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IL MOTORE ELETTRICO
ASINCRONO
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Il suo principio di funzionamento si basa sulla creazione di un campo magnetico rotante,
realizzabile per mezzo di circuiti fissi nello spazio e percorsi da correnti polifasi, in
particolare da correnti trifasi. Tuttavia, per piccole potenze, oppure per limitate
applicazioni speciali, questo motore può anche essere di tipo monofase, come vedremo più
in dettaglio nel seguito.
Rispetto agli altri tipi di motori elettrici, presenta diversi vantaggi: peso ed ingombro
ridotti a parità di potenza; mancanza di particolari dispositivi di eccitazione prelevando,
direttamente dalla rete, la potenza magnetizzante necessaria per creare il flusso induttore
della macchina; è autoavviante; sviluppa, spontaneamente ed automaticamente, variando
la propria velocità, una coppia motrice atta a controbilanciare la coppia resistente
applicata all’albero motore, determinando un funzionamento stabile (all’aumentare del
carico rallenta); sovraccaricabilità, anche il 100% della sua potenza nominale; esigenze di
manutenzione molto ridotte, semplicità di esercizio ed alto rendimento.
Segue da quanto detto che, laddove un dispositivo meccanico deve essere azionato senza
particolari esigenze di regolazione di velocità o di coppia, ivi è il regno incontrastato di
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applicazione del MAT: montacarichi, gru, ascensori, macchine utensili tradizionali,
pompe, ventilatori sono da decenni azionati in maniera soddisfacente da questo tipo di
motore.
F=iLB,
e si misura in newton se l’induzione magnetica B è in tesla, la lunghezza L dei conduttori
in metri e la corrente i in ampere.
Per rendere più concrete le idee, consideriamo una spira di materiale conduttore immersa
in un campo magnetico rotante;
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l’asse di rotazione del campo rotante. Supponiamo che il campo magnetico del vettore
induzione B sia uniforme e che tutte le linee di flusso costituiscano un complesso solidale
rotante con velocità angolare ω intorno all’asse A -‐‑ A'ʹ, in verso antiorario per chi guarda
da A. Da quanto detto in precedenza, la spira sarà sede di fenomeni di induzione
elettromagnetica, tranne nel caso in cui essa ruoti con la stessa velocità del campo.
Nel caso in cui questa spira fosse ferma avremo che il flusso magnetico concatenato con
essa risulterà essere, essendo il campo del vettore B uniforme e rotante con velocità ω0,
variabile nel tempo con legge sinusoidale di pulsazione ω0.
Questa variazione di flusso indurrà una f.e.m. (Forza Elettromotrice indotta) nella spira
chiusa con conseguente circolazione di una corrente, anch’essa sinusoidale di pulsazione
ω0, che, per la legge di Lenz, avrà un verso tale da opporsi alla causa che l’ha generata,
cioè al moto relativo (rotatorio) fra campo magnetico e spira. La corrente indotta tenderà
ad annullare, o, comunque, a ridurre l’entità di questo moto relativo, cioè, per effetto delle
forze elettromagnetiche cui è soggetta la spira, tenderà a far ruotare la spira nello stesso
verso del campo rotante: ecco dunque l’effetto motore
Se però la spira ruotasse ‘sincrona’ con il campo rotante, cioè con la stessa velocità ω0, il
moto relativo tra spira e campo si annullerebbe e si ridurrebbe a zero sia la f.e.m. indotta
che la corrente nella spira, con la conseguente scomparsa delle forze elettromagnetiche. I
ben noti fenomeni elettromagnetici che danno luogo a forze, e quindi a momenti di forze
(o, se volete, a coppie meccaniche), allorché una corrente elettrica scorre in una spira
immersa in un campo magnetico, hanno luogo, nel sistema considerato, solo se nella spira
circola corrente. Questa corrente non può esistere che per ‘induzione’, la quale può
sostenersi solo se la spira ruota in maniera ‘asincrona’ rispetto al campo rotante, cioè ruota
con una velocità angolare diversa da ω0; da ciò nasce l’aggettivo ‘asincrono’ adoperato per
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definire questo tipo di motore, che viene chiamato anche motore ‘a campo rotante’, perché
è la più importante applicazione della scoperta di Ferraris; o ancora motore ad ‘induzione’
non tanto perché il fenomeno dell’induzione elettromagnetica sia fondamentale, come del
resto è per tutte le macchine che sfruttano tale fenomeno, ma perché la parte rotante è sede
esclusivamente di correnti indotte, indispensabili per il suo funzionamento.
In pratica è come se si venissero a creare 2 campi magnetici rotanti: uno statorico ed uno
rotorico. Quello rotorico insegue quello statorico senza mai raggiungerlo; se lo
raggiungesse, le correnti rotoriche si annullerebbero e scomparirebbe il campo rotante
generato dal rotore e con esso le azioni dinamiche (forze); in due parole: la coppia
motrice si annullerebbe.
Dunque, affinché esista coppia meccanica, la spira deve ruotare attorno all’asse
A -‐‑ A'ʹ con una velocità angolare diversa da ω0 (con ω0 > 0); indichiamo con ω, diversa da
ω0, questa velocità angolare della spira.
Risulta che, se 0 < ω < ω0, la coppia esercitata dalla spira è concorde con il verso di
rotazione del campo magnetico e la macchina funziona da motore; se, invece, ω > ω0 la
coppia esercitata è di segno discorde con il verso di rotazione del campo magnetico e la
macchina funziona da generatore.
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La spira segue, pertanto, la rotazione del campo magnetico ad una velocità minore in
modo tale che scaturisca un moto relativo di scorrimento tra campo magnetico induttore e
spira indotta ed in quest’ultima circolino correnti di intensità tale da sviluppare una
coppia motrice capace di mantenere la spira in rotazione. Se la spira rallentasse per la
presenza di una coppia frenante maggiore, aumenterebbe la velocità angolare con la quale
il campo precede la spira, cioè aumenterebbero la differenza tra le due velocità e la f.e.m.
indotta e, di conseguenza, le correnti e la coppia motrice assumerebbero un valore tale da
vincere la nuova coppia resistente ad una diversa velocità. Ciò vuol dire che, in questo
tipo di motore, una diminuzione della velocità comporta un automatico aumento della
coppia motrice.
Struttura generale
Il motore asincrono è costituito, come mostrato in Figura 3.3, da due parti fondamentali di
forma cilindrica coassiali: una parte esterna, fissa, detta ‘statore’ ed una interna, coassiale,
munita di albero, sostenuto da due supporti, libera di ruotare intorno all’asse della
macchina, detta ‘rotore’. In particolare, nella figura si notano i seguenti dettagli:
1. albero con chiavetta;
3. sbarra di rame;
4. morsettiera;
5. ventola di raffreddamento;
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Statore
La realizzazione dello statore, detto anche induttore, dei MAT, sia per struttura magnetica
che per formazione degli avvolgimenti, è del tutto identica a quella dello statore della
macchina sincrona.
Avremo quindi uno statore provvisto di avvolgimento trifase, eseguito con un certo
numero “N” di coppie di poli (1 coppia polare, 2 coppie polari, ......n coppie polari),
alimentato sempre da una linea trifase.
La relazione che lega frequenza della corrente di alimentazione e numero di coppie polari
alla velocità angolare (e quindi al num. di giri/minuto) del campo magnetico rotante
(velocità di sincronismo) è la seguente:
60 ∗ 𝑓𝑟𝑒𝑞. 𝑔𝑖𝑟𝑖
𝑛! = [ 𝑚𝑖𝑛]
𝑁. 𝑐𝑜𝑝𝑝𝑖𝑒
Ora, essendo la frequenza f costante e pari a 50 Hz. un numero intero, il numero di giri al
minuto n0 potrà assumere solamente certi valori che abbiamo riportato nella tabella
seguente.
N°
n0
coppie
E, poiché la velocità [giri/min]
polari
effettiva di rotazione
di un motore
1 3000
asincrono è solo
leggermente inferiore
a quella di
2 1500
sincronismo, queste
saranno le sole 3 1000
velocità possibili per
un motore asincrono. 4 750
5 600
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I capi delle tre fasi, per poter collegare le fasi ultimate a stella o a triangolo, vengono
riportati a sei morsetti situati sulla carcassa, risulta così comodo modificare le connessioni
tra i morsetti, come illustrato in figura:
Possiamo ora introdurre una variabile tipica di questo motore, lo scorrimento, che lega il
numero di giri del rotore a quello di sincronismo del campo magnetico rotante. Allora
prestiamo la massima attenzione alle definizioni di seguito elencate:
• n0 !"∗!"#$.
velocità di sincronismo 𝑛! = !.!"##$%
𝑔𝑖𝑟𝑖
• n velocità effettiva del rotore 𝑛 [ 𝑚𝑖𝑛]
Introduciamo ora in concetto di “scorrimento” come il rapporto di seguito indicato:
𝒏𝟎 − 𝒏
𝑺𝑪𝑶𝑹𝑹𝑰𝑴𝑬𝑵𝑻𝑶 𝒔 =
𝒏𝟎
Ora, poiché la velocità del rotore può assumere qualsiasi valore, lo scorrimento potrà
variare da più a meno infinito. In particolare, quando il rotore ruota alla velocità di
sincronismo, n = n0, risulta s = 0; quando il rotore è fermo, cioè n = 0, si avrà, invece, s = 1.
Rotore
La realizzazione del Rotore, dal punto di meccanico è costituita da un albero sorretto da
due cuscinetti (schema statico: trave su 2 appoggi); il rotore ruota liberamente all’interno
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dello statore. Il gioco tra esterno del rotore ed interno dello statore è costituito dallo spazio
vuoto esistente tra i due elementi (uno fisso e l’altro mobile) ed è detto traferro.
Dal punto di vista elettrico, il Rotore può essere realizzato in due modi diversi:
Nelle cave rotoriche delle macchine con rotore avvolto vi è un normale avvolgimento,
simile a quello statorico, di tipo trifase e collegato a stella.
• ROTORE A GABBIA di scoiattolo: con una serie di barre di rame chiuse agli estremi con
due anelli anch’essi di rame.
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Il rotore a gabbia dà luogo al più semplice e robusto dei motori asincroni: in ognuno dei
canali, di rotore si infila una sbarra di rame, le cui testate, ad entrambe le terminazioni, vengono
chiuse da un anello di rame. Il rotore ha così la forma di una gabbia e viene chiamato rotore a
‘gabbia di scoiattolo’ o ‘in corto circuito’. È evidente che questo circuito presenta resistenze
bassissime e non ha un numero di poli propri, adeguandosi, in maniera naturale, al numero dei
poli di statore, che può essere un numero qualsiasi. Le tensioni in gioco per ogni barra sono molto
basse, dell’ordine di qualche volt, mentre le correnti, data la bassa resistenza, sono piuttosto
elevate.
Queste bassissime resistenze sono causa di inconvenienti all’atto dell’avviamento. Le
correnti assorbite dallo statore in queste condizioni possono raggiungere 4 -‐‑ 10 volte la corrente
nominale, a seconda del tipo di rotore; questa corrente, tuttavia, è così sfasata, che la coppia di
spunto, cioè la coppia necessaria ad avviare il motore, risulta essere particolarmente bassa.
Nell’attimo iniziale dell’avviamento del motore, si ha la massima differenza tra la velocità
di sincronismo del campo magnetico rotante statorico (n0) e la velocità del rotore (velocità
del motore n=0: il motore è fermo !!!). In queste condizioni si sviluppa una coppia motrice
che è funzione della corrente indotta nel rotore; pertanto possiamo anche dire che la
coppia motrice iniziale (coppia di spunto) dipende in qualche modo dalla resistenza
elettrica del rotore.
Quando il motore non è collegato a nessuna utenza, esso non risulta frenato da niente ad
esclusione dell’attrito interno dovuto ai cuscinetti e alla ventilazione interna. Si usa dire
che il motore “gira a vuoto”. In queste condizioni il valore di “n” è praticamente quasi
uguale a “n0”: velocità effettiva del motore circa uguale a quella di sincronismo.
Ma come già indicato all’interno di questo documento, la quasi sincronia tra campo
magnetico rotante generato dallo statore e quello indotto dal rotore annulla di fatto la
coppia motrice.
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L’andamento della coppia motrice esercitata dalle azioni (forze) elettriche tra campo magnetico
rotante e circuiti elettrici rotorici segue l’andamento descritto i figura.
Nella figura si può vedere come al variare della coppia resistente, il motore trova
sempre il suo punto di equilibrio. Il punto B rappresenta la situazione in cui la coppia
resistente è praticamente nulla (funzionamento a vuoto del motore). Mano a mano che al
motore viene applicata una coppia resistente sempre maggiore il punto di equilibrio (e
pertanto di funzionamento del motore) si sposterà da B verso A. Ciò dimostra la stabilità
del motore asincrono: al crescere della coppia resistente, il motore asincrono rallenta ma
non si ferma perché è in grado di generare una coppia motrice sempre maggiore e più
grande della precedente. Si dice che il motore è stabile in quanto trova sempre un punto di
equilibrio. Ciò è vero fino al punto massimo della curva della coppia (punto A). Nel punto
A (massimo della curva) si ha il funzionamento critico del motore: se la curva resistente
cresce ancora, il motore rallenta, ma la coppia corrispondente (a sinistra del punto “A”) è
più bassa e pertanto il motore in breve si fermerà. In poco parole la zona stabile del
motore è quella alla destra del punto “A” fino al punto “B”.
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Vediamo ora la problematica dell’avviamento di un motore asincrono “sotto carico”
anziché a vuoto, cioè di come far partire un motore asincrono anche se in fase di spunto
abbiamo una coppia resistente “importante”.
La fase di avviamento di un motore consiste nel portare la velocità del motore da zero a
quella nominale. Affinché il motore possa avviarsi ed accelerare, è necessario che la coppia
di spunto sia superiore alla coppia resistente del carico, sempre all’avviamento,.
Inizialmente il rotore è fermo e lo statore non alimentato; la tensione e la frequenza
nominali del motore sono uguali a quelli della linea di alimentazione. Quando si chiude
l’interruttore che collega la linea al motore (rotore fermo, n=0 e s = 1) questo si comporta
come un trasformatore chiuso in cortocircuito e nel primo istante di avviamento, come più
volte ribadito, assorbe dalla linea la massima corrente, così elevata (4 ÷ 8 volte la corrente
nominale) che può dar luogo a diversi inconvenienti, tra i quali un eccessivo
riscaldamento degli avvolgimenti e della linea, se l’avviamento è lento, ad un’elevata
caduta di tensione lungo la linea, con problemi agli utilizzatori se questi sono
particolarmente sensibili alla tensione, e, se anche l’avviamento fosse rapido, un
intempestivo intervento delle protezioni sulla linea.
1. Cspunto > CResistente Coppia di spunto erogabile dal motore asincrono (curva in
rosso), maggiore della coppia resistente (curva in nero) applicata al motore in fase di
avviamento.
2.
3. Cspunto < CResistente Coppia di spunto erogabile dal motore asincrono, minore della
coppia resistente applicata al motore in fase di avviamento.
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Per sopperire ai problemi di avviamento, si ricorre all’attuazione di una delle due strategie
di seguito illustrate:
L’avviamento stella-‐‑triangolo, mostrato in figura, viene utilizzato per quei motori la cui
tensione nominale, per ciascuno dei suoi avvolgimenti statorici, sia uguale alla tensione
concatenata della linea di alimentazione (in genere 400 volt).
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Collegam. a STELLA : V = 230 Volt = 400/ 3
All’avviamento le fasi del motore vengono collegate a stella; durante la marcia normale
vengono invece commutate a triangolo. All’avviamento gli avvolgimenti statorici, collegati
2
a stella, saranno soggetti ad una tensione ridotta 3 volte, la corrente di linea assorbita dal
motore si riduce di un terzo come pure la coppia di spunto, proporzionale al quadrato
della tensione. Questo metodo, molto usato in passato, ha però l’inconveniente di
presentare un brusco aumento della corrente e della coppia nel passaggio da stella a
triangolo.
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Se il motore è a rotore avvolto, sarà dotato di anelli, spazzole e di un collegamento
resistenze variabili esterne, ma sempre facenti parte del circuito di rotore.
Come mostrato in figura, i capi di queste fasi vengono collegati a degli anelli
conduttori, calettati sull’albero del motore ma isolati da questo, sui quali poggiano delle
spazzole collegate ad un reostato esterno di avviamento, completamente inserito all’atto di
chiusura dell’interruttore sulla linea, ma che va disinserito, gradualmente, all’aumento
della velocità di rotazione e completamente escluso, cortocircuitato, in condizioni di
normale funzionamento.
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aumenta di modulo con una conseguente diminuzione della corrente assorbita dal motore
all’avviamento; dall’altro l’aumento della resistenza comporta una diminuzione dello
sfasamento delle correnti rotoriche con conseguente aumento del valore della coppia di
avviamento e quindi dell’accelerazione.
Dal punto di vista elettrotecnico, la relazione matematica che lega la copia motrice alle
variabile elettriche è la seguente:
𝑅! 𝑠
𝐶!"#$%& = 𝑘 𝑉 ! ! !
𝑅! + 𝑋
dove:
Rr = resistenza rotorica
𝒏𝟎 !𝒏 𝝎𝟎 ! 𝝎
s = scorrimento = 𝒏𝟎
= 𝝎𝟎
Ricordando altresì che la reattanza rotorica è pari a: 𝑋 = 𝜔 𝐿!" = 𝑠𝜔! 𝐿!" si ha:
𝑅! 𝑠
𝐶!"#$%&' = 𝑘 𝑉 !
𝑅!! + 𝑠 ! (𝜔0 𝐿𝑟𝑑 )!
scorrrimento
S = 1 smax s = 0
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Si può dimostrare che lo scorrimento nel punto di coppia massima è pari a:
𝑅!
𝑠!"# =
𝜔! 𝐿!"
Se io voglio spostare smax più a sinistra verso l’origine (vedere figura), io dovrò
aumentare il suo valore e pertanto dovrò aumentare la resistenza rotorica Rr. aggiungere
resistenze rotoriche si può fare solo con rotori avvolti e necessita di contatti striscianti
(anelli e spazzole).
Con il rotore a doppia gabbia si vengono a creare due circuiti elettrici:
un circuito più esterno, a sezione ridotta (realizzato a volte anche in metallo
diverso: ottone, alluminio) ed un circuito più interno e profondo a sezione maggiore e
generalmente realizzato in rame.
La sezione della “doppia gabbia” a volte può avere forme diverse (a; b; c; .....) come
raffigurato in figura.
A causa del diverso valore del flusso concatenato, i due circuiti avranno un valore della
resistenza ed in particolare della impedenza diverso tra loro.
Più dettagliatamente si può dimostrare che la gabbia
esterna (a sezione minore) avrà un valore della
resistenza maggiore ma un valore della reattanza di
dispersione minore perché non è immersa
completamente nel ferro; viceversa, la gabbia interna
(a sezione maggiore) avrà un valore della resistenza
minore ma un valore della reattanza di dispersione
maggiore.
Resistenza rotorica: Rr con Re > Ri
Reattanza di dispersione: 𝑋 = 𝜔 𝐿!" con 𝐿!" > 𝐿!"
In pratica si gioca sul diverso valore dell’impedenza Z al variare del numero di giri:
2 2
𝑍! = 𝑅!! + 𝑠 ! 𝜔!! 𝐿!!" 𝑍! = 𝑅!! + 𝑠 ! 𝜔!! 𝐿!!"
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Al crescere del numero di giri, quindi al diminuire dello scorrimento “s” l’impedenza Ze
cresce e Zi diminuisce; ciò fa si che all’avviamento Ze < Zi mentre a regime Ze > Zi .
Poiché la corrente va sempre dove l’impedenza è minore, all’avviamento la corrente
(generalmente elevata) tenderà a transitare nella gabbia esterna a impedenza minore, e in
marcia normale la corrente (ormai diminuita ai valori nominali) tenderà a transitare nella
gabbia interna.
In sintesi: le correnti allo spunto andranno nella gabbia esterna ad impedenza minore ma a
resistenza maggiore; è come se noi avessimo messo delle resistenze rotoriche aggiuntive !!!
Il risultato è quello di avere all’avviamento una coppia più elevata.
Nella figura si nota a destra la curva della coppia di un motore a semplice gabbia, mentre
a sinistra è rappresentata la coppia di un motore a doppia gabbia.
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Motore asincrono a giri variabili
Nell’attimo iniziale dell’avviamento del motore, si ha la massima differenza tra la
velocità
Come abbiamo avuto modo di sottolineare, il MAT presenta innegabili vantaggi;
tuttavia presenta la caratteristica di conservare pressoché costante la velocità al variare del
carico. In molti casi occorre variare la velocità del motore in un ampio campo con un
determinato valore di momento motore (regolazione a coppia costante) oppure con una
coppia inversamente proporzionale alla velocità (regolazione a potenza costante).
La velocità effettiva del motore asincrono è pari a
60 𝑓𝑟𝑒𝑞.
𝑛 = ∗ 1 − 𝑠
𝑁!"##$%
per cui, per variare la velocità di un motore asincrono, occorrerà variare o lo scorrimento,
o il numero delle coppie polari, o la frequenza della linea di alimentazione.
Oggi, grazie all’elettronica di potenza, la variazione della frequenza è praticamente
la soluzione più conveniente.
La rete di distribuzione è a frequenza fissa, per cui per avere una sorgente a
frequenza variabile si ha la necessità di un convertitore di frequenza, come indicato in
Figura, chiamato INVERTER.
In pratica l’inverter all’ingresso presenta la corrente di alimentazione “standard”
(corrente trifase 400 Volt e 50 Hz); all’uscita la corrente risulterà modificata sia come
tensione che come frequenza. Oggi esistono in commercio INVERTER regolabili in grado
di geerare frequenze e tensioni variabili. Di seguito si riportano gli andamenti della coppia
in funzione di frequenze e tensioni variabili.
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È da tener presente che frequenza, tensione e flusso sono legati dalla relazione
approssimata
V ≅ k f Φ
Da ciò segue che si potranno verificare due casi.
a) Diminuzione della frequenza nominale e della velocità Questo comporta la
contestuale diminuzione della tensione di alimentazione, in modo tale da far
rimanere il flusso costante. Un suo aumento comporterebbe problemi di saturazione
del nucleo, aumento della corrente magnetizzante e delle perdite nel ferro.
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b) Aumento della frequenza nominale e della velocità Si preferisce, in questo caso,
mantenere costante la tensione di alimentazione, con conseguente diminuzione del
flusso, questo per compensare l’aumento delle perdite nel ferro dovute all’aumento
della frequenza (ricordate che le perdite per correnti parassite sono proporzionali al
quadrato della frequenza, mentre quelle per isteresi sono direttamente proporzionali
alla frequenza).
Dati di targa
Ogni motore asincrono, così come prescrivono le norme CEI, deve essere munito di
una targa che indichi i valori nominali delle grandezze elettriche e meccaniche essenziali
per la specificazione della macchina stessa.
In tale targa vengono indicati tra l’altro:
a) la tensione nominale che rappresenta la tensione concatenata di alimentazione
statorica per la quale il motore è stato dimensionato;
b) la frequenza nominale, che è la frequenza della rete di alimentazione;
c) la velocità nominale, cioè la velocità di rotazione, in giri al minuto, del motore in
condizioni nominali;
d) la potenza nominale, ossia il valore della potenza meccanica, espresso in chilowatt,
disponibile sull’asse del motore in condizioni nominali, cioè a tensione, frequenza e
velocità nominali;
e) la corrente nominale, cioè il valore della corrente assorbita dalla linea, per ogni fase
statorica, in condizioni nominali;
f) il fattore di potenza nominale, che rappresenta il coseno dell’angolo di sfasamento
tra tensione e corrente, di ogni fase statorica, in condizioni nominali;
g) il rendimento nominale, cioè il valore del rendimento in condizioni nominali; - la
coppia nominale, cioè il valore della coppia motrice, in [N m], sull’albero motore in
condizioni nominali;
h) il numero dei poli del campo magnetico di statore.
Vengono inoltre riportate altre informazioni come l’indicazione della casa
costruttrice, il tipo di motore, il collegamento delle fasi, la classe d’isolamento, il grado di
protezione IP (che indica il grado di protezione contro l’ingresso di sostanze solide, liquide
ed aeriformi) dell’involucro. Inoltre, se il rotore è avvolto, compaiono anche la tensione e
la corrente di rotore che si hanno allo spunto con resistenza di avviamento avente valore
tale che la corrente di statore sia uguale a quella nominale, mentre, se il rotore è a gabbia,
non vengono riportati i dati relativi al rotore.
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L’avvolgimento statorico, che generalmente occupa i due terzi della periferia
statorica ed è alimentato con una tensione sinusoidale, è percorso da una corrente che dà
luogo ad una f.m.m. anch’essa alternativa sinusoidale. Al traferro avremo, quindi, un
campo magnetico alternativo, cioè fisso nello spazio e di ampiezza variabile
sinusoidalmente come la corrente.
In forza del cosiddetto teorema di Leblanc, un campo alternativo può considerarsi
ottenuto dalla sovrapposizione di due campi magnetici aventi ugual valore costante, pari
alla metà di quello massimo del campo alternativo, e rotanti con velocità angolari uguali
ed opposte, pari proprio alla pulsazione della corrente statorica (con una coppia di poli).
Ciascuno di questi campi produce gli stessi effetti che abbiamo visto per il motore trifase e,
pertanto, si può ripetere quanto già detto per tale motore, cioè che ciascuno dei due campi
magnetici rotanti, considerato singolarmente, sostiene f.e.m. e correnti nella gabbia
rotorica. Questi due campi rotanti, sommati con quelli originati dallo statore, danno luogo
al campo magnetico rotante risultante nel traferro.
Dall’azione tra campi magnetici e correnti indotte si originano due coppie motrici,
uguali ed opposte, per cui se il rotore è fermo, esse si equilibrano a vicenda ed il motore
non parte; se però avviamo il motore, anche con una spinta, in un verso qualsiasi, il
motore continuerà a ruotare in tale verso, accelerando e raggiungendo una velocità
prossima a quella di sincronismo. Ciò è dovuto al fatto che la coppia dovuta al campo che
ruota nello stesso senso del rotore (campo diretto) diventa maggiore rispetto alla coppia
dovuta all’altro (campo inverso) e nasce quindi una coppia risultante con un verso pari a
quello del rotore. Ne deriva che il motore asincrono monofase non ha un suo senso di
rotazione, ma assume quello che gli viene impresso.
I diversi valori di coppia motrice che si hanno quando il motore ruota in un certo
verso sono dovuti ai diversi valori dello scorrimento rispetto ai due campi rotanti, diretto
ed inverso. Posto, con evidente significato dei simboli usati,
𝒏𝟎 !𝒏 𝒏𝟎 ! !𝒏 𝒏
𝒔𝑫 = 𝒔𝑰 = = 𝟏 +
𝒏𝟎 𝒏𝟎 𝒏𝟎
si ha immediatamente che
sD + sI = 2 .
Allora, quando il rotore è fermo n = 0, risulta sD = sI = 1; quando, invece, il rotore
ruota a velocità di sincronismo nel verso diretto, n = n0, si ha sD = 0 e sI = 2. Possiamo
quindi affermare che quando lo scorrimento del campo diretto varia da 1 a 0, quello del
campo inverso passa da 1 a 2.
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Il diagramma risultante, mostrato in figura, da cui risulta che la coppia è pari a zero
non solo a velocità di sincronismo ma anche a rotore fermo.
Dalla figura si può, inoltre, osservare che il motore asincrono monofase funziona,
rispetto a quello trifase, con uno scorrimento maggiore, la prima parte della caratteristica è
meno ripida, quindi con rendimento e fattore di potenza più bassi.
Per quanto detto, se non si adotta qualche accorgimento, il motore asincrono
monofase non parte. Un accorgimento potrebbe essere quello di dotare lo statore di due
avvolgimenti, sfasati di π/2, uno permanentemente inserito, detto avvolgimento principale
o di lavoro, l’altro, detto avvolgimento ausiliario o di avviamento, che può rimanere
oppure non rimanere inserito dopo l’avviamento e percorsi da correnti sfasate di π/2 in
modo da creare un campo rotante bifase. In generale, queste condizioni non vengono mai
soddisfatte per cui nel motore asincrono monofase non si avrà quasi mai un campo
magnetico rotante perfetto, circolare, ma un campo di ampiezza non costante, ellittico, in
grado comunque di avviare il motore. Il disinserimento dell’avvolgimento ausiliario
avviene tramite un interruttore centrifugo che interviene generalmente ai tre quarti della
velocità di sincronismo. Inoltre, l’avvolgimento ausiliario può essere attraversato da
notevoli correnti, dato il breve lasso di tempo di funzionamento, per avere coppie di
spunto elevate.
Si possono usare vari tipi di avviamento per motori asincroni monofasi, sempre e solo di
piccola potenza. In particolare i due avvolgimenti, dovendo essere alimentati alla stessa
tensione per avere le due correnti sfasate tra loro di circa π/2, dovranno presentare
impedenze diverse; uno dei modi semplici e più diffusi è quello di usare un condensatore
(avremo il motore a condensatore).
Il motore a condensatore può essere di due tipi. Il primo tipo è con condensatore
permanentemente inserito ed è mostrato nella figura seguente:
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Il secondo tipo è quello in cui il condensatore può essere inserito e disinserito, come
suggerito nella seguente figura:
Questi motori presentano notevoli coppie di spunto ed un fattore di potenza
particolarmente elevato. Inoltre, possono presentare anche un doppio condensatore, uno
permanentemente inserito, quindi notevolmente robusto, e l’altro solo in avviamento, di
tipo elettrolitico, più economico.
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Ripasso di Fisica: CAMPO MAGNETICO
Il campo magnetico è un campo vettoriale: associa, cioè, ad ogni punto nello spazio un vettore, eventualmente
variabile nel tempo, il cui effetto fisico si esplica in termini della forza di Lorentz subita da una carica elettrica in
movimento oppure nel momento torcente che agisce su un dipolo magnetico. Le sorgenti del campo magnetico sono le
correnti elettriche oppure i dipoli magnetici.
Con il termine induzione magnetica (densità di flusso magnetico nel SI) si indica un fenomeno per cui un corpo,
sottoposto all'azione di un campo magnetico, si magnetizza a sua volta.
H = campo magnetico
B=μH
dove μ è il coefficiente di permeabilità magnetica
L'unità di misura dell'induzione magnetica B nel SI è il tesla (T), mentre per H si usa l'ampere per metro (A/m)
La magnetizzazione può essere temporanea se, dopo poco, il corpo perde le caratteristiche di calamita; oppure può
essere permanente, se il corpo conserverà molto a lungo la sua magnetizzazione.
L'intensità di tale fenomeno è quantificata tramite l'omonimo vettore induzione magnetica (il cui modulo è misurato in
weber/m2 o anche in tesla) che, più in generale, dà conto delle azioni che un campo magnetico esercita sul sistema fisico
in cui si trova (per esempio un circuito percorso da corrente, ovvero da cariche elettriche in movimento).
La forza di Lorentz costituisce l'ʹeffetto del campo magnetico su corpi carichi in movimento:
supponiamo che che sarebbe la forza del campo elettrico sia pari a zero;
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……………….regola della mano destra e del pollice:
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2) Spira circolare
Vogliamo calcolare il campo magnetico sull'ʹasse di una spira di raggio R
……………….regola della mano destra e del pollice
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3) Solenoide
Il solenoide di lunghezza L può essere considerato un insieme di N spire coassiali di raggio
R. Il campo magnetico ha la direzione dell'ʹasse del solenoide.
dove n, chiamata densità di spire, è uguale al rapporto tra N e L, e C è una qualsiasi linea chiusa concatenante la
corrente I su tutte le spire (cioè N volte):
Se la superficie è piana e perpendicolare alla direzione del campo magnetico, la formula precedente si semplifica in
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Campo magnetico omogeneo
Per un campo magnetico omogeneo, cioè costante lungo tutti i punti di una superficie piana, il flusso magnetico
corrisponde al prodotto scalare dell'induzione magnetica per la normale alla superficie :
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Circuiti ideali in regime sinusoidale
Si considerano, in questa parte, i circuiti con parametri ideali, utile premessa alla
successiva rappresentazione che terrà conto della effettiva costituzione circuitale.
Figura: Resistenza pura alimentata da una sorgente in c.a. : valori efficaci, coincidenti, della tensione
applicata U e della caduta di tensione UR ai capi della resistenza.
la corrente che percorre la resistenza seguirà le vicende della tensione, risultando quindi in
fase con essa e con ampiezza calcolata in ogni istante dalla legge di Ohm, ovvero dal rapporto fra il
valore della tensione e della resistenza in esame:
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Alle grandezze sinusoidali si associano i vettori i quali, per quanto è già stato detto,
generalmente hanno come modulo il valore efficace (e non il valore massimo), che viene indicato
con la lettera maiuscola.
Figura Diagrammi vettoriale e temporale della tensione applicata e della corrente che percorre una resistenza pura.
Applicando ai capi della bobina pura (priva di resistenza e con induttanza costante) una
tensione sinusoidale, anche la corrente che l’attraversa è sinusoidale, ma le loro condizioni di fase e
le loro ampiezze sono di tipo particolare.
Si parta dal presupposto che la corrente che attraversa la bobina sia sinusoidale, con
equazione temporale
Si vuole determinare la tensione da applicare ai capi della bobina in modo che vi circoli la
corrente (1).
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La variazione del flusso concatenato fa nascere, per la legge dell’induzione
elettromagnetica, una f.e.m. indotta che ostacola le variazioni della corrente:
Nel circuito elementare formato dal generatore che produce una tensione sinusoidale u(t)
e dalla bobina pura ai cui capi è presente la f.e.m.i. data dalla (3), applicando il secondo principio di
Kirchhoff alla maglia si ha, trascurando la resistenza dell’avvolgimento e quindi la c.d.t. relativa:
Si ricordino infatti le relazioni, fra i moduli , che legano valore efficace e massimo in regime sinusoidale:
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La tensione U fornita dal generatore, tenendo conto della sua posizione nel piano di Gauss
come evidenzia la fase della (5) si può scrivere, in valore efficace e per le note considerazioni
sull’operatore ‘j’ citate in precedenza:
Il vettore tensione U, per la (5) e per la (7), è dunque in anticipo rispetto alla corrente,
proprio perché deve essere opposto al vettore f.e.m.+E.
In altro modo si può osservare che il prodotto XLI ha le dimensioni di una c.d.t., in cui
l’ostacolo è la reattanza induttiva XL percorsa dalla corrente.
Questa “resistenza” particolare è in realtà un ostacolo che, percorso da corrente, crea ai capi
della bobina ideale una caduta di tensione che anticipa di 90° la posizione del vettore corrente.
Se si ricorda infatti il carattere inerziale della induttanza, ovvero della grandezza che
ostacola le variazioni di corrente, questo ostacolo viene attribuito alla reattanza, che congloba,
oltre alla induttanza, anche la frequenza.
Infatti con più rapide variazioni della corrente aumenta la difficoltà da parte della corrente
a percorrere il circuito induttivo.
In particolare con frequenza nulla è nulla anche la reattanza, mentre con frequenza
crescente cresce linearmente anche la reattanza, fino a diventare infinita con frequenza infinita.
Si conclude ricordando che a regime (esaurita quindi la fase transitoria il cui studio non è
qui riportato) una induttanza ha la proprietà di ritardare di 90° la corrente che l’attraversa rispetto
alla caduta di tensione esistente ai suoi capi.
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In modulo e in valore efficace tale corrente è il rapporto fra la tensione efficace ai suoi
capi e la reattanza induttiva XL=ωL .
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Si ricorda che, quando si applica una tensione ai capi di un condensatore inizialmente
scarico, si ha un movimento immediato degli elettroni dall’armatura resa positiva dal generatore
fino a raggiungere l’altra armatura che acquista così il potenziale negativo.
Ad esempio nel processo di carica di un condensatore alimentato da una tensione continua, poniamo di 10V,
immediatamente gli elettroni migrano dall’armatura positiva verso quella negativa e il processo di migrazione continua fino alla
carica completa del condensatore, cioè quando fra le armature si stabilisce una d.d.p. praticamente uguale alla f.e.m. del generatore.
Durante la carica il processo di migrazione viene rallentato dal potenziale che man mano cresce ai capi del condensatore stesso.
Qui non si considera la fase transitoria e si ragiona come se essa si fosse già esaurita.
Se la tensione alternata ai capi del condensatore varia secondo la (8), in modo sinusoidale, il
legame fra la variazione di tensione, la variazione di carica e la corrente di spostamento vale,
essendo
Pertanto la corrente che interessa il circuito formato dal generatore, dal condensatore e dai
collegamenti (di resistenza trascurabile anch’essi) si calcola, dalla (9) e tenendo conto della (8):
Ricorda che
Dalla (10) si deduce che la tensione impressa ai capi del condensatore e la corrente
che interessa il circuito capacitivo puro sono a 90° fra loro: la tensione è in ritardo rispetto alla
corrente (è lo stesso dire che la corrente anticipa la tensione impressa di 90°).
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Figura: Diagrammi vettoriale e temporale riferiti ad un circuito puramente capacitivo alimentato con
tensione sinusoidale.
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dalla (11) si ottiene la relazione fra i moduli della tensione e della corrente in un circuito
puramente capacitivo:
La reattanza capacitiva Xc torna utile per considerare l’ostacolo che il condensatore offre
al movimento delle cariche. Essa ha qui la proprietà di creare una speciale c.d.t. ai capi del
condensatore percorso da corrente, speciale nel senso che è sfasata in ritardo di 90° rispetto alla
corrente (oppure, ovviamente, la corrente è in anticipo di 90° rispetto alla c.d.t. ai capi del
condensatore stesso).
Pertanto alla reattanza capacitiva, nel calcolo con metodo simbolico, si attribuisce l’una o
l’altra delle espressioni equivalenti
ovvero per rappresentare la c.d.t. ai capi del condensatore, legata alla corrente circolante:
La reattanza capacitiva decresce dal valore teorico infinito con frequenza nulla (ad
esempio in corrente continua, per f=0, cessato il transitorio di carica, non vi può essere ulteriore
movimento di cariche).
Al crescere della frequenza la reattanza diminuisce sempre più fino ad annullarsi con
frequenze altissime. Pertanto si può semplicemente affermare che
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Da ricordare
Vi è dualità fra:
- il circuito con capacità pura C, che ostacola le variazioni di tensione : si ricorda così
che la tensione ai capi ritarda di 90° la corrente (o che la corrente anticipa l’andamento della
tensione di 90°).
Osservazione importante
Si osserva ancora che, nelle rappresentazioni vettoriali e nelle equazioni, il vettore potrà
essere espresso con la lettera che lo rappresenta, sormontata dalla tipica frecciolina, come nelle
equazioni di fig. 7, oppure da una lineetta al posto della freccia, o la scritta in grassetto:
Addirittura nei diagrammi vettoriali si intenderà che le grandezze presenti siano, appunto,
dei vettori.
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Elementi passivi puri: schemi, diagrammi corrente-tensione
Figura: Schemi, rappresentazioni vettoriali ed equazioni riferite agli elementi passivi puri R - L - C.
Negli schemi e nei diagrammi si farà riferimento ai valori efficaci di tensione e di corrente in gioco. L’ostacolo al
passaggio della corrente in alternata è l’impedenza Z
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Nella parte precedente si sono visti i circuiti ideali, cosiddetti puri, cioè formati da una
sola componente.
L’impedenza è un operatore complesso che esprime il legame tra la tensione presente ai suoi
estremi e la corrente, che variano nel tempo (noi esaminiamo qui grandezze sinusoidali), mentre
essa non è funzione del tempo.
L’impedenza è l’ostacolo al passaggio della corrente e, a differenza del comportamento in
corrente continua dove l’ostacolo è rappresentato dalla resistenza (l’induttanza si comporta come un
corto circuito, la capacità come un circuito interrotto), in corrente alternata l’ostacolo tiene conto anche
delle eventuali reattanza induttiva XL e reattanza capacitiva XC .
L’impedenza viene calcolata dal rapporto fra la caduta di tensione ai suoi capi e la
corrente che la percorre, se i componenti ideali sono in serie:
e tutte e tre le grandezze sono qui interpretate come numeri complessi.
Tenendo presenti le conclusioni riportate in fig.7 del paragrafo precedente, si considerano
ora circuiti reali costituiti dalla serie R-‐‑L e R-‐‑C e da collegamenti misti serie-‐‑parallelo.
XL = ω L = 2πf L [Ω]
UR ai capi della resistenza R, in fase con la corrente (fig. 1b);
UL ai capi della reattanza induttiva XL, in anticipo di 90° rispetto alla corrente stessa.
è la c.d.t. totale ai capi dell’impedenza Z e coincide anche, naturalmente, con la tensione
che deve fornire il generatore (fig.1).
L’impedenza induttiva Z
rappresenta l’ostacolo totale offerto dal circuito in esame al passaggio della corrente.
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Figura Errore. Il segnalibro non è definito.) a) Schema del circuito serie ohmico induttivo; b)
diagramma vettoriale tensioni-corrente – triangolo delle cadute di tensione; c) triangolo
dell’impedenza. Si osservi che i lati del triangolo dell’impedenza non sono vettori, poiché, come si
ricorderà, si era assunto di associare alle grandezze sinusoidali i vettori (qui i lati del triangolo non
corrispondono a sinusoidi).
Il calcolo mediante i moduli, che va effettuato considerando la posizione dei vettori nel
piano di Gauss, porta ai risultati seguenti (fig. 1b e 1c):
Dai triangoli simili delle cadute di tensione (vettori) e dell’impedenza si può dedurre
anche lo sfasamento di cui la tensione totale anticipa la corrente che percorre l’impedenza (è lo
stesso dire che la corrente è in ritardo rispetto alla tensione ai capi dell’impedenza) L’angolo si può
ricavare, ad esempio, da una delle seguenti relazioni trigonometriche:
ESEMPIO
Un generatore alimenta, con tensione sinusoidale di frequenza f=50Hz, il circuito di fig.1
a) erogando una corrente di valore efficace I=4A. L’impedenza è costituita da una bobina di
induttanza L=8,6mH e la resistenza complessiva dell’avvolgimento risulta essere R=2Ω. Ritenendo
costante l’induttanza della bobina si calcolino le cadute di tensione e la tensione, in valore efficace,
che deve fornire il generatore.
_________
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XL = ω ·∙ L = 2πf ·∙ L = 314 ·∙ 8,6 ·∙ 10-‐‑3 = 2,702 Ω
La corrente dà luogo alla caduta UR in fase con essa e alla UX a 90° in anticipo. Per
determinare la tensione totale U si segue il procedimento indicato, ottenendo:
in cui l’impedenza, ostacolo complessivo del circuito, è
Passando ai moduli:
Osservazione
Nelle applicazioni numeriche, soprattutto per chi non ha ancora dimestichezza per questi procedimenti,
Di conseguenza si ricordi che, a differenza di quanto accade in corrente continua, le somme sono
sempre vettoriali, sia che si sommino tensioni, sia che si sommino correnti, sia che si sommino impedenze in
serie.
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Infatti 4+3 non fa 7!!!! a meno che il vettore di modulo 4 e quello di modulo 3 sia allineati, con
stessa direzione e stesso segno!!! Nell’esempio riportato sopra, la somma delle c.d.t. UR e UX non è numerica,
ma vettoriale: i due vettori rappresentativi sono fra loro a 90° e quindi la somma si è potuta dedurre, in
modulo, con il teorema di Pitagora.
Figura Errore. Il segnalibro non è definito. a) Circuito R-C serie; b) diagramma tensioni-corrente e
triangolo delle cadute di tensione; c) triangolo dell’impedenza.
Rispetto al circuito R-‐‑L, qui la presenza del condensatore di capacità C che ritarda la
propria caduta di tensione di 90°, porta a spostare anche in ritardo la tensione totale rispetto
alla corrente (dell’angolo φ, inteso negativo perché contato con verso orario a partire dalla
posizione dell’asse reale positivo del piano di Gauss).
Le considerazioni precedenti sono quindi influenzate dal segno meno della reattanza
capacitiva –jXC , che si calcola, in modulo:
Pertanto, con riferimento alla fig. 2, si scrivono le seguenti relazioni:
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I moduli e l’argomento si determinano così:
ESEMPIO
______
Per la soluzione si calcola dapprima l’impedenza, per poi passare alla valutazione della
corrente in modulo e fase e al tracciamento del diagramma.
Si assume la tensione fornita dal testo sull’asse reale (fig.3b), per cui vettorialmente la
tensione viene rappresentata con la sola parte reale. La corrente e le cadute di tensione saranno
quindi riferite alla posizione del vettore tensione. Sostanzialmente il diagramma di fig. 2c) è come
se fosse ruotato in senso antiorario dell’angolo caratteristico φ dell’impedenza: la corrente è
comunque in anticipo rispetto alla tensione totale U fornita dal generatore (fig. 3b).
Ricordando che nel rapporto fra numeri complessi occorre moltiplicare numeratore e
denominatore per il complesso coniugato del denominatore, si calcola la corrente
con modulo
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• Si verifichi che la somma vettoriale delle c.d.t. parziali dà la tensione del generatore.
• Il valore massimo di tensione che deve sopportare il condensatore e per il quale va
dimensionato l’isolamento è
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