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Capitolo 5

Elettroni nei metalli come fluido


quantistico

Nel modello classico dell’elettrone1 , 2 . avevamo implicitamente assunto che gli elettroni nei
metalli si comportassero come un gas classico, questo voleva dire che ad una temperatura T
dovessero avere una distribuzione delle energie cinetiche E uguale a quella di un gas classico
di N particelle in un volume V , quindi con densità n = N/V . Tale funzione di distribuzione
delle energie cinetiche, detta di Maxwell-Boltzmann , vale:
N − k ET
fB (E) = e B (5.1)
kB T
Notare come si sia usato per la costante di Boltzmann il simbolo kB per non fare confusione
con K di gradi Kelvin o con il numero d’onda k. Cioè in tale modello il numero di elettroni con
energia compresa tra E ed E + dE è dN = fB (E)dE. Notiamo che tale distribuzione è stata
verificata sperimentalmente e che descrive perfettamente il comportamento dei gas classici.
Allo zero assoluto, T = 0, tale distribuzione prevederebbe che tutti gli elettroni stiano nello
stesso stato energetico e fermi; in assoluto contrasto con il principio di indeterminazione e
con il principio di esclusione di Pauli. Inoltre si hanno tutte le incongruenze del modello
classico, tra cui l’assoluta discrepanza tra calore specifico previsto e valore sperimentale.
La densità degli elettroni nei metalli, considerando cioè il numero di elettroni di conduzione
per atomo e la densità degli atomi è, a qualsiasi temperatura, superiore al limite di de-
marcazione tra meccanica classica e quantistica, che abbiamo visto alla fine del precedente
capitolo. Il considerare il gas di elettroni come un gas quantistico rimuove gran parte delle
incongruenze.
Il problema di trovare le funzioni d’onda elettroniche soluzioni esatte dell’equazione di
Schrödinger rappresentante un cristallo reale è spesso non possibile; ma, mediante alcune
approssimazioni, in fisica dei solidi si riesce a rappresentare delle soluzioni molto vicine al
caso reale. La prima approssimazione consiste, esattamente come nel modello classico, nel
considerare gli elettroni liberi all’interno del cristallo, con un diffuso potenziale attrattivo
dovuto agli ioni, che determina i limiti fisici del solido e fa sı̀ che bisogna compiere un lavoro
di estrazione per portare gli elettroni fuori del cristallo. Tale lavoro può essere determi-
nato mediante il potenziale di arresto visto nell’effetto fotoelettrico. Ma per il momento
1
Neil W. Ashcroft e N. David Mermin, Solid State Physics, Holt-Saunders Japan, (1981) capitolo 2
2
H. T. Stokes, Solid State Physics, Allyn and Bacon Inc. (1987) capitolo 7

90
trascuriamo tale termine additivo dell’energia totale. Il modello dell’elettrone libero quan-
tistico è detto di Sommerfield dal nome di chi lo ha studiato per primo. Dall’altro estremo
dell’approssimazione si può considerare gli orbitali elettronici degli atomi isolati e portare
via via più vicini tra loro gli atomi fino a fare sovrapporre gli orbitali più esterni. Il primo
modello lo abbiamo già visto nel capitolo precedente nella sezione 4.6.2. Il risultato di im-
porre che le particelle siano all’interno di una scatola cubica di lato L implica che le funzioni
d’onda sinusoidali siano le soluzioni possibili del problema con i ~k che devono assumere solo
dei valori discreti: kx = nx π/L, ky = ny π/L, kz = nz π/L. Con ni interi e positivi. Se noi
disegniamo, nello spazio k, l’insieme dei punti che sono soluzioni del problema di N parti-
celle nella scatola cubica di lato L, otteniamo un reticolo cubico semplice di punti in un solo
ottante di tale spazio.

5.1 Elettroni in una scatola tridimensionale a T = 0


Allo zero assoluto mi aspetto che siano occupati solo gli stati con minore energia rispettando
il principio di esclusione di Pauli. Il numero di elettroni nei solidi macroscopici è molto
elevato per cui se andiamo a disporre i nostri N elettroni negli stati possibili riempiendo
prima gli stati con |~k| basso (bassa energia) e poi via via quelli con |~k| più elevato (grande
energia). Dato che il numero N è molto elevato si può trascurare la discretizzazione degli
stati. Per calcolare la densità di stati come variabile continua nello spazio k ci vengono in
aiuto le conoscenze di cristallografia. Nello spazio k gli stati possibili occupano i punti di
un reticolo cubico semplice. La distanza tra punti adiacenti di tale reticolo vale ovviamente:
a = π/L. Ricordando che nei reticoli cubici semplici di parametro reticolare a, la densità dei
punti reticolari vale n = a−3 . Abbiamo che la densità dei punti nello spazio k vale:
 3
L V
n(~k) = = 3
π π

dove V = L3 é il volume del cubo. Abbiamo calcolato tale densità di punti, ma ogni stato
può essere occupato da due soli elettroni a causa del principio di esclusioni di Pauli, avendo
gli elettroni un ulteriore grado di libertà interno dovuto allo spin semintero. Quindi per
ogni stato permesso alla funzione d’onda di un elettrone, ci sono due stati elettronici, che
corrispondono alle due possibili direzioni verso cui può puntare il momento della quantità di
moto di un elettrone.
Quindi la densità g(~k) di stati elettronici nello spazio reciproco k vale:

V
g(~k) = 2n(~k) = 2 3
(π)

Il significato fisico di g(~k) (estendendo la sua definizione dallo spazio discreto a quello con-
tinuo) è che vi sono nel volume d3 k dello spazio k un numero dn = g(~k)d3 k elettroni.
Possiamo determinare il raggio kF dell’ottavo di sfera contenente gli N elettroni del metallo:

14 3 V kF3
N = g(~k) πkF = (5.2)
83 3π 2

91
Si noto come si fa un errore, trascurabile, dovuto all’inclusione dei punti sui tre piani carte-
siani. Dalla equazione 5.2 si ricava che:
1
kF = (3π 2 n) 3 (5.3)

Il raggio del settore sferico kF viene detto vettore d’onda di Fermi. Al contrario del caso
classico quindi gli elettroni in un metallo anche a temperatura bassissima hanno un vasto
range di valori di vettori d’onda e di conseguenza di energie cinetiche fino ad un certo valore
massimo dipendente soltanto dalla densità degli elettroni.

5.1.1 Condizione al contorno di Born-von Karman


La condizione data sulla funzione d’onda, che imponeva il suo annullarsi sulla superfice del
cubo, è nella pratica poco soddisfacente, infatti porta come conseguenza che le soluzioni
del problema siano onde stazionarie. Nei solidi macroscopici l’interazione degli elettroni con
gli estremi del solido è spesso trascurabile nei fenomeni di trasporto di energia e carica:
soluzioni quindi propagantesi descrivono meglio i fenomeni fisici di interesse, tranne che
per i ~k al limite della I zona di Brillouin, ma inizialmente trascureremo la periodicità del
reticolo. Le proprietà generali di un solido macroscopico ( è possibile dimostrarlo in maniera
rigorosa 3 ) non dipendono dalle condizioni al contorno.
Una scelta più soddisfacente delle con-
dizioni al contorno è quella di una con-
dizione al contorno periodica. Cioè
si immagina che ogni faccia del cubo
sia unita alla superficie opposta, in
maniera tale che ogni elettrone che
arrivi su una superficie non sia rif-
lesso dalla superficie stessa, ma lascia il
metallo entrando di nuovo dalla faccia
opposta. Una condizione di tale tipo
impone che la densità degli elettroni
non vari lungo il solido. In tali termini Figura 5.1: Sezione nel piano kx , ky del reti-
la condizione sulla funzione d’onda è colo di punti nello spazio k soluzioni di una
del tipo: condizione al contorno periodica in tre di-
mensioni .

ψ(x, y, z, t) = ψ(x + L, y, z, t)
ψ(x, y, z, t) = ψ(x, y + L, z, t)
ψ(x, y, z, t) = ψ(x, y, z + L, t)
Le soluzioni del problema sono in tale caso semplicemente delle onde piane:
~
ψ(x, y, z, t) = Aei(k·~r−ωt) (5.4)
3
J. L. Lebowitz e E. H. Lieb, Phys. Rev. Lett. 22, 631 (1969).

92
La necessità che vengano soddisfatte le condizioni al contorno richiede che le componenti di
~k possono assumere solo dei valori discreti:


kx = n x
L

ky = n y
L

kz = n z
L
Dove nx ,ny ed nz devono essere numeri interi positivi o negativi, ma non nulli. Nella figura
5.1 viene nostrato nello spazio k nel piano kx , ky (kz 6= 0) il reticoli di punti soluzioni del
problema. La distanza tra i punti del reticolo cubico semplice degli stati permessi, è due volte
più grande rispetto alla precedente condizione al contorno. Quindi nello spazio k l’insieme
dei punti che sono soluzioni del problema di N particelle nella scatola periodica di lato L è un
reticolo cubico semplice di punti di tale spazio, ma disposti simmetricamente intorno agli assi
delle coordinate. Ma la distanza tra i punti del reticolo nello spazio k normalmente provoca
nessun effetto misurabile nei solidi macroscopici. Però sono stati ideati dei dispositivi a stato
solido 4 costituiti da super-reticoli fatti da stati periodici alternati di differenti semiconduttori
con distanze tra gli strati di frazioni di nm. Per tali dispositivi a super-reticoli le proprietà
macroscopiche dipendono dal tipo di discretizzazione dei livelli energetici.
Tale condizioni portano alle stessa soluzione per quanto riguarda kF . Infatti ripetendo i
ragionamenti nel caso T = 0.
V
g(~k) = 2n(~k) = 2 (5.5)
(2π)3
Gli N elettroni andranno quindi a riempire una sfera di raggio kF (non più un ottavo di
sfera):
4 V kF3
N = g(~k) πkF3 = (5.6)
3 3π 2
che è la stessa equazione di quella derivata precedentemente (5.2). Quindi il vettore d’onda
di Fermi è identico con tale condizione al contorno. Da questo punto in poi useremo quindi
solo tale approccio al problema degli elettroni nei solidi, per cui la regione nello spazio k
permessa agli stati di un elettrone è una sfera (trascurando i punti sui piani cartesiani).

5.1.2 Energia di Fermi


Poichè gli elettroni sono liberi la relazione di dispersione tra E e k vale:

h̄2 k 2
E=
2m
quindi al valore massimo kF per T = 0 corrisponde una energia massima, detta energia di
Fermi :
h̄2 kF2 h̄2 2
EF = = (3π 2 n) 3 (5.7)
2m 2m
4
G. H. Döhler, Super-reticoli a stato solido Le Scienze, n.185 gennaio (1984)

93
p
o se si vuole una velocità quadratica massima vF = 2EF /m

h̄ 1
vF = (3π 2 n) 3
m
si definisce temperatura di Fermi:
EF
TF =
kB
In tabella I sono dati i valori di n, EF , TF , |kF | e vF per alcuni metalli:

Proprietà quantistiche di alcuni metalli


Elemento n (10 /m3 ) EF (eV ) TF (104 K) |kF | (nm−1 ) vF (106 m/s)
28

Li 4.70 4.74 5.51 11.2 1.29


Na 2.65 3.24 3.77 9.2 1.07
Cu 8.47 7.00 8.16 13.6 1.57
Ag 5.86 5.49 6.38 12 1.39
Au 5.90 5.53 6.42 12.1 1.40
Be 24.7 14.3 16.6 19.4 2.25
Ca 4.61 4.69 5.44 11.1 1.28
Fe 17.0 11.1 13.0 17.1 1.98
Al 18.1 11.7 13.6 17.5 2.03
Pb 13.2 9.47 11.0 15.8 1.83

Dalla tabella si osserva come l’energia di Fermi sia sempre di qualche eV , ed in ogni caso
l’energia media degli elettroni sia diversa da 0, in contrasto con la distribuzione classica.
Di conseguenza la velocità di Fermi ha un valore simile per tutti i metalli ed è circa 1/100
della velocità della luce. Se si vuole l’esistenza di questa velocità spiega la ragione per cui
i segnali elettrici nei metalli si propagano con la stessa velocità, circa la velocità di Fermi,
indipendentemente dalla temperatura. La velocità di Fermi pgioca nella teoria dei metalli un
ruolo analogo alla velocità quadratica media termica v = 3kB T /m di un gas classico.
Il modulo del vettore d’onda di Fermi ha un valore paragonabile a quello della prima zona di
Brillouin. La sfera di raggio kF , contenente i livelli occupati una volta sola è detta sfera di
Fermi. La superficie della sfera di Fermi che separa gli stati occupati da quelli non occupati si
chiama superficie di Fermi. Vedremo in seguito che nel modello dei metalli reali la superficie
di Fermi non sarà in generale sferica.

5.1.3 Densità degli stati


Il numero di stati N con vettore d’onda minore od eguale a ki , per i ragionamenti già fatti,
vale:
V 4 3
N (ki ) = 2 πk (5.8)
(2π)3 3 i
D’altro canto tali elettroni sono quelli con energia minore od eguale ad Ei = h̄2 ki2 /2m, quindi
si può riscrivere l’equazione (5.8) in funzione di Ei :
  32
V 2mEi
N (Ei ) = 2 (5.9)
3π h̄2

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Se definiamo quindi la densità degli stati, in funzione di E, G(E) come:
Z Ei
N (Ei ) = G(E)dE (5.10)
0

Il significato fisico di G(E) è che il numero di stati con energia compresa tra E ed E + dE
è proprio G(E)dE. Quindi la derivata di N (Ei ) (5.9), rispetto ad Ei stesso è proprio tale
densità degli stati:

 32


dN (E) V 2m
G(E) = = 2 E
dE 2π h̄2
(5.11)
Quindi la densità degli stati cresce con
la radice quadrata della energia.
Esprimendo la stessa grandezza per
unità di volume, g(E) = G(E)/V ,
Figura 5.2: Grafico della densità degli stati
si trova in unità più comode nell’uso
in funzione dell’energia .
pratico:

r
3 n E
g(E) = (5.12)
2 EF EF
La forma della curva g(E) è mostrata in figura 5.2. Nel caso di E = EF l’equazione (5.12)
si riduce a:
3 n
g(EF ) = (5.13)
2 EF

5.1.4 Caso di T 6= 0
Qui proviamo ad estendere quanto detto al caso di temperatura diverso da zero. Infatti la
densità degli stati, in prima approssimazione, non cambia con la temperatura come pure il
numero degli stati.
A temperatura T = 0 abbiamo supposto che tutti gli elettroni stavano in livelli con energia
minore od eguale ad EF . Se aumentiamo la temperatura, alcuni degli elettroni vicino alla
superficie di Fermi potranno andare al di fuori della superficie di Fermi. Quindi a T > 0 la
probabilità f (E) di occupazione dello stato energetico E diventa non più :

f (E) = 1 E < EF

f (E) = 0 E > EF
come abbiamo supposto per T = 0, ma assume una forma diversa che tiene conto del principio
di esclusione di Pauli.
Tendendo conto di tale principio si dimostra che per i fermioni la probabilità di occupazione
dello stato i con energia E vale:
1
fD (E) = E−µ (5.14)
e KB T
+1

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Dove µ che ha le dimensioni di una energia si chiama potenziale chimico e rappresenta
l’energia da fornire al sistema per aggiungere un fermione, o se si vuole quando E = µ
la probabilità di occupazione diventa 1/2. Tale distribuzione della probabilità viene detta
distribuzione di Fermi-Dirac. Qualsiasi fluido di fermioni ha una distribuzione delle energie
che segue tale distribuzione.
Facilmente si può verificare come per T → 0 la distribuzione di Fermi-Dirac vale:
lim fD (E) = 1 E<µ (5.15)
T →0

lim fD (E) = 0 E>µ (5.16)


T →0

Quindi il potenziale chimico coincide


con l’energia di Fermi per T → 0:

lim µ = EF (5.17)
T →0

Tale distribuzione è completamente di-


versa da quella classica (5.1) in quanto
per un gas di fermioni bisogna tenere
conto del principio di esclusione di Figura 5.3: Funzione di distribuzione di
Pauli. In figura 5.3 sono mostrate le Fermi-Dirac per due diverse temperature
distribuzioni di Fermi-Dirac degli elet- nell’intorno dell’energia di Fermi del Sodio
troni nel Sodio per due temperature. 3.24 eV .

Dalla figura 5.3 è chiaro come la differenza di distribuzione sia assolutamente trascurabile,
tra queste due temperature che differiscono di un fattore 10. Notare come si sia ingrandita
la zona intorno all’energia di Fermi sull’asse delle coordinate. Viene anche indicato come
per T = 100 K l’allargamento della funzione di Fermi-Dirac attorno all’energia di Fermi sia
proprio kB T . Avendo espresso l’energia in eV si deve dividere kB T per la carica dell’elettrone
per confrontare le due grandezze.
A una temperatura qualsiasi T il numero dN di elettroni con energia compresa tra E ed
E + dE diviene uguale a:
dN = fD (E)G(E)dE
L’integrale di dN per 0 < E < ∞ deve dare il numero N di elettroni liberi del solido:
Z ∞
N= fD (E)G(E)dE (5.18)
0

Il potenziale chimico deve quindi essere scelto, in maniera che sia soddisfatta tale condizione.
Poichè g(E) cresce con E quindi affinchè al crescere della temperatura l’integrale rimanga
costante, non può variare il numero degli elettroni del solido, occorre che il potenziale chimico
diminuisca con la temperatura.
Da un conto più preciso 5 , ottenuto sviluppando cioè fD (E) in serie di Taylor e sostituendo
l’espressione (5.11) trovata per g(E), che vale indipendentemente dalla temperatura, nell’equazione
5
Neil W. Ashcroft e N. David Mermin, Solid State Physics, Holt-Saunders Japan, (1981) capitolo 2

96
(5.18) si ottiene che: "  2 #
1 πkB T
µ = EF 1−
3 2EF
Quindi a temperatura ambiente il potenziale chimico si discosta dall’energia di Fermi in
maniera non significativa per tutti i metalli. Spesso per questa ragione si confonde il poten-
ziale chimico con l’energia di Fermi.

5.1.5 Calore specifico elettronico


Calcolo approssimato
In prima approssimazione possiamo calcolare il calore specifico dicendo che per andare da
T = 0 a T qualsiasi la distribuzione di Fermi-Dirac varia nella zona di EF per una larghezza
kB T , come evidenziato nella figura della pagina precedente, quindi il numero di elettroni per
unità di volume che sono stati eccitati è circa eguale a g(EF )kB T , quindi la variazione di
energia interna ∆U per un solido di volume V e Zc elettroni di conduzione per atomo sarà
data da tale numero moltiplicato per l’energia media di eccitazione kB T , :

∆U = V g(EF )(kB T )2 (5.19)

sostituendo a g(EF ) la sua espressione esplicita (5.13) nel caso di una mole:
3 n 3 NA 3
∆U = V (kB T )2 = V (kB T )2 = NA (kB T )2 (5.20)
2 EF 2 V EF 2EF
Quindi il calore specifico del gas di elettroni calcolato in maniera grossolana ∆T = T vale:
∆U 3 2
cv = = NA k T (5.21)
∆T EF B

Calcolo esatto
Il conto preciso del calore specifico si fà partendo della energia totale (Energia interna) del
gas di elettroni in funzione della temperatura. L’energia totale vale:
Z ∞
U =V Eg(E)fD (E)dE (5.22)
0

Sviluppando in serie di Taylor la distribuzione di Fermi-Dirac, si trova che:

π2
U = U0 + V (kB T )2 g(EF ) (5.23)
6
Dove U0 è l’energia per T = 0 (gli elettroni nello stato fondamentale), quindi il calore specifico
esatto vale:
∂U π2 2
cv = = V kB T g(EF ) (5.24)
∂T 3
Notiamo come in tale espressione si sia volutamente non esplicitato g(EF ), in quanto la
validità del conto si estende non solo al caso del modello degli elettroni liberi, infatti la

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distribuzione di Fermi Dirac è stata derivata senza nessuna esplicita considerazione sul tipo
di livelli energetici.
Nel caso che il modello dell’elettrone libero sia applicabile sostituendo a g(EF ) nella (5.24)
la sua espressione esplicita (5.13), si ricava per una mole:

π 2 kB T 3
 
cv = RZc (5.25)
3 Zc EF 2
Tra parentesi quadre è stato messo in evidenza il termine che si era ricavato nella ipotesi che
il gas di elettroni fosse classico.
L’effetto della meccanica quantistica è di diminuire, come si trova sperimentalmente, il calore
specifico dovuto agli elettroni di un fattore ≈ 3kB T /(Zc EF ) ≈ 0.01. Questo spiega l’assenza
a temperatura ambiente del contributo al calore specifico dovuto al gas di elettroni.
A bassa temperatura il contributo al calore specifico dovuto ai fononi scende con la tempe-
ratura con un andamento del tipo T 3 per cui al di sotto di certe temperature il contributo del
calore specifico dovuto agli elettroni di conduzione diventa il termine più rilevante; quindi
a bassa temperatura (inferiore alla temperatura di Debye) il calore specifico totale ha una
espressione del tipo:
cv = γT + AT 3 (5.26)
Con:
π 2 NA
γ=
2EF
Sperimentalmente in tutti i metalli il calore specifico dovuto agli elettroni segue una legge
lineare con la temperatura. La costante moltiplicativa è in buon accordo con il valore dato
dalla equazione (5.25) solo per i metalli alcalini. Negli altri metalli si trova una costante
moltiplicativa diversa da quella prevista dal modello di Sommerfield. La teoria a bande
rimuove tale incongruenza dovuta alla semplicità del modello.
In realtà la misura del calore specifico dei metalli a bassa temperatura permette di misurare
sperimentalmente il valore di EF dal valore di γ, nell’ipotesi del modello di Sommerfield.

5.1.6 Conducibilità elet-


trica
Esaminiamo la conducibilità elettrica
usando il modello dell’elettrone libero
della meccanica quantistica. A tempe-
ratura T = 0 gli elettroni occupano Figura 5.4: Spostamento della superficie ide-
degli stati all’interno della sfera di ale (sferica) di Fermi-Dirac per effetto di un
Fermi nello spazio k. campo elettrico esterno E~ in un metallo, la
Essendo la sfera di Fermi centrata at- legge di Ohm quantistica.
torno a k = 0 per ogni stato con un
certo valore ~ka ne esisterà un altro −~ka
in maniera tale che la quantità di moto
totale del gas di elettroni è nulla.

98
La cosa non cambia a T 6= 0 infatti la distribuzione di Fermi-Dirac rende semplicemente
meno netta la occupazione degli stati nella zona vicina alla sfera di Fermi, ma ugualmente
vi è un’esatta compensazione dei vettori d’onda.
Infatti la distribuzione degli stati non cambia con la temperatura. L’applicazione di un
campo elettrico E~ cambia l’equazione di Schrödinger con l’aggiunta di un termine costante
additivo in assenza di dissipazione.
Ma se, con considerazioni simili a quelle che si sono fatte nel caso classico, si tiene conto della
interazione con le imperfezioni del reticolo cristallino l’effetto medio del campo elettrico è
solo un aumento alle velocità possedute da ogni elettrone di una velocità di drift v~d . Quindi
il vettore d’onda di ogni elettrone cambierà di:
m
∆~k = ~vd (5.27)

Quindi tutti gli elettroni si muovono nei nuovi stati spostati di ∆~k dai vecchi. Gli stati
occupati stanno ancora in una sfera, ma ora tale sfera è centrata attorno a ~k = ∆~k come
mostrato in figura 5.4.
Notiamo che ∆~k è in direzione opposta ad E~ a causa della carica negativa degli elettroni.
Vediamo come ora non tutti gli elettroni sono in coppie di ~ka e −~ka . Alcuni stati sul lato
sinistro della sfera in figura nella pagina precedente non sono occupati come prima ed altri a
destra, che non erano occupati, sono ora occupati. C’è quindi uno sbilanciamento ed il valore
medio della quantità di moto totale non è più nullo, quindi si ha una corrente elettrica.
Essendo vd  vF , l’effetto è piccolo e molti elettroni sono compensati a coppie (la figura è
una rappresentazione esagerata, lo spostamento della superficie di Fermi si confonde con la
larghezza del tratto di disegno). Gli elettroni non compensati sono solo in una piccolissima
regione attorno alla superficie di Fermi sul lato destro. Tutti gli altri elettroni sono compen-
sati e loro quantità di moto media è nulla. Tali elettroni non contribuiscono assolutamente
alla corrente elettrica. La corrente elettrica dipende solamente dagli elettroni non compen-
sati vicini alla superficie di Fermi. Quindi sono una piccolissima frazione degli elettroni di
conduzione. Quindi a differenza dal caso classico dove tutti gli elettroni partecipavano alla
conduzione con una velocità media vd , nel quadro reale quantistico solo gli elettroni con
velocità circa eguale a quella di Fermi vF partecipano alla conduzione.
Quindi il numero di tali elettroni è circa:
vd
∆n = n
vF
quindi la densità di corrente sarà circa:
nvd
J~ ∼
= e~vF = ne~vd
vF
che è lo stesso valore trovato nel caso classico.
Nel modello quantistico, il significato di ~vd è legato allo spostamento della superficie di
Fermi come dato dall’equazione (5.27), e non alla media velocità di drift che era l’originale
significato di vd nel modello classico.
Lo spostamento della superficie di Fermi è controllato da quanto lontano dalla superficie di
Fermi gli elettroni sono accelerati dal campo elettrico prima che urtino con le impurità del
cristallo. L’accelerazione porta gli elettroni in un nuovo stato energetico all’esterno della

99
superficie di Fermi. Gli altri elettroni dentro la superficie di Fermi a causa del principio
di esclusione di Pauli, trovando gli stati possibili vicini già occupati, non subiscono acceler-
azione.
Utilizzando gli stessi ragionamenti del capitolo 2 si ricava che:
~ F
eEτ
v~d = − (5.28)
m
eguale alla equazione 2.24 tranne che ora τF è il tempo medio di collisione per gli elettroni
vicini la superficie di Fermi.
La conducibilità elettrica quindi diventa eguale a:

ne2 τF
σ= (5.29)
m
Quindi, poichè la forma della distribuzione delle velocità degli elettroni non influenza il
calcolo della conducibilità in dc ed in ac o nel calcolo del coefficiente di Hall, la trattazione
di questi fenomeni non cambia sostanzialmente se si usa la statistica classica o quella di
Fermi-Dirac.
Si definisce cammino libero medio
l = v F τF
che rappresenta la distanza media percorsa dai soli elettroni vicino alla superficie di Fermi.

5.1.7 Conducibilità termica


Nel capitolo due, per un gas classico di elettroni, con considerazioni statistiche avremmo
potuto trovare l’espressione della conducibilità termica come:
1 ncv
κ = v2τ (5.30)
3 NA

Modello di Drude
Secondo il modello di Drude visto nel capitolo 3 avremmo che rispettivamente v 2 , τ e cv da
sostituire nella equazione 5.30 sono ricavabili da:
1 3
m e v 2 = kB T
2 2
da cui:
3kB T
v2 =
me
Mentre dalla espressione della conducibilità:

ne2 τ
σ=
me
me σ
τ=
ne2

100
Mentre:
3 3
c v = R = NA k B
2 2
Quindi sostituendo nella eq. 5.30:
1 3kB T me σ 3nNA kB
κ=
3 me ne2 2NA
da cui la costante di Lorentz sarebbe:
 2
κ 3 kB
L= = = 1.11 × 10−8 W · Ω/K 2
σT 2 e

Modello di Sommerfield
Secondo il modello di Sommerfield visto in questo capitolo avremmo che rispettivamente:
2EF
v2 =
me
dalla equazione 5.29:
σme
τ = τF =
ne2
e dalla equazione 5.25:
π 2 RkB T
cv =
2 EF
Quindi sostituendo nella eq. 5.30:

1 2EF σme π 2 RkB T 1 π 2 kB


2

κ= 2
= 2
3 me ne 2 EF NA 3e
 2
κ π 2 kB
L= = = 2.44 × 10−8 W · Ω/K 2
σT 3 e
tale espressione è in ottimo accordo con il risultato sperimentale. Il successo della teoria
classica nel predire il valore appena dato della costante di Lorentz era solo fortuito infatti
un errore di un fattore circa 100 in eccesso di cv veniva compensato da un errore di circa un
fattore 100 in difetto di v 2 .
Quindi il modello dell’elettrone libero classico in alcuni casi solo fortuitamente prediceva dei
risultati quasi corretti.

5.2 Teoria a bande dei metalli


Nella precedente sezione abbiamo considerato gli elettroni liberi, trascurando l’interazione
con gli ioni negativi. Vediamo di rendere più preciso il modello includendo tale interazione
che finora avevamo totalmente trascurata.
L’interazione degli elettroni tra di loro è in genere un termine meno importante a meno del
principio di esclusione di Pauli.

101
Estensione qualitativa della
teoria dell’elettrone libero
Per comodità di calcolo utilizzia-
mo il modello unidimensionale.
Consideriamo un reticolo di ioni
separati da una distanza a. Nel
modello ad elettrone libero la re-
lazione di dispersione tra E e k
ha un comportamento qualitativo
simile a quello mostrato in figura
5.5:
h̄2 2
E= k (5.31) Figura 5.5: Relazione di dispersione tra E e
2m
k per un elettrone libero.
ciò significa che E in funzione di
k è una parabola.
La prima operazione che si può fare è
la riduzione alla prima zona di Brillouin,
in maniera analoga a quanto fatto per i
fononi come mostrato in figura 5.6. Qui
la riduzione ha un valore più di comodi-
tà rappresentativa che di eliminazione di
ridondanza. Cioè si riesce sempre a
trovare un vettore dello spazio reciproco
il quale sommato al vettore d’onda lo ri-
porti all’interno della prima zona di Bril-
louin come è mostrato in figura 5.6. Un
discorso a parte vi è da fare per i vettori
d’onda nella regione di spazio reciproco
vicini alla superficie della prima zona di
Brillouin (k = ±π/a), infatti le onde pro- Figura 5.6: Relazione di dispersione tra E e
gressive non sono più soluzioni del prob- k ridotta alla I zona di Brillouin.
lema, in quanto viene soddisfatta la con-
dizione di Bragg.
Un discorso a parte vi è da fare per i vettori d’onda nella regione di spazio reciproco vicini
alla superficie della prima zona di Brillouin (k = ±π/a), infatti le onde progressive non sono
più soluzioni del problema, in quanto viene soddisfatta la condizione di Bragg. Ricordo che
la condizione di Bragg (Laue), 2d sin θ = nλ, diviene nel caso unidimensionale 2a = nλ.
L’analogia con le vibrazioni reticolari è evidente.
Tali elettroni quindi, venendo riflessi dal reticolo, non possono propagarsi come delle onde
piane. L’analisi dettagliata del problema mostra come una combinazione lineare di onde
piane in direzioni opposte, ma con vettori d’onda k = π/a di stessa ampiezza, sono le
possibili soluzioni del problema. Le due soluzioni possibili sono la somma ψ1 e la differenza
ψ2 di due onde piane viaggianti in direzioni opposte:
πx iωt
ψ1 = A e−i(kx−ωt) + ei(kx+ωt) = 2A cos
 
e (5.32)
a
102
πx iωt
ψ2 = A e−i(kx−ωt) − ei(kx+ωt) = 2iA sin
 
e (5.33)
a

Le funzioni di probabilità di tali stati elet-


tronici sono date da:
πx
|ψ1 |2 = 4A2 cos2 (5.34)
a
πx
|ψ2 |2 = 4A2 sin2 (5.35)
a
Se disegniamo tali funzioni, come
mostrato in figura 5.7, vediamo come
siano identiche tranne che per la loro
posizione rispetto agli ioni. Infatti |ψ1 |2 Figura 5.7: Rappresentazione delle funzioni
è massima sugli ioni e |ψ2 |2 è nulla di probabilità di due onde stazionarie sinu-
sugli ioni. Mentre le funzioni d’onda soidali e cosinusoidali, con vettore d’onda
generiche sono distribuite in maniera tale sulla superficie della I zona di Brillouin.
che su tutto il reticolo risentano di un
potenziale di attrazione medio, identico,
indipendente da k.
Per vettori d’onda vicini al limite della
prima zona di Brillouin, la soluzione del
problema sono due funzioni d’onda rapp-
resentanti onde stazionarie, le quali hanno
un energia diversa a seconda se i mas-
simi sono attorno agli ioni (minore energia
potenziale) o i minimi sono in corrispon-
denza degli ioni (maggiore energia poten-
ziale). Da questo ragionamento qualita-
tivo segue che l’energia potenziale dovuta
alla presenza degli ioni è negativa (cioè gli
ioni attraggono gli elettroni) ed è tanto Figura 5.8: Relazione di dispersione tra E e
maggiore quanto più sono vicini. Quindi k per un elettrone quasi libero in un reticolo
un elettrone con funzione d’onda ψ1 ha unidimensionale tenendo conto dell’effetto
una energia potenziale minore di un elet- degli estremi della I zona di Brillouin.
trone con funzione d’onda ψ2 e di con-
seguenza l’energia totale di tali elettroni
(la somma della energia cinetica e quella
potenziale) sarà minore per gli stati ψ1
rispetto a quelli ψ2 .
La presenza quindi degli ioni separa i livelli di energia in corrispondenza della I zona di
Brillouin. In realtà l’estensione del modello cristallografico permette di definire oltre alla I
zona di Brilluoin altre regioni dello spazio reciproco successive chiamate II, III etc. zona di
Brilluoin agli estremi di tali zone si verificano gli stessi fenomeni di separazione dei livelli.
La rappresentazione della relazione di dispersione viene modificata rispetto alla curva di
figura 5.6 e diviene la figura 5.8.

103
In tale figura appare chiaro come quando i k si avvicinano alle zone di Brilluoin si apre una
gap e le relazioni di dispersioni diventano delle bande di energia permessa che nella figura
sono schematicamente indicate con dei numeri.

Dal modello atomico alle bande

Alla stesse conclusioni si poteva arrivare


partendo dal modello dell’atomo isolato e
sovrapponendo gli orbitali. La situazione
è schematizzata nella figura 5.9 in cui ven-
gono schematicamente i livelli energetici
di un atomo ideale in funzione dell’inverso
del passo reticolare a di un ipotetico reti-
colo cristallino. A grande separazione
gli atomi sono isolati ed i livelli ener-
getici non risentono l’influenza degli atomi
vicini (origine delle ascisse). Via via che
avviciniamo gli atomi i livelli esterni si
modificano e diventano delle bande di en-
ergia di livelli possibili. Notiamo che Figura 5.9: Schema del passaggio dal mod-
tale modello sia esattamente l’opposto ello atomico alla bande. Sull’asse verticale
dell’approssimazione dell’elettrone libero, vengono rappresentati livelli atomici di atomi
ma si arrivi ugualmente alla formazione disposti in un reticolo regolare di passo a.
di bande di energia. In questo approccio Per a grande, origine delle ascisse, atomi iso-
le bande non sono altro che la sovrappo- lati si hanno i livelli atomici, per a elevato
sizione degli orbitali atomici. sovrapposizione degli orbitali atomici, in ogni
Notiamo che gli orbitali interni sono tal- caso i livelli profondi non vengono modificati
mente concentrati attorno al nucleo che a differenza di quelli più esterni.
non si modificano anche avvicinando gli
atomi alla distanza dei primi vicini del
reticolo reale.
Gli orbitali più esterni si sovrappongono visibilmente per cui gli elettroni sono messi in
comune tra i vari atomi.
La sovrapposizione degli orbitali porta alla creazione di nuovi stati energetici permessi, nei
quali a causa del principio di esclusione di Pauli si dispongono i vari elettroni.

5.2.1 Livelli elettronici in un metallo reale


Quanto finora detto è servito ad introdurre qualitativamente le bande di energia. In realtà
il problema può essere studiato in maniera analitica.
Infatti l’equazione di Schrödinger di un elettrone singolo in un solido cristallino è una
equazione del tipo:
h̄2 2
− ∇ ψ + U (~r)ψ = Eψ (5.36)
2m

104
~
Il potenziale U (~r) deve necessariamente avere la periodicità del reticolo cristallino, cioè se R
è un vettore del reticolo di Bravais, deve valere la proprietà che:
~ = U (~r)
U (~r + R)

Teorema di Bloch
Da questo segue che gli elettroni di un cristallo reale non sono liberi, ma le funzioni d’onda
soluzioni del problema, a causa di tale proprietà di simmetria traslazionale e rotazionale
del cristallo, rappresentano un insieme di funzioni d’onda descrivibili in maniera elementare.
Tali funzioni d’onda sono tutte della forma:
~
ψ(~r) = eik·~r uk (~r) (5.37)

Tali funzioni d’onda prendono il nome di funzioni di Bloch. Che le uniche soluzioni della
equazione di Schrödinger (5.36) siano solo le (5.37) é un teorema che si dimostra analitica-
mente. Per questioni di brevità qui non verrà esplicitata la dimostrazione. Gli interessati
alla dimostrazione in due maniere differenti possono consultare il capitolo 8 del libro della
nota a piè di pagina 6 .
Le funzioni uk soddisfano alla condizione:
~ = uk (~r)
uk (~r + R)

Nel caso di elettroni legati in un reticolo il significato fisico di ~k non è più lo stesso del caso
libero. Infatti il vettore d’onda ha un significato parametrico nello spazio reciproco non è
più proporzionale alla quantità di moto dalla relazione p~ = h̄~k. La quantità di moto è una
grandezza fisica non più osservabile. Infatti se si applica l’operatore quantità di moto nella
direzione x: px = −ih̄∂/∂x, alla ψ(~r) della equazione (5.37) si ottiene:
∂ h i~k·~r i
~ ∂
−ih̄ e uk (~r) = h̄kx ψk (~r) − ih̄eik·~r uk (~r)
∂x ∂x
cioè l’applicazione dell’operatore quantità di moto cambia lo stato fisico del sistema, quindi
le funzioni di Bloch non sono autostati della quantità di moto e quindi della quantità di
moto si può avere solo il valore medio. Mentre ~k è un vettore che definisce le funzioni d’onda
del problema associato al valore di uk e dal punto di vista della meccanica quantistica è un
autovettore delle funzioni di Bloch. In poche parole nella teoria delle bande:

h̄~k 6= p~

Se analogamente a quanto visto nel caso unidimensionale riportiamo tutto alla prima zona di
Brilluoin, sommando cioè a ~k un opportuno vettore del reticolo reciproco G.
~ Come nel caso
unidimensionale cosı̀ facendo, creiamo delle bande diverse di energia permessa che caratte-
rizziamo con un indice intero n. Se facciamo quindi questa operazione di rappresentazione
in zone ridotte le funzioni d’onda di Bloch si rappresenteranno come:
~
ψn,k (~r) = eik·~r un,k (~r) (5.38)

6
Neil W. Ashcroft e N. David Mermin, Solid State Physics, Holt-Saunders Japan, (1981)

105
Le funzioni di Bloch un,k hanno l’indice n, conosciuto come indice di banda, in quanto nella
riduzione alla prima zona di Brillouin vogliamo mantenere la distinzione tra le varie bande
di energia.
Infatti a causa di tale riduzione per
ogni valore di ~k vi sono molte soluzioni
dell’equazione di Schrödinger. Per ogni
n l’insieme dei valori dell’energia si
chiama banda di energia. La relazione
tra E e k nei metalli reali è molto più
complicata del modello della sfera di
Fermi visto per gli elettroni liberi.
In figura 5.10 mostriamo le prime due
bande di energia del sodio metallico
lungo tre differenti direzioni.
Le energie mostrate sono quasi iden-
tiche a quelle degli elettroni liberi.
Lungo la direzione [110] vi è una gap
tra le due bande, nelle altre due di- Figura 5.10: Bande nel Sodio metallico in tre
rezioni non vi è nessuna gap. Se di- direzioni del reticolo reciproco. Con una linea
segnamo la densità degli stati g(E) per tratteggiata viene indicato il livello dell’energia di
la prima banda di energia otteniamo la Fermi.
curva mostrata in figura 5.11.
Vicino al fondo della banda (E = 0) la densità degli stati coincide con quella trovata nel
modello dell’elettrone libero, mentre alla sommità della banda la densità va a zero.
La densità degli stati nella banda superi-
ore sarebbe simile, ma ad una energia su-
periore. Alcune bande si possono sovrap-
porre altre no. Il numero di stati nella
prima zona di Brillouin per ogni banda
a causa dello spin degli elettroni è due
volte il numero Nc delle celle primitive del
cristallo.
Quindi i metalli alcalini, come il sodio,
avendo solo un elettrone per ogni cella
primitiva sono sempre dei buoni condut-
tori. Come altro esempio consideriamo Figura 5.11: Densità degli stati occupati (in
il Bario metallico. Tale metallo ha una scuro) per il sodio metallico a temperatura
struttura bcc con un atomo per cella primi- ambiente.
tiva.
Ogni atomo contribuisce con due elettroni di conduzione. Quindi il numero di tali elettroni
è eguale a 2Nc , che è esattamente il numero di stati disponibili in ogni banda di energia, vi
sono quindi abbastanza elettroni da riempire la banda di conduzione.

106
In figura 5.12 vengono rappresentate in
tre direzioni diverse le due bande supe-
riori del bario. La prima zona di Bril-
louin è la stessa del sodio metallico di
figura. Vediamo come l’energia massima
nella prima banda nella direzione [111] è
circa 3 eV , mentre l’energia minima della
seconda banda nella direzione [100] è circa
2 eV .Quindi la prima e seconda banda si
sovrappongono ed alcuni stati della sec-
onda banda hanno un energia minore di
alcuni stati della prima banda. Quando
andiamo a riempire gli stati con elettroni
dovremo mettere alcuni elettroni nella sec- Figura 5.12: Le prime due bande nel Bario
onda banda e quindi non avremo a suf- metallico in tre direzioni del reticolo re-
ficienza elettroni per riempire la prima ciproco.
banda.
L’energia di Fermi nel Bario di conseguenza capita a 2.5 eV come mostrato in figura. Quindi
il bario pure avendo un numero pari di elettroni di conduzione avendo sovrapposizione delle
bande si comporta come un conduttore.

Metalli ed isolanti

Figura 5.13: Schematizzazione delle bande per i vari solidi possibili.

Se gli elettroni di valenza occupano esattamente una banda lasciando un altra separata da una
gap di energia vuota la sostanza si comporta a bassa temperatura come un perfetto isolante.
Un campo elettrico non causa nessuna corrente in un materiale di tale tipo. All’aumentare
della temperatura le cose cambiano infatti bisogna tenere in conto il valore della gap di
energia, se la gap di energia è di molti eV la sostanza si mantiene isolante anche a temperatura
ambiente (caso del diamante). Un comportamento diverso si ha con la temperatura se invece
la gap di energia Eg è di qualche eV o di sue frazioni. Infatti il termine Eg /kB T gioca un ruolo
chiave, permettendo statisticamente di svuotare in parte dei livelli pieni dell’ultima banda
occupata e riempirne livelli vuoti della prima banda vuota. La resistività di tali sostanze a
temperatura ambiente è intermedia tra quella dei metalli e degli isolanti per questa ragione
si chiamano semiconduttori. Vi sono inoltre dei cristalli, in cui vi è una separazione tra le
bande, ma come nel caso del Bario metallico, non vi è una gap di energia in tutte le direzioni

107
dello spazio k, quindi il comportamento di tali sostanze non è dissimile dai metalli normali,
tranne che la resistività ha un valore di ordini di grandezza inferiore a quella dei metalli, tali
sostanze si chiamano semimetalli.
Un cristallo può essere un isolante solo se il numero degli elettroni di valenza è pari. Ma se
un cristallo ha un numero pari di elettroni di valenza per cella primitiva, è necessario sapere
se si sovrappongano o meno in energia le bande. Se le bande si sovrappongono in energia,
invece di avere una banda piena di un isolante, abbiamo un conduttore.
La figura 5.13 riassume quanto detto.

La superficie di Fermi

Nel sodio metallico, vedi figura 5.14,


gli stati occupati seguono il modello
dell’elettrone libero abbastanza bene e
la superficie di Fermi è molto simile ad
una sfera come nel modello dell’elettrone
libero. Tale sfera è tutta contenuta nella
prima zona di Brillouin. Tutti gli stati
dentro la sfera sono occupati e quelli es-
terni sono vuoti. Figura 5.14: La superficie di Fermi nel sodio
I metalli alcalini avendo valenza uno sono metallico all’interno della I zona di Brilluoin
sempre metallici e la superficie di Fermi è (rombo dodecaedro).
sempre molto bene approssimata da una
sfera. Un caso ben diverso è il Rame il
quale ha una struttura più complessa da
un punto di vista elettronico.
L’energia di Fermi del rame come nella
maggior parte dei metalli è fortemente dis-
torta rispetto al caso dei metalli alcalini.
In figura 5.15 è mostrata la superficie di
Fermi del Rame all’interno della I zona di
Brillouin è chiaro come tale superficie sia
fortemente distorta.
Si nota come nella direzione [111] la su- Figura 5.15: La superficie di Fermi del Rame
perficie di Fermi intersecherebbe la I zona all’interno della I zona di Brilluoin (ottaedro
di Brillouin. Per cui tali punti con tronco
l’operazione di riduzione sono riportati in-
dietro all’interno di tale zona.
Il rame metallico è un buon esempio di come la superficie di Fermi può essere distorta dalla
forma sferica.

108
5.3 Dinamica del moto degli elettroni
La velocità di gruppo degli elettroni si ricava dalla relazione di dispersione tra E e ~k, infatti
h̄ω = E quindi:
∂ω ~ ∂ω ~ ∂ω ~ 1 ~
v~g = i+ j+ k= ∇ kE (5.39)
∂kx ∂ky ∂kz h̄
Dove si è definito:
∇~ k = ∂ ~i + ∂ ~j + ∂ ~k
∂kx ∂ky ∂kz
Vogliamo ricordare, come per gli elettroni non liberi, che il valore di ~k non è più legato alla
quantità di moto degli elettroni.
Nel modello approssimato, ricavato a partire dall’estensione del modello dell’elettrone libero,
avevamo trovato che, solo al limite della prima zona di Brillouin, la velocità di gruppo era
nulla e corrispondeva alla esistenza di onde stazionarie.
Nei solidi reali la forma della relazione di
dispersione ammette non solo velocità di
gruppo molto elevate e nulle, ma anche di
segno negativo, come ad esempio, si può
ottenere dalle derivate delle curve di dis-
persione viste. Inoltre per i solidi reali in
genere la velocità di gruppo sulla super-
ficie di Fermi, il cui valore determina la
maggior parte delle proprietà di trasporto,
non è in genere normale a tale superficie,
come nel caso della sfera di Fermi. Questo Figura 5.16: Schematizzazione della re-
comporta, che l’applicazione di forze es- lazione di dispersione E − k per un solido
terne, può provocare velocità di gruppo ideale.
non nella stessa direzione della forza ap-
plicata.

Equazione del moto


Vediamo come la meccanica quantistica e
la teoria delle bande abbia influenza sulle
proprietà di trasporto. La trattazione
viene qui fatta in maniera non rigorosa e
qualitativa. Consideriamo una relazione
di dispersione tra E e k fino al limite della
prima zona di Brillouin schematicamente
mostrata nella figura 5.16.Questa è solo
una schematizzazione per dare maggiore
senso fisico a quello che andiamo dicendo. Figura 5.17: Velocità di gruppo ricavata a
La derivata rispetto a k di tale relazione di partire dalla relazione di dispersione di figura
dispersione fornisce la velocità di gruppo 5.16.
in funzione di k a meno di h̄.

109
Nella figura 5.17 viene riportata schematicamente la derivata di tale funzione. Una forza
esterna F~est , ad esempio il campo elettrico, agendo su un elettrone (caratterizzato da E, ~k)
ne varierà l’energia nel tempo, la potenza spesa dalla forza esterna sarà infatti:
dE
= F~est · v~g (5.40)
dt
Una variazione infinitesimale di energia può sempre essere scritta come:
~ k E · d~k
dE = ∇

Sostituendo tale espressione assieme alla definizione di velocità di gruppo (5.39) nella espres-
sione della variazione di energia si ottiene:
~ k E · d~k
∇ 1 ~
= F~est · ∇ kE (5.41)
dt h̄
Per cui semplificando si ottiene l’equazione del moto:

d~k
h̄ = F~est (5.42)
dt

Per quanto riguarda le forze esterne agenti sugli elettroni h̄~k ha il comportamento simile a
quello di una quantità di moto: ma non è fisicamente una quantità di moto.

Conducibilità elettrica
Se la forza esterna è un campo elettrico E~ alla forza esterna si potrà sostituire nella equazione
del moto (5.42) −eE: ~ ottenendo:
d~k
h̄ = −eE~ (5.43)
dt
Questa equazione stabilisce che l’effetto netto del campo elettrico è di cambiare il vettore
d’onda.

La derivata di ~k rispetto al tempo,


che ha il significato a meno di una
costante moltiplicativa di una velocità,
rimane costante, cioè tutti gli elettroni
si muovono nello spazio k con velocità
costante. Questo significa che anche se
la superficie di Fermi non è una sfera
si muove nello spazio k conservando la
sua forma originale. Il movimento degli Figura 5.18: Sezione della superficie di Fermi
elettroni nello spazio k influenza in re- del Rame .
altà un altro effetto.
Nell’urto con le imperfezioni del reticolo, dovute anche alla agitazione termica che rende il
reticolo non perfetto, gli elettroni sono riportati negli stati di energia minima e la superficie

110
di Fermi tende a tornare nella sua posizione originale.Quindi l’effetto delle collisioni si op-
pone all’azione del campo elettrico, l’equilibrio si raggiunge con uno spostamento ∆~k della
superficie di Fermi. Nel modello dell’elettrone libero, uno spostamento di ∆~k alla superficie
di Fermi dà luogo ad una non compensazione degli elettroni e di conseguenza una corrente
netta. Nella teoria a bande otteniamo un risultato simile, eccetto che ora la superficie di
Fermi non è più una sfera. Un esempio significativo è il Rame.
Una sezione della superficie di Fermi
del Rame è schematicamente mostrata
nella figura 5.18. Si vede come la super-
ficie di Fermi del Rame è tagliata dalla
I zona di Brillouin.
Se applichiamo un campo elettrico E~
verso sinistra la superficie di Fermi si
sposterà destra come in figura 5.19. Si
vede che alcuni elettroni si sono portati
fuori della prima zona di Brilluoin.
Sommando a tali k opportuni vettori Figura 5.19: Sezione della superficie di Fermi
del reticolo reciproco è possibile ripor- del Rame in cui è stato applicato un campo
tarli all’interno della I zona di Brillouin. elettrico E~ .
In realtà è come se tali elettroni, pur rimanendo nella stessa banda, li trovassimo dal lato
opposto nella prima zona di Brillouin. Nella figura 5.20 la zona scurita rappresenta gli elet-
troni non compensati (anche se in questo caso si è esagerato sulla portata dello spostamento
che nella realtà è molto piccolo). In tale figura ovviamente vi sono degli elettroni non com-
pensati. Nel caso del rame alcuni elettroni non compensati sono anche nel lato sinistro della
superficie.

Tuttavia, la maggior parte sono sul lato


destro ed il medio vettore ~k degli elet-
troni è diretto verso destra, dando una
corrente netta a sinistra come per gli
elettroni liberi. L’ampiezza della cor-
rente dipende quindi solo dal numero
di elettroni non compensati, che a sua
volta dipende solo dallo spostamento
della superficie di Fermi e quindi dalla
forma di tale superficie. La conducibil- Figura 5.20: La superficie di Fermi del Rame
ità elettrica dell’Alluminio è simile a spostata dal campo elettrico esterno viene ri-
quella del rame, pure se l’alluminio ha portata all’interno della I zona di Brilluoin.
un numero triplo di elettroni di con- Le zone scure rappresentano gli elettroni in
duzione, in quanto le loro due superfici eccesso rispetto al caso senza campo elettrico
di Fermi sono simili e quindi hanno in (tutto è mostrato in forma esagerata rispetto
presenza di un campo elettrico lo stesso ai casi reali possibili .
numero di elettroni non compensati.
Il fatto che la costante di Hall dell’Alluminio è di segno opposto a quello aspettato con il
modello dell’elettrone libero dipende dallo spostamento della superficie di Fermi e dalla sua

111
forma. Nel caso dell’alluminio gli elettroni non compensati sono in prevalenza nella stessa
~ e quindi si comportano come se avessero carica positiva.
direzione di E

5.3.1 Massa efficace


L’accelerazione della velocità di gruppo causata dalla forza esterna per definizione vale:
dv~g
a~g = (5.44)
dt
Sostituendo l’espressione della velocità di gruppo (5.39) ed invertendo la derivata rispetto al
tempo con ∇k , come è lecito fare in condizioni stazionarie:
 
1 dE
a~g = ∇k (5.45)
h̄ dt

Sostituendo in (5.45) l’espressione della variazione di energia (5.40):


1  
a~g = ∇k F~est · v~g (5.46)

Ma la forza esterna non dipende da ~k quindi esplicitando i termini, risulta:


1
a~g = (∇k ∇k0 )E · F~est (5.47)
h̄2
La costante di proporzionalità tra forza ed accelerazione:

h̄2
mij =
∂ 2 E/(∂ki ∂kj )

é una quantità tensoriale dipendente cioè dalle due direzioni scelte di k per fare la derivata
seconda di E rispetto a k ed ha le dimensioni di una massa e viene chiamata massa efficace.
In alcuni solidi molto complessi, gli ele-
menti fuori diagonale del tensore massa
efficace sono grandi, in questo caso
un campo elettrico in una direzione
provoca accelerazioni in una direzione
differente. Questo accadrà per super-
fici che nello spazio k sono marcata-
mente non sferiche, come ad esempio
nel caso del Rame. Per un solido ide-
ale semplice ed isotropo (come i metalli
Figura 5.21: Schematizzazione del valore
alcalini), tutti gli elementi fuori diag-
della massa efficace per una banda ideale uni-
onale del tensore massa effettiva sono
dimensionale che abbia una relazione di dis-
nulli, ed i tre elementi sulla diagonale
persione del tipo mostrato in figura 5.19. .
se il solido ha simmetria cubica sono
eguali. Solo in tale caso abbiamo una
massa efficace scalare:

112
h̄2
m∗ = 2
∂ E/(∂k 2 )
Quando in particolare la dipendenza dell’energia dal vettore d’onda è quadratica, si può dire
che gli elettroni si comportano come se avessero una massa effettiva indipendente dall’energia
poichè:
h̄2 k 2
E=
2m∗
Nella figura è disegnato il grafico della massa efficace ricavata a partire da una relazione di
dispersione del tipo di figura semplice data precedentemente. Si nota come anche in tale
semplice caso la massa efficace passi da un valore positivo ad uno negativo.
Inevitabilmente in un vasto intervallo di energie, tuttavia, la dipendenza di E da k differisce
dalla semplicità dell’equazione appena scritta. La massa efficace viene usata come un metodo
conveniente per scrivere in maniera semplificata la relazione di dispersione degli elettroni nei
metalli, ma principalmente nei semiconduttori.

Buche
L’esistenza di massa negativa comporta che elettroni con massa negativa reagiscono a campi
esterni elettrici o magnetici come se la loro carica fosse di segno opposto.
Poichè le masse negative sono un concetto inusuale ed essendo tutte le forze che agiscono sugli
elettroni nei solidi essenzialmente di natura elettrica e magnetica (quindi il verso dipende
dal segno della carica dei portatori) si preferisce considerare la massa sempre positiva, ma la
carica posseduta negativa. Queste particelle cariche positive si chiamano hole (buche).
In genere con il simbolo n (negativo) si indicano gli elettroni e con il simbolo p (positivo) le
buche.
Nell’effetto Hall vi sono alcuni metalli nei quali il segno della costante di Hall che ricordiamo
essere:
1
RH = − (5.48)
ne
è di segno opposto, ad esempio F e e Zn, in tale caso la corrente elettrica è dominata da
buche. Più in generale nei metalli l’espressione (5.48) è inadeguata per calcolare il coefficiente
di Hall, a meno che la superficie di Fermi sia sferica.

113

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