venire raggiunta con l'applicazione
di intonaci di malta cementizia o di malta preparata con prodotti speciali.
Durante la presa del cemento si manifesta, così nella malta come nel cal-
cestruzzo, una diminuzione di volume, o "ritiro", che ai fini costruttivi pre-
senta una particolare importanza in quanto da esso dipendono incrinature
e lesioni che non di rado si riscontrano nei getti cementizi e possono talvol-
ta costituire l'origine di una successiva e progressiva disgregazione del getto.
In particolar modo poi, nelle membrature in cemento armato, tale fenome-
no di ritiro è causa del formarsi di un particolare stato di tensione per la
resistenza opposta dalle armature metalliche alla contrazione della massa
che le avvolge, stato di tensione che si sovrappone a quello delle forze sol-
lecitanti e di cui pertanto dovrà tenersi debito conto nei calcoli statici.
In particolare il ritiro è funzione della qualità del cemento, della misce-
la degli aggregati, del rapporto acqua/cemento, delle condizioni di manipo-
lazione e posa in opera, delle modalità di conservazione, e, sembra in misu-
ra assai notevole, delle condizioni climatiche di ambiente, per cui è impor-
tassimo, specie nella stagione calda, proteggere e mantenere bagnati i getti,
almeno per un certo periodo.
Per le opere esposte liberamente all'aria esterna, tende a prodursi una
specie di compensazione tra il ritiro e le dilatazioni termiche, in quanto, a
causa dell'essiccamento che accompagna generalmente l'elevarsi della tem-
176
Fig. 10..26
vato che non solo la deformazione cresce per lungo tempo, ma si modifica
la ripartizione del carico con aumento della sollecitazione del ferro e note-
vole diminuzione di quella del calcestruzzo.
Notiamo infine che il regolamento italiano prescrive l'adozione di un
coefficiente di dilatazione lineare uguale a 0,00001 (od al valore più esatto
che risultasse da una diretta valutazione sperimentale) nelle strutture iper-
statiche in cui si deve tener conto degli effetti termici ed assimilare l'effet-
to prodotto dal ritiro del conglomerato, in mancanza di più esatta valuta-
zione sperimentale, ad una diminuzione di temperatura da 20° a 10° in
relazione alla percentuale di armatura, variabile dall'1% al 2%. Prescrive
infine, nelle costruzioni di grandi dimensioni, l'adozione di giunti di dilata-
zione a distanza non maggiore di mi 50 (R.D. 16/11/1939), quando sia ef-
fettuato un calcolo completo degli effetti indotti dalle variazioni termiche
e dal ritiro, a distanza non maggiore di mi 40 in caso contrario.
(A)
nella quale
Nel caso che il valore dello scarto quadratico risultasse inferiore a 20,
nella predetta formula (A) dovrà essere introdotto il valore di 20.
B) Numero di prelievi da 10 a 29
dello scarto quadratico medio da introdurre nella (A) non deve esser minore
di 20 kg/m 2 .
C) Numero dì prelievi da 3 a 9
Nel caso che il numero dei prelievi sia compreso fra 3 e 9 la resistenza
caratteristica viene assunta eguale al "minore" dei seguenti due valori:
1) Valore minimo delle medie aritmetiche mobili delle resistenze di
prelievo, prese a gruppi di tre, diminuito di 70 kg/cm 2 . (Per medie aritme-
tiche mobili delle resistenze di prelievo si intende la serie di valori medi di
tutti i gruppi di tre prelievi successivi, cioè la media aritmetica della l a , 2a
e 3a resistenza di prelievo, quindi della 2 a , 3a e 4a e così via fino alla 7 a ,
8a e 9a o fino a comprendere l'ultima resistenza di prelievo). L'ordine dei
prelievi è quello che risulta dalla data di confezione dei provini, corrispon-
dente alla rigorosa successione dei relativi getti.
2) Valore minimo delle resistenze di prelievo.
Tensioni ammissibili
Controlli di accettazione
Controllo di tipo A
Controllo di tipo B
In alternativa al precedente tipo di controllo e soltanto per partite di
calcestruzzo omogeneo superiori a 1500 m 3 , si può adottare un sistema di
controllo di tipo statistico {controllo di tipo B). Per questo tipo di controllo
è necessario effettuare almeno un prelievo per ogni 100 m3 di getto e, in o-
gni caso, per ogni giorno di getto; così se ogni giorno venissero collocati in
opera 50 m3 di conglomerato è necessario procedere complessivamente a
trenta prelievi.
In ogni caso, però, il numero dei prelievi non può essere inferiore a
quindici. Pertanto, se in un giorno venissero gettati più di 100 m3 di con-
glomerato è necessario, per quel giorno, procedere a più prelievi e, preci-
samente, ad un prelievo ogni 100 m3 di calcestruzzo e per ogni ulteriore
frazione di 100 m 3 .
Il controllo è positivo e la partita di calcestruzzo può essere accettata,
184
essendo:
Rm — la resistenza media dei quindici o più prelievi;
s = lo scarto quadratico medio dei quindici o più prelievi;
Rbk = la resistenza caratteristica del calcestruzzo prescritta nel progetto
statico ;
R1 = la resistenza minore dei quindici o più prelievi.
Calcestruzzi leggeri
Giunti di dilatazione
L'armatura metallica
Fig. 10.29
Per acciai con tensioni di esercizio (K amm) tra 1900 e 220 kg/cm 2
si deve usare conglomerato di classe maggiore o eguale a 200 ; per tensioni
superiori a 2200 kg/cm 2 si deve impiegare conglomerato di classe maggiore
o eguale a 250 kg/cm2 (Punto 2.5.2.3 del D.M. 30 maggio 1974).
Controllo di accettazione
Fig. 10.30
qua.
I controlli di aderenza sono regolamentati dall'allegato 6 del D.M. 26
marzo 1980.
Sotto l'azione di sforzi ripetuti, e specialmente per ferri di grosso dia-
metro, l'aderenza non sempre offre una sufficiente garanzia contro possi-
bili scorrimenti di un elemento rispetto all'altro; per sicurezza quindi, il re-
golamento prescrive, per barre tonde liscie, che i ferri vengano risvoltati
ad uncino alle estremità.
Tale uncino deve essere piegato a semicerchio (Fig. 10.3 la), con luce in-
terna uguale a 5 volte il diametro del ferro; è inoltre opportuno (proposta
del Considère) che la parte rettilinea del gancio sia sufficientemente lun-
ga, onde moderare la dissimetria nella distribuzione della pressione radia-
le in corrispondenza della curva, e con essa la tendenza del gancio ad aprirsi. E'
necessario inoltre che i ferri, quando non più necessari per l'armatura resisten-
te, vengano interrotti in zona compressa, e la lunghezza di ammarraggio nella
zona stessa deve essere di almeno 40 volte il diametro (Fig. 10.31b).
Per gli acciai ad aderenza migliorata, anziché l'uncino, è sufficiente
una piegatura a 30° ed un ammarraggio in zona compressa pari a 10 volte
di diametro (Fig. 10.3lc), comunque non minore di cm 15.
Generalmente ai ferri di armatura si dà un andamento rettilineo per
semplicità di posa in opera, e per garantire nel miglior modo la resistenza
alle sollecitazioni assiali. Per molti occorre tuttavia eseguire dei cambia-
menti di direzione (per assorbire gli sforzi di taglio, o per seguire la tensio-
ne di trazione nelle membrature, che da superiore può divenire inferiore,
o viceversa) e bisogna tener presente che ogni deviazione comporta una
azione laterale pari alla risultante degli sforzi nei due tronchi contigui, ri-
sultante che deve essere sopportata dal calcestruzzo, eventualmente coadiu-
vato dai ferri trasversali.
A tale fine il regolamento stabilisce che le piegature intermedie venga-
no eseguite con raccordo di raggio di curvatura pari a 6 volte il diametro
del tondino (Fig. 10.3 ld). Raccordi più dolci occorrono nei risvolti più sol-
lecitati (Punto 4.4 del D.M. 30/5/1972).
Se poi la risultante di un ferro sollecitato a trazione tende a raddrizzar-
lo, e questo armi un bordo concavo di risvolto, è buona regola sostituire cia-
scun ferro piegato con una coppia di ferri diritti ed incrociati che si pro-
traggono oltre l'incrocio fino a raggiungere preferibilmente la zona compres-
sa (Fig. 10.31c,f,g).
Nel disporre le armature metalliche per le costruzioni in cemento arma-
to, occorre spesso eseguire delle giunzioni, non essendo sempre possibile
fare uso di barre di un solo pezzo (normalmente in commercio si trovano
barre lunghe m 12 12,50). Per tali giunzioni si può provvedere mediante:
— sovrapposizione,
— manicotti filettati,
— saldatura.
194
Fig. 10.31a,b,c,d
Fig. 10.31e,f,g,h,i
tese, come catene o tiranti; può accettarsi invece per le pareti dei serbatoi
purché le giunzioni siano sfalsate e generalmente quando alla interruzione
sopperisca una barra addizionale.
La giunzione con manicotto filettato è l'unica consentita dal regola-
196
Perché il ferro che arma il calcestruzzo possa esplicare tutta la sua re-
sistenza e possa esser protetto dalla corrosione è necessario che sia ricoper-
to da almeno 0,8 cm di calcestruzzo in caso di solette e di due centimetri
per travi e pilastri.
Questo ricoprimento del ferro con il calcestruzzo è detto "copriferro".
197
Il peso di acciaio per m3 di getto varia dai 20 ai 50 kg nei getti nei qua-
li l'armatura ha solo scopo precauzionale contro le azioni termiche o di riti-
ro, dai 70 ai 200 kg circa nei getti armati veri e propri.
Di regola l'armatura consta:
a) di ferri di "resistenza", le cui sezioni vengono determinate col cal-
colo;
b) di ferri di "orditura", aventi lo scopo di facilitare la formazione del-
le gabbie metalliche {ferri di "montaggio"), per conferire a queste la neces-
saria rigidezza (staffe e legature), e di evitare concentrazioni di sforzi;
c) ferri di "riparazione" per ripartire i carichi concentrati su superfici
maggiori.
I diametri più comunemente impiegati nelle ordinarie costruzioni di
cemento armato sono :
Fig. 10.32
Fig. 10.34
per solette che per solai e travi, possono essere realizzati anche in tubi di fer-
ro, collegati e controventati fra loro con speciali morsetti in ghisa.
Il tavolato per il getto di solai o solette, completo di correnti e traver-
se, prende normalmente il nome di "banchinaggio".
Disarmo
Così si è già avuto occasione di dire, l'unione dei due materiali, calce-
struzzo e ferro, ha lo scopo precipuo di ripartire tra i due elementi la resi-
stenza alle azioni di compressione e di trazione rispettivamente, ed è resa
possibile da fattori particolari quali la pressocché identica dilatazione termi-
ca dei due elementi, l'alto potere adesivo e l'ottima preservazione del ferro
dall'ossidazione. Come tutti i materiali da costruzioni, d'altra parte, il ce-
mento armato presenta vantaggi e svantaggi che ne consigliano o meno di
volta in volta l'uso o la preferenza rispetto ad altri sistemi costruttivi.
Tra i vantaggi del cemento armato possiamo annoverare i seguenti:
— la "monoliticità" che viene ad assumere la struttura in e.a.; parti-
colarità questa che fa si che l'effettivo comportamento reale della sturttura
è sempre più favorevole di quello che si considera in fase di calcolo, dato
che quest'ultimo parte sempre da ipotesi limiti e per lo più piuttosto re-
strittive ;
— la sezione di calcestruzzo e la relativa armatura metallica di ogni
elemento strutturale possono variare punto per punto, adeguandone così
la resistenza alla variabilità delle sollecitazioni esterne; tutto ciò si traduce
in un notevole risparmio economico ;
— la rapidità di esecuzione di una qualsiasi struttura, data l'immediata
202
Bibliografia
IL CALCESTRUZZO ARMATO
PRECOMPRESSO
I materiali
// conglomerato
Del resto nel precompresso i buoni conglomerati sono meglio utilizzati che
non nel c.a., essendo le sezioni interamente reagenti in condizioni di eser-
cizio.
I criteri per ottenere un buon conglomerato sono naturalmente gli
stessi già noti per le opere in c.a., e cioè:
a) il cemento deve essere del tipo ad alta resistenza, con dosaggio in-
torno ai 400 450 kg/m 3 . Per tracciare le curve granulometriche, con le for-
mule più moderne, occorre stabilire dall'inizio il quantitativo di cemento da
impiegare, quantitativo d'altra parte che dipende dagli inerti a disposizione
e dalle caratteristiche della struttura da gettare;
b) gli inerti devono essere particolarmente curati e privi di sostanze
nocive, con una percentuale di sabbia intorno al 25 35% (con scarso quan-
titativo di sabbia fina fra 0,1 e 0,4 mm) e con le dimensioni degli elementi
maggiori preferibilmente non superiori ai 25 30 mm, sia perché le struttu-
re sono in generale esili, sia per non avere segregazioni durante le vibrazioni.
La massima dimensione dipende dall'interasse delle armature: detta
e la distanza minima fra i cavi, tale dimensione non dovrebbe superare il
valore di (0,9 x e), e comunque 1/4 della minore dimensione della struttura.
La composizione granulometrica degli inerti deve comunque sempre sod-
disfare precise curve granulometriche ottimali, fra le quali la più nota ed
usata è quella del Füller;
c) l'acqua deve essere assolutamente priva di sostanze nocive e nella
quantità minima compatibilmente con le esigenze del getto; d'altra parte si
preferisce migliorare la lavorabilità con un energico costipamento anzi-
ché con un aumento d'acqua. La quantità dèlia stessa poi è legata anche
al tipo di cassaforma: mentre le casseforme metalliche trattengono tutta
l'acqua, quelle in legname ne assorbono e ne lasciano sfuggire fra le connes-
sure.
Mediamente si può dire che la quantità d'acqua deve essere compresa
fra lo 0,38 e lo 0,42 in peso del cemento, inclusa l'acqua apportata dagli iner-
ti; in nessun caso comunque deve superare lo 0,5 ;
d) il costipamento, ottenuto con vibratori esterni applicati alle casse-
formi o con pervibratori introdotti nel getto (sono generalmente preferibili
questi ultimi che consentono un costipamento migliore e più rapido, con
possibilità di azione più energica in determinati punti ove il getto sia mag-
giormente ostacolato);
e) il trattamento nel periodo di stagionatura susseguente al getto. La
condizione ideale di sottoporre il c.l.s. ad una pioggia continua può otte-
nersi solo in stabilimento nella costruzione dei manufatti prefabbricati: in
tale modo il ritiro viene ad essere praticamente annullato. Nei cantieri ci si
deve limitare ad un frequente inaffiamento.
In stabilimento si possono conseguire rapidi indurimenti con la stagio-
natura a caldo, facendo circolare una corrente di vapore intorno alle casse-
forme, che mantenga il getto a temperature intorno ai 60°, cosicché il ma-
207
nufatto può essere sformato da 3 a 6 ore dopo eseguito il getto. Tale tempo
può essere ulteriormente ridotto con temperature prossime ai 100°. E' im-
portante però non sottoporre il conglomerato al trattamento a caldo imme-
diatamente dopo il getto, attendendo, a seconda dei manufatti e del tenore
di cemento, da mezz'ora ad un'ora. Con il trattamento a caldo è indispen-
sabile la susseguente stagionatura in ambiente umido.
L'armatura metallica
Fig. 11.2
Fig. 11.3
Criteri di calcolo
Fig. ll;4a,b,c
211
Mu =N'e
e' = Mp/N
Regolamentazioni legislative
Sistemi di precompressione
Bibliografia
LE FONDAZIONI
l'uso specifico cui è destinata la costruzione, e talvolta dalle località ove sor-
ge la costruzione (come per le zone sismiche).
I valori medi dei carichi accidentali su menzionati sono riportati nella
Tabella 2.1 del Capitolo 2, e più diffusamente specificati nel D.M. 3 ottobre
1978 (G.U. 15 novembre 1978, n. 319) Criteri generali per la verifica della
sicurezza delle costruzioni e dei carichi e sovraccarichi.
Si passa allo studio della fondazione allorché, ultimato il progetto del-
l'edificio, di questo si possono conoscere i carichi trasmessi. In alcuni casi
tuttavia, cioè in presenza di terreni particolarmente sfavorevoli, è necessa-
rio già in fase di progetto dell'edificio tener conto delle possibilità di fonda-
zione, evitando, nei limiti delle necessità funzionali, di dare carattere esten-
sivo per esempio a tutte quelle strutture che, di limitata utilità, possano ri-
chiedere opere di fondazione di notevole costo.
Conosciuti i carichi trasmessi dall'edificio è essenziale, per poter stabi-
lire le opere di fondazione occorrenti, conoscere la natura del terreno di
fondazione, con un attento esame dello, stesso.
Un primo criterio di larga massima sulla qualità del terreno potrà aver-
si assumendo informazioni nella zona e sui fabbricati attigui, sul tipo di
fondazioni adottate e sui risultati avuti.
Però i terreni possono variare fortemente anche in punti relativamente
vicini e, pertanto, è sempre necessario, sull'area interessata dal fabbricato,
eseguire degli assaggi diretti.
Con D.M. 21 gennaio 1981 (Supplem. Ord. G.U. del 7/2/1981 n. 37)
e con successiva Circolare del Ministero dei LL.PP. del 3/6/1981 n. 21597,
sono state impartite precise norme obbligatorie per i lavori pubblici e priva-
ti riguardanti le indagini su terreni e sulle rocce, la stabilità dei pendii natu-
rali e delle scarpate, i criteri generali e le prescrizioni per la progettazione,
l'esecuzione ed il collaudo delle opere di sostegno delle terre e delle opere
di fondazione.
Lo scopo di queste norme è quello di prescrivere che ogni scelta pro-
gettuale dei muri di sostegno e delle fondazioni sia sempre basata su una
precisa ed affinata conoscenza del terreno dal punto di vista geologico e geo-
tecnico, che siano sempre previste verifiche di stabilità del terreno su dati
certi e che si debba sempre tener conto dei prevedibili spostamenti (verti-
cali od orizzontali) dell'insieme opera-terreno.
A garanzia di questa impostazione programmatica, il paragrafo A.3 del
D.M. 21 gennaio 1981 vuole che i risultati delle indagini sui terreni e dei
calcoli geotecnici costituiscano parte integrante degli elaborati progettuali.
Tali valori valgono nella ipotesi che il sottosuolo sia omogeneo per una
certa profondità (circa 2 3 volte la larghezza delle fondazioni) od almeno
che sotto gli strati superficiali non si trovino strati di minore resistenza, nel
qual caso il carico ammissibile va riferito alla capacità portante di questi
strati, tenuto naturalmente conto della ripartizione dei carichi.
Fig. 12.1
mente l'analisi delle resistenze del terreno alle varie profondità. Sono queste
i "penetrometri", apparecchi costituiti essenzialmente da due cilindri coas-
siali, di caratteristiche note (superficie di punta, normalmente di 10 cm 2 , e
diametro esterno), che vengono spinti alternativamente in profondità da
un'apparecchiatura idraulica che a mezzo di due manometri permette il ri-
levamento della pressione di punta e totale; ciò permette di registrare su ap-
positi grafici (Fig. 12.4) la resistenza di punta, la resistenza totale per attrito
222
Fig. 12.4
Prove di carico
Si può procedere ad una diretta misura della resistenza del terreno me-
diante prove di carico effettuate sul piano di fondazione, caricando il ter-
reno oltre i limiti di validità della legge di Hooke. Ciò limitatamente a quei
terreni che si mantengono omogenei per una sufficiente profondità e che si
suppone non debbano subire modifiche del loro stato fisico.
In sostanza la prova si esegue appoggiando sul terreno in esame un ta-
volo avente le gambe poggianti su quattro piedi di superficie nota (normal-
mente cm 15x15 o 20x 20), sul quale viene applicato un carico di cui si co-
nosce l'entità e che possa essere incrementato ad intervalli di tempo; i cedi-
menti del tavolo sotto il carico vengono rilevati a mezzo di quattro flessi-
metri posti sui quattro lati del tavolo stesso (Fig. 12.5).
Fig. 12.5
che rimane indifferente alla presenza del carico ; una seconda zona in cui il
terreno viene ad essere pochissimo sollecitato; ed infine il bulbo di pressio-
ne.
E' evidente quindi che, mentre
un carico di prova con superficie ri-
stretta produce un campo di tensio-
ne che interessa in modo sensibile so-
lo strati di terreno superficiale, regi-
strando quindi solo i cedimenti do-
vuti alla compressibilità di questo,
la fondazione di area ben maggiore
influenzerà gli strati profondi, suben-
do cedimenti che saranno funzione
della compressibilità di tali strati.
Pertanto, se un terreno anziché es-
sere omogeneo, è stratificato, non è
possibile dedurre alcuna conclusio-
ne esatta circa il comportamento di
una fondazione dai soli dati delle Fig. 12.8
prove di carico eseguite su superfici
di dimensioni diverse da quelle della fondazione stessa.
Osservando i risultati di prove di carico eseguite, a parità di tutte le al-
tre condizioni, a quote diverse, si può notare che i cedimenti decrescono
dapprima assai rapidamente e poi in misura sempre minore con il crescere
della profondità.
Ciò dimostra che il rifluimento non si manifesta in modo apprezzabile
oltre una certa profondità. Poiché il rifluimento è la causa principale dei ce-
dimenti di fondazioni di piccola superficie (mentre i cedimenti di una co-
struzione fondata su larga base sono dovuti quasi esclusivamente alla com-
pressibilità del terreno) ed essendo i cedimenti poco variabili in relazione al-
la profondità di posa, ne consegue che per la loro previsione sono sufficien-
ti prove anche con piccole superfici, eseguite però ad una profondità tale
che il rifluimento venga impedito.
Dall'esame dei risultati delle prove di carico (Fig. 12.6), si è visto che
ad una prima fase di equilibrio elastico con proporzionalità tra carico e ce-
dimento, subentra, con un passaggio abbastanza netto, una seconda fase,
nella quale i cedimenti crescono molto più rapidamente del carico.
Il valore della pressione corrispondente al punto di passaggio definisce
"// carico critico o di snervamento'". In questa seconda fase si producono
rifluimenti delle particelle di terra in quelle zone che subiscono deforma-
zioni plastiche, il che permette nuove condizioni di equilibrio, che si defi-
nisce "elastoplastico".
Incrementando ulteriormente il carico, si perviene ad una terza fase,
con veri slittamenti di masse terrose su superfici lungo le quali la resistenza
226
Diagrammi di carico
Fig. 12.9a,b,c
Con terreni "incoerenti" (quali sono per esempio tutti i terreni sabbio-
si), con fondazioni superficiali molto rigide ed estese si può adottare la for-
ma rettangolare, con superfici di dimensioni medie la forma parabolica, con
superfici di dimensioni ridotte la forma triangolare. Quando la fondazione
è profonda il rifluimento ai bordi viene quasi totalmente impedito anche in
terreni incoerenti, e se essa è sufficientemente rigida può adottarsi la ripar-
tizione rettangolare, indipendentemente dalle dimensioni della fondazione
stessa.
Con i terreni "coerenti" (quali i terreni rocciosi o di argilla sabbiosa
molto compatta) il rifluimento è minimo, e si può adottare un diagramma
rettangolare anche con superfici medie e piccole. Se però il terreno, pur es-
sendo coerente, è anche plastico, (come le argille non consolidate), con-
verrà adottare per le superfici medie e piccole il diagramma parabolico. L'eia-
227
Cedimenti
Abbiamo già detto che il cedimento di una fondazione è dato da due
componenti principali: quella dovuta al costipamento del terreno sotto il
carico, e quella dovuta al rifluimento laterale. Quest'ultima si verifica prin-
cipalmente quando il piano delle fondazioni è all'altezza del terreno di ri-
porto; per evitarla, o comunque ridurla al minimo, basterà quindi appro-
fondire congruamente il piano di posa nel terreno di fondazione, compati-
bilmente con i maggiori oneri di scavo e di riempimento.
Particolarmente pericolosi, per ogni tipo di struttura, sono i "cedimen-
ti differenziati"', cioè cedimenti disuguali nei vari punti della stessa struttu-
ra; essi comportano sollecitazioni secondarie nella struttura non indifferen-
ti, e talvolta persino talmente grandi da provocarne il crollo. Ad evitare ta-
le tipo di cedimenti è necessario:
— conoscere esattamente il terreno di fondazione per tutta l'estensio-
ne interessata;
— scaricare sul terreno un carico sempre uniforme e costante, se co-
stanti sono le caratteristiche del ferreno di fondazione, o comunque sempre
proporzionale a tali caratteristiche;
— prevedere, sin dall'impostazione del calcolo della struttura e delle
fondazioni, di poter assorbire cedimenti differenziati sino ad un dato valore.
FIG. 12.10
228
Le fondazioni
Fondazioni in superficie
sia inferiore al carico ammissibile sul terreno stesso, e che i cedimenti, tenu-
to conto dei sottostanti strati cedevoli, siano compatibili con le esigenze
della costruzione.
E' bene ricordare che le fondazioni superficiali devono rispondere a
due principali requisiti. Devono essere:
a) assolutamente rigide così da non esser deformate dalla spinta ver-
ticale, dal basso verso l'alto, delle terre e poter trasmettere al terreno i ca-
richi dell'edificio, in modo uniforme;
b) baricentriche. La risultante dei carichi trasmessi dall'edificio deve
coincidere con il baricentro geometrico della fondazione per evitare la for-
mazione di momenti interni che si verrebbero a creare tra la risultante dei
carichi e la risultante delle reazioni del terreno.
Le fondazioni superficiali si possono suddividere in:
— lineari o continue,
— a plinti,
— a trave rovescia,
— a platea.
Fig. 12.11
230
Fondazioni a plinti
Fig. 12.13
Il suo calcolo avviene come per una normale trave su due o più appog-
gi, tenendo presente però che il carico uniforme gravante è di segno negati-
vo (reazione del terreno verso l'alto) per cui il diagramma dei momenti ri-
sulterà rovesciato.
232
Fondazioni a platea
della struttura e formazione del solaio del piano terra) nonché dei pesi pro-
pri e accidentali del piano terra.
A volte si ricorre alla fondazione a platea, non tanto per la bassa resi-
stenza del terreno, quanto per la necessità di contrastare la spinta delle ac-
que sotterranee di falda e di preservare dall'umidità i cantinati degli edifici.
Fondazioni in profondità
Fig. 12.17
— Pali battuti. La sede per questo tipo di pali viene realizzata median-
te l'affondamento nel terreno per battitura di un tubo forma (con magli da
2 a 4 tonn), senza asporto di terreno, ma con semplice costipamento late-
rale dello stesso. Durante l'infissione, l'estremità inferiore del tubo forma
è chiusa da una puntazza (in ferro o in calcestruzzo), che si distacca e si
abbandona quando viene ritirato il tubo dal terreno, od è apribile e ritirabile
assieme al tubo (Fig. 12.18) (Palo: Alligator).
Mano a mano che si procede al getto, viene gra-
dualmente estratto dal terreno il tubo forma.
Questo sistema è particolarmente impiegato per
pali profondi e di grande portata, dato che anche in
terreni incoerenti è possibile ottenere un ener-
gico costipamento del sottosuolo; non è invece
consigliabile in fondazioni particolarmente vicine a
fabbricati esistenti, sia per l'ingombro delle attrez-
zature, sia per i danni che i colpi di maglio possano
provocare alle opere vicine.
I principali tipi di pali battuti sono:
A) Palo Simplex. L'unica particolarità è che la
puntazza del tubo forma è apribile e recuperabile.
B) Palo Simplex pressato. Il getto di calce-
struzzo avviene attraverso queste fasi: riempito il tu-
bo forma di conglomerato, lo si estrae per circa un
metro, lasciando che il conglomerato si espanda oc-
cupando il vuoto lasciato dal tubo; si colma quindi Fig. 12.18
di nuovo il tubo, che viene ribattuto sovrapponen-
dogli un contromaglio di acciaio, avviene allora che il conglomerato, non po-
tendosi espandere nel tubo chiuso, si allarga alla base comprimendo il terreno
239
Fig. 12.19
tubo forma, sia per peso proprio che pei" un movimento di rotazione im-
presso, scende nel terreno e, secondo la natura di quest'ultimo, può precede-
re o meno l'avanzamento della sonda. In terreni coerenti il sondaggio prece-
de normalmente il tubo, la cui infissione è relativamente facile; se il terreno
è incoerente, melmoso e frana facilmente, è necessario far precedere l'avan-
zamento del tubo senza sondare, per impedire che il terreno continui a fra-
nare, col pericolo di apportare notevoli danni sia ai pali vicini che ad altre
fondazioni.
Il palo trivellato è certamente il tipo più economico fra i pali gettati in
opera, ed è il tipo di palo che può essere eseguito in tutte le condizioni di
terreno e d'ambiente: per terreni particolarmente resistenti si adoperano
scalpelli speciali; è inoltre un tipo di palo particolarmente indicato allor-
ché la vicinanza al cantiere di fabbricati già esistenti e che potrebbero le-
sionarsi sotto le vibrazioni originate dai colpi di maglio sconsigliano l'uso
di pali battuti.
Per contro, per riuscire bene eseguito, ha bisogno di grande cura e sor-
veglianza, perché basta una svista per creare nel palo soluzioni di continuità
e danni tali da compromettere la stabilità della fondazione.
Tra gli inconvenienti più perico-
losi è la formazione di un "tappo" di
calcestruzzo che impedisca la disce-
sa del getto ed interrompa la conti-
nuità del palo (Fig. 12.2la); ciò può
accadere se è forte l'attrito contro
la parete del tubo (calcestruzzo trop-
po asciutto, ghiaietto a spigoli vivi,
battitura non troppo forte) o se il
conglomerato non ha uniforme con-
sistenza.
Lo stesso inconveniente può
succedere se la camicia viene solle-
vata più del necessario oltre il li-
vello del calcestruzzo (Fig. 12.2lb);
se il terreno intorno è incoerente,
di poca consistenza e immerso in
acqua, è possibile che del materia-
le terroso si mescoli al calcestruzzo
con evidente soluzione di continui-
tà del getto.
Un altro pericolo è il dilava-
mento del calcestruzzo che, ancora
fresco, venga a contatto con una cor-
rente sotterranea in pressione.
In terreni sabbiosi, durante il Fig. 12.21
242
Fig. 12.22
Può avvenire, ed in ciò sta il pericolo maggiore, che, per eccessivo valo-
re della pressione, il tubo si sollevi oltre il necessario ed il foro rimanga sco-
perto, con conseguente discontinuità del palo per immissione di corpi estranei.
Per effetto della pressione, il calcestruzzo penetra nel terreno, dando
luogo, se incontra strati compressibili, a protuberanze ed espansioni irre-
golari che aumentano l'attrito tra palo e terreno.
*La "bentonite" è una roccia argillosa formatasi dall'alterazione di ceneri vulcaniche. Essa ha la
proprietà (tixotropia) di formare con l'acqua una sospensione simile a un "gel", e trova il suo princi-
pale impiego nell'industria petrolifera, appunto come fango di trivellazione. Il fango bentonitico ha
un alto peso specifico.
244
Fig. 12.23
245
terno del tubo un tappo di malta cementizia, allo scopo di impedire la mi-
scelazione del calcestruzzo con il fango che riempia la colonna durante la
discesa del primo impasto; vengono poi aggiunti impasti successivi fino a
quando il calcestruzzo, uscendo dal fondo della colonna, raggiunge un'al-
tezza minima, all'esterno della stessa, che assicuri la continuità del getto.
Si continua allora l'alimentazione del calcestruzzo, mentre contemporanea-
mente si estrae il tubo forma, sino al completamento del palo, avendo cu-
ra che il fondo della camicia si trovi sempre immerso nel calcestruzzo del
palo in fase di getto.
Metodicamente l'altezza del calcestruzzo viene controllata per mezzo
di una catena zavorrata.
Il fango bentonitico che esce dallo scavo in concomitanza con la posa
in opera del calcestruzzo, viene convogliato da una pompa o da una canalet-
ta alla vasca di deposito; il fango così recuperato, viene in parte utilizzato
per lo scavo dei pali successivi.
In cantiere vengono rilevate le caratteristiche del fango prima e dopo
la trivellazione; ciò consiste nella misurazione di densità e peso specifico,
in modo da poter avere a disposizione in ogni momento un fango bentoni-
tico adatto alle caratteristiche del terreno.
Detto dei diametri e delle profondità a cui questi pali possono arriva-
re, è infine da precisare che essi possono raggiungere portate massime an-
che superiori alle 600 tonnellate.
Fig. 12.24
Viene infisso nel terreno un robusto tubo in ferro con il perimetro abbon-
dantemente forato e chiuso nella parte inferiore con un tappo provvisorio.
Raggiunta la profondità voluta ed espulso il tappo, si inietta nel tubo,
con alta pressione, del calcestruzzo di buona qualità.
In questo caso la resistenza del palo è formata dall'attrito sulla sua su-
perficie laterale, ma soltanto negli strati inferiori. Lo strato superiore (ripor-
to, torba, ecc.) non contribuisce, e quindi nel calcolo di questo palo occor-
re fare astrazione dalla resistenza offerta da detto strato.
Il ragionamento è valido anche per casi in cui i pali vengono infissi, o
trivellati, a partire da un piano campagna molto più elevato del piano defi-
nitivo, di imposta delle fondazioni.
ove
n = coefficiente di sicurezza variabile da 6 a 12;
M = peso del maglio (in tonn);
H = altezza di caduta del maglio (in cm), normalmente pari ad 1 m;
Q — peso del palo (in tonn);
e = il "rifiuto", ovverossia l'abbassamento medio del palo sotto una
"volata" di dieci colpi di maglio;
Pamm= il carico ammissibile sul palo, espresso in tonn.
250
Fig. 12.29
251
trito, teoria e prove hanno dimostrato che la capacità portante di una pali-
ficata non è la somma della portanza di singoli pali supposti isolati.
Se i pali invece lavorano di punta, possiamo supporre di trovarci in pre-
senza di una platea profonda, avente, per quanto già detto allora, un cedi-
mento diverso da quello di un palo supposto isolato.
Bisogna quindi sempre pensare ad una diminuzione della capacità por-
tante di una palificata rispetto a quella del palo singolo, diminuzione che
dipende dalla forma e dal tipo del palo, dall'interasse e dalle dimensioni del-
la fondazione, cioè dal numero e disposizione dei pali.
L'interasse dei pali di un gruppo è della massima importanza: primo,
perché i bulbi di pressione dei vari pali vengono ad intersecarsi, compri-
mendo maggiormente il terreno circostante e riducendone quindi la por-
tanza utile: secondo, perché dall'interasse dipende direttamente il valore del-
la pressione sullo strato di fondo; terzo, perché durante il lavoro di trivella-
zione o di battitura potrebbero manifestarsi pressioni tali da provocare in-
flessioni o lesioni nei pali vicini, dove il calcestruzzo non abbia fatto anco-
ra presa: quarto, perché trivellazioni troppo vicine alterano le caratteristiche
fisiche del terreno.
Per quanto detto, l'interasse dei pali non dovrebbe essere inferiore a
tre volte il diametro del palo stesso: alcuni autori consigliano la formula
empirica
dove
n = il numero dei pali per fila;
m = il numero delle file:
= la tangente D/i, espressa in gradi.
Fig. 12.30
Fig. 12.31
Le fondazioni speciali
Cassoni autoaffondanti
h'ig. 1 2 . 3 2
Cassoni pneumatici
Per eseguire fondazioni o altre opere sotto l'acqua di fiumi, laghi o del
mare non sempre è sufficiente l'uso di sbarramenti provvisori per prosciu-
gare la zona su cui operare.
In questi casi si può ricorrere alla tecnica sofisticata dei cassoni pneu-
matici.
Un cassone generalmente in ferro (Fig. 12.33) viene immerso fino ad
una profondità di 20 ed anche di 30 metri sotto il livello dell'acqua.
Pali ad elementi
Palancole
Fig. 12.35
260
Diaframmi in calcestruzzo
Quando è necessario costruire entro terra e a grande profondità dei mu-
ri senza poter sbancare l'intera zona o quando si devono eseguire fondazioni
di contenimento in aderenza ad altre esistenti, ecc. si ricorre alla esecuzione
di "diaframmi".
Per profondità non eccessive si scava con una benna larga 40-60 cm un
tratto rettilineo di terreno lungo circa due o tre metri e contemporaneamen-
te lo si riempie di bentonite (Fig. 12.36).
Bibliografia
I SOLAI
I solai sono quelle strutture che dividono l'edificio in piani e che devo-
no sopportare i carichi permanenti (peso proprio, tramezzature, pavimen-
ti, intonaco, ecc.) ed i carichi accidentali (mobili, arredi, persone, ecc.).
L'esecuzione dei solai presenta oggi la possibilità di diverse soluzioni.
Innanzitutto la tessitura di un solaio, che una volta era realizzata sempre
nel senso del lato minore dell'ambiente (la struttura era a muratura portan-
te), oggi può essere indifferentemente realizzata; cioè il solaio può essere
posto nel senso della luce minore e le travi portanti nel senso della luce mag-
giore, oppure viceversa come può farsi per i solai in laterizio e c.a..
I tipi di solai a disposizione del progettista sono inoltre diversi, e pre-
cisamente si possono raggruppare in quattro distinte categorie:
— solai in legno,
— solai in calcestruzzo armato,
— solai in laterìzio e calcestruzzo armato,
— solai in ferro.
Solai in legno
Fino a qualche tempo fa, era questo l'unico sistema possibile per la so-
luzione di un solaio. Oggi tale sistema è però in disuso. Si realizzano infatti
solai in legno solo per casi particolari, quali rifacimento o restauro di vec-
chi edifici o per strutture aventi particolare carattere architettonico.
La realizzazione avviene collocando una serie di travi in legno a tessitu-
ra parallela, sovrapponendo quindi un tavolato ortogonale alle travi stesse
(Fig. 13.1).
Fig. 13.1
266
La facilità con cui marciscono le teste delle travi immorsate nelle mura-
ture portanti e l'attacco dei tarli costituiscono il maggior difetto dei solai in
legno.
Seppure raramente, si sono adottati dei sistemi di protezione.
Un sistema è quello di praticare nel muro un foro sufficientemente am-
pio da permettere l'aereazione della trave diminuendo la facilità di immar-
cimento delle sue teste inserite nel muro (Fig. 13.2).
La trave veniva agganciata ad una piastra metallica esterna che impedi-
va la filtrazione delle acque meteoriche.
Altra soluzione - più valida anche se più costosa — era costituita nel-
l'appoggiare la trave su "barbacani" in pietra emergenti dal muro (Fig. 13.3).
Più spesso, sui barbacani (più distanziati tra loro di quanto non lo fos-
sero nella soluzione precedente) correva una trave di legno sulla quale trova-
vano appoggio le travi del solaio.
Col sistema dei barbacani le travi non venivano inserite nel muro e non
risentivano della sua umidità e restavano arieggiate. Contro i tarli si imbe-
vevano le travi con sostanze particolari a base di petrolio e bitume {carbo-
lineum).
Per superare luci di particolare grandezza, si collegavano con sovrappo-
sizione a staffe in ferro, più travi, oppure si creavano dei rompitratta con tra-
vi principali più grosse, sulle quali si poneva poi l'orditura secondaria costi-
tuita da travi più piccole, sulle quali veniva posto infine l'impalcato di tavole.
Gravi difetti del solaio in legno sono la facile putrescibilità e la difficile
manutenzione, nonché l'essere facilmente attaccabili da tarli e termiti, e il
sopportare male un pavimento rigido, per la notevole elasticità del materiale
costituente il solaio.
I veneziani avevano risolto il problema in modo brillante: avevano cioè
ideato un pavimento formato da un impasto di polvere di mattone, calce,
pozzolana, e con "seminati" elementi di marmo; il cosiddetto "pavimento
alla veneziana", che essendo molto elastico, riusciva a seguire perfettamente
267
Fig. 13.4
Fig. 13.6
Fig. 13.7
270
Fig. 13.8
271
nervate, solo che l'armatura, anziché essere distribuita con uniformità lun-
go tutta la soletta, è concentrata nelle singole piccole nervature.
In questi solai il laterizio ha una duplice funzione.
— pur lasciando inalterata la zona compressa del calcestruzzo (cappa
di circa 4 cm) sostituisce la quasi totalità del calcestruzzo teso che si riduce
a nervature di larghezza pari a 8 12 cm.
Un solaio in calcestruzzo alto 24 cm pesa circa 600 kg/m 2 , mentre
un analogo solaio alleggerito con le pignatte pesa circa 270 kg/m2 ;
— evita la spesa del controsoffitto; grazie infatti alle casseforme per-
se in laterizio, l'intradosso del solaio si presenta completamente piano ed è
un supporto perfetto per l'intonaco.
I solai in laterizio e c.a. (impropriamente chiamati anche solai in late-
rizio armato o solai in laterocemento) possono dividersi, a seconda del si-
stema di esecuzione e getto, in due categorie:
Fig. 13.9
273
Fig. 13.10a
Fig. 13.10b
Fig. 13.12
Solai in acciaio
Fig. 13.16
Fig. 13.18
malmente da 6 a 12/10), del tipo di grecatura e del getto. Dette tabelle so-
no tutte di derivazione sperimentale dato che il funzionamento acciaio-cai-
cestruzzo è in questo caso affidato all'aderenza del getto alla sua cassa-
forma e, soprattutto perché nelle lamiere in acciaio zincato l'aderenza non
è mai del tutto assicurata.
La rete metallica che viene posta al di sopra delle lamiere ha una dupli-
ce funzione: aumentare l'aderenza e ripartire gli sforzi sulla cappa evitando
le noiose fessurazioni.
Esìstono vari tipi di lamiere grecate a seconda delle Ditte costruttrici.
Principalmente esse variano nel numero di nervature e per la loro profon-
dità; elementi che vanno crescendo all'aumentare della portata richiesta.
Fra le più usate sono quelle con 4 nervature sullo sviluppo di un metro
(si parte sempre per la profilatura da coils di 1 m di larghezza) di profondi-
tà di 45 mm o 65 mm o 95 mm.
Normalmente la parte nervata stretta ed alta, viene disposta verso il
basso al fine di ridurre il getto e conseguentemente il peso del calcesturzzo.
Altri tipi di lamiere si possono avere con agganci mutui particolari, e
con dispositivi per il sostegno delle orditure di controsoffitto o costituiti
da due lamiere accoppiabili fra loro una sull'altra, (Fig. 13.19).
Fig. 13.19
283
Notevole vantaggio presentano detti solai per il loro esiguo peso (dai
110 ai 150 kg/m 2 ) e per la velocità di posa in opera anche senza particolari
mezzi di sollevamento. Il loro costo è però influenzato anche dalla necessi-
tà di controsoffittare gli ambienti dopo la loro posa e di dover difenderli da
possibili attacchi del fuoco mediante amianto spruzzato o vere barriere al
fuoco poste nel controsoffitto.
Altro tipo di solaio sovente realizzato nelle costruzioni metalliche è
quello molto schematicamente illustrato in Fig. 13.20 nel quale risulta ac-
coppiato alla struttura metallica principale delle travi, un normale solaio
misto in laterizio e c.a., ed in questo caso la trave risulta incorporata nel
getto di calcestruzzo di completamento. Può essere anche molto vantaggio-
Fig. 13.20
samente impiegato il solaio illustrato alla Fig. 13.12 ed in tal caso il tra-
vetto in c.a. precompresso si appoggerà semplicemente sull'ala inferiore
della trave in acciaio, mentre la pignatta costituirà elemento leggero di riem-
pimento. Anche in questo caso un getto di calcestruzzo, incorporando la
trave metallica, legherà le diverse strutture. Questi tipi di solaio trovano lar-
go impiego nella pratica, anche perché uniscono ad una notevole efficienza
statica e funzionale un costo che è da considerare abbastanza competitivo
in relazione ad altri tipi di uso corrente.
Bibliografia
TRAVE REP
66 cm e fra gli spessori di 6 e 10 mm, per il tondo fra tutti i diametri in com-
mercio, si può facilmente sostituire all'armatura standard memorizzata quel-
la più idonea al caso in esame.
Analogo criterio si può seguire nella scelta della sezione tipo.
La trave REP offre perciò al progettista una considerevole elasticità nel di-
mensionamento ed una scelta flessibile della maglia strutturale ; di conseguenza
offre anche la possibilità di soddisfare agevolmente le esigenze architettoniche.
I campi d'impiego sono rappresentati nel diagramma di fig. 2, dove è
possibile rilevare le coppie di valori; "luce solaio, luce trave REP" associabi-
li nell'ipotesi di continuità, in funzione del loro comune spessore. In base
ai momenti di esercizio agenti sulla trave REP, si può ricavare, nei casi più
comuni, il peso di acciaio richiesto per il corretto dimensionamento della trave
stessa, compresa l'armatura necessaria per assorbire i momenti negativi ai nodi.
Nel campo dei momenti d'esercizio inferiori a quelli indicati, il peso
stesso non può diminuire poiché il dimensionamento minimo rimane co-
stante (Tab. 2).
Nei casi in cui:
M > 6.000 kgm nella struttura H = 20
M > 8.000 kgm nella struttura H = 24
M > 11.000 kgm nella struttura H = 28
M > 14.000 kgm nella struttura H = 32
è necessario aumentare la larghezza dell'ala nella sezione a T in calcestruz-
zo collaborante con la trave REP. Ciò si ottiene disponendo nel solaio, la-
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Tabella 2 - Peso TRAVE REP per metro lineare comprese barre integrative per momen-
ti negativi.
LE COPERTURE
Coperture a volta
lineo, oppure obliquo (b), o a generatrici inclinate (c) o con le imposte col-
locate a diversa altezza (d). Spesso, per particolari strutture, come le scale,
è stata impiegata nel passato la volta anulare o elicoidale, costituita da una
volta a botte avente per linee di imposta due cerchi concentrici o due eliche
coassiali (e).
La volta a vela (Fig. 14.1 l,m) che è costituita da superfici sferiche op-
pure elissoidiche. Sono indicate per coprire ambienti rispettivamente a pian-
ta quadrata o rettangolare ed hanno caratteristica, al contrario delle volte a
botte, di scaricare i pesi soltanto sui quattro punti delimitanti la superficie.
quadrata; si otterranno cosi quattro parti a due a due uguali chiamate un-
ghie le une e fusi le altre. L'unione di quattro fusi, cioè degli elementi di
volta in corrispondenza della struttura muraria portante all'imposta, gene-
rano appunto le volte a padiglione, mentre l'unione di quattro unghie genera:
Coperture a falda
E' il tipo di copertura più comunemente usato negli edifici civili, nei
quali il tetto è costituito da uno o più elementi inclinati, appunto le falde,
che devono essere progettate e conformate in modo da assicurare un per-
fetto e regolare deflusso delle acque piovane. La più semplice disposizione
è naturalmente ad una sola falda, ma anche se è qualche volta impiegata, ta-
le soluzione raramente è soddisfacente da un punto di vista estetico, data
la differenza considerevole di altezza che vengono ad assumere le pareti op-
poste dell'edificio in relazione alla pendenza della copertura. E' invece mol-
to usata la disposizione a due falde (il cosiddetto "tetto a capanna") carat-
terizzato da una linea di colmo centrale sulla copertura e due linee di gron-
da parallele ed opposte a
questa. Nella disposizione
a più falde, usata sovente
per edifici costituiti pla-
nimetricamente da super-
fici composte, particola-
re importanza riveste lo
studio geometrico della
copertura procedendo da-
gli angoli a mezzo di bi-
settrici, perché tutte le
falde devono avere la me-
desima pendenza, ed in-
dividuano le linee di com-
pluvio, cioè le rette di in-
contro delle superfici in-
terne e formanti angolo
rientrante, le linee di di-
spluvio, cioè le rette di
incontro delle superfici
esterne e formanti ango-
lo sporgente, la linea di
colmo e quella di gronda Fig. 14.3
(Fig. 14.3).
In speciali condizioni ambientali e tradizionali si usano costruire anche
tetti le cui falde, invece che risultare formate ciascuna di un unico piano
inclinato, sono costituite da due piani con differente inclinazione, di solito
l'una molto più forte dell'altra. Tale tipo di tetto, prende il nome di man-
sarda, dall'architetto J. Hardouin Mansard che per primo lo adoperò a Parigi
verso la metà del 1600. Con tale tipo di copertura gli ambienti di sottotetto
vengono ad essere utilizzati come abitabili ed i locali che se ne ricavano han-
no pareti e soffitti piani, in quanto all'altezza di cui si incontrano le falde
295
Fig. 14.4 - a) Capriata palladiana; b) id con sottocatena; c,d,e,f) particolari costruttivi delle connes-
sioni.
Fig. 14.7
299
mi delle aste dei momenti flettenti che determinano nelle stesse delle solle-
citazioni non trascurabili) esigono calcoli notevolmente laboriosi e com-
plessi, presentando tali strutture un rilevante numero di incognite iperstati-
che. Di conseguenza, semplificando, e per strutture di semplice copertura,
si usano per la calcolazione gli ordinari diagrammi cremoniani, supponendo
generalmente tutti i carichi concentrati sui nodi (che è poi la posizione de-
gli arcarecci), e pertanto il dimensionamento delle singole aste verrà esegui-
to considerando gli sforzi principali quali risultano dai diagrammi cremo-
niani.
Le capriate in calcestruzzo possono assumere qualsiasi forma o dimen-
sione, data la particolarità del calcestruzzo stesso di conformarsi perfetta-
mente all'interno di casseforme precostituite (Fig. 14.8); un tipo particola-
re che trova specifica applicazione negli edifici industriali che necessitano
di una luce unidirezionale, proveniente da nord, è il tipo a shed (Fig. 14.8d), co-
stituito da strutture reticolari più volte ripetute, triangolari ed a lati diversa-
mente inclinati; nei quali quello a pendenza minore sostiene il manto di coper-
tura (di solito con solaio sottostante o con elementi prefabbricati in calcestruz-
zo), e quello a pendenza più pronunciata, che è qualche volta verticale, la
finestratura necessaria. Ogni triangolo dell'incavallatura è composto da due
puntoni e da una catena, il puntone più inclinato è soggetto a compressio-
ne e poco a flessione, quello più inclinato prevalentemente a flessione, e la
catena a trazione; nel caso si volesse diminuire il numero di pilastri tra ele-
mento ed elemento, si dovrà disporre un puntone superiore o briglia, di
collegamento dei vertici superiori dei triangoli (Fig. 14.8e).
Tale tipo di struttura può essere naturalmente eseguita anche in ferro.
Un particolare tipo di capriata che ha trovato un largo impiego è quel-
lo del tipo prefabbricato e precompresso in c.a. a parete piana, a sezione
rettangolare in corrispondenza degli appoggi ed alleggerita a doppio T nel-
le altre sezioni, calcolata per sopportare carichi uniformemente ripartiti
in condizioni di semplice appoggio. Un tale tipo di struttura viene impie-
gata esclusivamente con manti di copertura particolari (lastre ondulate di
fibro-cemento) che richiedono una pendenza del 15%, e quindi con con-
seguente riduzione di altezza e riduzione di peso.
Nei comuni edifici civili ove le luci sono generalmente modeste le fal-
de dei tetti sono formate da comuni solai (solai sottotegola) collocati in ope-
ra con la pendenza necessaria al di sopra dell'ultimo solaio posto a coper-
tura dell'ultimo piano.
La disposizione più classica prevede un muro di spina centrale per il
sostegno della trave di colmo che è più alto dei muri perimetrali.
I solai sottotegola vengono tessuti fra la trave di colmo e le travi peri-
301
Fig. 14.8
metrali di bordo.
In maniera analoga si procede nei fabbricati con ossatura in calcestruz-
zo armato.
Nel caso che il muro o la pilastrata di spina non fossero a egual distan-
za dai muri o dalle travi perimetrali le pendenze delle falde sarebbero diver-
se e potrebbero essere intollerabili.
302
Coperture piane
ne adottato.
Trovano impiego in tutti quei casi in cui si vuole evitare l'impalcatura
provvisoria di sostegno e in quei casi in cui, per ragioni strutturali, non è ne-
cessario applicare una soletta collaborante.
Il manto di copertura
Fig. 14.10
306
Fig. 14.11
Possono essere anche impiegati per tali tipi di copertura lamiere greca-
te in acciaio zincato, nervate secondo la lunghezza ed aventi forme e dimen-
sioni diverse a seconda della portata richiesta ed in relazione alla distanza
tra gli appoggi; in tal caso il manto di copertura continuo è ottenuto so-
308
Fig. 14.12
Bibliografia
Fig. 15.1 - Disposizione schematica degli strati impermeabili per la protezione degli scantinati dalla
umidità.
Fig. 15.2 - Particolari per la protezione dall'acqua e per la ventilazione di uno scantinato.
in tempi diversi: si inserisce nel getto della fondazione una metà di un ele-
mento in plastica con foro ovalizzabile e lunghe alette la cui metà superiore
viene poi incorporata nel sovrastante muro, creando una barriera invalica-
bile.
313
Si è già visto nel capitolo precedente come tutti i tetti a falda, o co-
munque inclinati, debbano essere protetti da adeguati manti di copertura
che consentano, soprattutto in relazione alla pendenza della falda, un age-
vole e costante defluire dell'acqua piovana. Tale acqua è raccolta in corri-
spondenza delle linee di gronda in apposite canalizzazioni orizzontali, chia-
mate appunto grondaie, e convogliata a mezzo di condotti verticali, detti
pluviali, al terreno ove si inserisce in una rete di fognatura, detta delle
acque bianche, distinta da quelli degli impianti igienici dell'edificio detta
delle acque nere, fino a confluire nella rete di fognatura stradale oppure,
ove questa mancasse, in apposite vasche perdenti.
La grondaia, con o senza cornice, essendo in pratica la linea termi-
nale dell'edificio, è stata sempre considerata e particolarmente nell'anti-
chità come un elemento di rilevante importanza architettonica, e pertan-
to nel suo disegno e conformazione dovrà essere posta cura particolare, sia
per la funzionalità che per l'estetica dell'edificio; le grondaie quindi pos-
sono essere di differente linea o materiale, comunque perfettamente im-
permeabili, liscie, ed atte ad un rapido defluire delle acque.
Il primo fattore da determinare è la quantità Q di acqua che il tetto
potrà ricevere, che è funzione dell'intensità della pioggia L e della super-
ficie S della proiezione orizzontale della porzione di tetto servita da ogni
singolo pluviale di discesa.
Si avrà:
Q = LxS
so in m 2 .
L'intensità ordinaria della pioggia per le nostre zone temperate è di un
litro/minuto per m 2 , però si considera generalmente un valore di 2 litri/mi-
nuto m2 per mediare con l'intensità massima ed assicurare alla copertura un
regolare deflusso dell'acqua piovana.
Noto Q si può determinare il diametro D della gronda con la seguente
formula empirica
D = 2,04(2
Una fìarte della grondaia viene infilata sotto il manto di copertura ri-
salendo in modo da evitare che l'acqua che trabocca dalla grondaia possa
penetrare nel tetto; bisogna anche sempre fornire la grondaia di un goccio-
316
latoio nella parte esterna per evitare che l'acqua traboccante corra lungo il
muro. Variabile naturalmente è il disegno e la forma, nel caso si volesse
che la grondaia fosse interna ad un cornicione aggettante (Fig. 15.5); an-
che in questo caso la lamiera dovrà essere sagomata in modo da estendersi
per un tratto al di sotto del manto di copertura e da formare elemento di
gocciolatoio all'esterno,
al di sopra del bordo del-
la cornice e al di sotto.
Converse in lamiera
verranno anche poste sul
manto di copertura in
corrispondenza delle li-
nee di compluvio o co-
munque in tutte quelle
zone di incontro della
falda inclinata con mu-
rature verticali, come ad
esempio attorno ai muri
di delimitazione dei ca- Fig. 15.5 - Cornice di gronda.
mini.
Tutte le opere in lamiera andranno trattate con antiruggine e successi-
va verniciatura a più mani, a meno che non si volesse impiegare la lamiera
di rame, il cui uso però, come già detto, è notevolmente limitato dato l'ele-
vato costo del materiale, o di acciaio inossidabile o di resine sintetiche.
Per evitare infiltrazioni all'interno dell'edificio delle pareti verticali
esterne, dovute ad acqua di stravento o a tracimazioni delle grondaie, sarà
opportuno che tali pareti siano le più liscie possibili, e nel caso presentas-
sero superfici anche minimamente in rilievo o rientranti, come ad esempio
i cordoli dei solai che possono avere funzione estetica di marcapiani, sarà
opportuno predisporre delle apposite scossaline in lamiera nel contatto tra
il muro e tali superfici, onde evitare che l'acqua possa fermarsi al di sopra
di esse. Nel caso di pareti lisce esterne, semplicemente intonacate, sarà da
usare dell'idrofugo mescolato alla malta, mentre è oggi normalmente diffu-
so l'impiego di tinteggiature idrorepellenti, o meglio trasparenti ai siliconi
che creano un'efficace pellicola protettiva invisibile per ricoprire la faccia
esterna della parete che può anche essere realizzata in mattoni oppure in
calcestruzzo a vista.
Nel caso che la copertura dell'edificio venga realizzata a terrazza pia-
na, praticabile o meno, particolare cura dovrà essere posta nell'isolare dal-
le variazioni termiche gli ambienti dell'ultimo piano al di sotto della terraz-
za e nel creare un manto perfettamente impermeabile al di sopra del solaio.
Il primo problema può essere risolto adottando innanzi tutto un solaio
di notevole spessore, magari del tipo a camera d'aria per aumentarne la capa-
cità di isolamento termico, eseguendo poi sulla superficie di copertura il trac-
317
Barriera al vapore
Bibliografia
P. MARSH, La tenuta all'aria e all'acqua degli edifici, BE-MA Ed., Milano, 1979.
R. CADERGIUS, Isolamento e protezione dei fabbricati, Bologna, 1975.
CAPITOLO SEDICESIMO
PROBLEMI ACUSTICI
Fig. 16.2 - Un'onda sonora che incontra una parete viene in parte riflessa, in parte assorbita e in parte
trasmessa.
Infatti nel primo caso l'onda sonora penetrando nelle cavità, mette in
vibrazione l'aria contenuta in esse, la quale trasforma l'energia sonora in ca-
lore mediante la resistenza per viscosità ed attrito offerta dal materiale, ed
accresce cosi il naturale processo di assorbimento, che viene ancora esalta-
to dalle vibrazioni forzate delle innumerevoli fibre che compongono il ma-
325
Materiali acustici
Intonaci acustici, che possono essere posti in opera con i sistemi nor-
mali o a spruzzo. Questi intonaci sono costituiti da elementi di particolari
materiali assorbenti, generalmente a grana molto fine (vermiculite, perlite
ecc.), combinati con leganti che ne permettono un rapido e facile montag-
gio. Pur presentando un coefficiente di assorbimento minore dei tipi pre-
cedenti, e particolarmente alle basse frequenze, hanno il vantaggio del bas-
so costo e della facilità della posa in opera. L'assorbimento di questo tipo
di materiale varia con lo spessore, la composizione ed il modo con cui è
applicato alle pareti; hanno però l'inconveniente di essere scarsamente de-
corativi, di facile deterioramento e di non poter essere lavati o dipinti.
L'isolamento acustico
Rumori dovuti a percussioni. Sono i più comuni rumori della casa, do-
vuti in genere ad urti sul pavimento (calpestio, oggetti che cadono) o sulle
pareti.
Per limitare gli effetti dei rumori aerei bisogna provvedere ad isolare
327
Fig. 16.3 - Isolamento della parete piena in funzione della massa, per frequenze comprese tra i 125 e
2048 Hz.
328
Fig. 16.4 - Esempi di pareti multiple esterne e divisorie per l'isolamento dai rumori aerei.
329
rà ad intonacare con un particolare tipo di malta una faccia della parete, la-
sciando sull'altra, ad esempio, il laterizio a vista.
Per sfruttare però, come già accennato, l'assorbimento di energia sono-
ra per migliorare l'isolamento acustico, si può riempire completamente con
materiale poroso e fono assorbente lo strato d'aria dell'intercapedine, op-
pure disporre nastri di tale materiale lungo i bordi o riempire parzialmente
la camera d'aria con elementi di detto materiale.
Per quanto riguarda le pareti esterne, perimetrali dell'edificio, che co-
stituiscono l'unico schermo dai rumori provenienti dalla strada, sarà oppor-
tuno adottare una soluzione del tipo precedentemente indicato, con dop-
pia parete racchiudente un'intercapedine continua interna. Per ottenere
un soddisfacente risultato nel valore di attenuazione bisognerà osservare:
— che ciascuno dei due elementi costituenti la parete sia quanto più
pesante possibile; ad esempio la parete verso l'esterno in mattoni pieni, e
quella verso l'interno in forati o mattoni in foglio, per opporre una deter-
minata massa al primo frangersi delle onde sonore;
— che ogni elemento sia da considerare completamente isolato,
cioè costruito senza collegamenti rigidi con l'elemento opposto; infatti l'ef-
fetto dell'intercapedine può venire pregiudicato od anche completamente
annullato, quando i singoli elementi della parete siano uniti rigidamente tra
loro, ad esempio con mattoni, ponti di malta, tubi passanti, ecc.;
— che gli strati di malta siano continui e non lascino alcuna fessura
poiché, per il noto principio, verrebbe in pratica annullata ogni opera di iso-
lamento;
— che nell'intercapedine di almeno 5 cm, sia applicato del materiale
poroso e fonoassorbente, se non dello spessore della camera d'aria, almeno
dello spessore di cm 2, e ciò per aumentare con l'assorbimento di energia
sonora, il valore dell'isolamento.
In questo tipo di pareti estrema cura ed accorgimenti dovranno essere
posti nella costruzione e nella scelta delle finestre, per non annullare i van-
taggi ottenuti con l'adozione della parete multipla.
Per quanto riguarda le pareti interne, interesse particolare rivestono
quelle di suddivisione degli appartamenti, o di delimitazione di determina-
ti ambienti, quali camere da letto, servizi, cucine, sale. Anche in questo ca-
so, vale ovviamente quanto suesposto a proposito delle pareti esterne poi-
ché non potendone aumentare il peso, converrà adottare pareti multiple,
con doppia parete ed intercapedine.
I singoli elementi potranno essere in laterizio forato, anche se è consi-
gliabile che una delle due faccie venga eseguita con mattoni pieni disposti
in foglio; nell'intercapedine è bene sia posto uno strato di materiale poroso
dello spessore non inferiore a cm 2; valgono comunque le medesime osser-
vazioni riportate a proposito delle pareti esterne.
E' da far notare che una parete così descritta viene però ad occupare
uno spessore totale di oltre 20 cm, e sovente nelle nostre abitazioni, ove
331
La correzione acustica
Questa coda sonora, entro determinati limiti non superiori a 1,5 1,7
secondi, proporzionali al volume dell'ambiente e alla destinazione dello stes-
so è persino un elemento favorevole, che rende i suoni più pastosi e gradevo-
li; oltre tale limite invece crea fenomeni di disturbo e confusione, dal sempli-
ce sovrapporsi di suoni successivi a rimbombi e persino agli echi.
Un calcolo sufficientemente approssimato della coda sonora f, che in
realtà dipende anche dalla forma dell'ambiente e dalla conformazione spe-
cifica delle superfici che lo delimitano, si può fare con la seguente formula:
con
ove
= area delle superfici interessate alla riflessione
= coefficienti di assorbimento dei singoli materiali
337
Bibliografia
PROBLEMI TERMICI
dove:
ed sono coefficienti di adduzione interna ed esterna, espressi in kcal/
m 2 h°C; essi esprimono la quantità di calore ceduta sia (a,) dall'aria
interna nell'unità di tempo ad ogni unità di superficie della parete
per ogni grado di differenza di temperatura sia all'ambiente
a temperatura te nell'unità di tempo da ogni unità di superficie del-
la parete per ogni grado di differenza di temperatura.
5 = spessore della parete (m);
S = superficie della parete (m2 );
= coefficiente di conducibilità della parete;
h = tempo di durata della trasmissione di calore (ore).
e si esprime in m2 h°C/kcal.
Se la parete è composta da più strati, in serie, diversi fra loro, K si de-
termina:
341
dove:
m, = masse ;
Gi = calori specifici.
(vedi tabella 1 e 2) .
Normativa italiana
La legge 30/4/1976 n. 373 stabilisce i limiti zona per zona della poten-
za termica massima di un impianto di riscaldamento, valutata tramite la re-
lazione
dove:
Cg = è il coefficiente volumico globale di dispersione termica, espresso
in W/m3 °C o dato che 1 kcal/h = 1,16 W si avrà anche 1 kcal/1,16
h m3 °C. Esso è composto di due termini Cg = Cv + Q dove:
Cv = è il coefficiente volumico di dispersione termica per ventilazione
cioè è la potenza termica necessaria per il riscaldamento dell'aria
di rinnovo. (W/m3 °C). Cv si ricava dalla formula Cv = 0,25 x n (do-
ve 0,25 è il calore specifico dell'aria); n sono i ricambi d'aria orari;
in genere si è stabilito n - 0,5.
Cd = è il coefficiente volumico di dispersione termica per trasmissione;
esso rappresenta la sommatoria delle dispersioni termiche attra-
verso l'involucro sempre riportato all'unità di volume v.p.p.
V = è il volume delle parti d'edificio riscaldate. Si esprime in m3 ;
A t = èia differenza di temperatura tra l'aria interna che in genere non può
superare i 20°C e l'aria esterna definita nelle tabelle per zone.
Fig. 17.4
346
Fig. 17.7
348
dove:
m = densità dell'acqua = 1000 kg/m 3 ;
Cp = calore specifico dell'acqua = 1 kcal/°C;
= il salto termico tra la temperatura del materiale e quella di utilizzo.
La captazione separata avviene tramite due sistemi "a serra" o "a ter-
mosifone".
La "serra" è formata da una parete trasparente, uno spazio vuoto che
funziona da cuscinetto e una superficie assorbente. I raggi solari che attra-
versano la vetrata vengono assorbiti dalla parete assorbente, la quale emette
a sua volta radiazioni di lunghezza d'onda diversa, verso la superficie ve-
trata: essa, in questo caso, funziona come un corpo opaco, di modo che le
radiazioni non vengono più trasmesse all'esterno, e quindi nella zona tra il
vetro e la parete assorbente si crea una temperatura più elevata di quella
esterna. Questo è il cosiddetto "effetto serra".
L'energia termica captata dalla serra viene trasmessa all'edificio con:
— trasmissione diretta della radiazione solare;
— scambio d'aria diretto;
— conduzione attraverso le murature.
Nel primo caso il muro tra la serra e l'edificio deve avere delle apertu-
re, in quanto parte del calore penetra direttamente dalla serra all'edificio
soprattutto d'inverno.
Nel secondo caso il calore viene trasmesso all'edificio per convezione
naturale quando tra la serra e l'edificio non c'è un muro ma teloni o a mez-
zo di ventilatori.
Nel terzo caso il calore viene assorbito dalla superficie rivolta verso la
serra e per conduzione naturale passa all'interno dell'edificio riscaldandolo.
Gli elementi fondamentali sono la serra, un muro ad elevata inerzia ter-
mica e l'ambiente (Fig. 17.14).
Bibliografia
LE SCALE
porte di accesso ai locali diversi. Dal traffico piuttosto limitato che si può
avere in una scala di un fabbricato unifamiliare, si passa ad un flusso massi-
mo di circa 50 persone per un condominio di 10 appartamenti, ed ad un
traffico ancora superiore in caso di edifici pubblici: parimenti quindi dovrà
esser aumentata la larghezza dei pianerottoli.
Fig. 18.2 - Inclinazioni usuali per giadonate, scale normali, pei locali macchine, a pioli.
delle navi, per servizi di manutenzione in edifici industriali, per accesso a lo-
cali macchine ;
— da 75° a 90° sono infine comprese le scale a pioli o alla marinara,
quelle di accesso ai locali ascensori, ai serbatoi, ecc..
Fig. 18.4a
Fig. 18.6
361
Fig. 18.10 - Scala a chiocciola con gradini in massello di marmo a sbalzo della muratura perimetrale.
363
uno spazio vuoto al centro, più o meno ampio a seconda dell'area destinata
al vano scala e a seconda dell'assetto in pianta assunto dalla scala stessa.
Norme di progettazione
Una rampa di scala dovrà inoltre avere tutti i gradini uguali: si preferisce
eventualmente diminuire l'alzata negli ultimi piani di edifici multipiano, al
fine di non affaticare l'utente. Per quanto riguarda l'altezza minima da osser-
vare tra rampe e rampe immediatamente sovrapposte, bisognerà fare atten-
zione a permettere un passaggio fluido e senza ostacoli, assumendo quindi
365
permettere l'appoggio a chi sale; nel caso in cui la larghezza superi i 2 metri,
si potranno inserire longitudinalmente degli appoggi intervallati, fungenti
anche da corrimano.
Il corrimano, che ha lo scopo di impedire la caduta nel vano scala, va
progettato in funzione del numero e categorie degli utenti della scala; la sua
altezza media non deve essere mai inferiore ai 90 cm utili.
Dimensionamento
Gli elementi costitutivi della scala sono i gradini: ogni gradino è forma
to da una parte orizzontale, detta "pedata", e da una parte verticale, detta
"alzata" (Fig. 18.14).
Fig. 18.14
Questi due elementi sono legati tra loro da formule empiriche, basate
sulla lunghezza del passo medio dell'uomo in salita (Fig. 18.13), tenendo pre-
sente che, aumentando la pendenza, il passo dell'uomo si accorcia per equi-
librio dinamico.
Le formule più comunemente usate per il dimensionamento dei gradi-
ni sono
2 a + p = 63 cm a + p = 46 cm
Si potrà quindi variare a piacere uno solo di questi due elementi dato
che, aumentandone uno, diminuisce ovviamente l'altro; e di ciò si dovrà
367
Struttura
La soluzione strutturale di una scala può avere diverse soluzioni. Si tra-
lascia la descrizione delle scale in legno o in ferro oggi pochissimo usate nel-
368
Fig. 18.16 - Trave a ginocchio compresa nello spessore del muro di tamponamento.
Sono sagomati come in Fig. 18.17a sia perché il calcestruzzo non può
terminare con un angolo acuto che fatalmente si romperebbe, sia perché,
sotto il carico, ogni gradino può trovare collaborazione nei gradini sotto-
stanti.
Fig. 18.17a,b
Al di sotto dei gradini viene lasciata una soletta " s " di circa 5 cm che
sarà opportunamente armata in senso longitudinale per ripartire i carichi
concentrati su di un solo gradino e che li collega fra di loro.
Oltre ai ferri di armatura posti in alto (in Fig. 18.19 sono due ferri
10) saranno necessari altri ferri (staffe) di confezionamento o per sop-
perire a possibili sforzi di taglio.
Se i gradini costruiti in opera sono incastrati nella muratura la loro
sezione è quella della Fig. 18.19.
Se viceversa i gradini costruiti in opera sono incastrati in una trave a
ginocchio la loro sezione è tutta compresa nello spessore della trave a ginoc-
chio alla quale sono incastrati come chiaramente appare dalla Fig. 18.20.
Il tipo di scala con gradini a sbalzo costruiti in opera è oggi quello più
usato.
A scala finita i gradini ed i pianerottoli vengono ricoperti con mate-
riale più o meno pregiato come marmo, moquette, o con altri numerosi
372
Fig. 18.20 - Scala con gradini gettati in opera e a sbalzo su trave a ginocchio.
- Scale con soletta a sbalzo. E' possibile costruire, con incastro nel-
le murature laterali o nelle travi a ginocchio, delle solette a sbalzo per 1,20-
1,50 metri che emergono dalle strutture di sostegno e che seguono l'anda-
mento dei pianerottoli e la pendenza della rampa (Fig. 18.21).
Si pensi a qualcosa come ad un poggiolo che emerga dalla facciata di
un edificio, ma che, invece di essere tutto su di un piano, abbia il primo e
l'ultimo tratto orizzontali e a quota diversa (i pianerottoli) ed il tratto cen-
373
Fig. 18.22 - Scala a soletta rampante. Le strutture portanti sono di testa al gruppo delle scale; le ram-
pe ed i pianerottoli in c.a. costituiscono solette a ginocchio (rampanti) sostenute dalle
strutture portanti. I gradini non sono elementi strutturali, ma sono formati dopo il getto
della soletta.
375
Bibliografia
I SERRAMENTI
I difetti ed i pregi principali dei tipi suesposti possono essere così bre-
vemente sintetizzati:
— il serramento in legno dà buoni risultati di tenuta; col tempo è pe-
rò soggetto a deteriorarsi e a deformarsi. I vantaggi si notano soprattutto
nella facilità di lavorazione del materiale e nella possibilità di variare la forma
e le dimensioni della sezione in infiniti modi. I principali legnami usati so-
no: l'abete, il larice, il douglas, il pitch-pine.
— // serramento in ferro, oltre ad essere pesante, è soggetto a fenomeni
di corrosione, è molto rumoroso e non dà soddisfacenti garanzie di tenuta;
sono per questo oggi molto usati serramenti in lamiera profilata a freddo e
zincata, anche verniciata a fuoco, che riducono notevolmente le caratteri-
stiche negative prima accennate.
— il serramento in alluminio è molto leggero e dà la massima garanzia
di durata nel tempo e di tenuta dall'acqua e dall'aria; è però un serramento,
almeno in Italia, ancora di un costo relativamente elevato.
— serramenti in plastica. Con il progredire della chimica e con la pro-
duzione in plastica degli oggetti più svariati era fatale che si arrivasse a co-
struire serramenti in plastica.
Per quanto riguarda le finestre si nota che la possibilità di dare le più
svariate forme alla plastica permette di realizzare serramenti con ottime "bat-
tute" ed incastri che evitano passaggi d'aria e di acqua.
Peraltro è molto problematica la scelta del tipo di plastica che deve es-
sere indeformabile anche se assogettata da una parte alla temperatura am-
biente (20°C) e dall'altra alla temperatura esterna che può variare da —5 a
+ 35°C.
Altro punto delicato è quello della applicazione della ferramenta per
il fissaggio del serramento e per la sua chiusura e movimentazione.
Per quanto riguarda le porte si possono fare meno riserve.
Naturalmente le porte in plastica (come del resto anche le finestre) han-
no misure standardizzate. Le porte sono costituite da elementi scatolari a co-
da di rondine che possono esser connessi tra loro con un modulo di 5 cm e
sono contornati e connessi da un pesante elemento ad "U" così da formare
l'anta mobile della porta.
Gli elementi scatolari possono esser o meno trasparenti alla luce e pos-
379
Tipi di serramento
Le finestre sono quei serramenti che permettono l'illuminazione e la
aereazione dei locali e li proteggono dagli agenti atmosferici.
Gli oscuri sono quei serramenti che permettono l'oscuramento dei lo-
cali e offrono difesa dall'esterno.
Le porte permettono o impediscono il passaggio dall'esterno all'inter-
no e tra i vari locali.
Altri tipi di serramenti (serrande metalliche, cancelli estensibili ecc.)
hanno esclusivo scopo di protezione.
A seconda del modo di apertura di un serramento e a seconda delle
sue funzioni, si possono distinguere i seguenti tipi di serramenti:
A) finestre :
I) finestre ad 1 battente
2) finestre a 2 battenti (la più comune)
3) finestre a più battenti
4) finestre a bilico (orizzontale o verticale)
5) finestre a wasistas (interno od esterno)
6) finestre a slitta
7) finestre a saliscendi o a ghigliottina
8) finestre scorrevoli
9) finestre composte (unione di più tipi)
B) oscuri:
C) porte interne:
D) serramenti di chiusura:
Fig. 19.2
Fig. 19.1
Sono finestre più usate nei paesi nordici o anglosassoni che in Italia.
382
Fig. 19.4
Fig. 19.3
Sono gli oscuri più antichi e comuni, formati da una o due ante gire-
voli su cardini a muro fissati negli spigoli esterni del foro murario.
Il tipo tradizionale veneto è formato da un doppio ordine di tavole d'a-
bete da 25 mm lordi poste con le fibre incrociate. La parte d'oscuro che ri-
sulta esterna quando il serramento è chiuso, è costituito da tavole accosta-
te e con le fibre verticali, l'altra parte (connessa solidamente con la prima
mediante fitta chiodatura) è formata da tavole immaschiate fra loro con fi-
384
Fig. 19.8
Quando questi scuri sono aperti, una parte di ciascuna anta è contenu-
ta nel vano della finestra ed è addossata agli stipidi e l'altra parte è ripiega-
ta di 90 gradi, e risulta aderente e parallela, alla facciata.
Vari tipi di oscuri esistono oltre a quelli tradizionali veneti sopra ri-
cordati.
Talvolta le antine sono formate da telai in legno e specchiature in pan-
forte o di lamiera.
Nel centro e sud Italia, gli oscuri sono formati da un telaio avente la
specchiatura formata da alette orientabili (Fig. 19.9).
In generale gli oscuri permettono una discreta sicurezza, una buona
protezione e coibentazione, ed un sufficiente oscuramento (salvo quelli
con alette orientabili). In questo caso l'oscuramento può esser ottenuto ap-
plicando un copriportello all'interno del telaio a vetri.
385
386
Se si vuole, per ragioni estetiche, evitare che gli oscuri (quando sono
aperti) siano visibili dall'esterno, o se si vuole proteggerli dalle piogge bat-
tenti o dai raggi del sole, o quando, infi-
ne, si abbiano due fori di finestra, tan-
to vicini per cui l'ingombro degli oscu-
ri aperti non potrebbe esser contenuto
nel tratto di muratura intercorrente tra
i due fori di finestra, si usano gli oscuri
a libro. Sono comuni oscuri girevoli su
cardini posti nello spessore di muro del
vano finestra che hanno le ante com-
poste da diversi elementi ripiegabili a
fisarmonica gli uni sugli altri, così da
formare un "pacchetto" che risulta, ad
oscuro aperto, contenuto nello spesso-
re del muro del vano di finestra.
Questo pacchetto però deve trovar Fig. 19.10
sede o in un incavo del muro o esser
contenuto da un "elemento" di marmo o pietra (anche artificiale) che è po-
sto a contorno del foro di finestra.
Diversamente la vista del "pacchetto" formato dalla sovrapposizione
degli elementi ripieghevoli di ciascuna anta, risulterebbe antiestetica.
Fig. 19.11
Fig. 19.12
formata da due divisori; in tal modo la porta aperta, resta celata alla vista
e non crea ingombro.
Fig. 19.14
Fig. 19.17
Fig. 19.18
Fig. 19.20
Fig. 19.21
Sul nodo centrale (nel caso di finestra a due ante) vi è invece inserito
il cremonese, l'inversione delle battute consente l'inversione di apertura
delle due ante.
L'attacco di tutto il telaio con la struttura viene mascherato da oppor-
tune fascette coprigiunto.
Per quanto riguarda i nodi di serramenti particolari si allegano alcune
tavole illustrative.
Molto spesso, soprattutto nei paesi nordici, dove fa molto freddo, sono
molto usati i serramenti doppi. Essi possono essere composti da un serra-
mento normale con sezioni maggiorate sulla cui parte mobile è ricavato un
secondo telaio mobile, di dimensioni molto ridotte, in quanto esso è aperto
solo per le pulizie (Fig. 19.22); oppure possono essere ottenuti da due ser-
ramenti posti uno davanti l'altro, e resi solidali mediante un'asta in ferro
(Fig. 19.23)
Fig. 19.22
Vetri
— mezzo cristallo
— ultraforte o cristalli
Esistono poi dei tipi speciali di vetro detti vetri "stampati" che non
permettono la visione di cose od oggetti attraverso di essi. Hanno sagome,
decorazioni e lavorazioni di diverso tipo. I vetri semplici semidoppi, doppi
ed anche i mezzi cristalli si usano per le finestre; i cristalli che non presenta-
no impurità di impasto né bolle d'aria, si usano per vetrine o per specchia-
ture molto grandi anche curvate; i vetri stampati trovano impiego quasi
esclusivamente in specchiature di porte.
Un particolare tipo di vetro stampato e quello detto "retinato" per-
ché in esso — durante la colatura della lastra — è posta una sottile rete me-
tallica a maglie romboidali o rettangolari. Questo accorgimento evita che
— in caso di rottura della lastra — pezzi di vetro possano cadere da portie-
re o serramenti, sulla strada.
Si fa un semplice richiamo per i vetri stampati colorati ormai di impie-
go molto limitato.
Esiste, poi, una vasta gamma di vetri speciali.
OPERE DI FINITURA
A) Intonaci
Sono detti intonaci gli strati di malta (sabbia più legante) applicati ai
muri, ai soffitti ed alle varie parti rustiche dell'edificio in uno o due strati
con spessori complessivi da 1,5 a 2 cm.
Gli intonaci hanno diversi scopi pratici ed estetici.
Gli intonaci esterni proteggono l'edificio dalla pioggia e dalle intempe-
rie e gli conferiscono un miglior effetto estetico.
Gli intonaci interni, regolarizzando i muri rendono le pareti più funzio-
nali, più igieniche e conferiscono — in generale — un aspetto più luminoso
e confortevole ai locali.
La dosatura dei leganti delle malte per intonaci, come già visto, è sem-
pre superiore di quella delle malte per muri e ciò per consentire che le mal-
404
E' il tipo più comune di intonaco ed è usato ad uno strato per locali
rustici o per sottofondo a intonaci più pregiati oppure a due strati (specie
per esterni). Quando sono usati per esterni e su pareti esposte alle intempe-
rie questi intonaci sono arricchiti con sostanze idrofughe per renderli il più
possibile impermeabili.
E' errato usare all'interno degli edifici intonaci idrofugati e ciò per evi-
tare che su dette superfici si verifichi il fenomeno della condensa dei vapori.
Gli intonaci di calce idraulica induriscono abbastanza presto, sono re-
sistenti, ma — anche se ben lavorati - non raggiungono il grado di finitura
degli intonaci di calce aerea.
Intonaco di cemento
Intonaco di gesso
E' un tipo di intonaco diverso dagli altri perché il gesso è inerte e legan-
te nello stesso tempo e sono, quindi, privi di sabbia.
E' bene eseguire tali intonaci non direttamente sulle pareti (come pur-
troppo vien fatto talvolta) ma su intonaci ad uno strato di calce idraulica.
Sono intonaci molto levigati, lisci che però possono risultare freddi e non
sempre adatti per tutti i tipi di tinteggiature. Sono da escludere nei locali
ove si produce vapor acqueo (bagni, cucine) perchè al suo contatto, il gesso
assorbendo l'umidità e l'acqua, si deteriora. Naturalmente sono assolutamen-
te da escludere per esterni.
Intonaci speciali
Tipo Terranova, Emalux, Plastirithe, Settef, ecc., che pur essendo in-
tonaci hanno carattere di rivestimenti e di essi verrà fatto breve cenno trat-
tando dei rivestimenti.
Rabboccatura
Rinfazzo
Più che un intonaco è un supporto per intonaci predisposto su opere in
calcestruzzo o sui soffitti ove l'intonaco comune potrebbe non aderire a
perfezione.
Si tratta di una malta piuttosto fluida e molto ricca di legante (cemen-
to a 6 7 qli) lanciata con forza sulle superfici da intonacare e sulle quali
aderisce creando una superficie molto frastagliata e ben aderente alla strut-
tura. Il rinfazzo funge da ottimo supporto per altri intonaci.
E' un intonaco ad uno o due strati che viene pareggiato e levigato con
uno speciale strumento (frattazzo) costituito da una tavoletta con manico.
Si usa in uno strato per locali di servizio o come primo strato di intona-
ci più raffinati (a civile o a gesso) ed in due strati per esterni.
Intonaco a civile
Intonaco a panno
Era usato ancora fino a pochi anni fa come zoccolo per scale o locali
per bagno.
Per la sua compattezza, lucentezza e venatura imitativa, non felice-
mente, l'effetto estetico del marmo.
E' formato con tre parti di polvere di marmo bianco ed una parte di
calce trivellata.
Viene steso in due spessi strati di cui il secondo, quello in vista, viene
strofinato con un feltro, lisciato con un ferro regolare piano ed infine luci-
dato con uno spianatoio d'acciaio caldo (45°C).
Gli intonaci a gesso sono già stati descritti nella composizione e nell'im-
piego. Vengono "tirati" da specialisti (stuccatori) con frattazzi metallici
(spatole) su sottofondo di intonaco di calce idraulica.
L'intonaco a stucco, a stucco marezzato, l'incausto, lo stucco lucido
sono tipi di intonaco assolutamente superati anche se talvolta potevano ave-
re un loro pregio. E' difficile trovare oggi gli artigiani per eseguirli; si usano
talvolta per restauri di antichi edifici.
B) Pavimenti
Mattonelle di cemento
Palladiana
Battuti di graniglia
Gres smaltato
Non è da confondere con altro tipo di pavimento (famose quelle di
Vietri e di Marsiglia) costituite da argilla cotta e smaltata a basse tempera-
ture.
La tecnica moderna ha permesso di ottenere piastrelle di gres smaltate
cotte ad alta temperatura che accoppiano ai pregi del gres, l'effetto croma-
tico e decorativo dei vari smalti policromi e dei disegni floreali o geometrici.
L'industria - stretta dalla concorrenza - produce piastrelle in gres
smaltato in una vasta gamma di tipi, colori e decorazioni.
Pavimenti in legno
Sono di tipi svariatissimi per le varie essenze usate, per la pezzatura de-
gli elementi, per la diversità della posa.
Trascuriamo i pavimenti in tavoloni di abete usati nelle case delle no-
stre Alpi e in zone ove l'abete costa poco e trascuriamo pure i pavimenti
a legno intarsiato perché di impiego eccezionale. Le essenze più usate com-
mercialmente sono il faggio, il rovere, il pitch-pine, ecc. ma viene usato an-
che il noce, l'ulivo e altre essenze esotiche.
414
A tolda di nave
Pavimenti in linoleum
Sono prodotti moderni che, anche se non di gran lusso, hanno ottimi
requisiti fisici ed estetici.
Sono forniti in piastrelle di misure varianti secondo i tipi, con una va-
sta gamma di colori pastello, marmorizzati, variegati di buon effetto cro-
matico, componibili anche a scacchiera o con altri motivi geometrici.
Per questi tipi di pavimenti ha molta importanza una buona prepara-
zione del sottofondo che deve esser molto resistente perfettamente levi-
gato a "bolla".
I sottofondi sono di due tipi principali:
— massetto di calcestruzzo con inerti di varia ed assortita granulome-
tria ed almeno 3,5 ql di cemento, accuratamente regolarizzato con frattazzo
416
e poi lisciato con mastice livellatore (livellina, pianolina, ardur, Bostik, ecc.);
— sottofondo di anidrene. L'anidrene è un legante ottenuto per sin-
tesi chimica e fa parte delle anidridi sintetiche. L'anidrene è prodotta anche
in Italia ed è coperta da diversi brevetti. Contiene un catalizzatore (ossido
di calcio) che ne accelera la presa. Si presenta come una polvere bianca-
stra molto somigliante al cemento bianco ed è confezionata in sacchi di
carta da 50 kg.
Si usa — per sottofondo — pura impastata con acqua (resistenza e com-
pressione dopo 28 gg pari a 670 kg/cm2 ) oppure mescolata ad un volume
doppio di sabbia (resistenza a compressione dopo 28 gg pari a 380 kg/cm 2 ).
L'inizio della presa avviene non prima di due o tre ore e ciò permette
di eseguire con tutta comodità la messa in opera. Dopo tale periodo la mas-
sa indurisce in brevissimo tempo senza fessurazioni neppure se stesa su gran-
di superfici così da consentire una rapida utilizzazione del sottofondo.
Questo sottofondo si deteriora a contatto anche di poca acqua che su
di esso ricada quando è già indurito.
I principali tipi di questi pavimenti sono:
C) Rivestimenti
Granulati di marmo
Resine plastiche
Piastrelle maiolicate
Mosaici
Rivestimento in legno
Rivestimenti metallici
D) Tinteggiature e coloriture
Tinteggiature
Vari sono i brevetti per tali tinte e non sempre sono noti tutti gli addi-
tivi usati dalle singole ditte produttrici.
In genere, peraltro, i colori sono stemperati in una soluzione di silicati
alcalini (il più economico è il silicato di sodio).
Queste tinte sono stabili, si prestano abbastanza bene al dilavamento e
non sporcano, sono quindi idonee per esterni e per interni.
Le tinte al silicato possono essere applicate anche su superfici liscie e
non molto assorbenti (calcestruzzi).
Pur chiamandosi tinte lavabili non lo sono nel senso letterale della pa-
rola.
Tinte a fresco
Non sono tinte speciali, ma tinte a calce applicate in più mani all'into-
naco ancora fresco di calce aerea in modo che la tinta si "incorpori" con la
parte superficiale dell'intonaco.
L'indurimento è lento, ma si ottiene una buona resistenza al dilava-
424
Vernici e smalti
Vernici all'olio
Le comuni vernici sono preparate con olio di lino cotto, pigmenti colo-
ranti finissimamente macinati con l'aggiunta di essicanti. Per economia, tal-
volta, all'olio di lino cotto si aggiungono altri oli (olio di girasole).
Per vernici bianche si usa l'ossido di zinco, il bianco di titanio, carbo-
nato di piombo. La biacca di piombo, una volta molto usata, per colori
bianchi è assolutamente da bandire non solo perché ossidandosi si anneri-
sce, ma soprattutto per le sue tossiche emanazioni solforose.
Per vernici nere si usa il nerofumo.
Per vernici rosse si usa l'ossido di ferro, il cinabro ecc.; per quelle gialle
o brune si usa l'ocra o il cromato di piombo; per le verdi si usa il verde di
cromo o di zinco.
Per applicare queste vernici ad olio su pareti è necessario spalmare que-
ste ultime con colla animale seguita da una mano di olio di lino cotto.
Vernici particolari sono:
Smalti
Smalti alla cellulosa, devono esser applicati a spruzzo per ottenere su-
perfici di uniforme brillantezza in quanto essicano rapidissimamente.
Sono soluzioni colloidali di esteri cellulosici in liquido organico (aceto-
ne, alcool superiori).
CAPITOLO VENTUNESIMO
asismiche e sismiche").
La tecnologia dei grandi pannelli portanti in c.a. assicura una riduzio-
ne dei tempi di costruzione ed una semplificazione delle operazioni di can-
tiere, presupponendo però una continuità della domanda di alloggi con ca-
ratteristiche tipologiche sufficientemente costanti, una concentrazione de-
gli interventi nel territorio ed una specifica dotazione delle imprese di at-
trezzature e macchinari, come mezzi di trasporto, gru di adeguata poten-
za e largo sbraccio.
In quegli stessi anni furono immessi sul mercato vari sistemi prefab-
bricati con elementi piano-lineari e puntiformi in c.a. o in acciaio per l'edi-
lizia industriale e commerciale, che furono presto ristudiati e riproposti
per l'edilizia scolastica.
Negli ultimi anni il costante aumento del fabbisogno abitativo accom-
pagnato dall'aumento dei costi di costruzione e dalla diminuzione della re-
peribilità di manodopera in edilizia hanno riportato l'attenzione del set-
tore verso sistemi di edificazione che conciliassero la riduzione dei costi
finali con l'utilizzo di manodopera a bassa specializzazione per semplici
operazioni di montaggio, cioè in definitiva verso la prefabbricazione; un ul-
teriore impulso in tal senso si è avuto dopo le recenti catastrofi sismiche
nel Friuli e nell'Irpinia.
I sistemi a struttura portante puntiforme, nati per l'edilizia scolastica
e industriale-commerciale sono stati oggetto di studi e di innovazioni ad
alto contenuto tecnologico per affinarli ed adattarli alle esigenze dell'edi-
lizia ad uso abitativo; un altro incentivo a tali ricerche e messe a punto è
stato dato, ad esempio, dalla Regione Lombardia che ancora nel 1978 ha
bandito un concorso per la formazione di un repertorio regionale di pro-
getti tipo.
Oltre alla produzione di sistemi completi "chiavi in mano", si è po-
tenziata la presenza sul mercato di componenti più o meno complessi, come
chiusure esterne, partizioni, serramenti, blocchi bagno, pareti attrezzate
di servizio, e di subsistemi di componenti, che attualmente tendono a su-
perare il modello tradizionale del processo edilizio
Fig. 21.1 - La griglia fornisce tre misure 113, 70, 43 cm,che sono tra loro in rapporto aureo 4 : 43 +
+ 70= 113; oppure 113 - 7 0 = 43. Addizionandole esse danno: 113 + 70= 183; 113 +
+ 70 + 43 = 226.
Queste tre misure (113 — 183 — 226) sono quelle che caratterizzano l'occupazione dello
spazio da parte di un uomo alto m 180 (6 ft).
La misura 113 dà come sezione aurea 70, creando una prima serie, denominata serie rossa
4-6-10-16-27-43-70-113-183-296, ecc.
La misura 226 (2 x 113) dà come sezione aurea 140-86, creando una seconda sezione de-
nominata serie blu, 13-20-3-33-53-86-140-226-365-592, ecc.
Si tratta di una gamma di dimensioni che permette di costruire le case per l'uso umano
con l'aiuto della matematica, assecondando i gesti dell'uomo, sia eretto, che seduto, che
coricato. E' stato detto che per la prima volta un sistema di proporzionamento matema-
tico è basato sulla statura umana.
433
Risulta a questo punto evidente, che tutti i problemi connessi alla coor-
dinazione modulare e quindi alla normalizzazione e tipizzazione degli ele-
menti per una produzione industriale, richiedono una particolare opera di
progettazione, ben diversa da quella tradizionale, nella quale deve essere
attentamente seguita una precisa metodologia del coordinamento di tutte
le componenti che intervengono nella progettazione stessa, per realizzare la
componente tecnologica-produttiva, nella progettazione descrittiva, com-
pleta e particolareggiata dell'opera, considerando in ogni momento tutte
le possibili condizioni per poterla attuare nel quadro locale dell'industria-
lizzazione edilizia.
Tale opera di progettazione "ottimizzata" sotto tutti gli aspetti richie-
de, in base alle specializzazioni dei compiti, la formazione di un gruppo di
lavoro ("équipe" o "team"), a cui si è già brevemente accennato, che ope-
ra con particolare efficienza nel campo della progettazione integrale. Il
principio di lavoro di gruppo intende naturalmente superare quelle con-
dizioni accentratrici del dominio della conoscenza e dell'inventiva in un
unico individuo dotato di facoltà geniali, che hanno sempre improntato
di sé la storia della cultura — in una forma decentratrice, attraverso apporti
diversi e qualificati che è la forma più prevalente ed ormai validamente
acquisita nel campo tecnico e scientifico. Per una perfetta riuscita di tale
attività collegiale è però essenziale il raggiungimento di un'unità di linguag-
gio attraverso la conoscenza seppure in misura sufficiente, del campo di
specializzazione di- ciascun membro costituente il gruppo, onde non creare
una "équipe" costituita da successivi "compartimenti stagni", ove sia im-
possibile alcuna comunicazione al di fuori delle personali conoscenze e at-
tribuzioni del problema.
Sembra non inutile semplicemente accennare alla fondamentale im-
portanza delle tecniche di programmazione che sono naturalmente alla base
dell'intero fenomeno dell'edilizia industrializzata, che devono essere assun-
te dalla progettazione, fino all'esecuzione, al montaggio degli elementi, ed
alla conseguente industrializzazione del cantiere. Tra i vari metodi statistico-
matematici oggi più largamente impiegati è il PERT (Programme Evaluation
and Review Technique), che consente di poter stimare attraverso partico-
lari reticoli, dal punto di vista probabilistico, il valore di tempi per loro na-
tura di valutazione estremamente complessa e di poter introdurre in essi
frequenti cambiamenti di programma.
Bibliografia
IL PROGETTO, LA CONDOTTA,
LA CONTABILIZZAZIONE DEI LAVORI
E I COLLAUDI
A.l -Introduzione
Per una più chiara comprensione della esposizione è bene indicare e de-
finire i compiti dei principali protagonisti che intervengono nella realizza-
zione di un'opera.
* * *
verse imprese di fiducia, una gara d'appalto a seguito della quale l'esecuzio-
ne dell'opera viene commessa ad una Impresa, detta Impresa aggiudicata-
ria, o a più ditte specializzate (opere murarie ed affini, opere idrotermosa-
nitarie, opere da falegname, opere da marmista, da fabbro, da elettricista,
ecc.).
— Contratto. E' necessario che i rapporti tra il Committente (Stazio-
ne Appaltante) e l'Impresa aggiudicataria siano preventivamente regolati, in
ogni particolare, da un contratto che deve esser registrato all'Ufficio del
Registro, non solo per assolvere agli oneri fiscali conseguenti all'esecuzione
dell'opera, ma perché anche eventuali liti possono esser risolte giudizialmen-
te solo se il contratto sia stato registrato.
In ogni caso la registrazione di ben precisi accordi riduce la possibilità
di liti o, quanto meno, permette di risolverle speditamente e con equità.
— Esecuzione e condotta dei lavori. L'Impresa appaltatrice ha il do-
vere di eseguire i lavori in conformità al progetto ed alle norme contrattua-
li ed ha il diritto di venir compensata durante il corso dei lavori in rapporto
all'entità e qualità dei lavori eseguiti con rate di acconto regolate anch'esse
dal contratto. La direzione dei lavori (composta dal direttore dei lavori,
dai suoi assistenti e dai sorveglianti) che agisce in nome e per conto del com-
mittente, controlla la regolare esecuzione delle opere sia dal punto di vista
tecnico-economico sia dal punto di vista contrattuale; contabilizza e quan-
tifica le opere eseguite; propone i pagamenti in acconto; redige perizie per
l'esecuzione di nuove opere; concorda eventuali nuovi prezzi; discute con
l'Impresa eventuali richieste di maggiori compensi che l'Impresa appaltatri-
ce dovesse avanzare e propone al Committente di accettarle o di respinger-
le; compila il consuntivo dei lavori (stato finale), assiste al collaudo for-
nendo al Collaudatore tutti i ragguagli del caso con relazione sul conto fi-
nanziario.
— Collaudo tecnico-amministrativo. Non si tratta di una verifica sta-
tica delle opere che può essere eseguita dal direttore dei lavori per tranquil-
lità sua e del committente o del collaudo statico che deve esser eseguito da
un ingegnere estraneo alla progettazione o direzione dei lavori, per otte-
nere il permesso di abitabilità (o di agibilità se si tratta di fabbricati indu-
striali) e di cui all'art. 7 della legge n. 1086 del 5 novembre 1971.
Il collaudo tecnico amministrativo, generalmente espletato per le sole
opere pubbliche, pur non escludendo un attento esame circa la statica del-
l'opera eseguita, puntualizza la sua indagine sulla regolarità degli atti am-
ministrativi relativi al progetto; sulla condotta dei lavori; sull'esame del
consuntivo dei lavori; sulla conformità dell'opera eseguita con le previsio-
ni contrattuali; sulla qualità dei materiali posti in opera e sul modo di ese-
cuzione di ciascuna categoria di opera.
Si tratta, in definitiva, di un controllo generale fatto per conto del
Committente che riguarda l'esecuzione dell'opera sia dal punto di vista
formale ed amministrativo sia dal punto di vista tecnico.
438
A) Progettisti
Ogni costruzione civile (case, strada, ponte, ecc.) incide sull'assetto ter-
ritoriale e può recare menomazioni ai diritti delle proprietà vicine.
Pertanto è necessario che ogni intervento, nel campo delle costruzioni
civili debba rispettare ben precise norme che - a grandi linee - sono norme
di carattere urbanistico e legale.
— Norme e vincoli urbanistici. Perché i centri urbani possano cresce-
re in maniera ordinata e ragionata seguendo una precisa direttiva prestabi-
lita è necessario che vengano predisposti, adottati ed approvati i piani ur-
banistici.
Gli strumenti urbanistici sono graduati per importanza, per estensioni
di previsioni e per contenuto e sono completati da norme di attuazione, dai
regolamenti comunali edilizi e d'igiene.
— Norme e limitazioni di vicinato. L'interesse ed il vantaggio del sin-
golo devono trovare un limite nel diritto dei vicini.
I limiti nel disporre della proprietà privata sono fissati da norme di vi-
cinato che sono, per lo più, contenute nel codice civile o variati da regola-
menti locali e riguardano distanze dai confini, distanze di vedute, comunione
di muri, immissioni, appoggi al muro comune, distanze di pozzi, tubi e fosse
fognarie, servitù di passaggio, servitù di elettrodotto, di acquedotto, e di stilli-
cidio apertura di finestre di prospetto o di luce, ecc. ecc..
In caso di violazione di queste ultime norme, che non riguardano l'in-
teresse della collettività, il danneggiato può chiedere che le opere illecite
vengano poste in pristino senza neppure la necessità di dimostrare che, da
queste opere, gli sia derivato un danno (art. 872 Codice Civile).
Viceversa, per la violazione delle altre norme non previste dal codice ci-
vile o da queste ispirate che rivestono un pubblico interesse, il danneggiato de-
ve dimostrare l'esistenza di un danno che gli deve esser risarcito, ma non può
esigere la rimessa in pristino.
Naturalmente la pubblica amministrazione può agire nei confronti
di chi ha compiuto l'infrazione — se lo riterrà conveniente per la pubblica
440
logici esistenti;
b) interventi dì manutenzione straordinaria le opere e le modifiche ne-
cessarie per rinnovare e sostituire anche parti strutturali degli edifici; nonché
per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che
non alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e non com-
portino modifiche nella destinazione d'uso;
c) interventi di restauro e di risanamento conservativo, quelli rivolti
a conservare l'organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante
un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici,
formali e strutturali dell'organismo stesso, ne consentano destinazioni d'uso
con essi compatibili.
Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino ed il rin-
novo degli elementi costitutivi dell'edificio, l'inserimento degli elementi
accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze d'uso, l'eliminazione degli
elementi estranei all'organismo edilizio ;
d) interventi di ristrutturazione edilizia quelli rivolti a trasformare gli
organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono por-
tare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente.
Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elemen-
ti costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuo-
vi elementi ed impianti;
e) interventi di ristrutturazione urbanistica quelli rivolti a sostituire
l'esistente tessuto urbanistico-edilizio con altro diverso mediante un insieme
sistematico di interventi edilizi anche con la modificazione del disegno dei
lotti, degli isolati e della rete stradale.
alle opere di edilizia in genere, sia perché queste opere sono le più diffuse,
sia perché la diversità delle norme non inficia i principi che hanno determi-
nata l'emanazione delle diverse norme a principi che sono sempre ispirati
ad una esauriente e particolareggiata previsione tecnico-economica dell'o-
pera.
Tutte le indicazioni e prescrizioni che di seguito vengono elencate per
la compilazione dei progetti si riferiscono alle norme dettate dal Ministero
dei LL.PP. per i progetti di opera eseguite dallo Stato o con il contributo del-
lo Stato.
Il privato può seguire formalità diverse, ma è consigliabile seguire le
norme dettate dal Ministero LL.PP. perché — frutto di lunghe esperienze —
danno sicura garanzia di una completa e precisa compilazione di progetti.
Un progetto prima di giungere alla stesura definitiva dovrà passare at-
traverso stadi di successivo affinamento.
Può anche essere limitato a semplici grafici con scala a grande de-
nominatore che diano un'idea sufficientemente chiara e completa dell'insie-
me dell'opera (piante e prospetti).
Allegato al progetto di massima deve essere predisposto un calcolo som-
mario di spesa, generalmente ricavato a cubatura vuoto per pieno.
La relazione è quel documento che illustra nel suo insieme tutto il pro-
getto da un punto di vista tecnico-economico così da fornire — con chia-
rezza anche se in maniera sintetica — ogni ragguaglio circa lo scopo del pro-
getto, le previsioni distributive e tecniche e le spese necessarie per realizzar-
lo nonché i criteri che hanno determinato la scelta progettuale.
E' necessario, poi, che nella relazione vengano illustrati tutti quei dati
non desumibili dai grafici o difficilmente reperibili negli altri allegati al prò-
446
ma anche perché tale sistema permette una più esatta compilazione del com-
puto metrico. Le misure ("quote") vanno indicate al di fuori delle piante.
La disposizione delle misure deve avere una successione logica e quindi
le quote minori vanno poste più vicine alla figura e le maggiori, somma
delle precedenti, sempre più esterne.
Dovranno esser poste più vicine alla figura le misure relative all'inte-
rasse dei fori di porte e finestre ed, esternamente a queste, le misure dei
locali e lo spessore dei muri.
Nelle piante non è sufficiente indicare lo spessore dei muri, le misure
dei locali e le misure di insieme, ma è necessario indicarne altre.
Per le finestre, le misure sono convenzionalmente indicate con un se-
gno di frazione posto in asse alla finestra e con a numeratore la larghezza e
a denominatore l'altezza della finestra.
E' conveniente indicare il verso di apertura delle singole ante specie
per finestre ad una, tre o più ante.
Per le porte è necessario indicare la loro esatta ubicazione riferendo
l'asse del relativo foro, alle murature. Per le porte è essenziale indicare il ver-
so di apertura non solo in rapporto all'ingombro di apparecchi fissi (la-
vandini, WC, radiatori, lavatrici, ecc.) ma anche in relazione alla funziona-
lità del verso di apertura.
Per la misura delle porte si usa — come per le finestre — una indica-
zione convenzionale riportando sopra la linea indicante l'asse, la larghez-
za della porta, e, sotto a detta linea, la sua altezza.
Poiché il tipo delle porte usate può esser diverso per i vari locali (can-
tine, porte basculanti per garage, porte in ferro o in legno, ecc.) può anche
esser indicata per ciascuna porta una sigla convenzionale di riferimento che
rimanda ai particolari costruttivi delle porte stesse redatti su una tavola
riferentesi ai serramenti, siano essi in legno, ferro o alluminio.
Per le scale dovranno esser indicate il numero e l'entità delle alzate
e delle pedate dei gradini, la profondità dei pianerottoli nonché l'aggetto
dei gradini.
Dovranno esser indicati tutti gli scarichi, gli sfiati, le canne fumarie,
gli ingombri degli apparecchi fissi (bagni, docce, lavelli, WC, ecc.).
A parte i grafici che verranno predisposti appositamente per i proget-
ti degli impianti, nelle tavole del progetto architettonico dovranno esser
indicate: le nicchie o l'ubicazione dei radiatori; la posizione ed il tipo dei
punti luce (deviazione, commutazione) e delle prese, ecc. ecc..
E' bene anche rappresentare l'ubicazione dei doccioni di gronda, la
direzione della tessitura dei solai, la superficie di pavimento di ogni loca-
le, ecc..
Nelle piante — a tratteggio grosso — dovranno esser indicati i piani
secondo cui verranno disegnate le sezioni distinguendole tra loro (Sezione
A.B, Sezione C D).
Non bisogna dimenticare di indicare nelle piante l'orientamento e pos-
449
di calcolo.
Analogamente, a corredo degli elaborati del progetto, dovranno esser
prodotti i calcoli ed i grafici di tutti gli impianti (riscaldamento, condizio-
namento, idrico, elettrico, di riscaldamento) ecc.. La descrizione partico-
lareggiata di tali disegni e delle relative relazioni di calcolo esula dai limiti
della presente trattazione e, generalmente, anche dal progetto architettonico.
Per le opere pubbliche, il progetto delle strutture e degli impianti è, normal-
mente, demandato al costruttore.
1) Occupazioni di terreni
A.2.2.6. Capitolati
C) Nel terzo capitolo del capitolato speciale sono, per lo più riportate nor-
me di carattere amministrativo o relative all'andamento dei lavori e cioè :
Questi ultimi documenti, anzi, non vanno mai forniti all'Impresa per-
ché questa non abbia modo di trarre argomenti per avanzare richieste di mag-
giori compensi.
3) Cauzione provvisoria. La cauzione — in generale — è quella somma
che si versa a garanzia di determinati obblighi assunti o da assumere e che
può esser incamerata quando, chi la presta, non assolva agli obblighi assunti.
Solo per partecipare ad una gara d'appalto, è necessario che le varie im-
prese versino — a garanzia — una somma in denaro o in titoli del debito pub-
blico o garantiti dallo Stato, detta "cauzione provvisoria" il cui importo va-
ria tra il decimo ed il ventesimo dell'importo a base d'asta (art. 2 del Capi-
tolato Generale). Nel capitolato speciale dovrà esser precisato l'importo del-
la cauzione provvisoria e le particolari modalità di deposito della stessa.
4) Cauzione definitiva (art. 3 del capitolato generale). Nel capitolato
speciale deve esser previsto anche l'importo della cauzione definitiva, e
cioè di quella somma — in contanti o con fidejussione — che l'appaltatpre
deve versare alla Stazione Appaltante alla stipula del contratto a garanzia
degli obblighi che si assume con il contratto stesso.
Normalmente l'importo della cauzione definitiva è fissata nel 5% (un
ventesimo) dell'importo d'appalto al netto del ribasso d'asta offerto dal-
l'impresa appaltatrice ma — in casi particolari — può arrivare fino ad un
massimo del 10%.
Inoltre la Stazione Appaltante ha il diritto di impiegare tutta o parte
della cauzione per far fronte alle spese per l'eventuale esecuzione d'ufficio
di lavori non ben riusciti e che l'appaltatore non volesse rifare.
La cauzione definitiva viene restituita all'appaltatore (o la fidejussione
viene svincolata) soltanto dopo che il collaudo dei lavori sia stato approva-
to dalla Stazione Appaltante.
5) Tempo ultimo per l'ultimazione dei lavori e penale in caso di ritar-
do (art. 29 del capitolato generale).
Il capitolato speciale deve fissare il tempo per l'esecuzione dei lavori. Il
tempo generalmente viene indicato in giorni naturali, successivi e consecu-
tivi comprendendo in essi — quindi — anche i giorni festivi.
Il tempo di esecuzione dei lavori viene computato dalla data del verba-
le di consegna e cioè dal giorno in cui il direttore dei lavori ha ufficialmen-
te dato il via ai lavori a seguito di ricognizione del luogo ove le opere do-
vranno esser eseguite.
L'appaltatore, per il tempo che impiegasse in più del termine contrat-
tuale fissato per l'esecuzione dei lavori, salvo i casi di ritardi a lui non im-
putabili, deve rimborsare alla Stazione Appaltante le spese di assistenza e
sorveglianza ed in più deve sottostare ad una penale pecuniaria che viene
fissata preventivamente nel capitolato speciale in ragione di ogni giorno di
ritardo, restando salvi il rimborso di eventuali danni cagionati con il ritardo.
6) Pagamenti in acconto. Il capitolo terzo del capitolato generale in-
dica genericamente sulla scorta di quali elementi debbano esser corrisposti
459
che le ville i parchi ed i giardini che abbiano interesse storico od artistico) de-
vono sottostare alle norme previste dalla Legge 1 giugno 1939, n. 1089 - Tu-
tela delle cose di interesse artistico e storico.
In mancanza di regolamento di attuazione hanno ancora valore i vecchi
regolamenti di cui al R.D. 30 gennaio 1913, n. 363 e il R.D. 11 gennaio
1923,n.204.
di stabilità.
Il Genio Civile deve accertare che le previsioni del progetto, i metodi
di calcolo delle strutture, il numero dei piani ecc. siano conformi alle pre-
scrizioni della legge 2 febbraio 1974, n. 64 ed alle norme di cui al D.M. 3
marzo 1975, n. 39 che regolamentano le costruzioni in zone sismiche.
C) Appalto
D) Gara di appalto
D.l.l Asta pubblica (art. 36, 37, 63, 64, 65 e seguenti del regolamento
per l'Amministrazione del patrimonio e per la contabilità gene-
rale dello Stato - R.D. 23 maggio 1924, n. 827)
Questo sistema è quello che viene indicato come il più usuale per se-
lezionare l'Impresa che dovrà eseguire il lavoro, in effetti, viene adottato
467
molto raramente e soltanto per quei lavori che comportano particolari dif-
ficoltà tecniche esecutive od organizzative, attrezzature speciali e notevole
impegno finanziario.
All'asta pubblica possono partecipare senza invito, ma volontariamen-
te e liberamente, tutte le imprese iscritte nell'Albo dei costruttori per quel
determinato tipo di lavoro e per quel determinato importo purché si trovi-
no nelle condizioni previste dall'avvio d'asta.
L'amministrazione appaltante ha, però, la piena ed insindacabile fa-
coltà di escludere dalla gara, prima dell'espletamento formale dell'asta,
qualsiasi concorrente senza che l'escluso possa reclamare alcuna indenni-
tà né possa pretendere che gli siano rese note le ragioni dell'esclusione {art.
68 del Regolamento di cui al R.D. del 23 maggio 1924, n. 827).
Sono, invece, tassativamente ed obbligatoriamente escluse dal fare of-
ferte quelle persone o quelle ditte che nell'eseguire altro appalto si siano
rese colpevoli di negligenza o malafede.
L'esclusione di queste ultime ditte o persone viene formalmente di-
chiarata, con atto insindacabile, dalla competente amministrazione cen-
trale (art. 68 del R.D. 23 maggio 1924, n. 827). Quando si procede alla
gara mediante asta pubblica, l'Ufficio presso il quale si deve procedere al-
la stipulazione del contratto fa pubblicare l'avviso d'asta almeno quindi-
ci giorni prima del giorno fissato per l'incanto (gara) e per l'aggiudicazio-
ne, purché tale giorno non sia festivo.
Il termine di quindici giorni non è perentorio e può esser ridotto a
cinque giorni in casi di particolare urgenza.
Gli avvisi d'asta sono pubblicati nell'albo dei comuni ove devono esser
effettuati i lavori e, secondo l'importanza delle opere, anche sul foglio de-
gli annunci legali della provincia, sul Bollettino ufficiale regionale o sulla
Gazzetta Ufficiale. L'avviso d'asta deve indicare (art. 65 del Regolamento
R.D. 23 maggio 1924, n. 827):
1) l'autorità che presiede l'incanto (gara) nonché il luogo, il giorno,
l'ora in cui viene eseguita la gara;
2) l'oggetto dell'asta;
3) la qualità ed il prezzo a base d'asta dell'opera d'appaltare;
4) il termine per l'esecuzione dei lavori;
5) gli uffici presso i quali si può prender visione dei progetti e delle
condizioni che disciplinano l'appalto;
6) l'elenco dei documenti che comprovino l'identità e la capacità
tecnica dei concorrenti (ivi compresi il certificato penale, il certificato dei
carichi pendenti, ecc.),
7) il metodo con cui seguirà l'asta ed il modo di presentazione delle
offerte se si tratta di offerte segrete;
8) il deposito cauzionale che deve esser effettuato dai concorrenti,
le modalità di deposito e le tesorerie presso le quali dovrà esser effettuato
il deposito (ai srrrer-derTart. 2 del Capitolato generale dello Stato Decreto
468
del Presidente della Repubblica del 16 luglio 1962, ri. 1063, il deposito cau-
zionale deve variare fra 1/10 ed 1/30 dell'importo a base d'asta. General-
mente è pari a 1/30 dell'importo a base d'asta);
9) se l'aggiudicazione sia definitiva ad unico incanto oppure se sia
soggetta ad offerte di ribasso o di aumento che non potranno essere infe-
riori al ventesimo del prezzo di aggiudicazione;
10) se, nel caso ad offerte segrete, si procederà alla aggiudicazione an-
che quando venga presentata una sola offerta.
Le ditte ammesse a partecipare alla gara per aver modo di rendersi
conto del tipo e dell'entità dei lavori, delle loro caratteristiche tecniche,
delle eventuali difficoltà esecutive, possono esaminare i grafici di proget-
to, il capitolato speciale e l'elenco dei prezzi presso l'ente appaltante o
— eventualmente — anche presso i suoi uffici distaccati.
Solo dopo tale esame la ditta potrà, con perfetta cognizione di cau-
sa, proporre un ribasso sui prezzi di capitolato, ribasso che gli deve consen-
tire un giusto margine di utile come la ditta stessa deve dichiarare con do-
cumento allegato all'offerta.
L'art. 330 della legge 20 marzo 1865, n. 2248 - Legge sulle opere pub-
bliche - allegato F (G.U. del 27 aprile 1865) prevede tassativamente che pos-
sono esser esibiti all'appaltatore (e, poi, allegati al contratto) soltanto:
— i grafici del progetto dell'opera da appaltare;
— il capitolato speciale d'appalto con l'elenco dei prezzi unitari.
Non devono esser mai resi noti all'appaltatore tutti gli altri elaborati
del progetto come la relazione, il computo metrico estimativo, le analisi
dei prezzi, ecc..
La "ratio" di questa norma è di evitare eventuali e possibili contesta-
zioni da parte dell'appaltatore, basati sull'esame di questi documenti che
— del resto — non possono fornire all'appaltatore alcun elemento per for-
mulare la sua offerta.
Le offerte fatte dalle Imprese, unitamente alla prova dell'avvenuto de-
posito cauzionale e agli altri documenti richiesti dall'avviso d'asta, devo-
no prevenire all'ente appaltante — in plico sigillato — entro il termine indi-
cato dall'avviso d'asta.
Questo termine è rigorosamente perentorio e non differibile per alcu-
na ragione.
Il regolamento prevede che l'invio del plico possa esser fatto o a mezzo
di posta o a mezzo di terze persone.
Peraltro, il R.D. 20 dicembre 1937 n. 2339 dà facoltà alle Ammini-
strazioni appaltanti (e questa è divenuta la prassi usuale) di prescrivere, con
l'avviso d'asta, che le offerte dei concorrenti alla gara, unitamente alla pro-
va dell'avvenuto deposito cauzionale e a tutta la documentazione richiesta,
siano inviate esclusivamente per posta con plico sigillato e raccomandato in
modo che pervengano all'Ufficio appaltante non più tardi del giorno pre-
cedente a quello fissato per la gara.
469
Ogni altra offerta, recapitata oltre la data prefissata, anche se fosse ag-
giuntiva o sostitutiva d'altra offerta, non deve esser considerata valida e vie-
ne automaticamente scartata, senza neppure prender visione del suo con-
tenuto.
D.1.2 Licitazione privata (art. 38, 39, 89 del regolamento per l'ammini-
strazione del patrimonio e per la contabilità generale dello Stato -
R.D. 23 maggio 1924 n. 827).
Nei casi più comuni e nei casi previsti dall'art. 89 del regolamento, la
gara d'appalto viene espletata con il sistema della licitazione privata.
La differenza che esiste tra asta pubblica e licitazione privata consi-
ste soltanto nel fatto che all'asta pubblica possono partecipare tutte le Im-
prese che si trovano nelle condizioni indicate nell'avviso d'asta, mentre nel-
la licitazione privata è l'Amministrazione che invita a partecipare alla gara
soltanto alcune ditte (purché iscritte all'albo degli appaltatori) che siano di
sua fiducia e che sono particolarmente idonee, per capacità tecnica e fi-
nanziaria e per attrezzatura, ad eseguire quel particolare lavoro oggetto
dell'appalto.
Nel caso di licitazione privata, l'avviso d'asta è sostituito dall'invito al-
la gara che, peraltro, deve esser compilato con gli stessi criteri e accorgimen-
ti dell'avviso d'asta.
Anche nel caso di licitazione privata è concesso alle Imprese di esami-
nare il progetto, il capitolato e l'elenco dei prezzi. Nel caso di gara per lici-
tazione privata, l'invio delle offerte e degli altri documenti dell'ente appal-
tante, deve esser effettuato con le stesse modalità e formalità previste per le
gare espletate con il sistema d'asta pubblica.
Recentemente Vart. 1 detta legge 2 febbraio 1913 n. 14 pubblicata nel-
la Gazzetta Ufficiale del 24 febbraio 1973 {Norme sui procedimenti di ga-
ra negli appalti dì opere pubbliche mediante licitazione privata), ha intro-
dotto una importante innovazione nella prassi burocratica per l'esperimen-
to di gara col sistema della licitazione privata, per evitare che la gara di ap-
palto possa andar deserta perché tutte le ditte invitate non vogliano par-
tecipare alla gara o perché oberate da altri lavori o per qualsivoglia altra
ragione.
L'art. 7 della citata legge, infatti, prevede che — in caso di licitazione
privata per opere pubbliche — l'ente appaltante ha l'obbligo di dare pre-
ventivo e pubblico avviso della sua intenzione di procedere ad una gara per
l'aggiudicazione di un determinato lavoro.
In tal modo tutte le imprese che sono interessate all'esecuzione del
lavoro possono far domanda all'ente appaltante per esser invitate alla gara.
L'avviso della gara deve esser pubblicato sul foglio delle inserzioni
della Gazzetta Ufficiale della Repubblica, se l'importo dei lavori da appai-
470
D.l .4 Offerta dei prezzi (art. 4 del R.D. dell'8 febbraio 1923, n. 422).
E' un tipo di gara quasi mai usato per i lavori pubblici mentre è abba-
stanza comune per i lavori privati.
Il committente desume dal computo metrico dell'opera da appaltare
tutte le quantità delle singole opere che intende appaltare (scavi, muri, so-
lai, intonaci, tinte, impianti, serramenti, ecc.) e ne consegna l'elenco (in
duplice copia) all'appaltatore unitamente al capitolato e ai grafici di pro-
getto.
L'appaltatore — eseguendo calcoli di sua convenienza — applica i prez-
zi da lui ritenuti equi e remunerativi alle quantità delle singole opere otte-
nendo il costo di ciascuna singola opera (calcestruzzi, muri, intonaci, solai).
La somma dei prezzi delle singole opere costituisce il prezzo di ap-
palto che viene proposto dalle singole imprese su parità di qualità e di quan-
tità di opere da eseguire.
Naturalmente il committente pubblico dovrà affidare l'appalto a quel-
la ditta che ha fatto l'offerta che sia globalmente più vantaggiosa, mentre il
privato potrà derogare da questo principio esclusivamente economico e,
per affidare l'appalto, potrà tener conto di altri fattori come la serietà del-
l'impresa, le maggiori garanzie tecniche che può offrire, ecc..
Il lavoro poi prosegue come un qualsiasi lavoro a misura o a forfait.
(L'argomento è più diffusamente tratto al punto D.2.5 del successivo para-
grafo Criteri per l'aggiudicazione dell'appalto).
Si adotta (con invito a singole ditte o con pubblico avviso aperto a tut-
te le ditte) per l'esecuzione di opere particolari per le quali l'amministra-
zione pubblica ritenga conveniente utilizzare una pluralità di competenze
di comprovato valore tecnico, artistico o scientifico ; oppure nei casi nei qua-
li una diversa soluzione tecnica, pur non mutando il risultato funzionale
dell'opera, può comportare una notevole differenza di spesa per l'adozio-
ne di tecniche differenti. Nel caso di appalto-concorso, la committenza non
predispone un progetto ed un capitolato, ma invita persone o ditte, ritenu-
te idonee e particolarmente qualificate, a presentare un loro progetto per
la costruzione di una precisata opera (ospedale, viadotto, diga, magazzini
generali, impianto di riscaldamento, elettrico o di condizionamento, pon-
te sullo stretto di Messina ecc.)- L'ente committente deve però precisare in
un "disciplinare" le caratteristiche e le dimensioni dell'opera.
A titolo di esempio l'ente appaltante potrà specificare nella lettera
di invito che:
— i magazzini generali posti a base dell'appalto-concorso devono ave-
re reparti di stoccaggio comune di una determinata superficie e cubatura,
che le celle frigorifere devono assicurare una certa temperatura e debbono
avere superfici e volumi prestabili, che gli uffici devono comprendere un
determinato numero di locali, determinati servizi, ecc.;
— un ponte dovrà avere una determinata lunghezza e larghezza e do-
vrà essere atto a portare prefissati carichi;
— un macello dovrà avere determinate caratteristiche igieniche, pre-
fissati impianti di depurazione, capacità prestabilite di sosta per gli anima-
li, capacità prefissata di macellazione giornaliera, che le celle frigorifere do-
vranno avere prefissate temperature cubature e caratteristiche, ecc..
L'ente appaltante oltre a tutte queste prescrizioni che devono essere
dettagliate ed alle quali ogni concorrente — pena l'esclusione — deve atte-
nersi, mette a disposizione la cartografia necessaria ed esatta, i rilievi alti-
metrici e planimetrici, e deve anche fornire i dati per lo scolo delle acque,
ecc. ed ogni altro dato che possa risultare necessario o utile per una esau-
rinte ed esecutiva progettazione.
Ogni concorrente, pena l'esclusione della gara, dovrà far pervenire
entro il termine perentorio fissato nella lettera di invito non soltanto il
progetto, ma anche l'indicazione del prezzo che richiede per l'esecuzione
dell'opera (prezzo, generalmente, forfettario) e un elenco di prezzi unita-
ri per le eventuali varianti nonché la precisazione del tempo di esecuzione
dell'opera.
Naturalmente ogni concorrente dovrà presentare tutti gli elaborati
e tutte le indicazioni specificatamente richieste nella lettera d'invito e ogni
concorrente, inoltre, dovrà illustrare e giustificare le soluzioni adottate,
dovrà precisare l'idoneità dei materiali, delle tecniche costruttive e degli
impianti che si impegna a fornire producendo calcoli e verifiche tecniche
(magari sommarie) e dovrà garantire la buona qualità e il buon risultato del-
473
D.1.6 Commessa
Questa modalità atipica di appalto, che va sempre più diffondendosi
per lavori di una certa consistenza e complessità, prevede un "capo-com-
messa" (che generalmente è un'impresa, ma può anche non esserlo) che as-
sume in proprio l'onere di fornire al committente un'opera compiuta e su-
bito agibile (chiavi in mano) o un impianto provvedendo, anche a mezzo
di altre ditte, ad eseguire tutte le categorie di opere necessarie (opere mura-
rie, idrauliche, stradali, elettriche, impiantistiche, arredamenti, ecc.).
Il capo-commessa può anche fornire il progetto dell'opera.
Ad esempio, con il sistema di appalto per "commessa", è stato costrui-
to in Arabia Saudita, da una ditta italiana, l'edificio del Ministero della pub-
blica istruzione completo di strutture metalliche, di tamponamenti, di fini-
ture, di impianti di condizionamento, della piccola moschea, di elaboratori
di dati, di fognature, di strade, di sistemazioni esterne, di arredamento così,
che, per il giorno prefissato, tutto il complesso edilizio era pronto per ac-
cogliere i dipendenti ministeriali per iniziare subito il loro diuturno lavoro.
Altro esempio può esser dato da una società immobiliare che vuole
creare un centro turistico.
Il capo-commessa, stipulando singoli contratti di appalto a proprio
nome e sfruttando la propria organizzazione, provvede all'esecuzione del-
l'intero complesso eseguendo acquedotti, fognature, strade, impianti gene-
rali elettrici, case, alberghi, cinema ecc. e talvolta, formando anche l'arre-
damento e — se richiesto — provvedendo all'esecuzione delle attrezzature
sportive (piscine, porti e banchine oppure rifugi, impianti di risalita, ecc.).
Il capo-commessa, nei confronti del committente, è l'unico responsa-
bile di eventuali vizi o difetti di una qualsiasi opera così come lo è un co-
mune appaltatore che abbia eseguito l'opera personalmente o con la pro-
pria impresa.
Il capo-commessa, peraltro, come committente delle singole opere,
può rivalersi, con analoga garanzia,nei confronti delle singole ditte che hanno
eseguito i lavori.
475
Chiarimenti a questa legge sono stati forniti con circolare del Ministero LL.
PP. del 3/3/73 N. 2795.
D.2.3 Sistema delle medie, mediate con prefissato massimo ribasso deter-
minato segretamente
D.2.4 Sistema delle graduatorie delle migliori offerte e della loro media
Prima della gara, l'ente appaltante invia alle ditte invitate alla gara un
modulo a più colonne denominato "lista delle categorie di lavoro e forni-
ture previste dall'appalto".
Questo modulo comprende quattro colonne:
a) nella prima colonna è riportato, dall'ente appaltante, l'indicazio-
ne dettagliata delle opere e delle forniture previste dall'appalto;
b) nella seconda colonna è riportato, dall'ente appaltante, la quan-
tità delle singole opere e forniture previste in appalto con la relativa unità
di misura;
e) la terza colonna sarà completata da ciascuna ditta con il prezzo
(espresso in cifre e lettere) da lei offerto per eseguire quella data fornitura
o quella specifica opera (muro, solaio, intonaco);
d) nell'ultima colonna viene riportato, dalle varie ditte, l'importo
ottenuto moltiplicando, per ciascuna voce, la quantità delle opere indica-
te dall'ente appaltante con il prezzo offerto dall'impresa.
L'impresa deve provvedere a fare la somma di tutti gli importi, sopra
detti per ottenere il prezzo totale di appalto.
La commissione presceglie quella ditta che ha fatta complessivamente
l'offerta più favorevole per l'ente appaltante e, dopo aver controllati i con-
teggi dell'offerta, le affida l'appalto.
E) Contratto
nico che — su incarico del committente, a sue spese e nel suo esclusivo in-
teresse — vigila sulla buona esecuzione delle opere e sulla loro rispondenza
alle previsioni del progetto e delle altre norme contrattuali, ma tale sua vi-
gilanza non può debordare dai limiti precisati dagli articoli 1661 e 1662
del Codice civile che contemplano le sopraricordate facoltà del committen-
te (vigilanza e facoltà di ordinare modifiche).
Si comprende così che — a norma del Codice vigente — la nomia del
direttore dei lavori è una facoltà del committente non un suo obbligo an-
che se molti Comuni obbligano la sua designazione in forza di altre leggi
(legge comunale e provinciale) o di nuove leggi.
In particolare l'art. 31 della legge 6/8/1967 n. 765 (Modifiche ed inte-
grazioni alla legge urbanistica) chiama responsabili, per eventuali inosser-
vanze cosi delle norme generali di legge e di regolamento come delle mo-
dalità esecutive, che siano fissate nella licenza edilizia, non soltanto il com-
mittente, ma anche il costruttore e addirittura il direttore dei lavori. An-
che la legge del 5 novembre 1971 n. 1086 (Norme per la disciplina delle
opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso ed a
struttura metallica) attribuisce serie responsabilità al direttore dei lavori e
prevede severe condanne penali in caso di sue particolari inadempienze.
Si noti, che in molti Paesi esteri non esiste neppure la figura del di-
rettore dei lavori, tanto è pacifico che l'unico responsabile della buona riu-
scita dell'opera è l'appaltatore.
Solo per le opere pubbliche, in particolare per i lavori dello Stato, è
prevista la designazione del direttore dei lavori.
L'appaltatore può farsi sostituire o coadiuvare da un tecnico di fidu-
cia che è detto "direttore di cantiere".
Il direttore di cantiere assume su di se tutte le responsabilità ed i com-
piti del suo mandante, l'appaltatore.
Egli quindi ha la diretta responsabilità del cantiere in ordine a:
1) l'esecuzione regolare delle opere;
2) l'organizzazione del cantiere, della manodopera e delle attrezzature;
3) eventuali infortuni che dovessero accadere ai dipendenti per man-
cata applicazione delle norme antinfortunistiche.
In cantieri di una certa importanza il direttore di cantiere è spesso un
ingegnere, ma — in proposito - la legge non prescrive nulla. Naturalmente
il direttore di un grosso cantiere è aiutato da assistenti (geometri o ex capi
operai) e dal capo-uomini.
Nei piccoli cantieri è l'appaltatore stesso che presiede all'esecuzione
delle opere e — nei periodi di sua assenza — delega il capo uomini.
F.2.1.1 Verbale di consegna (art. 9, 10, 11, 12 del regolamento del 25 mag-
gio 1895,n.350)
messo ciò, si intende che è compito del direttore dei lavori accertare pe-
riodicamente l'andamento contabile dei lavori e di raffrontarlo con le pre-
visioni di spesa.
Ogni variante da ordinare all'Impresa deve esser prima approvata dal
committente anche per il caso che non comporti alcuna variazione di spesa.
Così il direttore dei lavori per apportare varianti da lui ritenute neces-
sarie (per ragioni statiche, per lavori imprevisti, per migliorie) o varianti ri-
chieste dalla committenza, deve predisporre degli appositi elaborati deno-
minati perizie suplettiva o di variante.
Tali perizie - prendendo a base il preventivo di spesa - devono elen-
care e quantificare (con i prezzi d'appalto) gli importi in più od in meno
che le varianti comportano, devono accertare se le eventuali maggiori spese
siano comprese nello stanziamento e devono illustrare le ragioni che consi-
gliano le varianti. Talvolta è necessario predisporre dei grafici esecutivi che
illustrino le varianti proposte. Può succedere che per eseguire le varianti ne-
cessitano opere i cui prezzi non sono compresi nell'elenco dei prezzi ed
allora il direttore dei lavori — ai sensi dell'art. 21 del più volte citato rego-
lamentò — deve concordare con l'appaltatore, con apposito verbale, dei
nuovi prezzi (N.P.) che sono impegnativi per l'appaltatore e lo saranno per
l'ente appaltante quando questo li avrà approvati.
I nuovi prezzi devono esser stabiliti ispirandosi ai seguenti criteri (art.
21 del regolamento);
a) ragguagliandoli — se possibile — a quelli di lavori consimili con-
templati nel contratto;
b) ricavandoli totalmente o parzialmente da nuove analisi.
I nuovi prezzi devono essere anch'essi soggetti a tutte le norme con-
trattuali e quindi anche al ribasso d'asta contrattuale ed alla revisione dei
prezzi.
Quando la perizia suplettiva è approvata il direttore dei lavori predi-
spone un "atto di sottomissione" e cioè un'appendice al contratto di ap-
palto.
Con tale atto l'Impresa si dichiara disposta ad eseguire i lavori di varian-
ti previsti dalla D.L. nella perizia suplettiva agli stessi prezzi, patti e con-
dizioni sanciti nel contratto principale e nel relativo capitolato, accetta di
estendere ai nuovi lavori la garanzia già prestata, riconosce congrui i nuovi
prezzi e prende atto di una eventuale proroga per il termine di consegna.
L'atto di sottomissione ha sempre una simile forma di accettazione,
ma non sempre l'Impresa è d'accordo su tutte le clausole ed è in sua facol-
tà di sottoscriverlo con riserva, (salvo il caso che le opere previste non supe-
rino il quinto d'obbligo perché in tal caso può recedere dal contratto).
L'atto di sottomissione con l'elenco dei nuovi prezzi deve esser regi-
strato all'Ufficio del Registro come atto aggiuntivo al contratto d'appalto.
II direttore dei lavori può introdurre varianti di modesta entità, la cui
decisione rientra fra i suoi poteri discrezionali di decisione, senza far ricor-
485
so alle perizie suplettive. Tali varianti devono sempre esser ordinate alla
Impresa per iscritto con "ordini di servizio" da inviare per raccomandata
all'Impresa in due copie, una delle quali deve esser restituita alla D.L., sot-
toscritta dall'Impresa.
Uno dei compiti principali del direttore dei lavori è quello di accertare
la regolare esecuzione dei lavori.
A tale scopo dovrà richiedere i campioni di tutti i materiali da impie-
gare nella costruzione, accettarne la buona qualità non trascurando, poi, di
controllare che i materiali usati nella costruzione rispondano ai campioni.
Il direttore dei lavori deve anche assicurarsi della buona tecnica im-
piegata dall'appaltatore nell'eseguire l'opera nel suo insieme e nei partico-
lari.
Controllerà la qualità delle malte e dei calcestruzzi, la sezione, la for-
ma e la posizione dei ferri impiegati nelle opere in calcestruzzo e quant'al-
tro è necessario controllare per assicurarsi della buona riuscita dell'opera.
E' importante ricordare l'obbligo del direttore dei lavori di prelevare
in cantiere, in contraddittorio con l'appaltatore, campioni di acciaio e di
conglomerato da sottoporre alle prove di resistenza.
Questo obbligo deriva dalla legge 5 novembre 1971 n. 1086 e le moda-
lità di controllo derivano dal D.M. 26 marzo 1980.
Per le modalità e la frequenza dei prelievi del calcestruzzo e del ferro
e per i criteri di accettabilità dei materiali si è già detto al capitolo decimo
Il calcestruzzo.
Se il direttore dei lavori accerta che alcuni materiali non sono idonei
per lo scopo per cui l'appaltatore intende utilizzarli o non sono corrispon-
denti alle norme contrattuali ne ordina l'allontanamento dal cantiere con
ordine di servizio.
Il direttore dei lavori nel caso riscontrasse ritardi ingiustificati nella
esecuzione dei lavori oppure se dovesse accettare che, per negligenza od
imperizia, l'appaltatore comprometta la buona riuscita dell'opera, predi-
spone ed invia all'impresa degli ordini di servizio con i quali sollecita l'im-
presa ad accelerare l'esecuzione dell'opera o — contestata la cattiva esecu-
zione di alcune opere — dà un termine all'impresa per la loro demolizione
ed il rifacimento a regola d'arte. In casi di inadempienza grave o in casi di
recidiva o nel caso che l'Impresa non dovesse obbedire agli ordini, il diret-
tore dei lavori può consigliare al committente la rescissione del contratto
(art. 1662 C.C.).
n. 1086 (cfr. successivo paragrafo M), entro 60 gg. dalla ultimazione delle
strutture ha l'obbligo di farne denuncia al locale Genio Civile allegando i cer-
tificati di prova sui materiali e gli eventuali verbali delle prove di carico.
La mancata denuncia comporta un'ammenda da 40 a 200 mila lire.
E' un diario tenuto dal personale della D.L. su cui si notano l'ordine,
il modo e l'attività con cui progrediscono i lavori; il numero degli operai e
la loro qualifica ed i mezzi impiegati dall'appaltatore.
Nel giornale debbono esser menzionati tutti quei fatti che possono in-
fluire sul lavoro: tempo atmosferico, natura dei terreni, periodi di sciope-
ro, ecc.
Periodicamente il D.L. controlla il giornale dei lavori e lo sottoscrive
facendo — se del caso — le sue rettifiche od osservazioni.
mento prevede che l'Impresa debba fornire operai, materiali e mezzi d'opera.
Di tali prestazioni si tiene conto con le liste settimanali (o quindicinali)
che sono di due tipi:
a) lista settimanale degli operai e mezzi d'opera forniti dall'impresa;
b) lista settimanale delle provviste;
che devono esser predisposte in duplice copia di cui una in bollo. Ogni li-
sta avrà il proprio numero progressivo.
I prezzi unitari da applicare sono quelli lordi di contratto e da ogni
lista dovrà risultare l'importo di ciascuna di esse.
E' bene - poi - fare un riepilogo in calce alla lista raggruppando le
stesse categorie di operai, la stessa qualità di materiali e lo stesso tipo di
mezzi d'opera sia per un controllo sia per esser facilitati nel riportare le
prestazioni in economia nel sommario del registro di contabilità.
Nelle apposite colonne dovranno esser chiaramente specificate i lavori
per i quali furono prestati la manodopera ed i materiali (cfr. facsimile, in cal-
ce al testo).
prezzi (colonna 2); riporta la data della trascrizione dal libretto delle mi-
sure al registro (colonna 3).
Segue, nella colonna 4, la descrizione dell'opera adottando sintetica-
mente la stessa dizione dell'elenco dei prezzi.
Nella colonna 5 sono indicati il n.ro e la pagina del libretto di misura
da cui si fa il trasporto di scritturazione. Seguono l'indicazione dell'unità
di misura e le colonne dei prodotti (positivi per le opere eseguite e negati-
vi per le opere da detrarre) nonché il prezzo unitario.
La colonna importi è divisa in due parti: debito e pagamenti. Nella pri-
ma si riportano gli importi delle singole opere contabilizzate al lordo del ri-
basso d'asta e nella seconda gli acconti proposti dell'effettivo loro importo
e cioè al netto delle trattenute di legge. Sotto la stessa data possono esser
riportate nel registro di contabilità anche più partite che nei libretti siano
state annotate con date diverse, purché si rispetti una rigorosa cronologia.
Nel registro si riportano anche le liste in economia, inserendole non
analiticamente, ma complessivamente e designandole con il proprio nume-
ro.
Le fatture (che non sono soggette a ribasso d'asta) vanno anch'esse
iscritte nel registro di contabilità ma' devono figurare sotto un capo di-
stinto perché non possono esser sommate agli altri importi che devono
esser ridotti per il ribasso d'asta.
Ogni volta che — sotto una determinata data — cessano le scrittura-
zioni sul registro, il direttore dei lavori deve invitare l'appaltatore ad ap-
porre la sua firma e firmerà egli stesso il registro di contabilità.
L'appaltatore — ove ritenga che la contabilizzazione di qualche voce
non sia conforme ai patti contrattuali — può firmare il registro con "riser-
va" e deve esplicare le ragioni della sua riserva nel termine perentorio di
15 gg precisando quale sia — a suo giudizio — il maggior compenso che gli
spetti.
Alla esplicazione delle riserve il direttore dei lavori, entro analogo tem-
po perentorio, deve opporre le sue contro-deduzioni.
Se ad ogni successiva firma del registro (e poi sullo stato finale) l'ap-
paltatore non richiama e riconferma le precedenti riserve, decade da ogni
diritto circa le richieste avanzate con le riserve stesse.
Delle riserve si dirà più diffusamente in un paragrafo a parte anche se
è proprio il registro di contabilità l'unico documento nel quale le riserve
devono esser inserite per esser considerate valide.
Ogni volta che l'importo delle opere eseguite è tale da poter proporre
un acconto all'impresa, si chiuderà il registro con la somma di tutti i lavori
eseguiti dall'inizio dei lavori e si avrà così l'importo totale di tutti i lavori e
si farà firmare il registro all'appaltatore ed al direttore dei lavori.
Dopo aver rilasciato il certificato di pagamento se ne indicherà nella
colonna 12 il relativo importo (al netto delle trattenute di garanzia) pre-
ceduto dalla data e con la dizione "Proposta la ... rata di acconto per l'im-
491
Quando dai libri contabili risulta che l'importo dei lavori è tale per cui
possa esser corrisposto un acconto all'Impresa, il direttore dei lavori, dopo
aver predisposto lo stato di avanzamento, rilascerà un certificato di paga-
mento.
Il certificato di pagamento non è firmato dall'Impresa.
In questi certificati, numerati progressivamente, viene indicato l'impor-
to totale lordo e l'importo totale netto di tutti i lavori eseguiti nonché l'im-
porto delle anticipazioni effettuate e riguardanti - quindi - tutte le opere
eseguite e le spese sostenute dall'inizio dei lavori.
A parte vengono calcolate le trattenute di garanzia, le trattenute per o-
neri sociali a favore dei lavoratori e gli acconti precedentemente erogati.
Le ritenute di garanzia sono pari al 5 % delle somme dovute alle Imprese
giustificate dai prescritti documenti (art. 1 della legge 12 gennaio 1974, n. 8
e seguenti).
Le trattenute per garantirsi che l'Impresa ha ottemperato ai versamenti
degli oneri sociali a favore dei lavoratori sono dello 0,5% delle somme a lei
dovute (art. 19 del D.P.R. del 16 luglio 1962, n. 1063 - Capitolato Generale
dello Stato).
Dalla differenza di queste due partite si ricava l'importo della rata di
acconto.
493
G.ll — Relazione del direttore dei lavori sul conto finale (art. 65 del re-
golamento)
Ultimata l'opera, il direttore dei lavori deve inviare alla stazione ap-
paltante tutta la documentazione tecnico-amministrativa relativa alla di-
494
La revisione dei prezzi e l'invariabilità dei prezzi non sono due clausole
contrattuali contraddittorie perché hanno un diverso contenuto, perché so-
no completamente diverse nel significato, nello scopo e nelle ragioni che le
ispirano.
L'invariabilità dei prezzi ha riferimento ad un libero accordo contrat-
tualmente stabilito fra le parti e che non ammette alcuna deroga, mentre la
revisione dei prezzi ha riferimento al concetto della sopravvenuta "eccessiva
onerosità" nell'adempimento degli impegni contrattuali (art. 1467 cod. civ.)
in conseguenza di cause straordinarie ed imprevedibili.
I prezzi contrattuali devono restare fissi ed invariabili nel senso che per
ciascuna determinata opera (muratura, solai, calcestruzzo, intonaci, ecc.)
come dettagliatamente descritti nell'elenco dei prezzi con le sue caratteri-
stiche ed i suoi oneri non può esser richiesto alcun maggior compenso per
ragione alcuna.
Così, se per il confezionamento del calcestruzzo, l'appaltatore - con.
suo maggior onere — fosse costretto — per una qualsiasi ragione — ad approv-
vigionare gli inerti in punti di estrazione più lontani, non può richiedere al-
cun maggiore compenso.
Ma se durante i lavori, per effetto di circostanze imprevedibili, si sia-
no verificati aumenti del prezzo dei materiali o della manodopera che com-
portino il supero del decimo del prezzo globale di appalto si può dar luogo al-
la revisione dei prezzi, per la parte di aumento che supera il decimo del prez-
zo globale di appalto (il decimo non revisionabile è considerato l'alea d'ap-
palto dell'Impresa).
Secondo l'art. 1664 del Codice se il prezzo contrattuale d'appalto di
un'opera fosse stato stabilito in 100 e se, durante i lavori, per cause impre-
vedibili, si fosse verificato un aumento di costo dei materiali e della manodo-
pera tale da portare a 130 il prezzo dell'opera, il committente deve pagare:
495
I) Riserve
Anche se negli appalti per eseguire lavori per conto dello Stato, i con-
tratti - predisposti dalla S.A. ed accettati dalle Imprese - sono sempre fa-
vorevoli all'ente committente, è pur sempre prevista la possibilità per le
imprese di far valere i loro diritti e di avanzare richieste di maggiori com-
pensi per avere eseguito opere più onerose di quelle contrattuali o per al-
496
tre varie ragioni. A tale scopo le imprese hanno una unica grande possi-
bilità: la riserva.
La riserva — pur non consentendo all'Impresa di rifiutarsi di fare i la-
vori o di differirli (e ciò a tutto vantaggio della celere e buona esecuzione
dell'opera), permette all'Impresa di far risultare precise circostanze di fatto
che - in proseguo di tempo - possono permetterle di rivendicare maggio-
ri compensi di quelli riconosciutile e conseguenti ad effettive maggiori pre-
stazioni.
L'istituto della riserva è una valvola di sicurezza per le Imprese per il
caso di direzione di lavori poco diligenti o troppo autoritarie.
Come si è visto, a cominciare dal verbale di consegna, al certificato di
ultimazione, al verbale di concordamento nuovi prezzi, alla contabilizza-
zione dei lavori, ogni atto è sottoscritto dall'Impresa e dalla direzione dei
lavori.
Ogni qualvolta l'Impresa è chiamata ad avallare un qualsiasi ordine,
una qualsiasi contabilizzazione o un qualsiasi atto della D.L. può, se ritiene
di aver diritto a maggiori compensi o a riconoscimento di danni, firmare
tali documenti con riserva che, però, deve esplicitare nel termine perentorio
di 15 gg' motivando le ragioni e indicando il maggior importo cui crede di
aver diritto.
Ad ogni riserva dell'impresa, la D.L. deve rispondere, entro un periodo
di ulteriori 15 gg, per contestare tempestivamente dati di fatto obbiettivi
o ragioni non valide.
(Non sembri assurdo che la D.L. rigetti sempre le riserve dell'impresa:
infatti se tra le parti sussiste accordo sulle ragioni della riserva è la stessa
D.L. che accorda subito all'impresa quanto fosse giustamente richiesto e la
riserva non avrebbe più ragione di essere).
Le riserve per ritardata consegna dei lavori all'Impresa, per ingiustifi-
cate o troppo lunghe sospensioni ecc. possono esser inserite nei relativi ver-
bali, ma devono esser ripetute ed esplicate nel registro di contabilità entro
15 gg.
Le riserve circa la contabilizzazione delle opere vanno inserite esclusi-
vamente nel libretto delle misure e nel registro di contabilità, e vanno ri-
petute negli stati di avanzamento e nello stato finale.
Le riserve non possono esser inoltrate in nessun altro modo pena la
loro validità.
Se l'Impresa, ad ogni successiva firma del registro di contabilità e poi
dello stato finale, non richiama le già fatte ed esplicate riserve è da conside-
rarsi rinunciataria alle richieste formulate con le dette riserve.
Questa prassi, cosi formale e rigorosa, ha una ben precisa ragione di
essere.
Ogno qualvolta l'impresa ritenga di aver diritto a maggiori compensi
deve immediatamente renderne edotta la D.L. che, di conseguenza, può re-
golarsi in proposito e prendere i provvedimenti del caso per non gravare
497
Nel caso non esista il committente e cioè nel caso che il costruttore e-
segua in proprio le opere, egli non ha libertà assoluta di scelta del collauda-
tore. Egli dovrà nominare il collaudatore su una terna di nomi che a sua ri-
chiesta gli fornirà l'ordine degli ingegneri o quello degli architetti.
Al collaudatore devono esser prodotte tutte le copie dei documenti
presentati al Genio Civile dal costruttore prima dell'inizio delle opere (e, per
varianti, in corso di costruzione), dal direttore dei lavori a fine dei lavori
e dal committente per informazione della nomina del collaudatore.
Nel caso che l'Impresa abbia costruito in proprio, al collaudatore do-
vrà esser esibita anche la nota con cui l'ordine professionale ha proposta
la terna dei nominativi tra cui scegliere il collaudatore. Il collaudo viene
eseguito con la prassi normale dei collaudi statici (art. 51 del Dec. 16 no-
vembre 1939 n. 2229) ed avrà l'estensione che il collaudatore riterrà neces-
saria essendo egli l'unico responsabile dell'atto di collaudo.
In ogni caso ai sensi del D.M. 26/3/80 (Norme tecniche per l'esecuzio-
ne delle opere in c.a. normale e precompresso ed a struttura metallica), per-
ché le prove di carico possano risultare soddisfacenti e probanti è necessario:
a) per le opere in conglomerato cementizio armato (punto 8 della pri-
ma parte del D.M. 26 marzo 1980) che:
— le deformazioni si accrescano all'incirca proporzionalmente ai
carichi;
— nel corso della prova non si producano lesioni, deformazioni o
dissesti che compromettano la sicurezza o la conservazione del-
l'opera;
— la deformazione residua, dopo la prima applicazione del carico
massimo, non superi una quota parte di quella totale commi-
surata ai prevedibili accertamenti iniziali di tipo anelastico del-
la struttura oggetto della prova.
Nel caso, invece, che questo limite venga superato, prove di carico suc-
cessive accertino che la struttura tende ad un comportamento elastico.
— la deformazione elastica risulti non maggiore di quella calcolata.
Secondo il punto 8 del D.M. 26 marzo 1980 nel caso che le prove di
carico non dovessero venir eseguite dovranno esser sostituite da un accura-
to controllo della rispondenza alle prescrizioni di progetto e da controlli
di altro tipo (prove dinamiche, prove fisiche, ecc.) atte a dare indicazioni
valide sulla capacità resistente dell'opera.
b) Per strutture metalliche valgono, per quanto applicabili le prescri-
zioni per le opere in calcestruzzo sopra riportate (Punto 6 della seconda par-
te del D.M. 26/3/80).
Per travi in acciaio di solaio la freccia dovuta al sovraccarico non deve
superare 1/400 della luce. Le frecce teoriche orizzontali degli edifici multi-
piani alti, dovute all'azione del vento, non devono essere maggiori di 1/500
dell'altezza totale dell'edificio, ecc..
Il collaudatore dovrà produrre al Genio Civile due copie del certificato
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M.4 .— Vigilanza
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