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La crisi di luglio

Il 28 giugno 1914, giorno di solenni celebrazioni e festa nazionale serba, l'arciduca erede al trono
d'Austria-Ungheria Francesco Ferdinando d'Asburgo-Este e la moglie Sophie Chotek von Chotkowa,
recatisi a Sarajevo in visita ufficiale, furono uccisi da alcuni colpi di pistola sparati dal nazionalista
diciannovenne serbo Gavrilo Princip: paradossalmente, l'arciduca era forse l'unico austriaco autorevole
che fosse comprensivo verso i nazionalisti serbi, perché sognava un impero unito da un legame
federativo[17]. Da questo avvenimento scaturì una drammatica crisi diplomatica che infiammò le tensioni
latenti e segnò l'inizio della guerra in Europa[18].
Nei giorni che seguirono, la Germania, convinta di poter circoscrivere il conflitto, sollecitò l'Austria-
Ungheria affinché aggredisse al più presto la Serbia; solo il Regno Unito avanzò una proposta di
conferenza internazionale che non ebbe seguito, mentre le altre nazioni europee si preparavano
lentamente al conflitto.
Quasi un mese dopo l'assassinio di Francesco Ferdinando, l'Austria-Ungheria inviò un duro ultimatum
alla Serbia, che accettò solo una parte delle richieste: il 28 luglio 1914 l'Austria-Ungheria dichiara
guerra alla Serbia, determinando l'irrimediabile acuirsi della crisi e la progressiva mobilitazione delle
potenze europee, cagionata dal sistema di alleanze tra i vari stati.
L'Italia, insieme al Portogallo, la Grecia, la Bulgaria, il Regno di Romania e l'Impero ottomano si posero
in uno stato di neutralità, attendendo ulteriori sviluppi della situazione. Alla mezzanotte del 4 agosto
erano cinque le potenze che ormai erano entrate in guerra (Austria-Ungheria, Germania, Russia,
Regno Unito e Francia), ciascuna convinta di poter battere gli avversari in pochi mesi: era opinione
diffusa che la guerra sarebbe finita a Natale, o tuttalpiù a Pasqua del 1915[19].
Il 1º agosto, dopo l'inizio delle ostilità fra Austria-Ungheria e Serbia, il governo tedesco dichiarò guerra
alla Russia che aveva mobilitato l'esercito e due giorni dopo anche alla Francia. La strategia tedesca
era condizionata dal dover sostenere una guerra su due fronti, ulteriormente aggravata dalle concezioni
belliche prettamente aggressive dei francesi che, entro pochi giorni dalla mobilitazione, prevedevano un
attacco lungo il comune confine usando tutto il potenziale bellico a disposizione. La duplice
dichiarazione di guerra era quindi il necessario primo passo in vista dell'attuazione del piano Schlieffen,
che prevedeva la sconfitta della Francia con una "guerra lampo" di sole sei settimane prima di rivolgere
l'attenzione a est contro i russi[21].
Il piano, ideato dal generale Alfred von Schlieffen e completato nel 1905, prevedeva di attaccare la
Francia da nord attraverso Belgio e Paesi Bassi, così da evitare la lunga linea fortificata alla frontiera e
consentire all'esercito tedesco di calare su Parigicon un'unica grande offensiva. Von Schlieffen
continuò a lavorare al piano anche dopo essersi ritirato dall'esercito e lo sottopose a un'ultima revisione
nel dicembre 1912, poco prima di morire. Il generale Helmuth Johann Ludwig von Moltke, suo
successore come capo di stato maggiore dell'esercito, decise di accorciare il fronte ed escluse i Paesi
Bassi dalla manovra; confidando nella lenta mobilitazione della Russia[22], Moltke previde di lasciare sul
fronte est una forza di dieci divisioni, considerata più che sufficiente a trattenerla fino alla
neutralizzazione della Francia, dopo la quale l'esercito tedesco avrebbe potuto rivolgere tutte le forze
contro la Russia[23].
L'invasione di Belgio e Francia[modifica | modifica wikitesto]
Lo stesso argomento in dettaglio: Invasione tedesca del Belgio (1914), Fronte occidentale (1914-
1918), Battaglia delle Frontiere e Prima battaglia della Marna.

Truppe tedesche in marcia all'ovest nell'agosto 1914


Il 2 agosto la Germania invase lo stato neutrale del Lussemburgo mentre il 4 agosto, dopo che un
formale ultimatum era stato respinto, i tedeschi invasero il Belgio avanzando a gran velocità; l'azione fu
il pretesto per la dichiarazione di guerra britannica alla Germania, anche se il Regno Unito non aveva
truppe sul continente europeo e il suo corpo di spedizione (British Expeditionary Force o BEF) al
comando di Sir John French doveva ancora essere radunato, armato e inviato oltre la Manica[23].
Il 5 agosto le forze tedesche andarono all'assalto del primo vero ostacolo sul loro cammino: il campo
fortificato di Liegi con la sua guarnigione di 35 000 soldati. L'attacco durò più del previsto e solo il 7
agosto la fortezza centrale capitolò[24]. Dopo la caduta di Liegi la maggioranza dell'esercito belga si
ritirò verso ovest mentre il 25 più a nord i tedeschi bombardarono Anversacon uno Zeppelin, durante le
fasi preliminari dell'assedio della città che durò fino al 28 settembre e comportò enormi devastazioni[25].
Sempre il 12 le avanguardie del corpo di spedizione britannico attraversarono la Manica scortate da
navi da guerra: in dieci giorni furono sbarcati senza perdite 120 000 uomini, non avendo la Kaiserliche
Marine mai ostacolato le operazioni[26].

Fanteria francese si appresta a combattere i tedeschi in avanzata sulla Marna


Il 20 agosto le truppe tedesche entrarono a Bruxelles. All'estremità meridionale del fronte i francesi,
penetrati in Alsazia il 14 agosto e vicini alla città di Mulhouse, giunsero a sedici chilometri dal Reno, ma
furono bloccati dai tedeschi e non riuscirono ad andare oltre. Più a nord le truppe francesi, penetrate
in Lorena, furono sconfitte a Morhange e iniziarono a ritirarsi verso Nancy; le truppe tedesche le
inseguirono, ma furono poi sanguinosamente arrestate dalle fortificazioni francesi nel corso
della battaglia del Gran Couronné[27].

Cannone campale britannico da 84 mm Ordnance QF 18 lb in azione in Francia


Il 22 agosto l'esercito tedesco attaccò lungo tutto il fronte ed ebbe inizio la gigantesca battaglia delle
Frontiere: la 5ª Armata francese fu sconfitta a Charleroi e cominciò l'aspra battaglia di Mons, battesimo
del fuoco per il corpo di spedizione britannico che resistette con inaspettata tenacia[28]. I tedeschi
riuscirono comunque a superare la resistenza di French e il 23 iniziarono ad avanzare; quello stesso
giorno sia i francesi da Charleroi che i belgi da Namur cedettero alla pressione tedesca e iniziarono a
ripiegare. Il 2 settembre il governo francese abbandonò Parigi e si rifugiò a Bordeaux[29] ma gli anglo-
francesi appresero da ricognizioni aeree che i tedeschi non stavano più puntando sulla capitale, avendo
piegato più a sud-est verso la linea del fiume Marna dietro cui si erano attestati gli Alleati[30]. Il giorno
dopo, con i tedeschi a soli 40 chilometri da Parigi[31] e una situazione di grande panico nelle retrovie
francesi - un milione di parigini aveva abbandonato la città[29] - il generale Joseph Simon Gallieni,
governatore militare della capitale, organizzò, nel sistema di trincee e fortificazioni che l'attorniavano,
una nuova armata appena costituita[31], mentre il comandante in capo, generale Joseph Joffre,
preparava la controffensiva.
Il 5 settembre i francesi, con l'aiuto del BEF, passarono al contrattacco e bloccarono l'avanzata tedesca
a est di Parigi durante la prima battaglia della Marna, passata alla storia nell'immaginario collettivo
francese col nome di "miracolo della Marna"; i tedeschi dovettero abbandonare il piano Schlieffen ma
riuscirono ad arrestare la spinta offensiva degli anglo-francesi nel corso della successiva prima
battaglia dell'Aisne (13-28 settembre). Nei giorni successivi entrambi i contendenti diedero inizio a una
serie di manovre nel tentativo di aggirarsi reciprocamente sul fianco settentrionale, rimasto scoperto,
dando luogo alla cosiddetta "corsa al mare": ogni tentativo fallito finiva con l'allungare sempre di più la
linea del fronte, finché, per la fine di ottobre, entrambi i contendenti non raggiunsero le rive del mare
nella regione delle Fiandre[32]; in novembre un ultimo tentativo tedesco di rompere il fronte alleato portò
alla sanguinosa prima battaglia di Ypres, al termine della quale i due contendenti si attestarono sulle
posizioni raggiunte. La battaglia segnò la fine della guerra di movimento a occidente in favore di una
logorante guerra di trincea lungo un fronte continuo di solide postazioni fortificate[33].
Il fronte orientale[modifica | modifica wikitesto]
Lo stesso argomento in dettaglio: Fronte orientale (1914-1918).

Fanteria tedesca a Tannenberg


Gli scontri iniziali a est erano stati contrassegnati più da rapidi mutamenti di fortuna che da vantaggi
decisivi per una delle due parti. Il comando austro-ungarico aveva impiegato parte delle sue forze nel
vano tentativo di mettere fuori combattimento la Serbia e inoltre il suo piano per un'offensiva iniziale
diretta a tagliare il saliente rappresentato dalla Polonia era stato paralizzato dal cattivo funzionamento
della parte tedesca della tenaglia. Anzi era la Germania, che schierava la sola 8ª Armata con il compito
di difendere la Prussia orientale, a rischiare di essere sopraffatta dalle truppe di Nicola II che mobilitò
anzitempo la 1ª e la 2ª Armata contro la Prussia, nel tentativo di allentare la pressione sulla Francia già
ad agosto[34].
Dopo una prima serie di sconfitte, il comandante tedesco Maximilian von Prittwitz venne sostituito dal
generale in pensione Paul von Hindenburg che nominò suo capo di stato maggiore Erich Ludendorff; i
due annientarono a Tannenberg la 2ª Armata russa del generale Aleksandr Vasil'evič Samsonov (26-30
agosto) e respinsero la 1ª Armata del generale Paul von Rennenkampf nella battaglia dei laghi
Masuri (9-14 settembre). I russi non si fecero però sorprendere dalle armate austro-ungariche sul fronte
sud-occidentale; il granduca Nicola, comandante in capo dell'esercito russo, passò all'offensiva; gli
austro-ungarici subirono una pesante sconfitta nel corso della battaglia di Galizia e dovettero essere
soccorse dai tedeschi[35].
Nuove forze provenienti da occidente permisero a Ludendorff, il 15 dicembre 1914, di respingere i russi
fino alla linea dei fiumi Bzura e Ravka davanti a Varsavia, ma la diminuzione delle provviste e delle
munizioni indusse lo zar a ritirare ulteriormente le truppe sulle linee trincerate lungo i
fiumi Nida e Dunajec, lasciando ai tedeschi l'estremità della striscia polacca. Anche a est le ostilità si
arenarono su lunghi e saldi sistemi trincerati, tuttavia l'inadeguatezza delle sue industrie non
permetteva alla Russia di sostenere lo sforzo bellico allo stesso modo degli anglo-francesi[36].
Le invasioni della Serbia[modifica | modifica wikitesto]
Lo stesso argomento in dettaglio: Campagna di Serbia.
Un gruppo di soldati serbi sulla linea del fronte
Benché fosse tecnicamente il luogo dove la guerra aveva preso avvio, il fronte serbo fu relegato ben
presto a teatro secondario di un conflitto divenuto ormai mondiale. Con il grosso delle sue forze
concentrato in Galizia contro i russi, l'Austria-Ungheria diede avvio all'invasione del territorio serbo il 12
agosto 1914: guidate dal generale Radomir Putnik e supportate anche dalle forze del Regno del
Montenegro, le truppe serbe opposero un'ostinata resistenza, infliggendo agli austro-ungarici una
sconfitta nella battaglia del Cer (16-19 agosto) e obbligandoli a ritirarsi oltre frontiera[37]. Dopo una
controffensiva serba al confine con la Bosnia, sfociata nell'inconcludente battaglia della Drina (6
settembre-4 ottobre), gli austro-ungarici del generale Oskar Potioreklanciarono una nuova invasione il 5
novembre, riuscendo a occupare la capitale Belgrado: Putnik fece arretrare lentamente le sue forze fino
al fiume Kolubara, dove inflisse una disastrosa sconfitta alle truppe di Potiorek obbligandole ancora una
volta alla ritirata; il 15 dicembre 1914 i serbi ripresero Belgrado, riportando la linea del fronte ai confini
prebellici[38].
Le offensive austro-ungariche erano costate all'Impero la perdita di 227 000 uomini tra morti, feriti e
dispersi, oltre a un ampio bottino di armi e munizioni di vitale importanza per il mal equipaggiato
esercito serbo; nonostante la vittoria la Serbia ebbe 170 000 caduti durante la campagna, perdite
enormi per il suo piccolo esercito ulteriormente aggravate dallo scoppio di una violenta epidemia
di febbre tifoide (che fece 150 000 vittime tra i civili) e dalla grave carenza di generi alimentari[38].

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