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AS̷ NÎ D’SARĮÂT

[ O. R. S. ]

…P ÒTA…

*°*°*

…S A R A L E T Ö T E A S̷ N A D E ?

I Ê RIME ORÒBIKADE

A LA ME MANERA

*°*°*

SARÀN TUTTE ASINATE ?*°*°*


SON RIME OROBICATE *°*°*

A MODO MIO *°*°*

*°*°*

STUDI VERSO UNA GRAFIA DIALETTALE


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CARATTERIZZATA – DECOROSA – CONDIVISIBILE
… POTA!

E “pòta…” di quà e “pòta!” di là, “pòta, a te!” e “pòta, ma alura?”, “pòta,


Signùr…” e “pòta, Madona!”…: ah, pòta!, si può mica spiegare
in poche righe, appunto. Contentàndoci quì d’accennare un possìbile nesso
col latino “potare = bere”, con vetusti lìguri–vèneti riferimenti
a “pozze”, con un raro antico italiano “potìssimo/a”
( per esèmpio, l’ho trovato applicato a “ragione”, col significato – presumo –
di “chiarìssima e importantìssima”; e – birichinamente – “profonda”…?),
per chiuder provvisoriamente su un prosaicìssimo,
ancór latino, “putare = pensare, ritenere”.
Pòta…: più di così, in così poco (e però
pur strano accostamento, vero?, fra pensare e bere)…
…“Potare–tagliare” sempre, quando s’incontra?
Però… c'è il greco, anche! Leggo "pote, (eòlico: pota)
avvèrbio indef. encl. ... con senso d'indeterminatezza";
e altrove "Ti pot'oun o anthropos" che vale
"pota!, cos'è poi mai... l'uomo?!?" (Platone, Alcibìade, 129e).
Basta?Comùnque, per non imbarazzare l’italiano, diremo: vale per
“beh…; ah, beh, ecco…; oh, beh, già, certo certo…; cosa vuoi…; farci cosa?!”
in tutte le salse d’ironia, dubbiosità, scusante, meravìglia;
e non avremo detto tutto, ma abbastanza per casi di ordinària conversazione.
Dùnque, non “intraducìbile”: soltanto polivalente, multifunzionale, còmodo
refugiumpeccatorum. Senza òbbligo, eh, di… bere
(nel senso di berci sopra, né di prender per oro colato);
ma casomai consigliando “prova a pensàr un po’ tu quello che vuoi:
io non mi sbilàncio. E vediamo di tagliàr corto!”.
Non certamente vàlido esaustivo argomento in questioni d’avvocatura…
benchè spesso uguale a “ho/hai finito le cartucce… inùtile procédere
con la discussione!”. Mettiàmola così? Come faremo ancora,
benévoli, con… queste quattro “asinate sério~brembe”…
a tesi [“si riesce/si può/si vuole scrìvere mèglio il bergamasco?”;
con corollàrio “… lèggerlo mèglio?”. Tutto sta: vale la pena…? Pòta…].
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… OVVEROSSIA …

…aggiornamento a fine 2013, da parte del redattore, d’un lavoro ventennale so-
pra la scrittura dialettale : partito da tentativi infantili di trascrizione piattamen-
te “all’itàlica” (con l’alfabeto italiano applicato talquale, appena “arricchito” di
due vocali aggiuntive), prestìssimo insoddisfatto del mìsero risultato; azzardàtosi
tosto a sperimentàr la “ k”, quindi a ruota sostituendo anche “gh”; intento poi a di-
stìnguer le vàrie “esse” e scoprendo per via “ñ” pro “gn(i)”, ricercando alternative
a “gl(i)”; senza dimenticare d’occuparsi delle “i, u” cosiddette “semiconsonanti”
(o mezzevocali mai tòniche); per finire impegnàndosi ad “accentare” un po’ più ac-
curatamente, sia fonicamente sia tonicamente; tentando a volte di “giustificare e
motivare” le scelte (spesso provvisòrie, con effetti poco convincenti, o per qualche
aspetto controindicati)… ha periodicamente depositato in Biblioteche dei dintorni e
in qualche Assessorato alla Cultura “prove tècniche” a stampa casalinga o anche (in
anni 2000) d’officina gràfica… sempre senza riscontri di sorta.
…Tutto (se vi par poco) detto “in una sola frase”; per non sembrare un “fasotuto-
mì”; cónscio che, metodicamente, sarebbe bastata una settimanetta di “applica-
zione scientìfica” per ottenér senz’altro di mèglio, con qualche conoscenza in più; e
magari… qualche collaborazione [un lusso, una pretesa… ottenere qualche parere,
crìtica, suggerimento?]. Così, però… un vantàggio: ecco che tutto rimane opportu-
namente aperto: una strada imboccata… se porta da qualche parte!
O.R.S.

ED O R A , A V AN TI
C O I MIEI “ P LA G I ” S TR U MEN TA LI ,

dichiarati, palesi, esercizi di sperimentazione gràfica:


non di “correzione” o “crìtica” agli originali d’Autore; ai quali rimando
per il godimento stòrico/letteràrio più autèntico
( in certo senso “più tradizionalmente leggìbile” )
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IN TR O D U ZION E

Qualcosa di strano, inusuale, senza dubbio.


…Un “prodotto poco elegante”, certamente. Come si trattasse di diverse bozze in ti-
pografia, per caso stampate di seguito: accozzaglia di caratteri, alla meno peggio
combinati, incoerenza d’accenti, spaziature ineguali… doveva certo trattarsi d’un
apprendista tipocompositore piuttosto eclettico e poco fornito.
Benissimo. In effetti, è la riproduzione fedele di un “quaderno di brutta”, un qua-
derno di esercizi “in brutta”, da (eventualmente) poi “metter in bella copia, in calli-
grafia”… chi (eventualmente) vorrà e sarà capace. Magari, in altra (bella e buona)
grafia: che renda miglior servizio sulla carta alle nostre parlate, di quello (mi astengo
dall’aggettivar qualificativamente) resoci dalla scrittura (all’) italiana. E qui mi fer-
mo (con la teoria) semplicemente – oggettivamente – marcando il fatto che persino a
un bergamasco laureato in italiano (non è il mio caso) e a un italiano laureato in lettere
(c. s.)… la “grafia tradizionale” è più d’impaccio che di agevolazione, nella lettura
che voglia esser “veristica” del dialetto (così com’è abitualmente tra-) scritto. Lascio
ad altri d’ipotizzar/impersonar un moderno “san Cirillo” (metodico) intereuropeo.
Forse sarò tacciato d’irriverenza, disfattismo, vilipendio, pregiudizio e chiusura
mentale… più qualche altro “ismo”. Correrò il rischio. Appena confessando che “in
italiano ero bravo” e che l’italiano mi piace ancora (mi duole assai quanto sia bistrat-
tato in tivù, sulla stampa che frequento, e nella scuola – credo; non frequento più).
Toccò già al “gaio cantor in rustica favella”, che anche qui troverete ingaggiato (il
Ruggeri da Stabello), venir ufficialmente “avvertito”, sul “Giornale della Provincia
di Bergamo”… “di non trascurar troppo l’italiano, …, non contraffarlo con altri ger-
ghi, …[non] deturpare la veneranda maestà della lingua italiana”. A parte se si riesca,
scriver dialetti realisticamente e non “mancar di rispetto alla lingua italiana” contem-
poraneamente, usando proprio solo quella… chissà se il predichino predicozzo varrà
anche per altri (venerati) autori vernacoli d’altre lande/bande. Nulla d’originale,
dunque, se analogo avvertimento toccasse a uno scribacchino qualunque, da parte
d’un Bini di turno (un… Carneade?) difensore d’ufficio dell’italiano: aria fritta.
Al lettore (eventuale) lascerò di eventualmente pensarla diversamente; soltanto,
chiedo di “leggere” (…è il mestiere, l’arte del lettore, vero?!) questi esercizi, con
qualche fatica iniziale (volutamente gli eviterò il supplizio di “istruzioni per la lettu-
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ra”): andandosi poi – eventualmente – a godere qualcosa di (scritto in grafia) tradi-


zionale, facendo dei confronti quanto a leggibilità. Senza (pre)occuparsi del-
l’italiano, che qui non è primariamente in gioco (se agl’italiani va bene così com’è);
facendosi piuttosto un’opinione circa la possibilità e opportunità per un dialetto
(manco dubitare di libertà e diritto) di trovarsi o costruirsi una scrittura più propria
decorosa praticabile… (una scrittura “diversamente abile” per scriverlo e leggerlo e
farlo leggere).
…Ho esagerato con le parentesi? Ben conscio che finire–restare “fra parentesi” è
(più che probabile) destino di questo quaderno (e in ogni caso dei dialetti).
“Quaderno di asinate”: perché è certamente un’asinata plagiare cose altrui, pur sen-
za espropriare alcuno e senza volerci guadagnare alle spalle.
Poi: asinate… perché quest’animale (che non ha studiato come un cavallo) è indub-
biamente il cavallo di battà… è spesso il protagonista, qui (vedi Trilussa, altrove…).
Sui banchi di scuola si trovava scritto o inciso, a volte (altri tempi?), “asino chi leg-
ge”. Bene: di sicuro… qui un asino (tipo “di Buridano”) non legge. Si richiede ben
altro carattere, altra curiosità, elasticità, nel giostrare fra i vari esperimenti, adattan-
dosi a cambi di caratteri, di accenti (in particolare ora sulle vocali strette, ora sulle vo-
cali aperte…; cosa che tuttavia per un bergamasco ruspante d.o.c. sarà naturale).
Ci sarà persino un esercizio latineggiante: giusto per ipotizzare che addirittura una
“lingua morta” (non tanto quanto qualcuno vorrebbe?) potrebbe trar giovamento da
qualche ritocco grafico, senza snaturarsi e perder quote di affezionati interpreti fre-
quentatori. (Spiacente di non saper applicare all’esperanto.)
…Fantascienza? In (prima) linea.
Tutto sommato (e sottratto ogni secondo fine pretesa recriminazione…), credo di
aver “preso sul Serio” il “bergamasco sulla carta”, oròbikândolo (…non ch’io ab-
bia “imparato l’oròbica scrittura”, eh: sto solo “auspicandola”!). Ovviamente, lo si
può anche… prendere sul Brembo sull’Imagna sul Cherio sull’Oglio sull’Adda sul
Dezzo; sarebbe curioso e interessante, poi, che qualcuno (chi di dovere, chi di compe-
tenza…: chi?) autorevolmente proponesse “conviene presentarci al mondo, sulla car-
ta, così e così…”, ad esempio per l’eventuale anno di “Bergamo capitale della cultu-
ra”: una Bergamo anche “da leggere” (a cominciar su tanti cartelli segnaletici stradali
e su manifesti ufficiali; …da leggere) con pro, per primi noi bergamaschi, italiani e
non. Chissà se mi sarà facile, nel caso (casomai), adattarmi. …E voi? proviamo?
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Circa “dóppie: scritte, o no?”… c’era qualche esempietto nel testo “teoria”; più dif-
fusamente, aiuta la tesi, spero, un confronto esemplificativo con un testo del
S ERENO L OCATELLI M ILESI .
Con qualche intervento gràfico anticipato (Įu, į, ñ, k, g°, ∕s, ∫, accentazione fònica sulle
gravi anziché sulle acute) e le “dóppie” originali riproposte a màrgine:

“I böta s∕o 'l tèatrî dè San Kasâ! [zo, Cassà]


A me, dè scèt, a l'mè paria gran bèl
°
[scètt, bèll]
KĮuankê g°è 'ndae – dè rar! – kol me fradêl [quando chè, con, fradèll]
Insêm a la me nona è a 'l me papâ… [insèma a]
È l'mè paria tat grand, pįö dè la ka
°

Dèl Mag°o, pitürada sö' SkĮuadrêl. [söl – “suolo”? –; Squadrèll]


G'éra la Kompañia dèl Lokadêl
°
[Locadèll]
Kè l'éra ün artistû 'ndèl rècitâ.
È… l'mè paria töt kĮuat istraordinare [perché non “tött”? Perchè
“quant”, dopo “tat” sopra?]
La prima dòna, 'l nano, 'l prim atûr…
I köstö́m, i palkêc, i pok ∫ènare [costöm, palchècc, scenare]
Trac insêm d'ü saatî kè l'faa 'l pitûr, [tracc]
L'orkèstra d'i intèrmês, ol lampadare, [di intermès (perchè 1 sola “s”?]
Fin'a la sköfįa dèl sügèridûr. [fina a la = persìn; no “sköffia”?]
Dòpo, dè nòc, a mè 'nsòñae dè ês [nòcc, vèss]
Ol Padrû d'i Fèrere, o ü gènèrâl… [Ferriere]
Ol pòèr Papâ Martên… o ü kardinâl… [Papà Martèn]
Opö́r “l'Èròe dè 'l Pas dè Calarês”! [L’Eroe del Pass de Cialarèss]
Tèatrî dè San Kasâ: me ölèrês [Cassà, völerèss]
K'i tè bötês mia s∕o! Tè se tal kĮual, [zo]
Ta se amô kèl dè kĮuando, 'n Borg° Kanâl,
A mè 'nsòñae dè te: tè se l'istês. [istèss]
Ma… ü möradûr a l'vus∕a “atênt kè l've!”: [müradùr]
Dèfati, a l’ve s∕ o ü mür a reboldû, [“infatti”!, zo]
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È me fo apena in tep a tras indrě. [mé fó, tép, tram (pur corretto, eh) indré]
Kar ol tèatrî… me g°' ĭe la konvinsįû [caro teatrì, gh’ìe]
Kè fin'a tat kè te tè staèt in pe… [fina a, stàet, pé]
I mörês mig°a töte i me ilüs∕įû! [mörèss, mé]

Buttan giù il teatrino di San Cassiano!

A me, da ragazzo, pareva gran bello, quando ci andavo (raramente) con mio fratello,
insieme a mia nonna e mio padre. E mi sembrava tanto grande, più della casa del Ma-
go, dipinta sullo Squadrello (libro illustrato); c’era la Compagnia (teatrale) del Loca-
telli, ch’era grand’artista della rècita. E m’appariva tutto straordinàrio: la prima don-
na, il nano, il primo attore, i costumi, i palchetti, i pochi scenari messi su da un ciabat-
tino che faceva il pittore, l’orchestra degl’intermezzi, il lampadàrio, fino alla cupolet-
ta del suggeritore. Poi, di notte sognavo d’esser “Il Padrone delle Ferriere”, o un ge-
nerale, o “il Pòvero Papà Martìn”, un cardinale, oppure “L’eroe del Passo di Chala-
rais” (il paladino al passo di Charle le Roi, Carlo Re)! Teatrino di San Cassiano: vorrei
che non ti buttàssero giù! Sei tal quale, preciso come allora, quando in Borgo Canale
sognavo di te: sei lo stesso. Ma un muratore grida “attento… che viene!”: difatti, vién
giù un muro a ribaltoni, e io fàccio appena in tempo a tirarmi indietro. Caro teatrino:
avevo la convinzione che, fintanto che tu saresti rimasto in piedi… non sarèbbero
morte tutte le mie illusioni!

Non mi pare scelta felice scriver “ol Beppino, o’ skossàl, i karrette, a 'l doppe, la
Mariettì”… e postillàr la “régola: non si pronùncino le dóppie”. A voi…? [Non
ci trovate “s’ ” , semplicemente perché nel capoluogo non ne fan (più) uso. ]

RIFERIMENTO per S. Locatelli Milesi : "BERGAMO VECCHIA E NUOVA", varie edizioni


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passiamo ora a una riscrittura arbitraria
con ritocchi, oltre che nella grafia, anche nei testi, di lavori di
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G IACINTO G° AMBIRÂSIO
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a) SANTA LÖSEA

'Ntrè i sanc è i sante Kè, dè 'l Paradîs∕,


pèr òñe Kondissįû è töc i mèstěr,
i mè da la sò braa protèssįû
(è a Kèl K'i dis∕, i va dè 'l san Krespî,
tüdûr d'i Kalsolěr… [d 'i sKarpolî ]
finâ a 'l sant'Antone dè 'l sunî),
me, mè pįas pįö dè töc … Santa Lösea!
Févèn pò mia mèrvèa, – sè mè pįas ista s’cèta ècèsįunâl:
Kè, a 'l rè Kè l'gè dis∕ia – Kè la g'ĭa i öcJ tròp bèi,
Kè sul pèr lü i a ülia…
le g'i ă mandâc là söbèt, dè règâl,
…sönd'ü bèl tond, Kompâñ dè Kas∕onsèi!
Ma, dè Santa Lösea, pįö Kè la stòrįa
mè pįas la tradissįû: – è mè par, indè mèmòrįa,
dè êdèla a gulâ a Kaâl d'ü as∕nî,
Kargâd dè gran fagôc, dè sà è dè là,
a fèrmâs sö i finèstre è sö i balKû… – a impįènî dè bumbû,
dè s∕ögâtoi, dè pöe, dè söKèrî, – dè pastî è dè Konfêc…
i sKarpine d'i scèc, – K'i sè 'nsòña dè le, a dormî, in lèc!
Sé: l’ŏ K rèdida isě, Santa Lösea – KĮuand Kè sie scèt a me!
È de pèr de, Köntae – KĮuace Kè n'nè manKaa a la sò fèsta:
“Nona… KĮuace n'nè rèsta?” – “G° è n'Kala amô dessêt!”
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È me Kè sie poK pratèK a Köntâ: – “Dèrsêt ei pįö dè sèt?”


“I ê des∕ dè pįö… i ê sKĮuas∕e KĮuatèr ma.”
“Madoona, KĮuance! È… Kos∕è portèrala?”
“Aa… le l'la dis miga, Kèl Kè la règala!”
“…Êñèla a sè l'fa frècJ?” – “Sigǘr! La e s∕o dè 'l Paradîs
apòsta pèr i s’cèc! – Pèrô… pèr Kèi Katîv…
a 'l pòst d'i bèi bumbû è d'i söKèrî,
'ndèi sò sKarpine…” – “Spèta!
nona, Kè me indüine. – Nè: tri bèi fig dè as∕nî!”
È pò 'ndae 'n lèc, in Kèla bèla sira, – Ko' 'l Kör Kè l'mè batia:
“Te, nona… el pròpe ira… – Kè la pasa stanôc?!”
“Se!” la dis∕ia – “ma… a i s’cèc Kè dorma mia…
la gè böta la sèndèr indèi öcJ!”. – Me, Ko' st'idèa…
vįa 'l Ko sota i lènsöi, tra sö i s∕ènö́c…
è 'nsòñès töta nòc Santa Lösea.
A la matina prèst… – Kè Kor a la finèstra, apena dès∕d!
Ö… KĮuace bèi règai: Kaâl è Karètî – bale, s’còp, è bèrsai…
Karamèle, Konfêc è portogai… – caKolâc è turû…
è… fin'a la baraKa d'i cJ opî! – Kè us∕â, pįe d'alègrèsa:
“Viva Santa Lösea!”. È Kè gran saltâ
'nsö è 'ns∕o pèr töta Ka! È Kè Kontèntèsa
la mama Kè mè arda, è aK ol papâ…
È la me nona, là 'ndèl sò Kantû… a sofègâ 'l magû,
sènsa rinKors∕ès… – gè gota s∕o dò lâgrème sö i forvès!
Pò, mort la nona… è me fac grandèlî…
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ün an… ŏ fac pèr finta, dè durmî: – è pötôst Kè èdî


Santa Lösea Ko' 'l saK sura l'as∕nî… – a fonda nòc,
ŏ est mama è papâ – a èñ det a bèlas∕î, Kon dèi fagôc,
mêtèi a la finèstra, pò sKapâ vįa!
Indêl me sèrvèlî… – a l'ê staca tat forta l'èmossįû,
Kè… ñè ü règâl a l'm'ê pįö parîd bèl, – ñè bu ü bumbû!
KĮuand Kè la mama la m'ă pò domandâd
“InKèmanera, pò, isě malKontět?”, – ol magû Kè g'ĭe det
l'ê s’còpâd fò: è 'ndöna bröta öcJ ada
G° 'ŏ dic, fögět in vis∕: – “Mama! Tè m'e imbròįâd!
L'ê mia Santa Lösea Kè l'ê pasada…
Kèi bumbû Ke i ve mia dè 'l Paradîs!”.
Isě… KĮuate ilös∕įû, Kè s'Krèd dè scèc,
manmâ Kè s'dèènta ècJ … i borla s∕o:
Kastèi dè Karta… a 'l prim bofâ dèi vènc! [d’i ènc]
Santa Lösea… – tè domande pèrdû, pròpe, dè Kör,
sè t'ŏ tratâd Kon tròpa Konfidènsa
amô a 'n Kèsta Kansû. Ma… te, K rèd pör
Kè, a parlâ dè te, pòs mai fa sènsa
turnâ a i bèi de: règordèt…? – Bèada inocènsa!
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[ RIFERIMENTO per i testi di G. Gambirasio :

"POESIE IN BERGAMASCO", antologia a cura di U. Zanetti, ed. Provincia di Bergamo 2002 ]


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b) O L R ÒCJ ĚR DÈ S TABÊL

…L'ê amô ol pįö grand d'i nòs’c!


È dè otant'añ l'ê mort. Ma l'ê amô iv:
indèi sò èrs, K'i ê s∕uèñ è frèsK, Kompâñ
K'i fös dè 'nKö: töc pįe dè cJ ènüî – sperèt dè 'l nòst cJ opî,
Kè sèmpèr l'ispisiga è mai l'fa mal!

Dè spès a l'griña aK, indèl dèsK rîv


la nòsta eta, la s∕ et, i Köstö́m…
KĮuaK volte l'pįans∕ è l'ga fa èñ s∕ o i gotû
pò a l'òmasû dè rar sèntimèntâl.
È 'ndèi sò èrs g'ê sèmpèr ü pröfö́m
dè fe frèsK, stale Kolde… g'ê ü lüs∕ ûr
dè cel è dè montaña rigoł~us∕ a – dè pįante, fįur, èrdüra.
La sò “mus∕ a”, lü, pròpe, s'la figüra
'nd'öna povra Simuna montañera:
Körc i pèdâñ, dò brae gambòte stañe,

gucJ î, spadî, è böst dè gran masera,


fò 'ndèi stale è sö l'era
sèmpèr dre a Köntâ sö fandòñe è bale…
Bale, l'dis∕ lü: ma sota i bale… spès
a s'vèd tat d'i sò tep, è pò dè adês!
S'lès∕ sö i difêc dè l'òm: s'vèd l'avarisįa
d'ü dis∕ grassįâd dè padèr,
Kè (dòpo fac ol ladèr töta eta)

a l've, dè la malissįa – d'i scèc (pįö masKalsû),


mandâd a 'l dįaol Kon finta Kompassįû.
S'vèd sèrte müs∕ dè pöñ è dè spüdâc
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Kè l'paria Kè aK alura – i völês mèt sotsura


ol mond, Ko' 'l Kapêl a trèêrs è i pas in 'nac.
CJ ödès sènsa cJ östessįa. …È pòèr pretôc
miga Katîv nè: 'ntreg, iñorantôc,
K'i
mè sKonfǒnd “pastüra” è “pastorâl…”.
…È fomne: gè n'ê d'òñe KĮualetâ: – dè Kèle bigòtune,
K'i capa 'l papagâl pèr sèñarö́l
[acquasantiera; rimanda a poesia irònica del Ruggeri ]

fin'a sèrte ssįòrune


Kompâñ dè Kèla tal Baga Dondina [rimanda…]

indaca “in vèlocîfèro a Milân…”:


la sè 'ntèndia dè mode… è dè salâm,
a la sò bèla ètâ… amô 'n “vèstina
dè pöa”… a strombètâ Kompâñ d'ü möl!
Ma, 'n mès a töte ste KariKadüre, – g'ê det sèrte figüre
K'i toKa 'l Kör: Kompâñ dè 'l pòèr Sablêt…

[altro tema del poeta a tìtolo]

è Kompâñ dè la mama Kè 'l sò scèt


la sKond, dèante a 'l tata
Kè fò d'rès
∕ û o mès∕ üra i a maltrata…

A, pòèr RöcJ ěr: te se, t'ĕt vest ol mond


tal KIual Kè l'ê: Kèl bòcįû Ke rotǒnd,
(v)al dè magañe, töt Kontradissįû…
'ndoe, a fa dè galantôm
a s'g'ă sul Kè fastöde è tate K rus;
pò ada: a i birbû – gè Kâpita i sèntěr i pįö güstûs∕ !
È la eta dè l'òm… – t'l'ĕt Koñòsida, te, pèr Kèl Kè l'ê:
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pįö part… dè spi è dè coc l'ê Kompañada


Kèla
dè 'l pòèr bala… bös∕ èrunasa!,
se è nò ü KĮuatrî i(n)sKarsèla, meno amô 'n Kasa.
Spèrdîd a ‘l mond, t'ĕt dic:
“a l'Kata 'l vènt Ko' i rec d'i pèsKadûr
è l'vanga 'nd'aKĮua, è pèr i strade l'somna…
Kisotra i sò spèranse 'n Kör dè fomna!”.
Èpö́r, pòa te, l'amûr… – tè g'ĕ be d'ĭl sèntîd, sè pròpe te
t'e sK ric Kon tat Kalûr apasįunâd
la dolsa sèrenada a la MarcJ î!
Pöl das… KĮuaK fįur… sKundîd
in mès a i spi, a pèr te l'ă bèrlüs∕ îd;
fòrse ü tantî dè car, ü fil dè sul – pò a te l't'ê èñîd dè det:
è t'ĕt griñâd KĮuaK völte meno amâr!
Te, Kè griñâ è dièrtî t'e fac la –set.
Kansû… và a 'l mond dè là…
è a 'l pòèr RöcJ ěr domàndèga pèrdû
pèr me, K'ŏ üd la stramba près∕ ünsįû…
dè distürbâl indè l'ètèrnitâ!
Pò… Kansû, tùrna 'ndre, – è a i pòete me amîs∕
dìga K'i griñe pör, è K'i fa be – a gǒdès∕ la, a dièrtîs.
Ma dìga a Kèsto, dès∕ mèntégès mia:
i ê bu a fa griñâ 'n vera poès∕ ia…
'doma i pòete K'i ă löcâd dèlbû!
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c) R A S A CJ OPI N ÒR Į A

Ssįure è ssįòr… lur sè i pèrmêt, – mè près∕ ènte dèspèrmě.


…Près∕ èntâm? Ma lur be i èd – in Kè fòs∕ a Kè so Ke:
braga, cJ iKètî è bacôK… – so ü CJ opî pròpe Ko' i fįòK!
Nè: me so ü CJ opî Ko' 'l Kör, – miga adoma Ko' i vèstîc!
Töt a l'pasa, töt a l'mör, – a 'sto mond. Ma… v'ê stac dic
Kè mör mai, ñè nò mai pasa… – dèl CJ opî l'ètèrna rasa?
Rasa pįena dè Kampįû, – dè òm dè fidèg è sèrvêl.
A din ü, dè 'l Kolèû… – ma g'ê 'l Kalvi, ol LoKadêl…
G°'ê ü tal Tas, indê poès∕ ia, – ü Donis∕ êt indê armònia…
Rasa dè òmèñ dè valûr – in töt'arte, in töte i siènse…
G°ran pitûr è aKâ sKültûr… – Me so u scèt: ma KĮuando pènse
“dè 'sto sang, g'n'ŏ a me ü gotî!” – …me mè ante dè ês CJ opî!
Cèrto… 'l Ko… l'mè reda mia – KĮuand Kè öda g'ŏ la pansa!
Pò… siKome l'alègria – l'ê 'l pucî d'òñe pitansa…
sè l'ins∕ êñ a s'völ gösâ… – mê maįâ, biv, è… Kantâ!

[aggįunta apòkrifa arbitrarįa:]

Örês di a d’otèr… ma l’vansa. – G°è riî sö, a Kapî , ‘ntra i rige?


Sèdènô… adě, Kè vè l'dige: – ma nò l'ê buna Krèansa…
Bòna! Vè s' ĭv fac l’idèa – dè la mea “filòs∕ òfea”…?
Pròs∕ it, nòsKompròlèpea!

_________________________
14

d) L A RÖDA DÈ LA ETA

'Ndèla röda dè la eta – Ki va a 'l volt, è Ki ve 'n bas…


s∕ et Kè löca, è s∕ et Konteta… – Ki laura è Ki va a spas…
Ki patěs la fam, è Ki – Kè maįuna almânK pèr tri!
È pèr fa öna KĮuaK ispana – sö 'sta röda bènèdèta
s'rampa, s'süda, s'Kor, s'sè afana: – ma be poK i ria sö 'n vèta:
tance i 'nsabla, i borla s∕ o, – è i sè scèpa è gambe è Ko!
L'ê, Kè… spès a s'dis: “...’ndo oi? – A Kè prò tat trèbülâ?
Pò… riâd, Kos∕ ê foroi… – sè ü bèl de g'ŏ dè K rèpâ?!”
Sènsa ü fi bu… aKâ 'l KoracJ o – a l've manK, è s'va pįö adacJ o!
Ma, sè ü de, 'nsèma Kon lur – a s∕ 'g'ă èrgǘ dè tirâs dre…
s'sènt a K rèsès ol vigûr, – par K'i sponte i ale a i pe:
è, pèr Kèi Kè s'völ tra sö, – s'g'ă a l'invîs dè Kor dè pįö!
L'ê pèr Kèl, pò, Kè s'pöl di – Kè la bas∕ e dèl progrês
a i ê scèc; è (pèr finî) – l'ê pèr lur, Kè s'sènt istês
det dè notèr… olontâ – sperèt, òįa dè dürâ!
°°°°°°°°°°°

e) S ÈNDÈR ( PRÊDIKA IN K ĮUARISMA )


ÈKo, 'ndac ol Karnèâl, – la KĮuaris∕ ma Kè Komènsa:
sè m'ă fac èrgǒt dè mal… fem, doKâ, la pènitènsa!
È la sèndèr (miga a tort) – ma règorda a töc… la mort.

Sèndèr… scèc, Kè ñèmô mia – Koñòsî 'l mond è la eta,


è K rèdî Kè töt a l'sia – rös∕ e è fįur, Kèl Kè vè spèta!
Tata sèndèr… Kè 'l prim vènt – a l'tra in aria ind'ü momênt!
15

Sèndèr… scète, Ko' l'invîs – dè proâ, è dè saî,


Kèla
òįa dè dièrtîs – sènsa rěgole ñè fi!
Tata sèndèr… Kè l'ètâ – Koma 'l vènt i a porta vįa!
Sèndèr… s∕ uèñ, K'î s∕ a göstâd – fòrse, 'mpo dè nasKondû,
i… dèlissįe dè 'l pèKât: – prèst, ve sà i dis∕ elöss∕ įû!
Tata sèndèr: lé l'fèněs – fög è fįama: mè l'Kapěs?

Sèndèr… òm, Kè g'ĭ la K rapa – töt ol de indèi òs’c afare…


Sèndèr gris∕ a, Kè la sKapa, – sie bu 'l vènt, o l'sie Kuntrare…
a l'vè manda a rèboldû, – òmèñ, töc, Ko' i vòs’c mił~û!

Sèndèr, sèndèr, sèndèr… spus∕ e, – Kè g'ĭ 'l Ko Kisâ 'ndoê,


licJ èrine, vanitus∕ e, – o Kè i s’cèc si ña s'i g'ê!
Fâtöa è lös∕ a, töta sèndèr: – se, misěr, madòne, s∕ èndèr!

Sèndèr, noni, è… sigǘr, none – Kè, d'i añ a sènt ol pis∕ ,


pregî tat tate madone – è töc i sanc dè 'l paradîs∕ !
'Doma sèndèr… sè, tep indrě – ĭv mai fac impǒ dè be!

°°°°°°°°°°°

f) A MÛR È S ÈNDÈR

L'ê ön'ös∕ ansa cJènèrâl – dè sparlâ dè 'l matremòne…


I g'ă u göst töt ispècal – maridâc, òmèñ pò dòne,
a di sö “Kè aKada granda… – gulâ in ret, a l'os∕ èlanda!”.
Pròpe ira, Kè la boKa – la traděs, diolte, 'l Kör!
Kè dèfati, Ki gè toKa – Kè Kèl otèr a l'gè mör…
'ndè des∕ grassįa, Ko' 'l dulûr – salta fò... Kè l'éra amûr!
L'ê KĮuèstįû Kè… pròpe: m's'üs∕ a – a töt KĮuat, indê 'sta eta!
16

Sè in prènsepe s'va Kè s'brüs∕ a… – fįama, dòpo, la sè Köeta:


l've la sèndèr, è… s'sa mia – sè amô sot g'ê bras∕ a ia.
Sèndèr! Kèla, 'nd'ü momênt – l'ula vįa d'öna bofada,
è sè l've sö ü fil dè ènt… – dè la bras∕ a dèsKĮuarcada
l'turna amô a èñ fò 'l Kalûr – d'ü sincěr è stañ amûr!
Ol “oèè…” dè 'l prim is’cêt – l'ê la prima bofadina
sö la sèndèr. Dòpo… l'mèt – i dèntî, dòpo… l'Kamina…
Bofa 'nKö, bofa 'ndomâ… – pòa la sèndèr gula vįa!
°°°°°°°°°°°

g) F ÖRTÜNA ÒRBA
Sè la förtüna, indön'ultada brösKa,
la sè diêrt KĮuaK völte a bandunâ
èrgǘ Kè ă trac insêm, a bösKa a bösKa,
KĮuatèr palanKe, a forsa dè laorâ…

a l'val nègǒt ĭ cicâd s∕ o la rösKa,


ĭ sigètâd tat tep a tèñ a ma:
“Farina dè 'l diaol: va töta 'n K rösKa!”
ol mond a l'dis, sèmpèr dre a Kondanâ.
Ma… sè ü bragěr, fac i mił~û Ko' spag,
a i a te strec Kon dreca è Ko' mansina…
stì be sigǘr: la s∕ et la us∕ ma ñaK
dè Kè banda la ria, lé, la farina:
è 'nfin'a Kèi K'i g'ă tèñîd ol saK
i cJüra…: “töta ròba cJènüina!”.

°°°°°°°°°°°
17

h) D IOSSĮÛ
– Pèr Karitâ… a l'Kore, ssįur dutûr!
m'ê söcèdida öna dis∕ grassįa in Ka!
A l'vèñe, a l'fage prèst, dè sae, doKâ!
'L me s’cèt l'ă Kasâd s∕ o… 'l Ko dè 'l Siñûr! –
– Dis∕ î Koss∕ ê… bunôm? Dè Kè laûr
si dre a parlâ? –. – 'L me scèt, indêl s∕ ögâ
Ko' 'l K rosèfese… ol Ko l'g'ă piâd ivįâ! –
– A be, ŏ Kapîd. Ma… sèntèl dèi dulûr? –
– Nò, dulûr… vèramênt… a g'n'ă ñè ü:
ma, pòta… mê töl fò… mè be pènsaga… –
– KĮuat a 'l tö fò… l'gè pasa dèpèrlǘ! –
– Nè, ssįur dutûr… mè par Kè l'mè Koįune!
'L Siñûr… pèr Kèla strada, a…?! –. – Sè ülîv faga…
Pèr ol Siñûr, i strade… i ê töte bune! –

°°°°°°°°°°°

i) P ADÈR N ÒSTÈR
[senz'altro il meno "fedele", il più rifatto dei testi ]

Siñûr, Kè tè se in cel ol “nòst Papâ…”:


sKolta i tò scèc, K'i ê òrfèñ sènsa Te,
è m's'ê ña dèñ dè nòminâ 'l tò Nòm,
Kè fin'a i âncJ èi a sèntîl i trèma!
M'Tè prega: a 'l mond, i òmèñ töc, insèma
a i K rèadure töte, töt Kèl Kè g'ê
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in KĮualsěas∕ e pòst… Kè töt dè Te l'proě…


adoma Te Padrû i sè tèñe, è Rè!
A s'fage töta la Tò olontâ
Kompâñ dè 'n cel, a 'n tèra; è 'n töc i pòsc
i sirKe mai nigǘ dè Kontrarįâ
Kèl Kè l'ă stabelîd la Tò sapįènsa!
Dam Te, inKö́, ol pa pèr fradèrna ès∕ istènsa,
pò, pèrdùnèm i dèbèc, i nòsc pèKâc…
Kè isě a notèr, fradèi, m's'ê bedispôsc
a pèrdunâs i torc Kè m's'avrâ fac!
Tèñèm luntâ, Siñûr, d'i tèntassįû…
mètèm mia tròp a proa, Kè… sènsa Te
m's'ê fe! Pò, in òñe sitüassįû
ǘtèm Te a sKiâ òñe mal… pò a ülîs be!

°°°°°°°°°°°

l) F I DÈ L 'A N

La eta… s'la mès∕ üra Kol lünare,


è i añ… ü dòpo l'otèr i sè n'va:
i ê gre dè la Kuruna dèl (r)os∕ are:
Kondön'Avemaria s'i ulta vįa.

Tate dis∕ grassįe… KIuaK mèmòrįe Kare…


s'pènsa ü pasât Kè 'ndre nò l'turnèrâ,
è 'ntat… s'ispera K'i siès men amare
i KĮuatr'ure Kè mè rèsta dè Kampâ.
19

Òįe, spèranse, aügüri… ma 'l taKĮüî ,


a növ, l'isKǒnd amô, indèi sò foįêc
è K rus∕ , è dispįasěr! Pènsaga ñaK?
[Pènsaga mia?]

Sè pròpe m'pöl mia 'nda “Kuntra 'l dèstî…”


ñè sKiâ 'l mal (…tat gròs?) dè dèèntâ ècJ …
capém be 'l de Kè l've: töt gĮuadèñâd!
[Capémèl… de pèr de… Kon alègria!]

°°°°°°°°°°°

m) F ERA D È S A N T 'A N T O N E
In pi-asa, a l'öspèdâl, Kon Kèl frècJ Ke
Kè l'pia i orècJe sènsa rèmissi-û,
là 'n pe i spèta, òmèñ, dòne, scèc
insêm a i bèsce… la bènèdissi-û.

È intat K'i spèta, i K rompa, a i sò banKèc,


biligôc è madone, Kon di-osi-û:
mê pèrsüadîs, sé: a Kon tace difêc…
la nòsta l'ê amô s∕ et dè rèlicJû!

I biligôc i a mai-a; ma i madone


i a bas∕ a sö Kon fede, pò i a tèKa
sura la porta… a' stabe dè 'l sunî.

Pò… sè 'l porsêl l'is Kampa… “Santantone


l'ă fac la grassi-a!”; è 'nvece sè l'gè K rèpa…
“Pòta… l'ê töta Kolpa dè 'l dèstî!”.
20

n ) ACJ I T AS S I- Û
Ta m'ĕt is’crîc “sè pas’e öna cJ urnada,
ma öna cJ urnada s’ula… s’ènsa èdît…
ma s’ènte töta l’ânima acJitada,
Kompâñ sè me pèr sèmpèr t'èss’ pèrdîd!

Dèldě è dènôc, in Ka è fò pèr la s’trada


s’èmpèr è dèss’pèrtö́t, ölèrês’ dit,
a Kos’to dè pas’â pèr ès∕ altada…
Kè dè te, me… dè te g'ŏ s’èmpèr sit!”

“Kàlmès!”, t'ŏ rès’pondîd, “mê pròpe fas


öna rès∕ û… Kapî Komê l'va 'l mond,
pò s’irKâ dè capâl in santa pas!”.

Ta s∕ görles’èt ol Ko, ta ma ardèt mal…


Ma… g'ŏi dè dit Kos∕ ê, d'otèr, sè… in fond…
a s’o malâd a me, pò… è dè' s’tès‘ mal?!

°°°°°°°°°°°

ο) SKÈRS
El vira, Kara, Kè i öltèm sunêc
Konfrǒnt a Kèi Kè prima t'ĭe s K ric,
t'i ĕt cJ üdi Kâc – o alměn: i t'ê parîc –
impǒ men afètü– ûs∕ … dis∕ ěm: pi-ö frècJ ?
Kompâñ dè ü Kè l'ga domanda a' spècJ
sè l'ê malâd, dapo Kè èrgǘ g'l'ă dic…
capâc in ma i sunêc, i ŏ rilès∕ îc,
è g'ŏ troâd det sà è là i stès Koncêc.
21

I-ura, s'ŏ dic isé Kè… a sè i ê bröc


(ma te, pèr Kèl, t'i ĕt bèl è pèrdunâc),
pèrô me so sigǘr: g'ê det in töc
Kèl Kè
l'ê 'l me pènsěr dè 'l de è dè nòc,
È urmai dè proe ma par dè ĭtèn dac:
Kè me… dè te… so inèmurâd… è Kòc!

°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°

ma “affrontiamo” adesso un sacro mostro nostrano:il

–––––– RUGGERI DA STABELLO –––––––

con grafia sperimentale, adattamenti al “mio” dialetto locale “anticato”; testi qua e là
non originali, ritoccati (…mi perdonerà? Dìcono che fosse buono e mite )

1) “ DE BRAE REMĚC…? ”
[...I pèrKê, pò i me rès∕ û – sK rice in ponta dè pirû,
Kè sto pįö Komê i reměc – Kol Ko bas è 'l nas ∕ û drec!]

A ardâ be Kom'a l'ê 'l mond – l'ê töt Ku-at Kontradisi-û,


Kè nò i g°'ă ñè fi ñè fond, – sènsa sperèt ñè rès∕ û.

Ki i a öl Ku-adèr, Ki i a öl tond, – Ki bis∕ lǒng° Komê ü mèlû.


Mè töl sö Komê i reměc: – Kol Ko bas è 'l nas∕ û drec!

Töc a 'l mond a m'völ bai-â – sö i difêc dè ü è dè l'otèr,


pòa sönKèi Kè m'Koñôs mig°a – è 'nvèntai a s'fa a fadig°a,
sö 'l parlâ sö 'l fa è dèsfâ – Kaâ sö è fò, pò nòoKorotèr.
È me stae Komê i reměc: – Kol Ko bas è 'l nas∕ û drec.
22

Ü Kè spènd… l'ê ü baraKěr, – la rüina dèla Ka;


ü Kè l'tènd a 'l sò mèstěr, – Kè l'g°uadèña è l'tèñ a ma…
l'ê ü spèlôrs, ü forèstěr, – l'tènd adoma a bös∕ èrâ!
È me, stà…
Ü Kè l'parla franKamênt – l'ê ü sfacâd, ü caKolû:
ü Kè l'tas prödèntemênt – l'ê öna spea, ü poK dè bu
dè fidasèn ña ü momênt, – dè lasâl indǘ Kantû.
È me, sta…
Ü Kè stag°e sö 'l Kafě – a lès∕ î cJ urnai, g°as∕ ète,
a ardâ Ki a è Ki e, – pèr vèrg°ǘ Kè là i a spète…
buna nòc, a m's'ê amô Ke: – l'ê sö 'l liber d'i trombète.
È me, stà…
Ü stèrnîd pèr ol dèfâ, – o Kè l'Kore töt ol de,
pèr vansâs ü tòK dè pa… – l'ê ü satû (a tratâl be)
Kè l'vörês tirâs in Ka – töt ol mond, Koi ma è Koi pe. È me, stà…

Ü Kè l'sa fa i fati sò, – Kè l'sa 'mpasa pèr nig°ǘ,


l'ê ü salvadèg°, ü KoncJ ǒ – Kè l'sa sKond Kompâñ dè 'l KüK,
pèr la pura Kè i KòKô – i g°a sa sKu-arce fò aK a lü.
È me, stà…
Ü Kè 'n ces∕ a l'va dè spès – l'ê ü big°ôt, ün impustûr;
Ki l'g°a a poK… l'ê ü bröt difêt: – a l'sa ñaK sè g°'ê 'l Siñûr!,

l'ê spaci-âd, èrètèK, bèK, – ü balôs è ü ag°rèsûr.


È me, stà…
Ü Kè s'vède a spasès∕ â? – Lèndènû! Sènsa mèstěr,
Kè nò l'Kampa Kè a sK ròKâ, – è sö i libèr dè l'oste
ě r,
Kè a ülî, pò, tög°èl vi-a… – nò g°'ê tep ñè Kansèlěr!
È me, stà…
23

Ü K'ê aleg°èr… l'ê ü matôK, – ü pai-âs dè sifulâ;


ü K'ê sòdo … l'ê ü marzôK – Kè l'völ fas dè pi-ö stimâ,
Kè d'i fanc è d'i tarôK – l'ă trac fò la nòbèltâ .

È me, stà…
Ün aoKât a l'porta 'n borsa, – ü dutûr a l'porta 'n veta:
Kèsto 'nd'aKu
-a l'g°'ă resorsa, – Kèl là d'or l'ê Kalameta.
Ma nisǘ la sit l'ismorsa – de 'l pitûr è dè 'l poeta!
È me, stà…
Ü poeta!? L'ê ü inötèl! – Ü pitûr?! Pötôst… 'mbi-anKî!
Ü Kantânt, ma: Kos∕ ê frötèl?! – Ü sKültûr? Mèi marmorî!
L'arKitêt, pò, Kos∕ è bötèl: – l'ê manK ötèl… d'ü moltî!
È me, stà…
Sènte tance a di dè me – Kè fo mal a “fa dèi èrs”…
Kè 'mpi-eg°âm dörês pi-ö be…; – s
∕ a: l'ê tep è stöde pèrs,

dè fas noma g°reñâ dre, – fas tö 'n Kül è ardâ sbi-ès∕ …


È me, stà…
Ke, i ma da ü avèrtimênt, – là ü Konsèi; Ke, öna patèrna,
là, ü parěr; Ke ü doKümênt, – lé öna prêdiKa fratèrna…
dè fam pèrd ol sèntimênt, – dè da i nömèr pèr Ku-atèrna!
È me, stà…
Ke, a vapûr sö ü bèl balû – i ölèrês fam g°ulâ 'n ari-a…
Là, dèi “scao” dè protèsi-û – dè pèrsuna nècèsari-a…
Ke öna long°a amonisi-û – töta Ku-ata ömanitari-a…
È me, stà…
Ki Kè i völ fam turnâ drec… – Ki ma öl “Kòl istǒrt è bas”:
…pèr capâ pi-ö be 'l Kaěc, – o ü bèl tòK dè Kadenâs?!
Vił~âK, s'i ma pag°a 'l fec… – o i g°a pènsa a 'l me bòtâs!
È me… sta Komê i reměc, – sèmpèr nas∕ drec è Ko bas?
24

Ŏ bèl è est Kè l'ê tötöna: – Ke, nisǘ i ma da nèg°ot(a)…


Èñe o ag°e la förtüna, – l'abe sura o l'abe sot(a)…
Me nò òi otèr bat la lüna – ñè fam vèñ amô 'l sang°lǒt!
Me sto pi-ö Komê i reměc: – stors∕ e 'l nas∕ è 'ndrese 'l Ko!
______________

Come avvisato, versione non fedele e molto personalizzata, non


soltanto nella grafia ma anche nei testi. Ai cultori di cose autèntiche il
còmpito di trovàr l’originale e gustàrselo talquale.
I primi due versi isolati potrebbero ben far da tìtolo ufficiale, espri-
mendo in nòcciolo "l'alzata di testa" dell'autore, deluso da tutto e da
tutti, e non più disposto a "màschere" – fuori carnevale – per compia-
cér qualcuno... gratis e a pància vuota.
------------------------
PERCHÉ ADESSO NON PRÈNDERCI QUALCHE ALTRA LIBERTÀ
COL NOSTRO SIMPÀTICO “POCO EREMITA”?
-----------
2) “È DÀM …!” “È DÌM …!” È… DÓM , DOKÂ ! P Ò , DÈM !
(tìtolo prestato)

“RöcJěr… dàm öna K òpia d'i tò rime…


dàm Kèle tai sèstine… Kèi sunêc…
dàm Kèle tò Kansû… dàm Kèle prime…”.
È sota a fam isK rîv, Kó' sce mòtêc: [s+c+e; non “sciare”]

“dàm, dàm! Dàm, dàm!”… è sêg°ita a Kòpi-â,


Kompâñ sè me nò g°'ès d'otèr dè fa!
Ma me… Kè dè töt Kör vè òi bènû,
êKola, a töc i Kost òi Kontèntâv:
sà, Ké: ü pi-at dè polènta è s∕ g°u-asètû
25

dè rime bèrg°amasKe, K'i vè p-i as!


È mè l'ĭ dic in tace, è tate olte:
DoKa… mê Kè vè K rède è Kè vè sKolte.

°°°°°°°°°°°

3) OTÈR, KÈ ÜLÎ PIÖ MÈI KÈ MÊLÈG° A! (tìtolo prestato)

Capé sto mond isě tal Ku-al l'ê fac…


mig°a Kom'a l'vülî o l'g°'avrês de ês!
Ke… 'l pi-ö stordîd e mat de töc i mac
l'sarês Kel Ke perfêt a i a ölerês!
Ke… a parlâ car, e mig°a de Tartai-a…
l'ê töta öna baraKa del Batai-a! (…burattinaio)

°°°°°°°°°°°

4) S ÊQUITUR F ORTUNA B ALUCOS ( tìtolo ruggeriano )

Dè l'òm in òjne stato è a òjne ètâ


a g°'ê 'l sò dols è amâr, g°'ê 'l bé è g°'ê 'l mal:
ma g°'ê mai intreg°a “la fèlicità”!
È… sènsa tat istöde s'pöl proâl.
Dè scèc, a s∕ 'g°'ă nèg°ota dè pènsâ…
ma g°'ê la Küna, i fase K'i fa mal,
è pò la sKöla… è töc K'i öl Komandâ,
è s∕ ó Kopû sè mai a s'fa Ku-aK fal!
Dè g°ranc… a g°'ê l’amûr, ol matremòne,
sèrvênc dè filâ drec (ma Kè Koi-oni!)
è fi-öi a braKe…: i par tace dèmòne!
26

Ó : 'nsoma… a sè s'vèjnês bis pò tris∕ noni…


Ku-andèmai ala bé, 'ntra òmèjn è dòne?
Finfî… fala 'nda bé, è… pasâ minKi-oni!

°°°°°°°°°°°

5) P ÈNE KÈ G° UL A … È SPONTE DÈ PÈNÎ ( tìtolo prestato )


˛ ˛
Sö tace artiKoleste dè cJ urnai
˛
l'ê amô ü d'i prim, ol nòst “CoKolatî…”:
˛
è mé Kè só “ol poeta Konfètî…”
˛
g°è bas∕ èrês i ma Komê ü bag°ai!

Tas∕ ě, maKaKi!, è moco, là, sunai!,


dè mètèl in rediKol pèr ol vi!
Kè… l'val dè pi− ö lü còK Ku-at a l'vülî,
Koñê töc votèr in sèntûr è öcJ ai!

A di la èritâ – ma… in Konfèssi-û –


a l'völ Kè me is∕ e töc, vi-a cirKolâr,
˛
Kè adês nò l'biv Kè pana è bèi lacû!

˛
(Notèr m'a l’K rèdèrâ… pèrKê i a l'dis.
A bé Kè… a l'inKontrare, a parlâ car…
˛
Kèl nas
∕ amô a biñòKe è Kèi barbîs…)

°°°°°°°°°°°

6) AK A ÊS NIG°Ǘ… MA KOLA PÈNA… PIA!


[o anche: “PIE!”] (tìtolo prestato)
( il Coghetti, pittore rinomato, suo amico,
stava decorando in Città Alta... )

…Sèntèm, Kog°êt: sè tè mè dé ü mòdêl,


Kom'a t'é promètî, d'i tò pitüre…
27

dig°èrǒ “tè sömèèt ü Rafaêl,


Kè l'par fin'a K'i parle, i tò fig° üre!”.

Dig°èrǒ sul vertǘ dèl tò pènêl,


Kó' lòde dè èritâ, mig°a 'mpostüre:

Kè mé nò só, ñè sorǒ mai mé, Kèl

Kè anta töt pèr sèrte mire è Küre.

Ma… té, Kontèntèm mig°a, è… a té pòèr òm!


Pòa Kèl Kè s'pöl mia di, sK rièrǒ dè té,
è Kè tè sé ñè brao ñè g°alantôm!
Pò, Kó' i 'nvidi-ûs∕ – Kè tace tè g°'n'ĕvrě –
dig°èrǒ bröte asě i mèdae sö 'n Dòm…
mag°are a sènsa êdèle ñè me!

°°°°°°°°°°°

7) F O R ε ST É R … K O L A S P Ö S A S O T A ‘L N A S ?
(tìtolo prestato)

P ε r Ku- at Kε la g´ε boi in pansa l’ürina


Kontra d ε notε r… s ε nsa südiss -i û
g´ε di g´e issé: g´’n’ ε̆ a Ke, ar Ke d’dutrina,
ε n Ω̌ bε i dε ses Ku-arc, n Ω̌ bε i d’as-i û.
Ke, in b ε le arte m’g´’ă “s K-i era divina”,
p Ω n ε g´Ω s -i ânc p -i e d’on ε stâ, ε ∫ Ω rû… [pro “sc( -i )orù”]
I pp Ω̌ Krati ε G’aleni in m ε d ε s∕ ina,
ε GJöstiñâ dε l f Ω ro, ε Cicε rû.
Ke m’g´’ă d ε i müsi Kânc d ε töc i tai,
poeti d ε ñ Kompatri Ω̌ c d ε l Tas…
pΩ tace d’otε r b ε i nΩ m, imortai!
28

K ε l Kε m ε man Ka, ε m’pöl pr Ω pe mia antâs…


K ε m’n’ă mai vüd, ñε spere m’n’avrâ mai…
l’ε̆… ü müs∕ Kompâñ d ε l s Ω… d ε Kadenâs!

&&&&&&&&&&&&&&&&&&

Come avvisato, tutte le versioni sono “non fedeli e molto personaliz-


zate”, non soltanto nella grafia ma anche nei testi. Ai cultori di cose
autèntiche il còmpito di trovàr l’originale e gustàrselo talquale.

RIFERIMENTO per i testi di Ruggeri da Stabello : "IL POETA PIETRO RUGGERI",

di L. Ravasio, ed. Provincia di Bergamo e Lions, 1999;

_______________________

[ chiosa personale del manovratore… ]

OĚ: A SK ANS DÈ NÒĮE: – ME FO ADOMA G°RIÑÂ I POĮE…


˛ ˛
MIG° LE… K'i rèsta – pèr Kura d'ü G° rèsta
Kè l'ê aKâ Suârd, – è l's∕ ög°a dè as∕ ârd:
G° è toKèrâ a Ki – pèr prim sKomparî:
A 'l “dòtto” itał~â… – a 'l “volg°âr sèrįâ…
˛
Opö́r, a töc du? – Kè bèla KĮuèscû!
È isě… a fa dò bale… – a 'l domâ g°'la règ°ale.
Pò, Ki Kè g°'ă òįa… a l'maįe la fòįa!
_____________________

Passiamo adesso (dopo averlo gustosamente scoperto dialettale su una ban-


carella in piazza alla Fiera del Libro) al nostro simpàtico pàrroco scrittore
29

ABATE ROTA
Dal suo "CAPÌTOLO PRIMO CONTRO GLI SPÌRITI FORTI" (ossia: contro i
miscredenti; e dedicato a un conte cavaliere con possessi territoriali in Pie-
monte) riduco in italiano con qualche libertà (trascrivo/riscrivo: anche nel
brano dialettale non ricòpio fedelmente l'edizione acquistata, sia quanto a
grafia, sia quanto a testo); con una breve introduzione in italiano:

"Che idea!" mi sento dir, "Ah, quâl caprîccio


stampâr sul Credo in lîngua bergamasca!"
Signori... compatîr! Quâ o là (ci) casca
Ogni scrittór, e l'estro l'ha per vîzio! [Lui dice – ed è – "poeta"]

Perô... se come scrivo v'è (a) supplîzio...


Tenétevi lo sdegno e i soldi in tasca.
Al mîlite piacér, conte di Moasca,
Son pago, e mille conto il suo giudîzio.

Non fan pur i curati (...dite: non vale


Precetto di Concîlio e Papa a Trento?)
Dottrina in voce del parlâr locale?

Se dûnque in chiesa in bergamasco sento


Di(r) religione... a stampa manco è male;
E tal come la spiego, la difendo.
…La "coda" del sonetto, ora:
Ma no i la l'völ intênd: – e koñosênc e amîs
I me kór dré kónd'ü karêt de avîs;
E serte tai k'i ê semper pįé d'kónsei
I me sta kól fįat sura: "te faet mei...".
"Te faet mei a fa st'ôpera 'n latî – ó almânk in ita ł~â,
30

Mia 'n berg°amâsk, ke l'ê parlâ de ka!"


"Kóma farai" i rêplika "a kapî – sté skric i milaněs∕ (i mélanîs),
Bóloñěs∕, romañöi e fįórentî... – e i savoįârc, e po i napóletâ?"
S∕ a ke si dré... s∕óntég°a dré a i francěs∕, – i tódêsk, i spañöi po i ólanděs∕,
E akà s∕ veděs∕ e ing°lěs∕ – kó törke moskóvěc e samarįôc
E kei ke nas indó sés mis l'ê noc!
S– óntég°a dré albî, kafer e otentôc,
Kresì la turta e pasé a i gapuněs∕, – ñe lag°ì fo i ciněs∕!
Po, per fa ed ke u si ü ke va a fónd,
Könté sö 'nfi a töte i nasįû de 'l mónd.
Töta sta s∕ét ke ŏ dic... – sté pör sig°ǘr: ñe ön'aka
I g°e rierâ a tra fo, de 'sti mé skric!
Perô... sarala öna res∕û ke taka?
Mé, per efêt de vér amûr, de stima,
Laure e pense 'n prima – a i mé kómpatriôc, a i kónterěr ;
Po, dopo, se me n'vansa, a i fórestěr !
Adês, mé fó 'stó könt, ke l'me par fi,
Fac sö la karta, a incoster e penî:
I n töt... nóter de Berg°em kara e bela,
M'sarâ, a 'nda sö kói pé, dös∕entóméla. [allora diceva di città e provìncia]
Mé, de 'stó libretî, ke l'pįas∕e o mia,
N'ŏ fac fa s∕ó siksento "a stamperia".
Sikê, sapiênc, resté: – siksento kopįe de sta bós∕inada
I ê apéna asě per kei d'öna kóntrada:
Se adóma a i berg°amâsk a ma l'dispensa...
Sentnónantanövméla i resta sensa!
Edî, dókâ: si prope fo de strada – a menâm istâ sunada
"No i l'ló kapéserâ de là de l'Ada".
31

Addotta la "prova" matemàtica (dice), ne aggiunge una d'altro gènere, più


propriamente "l'ispirazione, la musa". Un paragone opportuno è – secondo
l'autore – lo spuntàr dei funghi nel bosco: vogliamo far obiezioni... perchè
non ne crescon soltanto di belli e mangerecci (...o – aggiungiamo noi – perchè
il bosco non addestra i raccoglitori, e non cucina per essi)?
Al Rota l'onór del congedo… con la sua appassionata difesa dello scriver dia-
letto anche nostrano:

"A..." i dis∕ "ol bèrg°amâsk a l'ê mal lès!".


È... sè l'fae s∕o 'n latî... érèl mia pès?!
(pro "pèggio", evidente; non "pesce")
.....
Kè kolpa l'g°'ă, 'l dialêt? A 'sta manera
la va da tort infina a la masera.
"Aa..." i dis∕ "sta nòsta lèng°Įua l'ê tròp g°rasa!";
è ña kèsta a s'v'la pasa:
kè... pèr spįeg°âs... a 'l fįorèntî è a 'l francěs∕
la sta mia 'ndre de 'l növ, sè lur i ê 'l des!
.....
Parlél noma 'ndü stil – kè l'see kristiâ è civîl:
pò èdèrî kè l'g°'ă 'l sò dols è brösk,
....
a lü l'ê spiritûs∕, bèl è gèntîl!
.....
Al'dis l'Orassįo kè öna g°ran g°reñada
la taįa tance g°rop mèi d'öna s∕bada.
...Kèsta l'ê la me lèng°Įua: la va pįas?
Tölìla! Sèdènô, tèñì fò 'l nas!
Bèla pèr me, éla pèr votèr bröta?
Me fo 'l poeta... è kèl kè böta... böta.
32

Sempre dal "Capìtolo..." del Rota, che prende le mosse con una "làuda" sper-
ticata all'imperatore d'Áustria... (prima che costui diventasse lo scòmodo
"imperatore sagrestano" passato alla stòria) gustiàmoci ancora un quadretto,
per consolarci se talvolta ci succede di lamentarci del "calo di riverenza e di
raccoglimento in chiesa". Titoleremo noi (dopo osservato trattarsi, nienteme-
no, d'un "bis" di tempi del Crisòstomo: “In Matth. MG 58, 677”)

AH, CHE TEMPI!


KĮuat pag°èrês, in Sètimana Santa,
Kè èñèsèv s– o u, sö 'n Santa Maria (maggiore)
A l'ura kè i g°a kanta – ol Mis– èrere o i èrs dè 'l Gèrèmia!
Kè... èdèrèsèv, įura, ol bèl bordêl
Kè s'ga fa, a unûr dè Kèl – mort pèr notèr in krus!
°

Sèntèrèsèv, alura, ol kontrabàs


K'i g°a fa 'n ces– a, s– o, a 'l tènûr, – a 'l soprâ, a 'l bas...
Sèrte g°ran sfacadune è i sò murûs– !
Pròpe: va 'ng°üre, alura, o g°ran Monarka,
Ke a da ön'ögada, è 'ndresâ 'mpo la barka!
[Quanto pagherei, nella settimana santa, perchè veniste voi in S. Maria Mag-
giore, all'ora del canto del Miserere o delle Lamentazioni (al venerdì santo)!
Poichè... vedreste, allora, il bel bordello che si fa in onore di Colui ch'è morto
in croce per noi! Sentireste allora il contrappunto che fan giù in chiesa al te-
nore al soprano e al basso (i quali cantan i brani litùrgici)... certe gran sfac-
ciate coi loro amorosi! Pròprio: v'àuguro quì, allora, o gran monarca, a dar
un'occhiatina e raddrizzàr un po' la barca!
(E... "altro che transenne fra i sessi, in chiesa: un muro!") ]

°°°°°°°°°°°

Insistiamo un altro po' sul "KAPITOL PRIM KONTRA I SPÉRÈC FÓRC "
(dal verso 784) in pieno tema apologético :
33

CREATORE : DIO, O (IL) CASO?

Ma... Vangěl è filôs∕ofe, töc k Įuanc


dè l'ânima i mè 'nsèña kè la (v)al
pįö dè töt l'or, d'i pèrle è d'i dįamânc.
Fede è rès–û i mè dis– "l'ê spiritüâl".
…Èpikǘr è i sèrvèi g°ròs (dè lèñâm)
nò i sa idèâs–la sè mia matèrįâl.
A ön'otra olta rèmètěm 'sto ès–âm,
sè kòrp o sperèt l'ânima la sea,
pèr di adês kèl kè nig°ǘ l'pöl nèg°âm.
Kè tèatrî éla mai, kè g°alèrea
dè k Įuadèr d'òñe sort è dè pitûr,
kèla ròba kè m'cama "fantas–ea"?
Cel, tèra, bosk è prac, muc è pįènüre,
fįöm, lag° è mar, os–èi pès bèsʽce è ka
g°è ède det, kon töte i sò fig°üre...
In le skolte in sòñ mǘs–ike, in le i nas
fįur dè idèâi; in le parle è ède in lèc
a ög sèrâc, è 'ndo pèr mond in vįas.
...Sè g°'ê mia 'l car, nò l'rèprès– ènta ...ü spèc;
sè u 'nde vįa dè' spèc, l'idèa sparěs;
sè l'ê picên, l'impisiněs i ogêc...
ma la mènt, ak a 'l fosk, i a kolorěs:
det le akâ i laûr morc... stampâc i rèsta,
è 'l g°rand, g°rand indü pont a 'l komparěs.
È... i örâ dim kè... d'öna polvèr pèsta,
portada issě dè 'l vènt... a l'sè sea fac
34

öna ròba stöpènda koma kèsta?!


"Pèrkènô? A l'intèlêt..." i dis–, 'ste mac,
"kè l'ê be èrg°ǒt dè mèi... a l's'ê furmâd
"kompâñ kè 'ndèi mastèle s'kaga 'l lac.
"Kèl òm, kèla prödènsa kè ă 'nvèntàd
"tate arte è tate ssįènse, kè pröküra
"i lègi göste è kè g°oèrna ü stat...
"kèla kè in Arkèmede mè mès–üra
"kol kompâs a la ma töt l'önivêrs
"è 'n 'Nêutòn la èd a fond indè natüra... [Newton]
"otèr nò l'ê kè ü spolvèrî dispêrs
"in arįa... è kè a règ°oi a l's'ê 'mbatîd
"in kèle krape... ol Kas–o... issě, dè skèrs!"
D'i libèr kè (v)e fò, l'ă mai püdîd
skrièn s–o ü, 'l Kas–o: è fabrikâ, nè, l'pöl
la mènt... kè tate lebrèrée l'ă komponîd?!
Sé... sig°ǘr... aa: kèi "âtomi" kè g°è öl
a ordî 'l pènsěr... l'ê 'l Kas–o, kè 'ndèl vöd
˛
i ă sirkâc fò è mèscâc kol pèdriö́l!
Me, mè par kè vè pįas–e tròp ol bröd (il vino!)
Dè (V)Alkalèpe, o Skans– ... k Įuand kè vè sènte
a rès–unâ a 'sta moda – dèl de dè 'nkö!
Ün otèr bèl laûr a g°'ê, kè l'sènte
dè det dè me: dig°e, la libèrtâ,
kon kè me òi, òi mig°a, fo, è pò mè pènte.
Kèsta, sèntida è konfèsada i l'ă
fin a i èpikürě, è 'n kèst, mê a dila,
35

pįö tat gödese i g°'ă üd d'i lütèrâ.


Ma... skoltě, sè pįö g°ròsa s'pöl sèntila:
sta libèrtâ... i sostě kè l'ê öna pįeg°a
k'i fa sèrte "lilî" kè (v)e s–o 'n fila! (cosini...: àtomi)
Kèi k'i l’la fa dè 'nkrèdöl, kèi kè rineg°a
töt kèl k'i kapěs mig°a... a 'sta manera
la libèrtâ dè l'ânima i mè spįeg°a!
S'él mai sèntîd ü 'nsòñ, öna kèmera
kompaña? In arįa ön âtòmo l'sè stors–...
è la g°è (v)a dre dè 'l ko pòa la stadera!
(la bilància della testa, per misuràr giusto e ùtile o no)
KĮuanda la s–oèntǘ öl fa 'l sò kors...
l'ê i âtòmi kè ü pöt (v)ulta a la pöta
kè kol ko res fò dè 'l balkû sè spors–!
Sè ü l'va a neg°âs... l'ê i âtòmi k'i a böta!
Sè ün otèr l'ă robâd, l'ă asasinâd...
d'i lilî kè (v)e s–o s–bįès kolpa l'ê töta!
Issě, pò... g°'ê ñè mèrèt, ñè pèkât:
la depênd d'i lilî... la difèrènsa
'ntrè ü g°alantôm è ü reo matrikolâd!
.....
A 'sta manera, o g°ran sapįênc!, me 'mpare
la rès–û kè ü l'ê bu, o sènô katîv,
kèsto l'ê òm dè sʼcòp, kèl... dè ros–are.
"Ü rèflǘs dè lilî", s–à, mè fi biv!
.....
As– èñ dè (v)intek Įuàtr'o sik karâc!
36

Vè parèl d'ĭ dic pròpe ü bèl laûr,


k Įuandè dis–î kè 'l kas–o 'l mond l'ă fac?

Ma ecco la sua conclusione–rivìncita, dopo i suoi restanti ragionamenti:

"Kèsto sé l'ê saig°a, a bat in fond,


è mig°a stròlèg°â sè 'l mond a l'sie
fac a sîg°ola, o k Įuadèr o birǒnd!"
(Qualcosa del gènere abbiàm già trovato – noi quì – nei Rèměc del Ruggeri:
però il Rota vién prima, nel tempo...)

RIFERIMENTO per per l’abate Rota :


"POESIE IN BERGAMASCO", antologia di U. Zanetti, ed. Provincia di BG 2004;

______________________________________

Ed ora, le traduzioni mancanti dei testi dialettali (mal? Bis)trattati finora.

G. GAMBIRASIO :
A) SANTA LUCIA (p. 14).
Fra i santi e le sante che, dal Paradiso, per ogni condizione e tutti i mestieri, ci dan
la loro brava protezione (e, a quèl che dicon, van dal san Crispino, tutore dei cal-
zolai, fino a sant'Antònio del porcello) io... mi piace più di tutti... santa Lucia! Non
fàtevene poi meravìglia, se mi piace questa ragazza eccezionale: che, al re che le
diceva che aveva gli occhi troppo belli, che sol per lui li voleva... lei glieli ha man-
dati là sùbito in regalo... su un bel piatto come ravioli! Però, di santa Lucia, più
che la stòria mi piace la tradizione: e mi pare, nella memòria, di vederla volare a
cavallo d’un asinello, càrico di gran fagotti, di quà e di là, fermarsi sulle finestre e
sui balconi, riempìr di dolci, di giocàttoli, di bàmbole, di zuccherini, di pasticcini e
di confetti... le scarpine dei bimbi, che si sognan di lei, dormendo, a letto. Sì: l'ho
creduta così, santa Lucia, quando (ch')ero bimbo anch'io! E giorno per giorno con-
37

tavo quanti che (ce) ne mancavan alla sua festa: "Nonna, quanti ce ne resta?" "Ce
ne manca ancora diciassette." E io, ch'ero poco pràtico di contare: "Diciassette
(storpiato)... son più di sette?" "Son dieci di più, son quasi quattro mani." "Mado-
oonna, quanti! E cosa porterà?" "Aah, lei non lo dice mica, quello che regala."
"Viene anche se fa freddo?" "Sicuro! Vién giù dal Paradiso apposta per i bimbi!
Però, per quei cattivi, al posto dei dolci e degli zuccherini, nelle loro scarpine..."
"Aspetta, nonna, che indovino: neh... tre fichi d'asinello!" E poi andavo a letto, in
quella bella sera, col cuore che mi batteva: "Te, nonna, è pròprio vero che passa
stanotte?" "Sì" diceva "ma ai bimbi che non dòrmono... ci butta la cènere negli oc-
chi!". Io, con quest'idea, via la testa sotto le lenzuola, tira su i ginocchi, e sogna
tutta notte santa Lucia! Al mattino presto... che córrere alla finestra, appena své-
glio! Ooh, quanti bei regali: cavallo e carrettino, palle, fucile e bersàglio, caramel-
le, confetti e mandarini, cioccolati e torroni... e perfino la baracca dei burattini!
Che vociare, pieno d'allegria: "Viva santa Lucia!" E che gran saltare in su e in giù
per tutta casa! E che contentezza la mamma che mi guarda, e anche il papà! E la
nonna, là nel suo àngolo, a soffocàr la commozione, senz'accòrgersi... le gòcciolan
giù due làcrime sulle fòrbici! Poi, morta la nonna, e io fatto grandicello, un anno...
ho fatto (solo) finta, di dormire: e invece di vedere santa Lucia col sacco sull'asi-
nello... a notte fonda ho visto mamma e papà a venìr dentro, adagino, con dei fa-
gotti, mètterli alla finestra e scappàr via! Nel mio cervellino è stata tanto forte l'e-
mozione, che... più neanche un regalo m'è parso bello, nè buono un dolce! Quando
la mamma, dopo, m'ha chiesto "Come mai, poi, così malcontento?!"... Lo scom-
bussolamento che avevo dentro scoppiò fuori: e con una brutta occhiata le ho det-
to, infuocato in viso "Mamma! M'hai imbrogliato: non è santa Lucia ch'è passata...
quei dolci quì non vengon giù dal Paradiso!" Così... quante illusioni, che si credon
da ragazzi... man mano che si diventa vecchi... càdono giù, castelli di carta, al pri-
mo soffiàr dei venti! Santa Lucia: ti chiedo perdono, pròprio, di cuore, se t'ho trat-
tato con troppa confidenza ancora, anche in questa canzone. Ma, tu... credi pure
che, a parlàr di te, non posso far senza tornàr ai bei giorni: ricordi? Beata innocen-
za!
38

B) IL RUGGERI DA STABELLO (p. 16)


È ancora il più grande dei nostri! E da ottant'anni è morto! Ma è ancora vivo: nei
suoi versi, che son giòvani e freschi, come se fóssero d'oggi: tutti pieni di genuino
spìrito del nostro Gioppino, che sempre pìzzica... e mai fa male! Spesso ride, nel
descriver la nostra vita, la gente, i costumi... Alcune volte piange, e fa scender
goccioloni anche all'omaccione raramente sentimentale. Nei suoi versi c'è sempre
un profumo di fieno fresco e stalle calde, un luccichio di celo e di montagna rigo-
gliosa di piante, fiori, verdura. La sua musa, pròprio lui se la figura in una pòvera
Simona montanara: corte le gonne, due brave gambotte stagne, corona d'aghi e
spadino (ai capelli), e busto da gran massàia (contadina), nelle stalle e sull'àia
sempre intenta a contàr su fàvole e stupidate. Stupidate… dice lui: ma, sotto le
"stupidate", spesso si vede tanto dei suoi tempi, e anche d'adesso! Si leggon i difet-
ti dell'uomo: si vede l'avarìzia d'un disgraziato di padre che, dopo avér fatto il la-
dro tutta la vita, dalla malvagità dei figli (più mascalzoni) viene mandato al diàvo-
lo con finta compassione. Si vedon certi musi da pugni e sputacchi, che anche allo-
ra pareva volèssero metter sottosopra il mondo, con il cappello di traverso ed i
passi (troppo) avanti. Giùdici senza giustìzia... e pòveri pretotti, mica cattivi, neh:
non finiti, ignorantotti, che mi confondon pastorìzia con pastorale. E donne: ce n'è
d'ogni qualità: da quelle bigottone, che prendon il pappagallo per… acquasantiera,
fino a certe signorone come quella tal Baga Dondina (pància dondolante?) andata
"in velocìfero" a Milano: s'intendeva di mode... e di salami, lei, alla sua bell'età
ancór in vestina da bàmbola, strombettando come un mulo! Ma... in mezzo a tutte
queste caricature, ci son (dentro) certe figure che toccan il cuore: come il pòvero
Sablèt, come la mamma che nasconde il fìglio davanti al tata (genitore, nonno) che
senza ragione o misura lo maltratta. Ah, pòvero Ruggero: tu sì, hai visto il mondo
tale quàl è: questo boccione rotondo, valle di magagne, tutto contraddizioni, dove
a far da galantuòmini s'hanno appena fastidi e tante croci, e... guarda: ai birboni gli
càpitan i sentieri più gustosi! E la vita dell'uomo, tu l'hai conosciuta per quello che
è: la più parte... da spine e chiodi è accompagnata quella del pòvero balla, brutta
presa in giro!, sì e no un quattrino in tasca, meno ancora in cassa(forte/banca).
39

Sperduto al mondo, hai detto: "pesca vento con reti da pescatore, e vanga nell'àc-
qua e sémina per strada... chi sèmina le sue speranze in cuòr di donna!" Eppure
anche tu, l'amore... devi ben averlo sentito, se pròprio tu hai scritto con tanto calo-
re appassionato la dolce serenata alla Margì (la donna del Gioppino)! Può darsi...
qualche fiore, nascosto in mezzo alle spine... anche per te ha brillato; forse un po'
di chiaro, un fil di sole anche in te è penetrato, e qualche volta hai sorriso meno
amaramente!, tu, che hai fatto sorrìdere e divertire la gente! Canzone! Va' al mon-
do di là! E al pòvero Ruggero… chiedi perdono per me, che ho avuto la stramba
presunzione... di disturbarlo nell'eternità! Poi, canzone, torna indietro, e ai miei
amici poeti di' che sorridan pure, e ben fanno a godérsela, a divertirsi. Ma di' loro
anche questo: son buoni (adatti, capaci) a far sorrider in vera poesia… solo i poeti
che davvero han pianto!

C) RAZZA GIOPPINORIA (p. 19)


Signore e signori, se loro permetton... mi presento da solo. Presentarmi? Ma lor
ben védono in che fòggia son quì: braghe, gilé e baciocchi (pendenti: sìmbolo dei
gozzi)... sono un Gioppino pròprio coi fiocchi! Neh: io son un Gioppino col cuore,
mica solo coi vestiti! Tutto passa, tutto muore, a questo mondo! Ma... v'è stato det-
to che non muore mai, nè mai passa... del Gioppino l'eterna razza? Razza piena di
campioni, d'uòmini di fégato e cervello: a dirne uno, del Colleoni... ma c'è il Calvi,
il Locatelli... c'è un tal Tasso nella poesia, un Donizetti nell'armonia... Razza d'uò-
mini di valore in tutt'arte, in tutte le scienze: gran pittori e anche scultori... Io, son
un ragazzo: ma quando penso "di questo sàngue, ce n'ho un gòccio anch'io!"... io
mi vanto d'esser un Gioppino! Certo: la testa non mi rende quand'ho la pància vuo-
ta. Poi... siccome l'allegria è il condimento d'ogni pietanza... se l'ingegno si vuòl
aguzzare... occorre mangiare, bere e... cantare!
(Aggiunta del traduttore, ma il lìnea con lo stile dell'autore: "vorrei dir altro... ma
avanza. Arrivate su a capìr, tra le righe? Altrimenti, guardate, ve lo dico: ma non
è buona creanza. Bona: vi siete fatti l'idea della mia filosofia?")
40

D) LA RUOTA DELLA VITA (p. 20)


Nella ruota della vita... chi va in alto e chi vién in basso... gente che piange, e gen-
te contenta, chi lavora e chi va a spasso, chi patisce la fame, e chi mangiona alme-
no per tre. E per fare qualche spanna su 'sta ruota benedetta... s'arràmpica, si suda,
si corre, ci si affanna... ma ben pochi arrìvano in vetta: tanti inciàmpano, càdono, e
si rómpono gambe e testa! È... che... spesso si dice: "dove vado? A che pro tanto
tribolare? Poi... arrivato, cosa farò... se un bel giorno devo morire?" Senza un buo-
no scopo, anche il coràggio viene meno, e si va più adàgio. Ma se un giorno si ha
qualcuno da tiràr dietro insieme... si sente crescer il vigore, par che spuntin l'ali ai
piedi: e, per quelli che si vuòl tiràr su, s'ha anche vòglia di correr di più! È per
quello, poi, che si può dire che la base del progresso sono i figli: e (per finire) è per
loro che si sente ugualmente dentro di noi volontà, spìrito, vòglia di durare!

E) CENERI: PREDICA IN QUARESIMA (p. 21)


Ecco, andato il carnevale, la quarésima che comìncia: se abbiàm fatto qualcosa di
male... facciàm dùnque la penitenza. E la cènere (mica a torto) ci ricorda a tutti...
la morte. Cènere, ragazzi, che non conoscete ancora il mondo e la vita, e credete
che tutto sia rose e fiori, quèl che vi (a)spetta! Tanta cènere, che il primo vento tira
in ària in un momento! Cènere, ragazze, con l'istinto di provare e di sapere, quella
vòglia di divertirsi senza régole nè fine! Tanta cènere, che l'età come vento porta
via! Cènere, giòvani, che avete già gustato, forse un po' di nascosto, le... delìzie
del peccato: presto arriva la disillusione! Tanta cènere: lì finisce fuoco e fiamma:
lo capiamo? Cènere, uòmini, che avete la testa tutto il giorno nei vostri affari. Cè-
nere grìgia, che fugge, sia il vento favorévole, sia contràrio! Vi manda a ribaltoni,
uòmini tutti... coi vostri milioni! Cènere, cènere, cènere, spose (e nuore), che avete
la testa chissà dove, leggerine, vanitose, o che i figli non sapete neppùr se ci sono!
Fàtua e illusòria, tutta cènere, sì, suòceri, suòcere, gèneri! Cènere, nonni, e... sicu-
ro: nonne, che, sentendo il peso degli anni, pregate tanto tante madonne, e tutti i
santi del paradiso! Soltanto cènere... se tempo addietro non avete mai fatto un po'
di bene!
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F) AMORE E CENERE (p. 22)


È un'usanza generale (quella) di sparlàr del matrimònio. Ci hanno un gusto tutto
speciale (i) maritati, uòmini e donne, a dir su "che gran vaccata... volàr dentro l'uc-
cellanda" (la rete). Pròprio vero che la bocca tradisce, a volte, il cuore (non dice il
vero)! Che difatti, chi gli tocca che quell'altro gli muore... nella disgràzia, col do-
lore, salta fuori... ch'era amore! È questione che pròprio: ci si abìtua a tutto quanto,
in questa vita! Se in princìpio si va che si brùcia... fiamma, dopo, si queta: vién la
cènere, e non si sa se sotto c'è ancora brace viva! Cènere! Quella, in un momento
vola via d'un sóffio e se vién un fil di vento... dalla brace scoperchiata torna a uscìr
il calore d'un sincero e robusto amore! Il vagito del primo fìglio è la prima soffia-
tina sulla cènere. Dopo... mette i dentini, dopo cammina... sóffia oggi, sóffia do-
mani... anche la cènere vola via!

G) FORTUNA CIECA (p. 22)


Se la fortuna, in una svolta brusca, talvolta si diverte ad abbandonare qualcuno che
ha raccolto, busca a busca, quattro palanche, a forza di lavoro... a niente vale avér
sùcchiato la bùccia, avér continuato a risparmiare: "farina del diàvolo... va tutta in
crusca!", dice il mondo, sempre lì a condannare. Ma... se un brigante, fatti i milio-
ni con lo spago, li tiene stretti con destra e sinistra (con tutte e due le mani serra-
te)... state ben certi: la gente neanche odora da che parte viene, lì, la farina: e per-
sino quelli che gli han tenuto il sacco… giuran ch'è "roba tutta genuina"!

H) DEVOZIONE (p. 23)


Per carità... accorra, sor dottore! M'è successa una disgràzia in casa! Venga, fàccia
presto, da bravo, dùnque: mio fìglio ha ingoiato... la testa del Signore! "Cosa dite,
buòn uomo? Di cosa state parlando?". Mio fìglio, nel giocàr col crocefisso... la te-
sta gli ha morso via! "Va bene, ho capito. Ma... sente dei dolori?". No, dolori, ve-
ramente, ce n'ha nessuno. Ma, pota, bisogna estrarlo... bisogna pure pensarci...
"Quanto ad estrarlo... gli passa da solo". Neh, sor dottore, mi pare che mi min-
chioni! Il Signore... per quella strada!? "Che vuòl farci: per il Signore, le strade...
son tutte buone!"
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I) PADRE NOSTRO (p. 24)


Signore, che sei in celo il nostro papà, ascolta i tuoi figli, che son òrfani, senza te,
e non siamo neppùr degni di nominare il tuo nome, che perfìn gli àngeli a sentirlo
trémano! Ti preghiamo: al mondo, gli uòmini tutti, insieme alle creature tutte, tut-
to quèl che c'è in qualsìasi posto, che tutto da te proviene... solo te si tengan per pa-
drone e re! Si fàccia tutta la tua volontà come in celo anche in terra, e in tutti i luo-
ghi nessuno cerchi mai di contrariare quèl che ha stabilito la tua sapienza! Dacci tu
oggi il pane per fraterna esistenza, e perdónaci i dèbiti, i nostri peccati... che così
anche noi, fratelli, siàm bendisposti a perdonarci i torti che ci sarém fatti! Tiénici
lontani, Signore, dalle tentazioni... non mètterci troppo alla prova, chè... senza te
siamo fieno! E in ogni situazione aiùtaci tu a schivàr ogni male... e a volerci bene!

L) FINE D'ANNO (p. 24)


La vita, la si misura col lunàrio, e gli anni... uno dopo l'altro se ne vanno: sono gra-
ni della corona del rosàrio: con un'Avemaria li si volta (via). Tante disgràzie, alcu-
ne memòrie care... si pensa un passato che non tornerà indietro, e intanto... si spera
che sian meno amare le quattr'ore che ci resta(n) da campare. Vòglie, speranze,
auguri... ma il tacquino (calendàrio), pur nuovo, nasconde ancora, tra i suoi fo-
glietti, croci e dispiaceri! Non pensarci (nemmeno)? Se pròprio non possiamo an-
dàr "contro il destino", nè evitàr il male (...così grande?) di diventàr vecchi... pren-
diamo bene il giorno che viene: tutto guadagnato! (Prendiàmolo giorno per gior-
no... con allegria!)

M) FIERA DI SANT'ANTONIO (p. 25)


In piazza, all'ospedale, con questo freddo che morde le orècchie senza remissione,
là in piedi aspettan, uòmini, donne, bambini, insieme alle bèstie... la benedizione.
E mentre attendon cómprano, ai loro banchetti, caldarroste e immaginette, con de-
vozione. Bisogna convìncersi, sì: pur con tanti difetti... la nostra è ancora gente di
religione! Le castagne arrosto le màngiano, ma le immàgini (le madonne) le bà-
cian con fede, poi le appèndono... sulla porta allo stàbbio del maiale. Poi... se il
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maiale scampa... "Sant'Antònio ha fatto la gràzia!"; e se invece gli muore... "Pota!


È tutta colpa del destino!".

N) AGITAZIONE (p. 26)


M'hai scritto "se passo una giornata, ma una sola... senza vederti... mi sento tutta
l'ànima agitata, come se per sempre t'avessi perduto! Giorno e notte, in casa e fuori
per la strada, sempre e dappertutto vorrei dirti, a costo di passàr per esaltata, che di
te, io... di te ho sempre sete!" "Càlmati!", t'ho risposto, "bisogna pròprio farsi una
ragione... capìr come va il mondo, e cercàr di pigliarlo in santa pace!". Scuoti la te-
sta, mi guardi male... Ma... cosa devo dirti, d'altro, se, in fondo... sono malato an-
ch’io, poi... e dello stesso male?!

O) SCHERZO (p. 26)


È vero, cara, che gli ùltimi sonetti, confronto a quelli che t'avevo scritto prima, li
hai giudicati (o almeno: ti son parsi) un po' men affettuosi... diciamo... più freddi?
Come uno che chiede allo spècchio se è malato, dopo che qualcuno gliel'ha detto...
presi in mano i sonetti, li ho riletti, e ci ho trovato quà e là gli stessi concetti. Allo-
ra, mi son detto che... anche se son brutti (ma tu per quello li hai già perdonati),
però io son sicuro: c'è in tutti quèl ch'è il mio pensiero giorno e notte, e prove or-
mai mi sembra te n'ho date: che son di te innamorato e cotto!

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RUGGERI DA STABELLO

1) DA BRAVI ROMITI? (p. 30)


"I motivi e le mie ragioni – scritti in punta di forchetta – per cui io non me ne sto
(ormai, non me ne starò) più come i romiti (pii custodi di chiesette sperse, vivevan
d'elemòsine) a testa bassa e naso dritto (ben fisso, composto, senza dare segnali di
dissenso o sdegno). A guardàr com'è il mondo, è tutto contraddizioni, che non han
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fondo nè fine, senza spìrito o ragione. Chi lo vuòl quadrato, chi tondo, chi bislun-
go uso melone. Occorre prènderlo come i romiti: a testa bassa e nasone dritto (mo-
strando umiltà e mai disapprovazione). Tutti al mondo vogliàm obiettare sui difet-
ti dell'uno e dell'altro, anche su quelli che non conosciamo, e si fatica pure a inven-
tare. Sul parlare, fare e disfare, vestirsi e spogliarsi... e cos'altro occorre! E io,
sta(i) come un romito: a testa bassa e nasón dritto. Uno che spende, è un baraccàio,
la rovina della casa; uno che bada al suo mestiere, che guadagna e tiene a mano
(rispàrmia), è spilòrcio, estràneo, tende appena ad imbrogliare. E io, sta' come...
ecc… Uno che parla francamente è uno sfacciato, un chiacchierone; uno che tace
prudentemente è una spia, un poco di buono, da fidàrsene neanche un àttimo, da
lasciàr in un àngolo. Uno che sosta al caffè leggendo giornali e gazzette, guardan-
do chi va e chi viene, mentre aspetta qualcuno... buonanotte, siàm sempre quì: è
sul libro del trombetta (del messo comunale, in bocca a tutti). Uno disfatto per il
daffare, o che corra tutto il giorno per avanzarsi un pezzo di pane... è un accaparra-
tore (a dirne solo bene) che vorrebbe trarsi in casa tutto il mondo con mani e piedi.
Uno che si fa i fatti suoi, che si scòmoda per nessuno, è un selvàtico, un testa bas-
sa/ sotto, si nasconde come il cucco... per timore che i co…coni (i difetti, le vergo-
gne) si scòprano anche a lui. Uno che in chiesa ci va spesso è un bigotto, un impo-
store. Ci va poco? Gran difetto! Manco sa se c'è il Signore! È spacciato, becco, e-
rètico, furbacchione e aggressore. Uno che si vede passeggiare? Lazzarone! Senza
mestiere, che campa soltanto a scrocco, e sui libri (crèditi) dell'oste, che poi a libe-
ràrsene... non c'è tempo abbastanza nè tribunale (cancelliere? Ma forse “cancelli-
no, gomma”: non sono intèrprete qualificato)! Uno allegro... è un po' matto, un
pagliàccio da fischiare; uno ch'è sodo (bada al sodo) è un (vento?) marzocco che
vuòl farsi creder superiore, che dai fanti e dai tarocchi (dalle carte da gioco, o car-
tomanzia) ha tirato fuori la "nobiltà". Avvocato guadagna in borsa, e dottore gua-
dagna in salute: questo nell'àcqua (allungata in medicine) ha le sue entrate, l'altro
attira l'oro come calamita. Ma nessuno spegne la sete del pittore e del poeta! (ac-
cenno alle dure contingenze dell'autore). ...Un poeta? È uno inùtile! Un pittore?
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Via... mèglio imbianchino! Un cantante (di òpere): ma... cosa frutta? Uno scultore:
casomai marmista... L'architetto, poi, cosa butta? È meno ùtile d'un manovale!
Sento molti a dir di me che fo male a "far dei versi"... che dovrei impiegarmi mè-
glio... Già: son tempo e studi persi, da farsi soltanto rider dietro, farsi prender in
giro e guardare storto... Quì, mi si dà un avvertimento, là un consìglio; quà una pa-
ternale, là un parere; quì un documento, là una prèdica fraterna... da farmi perder il
sentimento, e dar i nùmeri per quaterna (per il lotto)! Quà, vorrèbbero farmi volàr
per ària su un bel pallone a vapore... là, tanti "ovvia!" di protezione da persone ne-
cessàrie... quà una lunga ammonizione tutta quanta umanitària... Chi vuòl raddriz-
zarmi; infine, chi mi vuol collostorto/capobasso (ùmile): per... prèndermi più age-
volmente... il cavìcchio (in quèl posto)... o un bel catenàccio (mi si vuole alla cate-
na)? Vigliacco, se mi pagan l'affitto, o pensan al mio stòmaco! E io... stai come i
romiti, sempre naso dritto a capo basso? Ho bell'e visto ch'è tutt’uno: quà... mi dà
niente nessuno! Non vòglio oltre batter (frequentare) la luna, nè farmi venìr di
nuovo il singhiozzo: io non sto più come i romiti: storco il naso e vo a capo ritto!

2) E DAM... E DIM... E... DOM, DÚNQUE! (p. 33)


Ruggero... dammi una còpia delle tue rime... dammi quelle tali sestine, quei sonet-
ti, dammi quelle belle canzoni... dammi quelle anteprime...". E sotto a farmi scri-
ver, con 'sti mottetti: "Dammi... suvvia, andiamo, dammi!". E io… contìnua a co-
piare, come se non avessi altro da fare! Ma io, che di cuore vi vòglio benone, ecco,
a tutti i costi vòglio contentarvi. Toh: ecco un piatto di polenta e sguazzettoni delle
mie rime bergamasche, (dato) che vi piàcciono! E me l'avete detto in molti, e tante
volte: dùnque... bisogna (pròprio; è mèglio) che vi creda e che v'ascolti!

3) VOI... CHE VOLETE PIÙ MÈLICA CHE MÌGLIO (p. 33)


...Prendete questo mondo tal quale è fatto, non come lo volete o dovrebb'èssere!
Chè... di tutti i pazzi il più stordito e matto sarebbe quello che lo volesse (vorreb-
be) perfetto! Chè, parlando chiaro, e non da balbuzienti (da Tartàglia)... l'è tutto
una baracca del Battàglia (burattinàio conosciuto; tutto un teatrino dei burattini)!
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4) LA FORTUNA VA DIETRO AI ... (p. 34)


Dell'uomo, in ogni stato e ad ogni età, c'è il suo dolce e l'amaro, c'è il bene e il ma-
le: ma non c'è intera mai la felicità! E senza tanto stùdio può provarsi. Da bimbi,
non s'ha nulla da pensare... ma c'è la culla, le fasce che fanno male, e poi la scuo-
la... e tutti che vòglion comandare, e giù colpi se mai si fa qualche sbàglio! Da
grandi... c'è l'amore, il matrimònio, servitù da tenér in riga (che fastìdio!), e figli a
manciate: pàion tanti demoni! Oh: insomma... anche se si diventasse bis e trisnon-
ni... quandomai va bene, tra uòmini e donne? Alla finfine... farla andàr bene, e pas-
sàr minchioni!

5) PENNE CHE VOLAN... E SPUNTE DI PENNINO (p. 34)


Fra tanti articolisti di giornali... è ancór tra i primi il nostro "Cioccolatino": e io,
che sono il poeta "Confettino" (allusione al negòzio dell'autore per qualche tem-
po) gli bacerei le mani come un garzone! Tacete, macachi, e zitti, là, sonagli, dal
mètterlo in ridìcolo per il vino! Chè... val più lui ubriaco quanto vuoi... che a senno
e cogli occhiali tutti voi! A dir il vero... – ma... in confessione – vuole ch'io avvisi
tutti, con circolare, che ora beve solo panna e bei lattoni! Noi lo crederemo,... per-
chè lo dice. Benchè... al contràrio, detto fra noi, resti quì... quèl naso ancór a gnoc-
che, e quei baffi, poi...

6) ANCHE A ESSER NESSUNO, MA CON LA PENNA... PIA/O!


(=MORDI/mordo) (p.35)
Sèntimi, Coghetti: se mi dai un modello, come hai promesso, delle tue pitture... di-
rò "somigli (giusto) un Raffaello... par fin che parlin (eh,) le tue figure!". Dirò solo
virtù del tuo pennello, con lodi vere, e non con imposture: chè non son, io, nè sarò
mai, quello che tutto vanta per le pròprie mire (per i propri interessi). Ma... tu non
contentarmi, e... te pover'uomo! (Anche) Ciò che non si può dire... io di te scrive-
rò, e che nè artista sei, nè galantuomo! Cogl'invidiosi, poi – che n'avrai tanti! –
brutti dirò i tuoi medaglioni in Duomo... (magari) senza neanch'io mai passarci
davanti (vederli)!
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7) FORESTIERO... CON LA PUZZA SOTTO IL NASO (p. 36)


Per quanto in pància gli bolle l'urina contro di noi... io senza soggezione gli dico:
ce n'è pure quì, arche di dottrina, e nòbili di razza, fieri in azione; qui, in belle arti
abbiàm schiera divina, e onesti commercianti, e ricchi assai... e Ippòcrati e Galeni
in medicina, e Giustiniani in legge, e Ciceroni; abbiàm quì musicanti d'ogni tàglia,
degni poeti in pàtria del Tasso, e altri bei nomi tanti, (d')immortali! Quèl che ci
manca, e non possiàm vantare... chè mai se n'ebbe, e spero mai n'avremo... l’è... un
muso pari al suo: da catenàccio!

_________________

Traduzione dei versi del Rota (p. 41…)


Ma non la vòglion intender, e conoscenti e amici mi rincórrono con un sacco di
avvisi; e certi tali che son sempre pieni di consigli mi stan col fiato addosso, "face-
vi mèglio...". "Facevi mèglio a far quest'òpera in latino... o almeno in italiano, mi-
ca in bergamasco, ch'è parlàr cagnesco!". "Come faràn" rèplicano "a capìr questi
scritti i milanesi bolognesi romagnoli e fiorentini e i savoiardi e i napoletani poi?".
Già che ci siete, aggiungéteci i francesi, i tedeschi, gli spagnoli e gli olandesi, e
pur svedesi e inglesi, con turchi moscoviti e samaritani (non ne son certo: forse è
altra nazionalità), e quelli che nascon dove sei mesi è notte! Aggiungéteci albini,
cafri ed ottentotti, aumentate la torta e passate ai giapponesi, e non tralasciate i ci-
nesi! Poi, per mostràr che siete uno che va a fondo... contate su infine anche tutti i
pòpoli del mondo. Tutta 'sta gente che ho detto... state pur certi: non riusciranno a
trarre un'acca, da questi miei scritti! Però, sarà una ragione che attacca? Io, per ef-
fetto di vero amore e di stima, lavoro e penso in primo luogo ai miei compatrioti,
ai conterrànei; poi dopo, se me n'avanza, ai forestieri. Adesso, fàccio questo conto,
che mi par fine, fatto su carta, a inchiostro e pennino: in tutto, noi di Bèrgamo cara
e bella, saremo, andando su coi piedi, duecentomila. Di questo libricino, n'ho fatto
far 500 a stampa. Cosicchè, sapienti, restate (di stucco): 500 còpie di questa coset-
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ta stramba... bastan appena per quelli d'una contrada; se li distribuiamo solo ai ber-
gamaschi... 199.000 restan senza! Vedete, dùnque: siete pròprio fuori strada, a me-
narmi quella suonata "non lo capiràn sull'altra riva dell'Adda"! Dice Oràzio: "una
bella risata sciòglie tanti nodi mèglio d'una spada". Dicon: "il bergamasco è duro
da lèggere!". E... se lo facevo in latino (sottinteso: era forse più fàcile e più larga-
mente accessibile)...? Che colpa ha il dialetto? In questo modo vi da torto persìn la
massàia. "Ah..." dicon "questa nostra lìngua è troppo grossolana!". E neanche que-
sta vi si passa (lìscia): chè... per spiegarsi, non sta indietro dal nove al fiorentino e
al francese, se quelli son il dieci! Parlàtela soltanto in uno stile che sia cristiano e
civile: e vedrete che ha il suo dolce e il suo brusco, anch'essa è spiritosa, profonda,
gentile. (E per tagliàr la testa al toro:) Questa è la mia lìngua. Vi piace? Prendé-
tela (compràtela)! Altrimenti, tenete(ne) fuori il naso! Sia bella (per me è!), sia
(per qualcuno magari) brutta... io fo il poeta, e quèl che butta... butta!
..........
Ma Vangelo e filòsofi, tutti quanti, sull'ànima c'insegnan che val più di tutto l'o-
ro, delle perle e dei diamanti. Fede e ragione ci dicon "è spirituale"; Epicuro e i
cervelli grossi (di legno) non sanno immaginàrsela se non materiale. Rimandiamo
a un'altra volta quest'esame, se corpo o spìrito l'anima sia, per dir adesso quèl che
nessuno può negarci. Quale teatrino è mai, quàl galleria di quadri d'ogni sorta e di
pitture, quella roba che chiamiàm "fantasia"? Celo, terra, boschi e prati, monti e
pianure, fiumi, laghi e mari, uccelli pesci belve e case... ci vedo dentro, con tutte le
loro raffigurazioni (o "le sue", della fantasia). In essa ascolto in sogno mùsiche, in
essa nascon fiór d'ideali; in essa parlo e vedo a letto a occhi chiusi e vado per mon-
di... Se non c'è luce, uno spècchio non riflette/rappresenta, se vi allontanate dallo
spècchio l'idea (riflessa) scompare; se è pìccolo rimpicciolisce gli oggetti. Ma la
mente... anche al bùio li colora: dentro essa pur le cose morte... rèstano stampate, e
il grande compare grande in un punto (solo)! E vorràn dirmi che... da una polveri-
na (pòlvere pesta) portata così dal vento... si sia prodotta una cosa tanto stupenda
come questa? "Perchè no? Anche l'intelletto" dicon questi matti "ch'è ben qualcosa
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di mèglio s'è formato come nei mastelli si càglia il latte". Quell'uomo, quella prov-
videnza (cosidetta) che ha inventato tante arti e tante scienze, che procura le giuste
leggi, che governa uno stato... quella (abilità) che in Archimede ci misura col com-
passo alla mano tutto l'universo, e che in Newton vede a fondo nella natura... altro
non sarebbe che uno spolverio disperso nell'ària... e che il Caso s'è imbattuto a rac-
còglier in quelle teste... così per gioco! Dei libri che escon, mai uno ha potuto scrì-
verne il Caso: e avrebbe esso potuto fabbricàr la mente... che ha composto tante li-
brerie?! Ah, capisco... quegli "àtomi" che occorron a ordi(na)re il pensiero... è il
Caso, che, nel vuoto, li ha scelti e mescolati con l'imbuto! A me pare che vi piàccia
un po' troppo il brodo di Valcalèpio o di Scanzo (il moscato, il vino), quando vi
sento ragionàr secondo questa moda corrente! E c'è un'altra bella cosa che avverto
dentro: e dico la libertà, con la quale vòglio, non vòglio, agisco, poi mi pento.
Questa l'han colta e ammessa perfìn gli epicurei, e in questo bisogna dir che han
avuto più buonsenso dei luterani. Ma ascoltate se se ne può sentìr una più
gross(olan)a: questa libertà... sostèngono ch'è una piega che prèndono certi "cosi-
ni" che "vengon giù in fila"! Quelli che la fan da scèttici, che rinnegan tutto ciò che
non capìscono... mi spiegan così la libertà (corredo) dell'ànima! S'è mai sentito un
sogno, una chimera tale? Un àtomo si torce nell'ària... e lo sègue l'orientamento (la
bilància) della testa/ragione! Quando la gioventù fa il suo corso... son gli àtomi
che voltan un putto verso una putta... la quale si sporge dal balcone coi suoi rìccio-
li! Se uno va ad annegarsi... sono gli àtomi che lo gèttano (in àcqua)! Se un altro
ha rubato, assassinato... è tutta colpa di certi "cosini" che "vengon giù di sbieco"!
Così, poi, non c'è più mèrito nè peccato: "dipende da certi cosini"... la differenza
tra un galantuomo e un reo matricolato! In questo modo, o sapientoni, apprendo la
càusa per esser qualcuno buono o cattivo, uomo di schioppo costui, colui di rosari:
un "riflusso di cosini", già, mi fate bere! Àsini di 24 o 25 carati! Vi par d'avèr detto
pròprio una bella cosa, quando dite che il mondo l'ha fatto il caso?! .....Questo sì
ch'è sapere, a bàttere sul fondo, e mica strologàr se il mondo sia fatto a cipolla,
quadro, oppùr biro(to)ndo!
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[Fra gli argomenti – moltèplici e curiosi – portati dall'abate Rota, compare anche
quello degli orologi "svìzzeri", che persìn essi han bisogno talora di riparazioni...
e vediamo un po' se è “il caso” a provvedere, dopo averli esso… "creati per ca-
so". A quell'época non poteva certo parlàr d'aeromòbili casualmente assemblati
da vaganti componenti casuali, e casualmente volanti. Gustoso risulta, poi, quan-
do ìmita un po' Giobbe che "difende" Dio creatore dalla "saggezza" di certi "ami-
ci"...]

===============

KĮuater parole 'n krus, ve parel mia?


Ma... in krus... ki ke i a met: – ol G° restasuârd... fo d'kompañia?
Siñûr…: de 'l berg°amâsk, a... mis– erere !
Sant'Alisândr...: de 'l Dom, – fàm imparâ... ġösta manera!
G° rassįe, perô, ne, a i "Pader", kel k'i ă fac:
lur... certo mig°a i strempįa, se s'va in 'nac! Insêm, ontera!

Quattro parole in croce… non vi pare?


Ma… in croce… chi le mette: il Restasuardi… solo lui?
Oh, Signore…: del bergamasco, eh… abbi pietà!
Sant’Alessandro…: dal Duomo, facci imparare il modo giusto!
Grazie ai “Padri”, però, eh!, per quel che han fatto:
loro… certo non s’offèndono, non strèpitano, se si va avanti!
Insieme, volentieri!

===============
51

…!!??… pèr Kapîs, a 'l pi˘a è sö 'n val,


SaKranûnK, pò Kandèlöa!
Kèsta sé, Kè la m'ê nöa: Sacripante, accidenti! Scandalizza,
la da sKandol, ista "Kapa", questa “kappa”, nel camino e nella
'ndèl Kamî è 'ndèla aKa, cappa, nella cavìglia o nella casa
'ndè Kaeġa ó 'ndè Ka èġa, vècchia, nella scarpa e anche nel
tacco? Io, mi pare che, a òcchio e a
'ndèla sKarpa è aKâ 'ndèl taK?
orècchio e con la testa tutta fuori
Mé, mè par Kè, a öġ è a orèġa
del sacco, nè c’è scàndalo nè
è Kól Kó töt fò dèl saK...
vergogna, da farne sopra (dentro)
g°'ê ñè sKandol, ñè g°'ê èrg°oña,
poi tanta rogna! Non sarà un pezzo
dè fan det, pò, tata roña!
più fàcile di tanto tempo buttato
Sarâl mia ü tòK pi˘ö bèlfâ via colla “c” in due maniere, come
dè tat tèp bötâd ivi˘â (usata) in “Cìcola” (un paese)
Kola "ci" a dò manere: cavìcchio ubriachi cotti e chiodi”?
tüs– o 'n "Cîcola" è "caěc..." Avete capito, spero: “còk, kòc e
"c(i)òc(hi,) è c(h)òc(i), cóc”: sempre “c” di “chiesa e pre-
è c(i)óc(i)" ? Mé spere ti” (detti in dialetto), senza
ĭ Kapîd: còK, Kòc è cóc: bisogno di “lucchetti” (in dialetto
sèmpèr "ci" dè "ces– a è prec" questa parola contiene “cc(h)”,
sènsa bisôñ dè "löcchêcc" (??) in corso di parola, e “cc(i)” a fine
Kè l'sarâ a bu 'n itał~â; parola): che… sarà anche buono
ma Ké a Bèrg°èm... très– èndâ! (corretto) in italiano ma qui a
Bèrgamo (è) trasandare
L'itał~â... l'mè a 'mpó strec,
(abborracciare, pressapocare)!
abeKê m'sarâ a parěc :
L’italiano (la scrittura italiana) ci
è l'pöl mig°a lig°âm det
va un po’ stretto, benchè siàm pure
indèl sò brao alfabět.
parenti (più o men stretti); ma
Libèr lü... libèr pòa notèr
non può costringerci (re/legarci)
dè 'nda mèi Kon vèrg°üdotèr, nel suo alfabeto. Lìbero esso, liberi
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noi d’andàr mèglio (trovarci bene) con qualcùn altro, per capirci
è pò aturèn a' Stiâl; al piano e su in valle e attorno allo
libèr dè sKriv è stampâ, (lungo lo) Stivale; lìberi di scrìvere
dè lès– îs sö a pi˘ö d'luntâ. e di stampare e di lèggerci anche
Töt Ké: sèdènô... fadig°a più lontano. Tutto quà. Altrimenti,
fatica màrcia, perdendo soldi e
marsa, a pèrd solc è bütig°a,
bottega (clientela), tanto inchiostro
tat incòstèr bötâd bi˘a:
sprecato (buttato via): diàmola
démg°la èns– ida a i "...Tiralâ!" vinta ai “tiravanti…: da Babele
"Dè Baběl, èñèndo a 'nKö" venendo a oggi, matto chi pretende
"mat Ki Kè prètênd dè pi˘ö": di più, contentarsi, e lasciàr córrere
"Kontèntâs, è lag°â 'nda," (andare), vivi tu e làscia vìvere!”.
"Kampa te, è lasa Kampâ"!

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E – a saltâ de pal in fraska –
Ü dé, ü tal de Ber g°amaska, si a pįö braé, pöl das, de mé:
– abékê, ne, 'mpó 'n pensérˋ – ke, dokâ, a 'mparâ só ké.
l'ă capâd in ma 'l "Vangélˋ" _____________
e... a köntâl sö amô l'se aska
a... parlâ kómekê l'maįa: Ü dé, ü tal de Berg° amaska,
pa a 'l pa, vi a 'l vi, fé ó paįa. – abékê, ne, 'mpó 'n pensěr –
Po, skriîd s– ó 'ndü alfabétˋ l'ă capâd in ma 'l "Vangěl"
kón ver g°ótˋ de növ: indüina... e... a köntâl sö amô l'se aska
Sé: kĮuestįû d'lana kavrina? a... parlâ kómekê l'maįa:
Pota, ardî kós– e g°'ê dét... pa a 'l pa, vi a 'l vi, fé ó paįa.
(les– î sö pįö bé ó pįö mal?) Po, skriîd s– ó 'ndü alfabět
se ülî teñel, ó snobâl. kón verg° ǒt de növ: indüina...
Re g°órdîs: l'ê mai "dótrina"! Sé: kĮuestįû d'lana kavrina?
Liber... liber e lókâl. Pota, ardî kós– e g° 'ê dét...
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(les–î sö pįö bé ó pįö mal?) pa a 'l pa, vi a 'l vi, fé ó paįa.


se ülî teñel, ó snobâl. Pò, skriîd s– o 'ndü alfabět
Reg° órdîs: l'ê mai "dótrina"! kon verg° ǒt dè növ: indüina...
Liber... liber e lókâl. Se: kĮuèstįû d'lana kavrina?
E – a saltâ de pal in fraska – Pòta, ardì kós–è g°'ê det
si a pįö braé, pöl das, de mé: (lès– î sö pįö be o pįö mal?)
ke, dókâ, a 'mparâ só ké. ...sè ülî tèñèl, o snòbâl.
---------------------------------------- Rè g°ordìs: l'ê mai "dotrina"!
Libèr... libèr è lokâl.
Ü de, ü tal dè Bèr g°amaska,
È – a saltâ dè pal in fraska –
– abekê, nè, 'mpo 'n pènsěr –
si a pįö brae, pöl das, dè me:
l'ă capâd in ma 'l "Vangěl"
kè, dokâ, a 'mparâ so ke.
è... a köntâl sö amô l'sè aska
a... parlâ komèkê l'maįa:
----------------------------------------------------------------------------------

[…in confidenza…]

Un dì, un tale di bergamasca Sì, questione di lana caprina?


(benchè un po’ in pensiero…) Pota, guardate cosa c’è dentro
ha preso in mano il Vangelo (leggete più bene o più male?),
e a raccontarlo ancór si accinge se volete tenerlo o snobbarlo.
…parlando come màngia: Ricordate: non è mai “dottrina”!
pane al pane, vino al vino, fieno Libro… lìbero e locale.
o pàglia E (saltando di palo in frasca)
Poi, scritto in un alfabeto con siete anche più bravi di me:
qualcosa di nuovo: indovina… che dùnque son qui a imparare.
54

P A S S Į Û D È L S I Ñ Û R N Ò S T G È –S Ü̂ K R I S T
Sentì, a… sè ülî…ˑ dèl nòst Siñûr,
kom’a l’ê mort… ˑ kon ɠ ran dulûr!
Skoltì, öna ölta, ˑ komê i a könta
in konfèrènsa ˑ i “Gès– üplî”
[storpiato da “i Dèseplî/disciplini con/per Gesù”] .

Diɠ èrǒ, ke, ˑ dèl tradimênt


kè l’ă ‘nvįâd fò ˑ kèl bröt momênt:
kĮuand kè i Güdě, ˑ pèr fal fò dèlbû,
i ɠ a riaa mia ˑ a troâ öna rès– û.

Intât kè l’éra ˑ sèntâd s– o a sena


koi sò disěpoi, ˑ a l’sè daa pena
a di: “Ü dè otèr… ˑ a l’mè èndèrâ,
gösto stanôc, ˑ èko… a i a farâ”.

Töc i sò amîs ˑ Kristo i vardaa,


è ‘l san Goân ˑ a l’ɠ è domandaa:
“Nè, te, maèstèr… ˑ dìmèl ke, a me,
ki kè dè notèr ˑ l’ê dre a fat issé!”

Ɠè rèspǒnd Kristo: ˑ “A te l’diɠ èrǒ:


l’ê kèl kè ü pa ˑ me adês ɠ è dorǒ”.
È Goanî sant, ˑ töt istrèmîd,
in bras a Kristo ˑ l’ê stramortîd.

‘Sto Güda, doka, ˑ fals è malnât,


stanôc, pròpe, èkol… ˑ i ăl mia rüinâd!
Fina a bas– âl… ˑ a i ă a tradîd!
È įura d’i öndès… ˑ ü pèr ü ê sparîd.

…pòta…
55

Pòta: l’ĭa èndîd ˑ kèl tradidûr,


pèr trènta ɠ èi… ˑ ol sò Siñûr!
Tüs– o ü ladrû ˑ a i a mena vįa,
innante a l’Anân, ˑ dè fal kondanâ.

Lü là, förįûs, ˑ a l’ɠ è l’fa portâ


a ‘l s– èndèr, Kâefas, ˑ dè fal güdikâ.
“Se, brae güdě… ˑ strèns– iɠ a be i pañ:
kè dèl sò rèñ ˑ a l’troèrâ l’ɠ Įuadâñ!”

Dènâc a ‘l Kâefas, pò, ˑ Kristo liɠ âd


dè ‘nkĮüis– idûr ˑ a l’ve indaɠ âd:
“Set te, a fas rè, è, ˑ ke ‘ntra i Güdě?!”
Kristo no l’bofa ˑ ñè nò, ñè sé.

L’ɠ è dis adoma, ˑ in töta ömèltâ:


“Dè fa… dè nòc, pò, ˑ capâm… a fa?
Sèmpèr me ŏ dic ˑ è fac a ‘l sul, töt:
kè i m’ă skoltâd, ˑ tace troân tè pöt.”

Ü s– ber, alura, ˑ issě manimâ,


ü s– ɠ anasû ˑ a l’ɠ è pįènta là.
È ‘l Kristo a lü: ˑ “Ma… kĮuala rès– û
t’ŏi dac, pèr dam ˑ istǒ saatû?”

Pįero l’sè skolda ˑ a ‘l föɠ , indè kort:


a i a kòñôs, èrɠ ü', ˑ è miɠ a a tort:
ma lü… pèr pura… ˑ daɠ a amô a nèɠ âl:
finakȇ… skapa… ˑ è l’kanta ü ɠ al.

Pò, èñîd matina, ˑ a i ă trac iƛ~ â


‘nnante a ‘l Pilât, ˑ pèr be aküs– âl.
Pèrô, ol româ ˑ a l’ɠ ’ă mia troâd kolpa:
è issě, a l’Èrôd ˑ i a ‘nvia, è i a porta.

…pòta…
56

Ol rè Èrôd, lü ˑ a l’ê ɠ ran kürįûs


d’èdèl fa èrɠ ǒt ˑ dè portèntûs…
Ma pòa kon lü… ˑ boka sèrada:
ñè a ñè ò ˑ Kristo l’ɠ è bada.

Ol rè gupî ˑ a l’va fò d’i stras:


urdena Kristo ˑ èstîl sö dè paįâs,
kè, a ‘sta manera, ˑ i ɠ ’abe dè èdîl
pòèr lok güdě ˑ k’i ölês pò krèdîl.

Ulta amô turna ˑ ‘ndre là, dè ‘l româ,


è daɠ a i so aküs– e ˑ stantide a ‘nvèntâ;
i kapipòpol, ˑ dè mès a la set,
sofįa sö ‘l föɠ , ˑ fòdrě a ‘l kapoprět.

“Mètèl sö in krus… ˑ kèl bröt èlèmênt!


È fàɠ a patî ˑ òñe sort dè tormênt!
Pò làsèm indâ ˑ ‘l Barâb, brao te, libèr…
kè tè ferě stòrįa, ˑ issě, a sö i libèr!”

Kristo ê fröstâd, ˑ dre a öna kòlòna…


“Làsèl istâ!” ˑ ɠ è dis la sò dòna.
Soldâc ɠ è mèt sö ˑ dè spi öna kuruna,
pika la kana, ˑ è spüda è koįuna.

“Ma… me ɠ è troe ˑ ñè nèɠ ota dè mal!”


“A m’tè l’dis notèr… ˑ kè tè toka kopâl!
Kè, l’sè fa dio… ˑ pò, sè l’ê mia asě,
l’mèt in pèrikol ˑ Ces– èr… è pò ak a te!”

Rèspǒnd Pilât: ˑ “I ma mè sè n’lae!


A s’diɠ èrâ mai ˑ kè ontera vè l’dae!

…pòta…
57

L’ê töt pèr votèr: ˑ fìn kèl ke n’n’ĭ òįa!”


Pòpol bö l’vus– a ˑ “Sanɠ nòst… è tò ‘l bòįa!”

I ɠ ’ă bötâd ˑ adôs ol sò lèñ…


otèr kè skran d’or ˑ pèr ol sò rèñ!
Pò, ‘nfilèl sö, ˑ a rüs– û è sbötû,
là fò d’i müre, ˑ a ‘l Kalvare spontû.

Pis– aa la krus… ˑ fèride i brüs– aa…


d’i spi dè ‘l ko ˑ fin’a i pe sanɠ kulaa…
Òñe tri pas ˑ in tèra l’borlaa…
a bòte è ‘ngörįe ˑ impě i a spüncaa.

Fò dre a ‘l sèntěr, ˑ düra salida,


kĮuak fomne i ɠ è fa ˑ la sò braa pįans– ida;
öna ɠ è süɠ a s– o ˑ ‘l müs kola mapa:
dis– êñ ɠ è rèsta ˑ ol front dè la krapa.

Bįot, a la krus… ˑ ma è pe i ɠ è ‘ncodaa…


è sö là ‘n sima ˑ ‘l sò lèñ i pįèntaa.
Töt pįe d’dulûr… ˑ pòèr Kristo l’pįans– ia…
‘ndèl ɠ ran bordêl ˑ kè la s– et fas– ia.

Pròpe: ol Siñûr nòst… ˑ in faca a la mort,


patia l’infèrèn… ˑ a be kè sènsa ü tort!
Töc i pèkâc dèl mond ˑ Lü l’sè karɠ aa:
i me, i tò, i vòsc… ˑ kè issě Lü l’mè salvaa!

Pò, Scèt dè Dio… ˑ issě sdulurâd…


l’ă dic “Ɠ’ŏ sit” ˑ kondü fil dè fįat.
As– ît è fel ˑ i ɠ è pons, i katîv…
dè dièrtîs: ma Lü ˑ l’völ pįö ñè biv.

…pòta…
58

Ɠ’ê a ki kè löca, ˑ a i pe d’la krus:


ki mai, a ‘l mond, ˑ sarês tat lèñûs
in kör sò, ‘nnac ˑ a tal ü tormênt…
issě a sènt Kristo ˑ kè fa lamênt?

La santa madèr ˑ sa mèt dre a di:


“O scèt me kar, ˑ ke ta ma fe mörî
me prim dè te… ˑ a èdèt lé, scèt bèl,
konsâd issé… ˑ ma tèa ‘l kör ü kortêl!

Dìmèl te a me, scèt: ˑ kos– è ɠ ’ŏi pò dè fa?


Öle pįö nèɠ ǒt… ˑ öle pįö kampâ!
Tat sie konteta ˑ kĮuankè ta set nasîd…
ahi, me dispèrada… ˑ komâ ma toka èdît!

O Goanî… àrda, àrda be: ˑ èdèt pòa te, là sö…


ol me brao Gès– û…ˑ kè ma l’kòñôs ña pįö?!
Sanɠ dè ‘l ko, sanɠ d’i ma… ˑ töt sanɠ s– o fin’a i pe!
Sarâl mai stac dulûr… ˑ a ‘l mond, kompâñ dèl me?

O dulûr dès– ümâ! ˑ Me… scòpèrǒ, pèr te!


L’ânima pèrdèrǒ… ˑ ‘l fįat ta ma robèrě!
Dè sae, brae ssįòr güdě… ˑ ĭìɠ a ‘mpo pįètâ…
dè ‘sto me pòèr iscêt: ˑ finì dè tormèntâ!

A te, krus… tùrna pįanta… ˑ dà fòe, dà, fįur… dà ‘ndre


‘l me scèt a me issě dols, ˑ issě bèl: dàmêl ke,
fàl pįö patî: l’ê asě! ˑ Làsèl vèñ s– o, kè l’küre
me, è l’fo ɠ Įuarî dè töte ˑ ‘ste bröte fatüre!”

Pò, ultada a san Goân, ˑ lé ‘mbanda möt è ɠ ram:


“A te, me Goân, Goanî: ˑ ta ma èdèt prèst mörî!”
È pò a Maria è Maria, ˑ kè lé aprö̀f pįans– ia:
“Sa ɠ ’ŏi dè fa, sorèle… ˑ kè ‘n kör ma sa sbödèle!?

…pòta…
59

Scèt kar, m’s’ê ‘ndi tò ma: ˑ dìm te sè m’ɠ ’ă dè fa!


Dè te, spèrae kònfǒrt, ˑ ma… örês pèr te la mort!
O scèt, kIuat ɠ ’ŏ pįètâ! ˑ I tò, i t’ă abandunâ!
Ü, ɠ ’n’ŏ ke in banda, sula… ˑ lü sul kè l’ma konsula!

Pàrlèm, iscêt, ta n’preɠ e: ˑ tat g(į)as, so ke, è dèleɠ Įüe!


Arde ol tò sanɠ a skor, ˑ è l’par dè pèrd tat or!
Fomna ormai dè nisü', ˑ madèr ña sèrva a èrɠ ü'?
Kè t’ŏ nasîd, lacâd, ˑ krèsîd… sul pèr pèrdît?

Dèrvì fò ‘l kör, issįôr ˑ güdě, dè kompassįû:


rèndìm ol me Gès– û, ˑ ‘l me scèt, ol me tès– ôr…
L’ê re, va l’diɠ e me, ˑ d’ü ɠ ran bèl rèñ dèlbû!
A ki ma l’darâ ‘ndre ˑ ɠ a n’vèñèrâ ɠ ran be!”

Pò, turna a ardâ ‘l sò fįöl: ˑ “O lüs dèl mond! Ma döl


issě mai tat, a èdît lé ˑ strèmâd d’ês pįö ña te,
kè mör òi prima me, ˑ pötôst d’èdèt te a mör!
O scèt dols, adòrâd… ˑ nò, nò… i pöl mia kopât!

Sènsa te, skampe mia, ˑ sènsa tò kompañia!


Ña me è i otre Marie… ˑ a m’völ pįö rèstâ ie!
Vé s– o, dokâ… è ɠ Įuarés… ˑ konsùlèm, kè ta pödèt!
Ta nn’ĕt sanâd pò a des: ˑ ta set bu, sè ta ölèt!”

Sò scèt Gès– û rèspǒnd: ˑ “O fomna… tè'… ‘l Goân


tè do dè scèt, adês… ˑ kompâñ sè me l’sarês.
È a te, Goân… me amîs… ˑ madèr t’la do!” l’ɠ è dis.
Kè i du i s’ê pįö lasâc, ˑ finakè a l’mond i ê stac.

È infî, pòta… kè fal? ˑ Arsa sö ‘l ko, arda ‘n cel:


preɠ a pèrdunâ ‘l mal ˑ k’i fa i Kaî a l’Abél…

…pòta…
60

È… daɠ a indrě a ‘l sò Padèr, ˑ kon tat amûr, ol fįat:


iskĮuas– e a di sö ‘l “Patèr, ˑ amèn!”: pò l’ê spirâd!

Soldât româ, Longî, ˑ pèr frèsa dè finî


‘l laorâ… daɠ a sö ü kolp ˑ dè lanca, dè s– o a’l volt:
kè issě, dè la fèrida, ˑ 'l’öltèma ɠ osa ê èñida
fò dè sanɠ , kompañada ˑ a ‘mpo dè akĮua ɠ otada.

La madèr, stramortida, a èd kè l’ê finida…


a sèntîs bandunada… ɠ a e mal, lé ‘n tèra ultada.
È aturèn a la krus, ˑ dispèrassįû dè us…
niɠ èr ol cel sè fa… ˑ tata s– et a skapâ!

È truna, è tèrèmôt… ˑ è n’tèra è ‘n cel kas– ôt…


è tombe kè sè skĮuarca ˑ è morc kè ‘nturèn marca!
Trèma pòa ‘l sèntürįû, ˑ è ‘ntat kè l’fila l’vus– a:
“Kèsto ke… l’ê dèlbû ˑ scèt d’ü ɠ ran dio! Pèrdû!”

È kon klamûr pįans– ia ˑ la Madèlena pia,


è pįö morte kè ie ˑ us– a è löca i Marie.
Pòa la Madona krida, ˑ kè in pe l’ê turna èñida:
“Vardé, s– et töta a ‘l mond… ˑ ol me dulûr sprèfǒnd!

Ardì ‘mpo ke, i ma è i pe… ˑ ardì stòmèɠ fèrîd, lé,


dè’ scèt kè ‘l cel m’ă dac, ˑ è me ɠ ’ŏ dac ol lac!
‘Ndo set, a te… Ɠabrįěl… ˑ kol tò Ave dè ‘l cel?
Ta m’l’ĕrèt bènèdîd: ˑ àda indǒ i m’l’ă mètîd!”

Dis, l’angèl: “T’èdèrět: ˑ tri de, è ta l’vèdèrět!


Kon lü ta salvèrět ˑ töta l’ömanitâ!
Pasâd ol tò tormênt, ˑ ta serět finalmênt
la madèr pįö bèada, ˑ bènèdida, preɠ ada!”

…pòta…
61

Gos– êp dè Rèmadě, ˑ insêm ko’ Nikòdě,


tra s– o ‘l Krist dè la krus, ˑ mèt det indü lènsö̀l:
koi dòne k’i sè döl, ˑ ‘ndèl mut sotrèl be det,
sö ‘l büs, ɠ ròsa öna preda ˑ stòpa l’ös pèr du de.

Tèrs de pus dèl Kalvare, ˑ i a sirka i dò Marie


dè konsâ be ‘l kadaèr, ˑ s’i a lasa i ɠ Įuardįe spie.
Ma… ñè ɠ ’ê pįö i soldâc… ˑ è ñè Lü ‘ndèla büs– a!
Ki avrâl töld vįa la preda, ˑ kè a stènt in sik i rüs– a!?

È įura i fa lamênt ˑ dèante a ‘l monümênt


vöd, ko’ fase è önɠ Įüênt, ˑ a ardâ dè sà è dè là:
è issě, a ü bèl momênt… ˑ ta êdèle mia… a parlâ…
ün angèl bįank, kè l’fa: ˑ “Siv pò dre ki a sirkâ?

‘Ntra i morc l’ê mia! L’ê iv! ˑ È otre, mê kè ‘ndiv


a diɠ èl a i sò amîs, ˑ dè sta sö frank è aleɠ èr:
turnâ s– o ‘n Ɠalèlea, ˑ kè amô i l’lo troèrâ là!”
Kèle, kor vįa dè lena… ˑ è ‘ntat ria Madèlena.

Troa là a le ‘l sito öd… ˑ arda det dispèrada…


è ‘ntat la pura sköd, ˑ dè sà è dè là ultada.
…Sènt èrɠ ǜ kè kamina, ˑ dè fò, è ûs– èɠ a dre:
“Padrû… l’ĭ töld sö u… ˑ ol me bèl ɠ alilě?”

“A te, Marì…” l’ɠ è fa ˑ “àrdèm. Ɠa èdèt mia?!”


“A, Dio… Siñûr! Maèstro, ˑ set pròpe te? Krèdie…”
“Braa, te: adês krèd, kè rie ˑ a mèt a pòst töt me!
Prima, pèrô, mê pròpe… ˑ kè faɠ e ü salt sö ‘n cel”.

Êkola: issě ê la stòrįa ˑ dè Kristo, è la so itòrįa!


È doka, ki öl sèrvîl, ˑ è ‘ndèl sò rèñ sèɠ Įüîl…
pòta: la krus l’imbrase, ˑ dre a Lü l’sie bu dè sta,
töta öna eta in santa ˑ òpèrus– a karitâ!

…pòta…
62

La “cosa” nasce dopo una lettura d’un testo dialettale antico, portato in scena a
Seriate nella quarésima 2012 da una compagnia (che, sui fogli distribuiti, non ha
lasciato nome, nè collettivo nè di sìngoli attori, regista, tècnici); composizione
della fine del sècolo XV (dichiara il pieghévole) conservata nel codice AB 224
della Cìvica Biblioteca Ángelo Maj: una delle prime testimonianze dell’uso let-
teràrio e poético del dialetto bergamasco, risalente al Trecento; probabilmente
redatta come tràccia per declamazione, privata, pùbblica o scénica, quasi sicu-
ramente elaborata in ambiente di Confratèrnita làica dei “Disciplini bianchi” in
S. Maria Maddalena, a Bèrgamo. Nella personale rielaborazione, si trova anche
qualche parte “abbastanza fedele” al testo udito/letto nell’occasione; ma chiara-
mente c’è anche un adattamento a una diversa sensibilità, oltre un ammoderna-
mento del linguàggio. Inoltre vi si sperimenta una grafia proponìbile per render
con qualche maggiór aderenza il nostro parlato (di noi che ancora frequentiamo i
nostri dialetti con confidenza natia) mèglio presentàbile/agìbile a una buona fet-
ta di lettori volenterosi con qualche conoscenza d’alfabeti europei (con l’italia-
no, s’intende, in via di màssima “basilare”). A suggerìr la variazione… basti sa-
pere che il finale originàrio rècita “…e vesta la croce rossa su veste bianca”: la-
sciando a noi di interpretàr “dei Disciplini”, o “dei Crociati” (o magari… delle
“Crocerossine”?).

“PASSIONE DI NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO”.

Sentite, se volete, del nostro Signore, com’è morto con gran dolore! Ascoltate, una
volta, come la raccontan in conferenza i “Gèsuplini” [storpiatura fra “confratelli di-
sciplini” e “confratèrnita di Gesù”]. Dirò quì del tradimento che avviò quel brutto
momento: quando i Giudei, per eliminarlo davvero, non riuscivan a trovàr un moti-
vo. Mentr’era seduto a cena coi suoi discépoli, si dava pena dicendo “Uno di voi mi
venderà, giusto stanotte, ecco, lo farà”. Tutti i suoi amici Cristo guardavan, e san
Giovanni gli domandava “Eh, tu, maestro, dillo quì a me, chi di noi ti sta per far co-
sì”. Gli risponde Cristo “A te, lo dirò: è quello al quale un pane io adesso darò”. E
Giovannino santo tutto spaventato in bràccio a Cristo è tramortito. Quel Giuda dùn-
que falso e malnato, stanotte pròprio, ecco, [non] l’ha rovinato![?] Persìn baciàn-
dolo, l’ha tradito. E allora degli ùndici uno per uno è sparito. Pòta, aveva venduto,

…pòta…
63

quèl traditore, per trenta denari, il suo Signore. A modo d’un ladrone lo portan via,
davanti ad Anna, per farlo condannare. Colui, furente, glielo fa condurre al gènero,
Càifa, da giudicare. “Sì, bravi Giudei: stringétegli i panni [addosso]: che del suo re-
gno troverà il guadagno”. Davanti a Càifa, poi, Cristo legato, da inquisitore vién in-
dagato: “Sei tu a farti re qui fra i Giudei?”. Cristo non apre bocca (non àlita) né no
né sì. Gli dice appena, in tutta umiltà: “Perché, di notte, poi, préndermi, a che sco-
po? Sempre io ho detto e fatto tutto al sole: che mi hanno ascoltato, tanti trovarne
puoi”. Uno sbirro allora, così all’improvviso, un manrovéscio [ganascione] gli mol-
la [pianta]. E il Cristo a lui “Ma quale ragione t’ho dato, per darmi questo ceffone
[ciabattone]?”. Pietro si scalda al fuoco nel cortile: lo [ri]conosce qualcuno, e non a
torto: ma lui, per paura, dalli ancora a negarlo: finchè scappa: e canta un gallo. Poi,
venuto mattina, l’han trascinato là davanti al Pilato, per accusarlo per bene. Però il
romano non gli ha trovato colpa, e così all’Erode l’invia: e lo porta[no]. I l re Erode,
lui, è gran curioso di vederlo far qualcosa di portentoso: ma anche con lui, bocca
chiusa: né [per/con] a né [per /con] o… Cristo gli bada. I l re burattino va fuori dai
gàngheri [stracci]: órdina Cristo vestirlo da pagliàccio, che in questo modo devan
vederlo [quei] pòveri allocchi giudei che volèssero poi créderlo. Torna (volta) an-
cora di nuovo indietro dal romano, e dalli accuse stantie a inventare, i capipòpolo
[da] in mezzo alla gente sóffia[n] sul fuoco, dietro al sommosacerdote. “Mèttilo su
in croce, quel brutto elemento! Fagli patire ogni sorta di tormento! Làsciaci andare
il bravo Barabba lìbero, tu, che così farai stòria anche sui libri!”. Cristo è frustato
dietro a una colonna. “Làscialo stare!” gli dice la sua donna [la móglie, a Pilato]. I
soldati gli metton su di spine una corona, batton la canna, e sputan e prendon in gi-
ro. “Ma io non gli trovo neppùr nulla di male”. “Te lo diciamo noi, che ti tocca uc-
cìderlo! Chè, si fa dio, e poi, se non è abbastanza, mette in perìcolo Césare e anche
te!”. Risponde Pilato “Le mani me ne lavo. Non si dirà mai che volentieri ve lo da-
vo. È tutto per voi. Fàtene quèl che [n’]avete vòglia!”. Pòpolo bue grida “Sàngue
nostro… e tuo il bòia!”. Gli han buttato addosso il suo legno, altro che trono [sèg-
gio] d’oro per il suo regno! Poi… infìlalo su, a spintoni e scossoni, là fuòr dalle mu-

…pòta…
64

ra, al Calvàrio prominenza. Pesava la croce, ferite bruciavan, dalle spine del capo
fino ai piedi sàngue colava, ogni tre passi a terra cadeva, a botte e ingiùrie in piedi
lo spingevan. Lungo il sentiero, dura salita, alcune donne gli fanno il loro/suo pian-
to; una gli asciuga il viso con il panno: disegno le rimane il fronte della testa. Nudo,
alla croce mani e piedi gl’inchiodavan, e su là in cima il suo legno piantavan. Tutto
pieno di dolori, pòvero Cristo piangeva, nel gran baccano che la gente faceva. Prò-
prio: il Signore nostro, in fàccia alla morte, pativa l’inferno, benchè senza [alcùn]
torto [compiuto]. Tutti i peccati del mondo Lui si caricava: i miei, i tuoi, i vostri…
che così Lui ci salvava. Poi, Fìglio di Dio, così addolorato, ha detto “ho sete” con
un fil di fiato. Aceto e fiele gli porgon, i cattivi, per divertirsi [a vederlo soffrire e
non lasciarlo svenire]: ma Lui non vuòl più neppùr bere. C’è anche chi piange, ai
piedi della croce: e chi mai, al mondo, sarebbe tanto legnoso in cuòr suo, davanti a
un tal tormento, sentendo Cristo che fa lamento così?! La santa Madre si mette a
dire “O fìglio mio caro, che mi fai morire [me] prima di te: a vederti lì, fìglio bello,
conciato così, mi tàglia il cuore un coltello! Dìmmelo tu a me, fìglio: cosa devo fa-
re? Non vòglio più niente, non vòglio più vìvere! Tanto ero contenta quando sei na-
to… ahi, me disperata… come mi tocca vederti! O Giovannino, guarda, vedi anche
tu, lassù, il mio bravo Gesù… che non lo riconosciamo neanche più? Sàngue dalla
testa e dalle mani, tutto sàngue fino ai piedi! [Ci] Sarà mai stato dolore al mondo
uguale al mio? O dolore inumano! I o scoppierò, per te! L’ànima perderò, il fiato mi
ruberai! Da savi/saggi, bravi signori Giudei, abbiate un po’ pietà di questo mio pò-
vero fìglio: finite [smettete] di tormentàr[lo]! Oh, tu, croce! Torna àlbero, da’ fò-
glie, da’ fiori… restituisci [dài indietro] il [mio] fìglio a me così dolce, così bello:
dàmmelo qua, non farlo più soffrire: è abbastanza! Làscialo venìr giù, che lo curo
io, e lo fàccio guarire da tutte queste brutte fatture!” Poi volta[ta] a san Giovanni, lì
accanto muto e triste: “Oh tu, mio Giovanni, Giovannino… mi vedi presto morire!”
E poi a Maria e [l’altra] Maria che li vicino piangeva[n]: “Cosa devo fare, sorelle,
che in cuore mi sbudello? Fìglio caro, siamo nelle tue mani: dicci tu cosa dobbiàm
fare! Da te speravo conforto… ma [ora] vorrei per te la morte! O fìglio, quanto ho

…pòta…
65

pietà! I tuoi t’han abbandonato! Uno ne ho qui accanto, sola… lui soltanto, che mi
consola! Pàrlami, fìglio, te ne prego: tanto ghiàccio, son qui, e [mi] sciolgo! Guardo
il tuo sàngue scórrere, e sembra di perder tanto oro! Donna ormai di nessuno, madre
né serva ad alcuno? Chè, t’ho nato, allattato, cresciuto… solo per pèrderti? Aprite il
cuore, signori Giudei, di compassione: rendétemi il mio Gesù, il mio fìglio, il mio
tesoro! È re, ve lo dico io, d’un gran bel regno davvero! A chi me lo restituirà ne
verrà tanto bene!” Poi, torna a guardàr suo fìgliolo: “O luce del mondo! Mi duòl co-
sì mai tanto, vederti così stremato da non esser più neanche tu… che morìr vòglio
prima io, piuttosto di vedér te morire! O fìglio dolce, adorato… no, no, non pòssono
uccìderti! Senza te non sopravvivo, senza tua compagnia! Né io né le altre Marie
non vogliàm più restàr vive! Vieni giù, dùnque, e guarisci… consólami, che puoi!
Ne hai risanati anche a decine: sei capace, se vuoi!”. Suo fìglio Gesù risponde “O
donna, tieni: il Giovanni ti do per fìglio, adesso… come se fosse me. E a te, Giovan-
ni, amico mio… madre [te] la do!” gli dice. Che i due non si son più lasciati, finchè
al mondo son stati. E infine, pota, cosa fa? Alza gli occhi, guarda in celo: prega per-
donàr il male che fan i Caini all’Abele, e rendi al Padre suo, con tanto amore, il fia-
to: quasi recitando il “Padre, amen!”: poi è spirato! [Un] Soldato romano, Longino,
per [la] fretta di finìr il lavoro, dàgli su un colpo di lància, da giù all’alto: che così,
dalla ferita, l’ùltima góccia è uscita di sàngue, accompagnata a un po’ d’àcqua goc-
ciolata. La Madre tramortita, vedendo ch’è finita, sentèndosi abbandonata… le vie-
ne male [sviene], là in terra voltata [caduta]. E attorno alla croce disperazione di
voci [voci di disperazione], nero il celo si fa, tanta gente a fuggire! E tuona, e ter-
remoto, e in terra e in celo rumori, e tombe che si scopron e morti che attorno màr-
ciano! Trema anche il centurione… e intanto che fila via grida “Questo qui …è dav-
vero fìglio d’un gran dio! Perdono!”. E clamorosamente piangeva la Maddalena pia,
e più morte che vive gridan e piangon le Marie. Anche la Madonna grida/piange,
ch’è tornata in piedi: “Guardate, gente tutta al mondo, il mio dolore [s]profondo!
Guardate un po’ qua, le mani e i piedi, guardate il petto ferito, là, del fìglio che il
celo m’ha dato, e io l’ho allattato! Dove sei anche tu… Gabriele, col tuo Ave dal ce-

…pòta…
66

lo? Me l’avevi benedetto: guarda ora dove me l’hanno messo!”. Dice, l’àngelo,
“Vedrai: tre giorni, e lo vedrai! Con Lui salverai tutta l’umanità! Passato il tuo tor-
mento, sarai finalmente la madre più beata, benedetta, invocata!” Giuseppe d’Ari-
matea, assieme al Nicodemo, tira giù Cristo dalla croce, [lo] mette in un lenzuolo:
con le donne che si dòlgono, dentro il monte sottèrralo bene, sul buco una grossa
pietra ostruisce l’entrata per due giorni. Terzo giorno dopo il Calvàrio, lo cercan le
due Marie per acconciàr il cadàvere, se le làscian [se permetton] le guàrdie spie.
Ma… né ci son più i soldati, né Lui nella buca! Chi avrà tolto la pietra… che a sten-
to in cìnque spingon? E allora fan lamento davanti al monumento vuoto, con fasce e
unguento, guardando di qua e di là: e così, a un bel momento… non ti vedon parla-
re… un àngelo bianco, che fa “Chi state poi cercando? Tra i morti non è! È vivo! E
voi, bisogna che andiate a dirlo ai suoi amici, di star forti e contenti: tornàr in Gali-
lea, che lo troveràn ancora là!”. Quelle, corri via svelte… e intanto arriva Maddale-
na. Trova anch’ella il sito vuoto, guarda dentro disperata, e intanto scuoti la paura,
voltata di qua e di là. Senti qualcuno che cammina, fuori, e grìdagli inverso “Padro-
ne, l’avete preso voi… il mio bel galileo?”. “Oh tu, Maria” le fa “guàrdami. Non ci
vedi?”. Oh Dio… Signore! Maestro, sei pròprio tu? Credevo…”. “Brava, tu: adesso
credi che arrivo a metter a posto tutto io! Prima, però, bisogna pròprio… che fàccia
un salto in celo!”. Ecco: così è la stòria di Cristo, e la sua vittòria! E dùnque, chi
vuòl servirlo, e nel suo regno seguirlo… pota: la croce abbracci, dietro Lui sia ca-
pace di stare tutta una vita, in santa operosa carità!

…pòta…
67

Pèrinvi-â dèl fato kè Per(in) via del fatto che,


s'sa pò bé, in fi d'i bale, si sa poi bene, in fin delle balle,
kès’to l'ê, koi ma è koi pé, questo è, con mani e piedi,
bèrg°amâs’k kè s’krie s-ó mé. bergamasco che scrivo io.
Pi-as-èrâl, pi-as-èrâl mig°a... Piacerà, non piacerà…
ol artikol l'ê in bütig°a: l’artìcolo è in bottega:
ki kè öl, ñè arda, ñè krompa; chi vuole, né guarda né compra
ma a nig°ǘ i patate l’pompa. ma non gónfia patate a nessuno
Kè l'vè pare dols, ó amâr... Che vi sembri dolce, o amaro,
él, ó mig°a, ü parlâ car? è o non è un parlàr chiaro?
U, dè s’ae, s’küs-é la rima, Da bravi, scusate la rima,
è pò amîs’ kompâñ dè prima! e poi amici come prima!
Pòst, a n’n’ê a pèr tace d'otèr Posto cè anche per tanti altri
in vèdrina, bèi è bu; in vetrina, belli e buoni;
dig°e: 'mpó a rüs-û è sbötû... dico: un po’ a spintoni… ci
g°è s’arâ a pèr mé ü kantû ?! sarà anche per me un àngolo?
Mia tat: 'doma ö pér dè dé, nè! Non tanto: sol un pàio di giorni!
Fém (vi-a!) dè goèdě a goèdě. Poniamo, da giovedì a giovedì.
Pò, vè lîbère la pi-as’a: Poi vi lìbero la piazza:
tat... a l'só, kè töt a l'pas’a. tanto, lo so, che tutto passa.
A g°'ŏ la 'mprèsi-û kè... près’t, Ho l’impressione che presto
pas’èrǒ ak a mé, kol rès’t. passo anch’io con tutto il resto.
Pas’èrǒ... a 'l sès’tî ? Kè g°lòri-a Passo… al cestino? Che glòria,
bèrg°amas’ka 'ndè la stòri-a! nella stòria bergamasca!
[ Adês’ ... fó mia pèr vantâs: Ora, non fàccio per vantarmi:
g°'n'ê stac a... mèi, dè pai-âs . ce n’è stati di mèglio, pagliacci.
Nè, a ardag°a a la koèrènsa: Oh, guardando alla coerenza:
soroi mé 'l prim dè kèi sènsa? sarò il primo di quelli senza?
Tè´: fènîd la konfèrènsa. Toh: finita la conferenza.
Patèrave 'n pènitènsa. ] Pater e Ave in penitenza!

…pòta…
68

…Se pròprio vi va di riflèttere con me un momento, ancora in rima, sul movente


di questo strambo “quaderno” e sull’intento, èccovi uno spunto, un suggerimen-
to, benchè ispirato piuttosto a un realìstico pessimismo, quando penso a tutti co-
loro che si rifùgiano (più o meno elegantemente, più o meno cortesemente) nel
“…ma chi te lo fa fare, sbàtterti tanto per niente? Che pro ne ricavi? Cosa speri
di ottenere… con ‘ste stramberie di kappa e spa… di cappa e cappellini… guai a
te: noi scriviamo e leggiamo già benone come sappiamo e come la tradizione in-
segna… sappiamo noi come cavàrcela… che bisogno t’inventi di rivoluzionàr le
cose, di complicarci la vita? Chi sei poi tu per osare…? Vieni a scuola da noi, o
àsino… a scuola di bergamasco!”. Volete qualche nome cognome indirizzo ra-
gione (?!) sociale? Di “scuole…”? D’accordo: io sono un nessuno (non Ulisse;
…tantomeno profeta. In pàtria? Dio scampi!). Ma… “il bergamasco” è qualcù…
è qualcosa di definito, sulla carta? Cioè: i dialetti di bergamasca… sono “lìngue
con diritto di morte dignitosa”, come altre “lingue morte dignitosamente” e atte-
state nella stòria (della cultura) decorosamente, con qualche carattere (caratte-
rìstica) che le distìngue da un nonsochè, da un sottoprodotto terziàrio o quater-
nàrio della bìblica Babele… prima che entràssero in uso scritture (cuneiformi o
pùniche o geroghlìfiche o rùniche o ideogràfiche; neanche all’altezza d’un “etru-
sco”: il quale almeno conserva quasi intatto il suo alone di mistero, non fagocita-
to dal greco dal latino dall’àrabo…)?

"L'uso, d'ogni bel dir àrbitro e legge..."


scrisse il Baizini un duecent'anni fa.
Ma, come allór, e più, oggi si sa:
riguardo "ogni buòn lèggere"... non regge!
Così, l'abuso impera: e al "bergamasco",
scritto... succede che chiùnque il legga
(nativo sia, o foresto; e pur possegga
cento alfabeti...) fàccia sempre fiasco!
Pènsaci!, tu, se il tuo dialetto scrivi:
ti par di scriver chiari al mondo intero
i suoni che dagli avi cari udivi?
Ma... quì in Europa, almeno!? Quàl mistero:
sparire presto dagl'idiomi vivi...
alla carta mai nato e noto, in vero!
[…In verace individuàbile grafia. (Come non detto; come tutto il “quaderno”.)]

…pòta…
69

...Da queste asinine "stramberie" ricaviamo agevolmente (in antìcipo sulle “prove”
che ciascùn lettore amante dei dialetti vorrà ulteriormente fare in pròprio) le
ESIGENZE PER QUALSIASI SOLUZIONE GRAFICA PROPONIBILE :

° DISTINZIONE FRA VOCALI LARGHE E VOCALI CHIUSE


° UN SEGNO~UN SUONO , UN SUONO~UN SEGNO (MAI "SEGNI
GIUSTAPPOSTI" PER SUONI "IN ITALIA NON ELEMENTARI")
° ECONOMIA E RICONOSCIBILITÀ PER ACCENTAZIONE
(TONICA, FONICA), ELISIONE, PUNTEGGIATURA
° SCELTA RAGIONATA/MEDIATA FRA "FEDELTÀ AL PARLATO"
E "COERENZA ETIMOLOGICA"
° "ISTRUZIONI DI LETTURA" MASSIMAMENTE STRINGATE
E INEQUIVOCHE... ALMENO IN EUROPA, ...NECESSARIAMENTE
ADATTATE ALLA "LINGUA BASE" DEI LETTORI NAZIONE PER NAZIONE. …PROSIT!

Così, per curiosità mia e vostra, riporto dalla presentazione del


PÌCCOLO DIZIONÀRIO DELLA LÌNGUA ITALIANA DI POLICARPO PETRÒCCHI (ed.1894)
“L’accentatura… è segnata, come negli altri mièi dizionari, paròla per paròla. Insisto sèmpre
su questo tasto degli accènti, perché è di prima e suprema necessità quando si vòglia imparàr
la pronùnzia e la lìngua. …..[Esemplìfica errori e disguidi comunìssimi.] Osservate e eʃami-
nate le quali inèzie, non rèstano da tiràr che due concluʃioni. 1a Che se gli accreditati autori di
vocabolari molto diffusi non conoscon la tècnica dell’accènto e ne fanno l’applicazione a
caʃo, come non fosse parte integralìssima della lìngua… [potrèbbero benìssimo non usarla
del tutto]. 2a Che se i lettori e gli studioʃi non cùrano l’accènto [adottando quei vocabolari
persino nelle scuole] perché poi insegnare nelle grammàtiche e nelle scuole che nella lìngua
italiana eʃiste l’accènto… metter in ridìcolo quelli che commèttono errori di pronùnzia? …..
Dichiariamo una buòna vòlta che accènto e pronùnzia nella lìngua italiana non eʃístono, che
ognuno parla come vuole, e la questione è finita. ….. Come corollàrio, basti dir questo: che i
nòstri gióvani, in buòna parte, arrivan all’università senza sapere che còʃa è un accènto tònico,
un accènto grave o acuto, e via discorrendo! ….. Nel sècolo XIII, vèrso il 1250, molti paeʃi
d’Itàlia (Lombardia, Vèneto, Bologna, Toscana, Úmbria, Sicìlia) scrivévano nei loro dialetti,
come già in Frància si scriveva gloriosamente da più di due sècoli in provenzale e nel vècchio
francese. …..” …L’Itàlia moderna s’è desta e ha risolto in accordo con la seconda “conclusio-
ne” petrocchi(a)na. Bèrgamo è in Itàlia, ergo…?

…pòta…
Ü KARÊT DE ASNADE –
[RIME OROBIKADE]

----- I N D I C E (INDÈ S) -----


PÒTA …………………………………………………… p. 1
INTRODUZIONE ……………………………………… p. 3
TÈATRÎ DÈ SAN KASÂ ………..………..……….. p. 5
SANTA LÖSEA ....………..………..………..……….. p. 7 - 36
OL RÒG · ĚR DÈ STABÊL ………..………..……….. p. 10 - 37
·
RASA GOPINÒRĮA ……..………..………..……….. p. 13 - 39
LA RÖDA DÈ LA ETA ...………..………..……….. p. 14 - 39
SÈNDÈR (PRÊDIKA 'N KĮUARISMA) …..……….. p. 14 - 40
AMÛR È SÈNDÈR ……..………..………..………… p. 15 - 40
FÖRTÜNA ÒRBA ...………………………………… p. 16 - 41
DIOSSĮÛ ……………………………………………… p. 17 - 41
PADÈR NÒSTÈR p. 17 - 41
FI DÈ L'AN p. 18 - 42
FERA DÈ SANT'ANTONE p. 19 - 42
AG· ITASS -IÛ p. 20 - 42
SKÈRS p. 20 - 43
DE BRAE REMĚC p. 21 - 43
“È DAM…!” “È DIM…!” È… DOM, p. 24 - 45
OTÈR, KÈ ÜLÎ PIÖ MÈI KÈ MÊLÈG° A p. 25 - 45
SÊQUITUR FORTUNA BALUCOS p. 25 - 45
PÈNE KÈ G° ULA… p. 26 - 45
AK A ÊS NIG° Ü` … p. 26 - 46
FORÈSTĚR… KOLA SPÖSA ˗ MIG° LE p. 27 - 46
CHE IDEA! p. 28
CAPITOLO PRIMO CONTRO GLI SPIRITI FORTI p. 29 - 47
AH, CHE TEMPI! p. 31
CREATORE: DIO, O (IL) CASO? p. 32 - 48
SAKRANÛNK PÒ KANDÈLÖA p. 51
Ü DE, Ü TAL DÈ BÈRG° AMASKA p. 52
PASSĮÛ DEL SIÑÛR p. 54
PÈRINV-IÂ DÈL FATO KÈ p. 67
SE PROPRIO… - L’USO p. 68
onesti arditi rispettosi
PLAGI:
esercitazioni
arbitràrie
di traslitterazione

sopra brani scelti di

Giacinto Gambiràsio
RUGGERI DA STABELLO
Abate Rota
( )
[ mai “fedelmente ricopiati” * ]
…alla ricerca empìrica d’un alfabeto
diversamente àbile/idòneo a rappresentare
sulla carta, più diffusamente condivisìbili,
i nostri dialetti oròbici
_____________________
ûniche “costanti” :
standard le lêttere sîngole italiane inequîvoche;
“e, o” finali senz’accento = sempre chiuse
(vâlido per “il bergamasco” di mâssima);
parole senz’accento tônico = piane.
______________________
(*)
[rimandando alla degustazione degli originali:
RIFERIMENTI :
S. Locatelli Milesi : "BERGAMO VECCHIA E NUOVA", varie edizioni
G. Gambirasio :
"POESIE IN BERGAMASCO", antologia a cura di U. Zanetti, ed. Provincia di Bergamo 2002;
Ruggeri da Stabello :
"IL POETA PIETRO RUGGERI", di L. Ravasio, ed. Provincia di Bergamo e Lions, 1999;
abate Rota : "POESIE IN BERGAMASCO", antologia di U. Zanetti, ed. Provincia di BG 2004.

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