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7° Edizione UTET GIURIDICA a cura di G.F.

Campobasso
1. L’IMPRENDITORE
LA NOZIONE GENERALE DI IMPRENDITORE, ATTIVITA’ PRODUTTIVA:
ART. 2082 “È imprenditore chi esercita professionalmente un’attività economica
organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi” (nozioni
civilistica).Dall’articolo predetto si ricava che l’impresa è attività caratterizzata sia da uno
specifico scopo, sia da specifiche modalità di svolgimento.
ATTIVITA’ PRODUTTIVA: l’impresa è attività finalizzata alla produzione e allo scambio di
beni o di servizi; è quindi attività produttiva di una serie di atti fra loro coordinati volti ad
incrementare l’utilità dei beni spostandoli nel tempo e nello spazio. È irrilevante la natura
dei beni o servizi prodotti come è irrilevante che l’attività produttiva possa qualificarsi
come attività di godimento o di amministrazione di determinati beni. Non è impresa
l’attività di mero godimento che non dà luogo alla produzione di nuovi beni e
servizi(locazione di immobile privato). È attività di godimento e produttiva di beni ad
esempio quella del proprietario alberghiero in quanto le prestazioni locative sono
accompagnate dall’erogazione di servizi collegati.
È attività di amministrazione patrimoniale l’impiego di proprie disponibilità finanziarie per
la compravendita di strumenti finanziari a fini di investimento, speculazione o concessione
di finanziamenti. Sono imprese commerciali le società di investimento (compravendita di
titoli azionari) e le società finanziarie (erogazione di crediti).
L’ORGANIZZAZIONE:
Non è concepibile attività di impresa senza l’impiego coordinato di fattori produttivi
(capitale e lavoro proprio o altrui); ciò che è normale è che la funzione organizzativa
dell’imprenditore si concretizza nella creazione di un apparato produttivo stabile
complesso, formato da persone e beni strumentali (utilizzo di materie prime, locali, beni
aziendali).È imprenditore anche chi opera utilizzando solo il fattore capitale ed il proprio
lavoro senza dar vita ad un’organizzazione intermediatrice del lavoro (gioielliere).
Necessario che l’attività organizzativa dell’imprenditore si concretizzi nella creazione di un
apparato strumentale percepibile ma i fattori produttivi possono ridursi al solo impiego di
mezzi finanziari propri o altrui; ciò che qualifica di impresa è l’utilizzazione di fattori
produttivi ed il loro coordinamento da parte dell’imprenditore per un fine produttivo.
Si può parlare di impresa solamente nel caso in cui vengano utilizzati almeno due fattori
produttivi (capitali e lavoro proprio) cioè che non faccia difetto la cosiddetta etero
organizzazione. Gli specifici prestatori autonomi d’opera manuale o di servizi
personalizzati non possono essere considerati imprenditori sia pure piccoli ma solamente
lavoratori autonomi proprio perché fa difetto l’insufficienza della autoorganizzazione a fini
produttivi del proprio lavoro; non può perciò essere considerata organizzazione di tipo
imprenditoriale dovendosi negare l’esistenza di impresa. Parte della dottrina perviene ad
una opposta conclusione facendo leva sulla nozione codicistica del piccolo imprenditore
considerando imprenditori anche coloro che svolgono attività organizzata
prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia; la tesi non è
condivisibile in relazione al fatto che l’organizzazione del lavoro dei familiari è pur sempre
organizzazione di lavoro altrui.
ECONOMICITA’ DELL’ATTIVITA’, PROFESSIONALITA’ E SCOPO DI LUCRO:
L’economicità è richiesta in aggiunta allo scopo produttivo dell’attività; ciò che qualifica

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una attività come economica non è solo il fine a cui essa è indirizzata ma anche in modo
o il metodo in cui è svolta. L’attività produttiva può dirsi condotta con metodo
economico quando è attesa al procacciamento di entrate remunerative dei fattori
produttivi utilizzati; cioè nel lungo periodo vengono coperti i costi con i ricavi; non è
imprenditore chi produce beni e servizi che vengono erogati gratuitamente o a prezzo
politico. È sufficiente che l’attività venga svolta secondo modalità oggettive tendente al
pareggio fra costi e ricavi(metodo economico) o è ulteriormente necessario che le
modalità di gestione tendano alla realizzazione di ricavi eccedenti costi (metodo
lucrativo)? Bisogna ricordare che la nozione di imprenditore è nozione unitaria
comprensiva di tutti i tipi di imprese indi per cui si vedrà come il requisito essenziale quello
solamente della persistenza di un metodo economico. All’interno dei tipi di impresa
bisogna ricordare:- L’impresa pubblica quella che non è necessariamente preordinata
alla realizzazione di un profitto ma alla salvaguardia e alla tutela dell’interesse generale o
pubblicistico che non coincide con l’utilizzo di un metodo lucrativo.- La società
cooperativa la cui attività è caratterizzata dallo scopo mutualistico rivolto a realizzare un
vantaggio patrimoniale nei confronti dei soci quali la fornitura di beni o servizi od
occasioni di lavoro a condizioni più vantaggiose di quelle che otterrebbero sul mercato.-
Le imprese sociali; a queste è fatto esplicito divieto di distribuire utili in qualsiasi forma a
soci, amministratori, partecipanti, lavoratori e collaboratori; si richiede però che esse
svolgono un’attività economica produttiva. In definitiva non potendo essere accolto un
concetto ampissimo e variabile a seconda del soggetto titolare dell’impresa dello scopo
di lucro si arriva ad affermare che il requisito minimo essenziale dell’attività di impresa è
l’economicità della gestione. L’ultimo dei requisiti è la professionalità ovvero l’esercizio
abituale e non occasionale di una data attività produttiva. Sono attività professionali
anche quelle stagionali cicliche che si ripetono in modo continuato e senza interruzioni
per un determinato periodo di tempo connesso alla natura del tipo di attività; non
implica neppure che l’attività di impresa sia l’unica attività o quella principale. L’impresa
si può avere anche quando si opera per il compimento di un unico affare; quest’ultimo
può implicare il compimento di operazioni molteplici e complesse e l’utilizzo di un
apparato produttivo idoneo ad escludere il carattere occasionale e non coordinato dei
singoli atti economici. La professionalità viene accertata in base a indici oggettivi ed
esteriori; la creazione di un complesso aziendale per lo svolgimento di attività
potenzialmente stabile e duratura è sinonimo di professionalità. Non è imprenditore chi
compie un’operazione isolata di acquisto e successiva rivendita di merci.
IL PROBLEMA DELL’IMPRESA PER CONTO PROPRIO:
Deve essere considerato requisito essenziale anche la destinazione al mercato dei beni e
servizi prodotti o può considerarsi imprenditore anche colui che produce beni e servizi
destinati ad uso e consumo personale ovvero la cosiddetta impresa per conto proprio? È
prevalente la tesi maggioritaria la quale induce a ritenere che la destinazione allo
scambio della produzione sia richiesta implicitamente dal carattere professionale
dell’attività di impresa, della natura economica della stessa e della funzione specifica
della disciplina dell’impresa (tutela dei terzi); soprattutto quest’ultima non sussisterebbe
quando un soggetto rivolge la propria attività produttiva verso se stesso in quanto non
entrerebbe in contatto con terzi. La tesi minoritaria però è più corretta e non considera
requisito essenziale alla destinazione al mercato dell’attività di impresa; possono
considerarsi imprese per conto proprio:
A) coltivazione del fondo finalizzata al soddisfacimento dei bisogni dell’agricoltore e della
sua famiglia; questa figura dimostra che l’attività produttiva può assumere carattere
professionale anche se non è rivolta al mercato
B) costruzione di appartamenti non destinati alla rivendita (costruzione in economia);
questa figura di mostra che non vi è incompatibilità tra impresa per conto proprio ed

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economicità dato che in questo caso l’attività si considera svolta con metodo
economico anche quando i costi sono coperti da un incremento del patrimonio del
produttore; dimostra inoltre che ricorre l’esigenza di tutela del credito nei confronti dei
terzi(basta pensare alla fornitura delle materie prime e delle macchine per la
costruzione).
L’IMPRESA ILLECITA:
Anche l’attività di impresa illecita può dar luogo al compimento di atti illeciti validi
(acquisto di macchinari o mezzi di trasporto di terzi per oggetto illecito quali droghe).
Anche i terzi creditori sono meritevoli di tutela quando l’attività di impresa illecita e perciò
possiamo differenziare:
- IMPRESA ILLEGALE: l’illiceità dell’impresa è determinata dalla violazione di norme
imperative che subordinano l’esercizio a concessione o autorizzazione amministrativa;
non impedisce l’acquisto della qualità di imprenditore con pienezza degli effetti sia
favorevoli che sfavorevoli ferma restando l’applicazione delle previste sanzioni
amministrative e penali (attività bancaria conseguita senza di licenza).
- IMPRESA IMMORALE:
l’illecito è l’oggetto stesso dell’attività; anche in questo caso viene applicata la disciplina
dell’impresa all’imprenditore immorale però solamente quella parte che determina effetti
svantaggiosi a quest’ultimo; viene infatti ricondotto nell’ordinamento un principio che da
un comportamento illecito non possono mai derivare effetti favorevoli per l’autore
dell’illecito o per chi ne è stato parte.
IMPRESA E PROFESSIONI INTELLETTUALI:
I professionisti intellettuali non sono imprenditori per libera opzione del legislatore, ispirata
dalla considerazione sociale che tradizionalmente circonda le professioni intellettuali e
che si traduce in una disciplina legislativa. Viene sancita innanzitutto una particolare
regolamentazione dell’accesso alla professione e del suo esercizio: iscrizione agli albi
professionali, potere disciplinare degli ordini professionali per quanto riguarda le tariffe e
gli onorari, diritto di esercizio dei non iscritti agli albi. In particolare alle professioni protette
la disciplina sancisce due criteri fondamentali:
- ESECUZIONE PERSONALE della prestazione con criteri di determinazione del compenso in
base all’importanza dell’opera e alle cose della professione
- RESPONSABILITA’ PERSONALE del professionista nell’esecuzione della prestazione nei
confronti di terzi.
Sono soprattutto questi due principi sui quali si è basata la motivazione del legislatore di
escludere in via di principio il carattere imprenditoriale dell’attività eseguita.
L’identificazione dell’attività qualificabile come esercizio di professioni intellettuale è dato
dall’utilizzo del criterio sostanziale e non in base all’etichetta legislativa.
Le disposizioni dell’impresa si applicano alle professioni intellettuali solo se l’esercizio della
professione costituisce elemento di un’attività organizzata in forma di impresa. I liberi
professionisti diventa imprenditori in quanto la professione intellettuale è esplicitata
nell’ambito di altra attività qualificabile come impresa; il medico che gestisce una clinica
privata nella quale opera, il professore titolare di una scuola privata nella quale insegna.
In questi casi si è in presenza di due distinte attività e troveranno applicazione nei
confronti dello stesso soggetto entrambe le discipline. Il professionista intellettuale non
diventa imprenditore neanche nei casi in cui utilizza un complesso apparato di mezzi
materiali dando vita ad un’organizzazione complessa di capitale e lavoro ovvero qualora
siano riscontrati tutti i requisiti e le modalità proprie dell’attività di impresa (l’attività
professionale è attività produttiva di servizi suscettibili di valutazione economica, è
condotta con metodo economico o lucrativo, è organizzazione di capitali e di altrui
prestazioni lavorative); in questi casi vengono applicate solamente le norme che
disciplinano il lavoro nell’impresa ma non la restante disciplina dell’impresa.

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2. LE CATEGORIE DI IMPRENDITORI
IMPRENDITORI AGRICOLO E IMPRENDITORE COMMERCIALE
DISTINZIONE E IMPRENDITORE AGRICOLO:
L’imprenditore commerciale è destinato ad un’ampia disciplina fondata sull’obbligo di
iscrizione nel registro delle imprese, sull’obbligo della tenuta delle scritture contabili,
sull’assoggettamento al fallimento. La nozione di imprenditore agricolo invece ha valore
negativo: restringe l’ambito di applicazione della disciplina dell’imprenditore
commerciale essendo esonerato dalla tenuta delle scritture contabili, dal fallimento e
dalle altre procedure concorsuali ma non più dall’iscrizione nel registro delle imprese; è
stata introdotta per tutti gli imprenditori agricoli l’obbligo di registrazione nel registro
dapprima con funzione di pubblicità notizia e successivamente con funzione di pubblicità
legale.
IMPRENDITORE AGRICOLO:
ART. 2135: “È imprenditore agricolo chi esercita un’attività diretta alla coltivazione del
fondo, alla silvicoltura, all’allevamento del bestiame e attività connesse”. Due grandi
categorie:
A) ATTIVITA’ AGRICOLE ESSENZIALI:
Coltivazione del fondo, silvicoltura ed allevamento del bestiame sono attività
tradizionalmente agricole. L’impresa agricola che era fondata sullo sfruttamento del
terreno ha ceduto il passo all’agricoltura industrializzata ovvero la meccanica, che utilizza
prodotti chimici per accrescere la produttività naturale della terra e permette di
accelerare i cicli biologici naturali. Con lo sviluppo di tali tecniche oggi anche l’attività
agricola può dare luogo a ingenti investimenti di capitali e sollevare sul piano giuridico
esigenza di tutela del credito non diverse da quelle previste per l’imprenditore
commerciale. Vi è quindi chi ritiene che debba essere dato rilievo al modo di produzione
tipico dell’agricoltore e che deve essere qualificato come imprenditore commerciale chi
produce specie vegetali e animali in maniera svincolata dal fondo agricolo ed allo
sfruttamento della terra; viene preferita invece l’interpretazione di chi ritiene che impresa
agricola è un’impresa che produce specie vegetali e animali fondata sullo svolgimento
di un ciclo biologico naturale. L’attuale formulazione dell’articolo dell’agricoltore
sancisce: “È imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del
fondo, silvicoltura, allevamento di animali e attività connesse”.- Coltivazione del fondo:
vengono ricomprese l’orticoltura, le coltivazioni in serra e in vivai, la floricoltura, le
coltivazioni fuori terra quali quelle dei funghi.- Silvicoltura: attività caratterizzata dalla cura
del bosco per ricavare i relativi prodotti; non costituisce attività agricola l’estrazione del
legname disgiunta dalla coltivazione del bosco.- Allevamenti di animali: vengono
riconosciuti gli allevamenti in batteria svincolati dall’utilizzo del fondo, allevamento di
cavalli da corsa o di animali da pelliccia, attività tecnica, allevamento di animali da
cortile. È riconosciuta natura agricola alla acquacoltura e l’imprenditore agricolo viene
equiparato all’imprenditore ittico.
B) ATTIVITA’ AGRICOLE PER CONNESSIONE:
Sono quelle attività di carattere accessorio si intendono:- attività dirette alla
manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione di
prodotti ottenuti prevalentemente dall’attività agricola essenziale- attività dirette alla
fornitura di beni o servizi mediante l’utilizzo prevalente di attrezzatura e risorse impiegate
nell’attività agricola. Sono necessarie due condizioni affinché la presenza del legame
con le tre attività agricole essenziali neutralizzi la qualifica soggettiva commerciale
dell’attività accessorie:
CONNESSIONE OGGETTIVA: il soggetto che la esercita deve essere qualificabile come
imprenditore agricolo in quanto svolge una delle tre attività essenziali e che l’attività

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accessoria sia coerente con quella principale(imprenditore agricolo il viticoltore che
produce vino; imprenditore agricolo e commerciale il viticultore che produce formaggi).
La qualifica di imprenditore agricolo è riconosciuta alle cooperative di imprenditori
agricoli ed ai loro consorzi quando utilizzano prevalentemente prodotti dei soci ovvero
forniscono ai soci beni diretti alla cura e allo sviluppo del ciclo biologico.
CONNESSIONE OGGETTIVA: è sufficiente che le attività connesse siano collegate
oggettivamente con l’attività principale è che non prevalgano, per rilievo economico,
sull’attività agricola essenziale.
IMPRENDITORE COMMERCIALE:
ART. 2195: è imprenditore commerciale chi esercita una delle seguenti categorie di
attività:
1) Attività industriale diretta alla produzione di beni o servizi: è il settore delle imprese
industriali.
2) Attività intermediaria nella circolazione dei beni: è il vasto settore del commercio; il
commerciante acquista beni e li rivende ad altri intermediari o ai consumatori finali
dando vita a una serie di operazioni di scambio.
3) Attività di trasporto per terra, acqua o per aria: attività che può essere considerata
specificazione dell’attività produttiva di servizi.
4) Attività bancaria o assicurativa: attività bancaria è attività di intermediazione nella
circolazione di quel particolare bene che il denaro mentre l’attività assicurativa produce
servizi.
5) Altre attività ausiliarie alle precedenti: tutte quelle imprese produttrici di servizi da
considerarsi specificazioni della categoria dell’attività industriale. Rispetto all’impresa
agricola, gli elementi di differenziazione si basano sul carattere industriale dell’attività di
produzione di beni e servizi e sul carattere intermediario dell’attività di scambio.
IMPRESE CIVILI:
Sono quelle categorie di imprese non espressamente previste da alcun dato legislativo; è
questione tutt’ora aperta se il sistema ne lascia spazio in relazione all’interpretazione del
significato tecnico-economico di attività che implichi l’impiego di materie prime e la loro
trasformazione in nuovi beni. Sarebbero quindi imprese civili:- le imprese che producono
beni senza trasformare materie prime quali le imprese minerarie- le imprese che
producono servizi senza trasformare materie prime che non rientrano nell’elencazione
precedente quali agenzie matrimoniali, agenzie investigative, imprese di pubblici
spettacoli- imprenditore civile sarebbe anche chi aliena dietro il corrispettivo beni propri
in quanto in tale caso si avrebbe attività di scambio (imprenditore che eroga credito con
mezzi propri).La soluzione preferibile però è quella di interpretare il requisito
dell’industrialità come sinonimo di attività non agricola e quindi di comprendere in esso
anche le imprese che producono beni e servizi senza dar luogo alla trasformazione di
materie prime; viene interpretato il requisito dell’intermediazione nella circolazione dei
beni come sinonimo di attività di scambio non considerando solamente quell’attività che
consista sia nell’acquisto sia nella vendita di beni ma più in generale ogni attività che
comporti circolazione di beni non inquadrabile fra quelle agricole per connessione.
PICCOLO IMPRENDITORE. LA PICCOLA IMPRESA.
LA PICCOLA IMPRESA:
Il piccolo imprenditore è sottoposto allo statuto generale dell’imprenditore; è
esonerato anche se esercita attività commerciale, dalla tenuta delle scritture contabili,
dal fallimento e dalle altre procedure concorsuali dell’imprenditore
commerciale usufruendo solo delle procedure concorsuali da sovraindebitamento;
l’iscrizione nel registro delle imprese ha solo funzione di pubblicità notizia. Il piccolo
imprenditore viene definito sia con nozioni civilistiche che fallimentari.

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PICCOLO IMPRENDITORE NELLA LEGGE FAMILIARE:
”Sono considerati piccoli imprenditori, gli imprenditori esercenti un’attività commerciale, i
quali sono stati riconosciuti, in sede di accertamento ai fini dell’imposta di ricchezza
mobile, titolari di un reddito inferiore al minimo imponibile. Quando è mancato
l’accertamento ai fini dell’imposta di ricchezza mobile, sono considerati piccoli
imprenditori gli imprenditori esercenti un’attività commerciale nella cui azienda risulta
essere stato investito un capitale non superiore a lire 900.000. In nessun caso sono
considerati piccoli imprenditori le società commerciali”. Sorge la necessità di trovare un
coordinamento fra le norme fallimentari e quelle civilistiche per evitare di cadere nel
paradosso di dover riconoscere e negare allo stesso tempo allo stesso soggetto la qualità
di piccolo imprenditore. Questo rebus è venuto meno quando venne abrogata l’imposta
di ricchezza mobile e sostituita dalla diversa imposta (Irpef) e successivamente quando
venne abrogato il criterio del capitale investito non superiore a lire 900.000 in quanto non
più idoneo a seguito di valutazione monetaria da fungere come discriminante. Anche
l’ultima parte della disciplina riguardante le società commerciali non poteva più essere
applicata nei confronti delle società artigiane; risultato finale è che non rimase nulla della
nozione fallimentare. Inoltre far dipendere la nozione di piccolo imprenditore da quella
civilistica concernente requisiti sfuggenti quali l’accettazione in concreto della
prevalenza del lavoro familiare sugli altri fattori produttivi in relazione alle conseguenze
che concerneva la disciplina del piccolo imprenditore suscitava un senso di
insoddisfazione generale. Con la riforma del 2006 del diritto fallimentare vengono
reintrodotti criteri esclusivamente quantitativi e monetari con i quali vengono individuati i
parametri dimensionali dell’impresa al di sotto dei quali l’imprenditore commerciale non
fallisce; imprenditore tuttavia deve dimostrare il possesso congiunto di tali requisiti:
A) Aver avuto nei tre esercizi antecedenti la data di deposito l’istanza di fallimento
un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore a euro 300.000.
B) Aver realizzato nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza di
fallimento, ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo non superiore a euro
200.000.
C) Avere un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore ad euro 500.000.Basta
aver superato anche solo uno degli indicati limiti dimensionali per essere esposto al
fallimento; anche le società commerciali che rispettano tali limiti possono essere sollevate
dal fallimento.
L’IMPRESA ARTIGIANA:
Nella piccola impresa era prevista l’applicazione di una copiosa ed articolata
legislazione speciale di ausilio e di sostegno che sanciva un’eccezione nell’applicazione
delle disposizioni fallimentari e civilistiche a tali imprese; legislazione speciale quindi si
sostituiva a quella del codice e alla legge fallimentare, e fissando particolari requisiti
fondamentali, autorizzava espressamente la creazione di una particolare tipo di impresa:
l’impresa artigiana. Il dato caratterizzante di questa impresa risiedeva nella natura
artistica usuale dei beni e servizi prodotti e non più nella prevalenza del lavoro familiare
del processo produttivo; l’impresa poteva ritenersi artigiana e sottratta al fallimento
anche quando, per gli ingenti investimenti di capitali e la manodopera impiegata, non
era più rispettato il criterio della prevalenza.
La qualifica artigiana era riconosciuta anche alle forme organizzative societari, purché si
trattassero di società cooperative o in nome collettivo e alla condizione ulteriore che la
maggioranza dei soci partecipasse personalmente al lavoro e, nell’impresa, il lavoro
avesse una funzione preminente sul capitale. La nuova legge del 1985 da una definizione
propria dell’impresa artigiana; quest’ultima è basata su:- l’oggetto dell’impresa che può
essere costituito da qualsiasi attività di produzione di beni, anche semilavorati, o di
prestazione di servizi (con alcune esclusioni)- sul ruolo dell’artigiano nell’impresa,

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richiedendosi che svolga in misura prevalente il proprio lavoro, anche manuale, nel
processo produttivo ma non che il suo lavoro prevalga sugli altri fattori produttivi- sono
posti limiti per i dipendenti utilizzabili e il personale dipendente deve essere diretto
dall’artigiano- l’imprenditore artigiano può essere titolare di una sola impresa artigiana.
La qualifica di impresa artigiana è stata estesa alle società a responsabilità limitata
unipersonale e alla società in accomandita semplice, purché il socio unico o tutti i soci
accomandatari siano in possesso dei requisiti previsti per l’imprenditore artigiano e non
siano nel contempo socio unico di altra s.r.l. o un socio di alta società in accomandita
semplice; è stata estesa anche alla s.r.l. pluripersonale a condizione che la maggioranza
dei soci svolga in prevalenza lavoro personale, anche manuale, nel processo produttivo
e detenga la maggioranza del capitale sociale e degli organi deliberanti della società.
Scompare ogni riferimento alla natura artistica o usuale dei beni e servizi prodotti e si
qualificano artigiane anche le imprese di costruzioni edili. Il nuovo modello di impresa
artigiana non può più essere ricondotto nell’alveo della definizione codicistica di piccolo
imprenditore tuttavia, lo scopo della legge del 1985 è quello di fissare i principi direttivi
che dovranno essere osservati dalle regioni nell’emanazione di provvedimenti a favore
dell’artigianato. È necessario quindi oggigiorno che l’artigiano, per essere sottratto allo
statuto dell’imprenditore commerciale, rispetti il principio della prevalenza sancito
nell’articolo civilistico che definiva il piccolo imprenditore e che non siano stati superati
limiti dimensionali fissati dalla legge fallimentare; in mancanza l’imprenditore non sarà
artigiano ma verrà qualificato come imprenditore commerciale non piccolo.
L’IMPRESA FAMILIARE:
È l’impresa nella quale collaborano il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini
entro il secondo grado dell’imprenditore: cosiddetta famiglia nucleare. Prima della
riforma del diritto di famiglia, dava luogo a gravi abusi ed ingiustizie in quanto il lavoro
familiare veniva fornito a titolo gratuito e nessun diritto amministrativo e patrimoniale era
riconosciuto ai familiari dell’imprenditore. La tutela legislativa è stata realizzata
riconoscendo a coloro che lavorino in modo continuato nella famiglia o nell’impresa e
che siano membri familiari:- diritto al mantenimento, secondo la disponibilità patrimoniale
della famiglia- diritto di partecipazione agli utili dell’impresa in proporzione alla quantità
del lavoro prestato- diritto sui beni acquistati con gli utili e sugli incrementi di valore
dell’azienda in proporzione alla quantità e alla qualità del lavoro prestato- diritto di
prelazione sull’azienda in caso di divisione ereditaria o di trasferimento esercitabile anche
individualmente.
Sono previsti poteri gestori dell’impresa riguardanti le decisioni di particolare rilievo ovvero
l’amministrazione straordinaria adottata con delibera a maggioranza dei familiari che
partecipano all’impresa; il diritto di partecipazione è trasferibile solo a favore di altri
membri della famiglia nucleare con il consenso unanime ed è liquidabile in danaro
qualora cessi la prestazione di lavoro in o caso di alienazione dell’azienda.
L’impresa rimane sempre struttura individuale e i beni aziendali restano di proprietà
esclusiva dell’imprenditore; ai partecipanti familiari sono riconosciuti solo diritti di credito
sui beni aziendali. Gli atti di ordinaria amministrazione sono di competenza esclusiva
dell’imprenditore e poteri gestori riconosciuti ai familiari se violati dall’imprenditore
esporranno quest’ultimo solamente al risarcimento dei danni ma non verrà incisa la
validità e l’efficacia degli atti compiuti. L’imprenditore agisce nei confronti dei terzi in
proprio e non come rappresentante dell’impresa familiare sicché solo quest’ultimo potrà
fallire se l’impresa è commerciale e a lui saranno riconosciuti gli effetti degli atti posti in
essere nell’esercizio dell’impresa e sarà ritenuto responsabile nei confronti dei terzi per le
obbligazioni contratte.

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IMPRESA COLLETTIVA. IMPRESA PUBBLICA.
L’IMPRESA SOCIETARIA’:
Terzo criterio di differenziazione è rappresentato dalla natura giuridica del soggetto
titolare:
- Impresa individuale: sono gli imprenditori commerciali non piccoli che sono esposti
all’applicazione dell’istituto del registro delle imprese, delle scritture contabili e delle
procedure concorsuali.
- Impresa societaria: sono forme associative tipiche per l’esercizio collettivo dell’attività di
impresa; sono società di tipo commerciale con l’oggetto agricolo quando l’attività
esercitata è agricola mentre si definiscono società di tipo commerciale con oggetto
commerciale quando l’oggetto dell’attività è commerciale.
Parte della disciplina dell’imprenditore commerciale si applica alle società commerciali
qualunque sia l’attività svolta (obbligo di iscrizione nel registro delle imprese e tenuta
delle scritture contabili); sono esonerate le società commerciali avente oggetto agricolo
dal fallimento e dalle altre procedure concorsuali dell’imprenditore commerciale.
IMPRESE PUBBLICHE:
Lo Stato e gli altri enti pubblici possono esercitare attività di impresa attraverso tre forme:
A) Imprese-organo: svolgono direttamente attività d’impresa avvalendosi di strutture
organizzative istituzionali e l’attività stessa è secondaria e accessoria al fine-scopo
dell’ente pubblico (aziende erogatrici di pubblici servizi quali gas, acqua, eccetera).
Sono esonerate dall’iscrizione nel registro delle imprese e dalle procedure concorsuali;
permane l’obbligo di tenuta delle scritture contabili.
B) Enti pubblici economici: enti di diritto pubblico il cui compito istituzionale esclusivo o
principale è l’esercizio di attività d’impresa (Ina, Enel, Ente Ferrovie dello stato).
Sono sottoposti allo statuto dell’imprenditore commerciale e allo statuto generale
dell’imprenditore; sono esonerate dal fallimento e del concordato preventivo mentre
viene applicata la liquidazione coatta amministrativa.
C) Struttura di diritto privato: lo Stato e gli altri pubblici svolgono attività attraverso la
costituzione di società generalmente per azioni; queste sono le società a partecipazione
pubblica formatesi dalla privatizzazione avviata agli inizi degli anni 90 dei maggiori enti
pubblici economici statali favorendo la riduzione della spesa pubblica tramite l’apertura
al concorso finanziario del capitale di rischio privato.
Sono soggetti a tutte le regole dello statuto di diritto privato dell’imprenditore
commerciale.
ATTIVITA’ COMMERCIALE DELLE ASSOCIAZIONI E DELLE FONDAZIONI:
Le associazioni, le fondazioni e gli enti privati con fini ideali e altruistici possono svolgere
attività commerciale produttiva che deve essere condotta con metodo economico; se
l’ente esercita attività commerciale in via principale o esclusiva, acquisisce la qualità di
imprenditore commerciale e resta esposto a tutte le conseguenze. Qualora l’attività
commerciale presenti carattere accessorio o secondario, in passato si prevedeva invece
l’estensione della disciplina dettata per le imprese organo identificando le eccezioni
predette come principi generali validi per tutte le imprese non societarie e applicabili
attraverso l’utilizzo dell’analogia; veniva esteso quindi l’esonero dall’iscrizione nel registro
delle imprese e dalle procedure fallimentari. La tesi non può essere condivisa per due
motivi:- sono norme eccezionali e trova fondamento nella struttura pubblicistica
dell’ente- sono due norme e non una generale che permettono l’esonero delle imprese
organo dell’intero statuto degli imprenditori commerciali.
Si conclude quindi che a tutte le associazioni e fondazioni esercenti attività commerciale
viene applicata la disciplina dello statuto dell’imprenditore commerciale.
L’IMPRESA SOCIALE:
”Possono acquisire la qualifica di impresa sociale tutte le organizzazioni private che

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esercitano in via stabile principale un’attività economica organizzata al fine della
produzione o dello scambio di beni e servizi di pubblica utilità”.
Sono tali quei beni indicati in uno specifico decreto; gli elementi principali dell’impresa
sociale sono:
- l’assenza dello scopo di lucro in quanto è tenuto ad operare attraverso il metodo
economico
- vietata è l’auto destinazione dei risultati della gestione;
- utili e avanzi devono essere devoluti allo svolgimento dell’attività statuaria o
all’incremento del patrimonio dell’ente;
- in caso di cessazione dell’impresa sono previste norme speciali attraverso le quali viene
sancito che il patrimonio deve essere destinato ad organizzazioni non lucrative di tutela
sociale
- possono organizzarsi con qualsiasi forma di organizzazione privata e quindi qualsiasi tipo
societario (non possono organizzarsi sotto forma di impresa pubblica e ne tramite l’utilizzo
della forma societaria cooperativa)
- se l’impresa sociale è dotata di un patrimonio netto di almeno € 20.000 dal momento
dell’iscrizione nel registro delle imprese, risponde delle obbligazioni assunte soltanto la
società con il suo patrimonio se questo non diminuisce di oltre 1/3 al di sotto della
predetta limitazione; in questo caso rispondono personalmente e solidalmente anche
coloro che hanno agito in nome e per conto dell’impresa. Le imprese sociali sono
soggette a regole speciali:
A) devono iscriversi in una sezione apposita del registro delle imprese
B) sono tenute a redigere le scritture contabili
C) sono assoggettate solo alla liquidazione coatta amministrativa
Le organizzazioni di questo tipo devono costituirsi per atto pubblico e in questo deve
essere presente:
1) determinazione dell’oggetto sociale
2) enunciare l’assenza dello scopo di lucro
3) indicare la denominazione dell’ente con integrazione della locuzione “impresa
sociale”
4) fissare i requisiti per la nomina dei componenti delle cariche sociali
5) disciplinare le modalità di ammissione ed esclusione dei soci
6) prevedere le forme di coinvolgimento dei lavoratori e dei destinatari dell’attività
nell’assunzione delle decisioni che possono incidere direttamente sulle loro condizioni di
lavoro.
Sono previsti inoltre un controllo contabile affidato a uno o più revisori contabili, un
controllo di legalità della gestione e sul rispetto dei principi di corretta amministrazione
affidato a uno o più sindaci. Le imprese sono sottoposte alla vigilanza del ministero del
lavoro che può procedere a ispezioni; può disporre la perdita della qualifica nei casi in
cui denoti l’assenza delle condizioni di riconoscimento ovvero riscontra violazioni della
relativa disciplina e, diffidati gli organi direttivi a porre fine ai comportamenti illegittimi,
sequestri non ottemperano entro un congruo termine.

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3. L’ACQUISTO DELLA QUALITA’ DI
IMPRENDITORE
L’IMPUTAZIONE DELL’ATTIVITA’ DI IMPRESA
ESERCIZIO DIRETTO DELL’ATTIVITA’ DI IMPRESA:
Nel nostro ordinamento è principio generale che il centro di imputazione degli effetti dei
singoli atti giuridici posti in essere dal soggetto è solo il soggetto il cui nome è stato
validamente speso nel traffico giuridico; questo criterio corrisponde alle esigenze di
certezza giuridica ed è chiaramente enunciato in tema di mandato senza
rappresentanza. Il mandatario è un soggetto che opera nell’interesse di altro
soggetto(mandante) e può porre in essere i relativi atti giuridici sia spendendo il proprio
nome sia spendendo il nome del mandante, se questo gli ha conferito i poteri di
rappresentanza (procura). Quando il mandatario agisce in nome del mandante, tutti gli
effetti negoziali si verificano nella sfera giuridica di quest’ultimo; il mandatario che agisce
in proprio nome invece acquista i diritti e assume gli obblighi derivanti dagli atti compiuti
con i terzi, anche se questi hanno avuto conoscenza del mandato. La qualità di
imprenditore quindi è acquistata con pienezza di effetti dal soggetto il cui nome è stato
speso nel compimento dei singoli atti di impresa; nel caso in cui viene applicato il
principio della spendita del nome. Non diventa invece imprenditore il soggetto che
gestisce l’altrui impresa quando operi spendendo il nome
dell’imprenditore(rappresentata volontaria o legale).
ESERCIZIO INDIRETTO DELL’ATTIVITA’ DI IMPRESA. TEORIA DELL’IMPRENDITORE OCCULTO E
CRITICA:
L’esercizio dell’attività di impresa può dar luogo alla dissociazione fra soggetto cui è
formalmente imputabile la qualità di imprenditore e il reale interessato. È il fenomeno
dell’esercizio dell’impresa tramite interposta persona; altro è soggetto che compie in
proprio nome i singoli atti di impresa (imprenditore palese o prestanome); altro è soggetto
che somministra al primo i mezzi finanziari, dirige di fatto l’impresa, fa propri tutti i
guadagni (dominus o imprenditore indiretto o occulto).I problemi vengono sollevati
quando gli affari vanno male e il soggetto utilizzato dall’imprenditore indiretto è una
persona fisica nullatenente o una società per azioni con capitale irrisorio. I creditori
potranno provocare il fallimento del prestanome e ben poco potranno ritrovarne in
relazione all’insufficienza del patrimonio; se si ammette che obbligato nei loro confronti è
solo l’imprenditore palese, il risultato sarà che il rischio di impresa sarà trasportato in capo
direttamente ai creditori o quanto meno ai creditori più deboli e non sopportato dal reale
dominus. Questo modo di operare fraudolento può essere causa di una serie di dissesti a
catena, dato che i creditori dell’imprenditore palese sono a loro volta in larga parte
imprenditori.
TEORIA DEL POTERE DI IMPRESA:
Parte della dottrina ha ritenuto di poter neutralizzare i pericoli previsti da questo modo
fraudolento di operare escludendo come unico principio generale per l’imputazione
della responsabilità dei debiti di impresa l’utilizzo della spendita del nome. La
responsabilità cumulativa dell’imprenditore palese e del dominus verrebbe sanzionata
espressamente tramite il principio di inscindibilità del rapporto potere-responsabilità senza
che però il dominus acquisti la qualifica di imprenditore (non è esposto al fallimento); chi
esercita il potere di direzione di un’impresa si assume necessariamente anche il rischio di
rispondere delle relative obbligazioni .Questo principio però non può essere condiviso:
nessuna norma societaria né la legge fallimentare consentono di dimostrare che un
soggetto può essere chiamato a rispondere perciò solo che egli è il dominus di

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un’impresa individuale formalmente imputabile ad altro soggetto o di una società di
capitali.
Possiamo notare come ad esempio nella società in nome collettivo tutti i soci rispondono
limitatamente, quand’anche la gestione è riservata solo taluni di essi; lo stesso può dirsi
per i soci accomandatari dell’accomandita semplice, potendosi pattuire che solo taluni
di essi gli venga riconosciuta l’amministrazione della società. Inoltre nelle società per
azioni unipersonali si vedrà come non basta essere unico socio per incorrere in
responsabilità illimitata, ma sarà necessario che siano presenti ulteriori condizioni
oggettive e formali, consistenti nella violazione della specifica disciplina dei conferimenti
della pubblicità legale.
TEORIA DELL’IMPRENDITORE OCCULTO:
Il dominus di un’impresa formalmente altrui risponderà solidalmente con questo ma fallirà
sempre comunque qualora fallisca il prestanome. Viene sancita la piena parificazione sul
piano della responsabilità di impresa di chi agisce di fronte ai terzi di chi sta dietro le
quinte; ciò sarebbe giustificato da una norma della legge fallimentare che suddividere le
ipotesi in:- socio occulto di società palese: il fallimento della società si estende anche ai
soci la cui esistenza è stata scoperta dopo la dichiarazione di fallimento della società e
dei soci palesi- socio occulto di società occulta: in questo caso chi contratta con i terzi si
presenta come imprenditore individuale mentre in realtà ha alle spalle uno o più soci
occulti facenti parte di una società occulta. Contratta con i terzi in relazione ad un
mandato senza rappresentanza tenuto nascosto per perseguire i vantaggi della
disciplina della società di capitali con i vantaggi della disciplina della società di persone.
Se fallisce la società occulta è inevitabile che fallirà anche l’imprenditore occulto e in
questo modo, attraverso l’utilizzo dell’analogia, si arriva ad affermare la responsabilità e
l’esposizione al fallimento di chiunque domini un’impresa a lui formalmente non
imputabile. Viene criticata ed esclusa dall’applicazione anche quest’ultima teoria in
quanto il passaggio, per analogia, dal fallimento del socio occulto di società palese e dal
fallimento del socio occulto di società occulta a fallimento dell’imprenditore occulto si
basa sul presupposto che sia identica nelle tre fattispecie la situazione giuridica ma che in
realtà così non è. Nel fallimento del socio occulto di società palese innanzitutto esiste una
società con soci a responsabilità illimitata, il soggetto successivamente scoperto è socio
dalla società e gli atti di impresa sono posti in essere in nome della società. Ciò che è
stato occultato è il reale numero dei soci e il socio occulto fallisce come tutti gli altri soci
in relazione al vincolo societario di partecipazione alla stessa. Nel fallimento del socio
occulto di società occulta esiste innanzitutto una società a responsabilità illimitata e i
soggetti successivamente scoperti ne fanno parte; questi sono chiamati a rispondere di
atti che non sono stati posti in essere per conto della società, ma bensì da un socio che
opera nei confronti dei terzi come mandatario senza rappresentanza. I soci occulti,
celando l’esteriorizzazione del vincolo societario e della società stessa, perseguono il
disegno di sottrarsi al fallimento personale con responsabilità illimitata dei debiti
dell’impresa comune; i soci occulti di società occulta rispondono e falliscono sulla base
sempre dei criteri formali e oggettivi ovvero di far parte della società di persone con soci
illimitatamente responsabili. Nella fattispecie imprenditore occulto-imprenditore palese
non esiste società fra il dominus e il prestanome; mancano tutti gli elementi costitutivi del
contratto di società (vincolo societario). La situazione giuridica è completamente diversa
da quelle analizzate precedentemente perciò non è consentito affermare, per analogia,
la responsabilità illimitata del dominus di un’altrui impresa individuale o di una società di
capitali. In definitiva, il dominio di fatto non è condizione sufficiente per esporre a
responsabilità e fallimento; né determina di per sé l’acquisto della qualità di imprenditore.
Con la soluzione opposta i creditori dell’imprenditore sarebbero avvantaggiati oltre i limiti
della tutela dell’affidamento poiché finirebbero col giovarsi di un patrimonio su cui non

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potevano fare affidamento quando concessero credito al prestanome; tutto ciò a
scapito dei creditori personali del dominus, che vedrebbero concorrere sul patrimonio del
debitore anche i creditori del prestanome con evidente e ingiusta lesione
dell’affidamento e con conseguenze particolarmente gravi anche sul piano generale
dell’ordinato svolgimento della vita degli affari.
(Manca pag. 98)
CAPACITA’ E IMPRESA
INCAPACITA’ E INCOMPATIBILITA’:
La capacità all’esercizio di attività di impresa si acquista con la piena capacità di agire e
con il compimento del 18º anno di età; la capacità di agire è presupposto essenziale per
l’acquisto della qualità di imprenditore; l’esercizio di attività di impresa in violazione delle
norme giuridiche che regolano le relazioni degli incapaci, non fa sorgere la qualità di
imprenditore in testa all’incapace. Non sono limitazioni ma solamente incompatibilità, i
divieti di esercizio di impresa commerciale posti a carico di coloro che esercitano
determinati uffici o professioni come ad esempio avvocati, notai, impiegati civili dello
Stato.
L’IMPRESA COMMERCIALE DELL’INCAPACE:
L’amministrazione del patrimonio degli incapaci è regolata in modo da garantirne la
conservazione e l’integrità impedendo che lo stesso venga impiegati in operazioni
aleatorie o di pura sorte. I rappresentanti legali, i genitori o i tutori sono legittimati a
compiere in passato solamente gli atti di ordinaria amministrazione, mentre quelli di
straordinaria potevano essere compiuti solo in caso di necessità o di utilità evidente,
accertata dall’autorità giudiziaria e concessa atto per atto; oggigiorno l’autorizzazione
del tribunale ha carattere generale in relazione alla natura dell’esercizio di impresa
commerciale caratterizzata dalla certezza e dalla rapidità di decisioni che sono
inconciliabili con la distinzione fra atti di ordinaria estraordinaria amministrazione e col
sistema di autorizzazione atto per atto. Analizziamo le singole ipotesi (suddivisione in
A: incapaci di agire quali minore, l’interdetto, inabilitato e
B: illimitatamente capaci di agire quali minore emancipato, beneficiario
dell’amministrazione di sostegno):
- Minore: non è consentito in nessun caso l’inizio di una nuova impresa commerciale; il
rappresentante legale può essere autorizzato dal tribunale a continuare l’esercizio
dell’impresa di una preesistente azienda commerciale. Per evitare l’interruzione prima
della decisione finale giudiziaria, il giudice tutelare può consentire l’esercizio provvisorio
dell’impresa. Con l’intervenuta autorizzazione definitiva, il genitore/tutore è legittimato a
compiere tutti gli atti che rientrano nell’esercizio dell’impresa, sia quelli di ordinaria che di
straordinaria amministrazione.- Interdetto: valgono le regole identiche a quelle dettate
per il minore; l’autorizzazione alla continuazione può riguardare anche impresa iniziata
dallo stesso interdetto prima dell’interdizione.- Inabilitato: a questo soggetto la capacità
di agire è limitata agli atti di ordinaria amministrazione; è sancita solamente la possibilità
di continuazione di un’impresa preesistente e mai l’inizio ex-novo. Con l’autorizzazione
alla continuazione, l’inabilitato eserciterà personalmente l’impresa con l’assistenza del
curatore e con il consenso di questi per gli atti di straordinaria amministrazione; il tribunale
può richiedere la nomina da parte dell’inabilitato e del curatore di un institore.- Minore
emancipato: può essere autorizzato dal tribunale anche ad iniziare una impresa
commerciale; con l’autorizzazione il minore emancipato acquista la piena capacità di
agire e può esercitare l’impresa senza alcun tipo di assistenza.- Beneficiario
dell’amministrazione di sostegno: questo conserva la capacità di agire per tutti gli atti
che non richiedono la rappresentanza esclusiva o l’assistenza dell’amministratore di
sostegno; egli potrà iniziare liberamente o può proseguire l’attività di impresa senza
l’assistenza salvo che il giudice tutelare disponga diversamente.

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Tutti i provvedimenti del tribunale sono soggetti all’iscrizione nel registro delle imprese;
l’esercizio autorizzato determina l’acquisto della qualità di imprenditore commerciale da
parte dell’incapace. L’incapace resta esposto alle conseguenze che derivano dalla
titolarità dell’impresa commerciale comprendendo anche la possibilità di essere
assoggettati al fallimento in caso di insolvenza. Con il fallimento del minore è possibile
evitare che le eventuali sanzioni penali colpiscano quest’ultimo e nel contempo possono
essere fatte ricadere sullo stesso rappresentante legale; non possono essere infatti
imputati reati da altri commessi al minore fallito se egli non poteva impedirgli; nei
confronti del genitore e del tutore viene applicata per analogia la disciplina che punisce
i reati fallimentari dell’institore. Non è possibile poter sottrarre il minore fallito alle
incapacità personali che conseguono automaticamente dalla dichiarazione di
fallimento come ad esempio l’esclusione dalla professione di avvocato, di dottore
commercialista, eccetera.
4. LO STATUTO DELL’IMPRENDITORE COMMERCIALE
PUBBLICITA’ LEGALE
LA PUBBLICITA’ NELLE IMPRESE COMMERCIALI:
Gli stessi imprenditori avvertono da sempre la necessità di poter disporre con facilità di
informazioni veritiere e non contestabili su fatti e situazioni delle imprese con cui entrano
in contatto; la necessità si basa sulla possibilità di ottenere informazioni di carattere
organizzativo rilevanti per il sicuro svolgimento delle relazioni di affari e idonee a conferire
certezza alle contrattazioni. Il registro delle imprese è lo strumento di pubblicità legale
delle imprese commerciali non piccole e delle società commerciali previsto dal codice
del 1942; durante i lunghi anni dell’attesa per l’emanazione del regolamento di
attuazione ha trovato applicazione un regime transitorio. Erano obbligate solo le società
commerciali e consorzi con attività esterna all’iscrizione nei registri di cancelleria presso il
tribunale; vennero poi introdotte con le nuove forme organizzative delle società di
capitali e delle società cooperative l’iscrizione in specifici bollettini ufficiali (Busarl, Busc);
erano previsti ulteriori adempimenti pubblicitari nei confronti di chiunque esercitasse
industria, commercio e agricoltura nel Registro delle Ditte tenuto presso la Camera di
Commercio. Agli inizi del 1997 ha cessato di esistere il Registro delle Ditte e i bollettini
ufficiali soppiantati dal vero e proprio registro delle imprese. Questo è tenuto dalle
camere di commercio provinciali in forma informatica, in modo da assicurare
completezza e organicità della pubblicità e per garantire la tempestività
dell’informazione.
IL REGISTRO DELLE IMPRESE:
È attualmente articolato in una sessione ordinaria e in una sezione speciale.
1) SEZIONE ORDINARIA:
- imprenditori individuali commerciali non piccoli- tutte le società tranne quella semplice
anche se non svolgono attività commerciale- consorzi tra imprenditori con attività
esterna-i gruppi europei di interesse economico con sede in Italia- gli enti pubblici che
hanno per oggetto esclusivo o principale un’attività commerciale- le società estere che
hanno in Italia la sede dell’amministrazione ovvero l’oggetto principale della loroattività-
le reti di imprese dotate di soggettività giuridica
2) SEZIONE SPECIALE:
- imprenditori agricoli e piccoli imprenditori; per i primi l’iscrizione ha funzione di pubblicità
legale mentre per i secondi solo pubblicità notizia- iscrizione delle società tra
professionisti- iscrizione dei soggetti che esercitano attività di direzione e coordinamento
(pubblicità dei legami di gruppo)
- iscrizione delle imprese sociali- iscrizione degli atti di società di capitali in lingua straniera-
iscrizione delle start-up innovative e di quelle società che offrono servizi per sostenere la
nascita delle prime (incubatori certificati)I fatti e gli atti da registrare sono diversi a

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seconda della struttura soggettiva dell’impresa e riguardano essenzialmente gli elementi
di individuazione dell’imprenditore e dell’impresa (denominazione dell’imprenditore,
ditta, oggetto, sedi principali e secondarie, inizio e fine dell’attività), la struttura e
l’organizzazione della società (atto costitutivo e sue modificazioni, nomina e revoca degli
amministratori, dei sindaci).L’iscrizione è eseguita su domanda dell’interessato e può
avvenire anche d’ufficio se è obbligatoria e l’interessato non vi provvede; è disposta
d’ufficio anche la cancellazione di un iscrizione avvenuta senza che persistano le
condizioni richieste dalla legge, quando l’imprenditore non vi provveda e quando
l’ufficio del registro rileva talune circostanze determinate dalla legge tutte sintomatiche
della definitiva assenza di vitalità dell’impresa. Prima di procedere all’iscrizione, l’ufficio
del registro deve compiere un accertamento formale riguardante l’esistenza e la
veridicità dell’atto;
l’iscrizione deve essere eseguita entro 10 giorni dalla richiesta della domanda e contro il
provvedimento motivato di rifiuto (è valido anche nel caso di richiesta di cancellazione),
il richiedente può ricorrere al giudice del registro che interviene con decreto; contro il
decreto di quest’ultimo può essere proposto ricorso al tribunale che provvede anch’esso
con decreto. L’inosservanza dell’obbligo di registrazione è punita con sanzioni
amministrative pecuniarie e con sanzioni indirette (società irregolare). L’iscrizione nella
sezione ordinaria può avere funzione:- efficacia dichiarativa: i fatti e gli atti iscritti sono
opponibili a chiunque dopo la registrazione e i terzi non potranno eccepire l’ignoranza
del fatto o dell’atto iscritto (pubblicità legale)- efficacia costitutiva: l’atto è produttivo di
effetti sia fra le parti che fra terzi (iscrizione nel registro delle imprese dell’atto costitutivo
della società di capitali e delle società cooperative) oppure l’atto è produttivo di effetti
solo fra terzi (registrazione della deliberazione di riduzione del capitale sociale di una
società in nome collettivo); per le sole società di capitali l’opponibilità diventa piena solo
decorsi 15 giorni dall’iscrizione
- efficacia normativa: l’iscrizione è presupposto per la piena applicazione di un
determinato regime giuridico (nella società in accomandita semplice, la mancata
registrazione impedisce che operi il regime di autonomia patrimoniale proprio di tale
società)L’iscrizione nella sezione speciale ha solo funzione di certificazione anagrafica e
di pubblicità notizia; l’atto o il fatto iscritto non è reso di per sé opponibile ai terzi
dovendosi al fine provare sempre l’effettiva conoscenza.
LE SCRITTURE CONTABILI
L’OBBLIGO DI TENUTA DELLE SCRITTURE CONTABILI:
La programmazione consapevole dell’attività di impresa presuppone una costante
informazione ed un contestate controllo sull’andamento degli affari; informazione e
controllo che sono facilitati dall’impianto di una ordinato sistema di rilevazione contabile
dei fatti aziendali. Le scritture contabili sono i documenti che contengono la
rappresentazione, in termini quantitativi e/o monetari, dei singoli atti d’impresa, della
situazione del patrimonio dell’imprenditore e del risultato economico dell’attività svolta; la
tenuta delle stesse è elevata d’obbligo ed è legislativamente disciplinata per gli
imprenditori che esercitano attività commerciale. La disciplina si applica ai piccoli
imprenditori che esercitano anche attività commerciale, mentre le società commerciali
sono obbligate alla tenuta delle scritture anche se non esercitano attività commerciale;
l’obbligo è esteso anche alle organizzazioni di imprese sociali.
LE SCRITTURE CONTABILI OBBLIGATORIE. REGOLARITA’ E CONTROLLO.
La norma pone il principio generale che l’imprenditore deve tenere tutte le scritture
contabili richieste dalla natura e dalle dimensioni dell’impresa; le scritture necessarie per
un’ordinata contabilità variano a seconda del tipo di attività quali sono alcune che sono
considerate obbligatorie:- Libro giornale: è un registro cronologico-analitico nel quale
sono indicate giorno per giorno le operazioni relative all’esercizio dell’impresa; non è

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necessario registrare separatamente ciascun operazione ma è possibile raggruppare le
singole registrazioni in un’unica singola registrazione che riguardi le operazioni omogenee
compiute nella giornata.- Libro degli inventari: è un registro periodico-sistematico, deve
essere redatto all’inizio dell’esercizio dell’impresa e successivamente ogni anno; deve
contenere l’indicazione della valutazione delle attività e delle passività dell’imprenditore
(conto economico) e deve risultare con evidenza e verità la situazione complessiva del
patrimonio (stato patrimoniale).
- Corrispondenza commerciale: sono lettere, fatture, telegrammi emessi per ciascun
affare e devono essere ordinatamente conservati. Sono previste per le imprese più grandi
ulteriori libri contabili differenti quali: libro mastro, nel quale le singole operazioni sono
registrate non cronologicamente ma sistematicamente; libro cassa, che contiene le
entrate e le uscite di denaro; libro magazzino, che registra le entrate e le uscite delle
merci. Per garantire la veridicità delle scritture contabili e che queste non vengano
alterate, è imposta l’osservanza di regole formali e sostanziali quali la numerazione
progressiva in ogni pagina del libro giornale e del libro degli inventari; è stato soppresso
l’obbligo della bollatura foglio per foglio e della vidimazione annuale. È consentito
conservare scritture contabili anche con sistemi informatici purché le registrazioni possono
in ogni momento essere rese consultabili; l’inosservanza di tutte le formalità prescritte
dalla legge rende le scritture irregolari e quindi giuridicamente irrilevanti così esponendo
l’imprenditore a sanzioni indirette quali l’impossibilità di utilizzare le scritture come mezzo di
prova a suo favore in giudizio.
LA RILEVANZA ESTERNA DELLE SCRITTURE:
Le scritture contabili sono destinate a restare nella sfera interna dell’imprenditore; le
informazioni sulla vita dell’impresa non sono accessibili ai terzi in quanto l’interesse
dell’imprenditore al segreto riceve tutela preferenziale. Il diritto al segreto contabile cede
di fronte alle esigenze conoscitive della pubblica amministrazione, finalizzate ad
accertamenti di carattere tributario o alla repressione di reati anche di natura
economica; gli unici bilanci che devono essere resi pubblici sono quello della società di
capitali e delle società cooperative mentre per l’impresa soggetta a controllo pubblico
non sussiste il diritto al segreto nei confronti dell’organo pubblico preposto alla vigilanza.
Le scritture contabili possono essere utilizzate dai terzi come mezzo processuale di prova
contro l’imprenditore che le tiene; il terzo però non può scinderne il contenuto ovvero
non può avvalersi solo della parte a lui favorevole; l’imprenditore potrà inoltre dimostrare
che le scritture non rispondono a verità .All’imprenditore è data la possibilità di utilizzare le
scritture come mezzo processuale di prova contro terzi; è necessario che ricorrono:-
scritture regolarmente tenute- la controparte deve essere un imprenditore obbligato alla
tenuta delle scritture- la controversia deve essere relativa a rapporti inerenti l’esercizio di
impresa al giudice può chiedere l’esibizione di scritture contabili per estrarne le
registrazioni concernenti la controversia e solo in tre casi tassativi può richiedere
la comunicazione alla controparte di tutte le scritture contabili: controversia relativa allo
scioglimento della società, alla comunione dei beni e alla successione per causa di
morte.
LA RAPPRESENTANZA COMMERCIALE
AUSILIARI DELL’IMPRENDITORE COMMERCIALE E RAPPRESENTANZA:
Nello svolgimento dell’attività l’imprenditore può avvalersi della collaborazione di altri
soggetti; si suddividono in:-
AUSILIARI INTERNI O SUBORDINATI: soggetti stabilmente inseriti nella propria
organizzazione aziendale per effetto di un rapporto di lavoro subordinato
- AUSILIARI ESTERNI O AUTONOMI: soggetti esterni all’organizzatore imprenditoriale che
collaborano con l’imprenditore, in modo occasionale o stabile, sulla base di rapporti
contrattuali. La rappresentanza commerciale è quel tipo di esercizio di impresa

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commerciale effettuato dal rappresentante nei confronti dell’imprenditore che è
collegato a quest’ultimo attraverso le figure tipiche di ausiliari interni: institori, procuratori e
commessi. Nella rappresentanza nel diritto privato, il conferimento al soggetto preposto
dell’incarico di compiere atti giuridici relativi alla sfera patrimoniale viene effettuato
tramite l’espresso conferimento del potere di rappresentanza sancita dalla dichiarazione
di volontà espressa con la procura; inoltre tale potere persiste nei limiti fissati dalla stessa e
presuppone che questa sia conferita con le forme prescritte per il contratto che il
rappresentante deve concludere. Il terzo contraente è tenuto ad accertare l’esistenza,
contenuto e regolarità formale della procura ed è sul terzo stesso che ricade il rischio
della mancanza o del difetto di potere rappresentativo della controparte (il contratto
concluso dal falsus procurator sarà improduttivo di effetti ed il terzo non potrà vantare
alcun diritto nei confronti del preteso rappresentato; potrà chiedere a falso procuratore il
risarcimento del danno).Per gli ausiliari interni invece vige uno speciale sistema di
rappresentanza nei quali essi sono automaticamente investiti del potere di
rappresentanza dell’imprenditore commisurato al tipo di mansioni che la qualifica
comporta; il potere di vincolare l’imprenditore da parte dell’ausiliario costituisce effetto
naturale di quella determinata collocazione nell’impresa ad opera dell’imprenditore.
INSTITORE:
È colui che è preposto dal titolare all’esercizio dell’impresa, di una sede secondaria o di
un ramo particolare; è il cosiddetto direttore generale dell’impresa. Risiede nella
posizione al vertice della gerarchia del personale, in virtù di un atto di
preposizione dell’imprenditore; vertice assoluto se institore preposto all’intera impresa
oppure vertice relativo se è preposto ad una filiale o ad un ramo dell’impresa; se più
institori sono preposti contemporaneamente all’esercizio dell’impresa essi agiranno
disgiuntamente se nella procura non è diversamente previsto.
Institore è investito di un potere di gestione generale: è tenuto ad agire congiuntamente
con l’imprenditore, all’adempimento degli obblighi di iscrizione nel registro delle imprese
e di tenuta delle scritture contabili; in caso di fallimento troveranno applicazione sanzioni
penali fermo restando che solo l’imprenditore potrà essere dichiarato fallito. È preposto
anche ad un generale potere di rappresentanza:
- sostanziale: può compiere tutti gli atti pertinenti all’esercizio dell’impresa della sede a cui
è preposto;
- la pertinenza di un dato atto deve essere valutata con riferimento alle imprese generali
di quel determinato tipo e non alla specifica impresa in cui l’institore è preposto; non è
legittimato a compiere atti che esorbitano dall’esercizio dell’impresa quali vendita o
l’affitto dell’azienda, cambiamento dell’oggetto della attività, alienare o ipotecare i beni
immobiliari- processuale: institore può stare in giudizio sia come attore sia come
convenuto per le obbligazioni dipendenti da atti compiuti nell’esercizio dell’impresa a cui
è preposto. I poteri rappresentativi dell’institore possono essere ampliati o limitati sia
dall’atto di preposizione o in un momento successivo; mancando la pubblicità legale la
rappresentazione si reputa generale; perciò la procura e la pubblicità della stessa
saranno necessarie solo se l’imprenditore voglia limitare i poteri rappresentativi; medesimi
principi valgono anche per la revoca della procura. Per quanto riguarda la responsabilità
dell’institore, vige una disciplina parzialmente diversa da quella generale: institore è
personalmente obbligato se omette di far conoscere al terzo che tratta per il
proponente, inoltre è personalmente obbligato anche il proponente quando gli atti
compiuti dall’institore siano pertinenti l’esercizio di impresa. La disposizione tutela il terzo
contraente evitando che su di esso cada il rischio di comportamenti dell’institore che
possono arrecare incertezza circa il reale dominus dell’affare; in tutti quei casi nei quali le
modalità di conclusione dell’affare sono tali da rendere incerto se l’institore abbia
operato per sé o per l’imprenditore, entrambi restano solidalmente e personalmente

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obbligati per l’operazione commerciale e gli effetti di questa.
I PROCURATORI:
Sono coloro che in base ad un rapporto continuativo hanno il potere di compiere per
l’imprenditore gli atti pertinenti all’esercizio dell’impresa, pur non essendo preposti ad
essa. Sono gli ausiliari subordinati di grado inferiore rispetto all’institore in quanto:
A) non sono posti a capo dell’impresa o di un ramo di una sede secondaria
B) il loro potere decisionale è circoscritto ad un determinato settore operativo
dell’impresa o ad una serie
specifica di atti. Sono per legge investiti di un potere di rappresentanza generale
dell’imprenditore rispetto però alla specie di operazioni per le quali essi sono stati investiti
di un autonomo potere decisionale; non hanno una loro rappresentanza processuale e
l’imprenditore non risponderà per gli atti, pur pertinenti all’esercizio dell’impresa, compiuti
dal procuratore senza spendita del nome dell’imprenditore stesso.
I COMMESSI:
Sono ausiliari subordinati cui sono affidate mansioni esecutive materiali che vivono in
contatto con terzi; è riconosciuto il potere di rappresentanza dell’imprenditore pur in
mancanza di uno specifico atto di conferimento; il potere è più limitato rispetto a quello
degli institori e dei procuratori. Possono compiere gli atti che ordinariamente comporta la
specie di operazioni di cui sono incaricati:- non possono esigere il prezzo delle merci delle
quali non facciano alla consegna, né concedere dilazioni o sconti se non stabiliti- non
hanno potere di derogare alle condizioni generali di contratto predisposte
dall’imprenditore- se preposti alla vendita, non possono esigere il prezzo fuori dai locali
stessi- a tutti i commessi viene riconosciuta la legittimizzazione a ricevere per conto
dell’imprenditore le dichiarazioni che riguardano l’esecuzione dei contratti ed i reclami
relativi alle inadempienze contrattuali.
L’imprenditore può ampliare o limitare tali poteri.
5. L’AZIENDA
LA NOZIONE DI AZIENDA. ORGANIZZAZIONE ED AVVIAMENTO:
ART. 2555: “L’azienda è complesso di beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio
dell’impresa”. L’azienda è un insieme di beni eterogenei che subisce modificazioni
qualitative e quantitative nel corso dell’attività; è un complesso caratterizzato da unità di
tipo funzionale per il coordinamento tra i diversi elementi costitutivi instaurato
dall’imprenditore. I beni aziendali consentono la produzione di utilità nuove, diverse,
maggiori di quelle traibili dai singoli beni isolatamente considerati; questo nuovo valore è
identificabile con l’avviamento e si suddivide in:- avviamento oggettivo: quello
ricollegabile a fattori suscettibili di permanere anche se muta il titolare dell’azienda in
quanto direttamente insiti nel coordinamento funzionale esistente fra i diversi beni-
avviamento soggettivo: quello dovuto alla abilità operativa dell’imprenditore sul mercato
e alla sua abilità nel formarsi, conservare ed accrescere la clientela.
Viene dettata una disciplina speciale per il trasferimento dell’azienda; ispirata dalla
finalità di favorire la conservazione dell’unità economica del valore di avviamento della
stessa, a tutela di quanti su tale unità e su tale valore hanno fatto specifico affidamento.
GLI ELEMENTI COSTITUTIVI DELL’AZIENDA:
Elementi costitutivi sono tutti i beni, di qualsiasi natura organizzati dall’imprenditore per
l’esercizio dell’impresa. È irrilevante il titolo giuridico che legittima l’imprenditore ad
utilizzare un dato bene nel processo produttivo; non possono essere considerati beni
aziendali i beni di proprietà dell’imprenditore che non siano da questi effettivamente
destinati allo svolgimento dell’attività mentre possono essere considerati beni aziendali i
beni di proprietà di terzi di cui imprenditore può disporre in base ad un valido titolo
purché impiegati nell’attività imprenditoriale. È largamente diffusa una concezione
estensiva dell’azienda la quale vuole ricomprendere fra gli elementi costitutivi della stessa

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ogni elemento patrimoniale che può costituire oggetto di tutela giuridica; si afferma
quindi che l’azienda è organizzazione non solo di beni ma di servizi ovvero di quelli che
fanno parte integrante nei rapporti aziendali quali i contratti di lavoro personale, i
rapporti contrattuali stipulati per l’impresa. È più corretta l’opinione che considera
elementi costitutivi essenziali dell’azienda solamente quelli che le parti non possono
eliminare senza compromettere la qualificazione come azienda del residuo; indi per cui
l’azienda resta un complesso di soli beni (cose) e non è considerabile come complesso di
beni e di rapporti giuridici.
(Manca pag 144-145-146)
LA CIRCOLAZIONE DELL’AZIENDA. OGGETTO E FORMA DEI NEGOZI TRASLATIVI:
Viene pubblicata una disciplina speciale per la circolazione dell’azienda; è importante
stabilire innanzitutto se un determinato atto di disposizione dell’imprenditore è da
qualificare come trasferimento di azienda o come trasferimento di singoli beni aziendali
dato che solamente nel primo caso verrà applicata la disciplinari collegata alla
circolazione del complesso aziendale. Può inoltre verificarsi che le parti ricorrano ad
espedienti, quali il frazionamento del trasferimento dell’azienda in più atti separati, per
sottrarsi agli effetti nei confronti di terzi che per legge conseguono al trasferimento;
oppure all’opposto può verificarsi che le parti siano propense ad etichettare come
trasferimento di azienda ciò che in realtà non è.
Il principio utilizzato per la qualificazione di una data vicenda circolatoria è l’utilizzo di
criteri oggettivi cioè guardando al risultato realmente perseguito e realizzato e non al
nome dato al contratto. Per aversi trasferimento d’azienda è necessario che sia trasferito
un insieme di beni di per sé potenzialmente idonei ad essere utilizzato per l’esercizio di
una determinata attività di impresa anche quando il nuovo titolare debba integrare nel
complesso ulteriori fattori produttivi.
VALIDITA’ del trasferimento: i contratti sono validi solo se stipulati con l’osservanza delle
forme stabilite dalla legge per il trasferimento dei singoli beni che compongono l’azienda
(devono essere rispettate tutte le regole di forma previste per i singoli beni aziendali).
PROVA: per le imprese soggette alla registrazione secondo il sistema originario del codice
civile è previsto che ogni atto di disposizione dell’azienda deve essere provato per iscritto;
la sua mancanza comporterà in un’eventuale controversia giudiziaria che le parti non
potranno avvalersi della prova per testimoni per dimostrare l’esistenza del contratto.
PUBBLICITA’: i relativi contratti di trasferimento sono soggetti ad iscrizione nel registro delle
imprese; la registrazione sussiste anche quando il trasferimento delle aziende concerne
imprese iscritte nella sezione speciale del registro; sono l’iscrizione nella sezione ordinaria
produce funzione dichiarativa.
LA VENDITA DELL’AZIENDA. IL DIVIETO DI CONCORRENZA DELL’ALIENANTE:
Chi aliena un’azienda commerciale deve astenersi, per un periodo massimo di cinque
anni dal trasferimento, dall’iniziare una nuova impresa che possa comunque per
l’oggetto, l’ubicazione o altre circostanze sviare la clientela dell’azienda ceduta. Se
l’azienda agricola, il divieto opera solo per le attività ad essa connesse. La norma
contempera due opposte esigenze: quella dell’acquirente di trattenere la clientela
dell’impresa e di godere dell’avviamento soggettivo, del quale di regola si è tenuto
conto nella pattuizione del prezzo di vendita e quella dell’alienante a non veder
compromessa la propria libertà di iniziativa economica oltre un determinato arco di
tempo. Il divieto è derogabile e ha carattere relativo; le parti possono ampliare la portata
dell’obbligo di astensione purché non sia impedita ogni attività professionale
all’alienante; è vietato prolungare oltre cinque anni la durata del divieto, e viene
applicato anche nella vendita coattiva. Tre casi controversi:
- divisione ereditaria con l’assegnazione dell’azienda caduta in successione ad uno degli
eredi

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- scioglimento di una società con assegnazione dell’azienda sociale ad uno dei soci
quale quota di liquidazione; in questi due casi sembrerebbe da escludersi che gli altri
eredi e gli altri soci siano tenuti a rispettare il divieto di concorrenza; è indubbio però che
in sede di divisione ereditaria e nello stabilire la quota di liquidazione non si sia tenuto
conto del valore di avviamento dell’azienda; perciò non è senza fondamento applicare il
divieto di concorrenza a favore dell’erede o del socio e a carico degli altri eredi e degli
altri soci
- vendita dell’intera partecipazione sociale o di una partecipazione sociale di controllo; è
indubbio che la vendita dell’intero pacchetto azionario sia sostanzialmente coincidente
con la vendita dell’azienda anche se formalmente non vi è stato alcun trasferimento
aziendale; vi è chi considera non decisiva la diversità formale dei negozi e applica anche
in questo caso il divieto di concorrenza al divieto di concorrenza deve essere considerato
violato ogni qualvolta si sia avuto sviamento di clientela della azienda ceduta, per fatto
concorrenziale direttamente o indirettamente imputabile all’alienante ;vengono colpiti
quindi tutti i modi possibili di sviamento della clientela.
LA SUCCESSIONE NEI CONTRATTI AZIENDALI:
Per favorire il mantenimento e la conservazione dell’unità economica aziendale durante
il trasferimento della stessa, viene agevolato il subingresso dell’acquirente nella trama dei
rapporti contrattuali in corso di esecuzione che alienante ha stipulato con terzi soggetti
quali fornitori, finanziatori, lavoratori, clienti, per assicurarsi tutti i fattori produttivi necessari
all’organizzazione e allo svolgimento dei cicli produttivi e per dare sbocco ai propri
prodotti.
Se non è pattuito diversamente, l’acquirente dell’azienda subentra nei contratti stipulati
per l’esercizio dell’azienda stessa che non abbiano carattere personale; al terzo
contraente è riconosciuto il diritto di recedere dal contratto entro tre mesi dalla notizia
del trasferimento se sussiste una giusta causa, salvo la responsabilità in questo caso
dell’alienante. La successione dei contratti aziendali non aventi carattere personale
prescinde dall’esplicita manifestazione di volontà nell’atto di alienazione dell’azienda; si
produce direttamente per legge sicché un’espressa pattuizione fra alienante e
acquirente è necessaria solo se si vuole escludere tale effetto. Nel diritto comune la
cessione del contratto non può avvenire senza il consenso del contraente ceduto;
quando il contratto è stipulato con l’imprenditore, il consenso del terzo contraente non è
più necessario per il trasferimento del contratto e l’effetto si produce nel momento in cui
diventa efficace la vendita. Il terzo contraente può recedere dal contratto e sciogliere il
vincolo contrattuale entro tre mesi dalla notizia della vendita e la richiesta è valida solo se
sussiste una giusta causa; il terzo contraente deve provare che l’acquirente dell’azienda
si trova in una situazione oggettiva tale da non fare affidamento sulla regolare
esecuzione del contratto; il recesso determina l’estinzione del contratto e al terzo
contraente è lasciata la possibilità non facile di richiedere il risarcimento dei danni
all’alienante. La disciplina non trova applicazione per i contratti stipulati che abbiano
carattere personale; in questo caso sarà necessaria un’espressa pattuizione. Contatti
personali sono quei contratti nei quali l’identità e le qualità personali dell’imprenditore
alienante sono state determinanti in concreto del consenso del terzo contraente.
I CREDITI E I DEBITI AZIENDALI:
CREDITI AZIENDALI: è una situazione nella quale l’azienda ha un credito nei confronti di un
debitore terzo; nel trasferimento dei crediti la notifica debitore ceduto o l’accettazione
da parte di questo prevista dalla disciplina del diritto comune, è sostituita da una sorta di
notifica collettiva data dall’iscrizione del trasferimento dell’azienda nel registro delle
imprese. Da questo momento il debitore terzo dovrà effettuare la prestazione nei
confronti dell’acquirente. Questa disciplina è circoscritta alle imprese soggette alla

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registrazione nella sezione ordinaria; negli altri casi trova applicazione la disciplina
generale della cessione dei crediti.
DEBITI AZIENDALI: è la situazione nella quale l’azienda ha dei debiti nei confronti dei
creditori terzi; non è ammesso il mutamento del debitore senza il consenso del creditore; il
consenso deve specificatamente sancire la liberazione dell’alienante e non
genericamente il trasferimento dell’azienda. Questa norma si basa sul principio generale
di evitare che venga creato un pregiudizio delle aspettative di soddisfacimento dei
crediti aziendali nei confronti dei terzi creditori causato dall’eventuale modificazione
quanto meno qualitativa, con il trasferimento dell’azienda, del patrimonio dell’alienante.
Per le sole aziende commerciali, vige la norma secondo cui risponde nel trasferimento
aziendale dei debitis uddetti anche l’acquirente dell’azienda se questi risultano dai libri
contabili obbligatori. Attraverso quest’ultimi viene così contemperata l’esigenza di tutela
dei criteri e quella della certezza dei debiti evitando contestazioni e controversie in merito
alla conoscenza da parte dell’acquirente di singoli debiti aziendali. È necessaria
l’espressa pattuizione per far valere la disciplina predetta; in mancanza, l’acquirente che
riceverà il pagamento dei crediti anteriori è considerato semplice legittimato a riscuotere
per conto dell’alienante e sarà tenuto a trasferirgli quanto riscosso; se pagherà i debiti
anteriori al trasferimento dell’azienda, risulterà come garante dell’alienante stesso e avrà
diritto di rivalsa per l’intero nei confronti di questo.
USUFRUTTO E AFFITTO DELL’AZIENDA:
L’azienda può formare oggetto di un diritto reale o personale di godimento; può essere
costituita in usufrutto o può essere concessa in affitto.
USUFRUTTO: l’usufruttuario deve condurre l’azienda senza modificarne la destinazione ed
in modo da conservare l’efficienza dell’organizzazione degli impianti e le normali
dotazioni di scorta; la violazione di tali obblighi determina la cessazione dell’usufrutto per
abuso dell’usufruttuario. Quest’ultimo in generale può godere dei beni aziendali, ha il
potere di disporne nei limiti segnati; può disporre oltre al capitale circolante, anche il
capitale fisso purché gli atti di disposizione non alterino l’identità e l’efficienza
dell’azienda. Al termine dell’usufrutto, l’azienda potrà essere composta in tutto o in parte
da beni diversi da quelli originari; è previsto che venga redatto un l’inventario all’inizio e
alla fine dell’usufrutto e che la differenza fra le due consistenze sia regolata in danaro.
AFFITTO: la disciplina prevista per l’usufrutto si applica anche all’affitto di azienda; il
contratto di affitto è diverso dalla locazione di un immobile destinato all’esercizio
dell’attività di impresa; nel primo oggetto del contratto è un complesso di beni
organizzati mentre nel secondo il contratto ha per oggetto il locale in quanto tale; non è
sempre facile qualificare i contratti in un senso o nell’altro.
Si applicano sia usufrutto che all’affitto il divieto di concorrenza, la successione nei
contratti aziendali mentre si applica solo l’usufrutto la disciplina dei crediti aziendali; non si
applica a nessuna delle due fattispecie la disciplina dei debiti aziendali.

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