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Simone Mesbahi
Matricola 1595585
Relatore Correlatore
Antonio Carcaterra Silvia Milana
A.A. 2018-2019
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A mamma, papà, Igor e tutta la mia famiglia,
che avrei tanto voluto potessero assistere al completamento della mia carriera universitaria,
per avermi dato questa possibilità e per avermi guidato nella realizzazione di tale lavoro,
per avermi introdotto al mondo dell’ingegneria garantendomi un percorso universitario di alta qualità.
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Abstract: con il seguente lavoro si intende mettere a confronto diversi criteri di approccio allo
studio dei comportamenti di rollio e beccheggio del veicolo, ed in particolare ci si focalizza sul
paragone tra i metodi di analisi classica e un nuovo metodo basato sul concetto dell’instant
screw axis di un veicolo su sospensioni, presentando due diverse tipologie di ragionamento per
mezzo delle quali poter determinare in maniera equivalente la posizione di tale asse.
INDICE
Introduzione ......................................................................................................................................... 6
1. Stato dell’arte: metodi di analisi classica ................................................................................ 8
1.1 Moti del veicolo: rollio, beccheggio e imbardata .......................................................... 9
1.1.1 Determinazione dell’asse di rollio ......................................................................... 10
1.1.2 Determinazione dell’asse di beccheggio............................................................... 13
1.1.3 Criticità dei metodi classici ..................................................................................... 14
2. Applicazione dei metodi classici ............................................................................................ 16
2.1 Definizione del modello e impostazione della manovra........................................... 16
2.2 Determinazione dell’effettivo punto di contatto del pneumatico ........................... 24
2.3 Determinazione dell’asse di rollio ................................................................................. 32
2.3.1 Analisi della configurazione iniziale .................................................................... 32
2.3.2 Analisi dell’intera manovra ..................................................................................... 39
2.4 Determinazione dell’asse di beccheggio....................................................................... 55
3. Instant screw axis ...................................................................................................................... 67
3.1 Determinazione dell’instant screw axis ........................................................................ 70
3.1.1 L’instant screw axis sospensivo .............................................................................. 85
3.2 Validazione del metodo ................................................................................................. 101
3.3 Applicazione sul veicolo in manovra .......................................................................... 104
3.4 Determinazione dell’instant screw axis dei pneumatici.......................................... 125
3.4.1 L’instant screw axis sospensivo ............................................................................ 127
4. Analisi dei risultati ................................................................................................................. 141
5. Conclusioni ............................................................................................................................... 154
Bibliografia ....................................................................................................................................... 156
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Introduzione
Lo scopo della tesi è l’analisi critica dei metodi di approccio allo studio dei moti di rollio e di
beccheggio e la presentazione di un nuovo metodo basato sull’identificazione dell’instant screw
axis.
L’identificazione dello screw axis offre un nuovo approccio alla progettazione del sistema di
sospensione. Infatti è possibile guidare la collocazione spaziale di tale asse per mezzo di una
riprogettazione delle sospensioni, allo scopo di conferire al veicolo specifici comportamenti:
favorire un comportamento sottosterzante o sovrasterzante, velocizzare o rallentare la risposta
ad un comando di sterzo, o a fenomeni di accelerazione e frenata, determinare un particolare
trasferimento di carico in curva.
La tesi si articola nel seguente modo: si prende in considerazione una vettura sottoposta ad
una manovra e si parte dall’applicazione dei metodi classici sulla configurazione iniziale
assunta dal veicolo, dopo una breve esposizione riguardante la parte teorica che li caratterizza.
Dopodiché si cerca di estendere lo stesso approccio all’intera manovra, valutando così
l’evoluzione delle posizioni degli assi di rollio e di beccheggio. Terminata l’analisi classica si
procede con l’introduzione della teoria dello screw axis di un corpo rigido e delle proprietà che
lo caratterizzano per poter così proseguire con la sua diretta applicazione al veicolo in
questione.
I moti di rollio e di beccheggio sono esclusivamente legati alle oscillazioni del veicolo sulle
sospensioni, quindi la vera difficoltà sta nell’eliminazione della parte di mero moto rigido del
veicolo, isolandone così il solo moto “sospensivo”. Tale obiettivo si raggiunge operando una
diversa declinazione della stessa teoria dello screw axis, per mezzo della quale si garantisce il
successivo confronto tra il metodo classico e quello qui proposto.
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dei due moti separatamente consente infatti di effettuare dei paragoni con i metodi classici
altrimenti non possibili.
In conclusione, è presentato un ulteriore approccio basato sul concetto dello screw axis
associato al moto dell’assieme pneumatico-sospensione relativamente al veicolo, per mostrare
come sia possibile raggiungere lo stesso risultato seguendo un percorso differente.
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1. Stato dell’arte: metodi di analisi classica
In ambito letterario i principali metodi di analisi dei comportamenti di rollio e beccheggio si
basano su dei ragionamenti di natura puramente geometrica e bidimensionale, cioè metodi
planari basati esclusivamente sulla conoscenza della geometria delle sospensioni. È ovvio
quindi che lo studio della determinazione degli assi di interesse dipende in primis dalla
tipologia di sospensione con la quale si ha a che fare.
I metodi classici inoltre si basano su delle costruzioni grafiche che, in generale, vengono
effettuate relativamente alla configurazione iniziale del veicolo, cioè nell’intorno del suo
assetto originale. Inoltre, essi, basandosi come si è detto su dei ragionamenti planari, sono
validi se si considerano i due fenomeni separatamente, cioè in situazioni in cui i due
comportamenti sono ben distinti.
Si intende adesso ripercorrere tali criteri prendendo in considerazione una sospensione del
tipo double wishbone, rappresentata in Figura 1.1.
Osservando la Figura 1.2, si descrivono gli elementi principali che costituiscono questo tipo di
sospensione: due bracci, uno superiore ed uno inferiore che vengono definiti control arms, i
quali, da una parte si vincolano per mezzo di giunti sferici a quell’elemento definito come
“nocca”, o meglio wheel knuckle, ovvero quella parte che, tramite una sorta di perno, definito
spindle, va a vincolare il centro della ruota, definito wheel center, ai due bracci; dall’altra parte
sono vincolati al corpo vettura tramite dei cuscinetti, definiti bushes, i quali vengono in
generale modellati cinematicamente come giunti di rivoluzione. Oltre a questi, ci sono gli
elementi che rappresentano il cuore del sistema sospensivo, ovvero molla e smorzatore, che,
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nello studio dei moti sospensivi della scocca sono fondamentali, ma nell’ambito della
trattazione non verranno presi in considerazione.
Nelle analisi successive si considererà un veicolo con tutte e quattro le sospensioni della
tipologia appena descritta.
I più importanti movimenti per la definizione del comportamento dinamico del veicolo sono
il rollio, il beccheggio e l’imbardata, rappresentati in Figura 1.3.
Il moto di rollio è dovuto ad un trasferimento di carico nella direzione trasversale, ciò che
comporta la rotazione della scocca attorno ad un asse parallelo all’asse longitudinale del
veicolo, ovvero l’asse di rollio. Questo fenomeno si verifica principalmente in curva, situazione
in cui agisce su di esso l’azione della forza centrifuga, nella direzione trasversale in
corrispondenza del centro di massa del veicolo, ma in verso opposto a quello che punta verso
il centro di curvatura. In generale, la quota del centro di massa non coincide con la quota
dell’asse di rollio, per cui tale forza ha a disposizione un braccio determinando così un
1
Blundell M., Harty D., “The Multibody Systems Approach to Vehicle Dynamics”, pg. 152
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momento che a sua volta provoca la rotazione della scocca attorno a tale asse. Quindi la tenuta
di strada del veicolo e la sua stessa stabilità dipendono dal moto di rollio.
In ultimo c’è il moto di imbardata che consiste nella rotazione del veicolo attorno ad un asse
verticale, fenomeno che dipende dall’angolo di sterzo imposto per le ruote anteriori e dalle
condizioni di aderenza dei pneumatici.
Nell’ambito della trattazione che segue l’attenzione si focalizzerà principalmente sui concetti
di rollio e beccheggio, tralasciando quest’ultima tipologia di fenomeno.
Restando sul rollio, si può dare la seguente definizione: il centro di rollio rappresenta il centro
di istantanea rotazione (CIR) del veicolo rispetto alla strada, e la sua determinazione richiede
la presenza della coppia di sospensioni dell’asse anteriore o dell’asse posteriore. Infatti, si
possono definire due centri di rollio differenti per ognuna delle coppie di sospensioni dei due
assi.
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Per identificare il centro di rollio, d’ora in poi definito RC (roll centre), si passa per un noto
teorema della cinematica rigida: il teorema di Aronhold-Kennedy.
Questo afferma che, dati tre corpi rigidi nel piano in moto relativo tra loro, definiti
genericamente B1, B2 e B3, i tre centri di rotazione relativa di B2 rispetto a B1, B3 rispetto a B2 e
B3 rispetto a B1, debbano essere allineati tra di loro, ovvero devono appartenere istante per
istante ad una retta comune.
In tal caso i tre corpi rigidi sono la strada, la ruota e la scocca e, da tale presupposto, parte
l’analisi classica.
Supponendo che il veicolo sia posto in maniera tale da avere il suo asse longitudinale parallelo
all’asse delle x, ma con il fronte che punta nel verso delle ascisse negative, lo studio parte dal
considerare la sua proiezione sul piano y-z, come riportato in Figura 1.4.
Ragionando per una ruota dell’asse, tale punto, osservando ancora la Figura 1.4, si ottiene
dall’intersezione dei prolungamenti delle proiezioni dei bracci delle sospensioni su tale piano,
ovvero dei segmenti A-B e C-D. Esso permette di vedere il sistema di sospensione come un
sistema equivalente ad un unico braccio, definito swing arm suspension system e rappresentato
in Figura 1.5, il quale ha proprio nell’IC il suo punto di pivot, cioè il suo CIR relativo rispetto
al veicolo.
Definito con WB (wheel base) la proiezione del punto di contatto del penumatico sul piano y-z,
la posizione del RC, basandosi sul teorema precedentemente esposto, viene successivamente
ricavata dall’intersezione delle rette passanti per le coppie di punti IC-WB corrispondenti ad
ogni ruota dello stesso asse. Infatti, i tre punti RC, IC e WB giocano rispettivamente i ruoli di
2
Blundell M., Harty D., “The Multibody Systems Approach to Vehicle Dynamics”, Elsevier, 2004, pg. 167
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CIR del veicolo rispetto alla strada, CIR della ruota rispetto al veicolo e CIR della ruota rispetto
alla strada.
Un’importante assunzione che è stata fatta per permettere l’identificazione del RC è stata
considerare le ruote incernierate alla strada nei punti WB. Questa ipotesi in realtà non è così
forte, poiché è abbastanza logico supporre, almeno relativamente alla configurazione inziale,
che le ruote non striscino lateralmente sul piano frontale. Da tale ragionamento però consegue
l’esistenza di un unico CIR del veicolo rispetto alla strada: infatti, prendendo in riferimento la
Figura 1.4 e considerando la presenza di entrambe le ruote e sospensioni dell’asse anteriore, si
analizzano i gradi di libertà (g.d.l.) e di vincolo del sistema costituito dall’assieme scocca-ruote:
si ha a che fare, trascurando la strada, con tre corpi (appunto la scocca e le due ruote), e quindi
nove g.d.l. nel piano, e quattro bielle e due cerniere che controllano un totale di otto g.d.l., che,
sottratti ai nove di partenza, lasciano un solo g.d.l. a disposizione per il sistema, ovvero quello
legato alla rotazione relativa fra le parti.
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Carcaterra A., “Vehicle systems dynamics and mechatronics”, La Sapienza, Università di Roma, 2018, pg. 136
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Figura 1.6 Asse di rollio
Analogamente a quanto visto prima, si inizia con la ricerca dei centri di beccheggio, d’ora in
poi definiti PC (pitch centre), i quali assumono lo stesso significato visto per i centri di rollio. In
tal caso però la loro definizione non passa per la considerazione delle coppie di ruote dello
stesso asse, basandosi questa volta sulle coppie associate ai due lati del veicolo.
Prendendo in riferimento ad esempio le ruote del lato destro, l’analisi parte dal considerarne
la proiezione sul piano x-z, come rappresentato in Figura 1.7.
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https://www.youtube.com/watch?v=oh535De4hKg&t=707s
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La costruzione grafica da seguire per determinare i PC è analoga a quella vista per la
determinazione del RC, partendo quindi dalla ricerca dei punti IC delle ruote, però questa
volta su un piano laterale.
In tal caso, come si osserva ancora in Figura 1.7, la posizione degli IC di ogni ruota si ricava
come l’intersezione delle coppie di rette che passano rispettivamente per le coppie di punti di
attacco superiori ed inferiori delle rispettive sospensioni relativamente alla scocca, cioè quei
punti che, in riferimento alla Figura 1.2, identificano le posizioni dei bushes.
La posizione del PC si determina di nuovo come l’intersezione delle due rette passanti per le
coppie di punti IC-WB per ognuna delle due ruote del lato destro.
Con la stessa logica si ottiene il PC corrispondente al lato sinistro. L’asse di beccheggio sarà
quell’asse di istantanea rotazione passante per i due PC così identificati.
Anche qui, per garantire che il sistema totale sia ad un grado di libertà, si deve ammettere
l’ipotesi di ruote incernierate rispetto alla strada. In tal caso però tale assunzione è più forte
rispetto a prima, perché, supponendo che il veicolo sia in moto, è difficile supporre una simile
condizione di vincolo, soprattutto nella condizione di moto longitudinale, dato che si possono
verificare fenomeni di strisciamento dei pneumatici, più di quanto possa avvenire in direzione
trasversale, con conseguente variazione della carreggiata stessa del veicolo e perdita di validità
di tale ipotesi. Per tale motivo, la procedura descritta per la determinazione del PC è poco
trattata a livello letterario, mancando spesso le motivazioni che si celano dietro la costruzione
grafica eseguita in Figura 1.7.
Innanzitutto, il primo aspetto negativo sta nel dover effettuare le analisi nell’intorno della
configurazione di riferimento e, soprattutto, di dover considerare le due analisi separatamente.
Questo perché di per sé per il veicolo, in quanto corpo rigido, si può definire un unico asse di
istantanea rotazione, non ne possono esistere due contemporaneamente. Ciò significa che se
si sottopone il veicolo ad una manovra complessa tale da coinvolgere entrambi i fenomeni, gli
studi del comportamento di rollio e del beccheggio non possono essere più distinti, ed esisterà
un unico asse che avrà un’inclinazione che sarà una via di mezzo tra le direzioni dell’asse
longitudinale e trasversale del veicolo.
Un altro aspetto da sottolineare è il modo in cui il sistema viene modellato, ovvero come un
sistema bidimensionale (che provoca già di per sé una grande alterazione del reale
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comportamento tridimensionale della sospensione) ad un g.d.l., con l’ipotesi di ruote
incernierate al terreno. Si è già detto di come quest’ultima supposizione sia sufficientemente
valida nel caso del rollio, ma discutibile nel caso del beccheggio. In quest’ultimo caso, è anche
lo stesso modello ad un g.d.l. a risultare debole: infatti il comportamento di beccheggio in
generale è direttamente collegato a quello di “pompaggio”, dove con tale termine si intende
l’oscillazione della scocca nella direzione verticale, per cui il sistema andrebbe più
correttamente schematizzato come a due g.d.l. in termini della rotazione attorno all’asse di
beccheggio e dello stesso spostamento verticale, il che rende sicuramente più complicata
l’analisi rispetto a quella che si potrebbe avviare per lo studio del moto di rollio.
Tra gli altri aspetti negativi c’è la necessità di dover conoscere la posizione del punto di
contatto dei pneumatici con la strada. In realtà, tra tutti, questo è il problema minore, ma in
ogni caso imprescindibile. Certamente all’aumentare della complessità della manovra la sua
determinazione diventa più complicata, in quanto è più facile che si manifestino fenomeni di
strisciamento e deformazione dei pneumatici.
In ultimo c’è da evidenziare il fatto che tali metodi, supponendo di volerli applicare istante
per istante, richiedono la conoscenza degli spostamenti dei punti che definiscono la
geometria della sospensione, aspetto che ne complica molto l’utilizzo pratico.
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2. Applicazione dei metodi classici
Fatta la panoramica generale dei metodi classici, si intende adesso cercare di attuarne
l’applicazione in una situazione reale per una specifica condizione di manovra, e quindi in
condizioni di assetto lontane da quella base.
Si premette, per tutte le analisi che verranno eseguite nel presente capitolo e nei successivi,
l’adozione delle seguenti unità di misura: s per il tempo; mm per la lunghezza; mm/s per la
velocità; rad/s per la velocità angolare.
A tale scopo entra in gioco MSC.ADAMS, un programma di analisi multibody il cui utilizzo
spazia ben oltre il solo campo dell’automotive, riguardando anche il campo dell’industria
aerospaziale, elettro-meccanica e in generale tutto il campo dell’ingegneria meccanica.
Restando fedeli al campo di interesse, ovvero quello dell’automotive, l’utilizzo di tale software
si concentra sulla simulazione del comportamento dei principali sottosistemi e dei veicoli
assemblati: in particolare esiste un pacchetto di MSC.ADAMS destinato esclusivamente a tale
scopo, definito ADAMS/Car.
Da ciò si evince la possibilità da parte del programma di accedervi secondo due interfacce
distinte: la Template Builder Interface e la Standard Interface.
Ovviamente le leggi comportamentali di tali elementi si basano su dei dati ricavati attraverso
delle opportune prove sperimentali, dati che vengono interpolati in maniera adeguata a
fornire le informazioni necessarie a modellare tali leggi fisiche.
La Standard Interface invece è l’interfaccia attraverso la quale si testa e valida in primo luogo il
comportamento dei singoli sottosistemi per poi operarne l’assemblaggio, creando così il
veicolo nella sua totalità, ed in secondo luogo si sottopone la vettura ad una serie di
simulazioni necessarie alla validazione complessiva di tutto l’assieme, alcune delle quali
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prescritte dalle stesse normative ISO, e quindi obbligatorie prima di un possibile lancio
dell’effettiva produzione: test di frenata o di accelerazione per valutare i comportamenti anti-
dive e anti-lift; simulazioni a raggio costante per testare il comportamento al rollio; handling or
durability simulations per testarne la manovrabilità e la durabilità.
Per quanto riguarda i sottosistemi, ad esempio una delle analisi principali che vengono
effettuate è la validazione delle performance del sistema di sospensione, studiandone il
comportamento generale su un range di spostamenti tra le posizioni estreme di bump e rebound.
In Figura 2.1 si riporta il modello di veicolo adottato per la simulazione, che consiste in una
macchina già assemblata e messa a disposizione sul database del programma.
Però, mentre alcune di queste grandezze sono previste come output standard dal programma,
altre richiedono la definizione di terne di riferimento locali per consentire al codice di fornire
dei risultati in corrispondenza di precisi punti scelti dall’utente. Queste terne prendono il
nome di markers e devono essere rese solidali ai principali sottosistemi del veicolo prima di
lanciare la simulazione.
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Per operarne il posizionamento si dovrà sfruttare l’interfaccia Template Builder ed andare a
caricare singolarmente ogni singolo sottosistema.
Chassis o scocca
Sistema di sospensione
Pneumatico
Partendo dal primo, riportato in Figura 2.2, si caricano via via i template corrispondenti ai
singoli sottosistemi.
In riferimento a Figura 2.3, Figura 2.4 e Figura 2.5, si vanno a posizionare sullo chassis un totale
di 12 markers: quattro necessari alla modellizzazione degli assi longitudinale e trasversale del
veicolo e otto necessari alla modellizzazione della stessa scocca.
I quattro markers utilizzati per rappresentare gli assi vengono etichettati con i seguenti nomi:
ACQUA, TERRA, FUOCO e ARIA.
ACQUA e TERRA permettono di identificare l’asse longitudinale del veicolo, mentre FUOCO
e ARIA l’asse trasversale.
Gli altri otto markers, utilizzati per rappresentare e modellare lo chassis, vengono etichettati
come: A, B, C, D, E, F, G, H. I primi quattro sono posizionati sul fronte della scocca e quindi
modellano la sua parte anteriore, mentre gli altri sono posizionati sul retro e ne modellano la
parte posteriore.
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Figura 2.3 Fronte dello chassis
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Figura 2.5 Retro dello chassis
Per quanto riguarda le sospensioni, se ne riporta in Figura 2.6 il modello double wishbone
presente anch’esso sul database del programma, da confrontare con Figura 1.1 e Figura 1.2.
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I markers utilizzati per ricostruire il comportamento della sospensione in tal caso sono 7, come
osservabile in Figura 2.7, dove si fa riferimento alla sospensione destra dell’asse anteriore: uno
posizionato in corrispondenza del wheel centre (WC), due posizionati in corrispondenza dei
giunti sferici che collegano il wheel knuckle ai bracci della sospensione (per questo definiti come
knuckle up per quello superiore e knuckle down per quello inferiore), quattro posizionati in
corrispondenza dei cuscinetti che come detto vincolano la sospensione allo chassis, i quali
vengono definiti uca e lca (upper control arm e lower control arm), che a loro volta andranno
distinti in front e rear per distinguere quelli in posizione più avanzata o più arretrata rispetto
al centro della ruota.
Avendo a che fare con quattro sospensioni, si avrà un totale di 28 markers differenti da
posizionare e campionare.
Questi markers bastano a riprodurre la geometria della sospensione istante per istante, per cui
non è necessario porne altri, ad esempio agli estremi dell’elemento molla-smorzatore per
ricostruirne la variazione della geometria, la quale non rientra direttamente nell’interesse degli
studi successivi.
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come wheel markers (WM). Anche in tal caso si avrà a che fare con un totale di 12 markers tra
tutti e quattro i pneumatici.
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A questo punto si può procedere con l’impostazione della manovra passando alla Standard
Interface.
Essa è del tipo Single lane-change, la quale rientra tra quelle proposte dalla Full Vehicle Analysis
e, come suggerisce il nome stesso, fa compiere al veicolo un solo cambio di traiettoria
attraverso l’imposizione di un input di sterzo sotto forma di segnale sinusoidale di uno
specifico periodo temporale applicato direttamente al volante.
L’angolo di rotazione imposto, definito come θ, segue una legge armonica di periodo 2 s con
partenza in corrispondenza dei 3 s, e con un massimo di 45°, così come rappresentato in Figura
2.10.
Oltre a tale angolo ci sono altri input che bisogna fornire, in maniera del tutto arbitraria: la
velocità del veicolo, che verrà posta pari a 50 km/h; il periodo totale di simulazione, posto pari
a 6 s; la marcia inserita, che viene scelta automaticamente in base alla velocità stabilita; il
numero di steps in cui suddividere l’analisi, posto pari a 500.
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Figura 2.11 Simulazione della manovra
L’ampiezza massima di 45° per l’angolo θ è relativamente piccola, per cui il cambio di
traiettoria che ne risulta è molto lieve, come si è potuto constatare in Figura 2.11. Di
conseguenza si verificano delle piccole variazioni dell’assetto del veicolo, cioè fenomeni di
rollio e beccheggio deboli ma non trascurabili.
L’approccio che verrà descritto segue una logica di ragionamento planare dove, per
l’identificazione del punto di contatto, definito P, sarà necessario trovare prima di tutto uno
specifico punto C, che rappresenta il centro della circonferenza che descrive il toro stesso, come
rappresentato in Figura 2.13.
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Figura 2.12 Modello toroidale del pneumatico5
Questa afferma che dati tre punti non allineati, genericamente A, B e C, per ricavare
l’equazione cartesiana del piano che li attraversa bisogna imporre la condizione di
5
Blundell M., Harty D., “The Multibody Systems Approach to Vehicle Dynamics”, Elsevier, 2004, pg. 295
6
Blundell M., Harty D., “The Multibody Systems Approach to Vehicle Dynamics”, Elsevier, 2004, pg. 296
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annullamento del determinante della matrice, genericamente H, costruita sulle coordinate dei
punti considerati:
𝑥 − 𝑥𝐴 𝑦 − 𝑦𝐴 𝑧 − 𝑧𝐴
H = [𝑥𝐵 − 𝑥𝐴 𝑦𝐵 − 𝑦𝐴 𝑧𝐵 − 𝑧𝐴 ]
𝑥𝐶 − 𝑥𝐴 𝑦𝐶 − 𝑦𝐴 𝑧𝐶 − 𝑧𝐴
𝑎∗𝑥+𝑏∗𝑦+𝑐∗𝑧+𝑑 =0
Esso costituisce il piano longitudinale del pneumatico, definito anche piano π, del quale se ne
riporta l’immagine in Figura 2.14 insieme ai markers in questione.
La modellizzazione toroidale del pneumatico richiede la conoscenza dei vettori che generano
il piano π appena citato, e la loro ortonormalizzazione attraverso un noto algoritmo
dell’algebra lineare, cioè l’algoritmo di Gram-Schmidt.
In realtà due vettori che costituiscono la base del piano già si conoscono, essendo quelli definiti
dalle direzioni che vanno dai WM verso il WC, identificati genericamente come v1 e v2. Questi,
proprio per il modo in cui sono stati posizionati i due WM, risultano essere in un certo senso
già ortogonali tra loro, cosa che si può verificare se si andasse a valutare il loro prodotto
scalare, ma per averne la certezza verrà comunque applicata anche la fase di
ortogonalizzazione come prevista dall’algoritmo che fornirà due nuovi vettori ortogonali,
definiti genericamente come w1 e w2.
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Dal successivo prodotto vettoriale dei versori normali risultanti dal processo di
ortonormalizzazione, definiti genericamente come n1 e n2, si ottiene il terzo versore n3, normale
al piano stesso. A questo punto si è identificata completamente la base ortonormale del piano
longitudinale.
Grazie a tali informazioni, si riporta in Figura 2.15 una prima rappresentazione del pneumatico
nella sua forma cilindrica originale.
In riferimento ancora a Figura 2.15, il primo passo è l’identificazione della retta di intersezione
tra il piano π e il piano stradale, quest’ultimo corrispondente alla quota z = 0. Dunque,
l’equazione cartesiana in forma implicita di tale retta dovrà essere del tipo:
𝑎∗𝑥+𝑏∗𝑦+𝑑 =0
𝑥=𝑡
{ 𝑎 𝑑
𝑦=− ∗𝑡−
𝑏 𝑏
𝑎
𝒏 = (1, − , 0)
𝑏
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ma inoltre, si hanno così a disposizione le coordinate di un qualsiasi punto mobile su tale retta,
che si definirà come S.
Tra tutti i suoi punti mobili però quello d’interesse è il punto in corrispondenza del quale si
verifica la condizione di ortogonalità tra tale retta e quella passante per il WC del pneumatico
ed il punto incognito stesso.
Quindi occorre valutare il vettore differenza tra le coordinate di S e quelle del WC. Se questi
punti hanno coordinate:
𝒓𝑆 = (𝑥, 𝑦, 0)
Per trovare il punto in questione basta imporre che sia nullo il prodotto scalare tra il versore
n, che identifica come detto la direzione della retta appartenente al piano stradale e di punto
mobile S, e il vettore d, che identifica la direzione della retta passante per il WC e S:
𝒏•𝒅 = 0
Da tale condizione esce fuori un’equazione scalare in funzione della sola incognita t che entra
in gioco con le coordinate di S, dalla quale si trova quello specifico valore del parametro,
definito tS, che identifica il punto cercato. In Figura 2.16 si riporta la costruzione grafica che
riassume i passaggi descritti.
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S non va però confuso con l’effettivo punto di contatto, per cui è necessario fare un ulteriore
passo avanti e identificare quel punto C, introdotto in Figura 2.13, cosa che richiede la
determinazione dell’equazione della retta passante per il WC ed S, osservabile in Figura 2.16.
Infatti, C dovrà appartenere ad essa ed essere posizionato ad una distanza pari a R1-R2 dal WC,
dove come con R1 e R2 si intendono rispettivamente il raggio esterno del pneumatico e la metà
della sua larghezza.
Come fatto per il punto S, si cerca di nuovo il valore del parametro t corrispondente a tale
posizione: basta imporre che la distanza tra il WC e il punto mobile generico appartenente alla
retta passante per il WC ed S sia pari a quella richiesta.
Ponendo genericamente con u = (u1, u2, u3) il versore che identifica la direzione di tale retta e
C il generico punto mobile di coordinate:
𝑥𝐶 = 𝑥𝑊𝐶 + 𝑡 ∗ 𝑢1
{𝑦𝐶 = 𝑦𝑊𝐶 + 𝑡 ∗ 𝑢2
𝑧𝐶 = 𝑧𝑊𝐶 + 𝑡 ∗ 𝑢3
A questo punto bisogna ricavare la posizione di tutti quei punti, definiti genericamente T1,
appartenenti alla circonferenza di centro il WC e raggio R1-R2, così come riportato in Figura
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2.18, le cui coordinate si ricavano facilmente dato che questa circonferenza giace sul piano π e
di conseguenza è identificata anch’essa dai versori n1 e n2. Dopodiché si potrà costruire su
ognuno di questi punti una nuova circonferenza di raggio R2, sfruttando la consapevolezza
che ognuna di queste a sua volta dovrà appartenere ad un piano generato da un versore,
definito genericamente k, che identifica la distanza tra il punto T1 e il WC, e il versore n3, che
rappresentava come visto la direzione normale al piano longitudinale della ruota.
Si riporta infine in Figura 2.19 il modello toroidale del pneumatico così ottenuto.
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L’analisi termina con la determinazione dell’effettivo punto di contatto P, rappresentato in
Figura 2.20, come semplice proiezione ortogonale di C sul piano stradale.
31
2.3 Determinazione dell’asse di rollio
L’analisi dell’identificazione dell’asse di rollio riparte da quella proposta nella teoria classica,
e quindi dalla sua determinazione in corrispondenza della configurazione inziale del veicolo
per poi estendersi a tutti gli istanti della manovra.
Tra questi si prende quel particolare piano passante per il WC del pneumatico, come
rappresentato in Figura 2.22.
Ci si riconduce così alla Figura 1.4, dove ora si identificano meglio i punti A, B, C e D osservati
precedentemente. B e D non sono altro che le intersezioni delle rette passanti per i lca e uca con
il piano di proiezione (dove lca e uca si ribadiscono essere i punti di attacco rispettivamente
dei bracci inferiore e superiore allo chassis), mentre i punti A e C sono le proiezioni dei knuckle
up e knuckle down (che si ribadiscono essere i giunti sferici di vincolo tra il wheel knuckle e i due
bracci della sospensione) su tale piano (Figura 2.7).
7
Blundell M., Harty D., “The Multibody Systems Approach to Vehicle Dynamics”, Elsevier, 2004, pg. 167
32
anteriore, focalizzandosi in principio su quella destra, in quanto si potranno ripetere gli stessi
ragionamenti per la sinistra e poi per l’asse posteriore.
Si parte dunque dalla ricerca dell’equazione del piano mostrato nella Figura 2.22.
All’istante 0 il veicolo è posto in maniera tale da avere l’asse x diretto verso il suo retro e
parallelo al suo asse longitudinale, per cui gli assi y e z costituiscono il suo piano di simmetria
trasversale e quindi, se il WC ha coordinate iniziali:
𝑥 = 𝑥𝑊𝐶0
Successivamente si passa a determinare le equazioni delle rette passanti per le coppie dei punti
di attacco di ogni braccio della sospensione allo chassis, ovvero quella per i lca front e rear e
quella per gli uca front e rear (per i quali si rimanda a Figura 2.7), attraverso le quali si potranno
ricavare le rispettive intersezioni con il piano trovato, cioè proprio quei punti D e B osservati
nella Figura 2.22.
D’ora in poi si porrà 0 a pedice delle grandezze per rafforzare il fatto che è un’analisi condotta
all’istante iniziale.
Chiamando con l = (a0, b0, c0) il vettore differenza tra le coordinate del lca front e lca rear, se a0,
b0 e c0 sono coefficienti tutti diversi da 0, cosa che si verifica in tal caso, la retta cercata è
rappresentata dal seguente sistema di equazioni cartesiane:
(𝑥 − 𝑥𝑙𝑐𝑎𝑟0 ) (𝑦 − 𝑦𝑙𝑐𝑎𝑟0 )
=
𝑎0 𝑏0
(𝑦 − 𝑦𝑙𝑐𝑎𝑟0 ) (𝑧 − 𝑧𝑙𝑐𝑎𝑟0 )
=
{ 𝑏0 𝑐0
dove compaiono le coordinate del punto lca rear (lcar), ma si poteva anche ragionare
prendendo come riferimento le coordinate del lca front (lcaf), pervenendo allo stesso risultato.
Mettendo a sistema queste due equazioni con quella del piano di proiezione si ricavano le
coordinate del punto D0, quindi basta risolvere il seguente sistema algebrico lineare:
𝑥 = 𝑥𝑊𝐶0
(𝑥 − 𝑥𝑙𝑐𝑎𝑟0 ) (𝑦 − 𝑦𝑙𝑐𝑎𝑟0 )
=
𝑎0 𝑏0
(𝑦 − 𝑦𝑙𝑐𝑎𝑟0 ) (𝑧 − 𝑧𝑙𝑐𝑎𝑟0 )
=
{ 𝑏0 𝑐0
33
Allo stesso modo si può determinare B0, dove però compariranno nel sistema le coordinate di
uca rear o uca front.
Si riportano in Figura 2.23, Figura 2.24 e Figura 2.25 le costruzioni grafiche che descrivono la
determinazione dei punti discussi per le sospensioni dell’asse anteriore.
34
Figura 2.25 Sovrapposizione B0 e D0 con sospensioni: vista 3D
Si procede con la determinazione delle proiezioni ortogonali dei knuckle up e knuckle down (per
i quali si rimanda ancora a Figura 2.7) sul piano considerato, cioè A0 e C0.
Per ricavare le loro coordinate bisogna conoscere le equazioni delle rette passanti per tali punti
e ortogonali al piano definito, per poi trovarne le rispettive intersezioni, ma dato che si sta
35
ragionando all’istante 0, dove come detto il piano di proiezione è parallelo a y-z, basterà
prendere le coordinate dei punti knuckle up e knuckle down e imporre che x = xWC0, lasciando
inalterate le altre due componenti, pervenendo così alla loro identificazione, rappresentata in
Figura 2.26.
Ci si è ricondotti ad una costruzione grafica analoga a quella presentata in Figura 1.4, inerente
al metodo classico.
A questo punto si valutano le inclinazioni delle proiezioni dei bracci delle sospensioni rispetto
all’orizzontale, cioè l’asse y, ovvero le inclinazioni di quei segmenti che, ancora in riferimento
alla Figura 1.4, uniscono rispettivamente i punti A-B e C-D, definite anche gradients (GR).
Ragionando per la sospensione destra8, si parte dal ricavare GR1 e GR2, ovvero le inclinazioni
dei segmenti A0-B0 e C0-D0. Indicando con:
8
Blundell M., Harty D., “The Multibody Systems Approach to Vehicle Dynamics”, Elsevier, 2004, pg. 167-168
36
𝒓𝐷0 = (𝑥𝐷0 , 𝑦𝐷0 , 𝑧𝐷0 )
(𝑧𝐵0 − 𝑧𝐴0 )
𝐺𝑅1 =
(𝑦𝐵0 − 𝑦𝐴0 )
(𝑧𝐷0 − 𝑧𝐶0 )
𝐺𝑅2 =
(𝑦𝐷0 − 𝑦𝐶0 )
Nota la posizione di IC0 si può calcolare GR3, cioè l’inclinazione della retta passante per IC0 e
WBp0 (proiezione all’istante 0 del punto di contatto P sul piano considerato):
(𝑧𝐼𝐶0 − 𝑧𝑊𝐵𝑝0 )
𝐺𝑅3 =
(𝑦𝐼𝐶0 − 𝑦𝑊𝐵𝑝0 )
Ed infine si trovano le coordinate del RC0 come intersezione della retta per IC0-WBp0 con l’asse
z:
37
𝑦𝑅𝐶0 = 0
{
𝑧𝑅𝐶0 = 𝑧𝑊𝐵𝑝0 + 𝐺𝑅3 ∗ (𝑦𝑅𝐶0 − 𝑦𝑊𝐵𝑝0 )
Nella Figura 2.28 si riporta la costruzione grafica che rappresenta i passaggi appena descritti.
Inoltre, seguendo lo stesso ragionamento si determina il RC0 dell’asse posteriore.
A questo punto, essendo l’asse di rollio l’asse di istantanea rotazione della scocca passante per
i RC dei due assi, se ne riporta in Figura 2.29, Figura 2.30 e Figura 2.31 la posizione relativamente
al veicolo da diversi punti di vista.
38
Figura 2.31 Asse di rollio all’istante 0: piano x-z (vista laterale)
In realtà la configurazione rappresentata nelle figure appena citate si mantiene per tutti gli
istanti antecedenti l’inizio della manovra, ovvero fino ai 3 s, quindi il concetto di istante 0 è
relativo.
Dalle stesse figure emerge l’inclinazione dell’asse di rollio e il suo non perfetto parallelismo
con l’asse longitudinale del veicolo, aspetto che discende dalla non corrispondenza in termini
di quota dei due RC, dettaglio che verrà apprezzato maggiormente nell’analisi generalizzata
a livello dell’intera manovra.
Si riparte dalla determinazione dei punti B e D, ovvero quei punti di intersezione delle rette
passanti rispettivamente per gli uca e i lca con il piano di proiezione della sospensione.
Per determinare la loro equazione istante per istante, si può seguire tale ragionamento: trovate
le posizioni dei punti B e D sulle rette per gli uca e i lca all’istante 0, si valutano i valori dei
parametri t, diciamo tB e tD, che identificano le loro posizioni su dette rette. In pratica è come
se si considerassero questi punti solidali ad esse, come se vi fossero rigidamente vincolati. In
tal modo però diventa facile ricavare le loro coordinate in tutti gli istanti successivi, poiché i
parametri che li identificheranno rimarranno sempre gli stessi, ovvero quelli valutati all’istante
39
iniziale, e quindi basterà trovare le equazioni in forma parametrica delle rette per poi sostituire
ogni volta i valori dei t corrispondenti e aggiornarne le coordinate.
Superata questa difficoltà si potrà trovare il piano passante per i tre punti WC, B e D, per
trovare poi le equazioni cartesiane dei piani di proiezione.
Prendendo come riferimento ancora la sospensione destra, si parte dal determinare i parametri
citati, identificati con tD e tB:
(𝑥𝐷0 − 𝑥𝑙𝑐𝑎𝑟0 )
𝑡𝐷 =
𝑎1,𝑥0
(𝑥𝐵0 − 𝑥𝑢𝑐𝑎𝑟0 )
𝑡𝐵 =
𝑎2,𝑥0
dove con a1,x0 e a2,x0 si indicano le componenti x dei vettori direzione delle rette rispettivamente
per i lca e gli uca all’istante 0. I parametri direttori delle rette identificano la loro direzione nello
spazio e si ricavano dalle seguenti differenze vettoriali:
𝒂1 = (𝑎1,𝑥 , 𝑎1,𝑦 , 𝑎1,𝑧 ) = 𝒓𝑙𝑐𝑎𝑓 − 𝒓𝑙𝑐𝑎𝑟 = (𝑥𝑙𝑐𝑎𝑓 − 𝑥𝑙𝑎𝑐𝑟 , 𝑦𝑙𝑐𝑎𝑓 − 𝑦𝑙𝑐𝑎𝑟 , 𝑧𝑙𝑐𝑎𝑓 − 𝑧𝑙𝑐𝑎𝑟 )
𝒂2 = (𝑎2,𝑥 , 𝑎2,𝑦 , 𝑎2,𝑧 ) = 𝒓𝑢𝑐𝑎𝑓 − 𝒓𝑢𝑐𝑎𝑟 = (𝑥𝑢𝑐𝑎𝑓 − 𝑥𝑢𝑐𝑎𝑟 , 𝑦𝑢𝑐𝑎𝑓 − 𝑦𝑢𝑐𝑎𝑟 , 𝑧𝑢𝑐𝑎𝑓 − 𝑧𝑢𝑐𝑎𝑟 )
Noti tali coefficienti si possono trovare le coordinate dei punti B e D istante per istante come:
𝒓𝐷 = 𝒓𝑙𝑐𝑎𝑟 + 𝑡𝐷 ∗ 𝒂1
𝒓𝐵 = 𝒓𝑢𝑐𝑎𝑟 + 𝑡𝐵 ∗ 𝒂2
Riutilizzando la formula del piano per tre punti, si determina l’equazione del piano dalla
condizione di annullamento del determinante della matrice H, che questa volta andrà costruita
sulle coordinate di WC, B e D. Si ricavano così i coefficienti che descrivono l’equazione di
questi piani in tutti gli istanti della simulazione.
Il passo successivo è proiettare i punti corrispondenti ai giunti sferici su tali piani per ottenere
i punti A e C, e per farlo è necessario trovare le equazioni delle rette passanti per i knuckle up
e knuckle down ortogonali ai piani passanti per WC, B e D, per poi metterle a sistema con le
equazioni degli stessi. Si segue così la stessa logica utilizzata per la determinazione delle
coordinate dei punti D0 e B0 proposta nella sezione dedicata all’analisi all’istante 0.
40
Figura 2.32 Determinazione dei punti di proiezione delle sospensioni: vista 3D
Dall’osservazione della figura c’è da notare un dettaglio: questa volta il piano di proiezione
delle due sospensioni non è più unico, come si era visto per l’analisi all’istante 0, ma ce ne sono
due distinti, identificati in blu e rosso rispettivamente per la sospensione destra e sinistra.
A questo punto si procede con la ricerca dei punti IC delle sospensioni e del RC seguendo lo
stesso filo logico visto per l’analisi all’istante 0, ma adottando un algoritmo differente che
prenderà ancora in riferimento la sospensione destra.
Per ricavare l’IC bisogna mettere a sistema le equazioni cartesiane delle rette passanti
rispettivamente per i segmenti A-B e C-D. Come si è visto, nello spazio ogni retta è descritta
da un sistema di due equazioni, per cui si ottiene un sistema totale di quattro equazioni in tre
incognite.
Definendo genericamente con n1 = (a1, b1, c1) e n2 = (a2, b2, c2) le direzioni delle due rette, ottenute
rispettivamente come differenza delle coordinate dei punti B, A e D, C, si ottiene:
41
𝑥 − 𝑥𝐴 𝑦 − 𝑦𝐴
=
𝑎1 𝑏1
𝑦 − 𝑦𝐴 𝑧 − 𝑥𝐴
=
𝑏1 𝑐1
𝑥 − 𝑥𝐶 𝑦 − 𝑦𝐶
=
𝑎2 𝑏2
𝑦 − 𝑦𝐶 𝑧 − 𝑧𝐶
=
{ 𝑏2 𝑐2
Scartando una delle equazioni, ad esempio l’ultima, resta un sistema quadrato di tre equazioni
in tre incognite che si risolve molto semplicemente fornendo le coordinate dell’IC.
Per la determinazione del RC sono stati confrontati tra loro due metodi diversi:
In tal caso si riprende la logica utilizzata all’istante 0, cioè si cerca la posizione del RC come
intersezione delle rette passanti per le coppie di punti IC-WB di entrambe le sospensioni,
arrivando di nuovo alla risoluzione di un sistema di quattro equazioni in tre incognite che si
risolve come visto in precedenza.
C’è da fare però una considerazione: per quello che si è detto le due sospensioni hanno piani
di proiezione differenti, e quindi tali rette non saranno in generale complanari, dunque
nemmeno incidenti. Per questo motivo tale metodo in realtà non sarebbe applicabile, poiché
42
si cerca un punto di intersezione che potrebbe non esistere, e quindi tale approccio porterebbe
ad una errata se non impossibile valutazione della posizione del RC. Infatti, risolvendo il
sistema con un codice numerico, ad esempio MATLAB®, si sta chiedendo un risultato che,
come detto, potrebbe non esistere, ma il codice ovviamente non ne è consapevole, per cui,
attraverso particolari criteri di risoluzione numerica, restituisce comunque un punto in output.
Figura 2.34 Metodo di determinazione del RC per intersezione: piano x-y (vista dall’alto)
In Figura 2.33 e Figura 2.34 sono stati riportati i risultati ottenuti dall’applicazione di tale
metodo. Si vede dalle immagini come la posizione del RC all’inizio si mantiene fedele alla
posizione assunta in corrispondenza dell’assetto iniziale, poiché la configurazione delle
sospensioni resta simile se non uguale a quella originale, ma nell’arco temporale relativo alla
manovra si allontana anche di molto, confermando la debolezza di tale approccio.
Dal nome stesso si intuisce che in tal caso la ricerca del RC passa per la valutazione dei punti
di minima distanza tra le rette per le coppie di punti IC-WBp, in particolare si stima la sua
posizione come media delle loro coordinate.
Definendo con F e G i punti mobili rispettivamente sulle rette per ICr – WBpr della sospensione
destra e ICl – WBpl della sinistra, per trovare quelli in cui si verifica la minima distanza bisogna
garantire la condizione di ortogonalità della retta passante per tali punti con le rette per le
coppie di punti IC-WBp. Duque, per trovare i valori dei parametri corrispondenti ai punti di
interesse, basta imporre che siano contemporaneamente nulli i prodotti scalari tra il versore
che identifica la retta per F e G e i versori che identificano le rette per le coppie di punti citate,
43
ottenendo così un sistema di due equazioni con incognite i due parametri citati, la cui
soluzione permette di ricavare le coordinate dei punti cercati.
44
L’andamento del RC determinato con tale criterio è sicuramente migliore del precedente, come
è possibile osservare in Figura 2.37 e Figura 2.38.
Figura 2.37 Metodo di minima distanza per la determinazione del RC: vista 3D
Figura 2.38 Metodo di minima distanza per la determinazione del RC: piano x-y (vista dall’alto)
Infine, la posizione del RC si approssima con quella del punto medio del segmento F-G:
quest’idea nasce dal fatto che, in qualche modo, così come per l’analisi all’istante inziale, il
45
teorema di Aronhold-Kennedy debba essere comunque rispettato, per cui il centro di rollio del
veicolo (se si guarda per il momento al solo asse anteriore) si può immaginare trovarsi in
corrispondenza della minima distanza tra le rette per le coppie di punti IC-WB delle due
sospensioni.
È interessante però isolare in Figura 2.39 e Figura 2.40 il solo andamento del RC per evidenziare
meglio la sua evoluzione, cosa che non risultava ben chiara su grandi scale.
Figura 2.39 Comportamento del RC dell’asse anteriore con il metodo della minima distanza: vista 3D
Figura 2.40 Comportamento del RC dell’asse anteriore con il metodo della minima distanza: piano x-z
(vista laterale)
46
Si manifesta nelle figure appena citate un comportamento oscillatorio armonico durante l’arco
temporale relativo alla manovra, il quale rispecchia quello degli stessi IC rappresentato in
Figura 2.41 e Figura 2.42, che comporta a sua volta la continua variazione dell’inclinazione delle
rette per le coppie di punti IC-WBp.
Figura 2.41 Andamento degli IC e del RC delle sospensioni dell’asse anteriore: piano x-y (vista
dall’alto)
Figura 2.42 Andamento degli IC e del RC delle sospensioni dell’asse anteriore: piano x-z (vista
laterale)
Dall’osservazione di Figura 2.42 in particolare si riconosce come sia l’IC corrispondente alla
sospensione esterna alla curva percorsa a ridursi di quota, mentre quello corrispondente alla
sospensione interna subisce un innalzamento: ricordandosi che il verso di avanzamento del
veicolo coincide con il verso delle ascisse negative, nella prima fase della manovra, dove il
47
veicolo sta girando verso sinistra, è l’ICr (destro) ad abbassarsi e quello sinistro ad alzarsi, per
poi scambiarsi di ruolo nella seconda fase, quando il veicolo gira nel verso opposto.
L’ampiezza delle oscillazioni degli IC però risulta essere almeno di un ordine di grandezza
superiore a quella inerente al RC, inoltre il numero di oscillazioni che si ripercuote sul RC è
maggiore rispetto a quello riscontrato per gli IC: questo perché, in qualche modo, i
comportamenti oscillatori dei due IC, reciprocamente sfasati nelle due fasi della manovra,
concorrono ad una sorta di autocompensazione, che ne riduce l’influenza diretta sul RC, per
il quale infatti si riscontrano ampiezze di oscillazione dell’ordine del millimetro. Il fatto che
quest’ultimo poi oscilli un numero maggiore di volte è dovuto ad una variazione della
distanza relativa tra i due IC anche in componenti x e y, aspetto non trascurabile e lievemente
osservabile in Figura 2.41.
Per concludere tutto lo studio inerente alla determinazione del RC per via classica, si riporta
in Figura 2.43 l’andamento ottenuto per il RC dell’asse posteriore, dove si nota un analogo
comportamento, come del resto ci si poteva attendere.
Figura 2.43 Comportamento del RC dell’asse posteriore con il metodo della minima distanza: vista 3D
Così come evidenziato in conclusione dell’analisi all’istante iniziale, i RC dei due assi non si
trovano esattamente alla stessa quota, come è possibile osservare in Figura 2.44, questo perché
le sospensioni sono dello stesso modello ma non sono identiche nella geometria e nel loro
posizionamento rispetto allo chassis. Tale differenza di quota risulta in tal caso dell’ordine delle
decine di millimetri. Si riporta a tal scopo la sovrapposizione dei loro andamenti per
evidenziare tale peculiarità e mostrare la simile ma non perfetta corrispondenza nella loro
evoluzione, aspetto che si apprezza meglio in Figura 2.45.
48
Figura 2.44 Andamento dei RC per via classica: vista 3D
Figura 2.45 Andamento dei RC per via classica: piano x-y (vista dall’alto)
La differenza di quota mostrata in Figura 2.44 in realtà è tipica dei veicoli, almeno per quelli
su strada, quindi è normale aspettarsi una conseguente inclinazione dell’asse di rollio, come si
era anticipato già nell’analisi all’istante iniziale. Questo particolare è anzi ricercato a livello di
progettazione, infatti si punta in generale alla realizzazione di sistemi di sospensioni tali da
garantire un RC posteriore più alto rispetto a quello anteriore: questa caratteristica determina
per il veicolo un comportamento che si definisce di tipo sottosterzante, il quale influisce sulla
stabilità della stessa vettura poiché, durante una manovra, favorisce una componente z della
ωroll (proiezione della velocità angolare del veicolo lungo l’asse di rollio) che si oppone a quella
di imbardata, garantendone di conseguenza anche la migliore manovrabilità. Nel caso in
49
questione si ha a che fare però con un’inclinazione opposta, infatti qui è il RC anteriore ad
essere più in alto: questo perché il veicolo preso come modello è sicuramente di tipo sportivo,
ed in generale, per vetture simili alla tipologia presa in considerazione, si ricerca un
comportamento che sia sovrasterzante, soprattutto per i guidatori più esperti, mentre per
quanto riguarda i veicoli utilitari si preferisce garantire una maggiore stabilità in vista di un
guidatore meno esperto.
50
Figura 2.47 Primo istante di massimo rollio: vista 3D
Figura 2.48 Primo istante di massimo rollio: piano x-y (vista dall’alto)
Con riferimento alla Figura 2.49, tali istanti si riconoscono essere due: infatti, in base alla
manovra impostata e ricordando che il verso positivo delle ascisse è quello che punta nella
direzione opposta all’avanzamento del veicolo, quest’ultimo prima rolla nel verso negativo,
mentre nella seconda fase in quello positivo. Quindi inizialmente la ωroll cresce nel verso delle
ascisse negative, per poi ridursi e tornare a 0 nel momento in cui il veicolo raggiunge il
massimo angolo di rollio θroll, ovvero in quell’istante di stazionarietà a partire dal quale poi il
veicolo comincia a rollare nel verso opposto, finché la ωroll non raggiunge un nuovo picco,
questa volta positivo, per poi tornare ad annullarsi nel cuore della seconda fase della manovra
assumendo nuovamente un segno negativo e riportandosi a 0 poco dopo l’istante conclusivo
della manovra.
51
In realtà, data la sua semplicità, la ωroll si può confondere quasi del tutto con la ωx, quindi in
tal caso parlare di una o dell’altra è praticamente indifferente, infatti la differenza tra le due è
minima, come si apprezza ancora in Figura 2.49.
Si nota in particolare come gli istanti di annullamento delle due velocità angolari siano
praticamente uguali: il primo corrispondente a quei 3.62 s, in riferimento a Figura 2.47 e Figura
2.48, l’altro circa 1 s dopo, cioè a 4.62 s, in corrispondenza del quale si riporta nuovamente
l’assetto del veicolo in Figura 2.50, Figura 2.51.
52
Figura 2.51 Secondo istante di massimo rollio: piano x-y (vista dall’alto)
Figura 2.52 Variazione delle distanze relative tra i RC e relativamente ai punti medi dei due assi del
veicolo
53
centro di curvatura del veicolo: nella prima fase il veicolo girando verso sinistra vede il suo
centro di curvatura alla sua sinistra e l’asse di rollio spostarsi quindi nel verso delle y negative;
nella seconda fase si verifica l’esatto contrario.
Un altro dettaglio da notare è che tale deviazione non è uniforme, cioè l’asse devia
maggiormente in corrispondenza dell’asse posteriore del veicolo rispetto all’asse anteriore.
Ciò significa che per questo tipo di vettura il RC dell’asse posteriore si sposta in maggior
misura dalla posizione base rispetto a quanto fa quello dell’asse anteriore, come è possibile
osservare in Figura 2.52.
Oltre allo spostamento dei due RC rispetto ai punti medi dei relativi assi si nota un loro
reciproco avvicinamento durante le due fasi della manovra, dove si manifestano valori del
decimo di millimetro. Sicuramente quest’ultimo comportamento è dovuto ad una
impercettibile riduzione della carreggiata del veicolo e quindi ad un reciproco avvicinamento
dell’asse anteriore e dell’asse posteriore.
Infine, si riporta in Figura 2.53 e Figura 2.54 l’evoluzione dell’asse di rollio durante l’intera
manovra.
54
Figura 2.54 Comportamento dell’asse di rollio: piano y-z (vista frontale)
È interessante osservare come l’asse nel suo moto descriva una superficie rigata, la quale nella
realtà è più appiattita rispetto a quanto presentato nelle immagini appena citate. Infatti, i due
RC sembrano possedere una differenza di quota maggiore rispetto a quanto è realmente,
aspetto che si può però correggere facilmente riscalando opportunamente l’asse z. Si preferisce
però mantenere tale scala per rendere meglio l’immagine della superficie che risulterebbe
essere altrimenti poco chiara.
Si inizia con la ricerca dei centri di beccheggio per i due lati del veicolo seguendo di nuovo dei
ragionamenti planari, per cui si richiede la proiezione delle sospensioni del veicolo su un
opportuno piano che stavolta però non sarà quello “frontale”, bensì quello longitudinale del
veicolo, o meglio, si adotteranno due piani diversi di proiezione indipendenti per entrambi i
lati del veicolo, i quali in ogni caso dovranno essere paralleli a quello longitudinale.
9
Milliken & Milliken, “Race Car Vehicle Dynamics”, SAE International, 1995
55
La determinazione del centro di beccheggio PC (pitch center) si basa sull’individuazione di una
serie di punti fondamentali e successivamente sulla loro proiezione su un piano parallelo a
quello longitudinale del veicolo, dove con quest’ultimo si intende quel piano passante per i
punti CM, ACQUA e TERRA, ovvero il centro di massa della vettura e quei due markers che
sono stati introdotti per modellarne l’asse longitudinale.
Per prima cosa occorre ricavare l’equazione di tale piano, dopodiché si può ricavare
l’equazione del piano parallelo passante per il punto corrispondente al lcaf ant, cioè al punto
di attacco anteriore del braccio inferiore della sospensione anteriore destra. Si rappresentano
in Figura 2.55 i piani appena descritti.
Si vanno a proiettare sul piano di proiezione mostrato i punti corrispondenti ai lca e uca.
56
Figura 2.56 Proiezione 2D della sospensione per il beccheggio: vista 3D
Determinati i punti di proiezione si prosegue con la determinazione della posizione del PC. Il
primo passo è determinare gli IC delle sospensioni rispetto allo chassis, in particolare, come
mostrato in Figura 2.57, si ricaverà prima la posizione di quello corrispondente alla
sospensione destra dell’asse anteriore, cioè di quella ancora di Figura 2.56, e poi di entrambe
le sospensioni del lato destro del veicolo, come riportato in Figura 2.58.
Figura 2.57 Determinazione dell’IC della sospensione anteriore all’istante 0: piano x-z (vista laterale)
57
Figura 2.58 Determinazione degli IC di entrambe le sospensioni all’istante 0: piano x-z (vista laterale)
Essendo le costruzioni grafiche realizzate all’istante 0, la proiezione è stata effettuata sul piano
x-z che, in tale istante, è parallelo al piano longitudinale del veicolo.
Si nota da subito come la posizione degli IC, rispetto a quelle viste per il rollio, siano molto più
distanti dalla vettura.
A questo punto, dall’intersezione delle rette per le coppie di punti IC-WBp si determina la
posizione del PC, la cui posizione è rappresentata in Figura 2.59.
Ripetendo l’analisi per il lato sinistro si arriva a determinare poi la posizione dell’asse di
beccheggio nella configurazione iniziale, rappresentato in Figura 2.60 e Figura 2.61.
58
Figura 2.60 Asse di beccheggio all’istante 0: piano y-z (vista frontale)
In esse si nota come l’asse si trovi al di sotto del piano stradale e molto lontano dalla vettura,
come preannunciato dalle posizioni dei PC. Inoltre, si apprezza come esso sia parallelo all’asse
trasversale del veicolo, come descritto nella teoria classica.
Andando ad applicare tale metodo a tutti gli istanti della simulazione, si ottengono per
entrambi i lati del veicolo gli andamenti dei PC di Figura 2.62, Figura 2.63 e Figura 2.64.
59
Figura 2.62 Andamento dei PC per via classica: vista 3D
Figura 2.63 Andamento dei PC per via classica: piano y-z (vista frontale)
Da come si era annunciato all’inizio della trattazione si osserva nelle figure citate un
comportamento molto più complesso rispetto a quello osservato per i RC, presentandosi
sempre in una forma “oscillatoria” ma con un range di oscillazioni più ampie, infatti si parla
di almeno di un ordine di grandezza in più da questo punto di vista. Oltretutto, mentre i due
RC avevano un comportamento molto simile, questo non si riscontra per i due PC, dove anzi
si nota una grande diversità.
60
Figura 2.64 Andamento dei PC per via classica: piano x-y (vista dall’alto)
Così come per il rollio, è interessante focalizzarsi sugli istanti corrispondenti agli zeri della
ωpitch, cioè la proiezione del vettore della velocità angolare lungo l’asse di beccheggio, e quindi
in corrispondenza delle posizioni di massimo angolo di beccheggio θpitch.
Nonostante la manovra scelta non è tale da esaltare particolarmente il beccheggio del veicolo,
non includendo quei fenomeni quali accelerazione o frenata e quindi situazioni che possano
metterlo in risalto, si ha comunque la possibilità di presentare il fenomeno. In tal caso,
osservando la posizione del corrispondente asse, verrebbe immediatamente da pensare di
poter confondere la ωpitch con la ωy, così come è stato per la ωroll con la ωx, ma questa
somiglianza ora non sussiste, come si può notare dalla Figura 2.65.
61
Il motivo di tale diversità sta nel fatto che, come si vedrà, l’asse di beccheggio varia molto la
sua inclinazione e posizione durante la manovra. Ciò comporta che esso non sarà in generale
parallelo all’asse trasversale del veicolo, cosa che si manifestava relativamente all’istante
inziale, e di conseguenza la ωpitch avrà anche delle componenti lungo l’asse longitudinale e
lungo quello verticale.
Figura 2.66 Primo istante di massimo beccheggio: piano y-z (vista frontale)
Figura 2.67 Primo istante di massimo beccheggio: piano x-y (vista dall’alto)
62
Figura 2.68 Primo istante di massimo beccheggio: piano x-z (vista laterale)
Ciò che salta particolarmente all’occhio è per prima cosa come l’asse tende a porsi in una
condizione di quasi parallelismo con l’asse longitudinale del veicolo, dettaglio che si apprezza
meglio in Figura 2.67. Cioè, rispetto alla condizione di ortogonalità iniziale osservata in Figura
2.61, l’angolo formato tra i due assi si è ridotto, e, in seconda cosa, i due PC si sono allontanati
sia reciprocamente che nella loro posizione relativa rispetto al veicolo, come evidenziato nella
Figura 2.69.
Figura 2.69 Variazione della distanza relativa tra i PC e relativamente ai lcaf dei due lati del veicolo
Rispetto alla variazione della distanza relativa tra i RC di Figura 2.52, qui si riscontrano dei
valori molto più grandi, addirittura dell’ordine del metro. Riguardo lo spostamento relativo
al veicolo si nota come, nella prima fase della manovra, il PCdx si allontani meno dalla vettura
rispetto a quanto faccia quello sinistro, per poi scambiarsi di ruolo nella seconda fase.
63
In ultima analisi si intende adesso rappresentare l’asse di beccheggio in corrispondenza del
terzo istante di annullamento, corrispondente a 4.644 s di Figura 2.70, Figura 2.71 e Figura 2.72,
il quale è interno alla seconda fase della manovra. Si vuole così mostrare come la posizione
dell’asse cambi completamente rispetto a quella assunta nel primo istante di massimo
beccheggio.
Figura 2.70 Terzo istante di massimo beccheggio: piano y-z (vista frontale)
Figura 2.71 Terzo istante di massimo beccheggio: piano x-y (vista dall’alto)
Confrontando tutte le immagini relative agli istanti di massimo beccheggio, si vede come sia
il PC corrispondente alla parte esterna alla curva quello che, come detto, risulta essere più
vicino al veicolo, mentre quello interno tende ad allontanarsi e ciò determina la continua
64
variazione della direzione dell’asse: infatti nel primo istante di massimo beccheggio è il PCdx
ad essere più vicino, mentre nel terzo istante è il PCsx.
Figura 2.72 Terzo istante di massimo beccheggio: piano x-z (vista laterale)
Inoltre, c’è un altro dettaglio da notare, già evidenziato in Figura 2.63, ovvero la loro variazione
di quota: in particolare il PC corrispondente al lato esterno alla curva tende ad aumentare di
quota, mentre per quello più interno si riscontra un abbassamento. Ad esempio, osservando
le immagini relative al terzo istante di massimo beccheggio, situazione in cui il veicolo sta
girando verso destra, si vede come sia il PCsx ad essere più in alto.
65
Figura 2.74 Comportamento dell’asse di beccheggio: piano x-y (vista dall’alto)
Per concludere, si riporta in Figura 2.73 e Figura 2.74 l’evoluzione dell’asse di beccheggio
nell’arco dell’intera manovra, da confrontare con la buona condotta osservata per l’asse di
rollio.
66
3. Instant screw axis
Terminata la panoramica relativa all’applicazione dei metodi classici si intende fornire adesso
un nuovo approccio10, basato sul concetto dell’Instant Screw Axis (ISA), o semplicemente screw
axis, di un corpo rigido nello spazio.
Si consideri un generico corpo rigido di forma parallelepipeda non vincolato, il quale viene
sottoposto ad una determinata condizione di moto che sia la più generale possibile, e quindi
in maniera tale che il corpo non possieda nessun punto fisso. Per cui si immagini che in tale
istante esso si trovi in una determinata configurazione spaziale con il suo centro di massa
caratterizzato da un generico vettore velocità vCM e della velocità angolare ω, come
rappresentato in Figura 3.1.
Per la formula fondamentale della cinematica, dati due punti qualsiasi P e Q del corpo e
assegnato il vettore della velocità angolare ω, le velocità di questi due punti sono legate dalla
seguente relazione:
𝒗𝑃 = 𝒗𝑄 + 𝝎 𝑥 𝒙𝑄𝑃
Partendo da tale presupposto, il concetto di screw axis può essere definito nel modo seguente:
esso è quel particolare asse la cui direzione è definita dalla direzione istantanea del vettore
della velocità angolare ω, e la cui posizione nello spazio richiede la definizione di uno dei suoi
10
Carcaterra A., “Vehicle systems dynamics and mechatronics”, La Sapienza, Università di Roma, 2018, pg. 19-
22
67
punti, definito in generale P0, con la richiesta che tutti i punti appartenenti a tale asse abbiano
il minimo modulo del vettore velocità tra tutti i punti del corpo rigido.
𝝎
𝒏=
|𝝎|
𝒗𝑃 • 𝒏 = 𝒗𝑄 • 𝒏
deducendo che tutti i punti del corpo rigido hanno la stessa componente di velocità lungo
l’ISA, che verrà definita come vaxis.
Quindi per ogni punto del corpo il corrispondente vettore velocità si può vedere come somma
di due contributi, uno lungo l’asse, appunto vaxis, e uno ortogonale. Ma, qualsiasi sia questa
seconda componente, siccome essa si va a sommare vettorialmente a vaxis • n, produrrà una
risultante con un modulo che sarà sicuramente maggiore del solo vaxis. Ciò implica che il punto
P0, necessario a definire la posizione dell’asse nello spazio, deve essere tale da possedere solo
la componente vaxis, o che equivalentemente abbia componente ortogonale ad n nulla, ovvero
soddisfi la seguente condizione:
𝒗𝑃0 = 𝒗𝑎𝑥𝑖𝑠 • 𝒏
Prendendo come riferimento un qualsiasi punto del corpo rigido, ad esempio il suo centro di
massa CM (le cui coordinate provengono direttamente dalla risoluzione delle equazioni del
moto del corpo stesso, ma si potrebbero scegliere anche altri punti come riferimento senza
perdere di validità), si utilizza la formula fondamentale della cinematica per andare a legare
le velocità di CM e P0:
assumendo che:
𝒗𝑃0 = 𝑣𝑎𝑥𝑖𝑠 • 𝒏
𝝎 𝑥 𝒗𝐶𝑀 + 𝝎 𝑥 ( 𝝎 𝑥 𝒙𝐶𝑀𝑃0 ) = 0
68
Dato che P0 può essere un punto qualsiasi lungo l’asse, esso si sceglie in particolare come
l’intersezione di quel piano π, ortogonale ad n e passante per CM, con l’asse stesso. Quindi
per costruzione si ottiene che il vettore della differenza di coordinate xCMP0 appartiene a tale
piano ed è ortogonale all’asse, come mostrato in Figura 3.2.
che, sostituita nella relazione precedente, porta alla determinazione della posizione di P0:
𝝎 𝑥 𝒗𝐶𝑀
𝒙𝐶𝑀𝑃0 =
|𝝎|2
𝝎 𝑥 𝒗𝐶𝑀
𝒙𝑃0 = 𝒙𝐶𝑀 +
|𝝎|2
La velocità del punto P0, e in realtà di tutti i punti appartenenti all’asse, si ottiene sostituendo
l’ultima espressione di xCMP0 nella formula della cinematica rigida da cui si è partiti, arrivando
a:
𝝎 𝑥 𝒗𝐶𝑀
𝒗𝑃0 = 𝒗𝐶𝑀 + 𝝎 𝑥 ( )
|𝝎|2
Sintetizzando tutto il discorso si può affermare dunque che l’ISA di un corpo rigido è
identificato univocamente da queste due grandezze:
𝝎 𝝎 𝑥 𝒗𝐶𝑀
𝒏= 𝒙𝑃0 = 𝒙𝐶𝑀 +
|𝝎| |𝝎|2
69
Dall’analisi effettuata emerge che tutti i punti dell’asse sono quelli che hanno il minimo
modulo della velocità per il corpo rigido, la quale è la stessa per tutti ed è diretta sempre lungo
n.
L’ISA è dunque una generalizzazione dell’asse di istantanea rotazione, dove i due concetti
coinciderebbero se si verificasse vaxis = 0.
70
Figura 3.4 Grandezze input dell’algoritmo
Entrando con queste nella formula per la determinazione dello screw axis introdotta nel
paragrafo precedente, ovvero:
𝝎 𝝎 𝑥 𝒗𝐶𝑀
𝒏= 𝒙𝑃0 = 𝒙𝐶𝑀 +
|𝝎| |𝝎|2
si determinano la direzione e posizione dell’ISA del veicolo in ogni istante della simulazione.
che conviene mettere a confronto nella Figura 3.5 con quelle di CM per rendersi conto della
loro entità.
71
Figura 3.5 Confronto tra le coordinate di CM e P0
Da subito si nota come P0 sia in generale molto distante dal veicolo, infatti, a parte la
coordinata x, la quale è l’unica che mantiene, almeno relativamente, piccoli ordini di
grandezza, le altre due assumono valori completamente diversi e molto grandi, tanto da
andare ad oscurare le stesse componenti y e z di CM, che sembrano essere del tutto nulle.
A prima vista sembra quasi che le componenti y e z di P0, non appena inizia la manovra,
tendano ad annullarsi rapidamente. In realtà non è così, infatti come si vede, gli ordini di
grandezza in gioco sono molto alti prima dell’inizio della manovra ed oscurano
completamente quelli invece ad essa inerenti: tale comportamento è dovuto al fatto che in
questi istanti il vettore della velocità angolare è nullo poiché il veicolo sta percorrendo una
traiettoria rettilinea, per cui non c’è nessuna causa che induce delle rotazioni della scocca sulle
sospensioni o delle loro variazioni. Ma dato che a livello numerico non esiste lo 0 in senso
assoluto, le componenti di ω non saranno proprio nulle pur essendo estremamente piccole e,
dato che nella formula per la determinazione di P0 compare a denominatore la norma di ω al
quadrato, queste daranno un grandissimo contributo andando così a giustificare i grandi
valori osservati.
Conviene focalizzarsi sull’intervallo relativo alla manovra, inerente alla Figura 3.6, ovvero
quello che va dai 3 ai 5 s, soprattutto perché, da come si è potuto comprendere, è qui che
nascono delle componenti non nulle di ω, e quindi è solo qui che lo screw axis assume un
significato rilevante proprio per sua natura.
72
Figura 3.6 Confronto tra le coordinate del CM e di P0: zoom sulla manovra
73
Si nota nella Figura 3.6 come a partire dai 3 s le componenti lungo y e z, partendo dall’infinito,
si “avvicinino” a quelle del CM.
La motivazione del perché si abbiano tali andamenti è complessa dato che, riprendendo le
espressioni delle coordinate di P0, alle componenti di CM si sommano dei termini di rapporto
che coinvolgono molte grandezze, per cui trovare una spiegazione risulta essere difficile, però
ci si può provare osservando separatamente i contributi dei numeratori (N) e denominatori
(D) rispetto al loro rapporto, così come riportato in Figura 3.7.
Focalizzandosi per il momento sulle componenti xP0 e yP0, si vede come per queste il termine a
numeratore manifesti una legge a simmetria dispari rispetto all’istante di inversione del
segnale sinusoidale di sterzo, ovvero in corrispondenza dei 4 s, dato che tali termini sono
direttamente legati alla ωz, grandezza principalmente connessa all’angolo di sterzo imposto. Il
loro andamento viene però modificato dal termine a denominatore, ovvero il quadrato
dell’ampiezza della velocità angolare del veicolo, il quale sposta i picchi delle curve così vicini
all’istante dei 4 s da determinare dei fenomeni che si possono definire “asintotici” per via del
brusco salto che li caratterizza. Tali fenomeni si verificano in corrispondenza degli zeri dei
termini a numeratore, i quali di fatto coincidono con lo zero della stessa ωz, ovvero ancora
nell’intorno dei 4 s, dato che i contributi a numeratore legati alle altre componenti della
velocità angolare risultano essere inferiori rispetto a quest’ultima, come si può osservare dagli
ordini delle grandezze in Figura 3.4.
I picchi che si manifestano poco prima e poco dopo gli zeri discussi coincidono con gli istanti
di massimo allontanamento del punto P0, e quindi dell’asse di screw, dal veicolo, come si
osserverà meglio nelle figure successive.
Riguardo la terza componente la questione è molto più complessa perché qui pesano le
componenti ωx e ωy per le quali però si è potuto osservare, soprattutto per la seconda, un
comportamento fortemente oscillatorio a simmetria pari rispetto ai 4 s, caratteristica che si
riflette sull’andamento del corrispondente N. Sicuramente, rispetto a prima, il peso di questi
due contributi è minore, infatti la zP0 presenta un comportamento più contenuto rispetto alle
prime due componenti, almeno finché non si raggiunge il massimo in corrispondenza dei 4 s
per il motivo precedentemente discusso.
74
Tali spiegazioni saranno più evidenti dall’osservazione delle immagini successive, in
particolare quelle raffiguranti l’andamento dello stesso P0.
Rispetto a quanto fatto a livello di coordinate, fare un’interpretazione critica della Figura 3.8
risulta impossibile per via della evidente complessità, per cui non si entrerà in merito al
dettaglio in tal caso.
75
Una cosa interessante che però si può verificare è una delle proprietà dell’ISA introdotta nella
teoria generale, ovvero che tutti i suoi punti hanno il minimo modulo della velocità. Quindi si
può verificare in Figura 3.9 come la norma della vP0 sia inferiore a quella di vCM.
Con riferimento alle figure appena citate e, relativamente all’arco temporale inerente alla
manovra, si possono fare alcune considerazioni: la norma di vP0 raggiunge il suo picco in
corrispondenza dei 4 s ed addirittura qui si avvicina moltissimo alla norma di vCM, come si
può osservare nella Figura 3.10. In tale istante infatti si verifica l’annullamento della ωz e quindi
il maggior contributo alla ω deriva ora dalla sua componente in x, per cui l’asse si pone in una
posizione quasi del tutto parallela alla direzione di avanzamento della vettura e di
conseguenza si avrà un vettore vP0 quasi del tutto parallelo a vCM. L’avvicinamento in termini
di moduli si spiega poi con il fatto che, tornando all’espressione della formula della cinematica
rigida, il secondo contributo assume un peso quasi trascurabile rispetto alla stessa vCM in
seguito ai piccoli valori assunti dalle componenti di ω in tale istante.
Ci sono poi da sottolineare i due minimi della vP0, i quali si verificano in corrispondenza dei
3.6 s e 4.6 s circa: tralasciando ancora la ωy, qui si manifestano gli zeri della ωx, e, in tale intorno,
la ωz manifesta i suoi massimi in valore assoluto, determinando un’inclinazione per lo screw
axis praticamente ortogonale al piano stradale e alla stessa direzione di vCM. Per cui, in tali
istanti, l’ISA riveste praticamente il ruolo del classico asse di istantanea rotazione, perdendo i
connotati di un asse del moto elicoidale del veicolo.
Tutte queste riflessioni saranno ancora più chiare successivamente grazie ad un riscontro
grafico.
L’altra proprietà da evidenziare è che tutti i punti del veicolo hanno stessa componente di
velocità lungo l’ISA, cioè tutti i punti dell’asse hanno stessa velocità vaxis, come si può verificare
nella figura Figura 3.11, dove le due grandezze sono totalmente sovrapposte.
76
Figura 3.11 Confronto tra le proiezioni delle velocità di CM e di P0 lungo l’ISA
A questo punto si può andare finalmente a rappresentare l’asse di screw del veicolo, e nel farlo
si prendono come riferimento due istanti generici, uno corrispondente alla prima fase della
manovra e l’altro alla seconda fase, rappresentati in Figura 3.12.
Figura 3.12 Distinzione delle fasi della manovra ed individuazione dei due istanti
77
Figura 3.13 Asse di screw nella prima fase della manovra: vista 3D
Figura 3.14 Asse di screw nella prima fase della manovra: piano x-z (vista laterale)
78
Figura 3.15 Asse di screw nella seconda fase della manovra: vista 3D
Figura 3.16 Asse di screw nella seconda fase della manovra: piano x-z (vista laterale)
È evidente da Figura 3.13 a Figura 3.16 come l’asse sia molto lontano dal veicolo, infatti si
notano delle distanze dell’ordine di alcune decine di metri. Inoltre, l’inclinazione assunta si
comprende facilmente se si vanno a confrontare le componenti della velocità angolare, ad
esempio in corrispondenza dei 3.24 s, come evidenziato nella Figura 3.17.
79
Figura 3.17 Confronto componenti della ω del veicolo ed individuazione degli istanti 3.24 s e 4.44 s
Figura 3.18 Asse di screw in corrispondenza del primo zero della ωz: vista 3D
Si vede in Figura 3.17 come sia la componente lungo z ad essere dominante, infatti nelle
immagini precedentemente osservate, inerenti alla posizione dell’asse di screw nei due istanti
interni alle due fasi della manovra, questo sembra essere quasi del tutto ortogonale al piano
stradale; in secondo ruolo c’è la ωx, mentre la componente y è del tutto trascurabile. Ecco
spiegato anche il perché l’asse si trovi leggermente inclinato in avanti nella direzione del moto,
nel verso delle x negative dato che la stessa componente lo è.
Si evince una conclusione analoga circa l’inclinazione dell’asse in corrispondenza dei 4.44 s:
qui è ancora la ωz a comandare, mentre c’è ancora il contributo della ωx anche se ora è positivo,
ma essendo la componente z adesso negativa, ciò comporta che l’inclinazione dell’asse sia
analoga a quella osservata per l’istante 3.24 s. Ciò che cambia ovviamente è il verso del versore
n, il quale ora punta nel verso opposto.
80
Dunque, durante la manovra l’asse varia continuamente la sua inclinazione, così come il
versore n varia nel verso. Vi è un particolare istante in cui l’asse addirittura si pone in una
posizione “parallela” al vettore vCM, condizione che si verifica in corrispondenza dello zero
della ωz, ovvero intorno ai 4 s, come si può notare in Figura 3.18 e Figura 3.19.
Figura 3.19 Asse di screw in corrispondenza del primo zero della ωz: vista laterale
81
Figura 3.21 Comportamento di P0 relativamente al CM: piano x-z (vista laterale)
Come si evince ancora da Figura 3.18 e Figura 3.19, in tal caso sono entrambe le ωx e ωy a
comandare, anche se il peso di quest’ultima resta sempre molto basso. Il fatto che ci sia ancora
una lieve inclinazione lungo z è dovuto alla discretizzazione operata, infatti non si ha a
disposizione l’istante esatto di annullamento della ωz, il quale si collocherà comunque in tale
intorno.
In definitiva si intende rappresentare in Figura 3.20, Figura 3.21, Figura 3.22 e Figura 3.23
l’evoluzione complessiva del punto P0 e dello screw axis relativamente all’intervallo interessato
dalla manovra, ricollegandosi all’analisi effettuata per le rispettive coordinate in Figura 3.7.
82
Figura 3.23 Evoluzione dello screw axis: piano x-z (vista laterale)
Riguardo l’asse di screw, si apprezza come esso descriva nella sua evoluzione due superfici
rigate, ciascuna inerente alle due fasi della manovra, e molto simili nel loro comportamento a
quella osservata nel caso delle evoluzioni degli assi di rollio e di beccheggio.
In partenza si era detto come sia possibile prendere dei punti di riferimento anche differenti
dal CM nella determinazione dell’ISA. La scelta dell’adottare quest’ultimo è solo una
convenienza.
A tale scopo se si ripetesse l’analisi basandosi ad esempio sui markers usati per costruire il
parallelepipedo che modella il veicolo stesso (ricordandosi che in quanto tali essi sono ad esso
solidali), si otterrebbe esattamente lo stesso risultato. Se si prendesse ad esempio il marker A e
si confrontassero i risultati in termini di posizione dell’asse rispetto a quello che si ottiene con
CM, si otterrebbe, per un generico istante, il risultato mostrato in Figura 3.24.
83
Figura 3.24 Confronto tra i risultati dell’algoritmo ottenuti passando per CM e A: vista 3D
Come si vede gli assi ottenuti basandosi sui due punti coincidono, mentre i due punti P0 sono
ben distinti ma comunque appartenenti all’asse. Quindi, prendendo un qualsiasi punto di
riferimento del corpo rigido, si arriverebbe a determinare sempre lo stesso asse però
identificando via via dei punti su di esso differenti.
Nella stessa figura sono rappresentate anche le velocità dei due P0, le quali però non possono
che essere esattamente le stesse per le proprietà già discusse riguardanti l’ISA del corpo rigido,
caratteristica che si apprezza nella Figura 3.25.
84
3.1.1 L’instant screw axis sospensivo
Nello studio dello screw axis si è osservato come la sua posizione sia particolarmente distante
dal veicolo, questo perché nella sua determinazione pesa molto il contributo di moto rigido
dello stesso.
Con il termine rigido si intende quel contributo principalmente legato alla ωyaw, cioè la velocità
angolare di imbardata, che si può confondere del tutto con la ωz (queste infatti sono le stesse
visto che la componente del vettore velocità angolare lungo l’asse ortogonale al veicolo
coincide con quella lungo l’asse z), la quale, come si è visto in precedenza, comanda rispetto
alle altre componenti costituendo la causa primaria del grande allontanamento di P0.
Lo scopo di tutta la trattazione è però la valutazione della posizione dello screw axis in
relazione al solo comportamento delle sospensioni. Dunque, è necessario andare a modificare
la formula inerente alla sua determinazione, poiché appunto si vuole isolare quello screw axis
esclusivamente connesso ai comportamenti di rollio e di beccheggio del veicolo, e per farlo
bisogna prima di tutto capire qual è il contributo di solo moto rigido del sistema per poi
sottrarlo dal totale.
𝝎 𝝎 𝑥 𝒗𝐶𝑀
𝒏= 𝒙𝑃0 = 𝒙𝐶𝑀 +
|𝝎| |𝝎|2
L’obiettivo è trovare quelle componenti dei vettori ω e vCM legate al solo moto rigido della
vettura: queste verranno definite rispettivamente ωstar e vCM,star.
Sicuramente esso può pensato come una sorta di supporto “rigido” (non è proprio così perché
in realtà durante il moto ci sono delle deformazioni dei pneumatici che comportano la
continua variazione della posizione reciproca dei quattro punti di contatto, ma non solo, si
possono verificare anche variazioni della carreggiata stessa del veicolo, ma comunque è
un’approssimazione abbastanza ragionevole) al quale la scocca è vincolata e con la quale
condivide il moto sul piano x-y. Ma appartenendo sempre al piano stradale, questo non si
accorge dei comportamenti di rollio e di beccheggio, filtrando così il mero contributo di moto
rigido, e dunque in qualche modo è attraverso l’analisi del suo comportamento che si possono
ricavare le due grandezze star.
Questo ragionamento trova una su spiegazione se si pensa ad una situazione limite in cui le
sospensioni siano infinitamente rigide, condizione in cui il supporto e il veicolo si
85
muoverebbero esattamente allo stesso modo, come un unico corpo rigido, visto che non si
potrebbero manifestare rotazioni per la vettura. Non appena le sospensioni vengono rese
elastiche, esse consentono la nascita dei moti della scocca in seguito a cause quali forza
centrifuga o forze d’inerzia che, pur essendoci in ogni caso, prima non riuscivano a compiere
nessun lavoro.
𝒗= 𝝎 x r
Prima di partire con l’analisi, si presenta nella Figura 3.26 il concetto di piano ombra con
annessi i quattro punti di contatto in un generico istante temporale.
Figura 3.26 Piano ombra del veicolo e punti di contatto in un generico istante della manovra: vista 3D
Riguardo le velocità associate ai vertici, esse sono state calcolate in base alla conoscenza della
loro traiettoria, e quindi, seguendo una logica numerica, come rapporto della variazione della
loro posizione rispetto ad ogni intervallo di tempo in cui è discretizzata la simulazione.
86
In particolare, la velocità associata ad ognuno di questi punti istante per istante è stata valutata
come la media delle velocità medie calcolate sui due intervalli di tempo fra i quali quel
particolare istante si pone a cavallo.
Cioè, per essere più chiari, considerando un generico vertice P, se con Δr si indica la variazione
del suo vettore posizione tra due generici istanti i+1 e i, allora la sua velocità media vettoriale
su quell’intervallo k-esimo sarà:
𝛥𝒓 𝒓(𝑖 + 1) − 𝒓(𝑖)
𝒗𝑚 (𝑘) = =
𝛥𝑡 𝑡(𝑖 + 1) − 𝑡(𝑖)
Dopodiché, tralasciando gli istanti inziale e finale della simulazione, ai quali sono stati
associati i vettori vm relativi al primo ed ultimo intervallo, corrispondentemente alle posizioni
assunte da P in tutti gli istanti interni è stata associata una velocità, che si può definire vP,
valutata come:
87
Figura 3.28 Confronto tra le componenti di vP e vWC
Rispetto alle singole componenti di velocità, dell’ordine del m/s e delle decine di m/s,
sembrano non essere rilevanti, ma nello studio del comportamento sospensivo giocano un
ruolo fondamentale poiché lì si avrà a che fare con grandezze dell’ordine del mm/s.
88
Si osservano però, sempre in Figura 3.29, delle oscillazioni legate al modo in cui sono state
valutate le stesse componenti di vP, le quali manifestano un andamento irregolare per
costruzione. Da ciò discenderebbe un’errata valutazione della posizione dello screw axis,
motivo per cui si opera un fitting delle stesse componenti di vP, garantendone un andamento
meno brusco, come si evince dalla Figura 3.30, la quale mostra la differenza dei due vettori
velocità post fitting.
Si sarebbe potuto procedere anche in diverso modo per approssimare le velocità dei vertici del
piano ombra, ad esempio associandovi le stesse velocità dei corrispondenti WC, ma non
sarebbe stato corretto, in quanto, nelle componenti x e y di vWC ci sono dei contributi che sono
legati al solo moto del veicolo sulle sospensioni, quindi si considererebbero come rigide delle
quantità che invece sono di natura prettamente sospensiva, per cui si preferisce adottare la
costruzione proposta.
A questo punto si può procedere con la determinazione della posizione del centro e quindi
dell’asse di istantanea rotazione del piano ombra.
Essa può essere ricavata, come detto, basandosi sull’intersezione delle rette ortogonali ai
vettori delle velocità associate ai punti di contatto. Il problema è che, avendo quattro punti, si
potrebbero considerare sei possibili combinazioni differenti di coppie di vettori di velocità,
poiché ci sono sei possibili accoppiamenti indipendenti tra i punti di contatto. Di conseguenza
è possibile valutare sei centri di istantanea rotazione differenti.
89
associate ai rispettivi vettori velocità, si determinano poi le equazioni delle rette ad esse
ortogonali ed infine si mettono a sistema trovandone il punto di intersezione.
Figura 3.31 Determinazione del centro di istantanea rotazione C1 del piano ombra – pt.1: vista 3D
Figura 3.32 Determinazione del centro di istantanea rotazione C1 del piano ombra – pt.2: vista 3D
Si riporta in Figura 3.31 e Figura 3.32 la costruzione grafica che rappresenta il ragionamento
descritto per la prima coppia di punti Prant - Plpost (dove con ant e post si fa riferimento
90
rispettivamente all’asse anteriore e posteriore e con r ed l si indicano i punti di destra e sinistra)
in un generico istante.
Si vede come le rette ortogonali tendono ad intersecarsi in un punto anche se molto lontano.
91
Figura 3.35 Centri di istantanea rotazione a 5.26 s: vista 3D
Ripetendo lo stesso procedimento per ognuna delle sei coppie descritte in precedenza si
determinano tutti e sei centri di istantanea rotazione, rappresentati in Figura 3.33.
In essa sembrano essere presenti solo i centri C2, C5 e C6, ma in realtà ci sono tutti, solo che
sono sovrapposti tra di loro, infatti si riscontra che a C5 si sovrappongono C1, C3 e C4.
La loro distinzione risulta più nitida se si rappresentano degli istanti non interessati dalla
manovra, ad esempio in corrispondenza dei 2.86 s e di un istante immediatamente dopo i 5 s,
riportati rispettivamente in Figura 3.34 e Figura 3.35.
Si evidenzia, nel passaggio all’arco temporale inerente alla manovra, come gli ordini di
grandezza in gioco cambino molto. Infatti, confrontando l’immagine a 2.86 s con quella interna
alla manovra in Figura 3.33, si passa da qualcosa dell’ordine dei 109 a qualcosa di ben cinque
ordini di grandezza in meno. Lo stesso confronto si può fare tra l’immagine a 5.26 s ancora con
Figura 3.33, dove gli ordini di grandezza tornano ad aumentare di tre rispetto ai 104 relativi
alla manovra.
La grande variazione degli ordini di grandezza riprende ciò che si era già visto nel caso dello
studio dello screw axis complessivo: se il veicolo percorre una traiettoria rettilinea è ovvio che
il suo piano ombra faccia la stessa cosa, e quindi è come se ruotasse attorno a un centro che si
trova all’infinito per poi avvicinarsi nell’intervallo inerente alla manovra.
Però c’è da fare una considerazione: il piano ombra ammette, così come un qualsiasi corpo
rigido, un unico centro di istantanea rotazione, che viene definito C. Dunque, quello che si può
92
pensare di fare per determinarlo è mediare le posizioni di tutti e sei i centri trovati, ottenendo
il comportamento rappresentato in Figura 3.36 e Figura 3.37.
Figura 3.36 Centro di istantanea rotazione C del piano ombra come media dei sei centri a 3.36 s: vista
3D
Figura 3.37 Centro di istantanea rotazione C del piano ombra come media dei sei centri a 4.44 s: vista
3D
Si nota dalla loro osservazione come tale metodo non produca un buon risultato, poiché
intuitivamente ci si aspetterebbe che C appartenga alle rette ortogonali ai vettori velocità dei
93
punti contatto, o meglio, che si trovi in corrispondenza di quella sorta di punto di intersezione
fra di esse, il quale risulta evidente nelle immagini appena riportate.
Figura 3.38 Centro di istantanea rotazione C come media di quattro centri a 3.36 s: vista 3D
Figura 3.39 Centro di istantanea rotazione C come media di quattro centri a 4.44 s: vista 3D
Questa cattiva condotta è dovuta principalmente al comportamento dei centri C2 e C6, ovvero
quei centri valutati considerando coppie di punti di contatto appartenenti allo stesso asse, i
94
quali, come si nota ancora da Figura 3.33 a Figura 3.37, svariano molto nella loro posizione
durante la manovra rispetto a tutti gli altri, che sembrano mantenersi invece sempre molto
vicini tra loro ed in corrispondenza di quella sorta di punto di intersezione appena citato.
Dunque, si intuisce come per una migliore valutazione di C sia più ragionevole mediare le
posizioni dei soli quattro centri ricavati dalle coppie di punti di contatto appartenenti ad assi
differenti, ovvero di C1, C3, C4 e C5, ottenendo un miglior risultato, riscontrabile in Figura 3.38
e Figura 3.39.
Come detto, la sua valutazione passa per l’utilizzo della legge che lega velocità lineare ed
angolare, dove ovviamente con r si indica genericamente la distanza vettoriale dal centro di
istantanea rotazione. Anche in tal caso questa formula sarà applicata ben quattro volte per
ognuno dei vertici del piano ombra, per cui tale grandezza verrà valutata come una media dei
quattro valori che usciranno fuori.
In termini dei moduli, cioè come 𝑣 = 𝜔𝑠𝑡𝑎𝑟 ∗ 𝑟, visto che le direzioni dei vettori velocità
possono essere considerate ortogonali ai segmenti che congiungono i punti di contatto
con C. Per cui nota la distanza r tra P e C e la corrispondente velocità di P, si ricava
facilmente una ωstar,i per ogni punto di contatto e dopodiché se ne fa la media
aritmetica. Il problema di tale approccio è che non tiene conto del cambio di segno della
stessa ωstar nel momento in cui si ha l’inversione dell’angolo di sterzo del volante,
aspetto invece fondamentale per la successiva valutazione della vCM,star.
In forma vettoriale, esplicitando direttamente l’espressione 𝒗 = 𝝎 𝑥 𝒓 ed ottenendo un
sistema algebrico con incognite proprio le componenti di ωstar. In tal caso da una parte
si ha lo svantaggio di avere a che fare con una matrice dei coefficienti antisimmetrica
di dimensione 3, la quale si può dimostrare avere determinante nullo e per la quale
non si potrebbe effettuare l’inversione e dunque non sarebbe possibile determinare le
incognite. Grazie a MATLAB® si riesce però a superare tale difficoltà, ed in particolare
attraverso l’utilizzo della funzione pinv che opera la pseudoinversa della matrice dei
coefficienti cercando una soluzione x che minimizzi la norma del vettore A*x-b, dove
con A e b di indicano genericamente la matrice dei coefficienti ed il vettore dei termini
noti. Tale approccio ha il vantaggio di ottenere una soluzione che tenga conto del
cambio di segno e quindi migliore per quanto detto prima.
95
Seguendo la prima procedura se ne riporta il risultato nella Figura 3.40, mettendolo a confronto
con la ωz del veicolo per mostrare come la velocità angolare del piano ombra si mantenga
fedele a quest’ultima come del resto ci si poteva attendere.
Come si era accennato, la ωstar così valutata non mostra cambi di segno, in quanto ci si
dimentica della presenza del prodotto vettoriale e si guardano le relazioni solo in termini dei
moduli delle grandezze. Resta comunque chiara la grande somiglianza con la ωz, aspetto
ancora più evidente se si considera il confronto con la norma della stessa ωz riportato in Figura
3.41.
96
dove si vede l’antisimmetria della matrice dei coefficienti, e quindi la sua singolarità, poiché
si può dimostrare che tutte le matrici antisimmetriche di ordine dispari sono singolari. In ogni
caso, grazie al comando pinv prima descritto, si riesce ad invertire il sistema fornendo una
soluzione dove le prime due componenti, quelle lungo x e y, restano indeterminate, mentre la
terza componente viene ben valutata. Per cui, dato che la ωstar è sempre parallela all’asse z, il
problema dell’indeterminazione non interessa, però sarà necessario porre le prime due
componenti pari a 0 per garantire il successivo calcolo numerico della vCM,star.
In Figura 3.42 si riporta infine il risultato del secondo metodo, dove si apprezza il cambio si
segno in corrispondenza dei 4 s.
Figura 3.43 Confronto dei due metodi di valutazione della ωstar e rappresentazione della loro differenza
97
Confrontando i risultati delle due metodologie, si vede in Figura 3.43 come in termini di
moduli essi siano esattamente identici, infatti si osserva la perfetta sovrapposizione delle due
grandezze.
La valutazione della velocità angolare del piano ombra permette di fare il passo successivo,
cioè determinare la velocità con cui si muove quello che si potrebbe definire il centro di massa
geometrico del piano ombra stesso. Tale punto infatti non ne è il vero e proprio centro di
massa, ma, come si vedrà, è quello che si può pensare sintetizzarne il comportamento fisico.
Questo, definito come CMstar, non coincide però esattamente con la proiezione del CM del
veicolo su tale piano istante per istante, come si potrebbe pensare. Se si ragionasse in questo
modo di fatto si commetterebbe un errore, in quanto si terrebbe conto nella sua valutazione di
contributi di spostamento nelle componenti x e y che in realtà sono controllati dalle
deformazioni elastiche delle sospensioni, e che quindi fuoriescono dal contributo di solo moto
rigido.
L’idea più semplice può essere quella di approssimarlo con la posizione del punto di
intersezione delle diagonali del poligono che identifica il piano ombra, però per verificarne la
correttezza è necessario un confronto con la proiezione diretta del CM, presentato in Figura
3.44 e Figura 3.45.
Figura 3.44 Confronto sulla determinazione del CMstar per intersezione e per proiezione – pt.1: vista
3D
98
Figura 3.45 Confronto sulla determinazione del CMstar per intersezione e per proiezione – pt.2: vista
3D
Si vede dalle immagini appena riportate come l’approssimazione del CMstar secondo il criterio
dell’intersezione è più che valida visto che i due punti sono estremamente vicini.
A questo punto si procede con la determinazione della vCM,star per mezzo della formula della
cinematica rigida, la quale andrà usata quattro volte tra ogni punto di contatto e il CMstar,
entrando con la velocità dei punti P e usando come velocità angolare la ωstar precedentemente
99
ricavata. La grandezza interessata viene approssimata come la media aritmetica dei quattro
valori trovati.
In Figura 3.46, Figura 3.47 e Figura 3.48 si riporta il risultato della procedura descritta in un
generico istante ed un confronto con la vCM.
Dall’osservazione in particolare di Figura 3.47 e Figura 3.48 si vede una piccola ma non
trascurabile differenza rispetto alle componenti x e y della vCM dato che il comportamento del
piano ombra e quello del veicolo sul piano x-y non possono essere così differenti tra loro,
mentre ovviamente la componente z è giusto che lo sia del tutto.
10
0
Terminata la valutazione del contributo di moto rigido, associato a quella sorta di supporto
rigido su cui poggia il veicolo identificato con il piano ombra, viene adesso la fase di
isolamento del contributo legato al comportamento delle sospensioni, che si può definire
“sospensivo” o “elasto-sospensivo”.
𝝎 𝝎 𝑥 𝒗𝐶𝑀
𝒏= 𝒙𝑃0 = 𝒙𝐶𝑀 +
|𝝎| |𝝎|2
Si è visto nei paragrafi precedenti come fossero ωstar e vCM,star a sintetizzare il moto rigido del
veicolo, di conseguenza, per determinare la posizione dell’ISA associata al solo contributo di
moto sospensivo, l’idea più prominente è quella di sottrarre tali quantità dai vettori globali
delle corrispondenti grandezze, cioè ω e vCM, ottenendo:
𝝎𝑛𝑒𝑤 = 𝝎 − 𝝎𝑠𝑡𝑎𝑟
Dunque, la determinazione del nuovo asse di screw passerà attraverso l’applicazione della
formula dello screw axis usando come input proprio le grandezze new così ottenute:
La validità della modifica appena eseguita può essere compresa e giustificata per mezzo di un
semplice esempio dove, partendo dal conoscere già a priori la posizione dell’asse di screw che
si otterrebbe eliminando il contributo di moto rigido, si ignora tale consapevolezza, andando
10
1
ad applicare la formula precedentemente introdotta per la determinazione dell’ISA legato al
moto sospensivo, verificando che l’asse risultante sia effettivamente collocato dove ci si
attende.
Facendo riferimento alla Figura 3.49, si supponga di avere un corpo rigido a forma di
parallelepipedo di date dimensioni e che questo sia vincolato ad un supporto rigido
sottostante, giacente sul piano stradale, tramite due cerniere i cui punti definiscono un asse
che attraversa lo stesso corpo che si può definire come “asse base”, per distinguerlo da quello
sarà il suo effettivo asse di screw.
Si immagini di partire da una condizione in cui il supporto sia fermo ma venga assegnato un
certo vettore della velocità angolare ω con unica componente lungo x negativa del tipo:
𝝎 = (−𝜔1 , 0,0)
e di conseguenza si abbia in tale istante un vettore della velocità del CM con unica componente
lungo le y positive. Cioè, se r è il modulo della distanza tra CM e l’asse base, allora:
È logico che in tal caso il corpo rigido non può che ruotare attorno ad un asse di istantanea
rotazione che coincide con l’asse base stesso e quindi, a sua volta, il suo asse di screw
complessivo non può che coincidere con l’asse base. Infatti, applicando la formula per la
determinazione della posizione del punto P0 dell’asse e della sua direzione con le due
grandezze espresse precedentemente, si ottiene il risultato di Figura 3.50, nella quale è evidente
la sovrapposizione dei due assi.
Figura 3.50 Asse di screw iniziale del corpo rigido a supporto fermo: vista 3D
10
2
Però, se oltre alla rotazione del corpo rispetto all’asse base si assegnasse anche un moto al
supporto, ovviamente non si verificherebbe questa coincidenza, poiché peserà molto sulla
determinazione dello screw axis il contributo di moto rigido del supporto stesso.
Quindi in tal caso si immagini la condizione in cui il supporto si stia muovendo di moto
circolare uniforme con un raggio caratteristico imposto arbitrariamente pari a R = 70 m, e con
velocità angolare lungo z pari ad una generica ω3. Si supponga di porsi durante questo moto
in un istante in corrispondenza del quale il corpo si trova posizionato in maniera tale da avere
il suo asse base parallelo all’asse x, per cui i vettori ω e vCM risultano essere:
𝝎 = (𝜔𝑥 , 0, 𝜔𝑧 ) = (−𝜔1 , 0, 𝜔3 )
Applicando di nuovo la formula originale per la determinazione dello screw axis con questi
nuovi dati si ottiene il risultato rappresentato in Figura 3.51, dove si osserva come l’asse di
screw sia molto lontano dal sistema rispetto alla condizione di supporto fermo.
Figura 3.51 Asse di screw del corpo rigido con moto del supporto: vista 3D
Come detto però interessa isolare la sola parte legata direttamente al moto sospensivo, che in
tal caso coincide, se c’è, con il solo moto di rotazione attorno all’asse base.
Bisogna però valutare prima il contributo di moto rigido, e nel farlo si adotta lo stesso criterio
visto per la determinazione della vCM,star, essendo in tal caso la ωstar praticamente già assegnata
e coincidente di fatto con la ωz prescritta.
10
3
vertici, ognuna delle quali si calcola come il prodotto vettoriale della ωstar con la rispettiva
distanza dal centro di istantanea rotazione del supporto, che si trova collocato
approssimativamente nell’origine per il modo in cui è stato costruito il problema.
Sottraendo le grandezze star così trovate dalle globali, si ottiene il risultato in Figura 3.52, dove
si verifica la sovrapposizione dell’asse di screw legato al moto sospensivo con l’asse base.
Si riportano in Figura 3.53 e Figura 3.54 le grandezze new ottenute eliminando il contributo di
moto rigido dalle grandezze cinematiche che caratterizzano il moto globale del veicolo.
Osservando attentamente le figure appena citate si vede come le componenti di velocità lungo
x e y siano molto piccole, così come la componente z della nuova velocità angolare, come del
resto è giusto aspettarsi. In ogni caso, da tali immagini si intravede la correttezza del metodo
utilizzato: nell’isolare il solo contributo di moto sospensivo, le grandezze che sicuramente non
devono essere modificate sono proprio la componente z della velocità del CM e le componenti
x e y del vettore della velocità angolare, mentre le altre devono subire necessariamente delle
modifiche. Per quanto riguarda le componenti x e y di vCM, esse si sono ridotte ad ordini di
grandezza analoghi a quello della vCM,z, mentre la componente della velocità angolare ωz si è
ridotta diventando dello stesso ordine di grandezza della ωy.
Tutto questo fa ben pensare circa le operazioni effettuate, perché, ad esempio, se si guarda la
vCM,new,z questa è unicamente legata all’oscillazione del veicolo sulle sospensioni ed è quella
che sicuramente risulta essere non correlata al moto rigido. Per cui, se le componenti vCM,new,x
10
4
e vCM,new,y risultano dello stesso ordine di grandezza vuol dire che le approssimazioni eseguite
sono più che sensate.
Stesso discorso per la ωnew,z, infatti non ci si aspetta che questa si annulli del tutto, in quanto,
nel comportamento oscillatorio del veicolo sulle sospensioni, ci sarà sicuramente una leggera
rotazione del veicolo ancora attorno ad un asse perpendicolare al piano stradale (in generale
l’asse di screw sospensivo non sarà completamente parallelo al piano stradale, ma avrà
differenti inclinazioni). Relativamente alla parte finale della manovra, cioè tra 5 e 6 s, si nota
quel brusco comportamento già osservato in Figura 3.42, rappresentativa del comportamento
della ωstar.
10
5
A questo punto, attraverso l’applicazione della formula dello screw axis si può determinare la
posizione del nuovo punto P0, identificato ora come P0new, di cui se ne riporta direttamente il
confronto con le coordinate di CM nella Figura 3.55.
Figura 3.55 Confronto tra le coordinate di P0new e CM: zoom sulla manovra
Già solo comparando tale immagine con la Figura 3.6 emerge il grande beneficio dell’analisi
eseguita, infatti si è passati da distanze dell’ordine delle decine se non centinaia di metri a
qualcosa dell’ordine dei centimetri. Gli unici istanti in cui si verificano degli aumenti di tali
valori sono quelli corrispondenti ai minimi della norma della ωnew, come si può riscontrare
facilmente dall’osservazione della Figura 3.56.
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6
Figura 3.57 Quadrato del modulo della ωnew
Analizzando ora i termini di rapporto delle coordinate di P0new, con l’aiuto di Figura 3.58 e
Figura 3.59, si evince come il termine relativo alla componente x subisca dei salti più contenuti
rispetto a quelli inerenti alle componenti y e z, a indicare che in questa componente P0new si
mantiene relativamente vicino a CM, come si vedrà anche successivamente.
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7
Figura 3.59 Termini di rapporto delle coordinate di P0new sull’intervallo 3 – 5 s
Tale aspetto si spiega osservando l’espressione del suo numeratore N, dove entrano in gioco
dei termini che si dimostrano essere molto piccoli:
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8
Infatti, tornando alle Figura 3.53 e Figura 3.54, inerenti alle grandezze new, si può facilmente
constatare come queste nel loro prodotto producano valori dell’ordine dei 10-3 – 10-2 mm/s2,
almeno nelle zone non interessate dai salti, per cui giocano un ruolo secondario pur non
essendo del tutto trascurabili rispetto alla xCM e soprattutto reciprocamente, come si evince
dalla Figura 3.60, dove con I e II si indicano i due termini che compongono il N, evidenziati
nell’espressione precedente rispettivamente in blu e rosso.
Analizzando con la stessa logica i numeratori dei termini legati alle coordinate y e z, in tal caso
si ha che fare con dei contributi più ingenti:
Le approssimazioni eseguite hanno senso e sono giustificate dal confronto diretto dei due
termini che compongono i due numeratori, riportato in Figura 3.61.
Si vede come i secondi contributi, essendo legati alla ωnew,x, pesino molto di più rispetto ai
primi, i quali in confronto sembrano essere sempre del tutto nulli. In tal modo si intende
mettere in evidenza come siano le coordinate associate alla stessa ωnew,x quelle dominanti nel
comportamento del P0new.
Di seguito viene ora mostrato in Figura 3.64, Figura 3.65 e Figura 3.66 l’andamento del P0new
rispetto alla traiettoria del CM del veicolo nell’arco temporale tra i 3 e i 5 s per mostrare a
livello tridimensionale il comportamento osservato precedentemente per le sue coordinate.
Per interpretare meglio il fenomeno però si riporta prima la traiettoria percorsa dal veicolo,
10
9
rappresentata in Figura 3.62, insieme ad un confronto delle grandezze ωz e ωnew,x rispetto al
segnale di sterzo.
11
0
In particolare, la Figura 3.63 è fondamentale per mostrare come i fenomeni “asintotici”
(corrispondenti agli zeri della ωnew,x, ovvero quella componente che si può identificare con la
velocità angolare di rollio del veicolo), osservati in Figura 3.59 per le coordinate di P0new, si
manifestano con un leggero ritardo rispetto ai picchi della ωz (ovvero la velocità angolare di
imbardata), la quale è direttamente legata al segnale di sterzo imposto al volante ma a sua
volta in leggero ritardo rispetto a quest’ultimo, infatti si nota, ancora in Figura 3.63, come non
ci sia corrispondenza tra i picchi delle due funzioni.
Figura 3.65 Comportamento di P0new relativamente a CM: piano x-y (vista dall’alto)
11
1
Figura 3.66 Comportamento di P0new relativamente a CM: piano x-z (vista laterale)
Mentre nelle immagini inerenti al comportamento di P0new si riconoscono bene gli andamenti
delle coordinate y e z osservati in Figura 3.59, la legge che caratterizza il termine di rapporto
della x è più complessa da osservare, poiché essa riguarda una discrepanza lungo la direzione
stessa della traiettoria, ma in ogni caso risulta essere trascurabile rispetto alle altre due per
quanto detto in precedenza.
A concorrere al loro cambio di segno sono anche le componenti di vCM,new. In ogni caso però si
può riscontrare come la coordinata y abbia un comportamento che segue una legge di tipo
armonico-parabolica tra un salto e l’altro, con una concavità il cui segno è controllato dal segno
della ωnew,x ed in particolare è opposto a questo: negli intervalli dove quest’ultima è negativa
la concavità è rivolta verso l’alto (cioè nel verso delle y positive), invece lì dove questa è
positiva la concavità è verso il basso.
Analogo discorso si può fare per la componente zP0,new, dove però in tal caso si ha a che fare
con una legge di tipo cubica. Di minore peso rispetto alle prime due, anche per xP0,new si nota
una legge di tipo cubica, questa volta però opposta rispetto a quella relativa alla coordinata z.
Per tutte e tre si osservano dei punti critici in corrispondenza ovviamente dei punti critici delle
rispettive grandezze che le definiscono, ed in particolare, con riferimento a Figura 2.10 e Figura
11
2
3.59, questi si collocano lì dove sta avvenendo l’inversione del segnale sinusoidale di sterzo,
ovvero nell’intorno dei 4 s.
In ultima analisi si può riportare in Figura 3.67 il confronto delle velocità di P0new rispetto a
quelle del CM.
Così come visto nella parte dedicata all’analisi del contributo di moto rigido, l’interpretazione
delle componenti di velocità risulta essere difficile data la complessità degli andamenti, però,
come si può osservare in Figura 3.68, resta sempre verificata la proprietà fondamentale
dell’ISA.
11
3
Restando su detta figura, c’è da osservare un istante preciso, nell’intorno dei 3.6 s, in
corrispondenza del quale si verifica l’avvicinamento dei moduli dei due vettori velocità,
situazione in cui l’asse di screw si pone in una posizione di quasi parallelismo con la vCM,
verificandosi la massima velocità traslazionale lungo l’asse stesso. Questa particolare
coincidenza verrà rappresentata più avanti in Figura 3.70.
11
4
Figura 3.71 Nuovo asse di screw a 3.72 s: vista 3D
11
5
Figura 3.74 Nuovo asse di screw a 4.8 s: vista 3D
Figura 3.75 Distinzione delle quattro fasi della manovra in base all’andamento della ωnew,x
I. 3 – 3.6 s: facendo riferimento da Figura 3.76 a Figura 3.79, inizialmente l’asse parte da
una posizione vicina al CM, questo perché all’inizio della manovra le varie grandezze
stanno appena nascendo e sono ancora relativamente piccole, anche se la sua direzione
si identifica con quella “parallela” all’asse x, o meglio la direzione dell’asse
longitudinale del veicolo, essendo principalmente la ωnew,x a comandare ma essendo
presente anche una piccola componente lungo z.
11
6
Figura 3.76 Nuovo asse di screw nella prima fase della manovra: vista 3D
Figura 3.77 Nuovo asse di screw nella prima fase della manovra: piano y-z (vista frontale)
11
7
Figura 3.78 Nuovo asse di screw nella prima fase della manovra: piano x-y (vista dall’alto)
Figura 3.79 Nuovo asse di screw nella prima fase della manovra: piano x-z (vista laterale)
Come si nota anche dal verso assunto dal vettore velocità vCM,new, durante questa prima
fase la scocca sta rollando nel verso delle y positive, infatti il punto P0new tende a
spostarsi nella sua coordinata y in un verso controllato in segno dalla ωnew,x, ed in
particolare in un verso opposto a quello di rollio, per poi sovrapporsi al CM in
corrispondenza del primo zero della vCM,new,z, mentre nella coordinata z, seguendo la
legge cubica precedentemente descritta, sale di quota fino a sovrapporsi ancora al CM
questa volta in corrispondenza del primo zero della vCM,new,y. Tali dettagli si riscontrano
anche nelle fasi successive.
11
8
Se si ripensa alla posizione assunta dall’asse di rollio ricavato per via classica all’istante
0, e quindi da Figura 2.29 a Figura 2.31, e si vanno a confrontare tali immagini con la
Figura 3.69, si osserva una grande familiarità. Per cui, almeno nei primi istanti della
manovra, si verifica quello che si potrebbe definire un comportamento di puro rollio in
senso classico. Il confronto diretto verrà affrontato meglio nel capitolo successivo.
In corrispondenza poi dei 3.6 s il vettore della velocità angolare vede ridursi la sua
componente x, cominciando a prevalere le componenti y e z, e tra queste l’ultima è la
preponderante. Infatti, l’asse tende ad inclinarsi verso l’alto, allontanandosi dalla
condizione di puro rollio e ad allontanandosi dal veicolo stesso per via dei fenomeni
“asintotici”.
II. 3.6 – 4.6 s: facendo riferimento da Figura 3.80 a Figura 3.83, col proseguire della
manovra l’asse si riposiziona in maniera antisimmetrica rispetto al CM, infatti si
riscontrano dopo il salto dei valori delle coordinate y e z negative.
Figura 3.80 Nuovo asse di screw nella seconda fase della manovra: vista 3D
11
9
Figura 3.81 Nuovo asse di screw nella seconda fase della manovra: piano y-z (vista frontale)
Figura 3.82 Nuovo asse di screw nella seconda fase della manovra: piano x-y (vista dall’alto)
12
0
Figura 3.83 Nuovo asse di screw nella seconda fase della manovra: piano x-z (vista laterale)
L’inclinazione dell’asse riparte da quella relativa alla fase precedente, però a mano a
mano si riduce poiché la ωnew,z, che in tale intervallo sta crescendo raggiungendo
addirittura il suo picco, viene sopraffatta dalla ωnew,x, la quale sta rinascendo portandosi
verso valori positivi e superiori di un ordine di grandezza alla componente z. Bisogna
notare comunque che qui entra in gioco anche la componente y della velocità angolare,
seppur in piccola misura. Questa però è importante perché contribuisce
all’orientazione dello screw axis in una direzione che è parallela in realtà non all’asse x,
ma all’asse longitudinale del veicolo. Cioè, se in tal caso l’asse di screw può essere
identificato come l’asse di rollio del veicolo, le due ωnew,x e ωnew,y sarebbero proprio le
componenti della ωroll.
C’è da dire che anche questa fase è caratterizzata dal rollio della scocca, questa volta
nel verso delle y negative, anche se in maniera distinta rispetto alla prima fase, infatti,
tornando a Figura 3.54, si vede come qui ci sia l’influenza non trascurabile della ωnew,z,
per cui, se si ripensa al concetto associato al puro rollio espresso nell’ambito della prima
fase, in tal caso non si può definire tale. In realtà ci si aspetterebbe una situazione
analoga a quella vista nella prima fase, invece l’asse mostra qui un’inclinazione opposta
a quella osservata precedentemente.
Verso la fine della fase prosegue lo spostamento dell’ISA nel verso delle y negative,
diventando “parallelo” all’asse x, dato che lo stesso asse longitudinale si sta riportando
in una direzione ad esso parallela.
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1
III. 4.6 – 5.3 s: all’inizio della terza fase, in riferimento da Figura 3.84 a Figura 3.87, l’asse si
riposiziona di nuovo in maniera antisimmetrica rispetto al CM e ancora “parallelo”
all’asse longitudinale del veicolo.
Figura 3.84 Nuovo asse di screw nella terza fase della manovra: vista 3D
Figura 3.85 Nuovo asse di screw nella terza fase della manovra: piano y-z (vista frontale)
12
2
Figura 3.86 Nuovo asse di screw nella terza fase della manovra: piano x-y (vista dall’alto)
Figura 3.87 Nuovo asse di screw nella terza fase della manovra: piano x-z (vista laterale)
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3
Verso la fine c’è una tendenza dell’asse ad inclinarsi nella direzione delle y e ciò è
comprensibile se si confrontano tra loro le componenti di ωnew a partire dai 5.3 s, quindi
praticamente in corrispondenza dell’inizio della IV fase.
IV. 5.3 – 6 s:
Figura 3.88 Confronto tra le componenti di ωnew nella quarta fase della manovra
Osservando la Figura 3.88, se fino adesso la componente dominante era stata quella
lungo x e le altre due risultavano essere per gran parte trascurabili, in generale ora tutte
le componenti di ω sono dello stesso ordine, prevalendo nell’ultimo tratto quelle lungo
y e z. Dato il grande intreccio presente tra le componenti, l’evoluzione dell’asse
relativamente a quest’ultima fase risulta essere molto complessa, come si dimostra in
Figura 3.89.
Figura 3.89 Nuovo asse di screw nella quarta fase della manovra: vista 3D
12
4
A contribuire ad un simile comportamento è il termine di rapporto della xP0,new, prima
del tutto trascurabile e che invece ora assume un ruolo importante, infatti si può
osservare nella figura appena riportata come si perda quella corrispondenza tra
l’ascissa di P0new e quella di CM riscontrata nelle fasi precedenti.
Tra le tre ovviamente la prima è la più importante, in quanto controlla gli istanti in cui si
verificano i fenomeni “asintotici” delle coordinate di P0new, cioè i punti di minimo della |ω|2.
Sicuramente tutte e tre nel loro complesso determinano quelle particolari leggi viste per le
coordinate, per le quali è stato possibile riconoscere degli andamenti di tipo quasi-parabolico
e cubico.
Infatti si riscontra una certa ricorrenza relativamente all’intervallo tra un salto e l’altro: la
concavità della “parabola” che governa il comportamento della y risulta essere sempre rivolta
nel verso indicato dalla direzione di vCM,new,y, o, equivalentemente, la concavità ha sempre
segno opposto a quello della ωnew,x; le leggi cubiche che governano le componenti x e z sono
opposte, ed in particolare se la prima è decrescente la seconda è crescente, e per entrambi si
osservano dei caratteristici punti di flesso.
Tutti i punti critici per le coordinate di P0new sono controllati dai corrispondenti per le
grandezze che entrano in gioco nelle loro espressioni, in particolare in corrispondenza dei 4 s,
punto critico per tutte le grandezze fondamentali ed in particolare per la stessa ωnew,x.
In questa sezione si intende intraprendere un percorso molto simile che però passa questa
volta per un’analisi del moto relativo dei pneumatici rispetto al veicolo stesso. Tale studio
verrà effettuato nell’intorno dell’istante d’inizio della manovra, poiché, da come si è visto nelle
analisi precedenti, qui si può affermare con grande certezza esserci prevalentemente un
comportamento di puro rollio. Quindi lo scopo sarà quello di ricavare la posizione dell’asse di
12
5
istantanea rotazione di rollio del veicolo passando per lo studio degli spostamenti relativi delle
ruote rispetto allo stesso.
La determinazione dello screw axis dei pneumatici passa per la conoscenza di un loro punto,
ad esempio i centri stessi delle ruote, dei corrispondenti vettori velocità e dei vettori delle
velocità angolari.
Figura 3.90 Asse di screw della ruota destra anteriore a 3.036 s: vista 3D
Figura 3.91 Asse di screw della ruota destra anteriore a 3.036 s: piano x-y (vista dall’alto)
12
6
determinazione dello screw axis, ottenendone così la posizione, rappresentata in Figura 3.90 e
Figura 3.91 per un generico istante temporale.
La natura di tale asse è ovvia, in quanto il vettore della velocità angolare del pneumatico, che
si può definire ωwheel, ha come sua principale componente quella di spin, cioè quella legata al
moto di rotolamento, la quale risulta essere ortogonale al piano longitudinale della ruota. Il
fatto che poi il punto P0 sia posizionato in corrispondenza del punto di contatto risulta anche
questo abbastanza chiaro, in quanto è sicuramente qui che si riscontrerà la minima velocità
per il corpo, poiché è qui che si può immaginare essere posizionato il centro di istantanea
rotazione della ruota.
L’ISA appena individuato però è l’instant screw axis complessivo del pneumatico, il quale non
dice molto circa il suo comportamento relativamente allo chassis, e quindi non interessa nella
sua totalità. Così come visto per il veicolo, occorrerà isolare il solo contributo legato al
comportamento delle sospensioni.
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7
Nell’effettuare questa operazione di “filtraggio” del solo contributo di moto sospensivo si
seguirà un’analisi cinematica della ruota e del sistema di sospensione relativamente allo
chassis11. Si farà riferimento ovviamente ancora ad una sospensione del tipo double wishbone,
della quale se ne riporta nuovamente la geometria in Figura 3.92 per poter comprendere meglio
lo studio dei g.d.l. del sistema e la sua successiva analisi cinematica.
La completa caratterizzazione del moto relativo della sospensione rispetto al veicolo richiede
la conoscenza di ben dodici grandezze: le tre componenti del vettore velocità del WC, definito
come vWC; le tre componenti della velocità angolare dell’assieme costituito dal pneumatico e
dal wheel knuckle, che verrà definita ω4; le due velocità angolari associate alle rotazioni dei due
bracci inferiore e superiore rispetto allo chassis, rispettivamente identificate con ω2 e ω3.
La completa caratterizzazione del moto relativo della sospensione rispetto al veicolo richiede
la conoscenza di ben dodici grandezze: le tre componenti del vettore velocità del WC, definito
come vWC; le tre componenti della velocità angolare dell’assieme costituito dal pneumatico e
dal wheel knuckle, che verrà definita ω4; le due velocità angolari associate alle rotazioni dei due
bracci inferiore e superiore rispetto allo chassis, rispettivamente identificate con ω2 e ω3.
Per comprendere però quanti e quali siano i parametri indipendenti che determinano a pieno
la sua cinematica, bisogna studiarne i g.d.l. Considerando lo chassis come telaio fisso, si ha a
che fare con tre corpi nello spazio (l’assieme pneumatico-wheel knuckle e i due bracci) per un
totale di 18 g.d.l. I due bracci della sospensione sono vincolati al veicolo tramite dei cuscinetti
che di per sé possono essere modellati come giunti di rivoluzione: in realtà per ogni braccio si
hanno due giunti, per un totale di quattro. Data però la coassialità di entrambe queste coppie
di giunti, si ha a che fare con una ridondanza, poiché entrambi forniscono la stessa
informazione, quindi di fatto si può ragionare come se si avesse solo un giunto di rivoluzione
per ogni braccio. Ogni giunto controlla cinque g.d.l., lasciando libera la sola rotazione del
braccio attorno al proprio asse, quindi restano otto g.d.l. Dopodiché si hanno i due giunti
sferici che vincolano internamente i due bracci al wheel knuckle, ognuno dei quali controlla tre
g.d.l., portando il totale a due g.d.l. Questi g.d.l. residui sono rappresentati dalla rotazione di
tutto il sistema attorno a quello che è proprio l’asse di screw oggetto di studio, e dalla rotazione
dell’assieme ruota-wheel knuckle attorno all’asse di sterzo, o steering, il quale si identifica con
l’asse passante per la coppia di punti knuckle up e knuckle down, ovvero i giunti sferici
precedentemente discussi.
Nell’ isolare il solo contributo sospensivo però c’è da fare chiarezza sulla rotazione del
pneumatico attorno all’asse di steering: infatti, durante la condizione di moto del veicolo, e
quindi nel verificarsi del moto della sospensione, la velocità angolare ω4 avrà sicuramente
anche un piccolo contributo lungo l’asse di steering, fenomeno che potrebbe anche essere
11
Blundell M., Harty D., “The Multibody Systems Approach to Vehicle Dynamics”, Elsevier, 2004, pg. 202-
214
12
8
ricercato volontariamente in base ad un opportuno design della sospensione per ottenere ad
esempio degli effetti sottosterzanti in curva, garantendo quindi un aumento della stabilità di
guida, della manovrabilità e della stessa velocità di risposta del veicolo ai comandi imposti
sullo sterzo. Il problema è che questo piccolo contributo di sterzo involontario è mischiato con
quello volontario imposto dal guidatore, per cui andrebbe filtrato dal totale. Ma, dato che è
sicuramente inferiore agli altri contributi di velocità angolare, nell’ambito della trattazione
verrà trascurato. Quindi in pratica verrà imposta un’ulteriore condizione di vincolo dove si
imporrà uguale a 0 la proiezione della ω4 lungo l’asse di steering.
Dunque, resta un g.d.l. residuo, il che significa che basta stabilire un valore per una delle 12
grandezze descritte precedentemente per risolvere la cinematica della sospensione. Tra tutte
le 12 grandezze, quella che ha più senso fissare è la componente z della vWC, in quanto, nel
moto relativo della ruota rispetto al veicolo, è la direzione z quella principalmente coinvolta.
Questo ragionamento è giustificato anche dal fatto che nei test effettuati per validare le
performance dell’apparato sospensivo si impone alla ruota proprio uno spostamento in
direzione verticale tra le due posizioni estreme di bump e rebound. Si sceglie di imporre tale
grandezza pari all’effettiva componente z della vWC estratta.
Quindi sarà necessario costruire un sistema di equazioni dove l’input sarà proprio la vWC,z.
Apparentemente la sua dimensione sembrerebbe essere pari ad 11, però in realtà c’è da
evidenziare un aspetto che permette di ridurre il numero delle incognite: infatti, delle velocità
angolari ω2 e ω3 si conoscono già le direzioni, le quali coincidono con quelle delle rette passanti
per le rispettive coppie di punti di attacco dei bracci allo chassis, ovvero i lca front e rear, e gli
uca front e rear, per cui le due velocità angolari possono essere espresse semplicemente come
vettori multipli dei vettori distanza tra le rispettive coppie di punti di attacco tramite dei
semplici fattori scalari che si possono definire come fω2 e fω3. Cioè, per essere più chiari, se con:
𝒏𝑙 = 𝒓𝑙𝑐𝑎𝑓 − 𝒓𝑙𝑐𝑎𝑟
𝒏𝑢 = 𝒓𝑢𝑐𝑎𝑓 − 𝒓𝑢𝑐𝑎𝑟
si indicano i vettori distanza citati, osservabili in Figura 3.92, allora ω2 e ω3 assumono la forma:
𝝎2 = 𝑓𝜔2 ∗ 𝒏𝑙
𝝎3 = 𝑓𝜔3 ∗ 𝒏𝑢
Il vantaggio di poterle esprimere in tale maniera sta nel fatto che, invece che portarsi dietro sei
incognite, coincidenti con tutte e sei le componenti delle due velocità angolari, ci si riduce a
sole due incognite coincidenti con i corrispondenti fattori scalari, semplificando molto
l’impostazione del problema cinematico. Di fatto bisognerà risolvere un sistema di sette
equazioni nelle sette incognite che in ordine sono: fω2, fω3, ω4,x, ω4,y, ω4,z, vWC,x, vWC,y.
12
9
Prendendo di nuovo in riferimento la Figura 3.92, si può partire con il ricavare le prime tre
equazioni basandosi sulle velocità dei punti knuckle up e down, cioè le velocità dei due giunti
sferici. Questi possono essere pensati appartenenti sia al corpo 4 che ai corpi 2 e 3, quindi la
loro velocità relativa può essere ricavata sia passando per la formula fondamentale della
cinematica sia per la legge triangolare della somma vettoriale come:
−𝜔4,𝑧 ∗ 𝑑𝑘𝑢 −𝑘𝑑 ,𝑦 + 𝜔4,𝑦 ∗ 𝑑𝑘𝑢 −𝑘𝑑 ,𝑧 = 𝑓𝜔3 ∗ (−𝑛𝑢,𝑧 ∗ 𝑑𝑘𝑢 −𝑢,𝑦 + 𝑛𝑢,𝑦 ∗ 𝑑𝑘𝑢 −𝑢,𝑧 ) − 𝑓𝜔2 ∗ (−𝑛𝑙,𝑧 ∗ 𝑑𝑘𝑑 −𝑙,𝑦 + 𝑛𝑙,𝑦 ∗ 𝑑𝑘𝑑 −𝑙,𝑧 )
{ 𝜔4,𝑧 ∗ 𝑑𝑘𝑢 −𝑘𝑑 ,𝑥 − 𝜔4,𝑥 ∗ 𝑑𝑘𝑢 −𝑘𝑑 ,𝑧 = 𝑓𝜔3 ∗ (𝑛𝑢,𝑧 ∗ 𝑑𝑘𝑢 −𝑢,𝑥 − 𝑛𝑢,𝑥 ∗ 𝑑𝑘𝑢 −𝑢,𝑧 ) − 𝑓𝜔2 ∗ (𝑛𝑙,𝑧 ∗ 𝑑𝑘𝑑 −𝑙,𝑥 − 𝑛𝑙;𝑥 ∗ 𝑑𝑘𝑑 −𝑙,𝑧 )
−𝜔4,𝑦 ∗ 𝑑𝑘𝑢 −𝑘𝑑 ,𝑥 + 𝜔4;𝑥 ∗ 𝑑𝑘𝑢 −𝑘𝑑 ,𝑦 = 𝑓𝜔3 ∗ (−𝑛𝑢,𝑦 ∗ 𝑑𝑘𝑢 −𝑢,𝑥 + 𝑛𝑢,𝑥 ∗ 𝑑𝑘𝑢 −𝑢,𝑦 ) − 𝑓𝜔2 ∗ (−𝑛𝑙,𝑦 ∗ 𝑑𝑘𝑑 −𝑙,𝑥 + 𝑛𝑙,𝑥 ∗ 𝑑𝑘𝑑 −𝑙,𝑦 )
Sistema 1
13
0
A questo punto si utilizzano la formula fondamentale della cinematica e la legge triangolare
della somma vettoriale per ottenere la velocità relativa tra i punti WC e knuckle down:
dove, come si è detto, la terza componente sarà il dato in ingresso del problema.
−𝜔4,𝑧 ∗ 𝑑𝑊𝐶−𝑘𝑑 ,𝑦 + 𝜔4,𝑦 ∗ 𝑑𝑊𝐶−𝑘𝑑 ,𝑧 = 𝑣𝑊𝐶,𝑥 − 𝑓𝜔2 ∗ (−𝑛𝑙,𝑧 ∗ 𝑑𝑘𝑑 −𝑙,𝑦 + 𝑛𝑙,𝑦 ∗ 𝑑𝑘𝑑 −𝑙,𝑧 )
{ 𝜔4,𝑧 ∗ 𝑑 𝑊𝐶−𝑘𝑑 ,𝑥 − 𝜔4,𝑥 ∗ 𝑑𝑊𝐶−𝑘𝑑 ,𝑧 = 𝑣𝑊𝐶,𝑦 − 𝑓𝜔2 ∗ (𝑛𝑙,𝑧 ∗ 𝑑𝑘𝑑 −𝑙,𝑥 − 𝑛𝑙,𝑥 ∗ 𝑑𝑘𝑑 −𝑙,𝑧 )
−𝜔4,𝑦 ∗ 𝑑𝑊𝐶−𝑘𝑑 ,𝑥 + 𝜔4,𝑥 ∗ 𝑑𝑊𝐶−𝑘𝑑 ,𝑦 = 𝑣𝑊𝐶,𝑧 − 𝑓𝜔2 ∗ (−𝑛𝑙,𝑦 ∗ 𝑑𝑘𝑑 −𝑙,𝑥 + 𝑛𝑙.𝑥 ∗ 𝑑𝑘𝑑 −𝑙,𝑦 )
Sistema 2
Resta da imporre un’ultima equazione per risolvere il sistema. Come si era detto
nell’introduzione al problema, la condizione di vincolo necessaria a chiudere il sistema di
equazioni si basa sull’imporre che il prodotto scalare tra la ω4 e la direzione che individua
l’asse di steering sia nullo. Per cui, ponendo il vettore direzione di tale asse come:
𝒏𝑠 = 𝑘𝑛𝑢𝑐𝑘𝑙𝑒𝑢𝑝 − 𝑘𝑛𝑢𝑐𝑘𝑙𝑒𝑑𝑜𝑤𝑛
𝝎4 • 𝒏𝑠 = 0
Equazione di chiusura
13
1
Mettendo adesso insieme tutte le equazioni ricavate e riordinandole separando al primo
membro le incognite e al secondo i termini noti, si costruisce la matrice dei coefficienti del
problema, seguendo l’ordine delle incognite così come descritto all’inizio dell’analisi:
−𝑛𝑙,𝑧 ∗ 𝑑𝑘𝑑 −𝑙,𝑦 + 𝑛𝑙,𝑦 ∗ 𝑑𝑘𝑑 −𝑙,𝑧 𝑛𝑢,𝑧 ∗ 𝑑𝑘𝑢 −𝑢,𝑦 − 𝑛𝑢,𝑦 ∗ 𝑑𝑘𝑢 −𝑢,𝑧 0 𝑑𝑘𝑢 −𝑘𝑑 ,𝑧 −𝑑𝑘𝑢 −𝑘𝑑 ,𝑦 0 0
𝑛𝑙,𝑧 ∗ 𝑑𝑘𝑑 −𝑙,𝑥 − 𝑛𝑙,𝑥 ∗ 𝑑𝑘𝑑 −𝑙,𝑧 −𝑛𝑢,𝑧 ∗ 𝑑𝑘𝑢 −𝑢,𝑥 − 𝑛𝑢,𝑥 ∗ 𝑑𝑘𝑢 −𝑢,𝑧 −𝑑𝑘𝑢 −𝑘𝑑 ,𝑧 0 𝑑𝑘𝑢 −𝑘𝑑 ,𝑥 0 0
−𝑛𝑙,𝑦 ∗ 𝑑𝑘𝑑 −𝑙,𝑥 + 𝑛𝑙,𝑥 ∗ 𝑑𝑘𝑑 −𝑙,𝑦 𝑛𝑢,𝑦 ∗ 𝑑𝑘𝑢 −𝑢,𝑥 − 𝑛𝑢,𝑥 ∗ 𝑑𝑘𝑢 −𝑢,𝑦 𝑑𝑘𝑢 −𝑘𝑑 ,𝑦 −𝑑𝑘𝑢 −𝑘𝑑 ,𝑥 0 0 0
−𝑛𝑙,𝑧 ∗ 𝑑𝑘𝑑 −𝑙,𝑦 + 𝑛𝑙,𝑦 ∗ 𝑑𝑘𝑑 −𝑙,𝑧 0 0 𝑑𝑊𝐶−𝑘𝑑 ,𝑧 −𝑑𝑊𝐶−𝑘𝑑 ,𝑦 −1 0
𝑛𝑙,𝑧 ∗ 𝑑𝑘𝑑 −𝑙,𝑥 − 𝑛𝑙,𝑥 ∗ 𝑑𝑘𝑑 −𝑙,𝑧 0 −𝑑𝑊𝐶−𝑘𝑑 ,𝑧 0 𝑑𝑊𝐶−𝑘𝑑 ,𝑥 0 −1
−𝑛𝑙,𝑦 ∗ 𝑑𝑘𝑑 −𝑙,𝑥 + 𝑛𝑙,𝑥 ∗ 𝑑𝑘𝑑 −𝑙,𝑦 0 𝑑𝑊𝐶−𝑘𝑑 ,𝑦 −𝑑𝑊𝐶−𝑘𝑑 ,𝑥 0 0 0
[ 0 0 𝑛𝑠,𝑥 𝑛𝑠,𝑦 𝑛𝑠,𝑧 0 0]
0
0
0
0
0
𝑣𝑊𝐶,𝑧
[ 0 ]
Risolvendo il sistema è interessante osservare in Figura 3.93 e Figura 3.94 le grandezze vWC e
ω4, essendo quelle che determineranno, insieme alle coordinate dello stesso WC, lo screw axis
sospensivo del pneumatico.
13
2
Figura 3.94 Componenti di vWC della ruota destra dell’asse anteriore
Com’era lecito aspettarsi, le componenti preponderanti sono la ω4,x e la vWC,z, aspetto che va a
giustificare ancor di più l’utilizzo proprio di quest’ultima componente come input del sistema.
Figura 3.95 Asse di screw sospensivo della ruota destra dell’asse anteriore: vista 3D
13
3
posizione nell’intorno dell’istante iniziale della manovra in Figura 3.95, Figura 3.96 e Figura
3.97.
Figura 3.96 Asse di screw sospensivo della ruota destra dell’asse anteriore: piano x-y (vista dall’alto)
Figura 3.97 Asse di screw sospensivo della ruota destra dell’asse anteriore: piano x-z (vista laterale)
Ribadendo che lo screw axis così determinato rappresenta l’asse di un istantaneo moto
elicoidale del pneumatico rispetto al veicolo, nell’ambito dei piccoli spostamenti può essere
confuso facilmente con un asse di istantanea rotazione della ruota rispetto allo chassis. Ciò
significa che la traiettoria elicoidale del centro della ruota può essere confusa facilmente con
un arco di circonferenza di centro proprio P0, come raffigurato nella Figura 3.98. Ovviamente
tale arco appartiene al piano ortogonale allo stesso asse di screw che ha in n il suo versore
normale.
13
4
piano ortogonale al piano stradale passante per i centri delle ruote dell’asse anteriore e il piano
ortogonale al piano stradale passante per i centri delle ruote del lato destro.
Figura 3.99 Cinematica del sistema di sospensione: identificazione dei punti Sf e Tf13
Confondendo ancora l’asse di screw con un asse di istantanea rotazione, ciò implica che tutti i
punti dell’asse hanno velocità nulla, quindi i due punti di intersezione discussi, definiti come
Sf col piano frontale e Tf con quel quello laterale, osservabili nella Figura 3.99, possono essere
12
Carcaterra A., “Vehicle systems dynamics and mechatronics”, La Sapienza, Università di Roma, 2018, pg.
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interpretati rispettivamente come il CIR relativa del pneumatico sul piano frontale e il CIR
relativa del pneumatico sul piano laterale.
Ciò significa che il campo delle velocità della ruota può essere ricostruito come la somma dei
singoli campi di velocità associati ai moti planari della ruota sui piani frontale e laterale, dove
tutto il sistema di sospensione può essere pensato come un unico braccio equivalente che ha
nei punti Sf e Tf i suoi punti di attacco allo chassis, cioè, nelle due viste di proiezione, tutto il
sistema di sospensione può essere approssimato come un equivalente swing arm suspension
system incernierato al veicolo nei due punti di intersezione individuati, così come si era visto
in Figura 1.5.
In pratica i punti Sf e Tf coincidono con quei punti IC individuati nello studio relativo ai metodi
di natura classica.
Figura 3.100 Confronto posizioni dei punti Sf e IC del sistema di sospensione destro dell’asse
anteriore: vista 3D
Concentrandosi ora sul moto di rollio e tralasciando i passaggi relativi all’identificazione del
punto di intersezione Sf tra l’asse di screw ed il piano frontale, è interessante andare a porre il
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diretto confronto della posizione di quest’ultimo con quella dell’IC del sistema di sospensione
destro dell’asse anteriore, proposto in Figura 3.100, Figura 3.101 e Figura 3.102.
Figura 3.101 Confronto posizioni dei punti Sf e IC del sistema di sospensione destro dell’asse
anteriore: piano x-y (vista dall’alto)
Figura 3.102 Confronto delle posizioni dei punti Sf e IC del sistema di sospensione destro dell’asse
anteriore: piano x-z (vista laterale)
Si apprezza in tali immagini come i due punti risultino essere molto vicini. Nonostante il
metodo basato sul concetto dello screw axis è migliore in quanto più affidabile di quello
classico, la grande vicinanza dei due punti conferisce una maggiore validità anche a
quest’ultimo approccio.
13
7
a confronto con le posizioni degli IC corrispondenti da diversi punti di vista, come mostrato
in Figura 3.103, Figura 3.104 e Figura 3.105.
Figura 3.104 Asse di screw sospensivo dei quattro pneumatici: piano x-y (vista dall’alto)
A questo punto si hanno a disposizione tutte le informazioni necessarie per poter ricavare la
posizione dell’asse di rollio e confrontarla con quella ottenuta nei metodi precedentemente
studiati.
13
8
Figura 3.105 Asse di screw sospensivo dei quattro pneumatici: piano x-z (vista laterale)
Figura 3.107 Nuovo asse di rollio a 3.048 s: piano x-y (vista dall’alto)
13
9
Figura 3.108 Nuovo asse di rollio a 3.048 s: piano x-z (vista laterale)
Si ometteranno i passaggi analitici necessari in quanto uguali a quelli già presentati per i
metodi precedenti riportando direttamente la posizione dell’asse risultante in Figura 3.106,
Figura 3.107 e Figura 3.108.
Non a caso le immagini sono state riportate relativamente ai 3.048 s. Infatti, come si vedrà nel
confronto più avanti, è in tale istante che si manifesta la sovrapposizione dello screw axis
sospensivo del veicolo con l’asse di rollio classico.
14
0
4. Analisi dei risultati
Terminata l’analisi dell’asse di screw sospensivo sia dal punto di vista del veicolo che dei
pneumatici, il prossimo passo è cercare di avvicinare i tre metodi di determinazione esaminati,
cioè quello di natura classica e quelli basati proprio sul concetto dello screw axis.
Si può pensare di partire con un primo confronto tra l’asse di screw sospensivo del veicolo e
l’asse di rollio classico, ma prima c’è da fare una considerazione importante: di per sé la vettura
ammette un unico asse di screw istante per istante, per cui, se si volessero confrontare i metodi
classici con quello nuovo bisogna stare attenti al fenomeno che si sta studiando, perché è logico
che se si considera una manovra che coinvolge sia rollio che beccheggio non sarà possibile
effettuare nessun paragone, in quanto la posizione dello stesso screw axis terrà conto di un mix
dei comportamenti, e dunque, se si andassero a sovrapporre gli assi di rollio e beccheggio con
quello di screw non ci sarebbe nessuna corrispondenza. Mentre, se si sottopone il veicolo a
condizioni di moto che li esaltino in maniera abbastanza distinta, allora si ha la speranza di
ottenere una possibile coincidenza. Oltretutto tale paragone, per quello che si è detto circa i
metodi classici, ha senso farlo nell’intorno della configurazione inziale, poiché lo stesso
concetto dell’asse di screw, proprio per sua definizione, assume un significato rilevante solo
nel momento in cui nasce il vettore della velocità angolare, e quindi dai 3 s in poi.
In tal caso la manovra è tale da coinvolgere sì entrambi i fenomeni ma facendo in modo che il
rollio sia il fenomeno prevalente, soprattutto nei primi istanti dell’analisi.
14
1
almeno per i primi istanti della manovra. Infatti, se si riprendono le immagini dell’asse di rollio
relative a degli steps antecedenti la manovra, dove il veicolo mantiene un assetto uguale a
quello all’istante 0, in particolare in riferimento a Figura 2.29, si vede come anche questo sia
leggermente inclinato lungo z, con la conseguenza che la ωroll possieda due componenti lungo
x e lungo z in generale. Allora sembra esserci già una corrispondenza tra la posizione dell’asse
di rollio e la natura del vettore ωnew in corrispondenza dell’inizio della manovra.
La condizione di sovrapposizione tra i due assi non si verifica però esattamente dopo i 3 s,
come ci si potrebbe aspettare. Questo perché inizialmente le due ωnew,x e ωnew.z sono ancora
paragonabili tra loro, mentre per garantire tale corrispondenza, ricordando ancora
l’inclinazione assunta dall’asse di rollio, ci si attende una situazione in cui è la prima ad essere
preponderante sulla seconda.
Figura 4.2 Nuovo asse di screw poco dopo l’inizio della manovra a 3.048 s: vista 3D
Figura 4.3 Nuovo asse di screw poco dopo l’inizio della manovra a 3.048 s: piano x-y (vista dall’alto)
14
2
Figura 4.4 Nuovo asse di screw poco dopo l’inizio della manovra a 3.048 s: piano x-z (vista laterale)
A tale scopo si rappresenta la posizione assunta dall’asse di screw legato al moto sospensivo
del veicolo sotto diversi punti di vista in un istante successivo ai 3 s che si è riscontrato essere,
come si vedrà, di ottima sovrapposizione, come si riscontra inoltre in Figura 4.2, Figura 4.3 e
Figura 4.4.
Questo step temporale si è dimostrato essere il primo a partire dall’inizio della manovra in
corrispondenza del quale il vettore vCM,new, come si osserva anche nelle figure appena citate, ha
come principale componente quella lungo y, e per tale motivo è qui che ha più senso fare il
confronto con l’asse di rollio classico, poiché è esattamente quella la direzione che ci si attende
dal vettore della velocità del CM non appena viene imposta una velocità angolare di input
lungo l’asse stesso di rollio.
14
3
Figura 4.6 Confronto tra il nuovo asse di screw e l’asse di rollio a 3.048 s: vista 3D
Figura 4.7 Confronto tra il nuovo asse di screw e l’asse di rollio a 3.048 s: piano x-y (vista dall’alto)
Figura 4.8 Confronto tra il nuovo asse di screw e l’asse di rollio a 3.048 s: piano x-z (vista laterale)
14
4
istante per potersi posizionare vicino all’asse di rollio. Infatti, a tale scopo, si intende
sovrapporre, in Figura 4.6, Figura 4.7 e Figura 4.8, la posizione dell’asse di screw di moto
sospensivo, o nuovo asse di screw, con l’asse di rollio in corrispondenza dei 3.048 s di ottimo.
È logico, per quello che si è detto in incipit, che la ricerca di una familiarità tra il nuovo metodo
e il modello classico ha senso farla in un intorno iniziale, ma nessuno vieta che si possa
estendere in qualche modo sull’arco dell’intera manovra. Però la questione è complessa,
poiché ci sono una serie di condizioni che devono essere contemporaneamente soddisfatte: ad
esempio l’uguaglianza delle direzioni dei versori dei due assi, nroll e nscrew; l’uguaglianza della
distanza del CM dall’asse di rollio e dal punto P0new; la vCM,new dovrebbe possedere componente
principale di velocità appartenente ad un piano trasversale al veicolo, analogamente a quanto
ci si aspetterebbe per un comportamento di puro rollio. Data l’evidente difficoltà si cerca di
attuarne un simile confronto sfruttando il concetto delle superfici rigate descritte
dall’evoluzione dello screw axis di moto sospensivo e dell’asse di rollio, osservandone la
presenza di eventuali intersezioni.
Prima di effettuare tale paragone, c’è un dettaglio da notare che accomuna il comportamento
dei due assi ancora in istanti vicini a quello iniziale, e cioè la loro propensione a deviare dalla
posizione dell’asse longitudinale nel verso indicato dall’angolo di sterzo del volante, cioè, se
ad esempio a partire dai 3 s il veicolo sta virando a sinistra, allora gli assi tendono a spostarsi
leggermente a sinistra. Di seguito se ne riporta in Figura 4.9, Figura 4.10 e Figura 4.11 un
confronto in corrispondenza dei 3.36 s da diversi punti di vista per apprezzare meglio tale
dettaglio.
Figura 4.9 Confronto tra il nuovo asse di screw e l’asse di rollio a 3.36 s: vista 3D
14
5
Figura 4.10 Confronto tra il nuovo asse di screw e l’asse di rollio a 3.36 s: piano x-y (vista dall’alto)
Figura 4.11 Confronto tra il nuovo asse di screw e l’asse di rollio a 3.36 s: piano x-z (vista laterale)
14
6
Partendo ora dall’istante in cui si manifesta la condizione di ottima sovrapposizione, già
rappresentata in Figura 4.6, Figura 4.7 e Figura 4.8, si mostra adesso come col proseguire della
manovra si manifesti l’allontanamento del nuovo asse di screw rispetto all’asse di rollio,
dettaglio già apprezzato in Figura 4.9, Figura 4.10 e Figura 4.11. Infatti sono stati evidenziati in
Figura 4.12, Figura 4.13 e Figura 4.14 i due assi citati in corrispondenza dei 3.048 s e sono state
raffigurate le superfici rigate definite dall’evoluzione degli stessi assi per consentirne un
migliore confronto.
Figura 4.14 Superfici rigate tra 3.048 s e 3.3 s: piano x-z (vista laterale)
14
7
Basandosi sulla distinzione delle quattro fasi della manovra, mostrata precedentemente in
Figura 3.75, si estende il confronto appena effettuato relativamente alle prime tre fasi della
stessa.
Figura 4.15 Superfici rigate nella prima fase della manovra: vista 3D – pt.1
Figura 4.16 Superfici rigate nella prima fase della manovra: vista 3D – pt.2
Osservando Figura 4.15, Figura 4.16 e Figura 4.17, inerenti alla prima fase, in tal caso si osserva
il proseguire dell’allontanamento del nuovo asse di screw preannunciato in Figura 4.12, Figura
4.13 e Figura 4.14. Nella seconda fase, rappresentata in Figura 4.18, Figura 4.19 e Figura 4.20, si
nota il suo riavvicinamento all’asse di rollio, in particolare, in Figura 4.20, risulta
14
8
maggiormente evidente come le due superfici si intersechino per ben due volte. L’intersezione
delle superfici si ripresenta anche nella terza fase, riportata in Figura 4.21, Figura 4.22 e Figura
4.23, nonostante non risulti evidente dalle immagini.
Figura 4.17 Superfici rigate nella prima fase della manovra: vista 3D – pt.3
Figura 4.18 Superfici rigate nella seconda fase della manovra: vista 3D – pt.1
Con tale confronto si intende evidenziare come la condizione di ottima sovrapposizione dei
due assi discussi si verifica di fatto solo nell’intorno dell’istante iniziale della manovra. Questo
però non deve mettere in discussione l’evoluzione del nuovo screw axis. Anzi, è giusto che tale
sovrapposizione non si verifichi sull’intera manovra, in quanto l’asse di rollio classico ha senso
14
9
se collocato nell’intorno dell’istante inziale, per cui il posizionamento del nuovo asse di screw,
per quanto complesso come osservato, risulta essere sicuramente più attendibile rispetto
all’evoluzione dell’asse di rollio classico.
Figura 4.19 Superfici rigate nella prima fase della manovra: vista 3D – pt.2
Figura 4.20 Superfici rigate nella seconda fase della manovra: piano x-z (vista laterale)
15
0
Figura 4.21 Superfici rigate nella terza fase della manovra: vista 3D – pt.1
Figura 4.22 Superfici rigate nella terza fase della manovra: vista 3D – pt.2
In quest’ottica bisogna distaccarsi dal concetto di rollio inteso in senso classico, cioè come la
semplice rotazione della scocca attorno all’asse di rollio, ma va inteso più ampiamente come
rotazione attorno all’ISA, il quale abbraccia contemporaneamente i concetti di rollio e di
beccheggio. Infatti, qualsiasi sia la manovra imposta, non si potrà mai verificare la perfetta
separazione dei due fenomeni, per cui la distinzione degli assi di rollio e beccheggio operata
dai metodi classici perde di significato se si intende studiare il comportamento del veicolo
sulle sospensioni relativamente all’intera manovra, facendo così spazio al ruolo del nuovo
15
1
screw axis, il quale sembra assumere invece una maggiore validità tenendo conto di entrambi
i fenomeni.
Figura 4.23 Superfici rigate nella terza fase della manovra: piano x-z (vista laterale)
Per concludere l’intera trattazione, si riporta in Figura 4.24, Figura 4.25 e Figura 4.26 la
sovrapposizione del nuovo asse di rollio ottenuto per mezzo dello screw axis sospensivo dei
pneumatici (identificato come New roll axis) all’asse di screw di moto sospensivo del veicolo e
all’asse di rollio classico (identificato come Old roll axis), ancora in corrispondenza dei 3.048 s,
sotto diversi punti di vista, per apprezzare la grande precisione dell’approccio alternativo
precedentemente descritto.
Figura 4.24 Confronto dei tre metodi di determinazione dell’asse di rollio: vista 3D
15
2
Figura 4.25 Confronto dei tre metodi di determinazione dell’asse di rollio: piano x-y (vista dall’alto)
Figura 4.26 Confronto dei tre metodi di determinazione dell’asse di rollio: piano x-z (vista laterale)
15
3
5. Conclusioni
Nella presente tesi è stata analizzata la possibilità di identificare l’instant screw axis di un
veicolo utilizzando grandezze cinematiche.
Il metodo basato sullo screw axis si è mostrato più affidabile nello studio del comportamento
del veicolo sulle sospensioni, in quanto, a differenza dei metodi classici, esso non si basa su
dei ragionamenti di natura geometrica, ed in particolare su approssimazioni bidimensionali
del sistema di sospensione, bensì su grandezze quali le coordinate e la velocità del centro di
massa del veicolo e il vettore della sua velocità angolare, le quali discendono dalla diretta
soluzione delle equazioni del moto del sistema.
Nell’ambito del nuovo metodo, proposto nel capitolo 3, sono stati presentati due approcci
differenti che però mirano allo stesso risultato: descrivere il comportamento oscillatorio-
sospensivo del veicolo. Il primo di questi è basato sulla determinazione dello screw axis del
veicolo e, seppur fornendo risultati simili, è da preferire a quello basato sulla determinazione
dello screw axis dell’assieme ruota-sospensione, poiché il primo sfrutta direttamente grandezze
che caratterizzano il moto del veicolo. Inoltre, i dati necessari per poter garantire l’applicabilità
del secondo approccio sono informazioni legate alla geometria delle sospensioni, le quali non
sono invece richieste nel primo. In ultimo, ci sono da evidenziare le ipotesi semplificative
necessarie all’analisi cinematica della sospensione, come ad esempio l’aver trascurato il
contributo legato allo sterzo e la modellizzazione stessa dei vincoli.
I risultati ottenuti, proposti nel capitolo 4, suggeriscono di eleggere il primo criterio come più
affidabile nella determinazione dello screw axis, e quindi più adatto all’analisi del
comportamento di rollio e beccheggio, soprattutto quando si vuole effettuare lo studio di
manovre complesse che coinvolgono entrambi i fenomeni. D’altra parte il secondo criterio
costituisce uno strumento di analisi alternativo, valido soprattutto nell’intorno della
configurazione iniziale.
Nell’ottica di una possibile realizzazione di un sistema di data fusion che si serva del modello
proposto utilizzando le informazioni da sensori posizionati sulla vettura, il primo metodo
risulta quello più facilmente applicabile, in quanto coinvolge grandezze più semplici da
monitorare.
In tutti i casi proposti è stato possibile riscontrare una buona corrispondenza tra la posizione
degli assi di screw con quella dell’asse di rollio calcolato mediante i metodi classici nell’intorno
della configurazione iniziale, nonostante le approssimazioni fatte per isolare il contributo di
moto sospensivo. A tal proposito sarà da effettuare un’analisi volta alla valutazione
quantitativa del grado di accuratezza dei metodi proposti.
15
4
In generale, dal confronto tra i metodi classici ed il nuovo metodo, è stato possibile
comprendere il vantaggio relativo alla semplicità applicativa introdotta dalla nuova
metodologia proposta.
15
5
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