Sei sulla pagina 1di 15

La fonti sulla storia del cristianesimo

LE FONTI

Come qualsiasi religione, anche il cristianesimo, che pè stata classificata tra le RELIGIONI DEL LIBRO, ma
più propriamente è una religione che fa riferimento a una persona, alla vita e alla predicazione di un ebreo
praticante, Gesù di Nazaret, si è manifestato a livello storico come un insieme variegato di comunità regolate
da una vita interna e da un complesso rapporto con il mondoesterno. Questo stadio primitivo è attestato da
una molteplicità di fonti, che possiamo dividere in tre categorie:

FONTI LETTERARIE
Vangeli, Atti e Lettere canonici e apocrifi
Letteratura cristiana primitiva con i suoi vari generi
Letteratura canonico-liturgica
Atti dei concili
Storiografia (fondamentale è la Storia ecclesiastica di Eusebio di Cesarea, composta all’inizio del IV sec.)

FONTI DOCUMENTARIE
Documentazione papirologica: i documenti della vita reale e la loro importanza
Attestazioni esterne: storiografia (Flavio Giuseppe, Tacito e Svetonio)

FONTI ARCHEOLOGICHE E ARTISTICHE


Archeologia
Documentazione epigrafica
Rappresentazioni iconografiche inluoghi di culto e nelle catacombe

E’ bene rimarcare fin dall’inizio che il cosidetto Nuovo Testamento è una raccolta di scritti che in quanto tale
è stata concepita a posteriori rispetto alla originaria redazione degli scritti di cui è composta. La sua unità non
è intrinseca, ma deriva da una serie di selezioni operate per motivi ideologici: in realtà in esso sono raccolti
scritti di diversa tendenza e datazione. Alcuni sono stati composti verso la fine del primo secolo, altri attorno
al 50 d.C. I più antichi, nella loro forma attuale, sono le lettere autentiche di Paolo di Tarso. Invece i Vangeli,
nella forma in cui li conosciamo, possono essere collocati tra il 70 e il 90 d.C., anche se conservano materiali
più antichi, probabilmente anteriori alle lettere di Paolo.

Paolo dunque è la testimonianza più antica tra quelle attualmente conservate. Si commentino le seguenti
affermazioni:

►Gesù è “nato da donna sotto la Legge” (Gal 4,4)


►”nato dalla stirpe di Davide secondo la carne” (Rm 1,3)
►ha istituito l’eucarestia, e Paolo ne riporta le parole (1 Cor 11,23-27)
►ha pronunciato espressioni non riportate nei Vangeli (1 Cor 7,10; 9,14; Rm 14,14)
►è morto in croce ed è risorto (in varie lettere)
►Paolo afferma che il risorto non è secondo la carne, ma secondo lo spirito (2 Cor 5,16).
I VANGELI E LA QUESTIONE SIA DELLA LORO RELAZIONE RECIPROCA SIA DELLA LORO DERIVAZIONE DA
RACCOLTE E RACCONTI PREEESISTENTI

Da E. Prinzivalli, Introduzione a L’enigma Gesù, Carocci:

«Nel corso della lunga storia della ricerca su Gesù8 sono stati elaborati alcuni criteri per vagliare il materiale su
di lui, che è abbondante, a paragone di quanto di solito accade per un personaggio dell’antichità. Gesù, predicatore
itinerante e maestro, non ha lasciato nulla di scritto: il suo insegnamento è stato memorizzato, “ri-detto” e
trasmesso in ogni occasione propizia dai suoi seguaci. D’altra parte questa è una situazione consueta nel mondo
antico, nel quale l’oralità è dominante, anche in presenza di opere scritte. Viene comunemente riconosciuto che
chi ha composto le opere che vanno sotto la dicitura di “vangeli” (prescindo da ogni distinzione fra vangeli
canonici e apocrifi) si è servito di tradizioni precedenti, sia scritte sia orali, variamente assemblate, rielaborate e ri-
orientate secondo le linee di tendenza sue proprie. Dobbiamo quindi immaginare, a monte del lavoro degli
evangelisti, l’esistenza di raccolte più o meno lunghe di detti e fatti di Gesù, o anche la conoscenza di detti isolati.
Insomma, gli studiosi hanno via via compiuto il cammino di risalita dall’attuale redazione dei vangeli ai materiali
preesistenti che hanno costituito le fonti degli evangelisti.
In proposito il primo passo compiuto fu la determinazione dei rapporti che legavano i tre vangeli di Matteo,
Marco e Luca, detti sinottici perché, se posti su colonne parallele (sinossi), mostravano somiglianze tali da
presupporre rapporti di dipendenza letterale fra loro. Ne risultò la teoria, tuttora accreditata, nonostante qualche
persistente difficoltà, delle due fonti: Matteo e Luca dipendono da Marco e utilizzano anche un’altra fonte
denominata Q da Johannes Weiss nel 1890 (Q è l’iniziale della parola Quelle che in tedesco significa appunto
“fonte”), ricostruibile dagli studiosi solo in via ipotetica. La fonte Q doveva essere un seguito di detti privo di
cornice narrativa (come il Vangelo di Tommaso, che, scoperto successivamente, dimostrò l’effettiva esistenza di
raccolte di questo tipo). Una prova, fra le altre, dell’esistenza di due fonti per Matteo e Luca è data dall’esistenza
dei doppioni, cioè detti di Gesù che ricorrono due volte in Matteo e Luca, una volta in una forma uguale a Marco,
e un’altra in forma comune a loro due e diversa da Marco: è il caso, per esempio, del detto «a chi ha sarà dato… a
chi non ha sarà tolto…)»: a) Mt 13, 12; Mc 4, 25; Lc 8, 18; b) Mt 25, 29; Lc 19, 26. Matteo e Luca utilizzano
inoltre anche materiale proprio, cioè che l’uno ha e l’altro non ha, e anche questo indica la varietà delle tradizioni
loro pervenute. La tradizione utilizzata nei sinottici fu conosciuta ben oltre i tre vangeli di Marco, Matteo e Luca,
confluendo anche negli apocrifi, ma non esaurisce il corpo di tradizioni di Gesù: lo stesso Vangelo di Giovanni,
che conosce questa tradizione, rielaborandola profondamente a causa della sua marcata impostazione teologica,
conserva altre tradizioni e informazioni autorevoli. Insomma, non siamo in grado di determinare l’entità e la
diffusione del complesso corpo di tradizioni circolanti su Gesù, in forma orale e talvolta scritta. Per quanto
concerne i detti di Gesù, praticamente quasi in nessun caso si può arrivare a stabilire la forma “letterale” in cui
sono stati pronunciati, non solo per il fatto che Gesù parlava in aramaico, e per il fatto che la forma letteraria dei
detti può essere stata modificata per facilitare la memorizzazione, ma anche perché, come di recente la ricerca ha
preso coscienza, egli stesso può aver espresso più volte, e con variazioni, nella performance orale, uno stesso
concetto o una stessa immagine o parabola. Tuttavia il contenuto dell’insegnamento, come pure i fatti della sua
vita, possono essere, in molti casi, ricostruiti su base storica grazie alla criteriologia elaborata, rispondendo alla
domanda: in base a quale criterio è possibile distinguere il materiale effettivamente risalente a Gesù? Il primo a
sentire l’esigenza di esplicitare dei criteri, alcuni peraltro già operanti de facto nella ricerca, fu Ernst Käsemann,
allievo del grande Rudolf Bultmann. Così egli parla in una conferenza del 1953:

[…] Ci manca ancora del tutto, per la messa in evidenza del materiale autentico su Gesù, un presupposto essenziale, vale a
dire una visione complessiva dello stadio più antico della cristianità primitiva, e difettiamo quasi completamente di criteri
sufficienti e plausibili [corsivo mio]. Abbiamo un terreno in un certo senso solido sotto i piedi solo in un caso: quando una
tradizione, per un qualche motivo, non può essere né desunta dal giudaismo, né attribuita alla cristianità primitiva; e
specialmente quando il giudeo-cristianesimo ha temperato o ritoccato il materiale ricevuto dalla tradizione, perché ritenuto
troppo audace.

Käsemann ha appena enunciato il criterio che sarà denominato della dissomiglianza, detto anche della
discontinuità o della originalità, o della differenza, o della doppia irriducibilità. I limiti di questo criterio sono
evidenti: esso corre il rischio di strappare Gesù dal suo contesto storico giudaico, facendone un isolato senza
radici e senza frutti, ed è viziato dalla precomprensione teologica che Gesù sia unico e incomparabile. Il criterio
non può però essere abbandonato: esso va usato in positivo, per stabilire l’autenticità di una tradizione, non in
negativo, per respingere ciò che non sembra originale, e deve essere accompagnato da altri criteri che ne
compensino le possibili distorsioni e restituiscano un quadro d’insieme, che la natura stessa di questo criterio
impedisce di produrre, perché ricupera solo una conoscenza frammentaria. Ciò che si è detto per questo criterio,
vale per qualsiasi altro che venga applicato in via preferenziale o addirittura unilaterale. Il modo più equilibrato di
procedere è invece quello di applicare congiuntamente un certo numero di criteri riconosciuti come efficaci dalla
critica, tenendo presente che alcuni studiosi tendono a moltiplicarne il numero, a rischio di confusione. Il lettore
italiano, se desideroso di approfondire, ha a disposizione varie trattazioni in proposito.
Iniziamo con: 1) il criterio della molteplice attestazione che può enunciarsi nel modo seguente: viene
ritenuto autentico un detto o un fatto di Gesù trasmesso almeno da due fonti letterariamente indipendenti l’una
dall’altra: per esempio, Paolo e Marco, o il Vangelo di Tommaso e Luca. Che Gesù abbia predicato il regno di
Dio (o dei cieli) è innegabile, ricorrendo l’espressione in molte fonti indipendenti l’una dall’altra (Marco, Q,
Paolo, Giovanni, Vangelo di Tommaso). Ciò naturalmente non significa che ogni detto contenente la menzione
del regno sia autenticamente gesuano, perché il caratteristico modo di esprimersi di Gesù potrebbe essere stato
imitato.
Abbiamo poi: 2) il criterio dell’imbarazzo: sono ritenute autentiche le parole o gli atti di Gesù che, per vari
motivi, hanno creato difficoltà alle comunità primitive: l’esempio classico è il battesimo di Gesù da parte di
Giovanni Battista. Seguendo il racconto dell’evento in Mc 1, 9-11; Mt 3, 13-7; Lc 3, 21-22 si nota
l’accrescimento dei dispositivi di sicurezza per compensare il fatto che Gesù si sottopone al battesimo di
Giovanni, che era «per il perdono dei peccati» (Mc 1, 4) fino ad arrivare, con il Vangelo di Giovanni, alla
soluzione radicale di tacere il battesimo di Gesù.
3) Il criterio della dissomiglianza è stato già enunciato. Per esempio, ha buona probabilità di essere autentico
l’imperativo «lascia che i morti seppelliscano i morti» (Lc 9, 60) che non ha paralleli, salvo forse presso i filosofi
cinici. Potremmo fare altri esempi: la predicazione del regno, essa soddisfa anche questo criterio perché
l’espressione “regno di Dio” è discontinua rispetto al giudaismo dell’epoca e poco usata nella successiva
tradizione ecclesiastica, Paolo compreso.
4) Il criterio della plausibilità storica è particolarmente adatto a correggere le eventuali distorsioni prodotte
dal criterio precedente. Il criterio ammonisce a tenere conto del nesso fra Gesù e il contesto giudaico e del nesso
fra Gesù e i suoi effetti: in altre parole, la differenziazione di Gesù può essere sorta solo all’interno del contesto
giudaico e i suoi atteggiamenti devono essere stati tali da spiegare l’evoluzione successiva. Ad esempio, il suo
atteggiamento verso la Legge giudaica è di rifondazione, non di abrograzione: in questo modo si spiega, riguardo
a Gesù, sia la sua relativizzazione di alcune parti della Legge che arriva alla critica radicale (il detto sulla purità:
Mc 7, 15) sia la sua tendenza ad «inasprire » altre parti per attuare l’intenzione profonda della Legge (come nel
divieto di far adirare il fratello di Mt 5, 22, o quello del giuramento di Mt 5, 33), e, allo stesso tempo si spiegano,
per quanto riguarda gli sviluppi successivi, le varie tendenze presenti fra i seguaci di Gesù nei confronti
dell’osservanza della Legge (si pensi ai contrasti fra la linea degli ellenisti, la linea di Paolo, quella di Giacomo).
5) Il criterio della coerenza. È un criterio di appoggio, non principale.

Una volta stabilito in base ai criteri sopra esposti il materiale che ha alta probabilità di risalire a Gesù, e una
volta individuate linee di tendenza e costanti nel suo comportamento, si possono integrare nel quadro elementi che
appaiano con esso coerenti. Per esempio: il detto sul divieto del ripudio gode della molteplice attestazione (cfr.
1Cor 7, 10-1; Mc 10, 1 ss.; fonte Q: Lc 16, 18 e Mt 5, 32), ma taluni fanno notare che non è del tutto originale
(a Qumran c’era lo stesso divieto). A rafforzare l’autenticità gesuana si può invocare il criterio della coerenza,
perché il detto si inserisce in modo coerente nella tendenza all’inasprimento etico della Legge propria di Gesù.
Naturalmente non dobbiamo aspettarci dall’applicazione di questi criteri una univocità di risultati: il mestiere
dello storico non equivale all’applicazione di una tecnica, ma investe tutto l’ampio spettro della sensibilità e
dell’intelligenza umane. Piuttosto, si tratta di una piattaforma condivisa di metodi, che consentono a chiunque di
valutare il lavoro del singolo. Quanto abbiamo detto finora si muove nell’ampio spazio degli studi filologici, e
storico-letterari. Ma la ricerca più recente utilizza anche, con profitto, le scienze sociali20. In questo modo si spera
di collocare in modo più soddisfacente Gesù e i suoi seguaci nel contesto della loro cultura e società».

IL CANONE E GLI APOCRIFI

I due termini chiave su cui si fondano le riflessioni qui proposte sono purtroppo non solo polisemici, ma
sottoposti nella storia linguistica e concettuale a fenomeni di rideterminazione semantica. Infatti canone,
oltre ad avere significati diversi sul piano sincronico, ha assunto, anche nel senso di elenco di libri ispirati,
nuovi contenuti a seconda delle epoche: canone nel I secolo probabilmente designava le scritture ebraiche
(cfr. Vian, Bibliotheca divina); più tardi accoglieva anche scritti cristiani. Inoltre vi è un fatto sconcertante:
l’esistenza di più canoni nell’antichità cristiana, a seconda non solo delle aree geografiche (la Siria e
l’Armenia), ma anche delle tendenze ideologiche di coloro che li hanno compilati. Sono infatti esistiti più
canoni, che hanno compreso libri diversi: l’Apocalisse e alcune lettere pastorali sono assenti del novero del
NT di area antiochena e in particola siriaca.
Inoltre il primo canone di cui abbiamo notizia è quello marcionita (elaborato da Marcione di Sinope):
esso comprendeva le lettere di Paolo e il Vangelo di Luca, purificato dalle presunte interpolazioni
giudaizzanti che Marcione vi individuava, in particolare la sezione infantile.
Invece il primo canone di parte cattolica è il cosidetto canone muratoriano, della fine del II secolo (ma da
alcuni datato al IV secolo), cui ne seguono altri, quali quelli riportati da Eusebio all’inizio del IV secolo e
Atanasio nel 367.
Se così varia si presenta la nozione di canone, altrettanto può dirsi per quella di apocrifo, naturalmente
applicato a un testo scritto. Vi è infatti una duplice valenza di questo termine: quello di scritto nascosto,
segreto, anche ispirato e dunque vero; quella invece più corrente di testo non ispirato (Gerolamo), che è
contigua a quella negativa di testo eretico. Dunque si tratta di una nozione relativa più alla ricezione che alla
redazione.
Oggi per apocrifi intendiamo una serie di scritti o frammenti diversissimi per genere, ideologia e
propositi, che non corrispondono agli scritti racchiusi nel canone maggioritario del IV secolo. Si tratta di una
definizione esclusivamente negativa. E’ una nozione che ha una sua storia. Anche tra II e III secolo si parla
di scritti non appartenenti al novero delle scritture ispirate: questo o nel senso neutro che si tratta di scritti
non direttamente ispirati; o nel senso negativo di scritti che, pur presentandosi nella forma di scritti canonici,
propongono dei contenuti errati. Alcuni di essi contengono una mescolanza di verità e falsità: forse perché,
secondo antichi autori cristiani, sono stati interpolati dagli eretici. Naturalmente la nozione attuale di
apocrifo ha perduto qualsiasi connotazione confessionale.
La nozione moderna di apocrifo è dunque di carattere negativo, e finisce per coprire una vasta gamma di
scritti prodotti in circostanze e con propositi diversi: alcuni sono stati scritti quando ancora non esisteva un
canone, altri quando ne esistevano una pluralità, ma erano ancora concorrenziali; altri consapevolmente
scritti quando un canone maggioritario si era affermato. Tra questi ultimi, alcuni sono degli scritti di
opposizione alla Grande Chiesa (nozione introdotta da Celso), altri invece sono del tutto neutrali e si
propongono di riempire le lacune dei Vangeli. La nozione moderna definisce dunque apocrifo un
qualsiasi scritto contenga memorie delle figure di Gesù e dei suoi discepoli: si va da testi composti
all’inizio del II sec. a testi creati ex novo o rielaborati a partire da materiale preesistente anche di età
medievale.
Vi è inoltre un fatto che merita la massima attenzione: alcune forme testuali dei Vangeli propongono detti
ed episodi che non sono presenti nella maggioranza dei manoscritti a noi giunti. Anche queste varianti
possono essere definite apocrife. Ad esempio il Diatessaron di Taziano attingeva, oltre ai vangeli canonici,
anche ad altre tradizioni che possiamo definire apocrife. Esempi: Mt 3,15 e paralleli: “Una luce venne dai
cieli assieme allo Spirito Santo e rifulse intorno a lui”.
- La nascita del canone non è un’operazione neutrale sul testo dei Vangeli e del resto del cosidetto NT:
infatti il canone agisce anche da blocco della mobilità testuale che caratterizza molte memorie relative a
Gesù e suoi discepoli. I testi che invece non sono compresi del canone continuano a subire ogni sorta di
cambiamento a seconda delle esigenze ideologiche, ecclesiastiche ed anche estetiche delle varie comunità o
dei vari gruppi.
- Questo non vuole affatto dire che i Vangeli costituiscano un testo neutrale, mentre i testi apocrifi sono
invece segnati da tendenziosità ideologica: vuol dire che alcuni testi, divenuti più ufficiali, vengono sottratti
a quella mobilità testuale che caratterizzava una buona parte della letteratura cristiana primitiva; ma questo
non vuol dire che presi singolarmente non esprimessero anch’essi una concezione cristologica.
- Teniamo conto che uno degli elementi che spinge a raccontare memorie di Gesù e dei suoi apostoli è di
origine teologica: certe narrazioni (pensiamo ad esempio alla Passione, o alla scena del Battesimo) sembrano
derivare da una lettura delle antiche profezie trasformata in racconto.
A questo processo sono sottoposti anche i Vangeli. Molti ambienti, già al tempo della redazione di Matteo
e di Luca, dunque tra il 70 e il 90 d.C., avevano l’esigenza di sottolineare la straordinarietà della nascita di
Gesù, minimizzando la sua umanità. Si prendevano allora collezioni di testimonia anticotestamentari di
carattere messianico e questi venivano sceneggiati. I racconti dell’infanzia di Matteo e di Luca dunque
esprimevano in forma narrativa delle nozioni teologiche.
Lo stesso fecero alcuni testi che parlavano dell’infanzia di Gesù, e che tendevano a sottolineare la purezza
di Maria e la nascita legittima di Gesù contro accuse di parte ebraica circa la sua illegittimità, come fa il
Protoevangelo di Giacomo, che rappresenta ebrei che testimoniano della purezza di Maria.
AD ESEMPIO, ISAIA 7,13-14 viene applicato alla nascità di Gesù sotto una forma in cui la profezia “una
vergine concepirà e partorirà” viene definita oggetto di contesa proposto da Dio agli uomini.
- Se nei Vangeli canonici e in quelli giudeocristiani le parole di Gesù appaiono soprattutto pronunciate
durante la sua vita terrena, questo non vuol dire che nelle fonti a cui hanno attinto i loro autori essi non
fossero invece attribuiti al Risorto, EVENTUALMENTE PRONUNCIATE PER BOCCA DI PROFETI
CRISTIANI.
- Quando nel corso del sec. II si precisò l'opposizione dottrinale tra gli gnostici e quella che si veniva
costituendo come "grande Chiesa", si pose anche il problema degli scritti che trasmettevano l'autentica
tradizione su Gesù e la genuina predicazione apostolica. Circolavano infatti diverse raccolte di detti e fatti di
Gesù, come pure numerosi scritti sotto il nome di apostoli o di loro discepoli, e gruppi gnostici si
richiamavano a tradizioni trasmesse segretamente a partire da questo o quell'apostolo. Contro di loro si fece
valere la tradizione pubblica, portata dalla successione episcopale nelle diverse Chiese, e si definì
progressivamente un consenso intorno a una raccolta di libri cristiani ammessi come autentici e ispirati.
Junod e Norelli hanno insistito su alcune caratteristiche degli apocrifi:
- il richiamo a figure o eventi delle origini (in primo luogo delle origini cristiane), come "sviluppo
diversificato delle tradizioni memoriali relative alle origini, indipendentemente da qualunque idea di una
collezione normativa in via di formazione";
- una trasmissione del testo disordinata, a seguito di un'assenza di autorità (viceversa, l'autorità canonica
ha fissato e protetto il testo degli scritti neotestamentari), attraverso traduzioni, abbreviazioni, ampliamenti,
rifacimenti e così via; di qui i problemi posti da un'edizione critica di tali testi;
- l'impossibilità di raggruppare questi testi, anonimi, per epoca, luogo, teologia o ideologia, genere
letterario.
- la costituzione di un corpus di scritti apocrifi è un'iniziativa artificiale e tardiva, che nulla ha a che fare
con le intenzioni di ciascun testo, e non rende giustizia alle loro particolarità; più ingannevole ancora è lo
sforzo di circoscrivere rigorosamente il corpus.
- Di conseguenza, lo studio serio di un apocrifo non si fa confrontandolo in primo luogo con gli altri
apocrifi, ma con gli altri scritti antichi, cristiani ma anche non cristiani, che possono contribuire a illuminarne
la situazione storica e le idee, e da esso a loro volta essere illuminati, siano essi "canonici", "patristici",
"apocrifi", "eretici"; se possibile, si devono individuare le relazioni intertestuali, favorite nel nostro caso
dalla già menzionata tendenza a riscrivere e attualizzare senza posa gli apocrifi (si pensi solo alla letteratura
sull'infanzia di Maria e su quella di Gesù). Raccolte di apocrifi in traduzione, come quelle già menzionate,
possono essere di utilità pratica, ma non devono far dimenticare questo fatto fondamentale.
- Proprio a causa delle trasformazioni or ora menzionate, è spesso difficile "fissare" la forma testuale di
un apocrifo, come può farsi attraverso l'esame della tradizione manoscritta, per esempio, di un testo classico
o neotestamentario. Nella trasmissione di un apocrifo (che avviene di regola in una molteplicità di lingue)
non intervengono solo errori o leggere modifiche di copisti, ma consapevoli e complesse operazioni di
ipertestualità, al punto che in certi casi la nozione di testo deve lasciare posto a quella di un complesso
testuale irriducibile a unità: tipico il caso dei cosiddetti Atti di Pilato, in realtà vera e propria letteratura,
distribuita su più secoli, sulla passione di Gesù e sua discesa agli inferi.
- La dizione "apocrifi del Nuovo Testamento" (lo stesso vale per l'AT) è da abbandonare, in quanto
veicola un'idea del rapporto tra tali scritti e il canone biblico non solo scorretta per le ragioni già accennate,
ma anche inadeguata per statuire sulla pertinenza dei singoli testi al gruppo. Esempio: l'Ascensione di Isaia è
senza dubbio uno scritto cristiano, ma ha il genere letterario dei libri veterotestamentari:, non v'è da stupirsi
se la si trova inclusa nelle raccolte di apocrifi sia dell'AT, sia del NT, mentre la sua definizione come
apocrifo cristiano antico non lascia spazio ad ambiguità. La designazione di apocrifi cristiani antichi è da
preferire, in quanto legata all'origine del testo. Uno scritto può peraltro anche costituire la cristianizzazione,
più o meno superficiale, di un altro non cristiano: ciò è comunemente ammesso, p.e., per i Testamenti dei
dodici patriarchi, inclusi tra gli apocrifi cristiani fino al secolo scorso, in seguito invece tradotti nelle
raccolte di "apocrifi dell'Antico Testamento".
- Costitutivo per la classificazione di un testo come apocrifo ci sembra il suo riferimento a un momento
fondamentale del cristianesimo, cioè ai detti e ai fatti di Gesù e dei suoi apostoli e discepoli.

ALCUNI APOCRIFI SIGNIFICATIVI


(in gran parte derivato da scritti di Norelli)

-Varie forme di vangeli e raccolte di detti. Così il Vangelo di Tommaso ritrovato in traduzione copta tra i
testi della biblioteca gnostica di Nag Hammadi (qualche frammento in greco, lingua originale, resta su
papiri) reca questo titolo, ma non assomiglia affatto al modello dei Vangeli canonici: si tratta di una raccolta
di 111 detti di Gesù, inquadrati talora in una tenue cornice narrativa. È "vangelo" solo in quanto il messaggio
in essi contenuto si propone come via di salvezza: quest'ultima può venire raggiunta mediante il distacco
radicale dal mondo e il ripiegamento nella propria interiorità, per conoscere se stessi come figli del Padre
vivente. Molte sentenze hanno paralleli nella tradizione canonica (alcune in parole di Gesù trasmesse al di
fuori di questa); si continua a discutere se lo scritto dipenda dai Vangeli canonici oppure rappresenti una
tradizione parallela dei detti di Gesù (questa seconda ipotesi appare non improbabile). Lo scritto proviene
verosimilmente dalla Siria orientale e può risalire alla metà del sec. II. Pure a Nag Hammadi si è ritrovato il
Vangelo secondo Filippo (forse della seconda metà del sec. III): esso contiene 17 detti di Gesù e alcune
storie su di lui, in parte risalenti al sec. II, ma nell'insieme appare come una raccolta di estratti di una
catechesi sacramentale degli gnostici valentiniani.
Parole isolate di Gesù (i cosiddetti àgrapha) sono trasmesse al di fuori dei vangeli, in scritti cristiani
antichi (e altre gliene sono attribuite nel Talmud e soprattutto nella tradizione islamica).
Analoghi per forma ai Vangeli canonici sono invece i vangeli in uso presso comunità giudeocristiane, di
cui diversi autori antichi hanno trasmesso frammenti, con attribuzione spesso confusa. Gli studiosi
distinguono: Vangelo dei Nazareni, probabilmente una versione aramaica del vangelo greco di Matteo;
Vangelo degli Ebioniti (sec. II) che insiste sull'umanità di Gesù, respinge la nascita dalla vergine, attribuisce
a Gesù rifiuto del culto sacrificale e vegetarianismo; Vangelo degli Ebrei, composto in greco prima del 180,
probabilmente indipendente dai nostri Vangeli canonici (a differenza dei due precedenti), fortemente legato
all'autorità di Giacomo, fratello del Signore. Del Vangelo degli Egiziani (sec. II) resta qualche frammento,
che rivela uno spiccato encratismo (rifiuto del matrimonio e della generazione).
Passione e risurrezione. Si limitava forse alla passione e risurrezione di Gesù il Vangelo di Pietro,
composto probabilmente in Siria occidentale verso il 150 e di cui si possiede un largo frammento (dalla
lavatura delle mani di Pilato all'inizio della prima apparizione del Risorto in Galilea). Esso è caratterizzato da
un ampio uso implicito dell'AT, dalla tendenza a rigettare sui giudei la responsabilità della morte di Gesù, e
da una descrizione della risurrezione come uscita gloriosa di Gesù dal sepolcro, sorretto da due angeli. Lo
scritto presuppone certo tradizioni anteriori alla redazione dei Vangeli canonici. Anche questo vangelo non
corrisponde dunque precisamente alla struttura di quelli canonizzati.
- Nascita e infanzia di Maria e di Gesù. L'attenzione si polarizzò pure sull'altra estremità della vita di
Gesù. Già nel sec. I si raccolsero pretese profezie bibliche della nascita dalla Vergine e si svilupparono,
presso Matteo e Luca, i primi racconti; fu poi probabilmente la polemica con i giudei (che rovesciavano in
accusa di nascita illegittima l'annunzio cristiano della nascita di Gesù da una vergine) a ispirare la Natività di
Maria (metà del sec. II), più nota come Protovangelo di Giacomo dal titolo assegnatole nella prima edizione
a stampa (1552). Narrava la nascita di Maria dalla coppia già anziana di Gioacchino e Anna, la sua infanzia
trascorsa nel Tempio dall'età di tre anni alla pubertà, il suo affidamento all'anziano vedovo Giuseppe perché
ne proteggesse la verginità; il concepimento miracoloso, la visita a Elisabetta, il viaggio da Nazaret a
Betlemme, la nascita di Gesù in una grotta mentre Giuseppe era andato a cercare una levatrice, la quale,
giunta a cose fatte, non può che constatare il prodigio del parto verginale; l'adorazione dei magi, la strage
degli innocenti e la partenza per l'Egitto. Il libro si presenta come scritto dal "fratello di Gesù" Giacomo,
figlio del primo matrimonio di Giuseppe e testimone oculare degli eventi. L'opera, imperniata più su Maria
che su Gesù, ha l'evidente scopo di documentare (richiamandosi ogni volta a testimonianze di giudei: i
sacerdoti del Tempio, la levatrice) la costante purezza di Maria.
Diversa l'intenzione che guida un altro scritto di grande fortuna, i Racconti dell'infanzia del Signore (Tà
paidikà tou Kuríou), serie di aneddoti sull'infanzia di Gesù tra i cinque e i dodici anni, spesso menzionata
come Vangelo dell'infanzia di Tommaso dal nome del sedicente autore, che compare però solo in recensioni
tardive. Il silenzio dei Vangeli canonici sull'infanzia di Gesù stimolava la curiosità su di essa, e si tendeva a
riempirla con manifestazioni anticipate del suo potere divino: l'opera raccoglie una serie di narrazioni,
almeno in parte già circolanti isolatamente, e rimaste poi nella fantasia popolare (Gesù che fa volare,
battendo le mani, i passeri di fango; che fa morire sul colpo un bambino che lo aveva urtato; che resuscita un
compagno caduto dal tetto; che confonde il maestro di scuola...). Il carattere stesso dell'opera favoriva le
aggiunte e le modifiche, e in effetti se ne possiede una straordinaria quantità di redazioni diverse, in varie
lingue; l'originale può rimontare al sec. II.
Le due ultime opere menzionate furono poi sommate e rielaborate per creare storie, sempre più ricche di
elementi straordinari, delle circostanze comprese tra il concepimento di Maria e l'episodio di Gesù nel
Tempio con i dottori (Lc 2,41-51): sono di tal genere il Vangelo dello Pseudo Matteo (in latino; prima del
sec. IX) e il De nativitate Mariae (sec. IX, in latino; abbreviazione della I parte del precedente). Questi due
scritti trasmisero al Medio Evo latino il ciclo di racconti sulla nascita e l'infanzia di Maria e di Gesù, così
presenti nell'arte figurativa.
Altri sviluppi successivi, più o meno ampliati, sono il Vangelo arabo dell'infanzia; il Vangelo armeno
dell'infanzia; la Storia di Giuseppe il falegname (versioni in copto e in arabo); e altre riscritture medievali in
latino e in lingue volgari d'Occidente.
- Assunzione di Maria. Sulla dormizione e l'assunzione di Maria tacciono gli scritti canonizzati. La vasta
letteratura antica sul tema (una sessantina di opere in otto lingue) è legata allo sviluppo della festa relativa e
della sua liturgia e comprende un gran numero di omelie. Tra i testi più antichi si situa il Libro della
dormizione dello Pseudo Giovanni (sec. V o VI, in greco), che narra la riunione degli apostoli dai loro luoghi
di missione presso Maria, gli attacchi dei Giudei, la morte di Maria con i miracoli connessi e il trasferimento
del suo corpo in paradiso da parte degli angeli. Di una redazione latina dello Pseudo-Giovanni restano
frammenti.
Pure in latino, in due recensioni diverse, è il Transito (B) dello Pseudo-Melitone di Sardi (sec. V-VI), che
sviluppa ulteriormente il motivo dell'assunzione in cielo; è esso probabilmente a influire sulla
trasformazione, a Roma, della festa della Dormizione in festa dell'Assunzione (fine sec. VIII), ed è esso che
ispira il racconto influentissimo della Legenda Aurea di Jacopo da Varazze (sec. XIII).
Importante è il panegirico sulla dormizione scritto da Giovanni arcivescovo di Tessalonica verso il 630.
La ricezione in Occidente di quest'ultimo scritto e dello Pseudo-Giovanni passa attraverso il tardivo Transito
dello Pseudo-Giuseppe di Arimatea, in latino. Numerose dormizioni e omelie sullo stesso argomento sono
trasmesse in siriaco, in copto, in arabo, in etiopico (tra cui particolarmente sviluppato il Libro del riposo, che
aggiunge visite di Maria e degli apostoli all'inferno e in paradiso), in georgiano e in armeno.
- Dialoghi del Risorto. Come ricordato sopra, il richiamo alla tradizione segreta di cui sarebbe stato primo
portatore uno degli apostoli svolse una funzione presso vari gruppi delle origini cristiane, in particolare
gnostici. Dal punto di vista letterario, esso generò tuttavia soprattutto scritti da ricollegarsi al tipo
"evangelico" e/o apocalittico, in particolare dialoghi di rivelazione tra il Risorto e i discepoli. In ambiente
gnostico, sono da annoverare tra questi l'Apocrifo di Giacomo (sec. Il?), le due Apocalissi di Giacomo (sec.
II), il Libro di Tommaso (sec. III?), tutti ritrovati a Nag Hammadi, e il Vangelo di Maria (Maddalena; sec.
II); in campo "ortodosso", il genere dei dialoghi col Risorto è piuttosto l'eccezione ed è rappresentalo
essenzialmente dall'Epistola degli apostoli (metà sec. II), colloquio tra i Dodici e Cristo, di orientamento
antidoceta (insiste sulla realtà dell'incarnazione e della risurrezione) e ispirato a tematiche cristologiche
arcaiche (Cristo, disceso attraverso i cieli assumendo la forma degli angeli, appare a Maria nell'aspetto
dell'angelo Gabriele e quindi entra in lei).
- Lettere. Scarse sono invece le lettere apostoliche apocrife. Vanno ricordate innanzitutto la lettera dei
Corinzi a Paolo e la risposta di quest'ultimo (3 Corinzi), composte probabilmente in Siria nel sec. II in
funzione antignostica e in seguito inserite negli Atti di Paolo. Il Canone di Muratori (fine sec. II), che elenca
e discute i libri da accettare, menziona due false lettere di Paolo, ai Laodiceni e agli Alessandrini; una lettera
ai Laodiceni in latino è rimasta in alcuni manoscritti biblici. Un gruppo di 14 lettere in latino si presenta
come una corrispondenza tra Paolo e il filosofo Seneca; il contenuto è assai povero; lo scritto deve risalire al
sec. IV. È di notevole interesse una lunga lettera di Tito, discepolo di Paolo, sulla castità, conservata in latino
in un solo manoscritto: si tratta di uno scritto ascetico che esalta l'encratismo e proviene forse dai
priscillianisti spagnoli dei sec. V. Contiene molte citazioni dalla Scrittura, in parte apocrife.
- Atti. Assai ricca è invece la letteratura di atti apocrifi di apostoli, la quale veicola in generale proprio il
modello di apostolo che era stato combattuto da Paolo: l’ “uomo divino", che attraverso la potenza dei suoi
prodigi manifesta la presenza e la superiorità del Dio da lui annunziato. Mentre gli Atti di Luca divengono
canonici come "atti di tutti gli apostoli" (così li definisce il Canone di Muratori), fioriscono, nel sec. II, atti
imperniati su singoli apostoli, caratterizzati dalle loro gesta (genere delle prâxeis) e/o dai loro viaggi (genere
dei perìodoi). Essi sfruttano temi del romanzo ellenistico a fini di propaganda cristiana; diffusa in essi è la
valorizzazione dell'ascesi e, spesso, dell'encratismo sessuale. I primi cinque grandi Atti (ma il loro
raggruppamento è posteriore, e non rende giustizia alle caratteristiche proprie di ognuno) sono quelli di
Giovanni, di Pietro, di Andrea, di Paolo e di Tommaso, composti tutti tra il sec. II e III. Questi ultimi,
composti nella Siria orientale, contengono motivi gnostici, e in particolare includono un bellissimo
componimento poetico certo preesistente, il Canto della perla, allegoria dell'anima, elemento divino
decaduto, imprigionato in questo mondo e poi redento. Tematiche gnostiche hanno trovato ingresso anche in
altri Atti (Giovanni, Andrea); tra i testi gnostici copti (codice di Berlino e biblioteca di Nag Hammadi) sono
stati ritrovati un episodio degli Atti di Pietro, nonché Atti di Pietro e dei dodici apostoli, che potrebbero
risalire al sec. II, testi entrambi in sé non gnostici, ma che si prestavano a interpretazione gnostica. L'idea che
l'insieme degli Atti apocrifi più antichi sia di provenienza gnostica è però oggi abbandonata. A causa di
motivi divenuti dottrinalmente sospetti, come pure della loro adozione da parte di gruppi eterodossi, gli Atti
vennero ripetutamente condannati; si continuò a leggerli nei monasteri, ma la loro lunghezza fece sì che se
ne conservassero dei riassunti o degli estratti; tutti gli Atti menzionati, salvo quelli di Tommaso, ci restano
dunque in modo frammentario. Solo la parte finale, contenente il martirio dell'apostolo (eccezione: Atti di
Giovanni), veniva estratta e ampiamente ricopiata perché utilizzata per la festa liturgica relativa; i martiri ci
restano dunque in numerosi manoscritti. Numerosi sono gli Atti più tardivi, in parte derivati dai precedenti;
ricordiamo quelli di Filippo, di Bartolomeo, di Barnaba.
-Apocalissi. Chiamiamo "apocalissi" quegli scritti in cui a esseri umani vengono rivelate (in genere
mediante visione) entità proprie del mondo divino, comunemente nascoste agli occhi umani, e che hanno
significato decisivo per la salvezza da una situazione dominante in questo mondo e percepita come negativa.
E’ comprensibile che alle origini cristiane si adottasse tale forma per riflettere sul significato della persona e
dell'opera del Salvatore; essa permetteva infatti di accedere alla dimensione divina di colui che aveva agito in
questo mondo come l'uomo Gesù. In tale quadro, l'opera di Gesù si svelava come il punto di riferimento di
tutta la storia del mondo, anche e soprattutto dei conflitti tra le forze spirituali del bene e del male di cui si
ammetteva che agissero dietro gli eventi visibili. Così già l'Apocalisse di Giovanni, poi divenuta canonica,
poteva mettere il presente della comunità cristiana in relazione con gli ultimi tempi a partire dalla centralità
della figura di Gesù.
L'Ascensione di Isaia, composta probabilmente in Siria ai primi del sec. II, sviluppando l'idea che il
profeta in questione avesse parlato di Cristo, gli attribuiva una visione relativa alla futura venuta in questo
mondo del Salvatore celeste, sotto forma di Gesù, per liberare gli umani dall'assoggettamento alle potenze
malvagie del firmamento; la tematica cristologica era dunque anche qui centrale. L'Apocalisse di Pietro,
composta in Palestina o in Siria durante la seconda guerra giudaica (132-135), non presuppone la
preesistenza divina di Gesù; il centro, e l'oggetto della rivelazione, è qui la costituzione dell'uomo Gesù,
martire, come Figlio di Dio in occasione della sua risurrezione e ascensione al cielo. I giusti potranno
accedere al cielo proprio in virtù di questa sua elevazione, la quale è anche la condizione della risurrezione
dei morti e del giudizio finale. Lo scritto contiene una rassegna di pene che saranno inflitte ai nemici di
Cristo dopo il giudizio; in un ulteriore rifacimento, che ci è in parte pervenuto, queste pene sono descritte
come già presenti nell'aldilà, e costituiscono l'oggetto di una visione concessa a Pietro, seguita da una visione
del paradiso. Questo slittamento del "paradiso" e dell’ “inferno" da condizioni escatologiche a entità già
presenti "altrove" diviene determinante, a scapito della centralità della tematica cristologica, nelle successive
apocalissi, imperniate sul viaggio nell'altro mondo: tra esse basterà qui ricordare l'Apocalisse di Paolo (sec.
IV?), che ebbe enorme fortuna e che, attraverso i suoi numerosi rifacimenti latini, influì su tutto il Medio
Evo.
ESEMPILFICAZIONE TESTUALE
TESTI 1
I vignaiuoli omicidi: Vangelo di Tommaso e i sinottici

Tommaso 65-66 Matteo 21,33-39 Marco 12,1-8 Luca 20,9-15


65 Disse: «Un uomo onesto 33 Ascoltate un'altra 1 Gesù si mise a parlare loro 9 Poi cominciò a dire al
aveva una vigna. La diede a parabola: C'era un padrone in parabole: «Un uomo popolo questa parabola:
dei vignaiuoli perché la che piantò una vigna e la piantò una vigna, vi pose «Un uomo piantò una
coltivassero ed egli ne circondò con una siepe, vi attorno una siepe, scavò un vigna, l'affidò a dei
ricevesse il frutto dalle loro scavò un frantoio, vi costruì
torchio, costruì una torre (Is coltivatori e se ne andò
mani. una torre (Is 5,1-2), poi 5,1-2), poi la diede in affitto lontano per molto tempo.
Mandò il suo servo perché i l'affidò a dei vignaioli e se
a dei vignaioli e se ne andò 10 A suo tempo, mandò un
vignaiuoli gli dessero il ne andò. 34 Quando fu il lontano. 2 A suo tempo servo da quei coltivatori
frutto della vigna. Presero il tempo dei frutti, mandò i inviò un servo a ritirare da perché gli dessero una parte
suo servitore, lo colpirono e suoi servi da quei vignaioli
quei vignaioli i frutti della del raccolto della vigna. Ma
poco ci mancava che lo a ritirare il raccolto. 35 Ma
vigna. 3 Ma essi, i coltivatori lo percossero e
uccidessero. Il servitore quei vignaioli presero i servi
afferratolo, lo bastonarono e lo rimandarono a mani
tornò e raccontò ciò che era e uno lo bastonarono, l'altro
lo rimandarono a mani vuote. 11 Mandò un altro
accaduto. Il signore disse: lo uccisero, l'altro lo vuote. 4 Inviò loro di nuovo servo, ma essi percossero
“Forse non l’hanno lapidarono. 36 Di nuovo un altro servo: anche quello anche questo, lo insultarono
riconosciuto”. Mandò allora mandò altri servi più lo picchiarono sulla testa e e lo rimandarono a mani
un altro servitore. I numerosi dei primi, ma lo coprirono di insulti. 5 Ne vuote. 12 Ne mandò ancora
vignaiuoli lo colpirono a sua quelli si comportarono nello
inviò ancora un altro, e un terzo, ma anche questo lo
volta. Allora il signore inviò stesso modo. 37 Da ultimo questo lo uccisero; e di ferirono e lo cacciarono. 13
suo figlio e disse: “Forse mandò loro il proprio figlio
molti altri, che egli ancora Disse allora il padrone della
avranno rispetto di mio dicendo: Avranno rispetto di
mandò, alcuni li vigna: Che devo fare?
figlio”. Quando i vignaiouli mio figlio! 38 Ma quei bastonarono, altri li Manderò il mio unico figlio;
seppero che era l’erede della vignaioli, visto il figlio,uccisero. 6 Aveva ancora forse di lui avranno rispetto.
vigna, lo presero e lo dissero tra sé: Costui è uno, il figlio prediletto: lo 14 Quando lo videro, i
uccisero. l'erede; venite, uccidiamolo,
inviò loro per ultimo, coltivatori discutevano fra
e avremo noi l'eredità. 39 E,
dicendo: Avranno rispetto loro dicendo: Costui è
presolo, lo cacciarono fuori
per mio figlio! 7 Ma quei l'erede. Uccidiamolo e così
della vigna e l'uccisero. vignaioli dissero tra di loro: l'eredità sarà nostra. 15 E lo
Questi è l'erede; su, cacciarono fuori della vigna
uccidiamolo e l'eredità sarà e l'uccisero.
nostra. 8 E afferratolo, lo
uccisero e lo gettarono fuori
della vigna.
Chi ha orecchi, intenda» 40 Quando dunque verrà il 9 Che cosa farà dunque il Che cosa farà dunque a
padrone della vigna che farà padrone della vigna? Verrà costoro il padrone della
a quei vignaioli?». 41 Gli e sterminerà quei vignaioli e vigna? 16 Verrà e manderà
rispondono: «Farà morire darà la vigna ad altri. a morte quei coltivatori, e
miseramente quei malvagi e affiderà ad altri la vigna».
darà la vigna ad altri Ma essi, udito ciò,
vignaioli che gli esclamarono: «Non sia
consegneranno i frutti a suo mai!».
tempo».
66 Disse Gesù: «Mostratemi 42 E Gesù disse loro: «Non 10 Non avete forse letto 17 Allora egli si volse verso
la pietra che gli edificatori avete mai letto nelle questa Scrittura: di loro e disse: «Che cos'è
hanno respinto. Essa è la Scritture: a pietra che i costruttori dunque ciò che è scritto:
pietra d’angolo» (Sal La pietra che i costruttori hanno scartata La pietra che i costruttori
118[117],22-23) hanno scartata è diventata testata hanno scartata,
è diventata testata d'angolo; d'angolo? è diventata testata d'angolo?
dal Signore è stato fatto
questo
ed è mirabile agli occhi
nostri?

Notare: citazione di Isaia come antecendente profetico alla critica delle autorità giudaiche; Sal 118 in senso
cristologico; uccisione del figlio fuori dalla vigna / Gerusalemme.
TESTI 2
PAPIA DI GERAPOLI (I quarto del II sec.) / SERAPIONE DI ANTIOCHIA (fine II sec.)

Frammento in Eusebio, Storia ecclesiastica III, 39


2. Lo stesso Papia, nel proemio del suo scritto, afferma di non avere ascoltato né visto di persona i santi
apostoli, ma di avere appreso i contenuti della fede da coloro che li conobbero. Ecco le sue parole: 3. «Non
esiterò a riferirti anche quelle notizie che un tempo ho rettamente appreso dai presbiteri e che ho bene
impresso nella memoria sicuro della loro veridicità. Non godevo infatti, come i più, di coloro che dicono
molte cose, ma di quelli che insegnano la verità, né di quelli che trasmettono la memoria di precetti estranei,
ma di coloro che trasmettono la memoria dei precetti dal Signore consegnati alla fede e provenienti dalla
verità stessa.
(...)
4. Non pensavo infatti di dovere a ciò che avevo appreso dai loro (= i seguaci dei prebiteri uditori degli
apostoli) libri tanto quanto alle cose imparate dalla loro voce viva e sicura».

Nota: Trasmissione della tradizione = trasmissione del carisma

IRENEO DI LIONE

Valore del testo scritto dei quattro Vangeli e criteri della loro ermeneutica: la successione episcopale
come garante della loro ermeneutica.

SERAPIONE DI ANTOCHIA

Eusebio di Cesarea, Storia ecclesiastica, VI, 12


C’è un altro libro da lui composto Sul cosidetto Vangelo secondo Pietro, che egli scrisse per confutare le
menzogne contenute in questo vangelo, a motivo di alcuni fedeli della diocesi di Rhosos, che, con il pretesto
del suddetto scritto, si erano accostati ad insegnamenti eterodossi. Di quest’opera appare utile citare un breve
passo, nel quale motiva l’opinione che egli ha dell’opera, quando scrive così: 3. «Quanto a noi, infatti, o
fratelli, accogliamo Pietro e gli altri apostoli come Cristo, ma, in quanto uomini accorti, rigettiamo i falsi
scritti che portano il loro nome, nella certezza che non ci è stato tramandato nulla di simile. 4. Quando sono
stato tra voi, infatti, presumevo che tutti voi foste legati alla retta fede e, non avendo letto il Vangelo da loro
presentato col nome di Pietro, ebbi modo di dire che se solo è questo ciò che sembra spaventarvi, lo si legga
pure. Ma, poiché adesso ho appreso, da quanto mi è stato riferito, che la loro mente celava un’eresia, al più
presto tornerò tra voi: perciò, fratelli, aspettatemi presto. 5. (...) 6. Allora abbiamo preso, infatti, in prestito
questo stesso Vangelo da altri che lo avevano praticato, vale a dire dai successori di coloro che l’hanno
introdotto per la prima volta, che noi chiamiamo doceti - infatti la maggior parte delle loro idee appartiene a
questo insegnamento -; abbiamo avuto modo di scorrerlo e di ritrovarvi insieme a gran parte della dottrina
vera del Salvatore anche alcune aggiunte, che abbiamo altresì sottoposto alla vostra attenzione».
TESTI 3
VANGELO DI TOMMASO
(NH II,2)

Ecco le parole segrete che Gesù il vivente ha detto e che Didimo Giuda Tommaso ha trascritto.
1. E disse: «colui che troverà l’interpretazione (hermHneia) di queste parole non gusterà la morte».
2. Gesù disse: «Che colui che cerca non smetta di cercare, finché non abbia trovato. E quando avrà
trovato, sarà turbato; quando sarà turbato, sarà stupefatto e regnerà sul Tutto» (Vangelo degli Ebrei IIIA e
IIIB).
3. Gesù disse: «Se quelli che vi guidano vi dicono: “Ecco, il regno è nel cielo”, allora gli uccelli del cielo
vi precederanno; se dicono che è nel mare, allora i pesci vi precederanno. Ma il regno è nella vostra
interiorità ed è all’esterno di voi. Quando conoscerete, sarete conosciuti e saprete di essere voi i figli del
Padre vivente. Se invece non conoscete, allora voi siete nella povertà, anzi siete voi stessi la povertà» (cfr. Dt
30,11-14).
13. Gesù disse ai suoi discepoli: “Fatemi un paragone, ditemi a chi assomiglio”. Simon Pietro gli rispose:
“Tu sei simile a un angelo giusto”. Matteo gli rispose: “Maestro, sei simile a un saggio filosofo”. Tommaso
gli rispose: “Maestro la mia bocca è assolutamente incapace di dire a chi sei simile”. Gesù gli disse: “Io non
sono il tuo maestro, poiché hai bevuto e ti sei inebriato alla fonte zampillante (brbr) che io stesso ho
scavato”. E lo prese da parte e gli disse tre parole. Quando Tommaso tornò dai suoi compagni, gli
domandarono: “Cosa ti ha detto Gesù?”. Tommaso rispose loro: “Se io vi dicessi una sola delle parole che mi
ha detto, voi prendereste delle pietre e le lancereste contro di me; e allora un fuoco uscirà dalle pietre e vi
brucerà”.
22. Allora gli dissero: “Allora divenendo bambini noi entreremo nel regno?” Gesù disse loro: “Quando
farete di due uno, e farete l'interiore come l'esteriore, e l'esteriore come l'interiore, e l'alto come il basso, e
quando farete del maschio e della femmina una cosa sola, affinché il maschio non sia maschio e la femmina
non sia femmina (...) allora voi entrerete nel regno”.
24. I suoi discepoli dissero: “Istruiscici sul luogo ove tu sei, perché dobbiamo cercarlo”. Egli rispose loro:
“Chi ha orecchie, intenda. Nell'interiorità di un uomo di luce vi è luce e illumina tutto il mondo. Se non
illumina, allora sono tenebre”.
28. Gesù disse: “Mi sono trovato in mezzo al mondo e mi manifestai loro nella carne. Li trovai tutti
ubriachi; tra essi non ne trovai nessuno che avesse sete”.
49. Gesù disse: “Beati i solitari (monaCos = î îdâyâ) e gli eletti. Infatti voi troverete il regno, perché voi
siete da esso e di nuovo vi ritornerete”.
61. “(...) Quando uno sarà indiviso sarà ricolmo di luce; ma quando è diviso sarà ricolmo di tenebre”.
67. Gesù disse: “Colui che conosce il tutto, ma è privo (della conoscenza) di se stesso, è privo del tutto”.
77. Gesù disse: “Io sono la luce che sovrasta tutti loro. Io sono il tutto. Il tutto emanò da me e il tutto
ritorna a me. Spaccate della legna, io sono lì dentro. Alzate la pietra e lì mi troverete”.
TESTI 4
VANGELO DI PIETRO
(Trad. M.G. Mara)

III. 6. Quelli intanto, afferrato il Signore, correndo lo sospingevano e si dicevano: “Trasciniamo il Figlio
di Dio, ora che lo abbiamo in nostro potere”. 7 . E lo rivestirono di porpora e lo misero a sedere su un seggio
di giudizio dicendo: “Giudica secondo giustizia, re d’Israele”. 8. E uno di essi, portata una corona di spine, la
pose sul capo del Signore. 9. E altri, che erano presenti, sputavano sul suo volto e altri lo schiaffeggiavano
sulle guance, e altri lo punzecchiavano con una canna e qualcuno lo frustavano dicendo: “Onoriamo il Figlio
di Dio con questo onore”.

IV. 10. E portarono due malfattori e crocifissero il Signore in mezzo a loro. Ed egli taceva come se non
provasse nessuna sofferenza. 11. E quando drizzarono la croce, vi scrissero sopra: “Questo è il re d’Israele”.
12. E avendo deposte le vesti davanti a lui, se le divisero e gettarono la sorte su di esse. 13. Uno di quei
malfattori li rimproverava dicendo: “Noi per il male che abbiamo commesso soffriamo così; ma costui, che è
diventato il Salvatore degli uomini, in che cosa ha commesso ingiustizia contro di voi?”. 14. E irritatisi
contro di lui, comandarono che non gli fossero spezzate le gambe, perché morisse tra i tormenti.

V. 15. Era mezzogiorno quando le tenebre avvolsero tutta la Giudea ed erano turbati e temevano che il
sole tramontasse mentre ancora viveva; è scritto infatti, per essi: “Il sole non tramonti su di un suppliziato”
(Dt 21,23).
16. E uno di essi disse: “Dategli da bere fiele con aceto”. E preparata la miscela, gliela dettero da bere. 17.
E compirono tutto e accumularono i peccati sul loro capo. 18. Ora, molti giravano intorno con fiaccole
credendo che fosse notte, e caddero. E il Signore gridò dicendo: “Forza mia. Forza. Mi hai abbandonato!”.
E dopo aver parlato fu sollevato. 20. E in quel momento si squarciò in due il velo del tempio di
Gerusalemme. (...)

VII 25. Allora i giudei, gli anziani e i sacerdoti, accortisi di quale male avevano fatto a se stessi,
cominciarono a percuotersi e a dire: “Guai ai nostri peccati; il giudizio e la fine di Gerusalemme sono
vicini”. ([cfr. Luca 23,48: “E tutte le folle che si erano radunate per questo spettacolo, avendo visto
quanto era accaduto, se ne ritornavano battendosi il petto”] medesima variante in DIATESSARON,
tradizione siriaca, ms. g1 della Vetus Latina)

IX 34. Di buon mattino, all’alba del sabato, giunse una folla da Gerusalemme e dai dintorni per vedere il
sepolcro sigillato. 35. Ma nella notte in cui cominciava il giorno del Signore, mentre i soldati a due a due
facevano a turno la guardia, ci fu una grande voce nel cielo 36. e videro i cieli aprirsi e scendere di lì due
uomini ammantati di luce avvicinarsi alla tomba. 37. Quella pietra che era stata posta all’ingresso, ruotando
da sé, si spostò da un lato e il sepolcro si aprì, e i due giovani entrarono. (...)
X 38. Visto ciò, i soldati svegliarono il centurione e gli anziani; anch’essi infatti erano lì a fare la guardia.
39. Mentre essi raccontavano ciò che avevano visto, nuovamente vedono uscire dal sepolcro tre uomini e due
di essi sorreggevano il terzo e una croce veniva loro dietro; 40. E la testa dei primi due giungeva sino al
cielo, mentre quella di colui che conducevano per mano sorpassava i cieli. 41 E udirono una voce dai cieli
che diceva: “Hai predicato a coloro che dormivano?”. 42. E una risposta s’udì dalla croce: “Sì”. (...)
XI. 43. Quelli allora concertarono tra di loro di andare a riferire tali cose a Pilato. 44 Mentre ancora
riflettevano, di nuovo si vedono i cieli aperti e un uomo discenderne ed entrare nella tomba.
TESTI 5

ASCENSIONE DI ISAIA (trad. Cattaneo / Norelli)


→3,21-31 13. Infatti Beliar in ira grande era contro Isaia a causa della visione e a causa dello svelamento
che svelò Sammael, e per il fatto che per mezzo suo fu manifestata la venuta del Diletto dal settimo cielo e la
sua trasformazione e la sua discesa e anche il suo aspetto nel quale doveva trasformarsi in aspetto di uomo, e
anche la sua persecuzione con cui sarebbe stato perseguitato, e anche i tormenti con i quali i figli di Israele
dovevano tormentarlo, e la venuta dei suoi dodici discepoli e l’istruzione, e anche che prima del sabato
sarebbe stato crocifisso, che in un sepolcro anche sarebbe stato sepolto, 14. e i dodici che erano con lui
sarebbero stati scandalizzati da lui, e anche i custodi che avrebbero custodito il sepolcro, 15. e la discesa
dell’angelo della chiesa la quale è nei cieli – questi stesso negli ultimi giorni chiamerà – e l’angelo dello
Spirito santo 16. e Michele capo degli angeli santi, che (hoti) al terzo giorno apriranno il suo sepolcro 17. ed
egli il Diletto sedendo sulle loro spalle uscirà e invierà i suoi dodici discepoli 18. e istruiranno tutti i popoli e
ogni lingua nella resurrezione del Diletto, e quelli invero che crederanno nella sua croce saranno salvati e
nella sua resurrezione al settimo cielo donde venne. (…) 21. E in seguito, al suo (di Cristo) avvicinarsi, i suoi
discepoli abbandoneranno la profezia dei suoi DODICI APOSTOLI, la loro fede e la loro carità e la loro
purezza, 22. e ci saranno molte divisioni al suo avvicinarsi. 23. E in quei giorni ci saranno molti che
vorranno comandare, benché sprovvisti di sapienza. 24. E ci saranno molti presbiteri iniqui e pastori
ingiusti verso le loro pecore, <che saranno disperse>, perché non hanno pastori santi. 25. E molti
<scambieranno la gloria> dei loro abiti santi con gli abiti di chi ama il denaro, <e ci saranno molti che
faranno favoritismi in quel> tempo e ameranno la gloria di questo mondo. 26. E ci saranno molte maldicenze
e molta vana gloria all'avvicinarsi del Signore, e lo Spirito santo si ritirerà dalla moltitudine. 27. E in quei
giorni non ci saranno molti profeti che dicano parole forti, tranne l'uno o l'altro qua e là, 28. a causa dello
spirito di errore, di fornicazione, di vanagloria e di amore del denaro <che sarà in coloro che saranno
chiamati servi di costui e in coloro che aspetteranno costui; 29. e vi sarà in mezzo a loro inimicizia grande
nei pastori e nei presbiteri tra di loro>. (...) 31. E respingeranno le profezie dei profeti che furono prima di
me (Isaia) e dichiareranno nulle queste mie visioni, al fine di proferire le eruttazioni del loro cuore.
→11,2 Vidi una donna, della famiglia del profeta Davide, Maria di nome: era vergine e fidanzata a un
uomo di nome Giuseppe, un costruttore, anch’egli della discendenza e della famiglia di Davide il giusto, che
era di Betlemme di Giuda, 3. e veniva nella sua sorte (Maria). E mentre era fidanzata, risultò incinta, e
Giuseppe, il costruttore, voleva rimandarla. Ma l’angelo dello Spirito apparve nel mondo, e in seguito
Giuseppe non rimandava Maria e la custodiva; ma egli non rivelava a nessuno questa parola. 5. E non si
avvicinava a Maria, e la custodiva come vergine santa, sebbene fosse gravida. 6. E non abitò con lei per due
mesi. 7. E dopo due mesi di giorni, Giuseppe era a casa, come anche Maria, sua moglie, ma ambedue da soli.
8. E accadde, mentre erano soli, che Maria guardò con i suoi occhi e vide un piccolo bambino, e fu turbata. 9.
E dopo che provò turbamento, il suo ventre si trovò ad essere come prima di aver concepito. 10. E quando
suo marito Giuseppe le disse: “Cos’è che ti ha turbato?”, i suoi occhi si apersero e vide il bambino, e
glorificò il Signore, perché il Signore era venuto nella sua porzione. 11. E una voce si fece udire da loro:
“Non parlate di questa visione a nessuno”.
12. E si diffuse una voce sul bambino a Betlemme. 13. C’era chi diceva: “La vergine Maria ha generato,
prima che fosse sposata dopo due mesi”; 14. molti dicevano: “Non ha generato, non è salita un’ostetrica e
noi non abbiamo udito le grida di dolore” (Is 7,13-14).
Matteo 1,18-25
18 Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe,
prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. 19 Giuseppe suo sposo,
che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto. 20 Mentre però stava pensando a
queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide,
non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo.
21 Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».
22 Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:
23 Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio / che sarà chiamato Emmanuele, / che significa Dio
con noi. 24 Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con sé la
sua sposa, 25 la quale, senza che egli la conoscesse, partorì un figlio, che egli chiamò Gesù.
TESTI 6
MITI DI FONDAZIONE URBANA

DOTTRINA DI ADDAI
“Abgar Ukkama a Gesù, il buon medico che è apparso nella terra di Gerusalemme. Mio signore, salute!
Ho sentito parlare di te e delle tue guarigioni e ho sentito che tu guarisci senza droghe o radici, ma grazie alla
tua parola. Fai vedere i ciechi, fai camminare gli storpi, purifichi i lebbrosi, fai sentire i sordi; i posseduti, i
lunatici e i tormentati li guarisci attraverso la tua parola e resusciti persino i morti.
Quando ho sentito dire che tu compi queste meraviglie ho supposto o che sei Dio che è disceso dal cielo e
compie questi miracoli, o che sei il figlio di Dio che fa tutte queste cose. Per questo ti ho scritto per
domandarti di venire presso di me, poiché ti adoro, e di guarire quella specie di lebbra che io ho, poiché
credo in te. Ho anche sentito dire che i giudei mormorano contro di te, ti perseguitano e vogliono addirittura
crocifiggerti; stanno per distruggerti. Io posseggo una piccola città, bella e sufficiente a che vi risiediamo
ambedue nella pace”.
Non appena Gesù ebbe ricevuto la lettera presso il gran sacerdote dei giudei, disse all’archivista Hanna:
“Di’ al tuo maestro che ti ha inviato a me: Beato te che, pur non avendomi visto, hai creduto in me; è scritto
di me che coloro che mi vedono non crederanno in me e che coloro che non mi vedono crederanno in me. Mi
domandi di andare presso di te. Ma ciò per cui io sono stato inviato qui è ormai compiuto e io ascendo da
mio padre che mi ha inviato. Quando sarò risalito da lui, ti invierò uno dei miei discepoli che curerà e guarirà
la tua malattia, quale che sia. E tutti colo che sono presso di te, li convertirà alla vita eterna. La tua città
sarà benedetta. Infine, nessun nemico prevarrà su di essa, per sempre!”.
Mentre Gesù gli parlava così, l’archivista Hanna, che era il pittore del re, dipingeva il ritratto di Gesù con
dei pigmenti scelti e riportò l’immagine al re Abgar, suo padrone. Quando questi la vide, la ricevette con
grande gioia e la mise in un posto d’onore in una parte del suo palazzo. E l’archivista Hanna raccontò a
Abgar tutto quello che aveva udito dalla bocca di Gesù: infatti aveva consegnato ai libri le parole di
quest’ultimo. Dopo che Cristo ascese al cielo, Giuda Tommaso inviò a Abgar l’apostolo Addai, colui che era
stato fra i settentadue discepoli.

MARTIRIO DI MARCO L’EVANGELISTA (SCHEMA)


→Introduzione
“Per questo i canoni beati della santa chiesa unversale e apostolica l’hanno dichiarato evangelista, per il
fatto che è stato il primo, in tutto il paese d’Egitto, in Libia e in Marmarica, nell’Ammoniace e nella
Pentapoli, a predicare la buona novella della venuta del nostro signore e salvatore Gesù Cristo. Infatti tutto il
paese era popolato di incirconcisi di cuore e di idolatri, pieni di ogni impurità e adoratori di spiriti impuri”.
→Miracoli e predicazione a Cirne della Pentapoli
→ “Accadde là (= a Cirene) che lo Spirito Santo gli rivelò di partire per Alessandria, la città del Faro, e di
seminarvi il buon seme di Dio”.
→Arrivo ad Alessandria: : “Il beato Marco arrivò ad Alessandria il secondo giorno e, dopo essere
sbarcato, si recò in un luogo chiamato Mendion”
→Marco conosce il calzolaio Aniano e lo converte.
→ La comunità cresce, ma suscita l’inimicizia dei pagani.
→Marco ordina Aniano vescovo e tre presbiteri: Milios, Sabino e Cerdone.
→Marco torna nella Pentapoli, ordinando vescovi e preti “per regione”.
→Marco ritorna ad Alessandria e trova la comunità fioirente, che aveva costruito una chiesa nel luogo
chiamato “ta boukolou”.
→La Pasqua cadeva il 24 aprile, giorno in cui si faceva anche una processione per il dio egiziano
Serapide.
→Marco per due giorni viene trascinato fino a ta boukolou.
→La folla quindi accende un fuoco nel luogo detto “degli angeli” per bruciare il cadavere. Il Signore
suscita allora un vento che spaventa tutti.
→I cristiani ritirano quello che resta di Marco. Lo depongono nel quartiere dell’est.
TESTI 7
Atti di Tommaso (trad. Camplani): inno della perla (108-113)

1. Quando ero un bambino e abitavo nel mio regno, nella casa di mio padre,
2. e mi riposavo nella ricchezza e fra le delizie di coloro che mi crescevano,
3. dall'Oriente, nostra patria, i miei genitori mi equipaggiarono per mandarmi in viaggio (...)
9. Poi mi spogliarono del vestito splendido che, nel loro amore, avevano fatto per me,
10. e della toga di scarlatto tessuta, misurata sulla mia taglia.
11. Ed essi strinsero un patto con me e lo scrissero nel mio cuore perché non fosse dimenticato:
12. «Se scenderai in Egitto e riporterai la perla unica,
13. quella che è in mezzo al mare, vicino al serpente che soffia,
14. ti rivestirai del vestito splendido e della tua toga di cui ti compiacevi,
15. e con tuo fratello, che è il nostro secondo, tu sarai erede nel nostro regno».
16. Io lasciai l'Oriente e discesi, con due guide,
17. perché la strada era paurosa e difficile, ed io ero troppo giovane per percorrerla.
18. Passai i confini di Maishan, punto di incontro dei mercanti dell'Oriente,
19. e raggiunsi la terra di Babilonia e entrai tra le mura di Sarbug.
20. Scesi in Egitto e i miei compagni si divisero da me.
21. Andai diritto verso il serpente, dimorai presso la sua dimora,
22. finché si assopisse e dormisse e io potessi prendere la perla.
23. E poiché ero solo e unico, divenni un estraneo per i miei compagni d'albergo (...).
31. Ma in un modo o in un altro essi (gli egiziani) scoprirono che non ero figlio del loro paese.
32. Allora mi trattarono ingannevolmente e mi diedero il loro cibo da mangiare.
33. Mi dimenticai di essere figlio di re e servii il loro re.
34. Mi dimenticai della perla per la quale i miei genitori mi avevano inviato.
35. E, sotto il peso dei loro nutrimenti io dormivo di un profondo sonno.
36. Ma di tutto quello che mi era capitato, di ciò i miei genitori si accorsero e soffrirono per me.
37. Si fece un proclama nel nostro regno, che ciascuno venisse alla nostra porta,
38. i re e i capi della Parthia e tutti i nobili dell'Oriente.
39. Ed essi progettarono un piano per me, in modo che non fossi abbandonato in Egitto.
40. Essi scrissero una lettera e ciascuno dei grandi vi scrisse il suo nome:
41. «Da parte di tuo padre, re dei re, e di tua madre, la signora dell'Oriente,
42. e da parte di tuo fratello, il nostro secondo, salute a te, nostro figlio che sei in Egitto.
43. Svegliati e alzati dal tuo sonno e ascolta le parole della nostra lettera.
44. Ricordati che sei figlio di re, guarda la tua schiavitù di cui sei schiavo.
45. Ricordati della perla per la quale sei sceso in Egitto.
46. Ricordati del tuo vestito splendido e ricordati della toga brillante,
47. affinché tu te ne rivesta e te ne adorni, perché il tuo nome è stato proclamato nel libro degli eroi,
48. e con tuo fratello, il nostro pasgriba, con lui tu sia nel nostro regno».
49. E la mia lettera era una lettera che il re, con la sua mano destra, aveva sigillato,
50. per proteggerla dai malvagi, figli di Babilonia e dai demoni crudeli di Sarbug.
51. Essa volò sotto l'apparenza di un'aquila, il re di tutti gli uccelli.
52. Essa volò e si posò vicino a me, e divenne tutta parola.
53. Alla sua voce e al suono del suo movimento mi svegliai e mi alzai dal mio sonno.
54. La presi e la baciai, l'aprii e la lessi.
55. E secondo quanto era stato tracciato nel mio cuore, erano scritte le parole della mia lettera.
56. Mi ricordai di essere figlio di re e la mia nobile nascita rivendicava la sua natura.
57. Mi ricordai della perla per la quale ero stato mandato in Egitto.
58. Cominciai a incantare il serpente terribile e sibilante.
59. Lo costrinsi ad assopirsi e a dormire, poiché pronunciai il nome di mio padre su di lui
60. e il nome del nostro secondo, così come il nome di mia madre, la regina dell'Oriente.
61. E presi la perla e mi voltai per tornare indietro alla casa di mio padre.
62. Il loro vestito sporco e impuro, me ne spogliai e l'abbandonai nel loro paese.
63. E diressi il mio cammino perché giungesse alla luce della nostra patria, l'Oriente.
64. E la mia lettera, quella che mi aveva svegliato, la trovai davanti a me, sulla strada.
65. E come con la sua voce mi aveva svegliato, così con la sua luce, essa mi conduceva (...).

Potrebbero piacerti anche